
ABB lancia sul mercato italiano il nuovo interruttore aperto Sace Emax 3, evoluzione della storica gamma di interruttori industriali di bassa tensione ABB. Frutto di una sinergia internazionale, il prodotto innovativo porta la firma del centro di ricerca di Bergamo ma è nello stabilimento di Frosinone che hanno avuto luogo il suo sviluppo e la sua produzione.
Sace Emax 3 combina versatilità, affidabilità e sicurezza, caratteristiche pensate per le esigenze di infrastrutture critiche e grandi impianti industriali.
L’evento di presentazione odierno presso lo stabilimento ABB di Frosinone ha previsto dimostrazioni tecniche, incontri con gli specialisti di prodotto e visite alla fabbrica, esempio di Made in Italy di qualità in digitalizzazione, automazione e sostenibilità.
Il nuovo interruttore nasce per affrontare le sfide della transizione energetica e della crescente digitalizzazione, garantendo continuità di servizio in contesti ad alta intensità energetica come data center, ospedali, aeroporti e siti produttivi all’avanguardia, come sottolinea Sabina Belli, product marketing director di ABB Electrification Italia: “Sace Emax 3 è un vero e proprio salto tecnologico per la resilienza energetica, siamo certi che aiuterà i nostri clienti a essere sempre un passo avanti rispetto alle nuove esigenze di potenza, proteggendo infrastrutture critiche e garantendo continuità operativa”.
Grazie ai sensori di misura ad alta precisione, sensori di monitoraggio delle condizioni dell’interruttore e algoritmi di analisi in tempo reale, ‘l’interruttore intelligente’ monitora costantemente consumi, stato del sistema e condizioni ambientali, fornendo informazioni e indicazioni per attività di manutenzione mirata. Questa intelligenza integrata consente di passare da una manutenzione reattiva a una manutenzione predittiva, riducendo i rischi di fermo impianto e migliorando la sicurezza operativa.
Le tre caratteristiche fondamentali del nuovo interruttore di ABB sono infatti “la versatilità, l'affidabilità e la sicurezza - aggiunge Belli - E’ versatile perchè si adatta ad ogni situazione e ad ogni necessità. Le dimensioni e la forma restano invariate rispetto al suo predecessore, dando così la possibilità di integrarlo senza modificare gli impianti. Lo sganciatore di protezione Ekip Aware, poi, consente aggiornamenti software e hardware per adattarsi alle esigenze future. L'affidabilità è garantita da una sensoristica molto precisa, che permette di visualizzare in tempo reale i dati energetici. Questi vengono poi trasformati in informazioni, sulla base delle quali si possono prendere decisioni in modo molto più consapevole. Ciò aiuta anche la manutenzione predittiva, con indubbi vantaggi in termini di diminuzione degli sprechi e dei costi. Rispetto al modello precedente, in tema di sicurezza si aggiunge la protezione dall'arco elettrico e la sicurezza informatica, essendo questo il primo interruttore al mondo ad avere il livello 2 di cyber security certificato”.
Sace Emax 3 è infatti il primo interruttore aperto al mondo a ottenere la certificazione di cybersecurity IEC 62443-4-2 Security Level 2.
o stabilimento ABB di Frosinone, dove il nuovo interruttore aperto Sace Emax 3 viene realizzato, è uno dei poli produttivi più avanzati al mondo per gli interruttori industriali di bassa tensione. Riconosciuto come fabbrica Lighthouse dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy nell’ambito del piano Industria 4.0, il sito è un centro di eccellenza globale per la Smart Power Division di ABB.
“Lo stabilimento ABB di Frosinone non è soltanto uno stabilimento che produce prodotti per il mondo dell'elettrificazione per i nostri clienti, ma è anche un centro di eccellenza - spiega Alessandro Rovardi, direttore dello stabilimento ABB di Frosinone - Parliamo di una fabbrica che mette a servizio del nostro team di sviluppo competenze, linee di produzione e una catena di fornitura, che, tutte insieme, assicurano un successo molto rapido e sempre di qualità”.
“Il prodotto ABB Sace Emax 3 è un oggetto altamente innovativo - prosegue Rovardi - pronto a rispondere a quelle che sono le sfide globali nel campo dell'elettrificazione da qui ai prossimi anni. L'innovazione è sempre stato uno dei nostri pilastri: non ci fermiamo mai di fronte a una sfida, cogliamo ogni opportunità continuando a migliorare ad investire. L'innovazione è cruciale non soltanto nel prodotto ma anche sulle linee di produzione. Attraverso gli incentivi di cui abbiamo beneficiato per il programma Lighthouse, di cui siamo uno degli stabilimenti chiave in ABB insieme a Dalmine e Santa Palomba, stiamo cominciando anche a sperimentare l'intelligenza artificiale sulle nostre linee”.
Con una superficie di quasi 50.000 metri quadrati dedicati alle unità operative, lo stabilimento ABB di Frosinone ospita 15 linee di produzione avanzate, oltre 270 stazioni automatiche e 60 robot, integrati in processi di smart logistics e automazione di ultima generazione.
Ogni anno, lo stabilimento produce quasi 4 milioni di interruttori, destinati a oltre 100 Paesi. Il sito, dichiarato ABB Mission to Zero TM nel 2023, è alimentato al 100% da elettricità da fonti certificate di energia rinnovabile e dispone di un impianto fotovoltaico (realizzato nell’ambito di un accordo Power Purchase Agreement - PPA) dalla potenza di 1.6 MWp; inoltre è stato il primo sito ABB al mondo ad ottenere la certificazione UL 2799A Zero Waste to Landfill con il rating “platinum”.
Questi risultati testimoniano come Frosinone non sia solo un luogo di produzione, ma un vero incubatore di innovazione, sostenibilità e qualità, capace di portare nel mondo soluzioni tecnologiche che rispondono alle esigenze più complesse dell’elettrificazione moderna.
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Polemica e solidarietà femminile nel corso di Miss Universe in Thailandia. La candidata messicana Fátima Bosch è stata chiamata "stupida" dal direttore nazionale thailandese Nawat Itsaragrisil e ha deciso di lasciare la sala. In solidarietà, tutte le altre reginette, che rappresentavano i propri Paesi, l'hanno seguita.
"Se segui le indicazioni del direttore della tua nazione, sei stupida", queste le parole pronunciate in diretta streaming dal direttore nazionale thailandese Nawat Itsaragrisil. E quando Fátima Bosch ha provato a controbattere, l'uomo si è alterato e ha provato a zittirla: "Non ti ho dato la parola".
La reazione delle altre partecipanti
Quando Miss Messico decise di alzarsi e lasciare la sala, tante altre concorrenti l'hanno seguita. " Sedetevi. Se volete continuare il concorso - dice allora Itsaragrisil - sedetevi".
Le parole di Miss Messico
In seguito, parlando con i giornalisti, Bosch ha detto: "Se qualcosa ti costa la dignità, devi andartene". "Siamo donne forti e questa è una piattaforma per le nostre voci e nessuno può metterle a tacere", ha aggiunto.
Le scuse dell’Organizzazione
In un video pubblicato sui social network il presidente dell’Organizzazione Miss Universo, Raúl Rocha, ha fatto sapere che non permetterà "che i valori di rispetto e dignità nei confronti delle donne vengano violati" e ha dichiarato di essere profondamente "indignato" per "la pubblica aggressione di Nawat" Itsaragrisil nei confronti di Fátima Bosch.
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"Ogni donna deve essere rispettata e Fatima rappresenta il suo Paese, come ognuna delle 122 concorrenti che si trovano in Thailandia"

In un'epoca in cui la medicina è sempre più predittiva e preventiva, la medicina di laboratorio si conferma uno dei pilastri fondamentali della sanità moderna. Grazie ai biomarcatori, molecole misurabili nel sangue e in altre matrici biologiche come saliva e urine, oggi è possibile identificare precocemente numerose patologie, monitorare la risposta ai trattamenti e personalizzare le terapie, aprendo la strada a una medicina di precisione sempre più accessibile e sostenibile. Sono i temi al centro del 57° Congresso nazionale della Società italiana di biochimica clinica e biologia molecolare clinica - medicina di laboratorio (Sibioc), in corso a Firenze, dove specialisti, ricercatori e clinici hanno discusso le nuove frontiere della medicina di laboratorio nella diagnosi e nella cura delle malattie.
"Oggi disponiamo di numerose molecole che ci consentono di individuare precocemente le malattie e di valutare i rischi dei pazienti in terapia - spiega Marcello Ciaccio, presidente Sibioc - Con un semplice esame del sangue possiamo offrire opportunità di prevenzione e trattamento un tempo impensabili, dalle patologie ad alta incidenza a quelle rare, dalle malattie croniche a quelle acute, in vari ambiti, tra cui quello oncologico, neurologico e cardiologico. E' la prova tangibile dell'importanza della sinergia tra medicina di laboratorio e medicina clinica". Nel campo delle neuroscienze, inoltre, oggi è possibile individuare precocemente le alterazioni caratteristiche dell'Alzheimer, anche 10-15 anni prima della comparsa dei sintomi clinici. "Questi biomarcatori - sottolinea Ciaccio - possono essere rilevati direttamente nel sangue, senza ricorrere a procedure più invasive come il prelievo del liquido cefalorachidiano, e rappresentano un passo decisivo verso una medicina sempre più personalizzata".
"Il monitoraggio dei biomarcatori cardiaci è fondamentale nella valutazione del rischio e nella gestione della cardiotossicità causata dai farmaci antitumorali - evidenzia Nicola Silvestris, segretario nazionale Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) - Con Sibioc abbiamo aggiornato le linee guida di cardioncologia, pubblicate dall'Istituto superiore di sanità, per garantire una presa in carico uniforme dei pazienti su tutto il territorio nazionale. E' un modello virtuoso di collaborazione tra società scientifiche".
Nel programma del congresso sono presenti numerose sessioni congiunte con società scientifiche di area clinica, a testimonianza del forte legame tra medicina di laboratorio e medicina clinica. Questa sinergia - informa Sibioc in una nota - ha portato negli ultimi anni alla stesura condivisa di position paper e documenti di consenso, con l'obiettivo di armonizzare i percorsi diagnostici, promuovere l'appropriatezza degli esami e favorire un approccio realmente multidisciplinare al paziente. La medicina di laboratorio, sempre più integrata con la clinica, rappresenta oggi un ponte tra prevenzione, diagnosi e terapia, capace di offrire benefici non solo ai pazienti, ma anche ai cittadini, nell'ottica di una medicina personalizzata e di popolazione.
"Il nostro obiettivo è mettere la medicina di laboratorio al centro del sistema sanitario - conclude Ciaccio - Servono standard comuni, appropriatezza prescrittiva e accesso equo ai test innovativi. In un mondo in cui la medicina diventa sempre più predittiva, è al cittadino sano che dobbiamo guardare: la vera sfida della sanità del terzo millennio".

Un viaggio lungo oltre un secolo, tra binari e trasformazioni sociali, innovazioni tecnologiche e grandi sfide del Paese: è questo il racconto al centro della mostra Le ferrovie d’Italia (1861-2025). Dall’unità nazionale alle sfide del futuro, promossa e organizzata da Vive – Vittoriano e Palazzo Venezia e dal Gruppo Fs Italiane, nella Sala Zanardelli del Vittoriano e nel Giardino grande di Palazzo Venezia. La mostra, aperta da domani, venerdì 7 novembre, al prossimo 11 gennaio, è stata presentata oggi dalla sua curatrice Edith Gabrielli, direttrice generale del Vive, e da Tommaso Tanzilli, presidente del Gruppo Fs.
“Ma più di ogni altra riforma amministrativa, la realizzazione delle ferrovie contribuirà a consolidare la conquista dell’indipendenza nazionale”: con queste parole Camillo Benso, conte di Cavour, già negli anni Quaranta dell’Ottocento individuò il ruolo delle ferrovie nel percorso del Risorgimento e nella costruzione dell’Italia moderna, una nazione giovane, unita e libera. La storia dell’unità nazionale e la storia delle ferrovie risultano pressoché inseparabili: i binari hanno reso concreta la geografia politica italiana, collegando territori divisi da secoli, favorito scambi economici e culturali, ridotto distanze, creato opportunità di lavoro e di mobilità sociale. I treni e le stazioni hanno anche contribuito a plasmare una nuova identità collettiva, fatta di viaggi, incontri, pendolarismi, emigrazioni, ritorni. In questo processo ormai ultrasecolare, le ferrovie sono state fonte d’ispirazione per letterati e artisti, diventando metafora potente della modernità, della velocità e del progresso, talvolta anche delle loro innegabili contraddizioni.
Il Vittoriano, concepito nel 1878, all’indomani della scomparsa di Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, e cuore simbolico della nazione, costituisce il luogo ideale per accogliere la visione di Cavour e tradurla in un racconto espositivo. Gestito dal Vive - Vittoriano e Palazzo Venezia, istituto autonomo del Ministero della Cultura, il Vittoriano è luogo di arte, di memoria e insieme uno spazio vivo, dove riflettere sul processo risorgimentale e sui valori fondativi della nazione: libertà della patria e unità dei cittadini, ora in un contesto democratico ed europeo. L’iniziativa si inserisce nelle celebrazioni per i 120 anni dalla fondazione delle Ferrovie dello Stato, avvenuta nel 1905. Da allora, le Fs hanno accompagnato ogni fase cruciale della storia italiana, dalla ricostruzione postbellica al boom economico, fino all’Alta Velocità e alla transizione digitale di oggi.
Il Gruppo Fs è una realtà industriale che oggi conta oltre 96.000 dipendenti, opera nei settori del trasporto ferroviario, stradale, della logistica, delle infrastrutture, della rigenerazione urbana e dei servizi tecnologici. Porta avanti una fase di profonda trasformazione con un investimento previsto superiore a 100 miliardi di euro in cinque anni, finalizzato a rafforzare la resilienza delle infrastrutture ferroviarie e stradali, migliorare la qualità del servizio, completare opere strategiche e promuovere una mobilità sempre più sostenibile e intermodale.
La storia delle ferrovie italiane si articola in quattro sezioni cronologiche, una sezione immersiva e infine una sezione didattico-dimostrativa. La prima sezione, dal 1861 al 1904, racconta la difficile trasformazione delle prime reti regionali in un sistema effettivamente nazionale. La seconda sezione, dal 1905 al 1944, affronta l’età della gestione statale, con la fondazione di Fs, delle innovazioni tecniche, dell’uso politico e militare della ferrovia, fino al regime fascista e alla Seconda guerra mondiale. La terza sezione, dal 1945 al 1984, vede al centro la ricostruzione postbellica, il boom economico e il ruolo dei treni nelle grandi migrazioni interne e nel pendolarismo quotidiano. La quarta sezione, dal 1985 a oggi, verte sull’Alta Velocità, la digitalizzazione e le sfide della sostenibilità, aprendo uno sguardo al futuro. La sezione immersiva, posta sempre nella Sala Zanardelli, consente attraverso la più avanzata tecnologia digitale di fruire del racconto anche in termini emotivi e multisensoriali. La sezione didattico-dimostrativa si trova nel Giardino grande di Palazzo Venezia: due monumentali riproduzioni in scala permettono di apprezzare le qualità estetiche del Settebello e dell’Arlecchino, icone del design italiano del dopoguerra.
La mostra, che parte da un impianto storico rigoroso, affronta il tema con un accentuato carattere interdisciplinare. Quattro in ogni sezione gli assi principali di lettura, che si concretizzano in altrettanti pannelli informativi. Questi assi mettono in luce l’impatto delle ferrovie e, insieme, la loro capacità di trasformazione. Oltre che mezzo di trasporto, il treno era ed è un dispositivo capace di mutare la percezione del tempo, ridefinire il concetto di distanza e ispirare nuove visioni del lavoro, dell’identità e della comunità. Il primo asse di lettura verte sulla storia delle ferrovie in Italia, dello sviluppo della rete e dei mezzi, delle competenze tecniche e ingegneristiche, delle scelte organizzative e gestionali. Lo sguardo si muove dalla prima rete nazionale all’introduzione dell’Alta Velocità fino ai cantieri attuali finanziati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Il secondo asse di lettura ha a che fare con l’identità, le istituzioni, la politica e l’economia, indagando le motivazioni, le strategie e gli effetti delle scelte attuate in relazione alle ferrovie in questi ambiti. L’infrastruttura ne emerge come strumento di unificazione, di modernizzazione e di governo del territorio, oltre che come fattore decisivo nello sviluppo produttivo ma anche misura delle contraddizioni del Paese, a cominciare dalla divaricazione tra campagna e città e tra Nord e Sud.
Il terzo asse di lettura affronta il tema in rapporto alla sfera sociale e antropologica, restituendo l’impatto delle ferrovie sulla vita quotidiana, sul lavoro e sul costume, la nascita di nuove professioni e la trasformazione dei ritmi e delle percezioni collettive: dall’apparizione di una nuova figura come quella del ferroviere fino al recente mutamento del concetto di distanza e all’avvento del pendolarismo di lungo raggio con l’introduzione dell’Alta Velocità. Il quarto e ultimo asse della mostra indaga l’interpretazione delle ferrovie nelle arti, nella pittura, nella fotografia, nel cinema, nella poesia e nella letteratura. Gli artisti, prima e meglio di altri, hanno saputo cogliere la complessità del fenomeno, restituendone tanto la forza innovatrice quanto le ombre, le alienazioni e le contraddizioni: nelle loro opere il treno diventa simbolo della modernità e specchio delle sue ambivalenze, immagine di progresso e di perdita, di velocità e di lontananza, talvolta luogo di sperimentazione creativa o addirittura metafora esistenziale.
“La storia delle Ferrovie dello Stato Italiane è la storia di un Paese che non ha mai smesso di mettersi in movimento”, ha dichiarato l’amministratore delegato e direttore generale del Gruppo Fs Stefano Antonio Donnarumma, aggiungendo che “in 120 anni abbiamo accompagnato la crescita dell’Italia, unendo territori, persone e comunità, e contribuendo a costruire un modello di mobilità sempre più moderno e sostenibile. Con il nuovo Piano Strategico 2025–2029 abbiamo intrapreso un percorso di trasformazione profonda: 100 miliardi di euro di investimenti per disegnare le infrastrutture del futuro, rendere la rete più resiliente e digitale, rafforzare l’intermodalità e accelerare la transizione energetica. Siamo un gruppo industriale che evolve insieme al Paese, portando l’eccellenza e il know-how italiani nel mondo per costruire una mobilità sempre più integrata, accessibile e sostenibile. La mostra al Vittoriano racconta questa evoluzione, ma soprattutto testimonia l’impegno di un Gruppo che guarda al futuro, continuando a essere motore di progresso, innovazione e coesione per l’intero Paese”.
L’esposizione è accompagnata da un catalogo edito da Silvana Editoriale, con approfondimento e un completo apparato illustrativo di tutte le opere in mostra, e con testi a cura di Edith Gabrielli (direttrice Vive e curatrice della Mostra) e del Comitato scientifico formato dal prof. Francesco Benigno (Scuola Normale Superiore, Pisa), dal prof. Lorenzo Canova (Università degli Studi del Molise), dal prof. Andrea Giuntini (già Università degli Studi di Modena e Reggio) e dal prof. Stefano Maggi (Università degli Studi di Siena). Per tutta la durata dell’esposizione il team didattico del Vive propone un ricco programma di attività rivolte a bambini, famiglie, utenti con esigenze specifiche, scuole di ogni ordine e grado.

"Raccontare le storie di chi soffre di una malattia cronica o di una malattia rara è un modo per avvicinare le persone alla comprensione di una malattia che a volte è invisibile". Sono le parole del senatore Alberto Barachini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla presentazione di 'Il mio nuovo mondo', docufilm che racconta la vita di 3 persone che vivono con malattie croniche e rare.
Rendere visibile queste patologie "significa accendere una luce su queste realtà che sono molto difficili, anche per chi sta vicino ai malati - aggiunge Barachini - E' importante che questo documentario porti nelle case degli italiani, grazie anche alla programmazione televisiva, una storia che deve sviluppare una vicinanza alle storie delle malattie rare, ma anche della ricerca farmaceutica, un'attenzione del Governo, delle istituzioni, del Parlamento a queste tematiche".

Il Bologna torna in campo in Europa League. Il club rossoblù sfida oggi, giovedì 6 novembre, i norvegesi del Brann - in diretta tv e streaming - allo stadio Dall'Ara nella quarta giornata della seconda competizione continentale. La squadra di Italiano è reduce dalla vittora per 3-1 in trasferta contro il Parma e si trova al momento al 18esimo posto nella classifica di Europa League con 4 punti, mentre il Brann è, a sorpresa, ottavo a quota 6.
Bologna-Brann, orario e probabili formazioni
La sfida tra Bologna e Brann è in programma oggi, giovedì 6 novembre, alle ore 21. Ecco le probabili formazioni:
Bologna (4-2-3-1): Skorupski; Holm, Vitik, Heggem, Lykogiannis; Moro, Ferguson; Orsolini, Odgaard, Rowe; Dallinga. All. Italiano.
Brann (4-3-3): Dyngeland; De Roeve, Helland, Boakye, Dragsnes; Kornvig, Sorensen, Gudmundsson; Mathisen, Finne, Haaland. All. Alexandersson
Bologna-Brann, dove vederla in tv
Bologna-Brann sarà trasmessa in diretta televisiva e in esclusiva sui canali SkySport. Il match sarà visibile anche in streaming sull'app SkyGo e su NOW.

Novamont annuncia di aver ottenuto il certificato di conformità al Regolamento Fertilizzanti 2019/1009 per il telo di pacciamatura in Mater-Bi, utilizzato in agricoltura per il controllo delle infestanti, che biodegrada in suolo e a fine ciclo non necessita di essere smaltito separatamente.
Secondo il Regolamento - spiega Novamont - il telo in Mater-Bi può essere considerato un ammendante inorganico, ovvero un prodotto fertilizzante con la funzione di mantenere, migliorare o proteggere le proprietà fisiche o chimiche, la struttura o l’attività biologica del suolo a cui è aggiunto. Il telo in Mater-Bi ha dimostrato di non accumularsi in suolo, di non rilasciare microplastiche persistenti e non provocare effetti ecotossici nell’ambiente. L’attività dei microrganismi ne determina la mineralizzazione completa e la successiva trasformazione in anidride carbonica e acqua.
“Questa certificazione è una dimostrazione concreta che Mater-Bi, la pionieristica famiglia di bioplastiche di Novamont, non rilascia microplastiche persistenti nell’ambiente - spiega Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont - Novamont si è data l’obiettivo di adottare volontariamente gli stringenti criteri del regolamento fertilizzanti anche per lo sviluppo del Mater-Bi destinato alla produzione di shopper, sacchi frutta e verdura e tante altre applicazioni. L’applicazione dei criteri del Regolamento Fertilizzanti innalza il livello di garanzia delle caratteristiche di biodegradabilità, non accumulo in suolo e assenza di effetti ecotossici nell’ambiente di questi bioprodotti a tutela di tutta la filiera, dei nostri territori e delle comunità”.

Centenari con la colazione giusta. "Esistono nel mondo luoghi straordinari, enigmatici per la loro demografia, che gli studiosi hanno soprannominato 'Zone Blu'. Queste sono regioni dove l'aspettativa di vita è eccezionalmente alta e dove i centenari in salute sono la norma, non l'eccezione". Così all'Adnkronos Salute l'immunologo clinico Mauro Minelli e docente di Nutrizione umana alla Lum. Cosa hanno in comune queste persone? E, soprattutto, cosa mettono in tavola al mattino? "La risposta arriva come una sorpresa per chi è abituato a una colazione ricca di zuccheri e grassi. L'osservazione delle abitudini mattutine dei centenari delle Zone Blu rivela che il loro modello vincente è semplice, naturale e fortemente basato su ingredienti vegetali", risponde Minelli.
"In queste comunità, la tavola della colazione è dominata da alimenti che contrastano nettamente con le nostre abitudini - avverte l'immunologo - I legumi, un pilastro inatteso. Fonte eccellente di proteine vegetali e fibre, garantiscono sazietà e contribuiscono a stabilizzare i livelli glicemici; cereali integrali come avena, orzo o pane integrale, che offrono energia duratura grazie ai carboidrati complessi; frutta fresca: un concentrato di vitamine, minerali e antiossidanti, fondamentale per la salute generale; noci e semi: apportano grassi sani, cruciali per il benessere neurologico e cardiovascolare". L'elemento cruciale non è solo cosa si mangia, ma come. Le colazioni delle Zone Blu sono caratterizzate da "porzioni moderate e un approccio rilassato al cibo, in netto contrasto con la frenesia e gli eccessi glicemici dei pasti mattutini tipici dell'Occidente - evidenzia Minelli - Questi ultimi, ricchi di zuccheri e grassi, provocano rapidi picchi e cali di glicemia che possono, nel tempo, favorire squilibri metabolici".
"In un'epoca in cui tendenze non proprio in linea con la nostra fisiologia come il digiuno intermittente guadagnano popolarità, l'esempio delle Zone Blu ci riporta a una saggezza antica: l'equilibrio e la regolarità sono le vere fondamenta di una vita lunga e sana - raccomanda lo specialista - Per adottare questa filosofia, si possono implementare semplici, ma efficaci cambiamenti: sostituire i succhi zuccherati con la frutta intera, integrare fonti proteiche vegetali come i legumi e privilegiare farine a basso indice glicemico. In sintesi - conclude Minelli - la colazione ideale per la longevità non è un modello unico e rigido, ma un pasto a base di ingredienti integrali, freschi e vegetali, consumato con moderazione e piacere. E' un momento di nutrimento consapevole che, come dimostrano le Zone Blu, getta le basi per un'intera giornata di benessere".

Centenari con la colazione giusta. "Esistono nel mondo luoghi straordinari, enigmatici per la loro demografia, che gli studiosi hanno soprannominato 'Zone Blu'. Queste sono regioni dove l'aspettativa di vita è eccezionalmente alta e dove i centenari in salute sono la norma, non l'eccezione". Così all'Adnkronos Salute l'immunologo clinico Mauro Minelli e docente di Nutrizione umana alla Lum. Cosa hanno in comune queste persone? E, soprattutto, cosa mettono in tavola al mattino? "La risposta arriva come una sorpresa per chi è abituato a una colazione ricca di zuccheri e grassi. L'osservazione delle abitudini mattutine dei centenari delle Zone Blu rivela che il loro modello vincente è semplice, naturale e fortemente basato su ingredienti vegetali", risponde Minelli.
"In queste comunità, la tavola della colazione è dominata da alimenti che contrastano nettamente con le nostre abitudini - avverte l'immunologo - I legumi, un pilastro inatteso. Fonte eccellente di proteine vegetali e fibre, garantiscono sazietà e contribuiscono a stabilizzare i livelli glicemici; cereali integrali come avena, orzo o pane integrale, che offrono energia duratura grazie ai carboidrati complessi; frutta fresca: un concentrato di vitamine, minerali e antiossidanti, fondamentale per la salute generale; noci e semi: apportano grassi sani, cruciali per il benessere neurologico e cardiovascolare". L'elemento cruciale non è solo cosa si mangia, ma come. Le colazioni delle Zone Blu sono caratterizzate da "porzioni moderate e un approccio rilassato al cibo, in netto contrasto con la frenesia e gli eccessi glicemici dei pasti mattutini tipici dell'Occidente - evidenzia Minelli - Questi ultimi, ricchi di zuccheri e grassi, provocano rapidi picchi e cali di glicemia che possono, nel tempo, favorire squilibri metabolici".
"In un'epoca in cui tendenze non proprio in linea con la nostra fisiologia come il digiuno intermittente guadagnano popolarità, l'esempio delle Zone Blu ci riporta a una saggezza antica: l'equilibrio e la regolarità sono le vere fondamenta di una vita lunga e sana - raccomanda lo specialista - Per adottare questa filosofia, si possono implementare semplici, ma efficaci cambiamenti: sostituire i succhi zuccherati con la frutta intera, integrare fonti proteiche vegetali come i legumi e privilegiare farine a basso indice glicemico. In sintesi - conclude Minelli - la colazione ideale per la longevità non è un modello unico e rigido, ma un pasto a base di ingredienti integrali, freschi e vegetali, consumato con moderazione e piacere. E' un momento di nutrimento consapevole che, come dimostrano le Zone Blu, getta le basi per un'intera giornata di benessere".

"Questa iniziativa ha un significato importante. Come azienda, al centro mettiamo il valore condiviso". Nel docufilm "ci sono le persone, i pazienti, il pianeta, l'ambiente. Riuscire a promuovere un'iniziativa che non veda semplicemente il paziente, ma veda la persona al centro", significa "non solo offrirgli soluzioni terapeutiche innovative, ma anche tutta una rete di sostegno che possa aiutarlo a migliorare la qualità della vita. Penso che questo sia il modo nuovo di affrontare oggi il percorso dei pazienti che devono" scontrarsi "con delle sfide molto importanti, delle patologie molto serie". Così Raffaello Innocenti, Ceo & managing director di Chiesi Italia, intervenendo alla presentazione di 'Il mio nuovo mondo', film realizzato con il contributo della farmaceutica, che racconta in 6 capitoli la storia di 3 persone, e dei loro familiari, che vivono con malattie croniche e rare.

"L'epidermolisi bollosa non è una sola malattia, ma è un gruppo di malattie genetiche che provoca un indebolimento clamoroso della funzione di barriera della pelle, in cui la pelle diventa iper delicata e si rompe dopo qualsiasi minimo insulto o traumatismo. E' una malattia estremamente invalidante dal punto di vista della vita quotidiana. La qualità di vita di queste persone è veramente compromessa". Lo ha detto Giuseppe Argenziano, direttore della Clinica Dermatologica dell'università della Campania Luigi Vanvitelli, alla presentazione del docufilm 'Il mio nuovo mondo' che racconta la storia di 3 persone che vivono con malattie croniche e rare.
"Oggi - sottolinea l'esperto - per l'epidermolisi bollosa ci sono delle novità anche dal punto di vista terapeutico. C'è ancora molto da fare, però almeno un piccolo passo lo abbiamo fatto".
Cagliari, laboratorio al De Sanctis con ragazzi, prof e esperti... 
"Ho voluto organizzare questo incontro a Montecitorio perché credo sia rilevante portare al centro dell'attenzione la tematica delle malattie rare e croniche, che spesso e volentieri diventano un caso singolo, isolato o quantomeno distante rispetto alla realtà quotidiana, proprio perché ci sono pochissimi casi che incontriamo quotidianamente". Lo ha detto l'onorevole Cristina Almici (Fdi) alla presentazione del docufilm 'Il mio nuovo mondo', che dà voce ai pazienti con malattie croniche e rare, ma anche ai loro familiari.
"Sono state portate al tavolo esperienze sia di natura clinica che delle associazioni". All'incontro erano "presenti anche le famiglie che hanno portato la loro esperienza - ha aggiunto Almici - La mia presenza, insieme a quella dei colleghi, voleva essere proprio" per offrire "ascolto, per percepire i problemi e cercare di portarli ai tavoli istituzionali. Abbiamo lavorato affinché queste problematiche venissero tutte poste all'attenzione".

Maltrattamenti contro persone a loro affidate, lesioni personali, sequestro di persona e violenza privata. Sono queste le accuse nei confronti di 17 persone, direttivi e dipendenti della società cooperativa 'Per Mano', con sede a Cuneo, nei confronti delle quali questa mattina i carabinieri della Compagnia di Cuneo hanno eseguito diverse misure cautelari, di cui due in carcere, quattro agli arresti domiciliari, undici divieti di avvicinamento e comunicazione con le persone offese e obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria. Misure, emesse il 14 ottobre scorso dal gip del Tribunale, su richiesta della locale procura a conclusione dell’indagine convenzionalmente denominata 'Per mano'.
L'indagine, avviata nel dicembre 2024, ha consentito di ottenere le misure a carico di più persone, direttivi e dipendenti della società cooperativa 'Per Mano', con sede a Cuneo, ritenuti responsabili dei reati di cui sopra commessi nei confronti di 18 persone, affette da gravissime forme di autismo, ospiti presso una struttura ricettiva gestita da una società cooperativa privata. Il gip del tribunale di Cuneo, inoltre, ha disposto il sequestro preventivo della struttura, dei beni aziendali annessi, dei relativi beni strumentali e dei conti correnti. Le persone arrestate sono state portate nella Casa Circondariale di Torino a disposizione dell’autorità giudiziaria. La posizione di tutti gli indagati a vario titolo è ora al vaglio dell’autorità giudiziaria che ne valuterà la colpevolezza o meno nel corso del successivo processo.
Sorpreso in flagranza a Sassari dai militari dell'Arma... 
Presentato da Zoetis Italia, presso il dipartimento di scienze mediche veterinarie dell’università di Bologna, l’evento conclusivo della prima edizione del 'Premio allevamento al femminile'. Il progetto nasce con l’obiettivo di dare visibilità a storie, progetti e percorsi che stanno contribuendo a trasformare il settore zootecnico italiano in una direzione sempre più inclusiva, sostenibile e innovativa. Il Premio rappresenta l’evoluzione naturale del progetto 'Allevamento al femminile', avviato da Zoetis Italia nel 2024, che nella sua fase pilota aveva raccolto testimonianze significative da parte di numerose professioniste del settore.
Con questa prima edizione, il riconoscimento si propone di valorizzare figure professionali che, con passione e competenza, generano valore all’interno delle filiere zootecniche: donne allevatrici, veterinarie, imprenditrici, ricercatrici ed esperte della comunicazione, ma anche uomini che si sono messi in evidenza per iniziative capaci di promuovere ambienti di lavoro più collaborativi, equi e valorizzanti.
La giornata ha visto la partecipazione delle principali associazioni di categoria – Assocarni, UnaItalia, Anmvi e Quelle del Latte – che hanno sottolineato l’importanza di valorizzare i casi virtuosi e di come il settore si stia evolvendo grazie all'integrazione di soluzioni innovative e a un approccio più inclusivo. Nella prima edizione del 'Premio allevamento al femminile', il riconoscimento è stato assegnato a Rossella Pedicone, Emanuela Sorgia e Alberta Rabitti.
Le tre professioniste, grazie al loro impegno quotidiano, hanno contribuito concretamente al miglioramento del settore, portando innovazione, lungimiranza e una visione orientata al futuro. “Con l’edizione 2025 del Premio ‘Allevamento al Femminile’ abbiamo compiuto un ulteriore passo avanti nel nostro impegno per una zootecnia più equa, moderna e sostenibile. Crediamo che dare visibilità a chi opera con passione, competenza e visione sia fondamentale per ispirare il cambiamento e valorizzare tutto il settore", afferma Carmelo Lombardo, amministratore delegato di Zoetis Italia.
“Siamo orgogliosi di aver creato questo momento di confronto -continua- che mette al centro il talento delle persone che ogni giorno, con il proprio lavoro, contribuiscono a prendersi cura della salute degli animali”.
“Parlare di innovazione nel settore dell’allevamento -spiega Alessia Floris responsabile settore commercio estero Assocarni- oggi è fondamentale considerato il momento di grande trasformazione che ci stiamo trovando a dover fronteggiare, con sfide sempre più complesse: dalle questioni relative alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza alimentare a quelle inerenti al tema del benessere animale, fino ad arrivare al punto oggi molto discusso del ricambio generazionale. In questo contesto, innovare non è più un lusso, ma una necessità. Per rafforzare il ruolo dell’innovazione e dell’inclusione nel futuro dell’allevamento sarà indispensabile lavorare su tre direzioni: collaborazione, competenze e comunità. Solo se uniamo innovazione e inclusione potremo costruire un settore zootecnico più forte, sostenibile e capace di guardare al futuro con fiducia".
"Il sostegno di Unaitalia al 'Premio allevamento al femminile' è stata l'occasione per dare pieno risalto al ruolo cruciale delle donne nel settore zootecnico. Come associazione composta interamente da professioniste donne che hanno contribuito alla crescita del settore, riconosciamo nel loro contributo un approccio virtuoso e attento che, grazie anche a un'innata e naturale predisposizione alla cura, assicura la vitalità e l'innovazione nell'ecosistema zootecnico. Siamo convinte che la leadership femminile non si limiterà a guidare il cambio generazionale, ma sarà la forza motrice per definire e dare slancio alle professionalità che plasmeranno il futuro della zootecnia. E le testimonianze che abbiamo ascoltato oggi ne sono la prova più concreta e incoraggiante", sostiene Lara Sanfrancesco, direttrice di UnaItalia.
“L’Associazione nazionale medici veterinari italiani (Anmvi) patrocina il premio 'Allevamento al femminile' -commenta Marco Melosi, presidente Anmvi- per i suoi obiettivi di empowerment professionale. C’è bisogno di motivare e supportare le professionalità e le competenze che ogni giorno danno valore al comparto zootecnico. Anmvi condivide questa importante iniziativa di Zoetis, anche perché contribuisce a valorizzare l’allevamento cambiandone la percezione e ribaltando i luoghi comuni. Gli animali allevati per la produzione di alimenti sono sempre più tutelati nel loro benessere e nella loro salute produttiva, secondo standard di valore che sempre più attraggono anche professioniste donne. Alle future generazioni di veterinari Anmvi vuole mandare un messaggio controcorrente: allevare e curare animali del patrimonio nazionale zootecnico sta ispirando e motivando un numero sempre maggiore di professioniste. Basta saperle valorizzare, cominciando col dare loro voce".
"'Quelle del latte' (QdL) è nata per riconoscere e far emergere l’intelligenza e le competenze delle donne nel settore zootecnico, per far luce su chi spesso faticosamente ma con grinta e fiducia in sé stessa emerge ed è per questo che QdL sostiene il Premio allevamento al femminile di Zoetis: perché fa luce, gratifica, ma soprattutto premia la lungimiranza della creatività imprenditoriale nel nostro settore," affermano Quelle del Latte (QdL). L’evento di quest’anno presso l’Università di Bologna ha rappresentato un’importante occasione di confronto e crescita collettiva, confermando il valore di un percorso che, iniziato nel 2024 con la raccolta delle testimonianze delle protagoniste dell’allevamento, oggi si arricchisce di un riconoscimento concreto destinato a chi contribuisce, nei fatti, a rendere il settore sempre più innovativo e inclusivo.

Un racconto corale per promuovere una maggiore consapevolezza sul vissuto delle persone che convivono con patologie croniche e rare complesse e spesso poco conosciute. E' il docufilm 'Il mio nuovo mondo', presentato ieri alla Camera dei deputati ai rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni pazienti e dei clinici. Realizzato da Telomero Produzioni con il contributo non condizionante di Chiesi Italia, il docufilm, scritto e diretto da Donatella Romani e Roberto Amato, valorizza il ruolo dell'informazione e della conoscenza nel contrasto allo stigma sociale e del percorso di cura. 'Il mio nuovo mondo' sarà trasmesso in prima visione a fine novembre 2025 sui canali La7 e La7d (e in streaming su Rivedi La7), e da gennaio 2026 sarà disponibile su Amazon Prime Video.
Attraverso 6 capitoli, accompagnati dalla voce narrante dell'attrice Roberta Garzia - informa una nota - il docufilm racconta le storie di 3 persone che vivono con epidermolisi bollosa, malattia di Fabry e broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), e della caregiver di una persona con asma grave. Il loro coinvolgimento è stato possibile grazie alla collaborazione con le associazioni di pazienti - Aiaf Aps, presidente Stefania Tobaldini, guida con impegno e passione la comunità di pazienti che convivono con la malattia di Fabry; Debra Family, presidente Anna Faccin, paziente attiva nel sostegno alle persone che vivono con l'epidermolisi bollosa; Respiriamo insieme Aps, presidente Simona Barbaglia, caregiver e madre di un ragazzo affetto da asma grave - e dal paziente Marco, affetto da Bpco.
Il racconto si arricchisce anche delle voci di 3 clinici: Giuseppe Argenziano, professore ordinario e direttore della Clinica Dermatologica dell'università della Campania Luigi Vanvitelli; Gianni Carraro, dirigente medico presso l'Uo di Nefrologia e dialisi, Azienda ospedaliera di Padova, e Paola Rogliani, professore ordinario e direttore della Uoc di Malattie dell'apparato respiratorio, Ptv dell'università di Roma Tor Vergata e presidente eletta della Società italiana di pneumologia (Sip).
I rappresentanti delle istituzioni, del terzo settore e le autorità convenute hanno espresso il loro sostegno al progetto. "Il grande valore sociale e culturale di questo progetto - ha affermato l'onorevole Cristina Almici - nasce dalla volontà di porre il tema delle patologie croniche e rare, della qualità della vita e della dignità delle persone che vi convivono quale motivo di riflessione collettiva e istituzionale. Dare voce alle storie tanto autentiche quanto a volte drammatiche è un atto di sensibilità non sempre comune e condivisa. Il confronto e la riflessione sull'importanza dell'informazione, della conoscenza e della solidarietà è uno strumento fondamentale per combattere lo stigma sociale e favorire una società più inclusiva e consapevole. Come rappresentante delle istituzioni, esprimo vivo apprezzamento per questo progetto che unisce la forza delle testimonianze e il linguaggio dell'arte, contribuendo in questo modo a diffondere la cultura della cura, del rispetto e della partecipazione, valorizzando il ruolo delle associazioni di pazienti e del mondo sanitario come pilastri di una rete di sostegno concreta e umana".
Ha aggiunto il senatore Alberto Barachini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri: "Raccontare le storie di chi soffre di una malattia cronica e rara significa accendere la luce su ciò che è visibile e su ciò che è invisibile. Questo docufilm racconta il viaggio come un percorso di conoscenza di un mondo ancora troppo poco conosciuto. Come rappresentanti delle istituzioni, abbiamo il dovere di essere vicini a queste persone, perché la malattia coinvolge anche chi sta loro accanto. L'obiettivo è migliorare la qualità di vita dei malati, restituendo loro spazi e dignità. Siamo grati alla ricerca, che può offrire risposte alle malattie rare e vogliamo esprimere la nostra riconoscenza a chi lavora ogni giorno in questi ambiti".
"Con questo progetto, Chiesi Italia rinnova il proprio impegno nel promuovere una cultura della consapevolezza e dell'ascolto, dando valore all'esperienza di chi convive ogni giorno con la realtà della malattia - dichiara Raffaello Innocenti, Ceo & Managing Director di Chiesi Italia - L'iniziativa rappresenta un contributo concreto verso una cultura della cura più inclusiva e condivisa, in linea con i nostri principi di Società Benefit e azienda certificata B Corp". 'Il mio nuovo mondo', per i rappresentanti del terzo settore - Aiaf, Debra Family e Respiriamo insieme Aps - è "un'opportunità concreta per far emergere le storie di chi vive ogni giorno con una malattia. Consente di far capire che dietro ogni diagnosi c'è una persona, una famiglia, una quotidianità fatta di sfide ma anche di conquiste. Raccontare significa dare dignità, creare consapevolezza e contrastare lo stigma: un passo importante verso una società più inclusiva e informata". Gli specialisti Argenziano, Carraro e Rogliani sottolineano: "Ogni giorno incontriamo pazienti che, grazie all'innovazione terapeutica, riescono a condurre una vita piena e attiva. Questo progetto evidenzia il valore della relazione tra medico e paziente, elemento centrale in ogni percorso di cura. La narrazione condivisa contribuisce a promuovere una maggiore consapevolezza del vissuto delle persone con patologie complesse, favorendo un approccio clinico sempre più attento agli aspetti umani, oltre che scientifici".
Omicidio Cecchettin, la procura generale rinuncia all'appello per Turetta: ergastolo sarà definitivo

La Procura generale della Corte d’Appello di Venezia ha rinunciato a ricorrere in appello contro la sentenza di Filippo Turetta. Una scelta che, dopo la rinuncia da parte dell’imputato condannato all'ergastolo per l'omicidio di Giulia Cecchettin, rende di fatto definitiva la sentenza di primo grado.
Dopo la scelta inusuale di Turetta, oggi arriva il secondo colpo di scena che di fatto 'svuota' l'udienza che resta calendarizzata per il prossimo 14 novembre nell'aula bunker di Mestre. In quell'occasione, davanti alla Corte d'assise d'appello presieduta dal giudice Michele Medici, alle parti non resterà che prendere atto e formalizzare la doppia rinuncia e rendere così definitivo l'ergastolo per Turetta. A differenza di quanto scritto in precedenza, il verdetto diventa definitivo senza passaggio dalla Cassazione.
La Procura generale di Venezia aveva inizialmente deciso di procedere con il ricorso in appello per vedere riconosciute le aggravanti della crudeltà e dello stalking nei confronti dell'ex fidanzato, già condannato per il delitto aggravato dalla premeditazione e dal legame affettivo con la vittima. In una lettera, il giovane detenuto nel carcere veronese di Montorio aveva spiegato la sua rinuncia a difendersi assumendosi la "piena responsabilità per quello che ho fatto di cui mi pento ogni giorno sinceramente dal profondo del cuore".
"Una scelta che, a seguito della rinuncia all’appello da parte dell’imputato Filippo Turetta, riteniamo coerente, giusta e pienamente condivisibile". La rinuncia "rende definitiva la sentenza di primo grado e cristallizza, senza più margini di dubbio, la sussistenza dell’aggravante della premeditazione: tra le circostanze più gravi e subdole previste dal nostro ordinamento". I legali della famiglia di Giulia Cecchettin, gli avvocati Stefano Tigani, Piero Coluccio e Nicodemo Gentile, commentano così la decisione della Procura generale di non proseguire nell'impugnazione proposta.
"Un'aggravante (premeditazione, ndr) che assume un significato ancora più drammatico in una vicenda omicidiaria caratterizzata, di fatto, da motivi abietti, arcaici e spregevoli, espressione di una visione distorta del legame affettivo e di un’idea di possesso che nulla ha a che fare con l’amore e il rispetto" aggiunge la difesa. La famiglia Cecchettin "ha affrontato ogni fase del processo con dolore profondo, ma anche con straordinaria dignità. Oggi sente l’esigenza di voltare pagina, di interrompere quel circuito giudiziario che, inevitabilmente, continuava a riaprire la ferita". Con la definitiva affermazione delle gravissime responsabilità dell'imputato Filippo Turetta, "resta ora un impegno essenziale: trasformare il dolore in consapevolezza, affinché la società - a partire dai più giovani - possa riconoscere, prevenire e contrastare le radici profonde della violenza di genere".

Il countdown per la prima tappa fondamentale verso il Festival di Sanremo 2026 (24-28 febbraio) è partito: tra dieci giorni, il 17 novembre, scade il termine per la candidatura dei brani dei Big. Il direttore artistico e conduttore Carlo Conti, al suo quinto mandato, ha pubblicato il regolamento, ma la vera partita, come sempre, si gioca dietro le quinte.
Il regolamento
Per arginare la tradizionale e incontrollabile fuga di notizie, Conti starebbe valutando di anticipare l'annuncio dei Big in gara entro novembre mantenendo però il tradizionale appuntamento con il Tg1 delle 13.30 della domenica. Le due date papabili sono il 23 e il 30 novembre. Una decisione che blinderebbe il cast e brucerebbe sul tempo ogni indiscrezione, lasciando al 14 dicembre, data della finale di Sanremo Giovani, la consueta sfilata dei Big con la comunicazione dei titoli dei brani.
Con la scadenza per la presentazione dei brani fissata al 17 novembre, il nuovo regolamento[1] conferma una base di 26 artisti in gara. Tuttavia, Conti ha già lasciando intendere la possibilità di aggiungere due posti, portando il totale a 28. La novità più significativa riguarda la serata del venerdì, dedicata alle cover: viene confermata la possibilità di duetti tra artisti in gara, ma con un paletto stringente sulla durata. Le esibizioni non potranno superare i tre minuti e 30 secondi, uniformandosi al timing degli inediti.
I cantanti
Ma il cuore del dibattito, come ogni anno, si concentra sul cast che secondo indiscrezioni mescola grandi ritorni, debutti eccellenti e nuove leve. Un nome su tutti è quello di Blanco, che potrebbe 'riappacificarsi' con il palco dell'Ariston dopo la controversa esibizione del 2023 presentando la sua nuova fase artistica. Si scommette anche sul rientro in scena di Angelina Mango e Sangiovanni, entrambi pronti a ripartire dopo un periodo di pausa. Attesissimo anche Alfa, reduce da un'estate 2025 da protagonista assoluto delle classifiche.
Fiore all'occhiello del Conti-bis dello scorso anno, il filone cantautorale è molto atteso. Circolano con insistenza i nomi di Diodato, Ermal Meta e Fulminacci. Tra i papabili anche Aiello, Enrico Nigiotti, Sal Da Vinci e il duo Benji & Fede. Le vere sorprese potrebbero essere i debutti assoluti di Tommaso Paradiso e Frah Quintale. Sul fronte della nuova scena, si fanno i nomi di Emma Nolde e La Niña. Il parterre femminile si preannuncia di altissimo livello. Si parla di veterane come Emma, Arisa e Malika Ayane e di ritorni importanti come quelli di Madame e Levante. Ma ci sono anche talenti in cerca della consacrazione definitiva come Serena Brancale e Chiara Galiazzo. Suggestiva l'ipotesi di California, che si presenterebbe in veste solista dopo la fine del sodalizio artistico e sentimentale dei Coma_Cose.
Il mondo urban potrebbe essere rappresentato da Tedua che da poco ha annunciato il suo primo San Siro. E sul palco dell'Ariston potrebbe tornare anche Neffa, fresco del successo del suo ritorno live all'Unipol Forum. Dalla scuola di 'Amici' potrebbero arrivare Luk3 e Trigno (vincitore categoria canto di Amici 24), mentre Settembre, vincitore delle Nuove Proposte 2025, ha un posto quasi di diritto.
Tra le suggestioni più forti, quella di una clamorosa coppia Fedez-Marco Masini, anche se il cantautore toscano, in una recente intervista all'Adnkronos, ha raffreddato gli animi: "Per andare a Sanremo ci vuole una canzone o un progetto che ti facciano rappresentare un cambiamento. Finché non ci sarà questa canzone, non potrò pensare al Festival". Infine, il colpo a sorpresa potrebbe essere rappresentato dall'irriverente artista estone Tommy Cash. Per la quota 'over', che Conti potrebbe ridimensionare, circolano nomi storici come Michele Zarrillo, Fausto Leali, Enrico Ruggeri, Donatella Rettore e Patty Pravo.
La squadra
A completare la squadra di Conti ci sarà Nicola Savino che avrà il compito di animare le notti post-Festival[2] con il timone del DopoFestival, mentre Gianluca Gazzoli si conferma volto e voce della competizione giovanile. Per Conti si tratta del quinto festival, un traguardo che lui stesso ha definito un possibile punto d'arrivo: "Cinque edizioni possono bastare", ha dichiarato in una recente intervista, lasciando intendere che questo potrebbe essere il suo ultimo mandato alla guida della macchina più importante della musica italiana.

"Il mio gesto è dovuto alla totale inadeguatezza che ancora incredibilmente sopravvive in certi istituti, come le case lavoro, che dovrebbero tendere a ri-socializzare e reinserire" ma che "in realtà sono recipiente di coloro che hanno problemi psichiatrici e che non hanno posto nelle Rems". Lo scrive in una lettera a Varese News Elia Del Grande, condannato per il triplice omicidio di madre, padre e fratello avvenuto a Cadrezzate, in provincia di Varese, nella notte fra il 6 e il 7 gennaio del 1998: dopo 26 anni e 4 mesi di reclusione, Del Grande, nei giorni scorsi, è fuggito da una casa lavoro di Castelfranco Emilia, nel modenese e da quel momento è irreperibile. Del Grande spiega poi che la sua "non è un evasione" ma "un semplice allontanamento ma probabilmente, pago ancora fortemente lo scotto del mio nome e di ciò che ho commesso, mi ritengo amareggiato perché vorrà dire che qualsiasi pena uno possa pagare in questo Paese, comunque tu rimarrai sempre la persona responsabile del gesto commesso".
"Mi sono trovato ad avere a che fare ogni giorno con gente con serie patologie psichiatriche, la terapia chiaramente psicofarmaco, viene data in dosi massicce a chiunque senza problemi. L’attività lavorativa esistente - racconta Del Grande - è identica a quella dei regimi carcerari. Le case di lavoro oggi sono delle carceri effettive in piena regola con sbarre cancelli e polizia penitenziaria, orari cadenziati, regole e doveri. Con la piccola differenza che chi è sottoposto alla casa di lavoro non è un detenuto, bensì un internato, ovvero né detenuto né libero, nessuna liberazione anticipata, nessun rapporto disciplinare, ma solo proroghe da sei mesi in su che servirebbero, in teoria e non in pratica, a riabituare il sottoposto a misura di sicurezza al tessuto sociale esterno contenendolo e dandogli opportunità lavorativa, quest’ultima attualmente è negata se non solo con turnazioni identiche a quelle carcerarie. Avevo ripreso in mano la mia vita, ottenendo con sacrificio un ottimo lavoro dando tutto me stesso in quel lavoro che oggi mi hanno fatto perdere senza il minimo scrupolo, mi riferisco alla magistratura di sorveglianza, avevo ritrovato una compagna un equilibrio i pranzi le cene il pagare le bollette le regole della società, tutto questo svanito nel nulla per la decisione di un magistrato di Sorveglianza, che mi ha nuovamente rinchiuso facendomi fare almeno mille passi indietro riproponendomi soltanto la realtà repressiva carceraria, anzi quella delle case lavoro è ben peggio, ci sono persone all’interno che sono entrate per sei mesi e avendo l’unica colpa di non avere una dimora e una famiglia, si trovano internate da 4/5 anni, in un Paese civile e al passo con le regole europee, questo non dovrebbe più esistere, difatti l’Italia è l’unico paese in tutta Europa che adotta le misure di sicurezza".
"Ci tengo a precisare - prosegue l'uomo - che io da questo paese sono stato condannato ad anni 30 di reclusione, effettivamente ne ho scontati 26 e 4 mesi e non sono stato condannato a galera in più, e invece grazie a questo articolo di legge risalente a Mussolini ancora in essere dal nostro codice penale mi sono ritrovato nuovamente peggio di un detenuto. Mi sono visto crollare il mondo addosso, ho visto perdere tutto ho visto non considerato il mio impegno lavorativo, ho visto non considerato il mio percorso di reinserimento durato due anni e mezzo dall’atto del mio ritorno in libertà, oggi tutte le cronache mi definiscono come il serial killer, il pazzo assassino che è sfuggito senza la minima remora e controllo, additandomi di tutte le cose del passato senza informarsi prima su cosa ho fatto da quando sono stato scarcerato il 16 luglio 2023, questo e molto altro mi hanno spinto a provare il tutto per tutto pur di uscire da quella situazione alla quale non riuscivo assolutamente ad abituarmi e a prenderne consapevolezza nonostante tutti i carceri che io abbia girato. Il disagio che ho visto lì dentro credo di non averlo mai conosciuto e sono scappato anzi, mi sono allontanato".
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