
"Andrea Delogu è una persona magnifica, fantastica". E' il messaggio che Nikita Perotti, maestro di Andrea Delogu a Ballando con le stelle, invia alla sua partner nello show del sabato sera di Raiuno. "Tengo tantissimo ad Andrea, sentivo il bisogno di stare con lei", le parole di Perotti, che è stato accanto alla conduttrice di La porta magica. Delogu, una delle concorrenti più apprezzate nel programma condotto da Milly Carlucci, poche settimane fa ha vissuto una tragedia familiare. Il fratello Evan, 18 anni, è morto in un incidente in moto a Bellaria, in Romagna.
Perotti è stato accanto alla sua compagna d'avventura anche nei giorni segnati dal dramma, creando un legame che va oltre la trasmissione. Il feeling artistico si è mostrato in tutta la sua pienezza sabato sera, con l'esibizione che ha riproposto alcuni passaggi del film Dirty Dancing. "Andrea è una persona magnifica, fantastica. Farò di tutto e per sempre per farle tornare il sorriso. Certo che penso di arrivare alla vetta, per tutto quello che sta facendo Andrea se lo merita. Io però ho già vinto dal primo giorno in cui l'ho incontrata", dice Perotti dal salotto di La volta buona.

Si è svolto oggi a Milano l’evento “Un’ondata di innovazione”, durante il quale è stata presentata la nuova edizione della Ricerca Nazionale sulle Società Benefit 2025. Attraverso gli interventi dei Partner della Ricerca - Nativa, il Research Department di Intesa Sanpaolo, InfoCamere, l’Università di Padova, la Camera di commercio di Brindisi-Taranto e Assobenefit - è emerso un quadro aggiornato e approfondito della dinamicità del mondo delle Società Benefit e del ruolo sempre più centrale che queste imprese assumono come motore di innovazione per il sistema Paese.
L’analisi approfondisce il processo di adozione del modello Benefit e la gestione dell’impatto ed è stata condotta su un campione composto da oltre 300 Società Benefit e più di 550 società non Benefit. Dalla fotografia scattata emerge che destina oltre il 5% del proprio fatturato a finalità con impatto sociale e ambientale il 20% delle Società Benefit, a fronte di appena il 6% delle imprese non-benefit. L'integrazione del modello Benefit si riflette anche nella gestione quotidiana: per quasi il 50% delle Società Benefit (vs 23% delle non-benefit) la valutazione degli impatti su ambiente e comunità è pienamente incorporata nel processo decisionale e strategico, mentre un ulteriore 47% dichiara di considerarla in almeno alcune decisioni strategiche. Solo il 6% si limita alla conformità normativa, contro il 37% registrato tra le imprese non-benefit.
La decisione di diventare Società Benefit è una scelta interna all'organizzazione, che comporta un miglioramento del posizionamento sul mercato, delle relazioni con la comunità locale e del clima aziendale. L’adozione del modello Benefit trova un forte riscontro trasversale tra gli stakeholder. Tre imprese su quattro riportano reazioni positive o molto positive da parte dei dipendenti; livelli analoghi si registrano tra associazioni non profit (73%), clienti (72%) e comunità locali (71%). In particolare, tra i benefici interni più riconosciuti dal personale emergono un maggiore senso di appartenenza all’azienda, indicato da quasi il 60% delle Società Benefit, e un miglioramento della qualità dell’ambiente di lavoro (48%).
Per quanto riguarda gli stakeholder esterni, le Società Benefit dimostrano particolare attenzione alla filiera di fornitura: il 22% adotta un approccio rigoroso, valutando le performance di sostenibilità dei fornitori e collaborando solo con quelli più virtuosi, per le non-benefit la quota si dimezza e si riduce al 10%. La difficoltà di coinvolgimento della supply chain, tuttavia, è individuata come la principale barriera all’implementazione del modello benefit (29%). Per accelerare la diffusione del modello, le imprese individuano come intervento più desiderato l’introduzione di vantaggi fiscali (81%), seguita da premialità nei bandi pubblici (64%). Misure che, secondo le aziende, potrebbero contribuire a un’ulteriore espansione dell’ecosistema delle Società Benefit in Italia.
Accanto alla crescita del numero delle Società Benefit, (5.309 al 30 settembre 2025, +22% la crescita rispetto all’anno precedente, con un valore della produzione annuale pari a 67,8 miliardi di euro), la ricerca ha approfondito anche la dimensione statutaria, analizzando gli impegni concreti e pubblici che le Società Benefit assumono nei confronti delle persone, delle comunità e dell’ambiente. L’esame puntuale di 4.110 statuti, dotati di anagrafica completa e dell’indicazione di almeno una finalità specifica di beneficio comune, ha portato all’identificazione di 23.990 finalità specifiche, con una media di 5,8 finalità per impresa.
Tre le categorie che risultano predominanti tra queste. Diritti umani e relazioni con la comunità (6.419 finalità, il 26,8%) la prima; coinvolgimento, diversità e inclusione delle persone (4.597 finalità, 19,2%). Infine, diffusione del modello Benefit (1.668 finalità, 7%), testimonianza della volontà di promuovere approcci imprenditoriali orientati alla generazione di impatti positivi.
La classificazione Esg conferma un forte orientamento verso le finalità sociali (55%), seguite da quelle ambientali (29%) e di governance (16%). Inoltre il 77% delle imprese ha adottato almeno una finalità materiale (ovvero coerente con i temi che influenzano maggiormente le performance di sostenibilità nel proprio settore), dimostrando una certa consapevolezza su quali siano i fattori critici globali per migliorare il proprio impatto. Tra le principali novità di questa edizione vi è l’approfondimento della coerenza tra le finalità di beneficio comune dichiarate negli statuti e gli interventi rendicontati nelle Relazioni di Impatto.
L’analisi effettuata sulle 99 Società Benefit di grandi dimensioni mostra una sovrapposizione molto ampia tra le “promesse” statutarie e le attività realizzate, con un dato rilevante: l’85% delle 1.824 azioni censite ha raggiunto gli obiettivi prefissati nella relazione di impatto. Tali risultati indicano capacità di tradurre in modo efficace gli impegni statutari in iniziative concrete coerenti, un segnale importante per la crescita dell’intero ecosistema delle Società Benefit.
Dal censimento delle azioni sono emersi oltre 130 temi di impatto, raccolti nel primo Dizionario dell’Impatto delle Società Benefit, strumento utile per tradurre le finalità di beneficio comune in piani operativi e pensato per sostenere la crescita del modello Benefit in Italia.

"I dati della prima coorte europea sul cabotegravir PrEP portati alla conferenza Eacs", la conferenza sull'Hiv della European Aids Clinical Society, "hanno dimostrato che con la somministrazione ogni 2 mesi l'aderenza è stata superiore al 95%". Così l'infettivologa Valentina Mazzotta dell'Uoc Immunodeficienze virali presso l'Istituto nazionale per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani Irccs di Roma, intervenendo al web talk 'Innovazione nella prevenzione dell'Hiv: miti e realtà', promosso da Adnkronos e realizzato con il supporto non condizionante di Viiv Healthcare. Un incontro teso a promuovere una corretta comunicazione basata sulle evidenze scientifiche e che spinge affinché si superino i falsi miti e le convinzioni errate che ancora troppo spesso ruotano attorno all'Hiv, un'infezione che coinvolge trasversalmente la popolazione.
La prevenzione è tutto. Ad oggi per contrastare l'Hiv, ma anche altre malattie sessualmente trasmissibili e per evitare la gravidanza, "il condom offre una protezione dell'85-86%", spiega Mazzotta che però fa notare: "Il problema è che il condom non arriva dappertutto". Ad affiancare il contraccettivo "abbiamo la PrEP (Profilassi pre-esposizione), che consiste nell'assumere dei farmaci prima di rapporti potenzialmente a rischio. Se utilizzata correttamente, l'efficacia di questa strategia è vicina al 100%".
Il cabotegravir - è stato ricordato - è un farmaco PrEP a lunga durata d'azione per la prevenzione dell'Hiv, somministrato tramite iniezione intramuscolare ogni 2 mesi. E' stato approvato dall'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali, ma "la rimborsabilità non è stata approvata dall'Aifa", l'Agenzia italiana del farmaco, prosegue l'infettivologa che illustra poi i risultati del programma pilota allo Spallanzani di Roma: "La somministrazione è avvenuta in una determinata popolazione che aveva tossicità o effetti avversi alla PrEP orale o aveva problemi di aderenza, cioè a rispettare l'assunzione orale giornaliera. Nel follow-up, che ha avuto una durata di 7 mesi, non abbiamo osservato nessuna infezione, a conferma dei dati sui trial di efficacia di cabotegravir in PrEP. Solo meno del 2% delle interruzioni è avvenuta per effetti collaterali. Nonostante con il pilota avessimo a disposizione poche fiale, e quindi una limitata disponibilità di dati riguardo la desiderabilità della PrEP a lunga durata d'azione, più del 20% delle persone capitate in quel periodo nell'ambulatorio hanno avanzato delle fortissime richieste di passare alla long acting. I pazienti aspettano queste nuove opzioni con ansia e fiducia".
Alla conferenza Eacs è stato portato anche lo studio Clarity che ha comparato accettabilità e tollerabilità di cabotegravir in PrEP con l'altra opzione di PrEP iniettiva, il lenacabavir "che, quando sarà disponibile, si somministrerà una volta ogni 6 mesi", specifica Mazzotto. "Le persone che hanno ricevuto entrambi i farmaci a distanza di alcune settimane sono poi state intervistate sulla tollerabilità a una settimana dall'iniezione. Lo studio ha dimostrato come cabotegravir è altamente accettato dalle persone che lo hanno ricevuto. Mentre chi aveva ricevuto lenacabavir ha riportato molti più eventi avversi, connessi al sito di iniezione, in particolare i noduli, essendo la somministrazione più superficiale".
Lo studio citato da Mazzotta "aveva un breve follow-up". La disponibilità di dati a lungo termine con uno studio esteso nella real world, "quando avremo i farmaci disponibili su larga scala, ci aiuterà a capire quanto l'esperienza della somministrazione possa aiutare accettabilità ed aderenza al farmaco - evidenzia la specialista - Questi farmaci ci dicono che abbiamo a disposizione trattamenti che ci aiutano a proteggersi. Dunque in questo momento non abbiamo un problema di efficacia delle strategie di prevenzione, quanto di accesso. C'è bisogno di far conoscere questa forma di prevenzione", la PrEP long acting, "e renderla fruibile e accessibile al più alto numero di persone possibili".
"I primi dati sulla PrEP in Italia, raccolti anche prima della rimborsabilità della PrEP orale - rimarca Mazzotta - riportano un problema di aderenza e interruzioni al programma di prevenzione che prevede visite, controlli e follow-up. Nel primo anno il tasso di interruzioni si attesta al 25%. I fattori sono l'età giovane, stupefacenti durante i rapporti e la non rimborsabilità del farmaco. Conoscere questi fattori predittivi è importante per caratterizzare la popolazione e capire dove agire. I grandi ostacoli all'aderenza alla PrEP sono l'accessibilità e lo stigma. Le persone fanno fatica a parlare di vita sessuale. La narrazione va ribaltata e questo passa anche dall'informazione", conclude l'infettivologa.

Cinque assoluzioni "perché il fatto non sussiste". E' la sentenza pronunciata dal gup di Milano Roberto Crepaldi nei confronti dell'avvocata Alessia Pontenani, di quattro psicologhe e dello psichiatra Marco Garbarini accusati a vario titolo di favoreggiamento e falso nel caso di Diana Pifferi, condannata in appello a 24 anni di carcere per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana. Il pubblico ministero Francesco De Tommasi aveva chiesto condanne fino a 4 anni. Le motivazioni del verdetto odierno saranno rese note tra 30 giorni.
Per la pubblica accusa le psicologhe avrebbero "falsamente" attestato un quoziente intellettivo pari a 40 per Alessia Pifferi e quindi un "deficit grave" laddove invece il test Wais, non era da somministrare alla detenuta che "non era un soggetto a rischio di atti anticonservativi e si presentava lucida, orientata nel tempo e nello spazio, nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali e determinata". Una condotta che avrebbe avuto come obiettivo quello di fornire una base documentale che permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, "la tanto agognata perizia psichiatrica" e provare così a evitare il massimo della pena. Secondo il pm le indagate avrebbero 'imbeccato' l'imputata - anche usando protocolli con "punteggi già inseriti" - affinché ottenesse una perizia psichiatrica in grado di accertarle un deficit, un'attività difensiva non lecita.
Le psicologhe - per l'accusa - sarebbero andate oltre il loro compito, somministrando test "incompatibili con le caratteristiche psichiche effettive della detenuta" e con colloqui "falsamente annotati nel diario clinico", mentre lo psichiatra Garbarini, consulente di parte, l'avrebbe "eterodiretta" nelle risposte da fornire. Di diverso avviso il giudice e i legali. "Confidavamo in questo esito: sulla mia assistita non c'era nulla. Questo processo parallelo non doveva neanche iniziare e ha causato danni gravissimi", il commento dell'avvocato Corrado Limentani, difensore della collega Pontenani. "E una sentenza giusta che ridà dignità a questi professionisti" le parole di altri due difensori, gli avvocati Adriano Bazzoni e Mirko Mazzali.

"Nel trattamento dell'Hiv dal punto di vista clinico, a parità di assunzione e restando estremamente aderenti, il tasso di efficacia tra terapia quotidiana e terapia a lunga durata d'azione (long acting) è lo stesso. Il driver principale nella scelta della terapia long acting è il bisogno del paziente. Oggi disponiamo di un trattamento con cabotegravir che prevede una somministrazione iniettiva ogni 2 mesi. Rispetto alla terapia quotidiana garantisce una più facile riservatezza, evita il disagio sociale collegato a una malattia altamente stigmatizzata e garantisce quindi una maggiore aderenza". Così l'infettivologo Davide Moschese, della I Divisione di Malattie infettive all'ospedale Luigi Sacco, polo universitario dell'Asst Fatebenefratelli Sacco di Milano, intervenendo al web talk promosso da Adnkronos 'Innovazione nella prevenzione dell'Hiv: miti e realtà', realizzato con il supporto non condizionante di Viiv Healthcare. Un incontro organizzato con l'obiettivo di promuovere una comunicazione corretta e basata sulle evidenze scientifiche, volta a superare i falsi miti e le convinzioni errate che ancora troppo spesso ruotano attorno all'Hiv, un'infezione che coinvolge trasversalmente la popolazione.
"In Italia abbiamo avuto più di 2mila infezioni, con un'incidenza di circa 4 casi ogni 100mila abitanti - ricorda Moschese riportando dati dell'Istituto superiore di sanità (Iss) - Dal 2020 al 2023 c'è stato un aumento progressivo delle nuove diagnosi con una modalità di trasmissione legata ai rapporti sessuali. Il 39% dei casi riguarda uomini che fanno sesso con uomini, il 26% e 21% riguardano uomini e donne eterosessuali". All'interno dei gruppi sopra citati "la maggior parte delle diagnosi viene effettuata nella fascia d'età tra i 30-49 anni - sottolinea lo specialista - una fascia con il più facile accesso ai servizi di testing, prevenzione e terapia, a differenza dei più giovani che invece sono meno raggiunti dai mezzi diagnostici e terapetuci".
Tra i fattori che influenzano diagnosi e terapia, alcuni sono legati ad aspetti socio economici. "Migranti e transegreder", ad esempio, "si trovano in situazioni di intersezionalità - continua l'esperto - C'è poi la mancanza di informazioni. Molte donne hanno una bassa percezione della vulnerabilità di questa infezione che nel corso dei decenni è stata descritta come maschile e legata all'orientamento sessuale". Un insieme di variabili che secondo l'infettivologo ostacolano l'accesso ai test e favoriscono la diffusione dell'infezione. "La prevenzione e il trattamento dell'Hiv sono una storia di successo della medicina - conclude Moschese - Se vogliamo veramente avere impatto sulla curva epidemica italiana dobbiamo parlare dell'infezione e contrastare lo stigma. Le persone che vivono con Hiv non sono malate, vivono in una condizione che grazie alla terapia evita l'insorgere della sindrome da immunodeficienza acquisita (Aids). Occorre raggiungere tutta la popolazione e rendere accessibili le strategie preventive con una comunicazione sempre presente e non rilegata a un paio di giornate l'anno. Questo è il modo più concreto di contribuire alla salute pubblica".

"Se non sei un medico, non fare il medico". E' il messaggio della nuova campagna di comunicazione lanciata dall'Agenzia italiana del farmaco Aifa, in collaborazione con il ministero della Salute, per sensibilizzare gli italiani sull'uso consapevole degli antibiotici. In un Paese, l'Italia, che è ancora fra le realtà europee con i consumi più elevati e con "preoccupanti livelli di germi multiresistenti a più di una classe di antibiotici", spiegano i promotori dell'iniziativa che prevede spot sulle reti Rai e Mediaset, spazi dedicati su stampa ed emittenti locali e diffusione sui canali social per informare sui rischi legati all'autoprescrizione, al 'fai da te' su questi farmaci, i quali vanno al contrario "sempre assunti con la prescrizione del medico e seguendone le indicazioni".
Secondo i più recenti dati Aifa (Rapporto OsMed 2025), a livello territoriale gli antimicrobici (prevalentemente antibiotici) rappresentano la quota di consumi di farmaci più elevata (1,7%) in Italia, superata solo dalla Francia (2%). Nel nostro Paese, inoltre, si è registrato un aumento del 7% nel periodo 2021-2024, più che nel resto d'Europa (+4,4%). L'uso improprio contribuisce ad alimentare il fenomeno drammatico dell'antimicrobico-resistenza, la capacità cioè dei batteri di rafforzarsi e sopravvivere agli antibiotici, rendendoli di fatto inefficaci, con conseguenze anche molto gravi per la salute, spiega l'ente regolatorio in una nota. Non riuscire a controllare un'infezione significa rischiare la vita, specie se si è un paziente fragile.
La situazione descritta dai dati, osservano dall'agenzia, è il segnale che "occorre un impegno maggiore per circoscrivere l'impiego di antibiotici ai casi di reale necessità". Ridurre i consumi impropri significa assumerli "solo dopo aver consultato il medico, nelle dosi e per il tempo indicati", senza interrompere prematuramente il trattamento al primo miglioramento dei sintomi, ed evitando di utilizzare antibiotici avanzati da precedenti cure. Significa per esempio - continua l'Aifa - essere consapevoli che l'influenza stagionale è causata da virus e non da batteri e che quindi ricorrere all'antibiotico in questi casi, oltre a non produrre benefici, può peggiorare lo stato di salute della persona malata ed esporla a effetti indesiderati anche importanti. Con tono ironico, la campagna mette in guardia dall'affidarsi all'autodiagnosi consultando il 'dottor Google' o l'intelligenza artificiale, e sottolinea l'importanza di non ricorrere all'automedicazione con gli antibiotici ai primi sintomi influenzali.
"L'uso responsabile degli antibiotici - afferma il ministro della Salute, Orazio Schillaci - è necessario per contrastare la resistenza dei batteri che, come sappiamo, si traduce poi nel rischio di infezioni ospedaliere. Con questa campagna vogliamo sensibilizzare i cittadini a non consumare antibiotici se non affidandosi al proprio medico per garantire appropriatezza e una adeguata aderenza terapeutica. L'antibiotico-resistenza è una priorità di salute pubblica che vede il ministero impegnato su più fronti anche per lo sviluppo di antibiotici. E' una sfida, però, che richiede l'impegno di tutti: istituzioni, operatori sanitari e cittadini".
"Con questa iniziativa di comunicazione puntiamo a scoraggiare il fai da te, ribadendo con forza che non bisogna mai sostituirsi al medico - interviene il presidente di Aifa, Robert Nisticò - E' importante comprendere che l'antibiotico va usato se necessario e solo il medico può valutare caso per caso se prescrivere un antibiotico e quale sia il più indicato, tenendo conto di diversi fattori, perché gli antibiotici non sono tutti uguali. Un'altra parola chiave è prevenzione: possiamo fare molto per limitare le infezioni, con misure di igiene e comportamenti responsabili, anche e soprattutto negli ospedali e nelle strutture di lungodegenza, dove abbiamo pazienti più fragili e più esposti e dove è ancora più importante alzare la guardia. Solo un impegno di tutti verso un obiettivo comune può aiutarci a mantenere efficaci anche per il futuro questi preziosi strumenti di salute".

Il giovane pilota della Mercedes Kimi Antonelli è stato minacciato di morte dopo che la Red Bull ha insinuato che si fosse spostato deliberatamente per essere superato da Lando Norris nelle fasi finali del Gran Premio del Qatar di Formula 1. Norris è salito al quarto posto dopo che Antonelli è andato largo al penultimo giro della gara di domenica.
Norris ha guadagnato così due punti dall'errore di Antonelli, il che significa che ora può arrivare terzo, anziché secondo, nell'ultima gara di stagione di questo fine settimana ad Abu Dhabi, con la certezza di battere la Red Bull di Max Verstappen nella corsa al titolo. Ed è stata proprio la scuderia dell'olandese a 'notare' l'errore di Antonelli e insinuare qualche dubbio, preludio della shitstorm che si è abbattuta sul giovane pilota italiano.
Le accuse Red Bull: "Sembra che l'ha fatto passare" e la shitstorm
Il primo ad accusare, neanche troppo velatamente, Kimi Antonelli è stato l'ingegnere di pista di Verstappen, Gianpiero Lambiase, ha detto via radio al suo pilota, vincitore in Qatar: "Sembrava che (Antonelli) si fosse semplicemente fermato e avesse lasciato passare Norris".
Anche il consulente motorsport della Red Bull, Helmut Marko, ha criticato il 19enne esordiente, sostenendo che avrebbe "salutato" Norris. Antonelli, che ha sostituito Lewis Hamilton alla Mercedes, ha da allora oscurato la sua immagine del profilo Instagram[1] in seguito a una valanga di attacchi online.
La Press Association è stata informata che la Mercedes ha identificato "più di 1100 commenti gravi o sospetti", "molti dei quali erano minacce di morte", sugli account social di Antonelli. Altri 330 commenti "gravi o sospetti" sono stati segnalati anche sui canali social della Mercedes che ha condiviso i dati con la campagna United Against Online Abuse della Fia.
Le scuse della Red Bull e la difesa di Wolff
La Red Bull è stata spinta a presentare delle scuse. Una dichiarazione della Red Bull Racing recita: "I commenti fatti prima della fine e subito dopo il Gp del Qatar, secondo cui il pilota della Mercedes Kimi Antonelli avrebbe deliberatamente permesso a Lando Norris di sorpassarlo, sono chiaramente errati. Il filmato di replay mostra Antonelli che perde momentaneamente il controllo della sua vettura, permettendo così a Norris di sorpassarlo. Ci rammarichiamo sinceramente che questo abbia portato Kimi a ricevere insulti online".
La McLaren è alimentata da motori Mercedes e, parlando domenica sera, il team principal della Mercedes, Toto Wolff, ha dichiarato: "Questa è una totale, assoluta assurdità che mi fa impazzire. Stiamo lottando per il secondo posto nel campionato costruttori, il che è importante per noi. Kimi sta lottando per un potenziale terzo posto in gara. Voglio dire, quanto si può essere stupidi anche solo a dire una cosa del genere? E mi dà fastidio. Perché sono infastidito dalla gara in sé, da come è andata. Sono infastidito dall'errore alla fine. Sono infastidito da altri errori. E poi sentire queste assurdità mi fa impazzire".
"Ho parlato con Lambiase. Ovviamente erano emotivi in quel momento. Gli ho detto: 'Lui (Antonelli) è semplicemente uscito di pista. Ha avuto un piccolo momento di difficoltà nella curva precedente e poi ha perso velocità in ingresso nella curva a sinistra. Può succedere'. Quindi con lui è tutto chiaro. Abbiamo chiarito la situazione. Ha detto di non aver capito la situazione. Ma perché dovremmo farlo? Perché dovremmo anche solo pensare di interferire in un campionato piloti? Bisogna davvero controllare se stessi e capire se si vedono fantasmi".

A pochi giorni dalla diffusione dei risultati preliminari globali dello studio di fase 3 Oceanic-Stroke, Bayer Italia sottolinea il contributo del nostro Paese a un trial che potrebbe aprire un nuovo capitolo nella prevenzione secondaria dell'ictus ischemico non cardioembolico. Lo studio, che ha valutato l'inibitore del Fattore XIa asundexian in aggiunta alla terapia antiaggregante - informa una nota - ha mostrato una riduzione significativa del rischio di ictus ischemico rispetto al placebo, senza aumentare i sanguinamenti maggiori, raggiungendo così entrambi gli endpoint primari di efficacia e sicurezza. L'Italia ha dato un contributo importante alla ricerca con 22 centri clinici coinvolti in tutto il Paese. Grazie ai dati raccolti e alla gestione accurata del follow-up, i centri italiani hanno supportato lo studio in modo determinante, rafforzando la robustezza scientifica dei risultati globali.
L'ictus rappresenta ancora una sfida di portata globale: ogni anno colpisce circa 12 milioni di persone e nel 20–30% dei casi si tratta di recidive. E' la seconda causa di morte nel mondo e le recidive spesso comportano esiti ancora più gravi rispetto al primo episodio. Nonostante le terapie oggi disponibili, il rischio di un nuovo evento rimane elevato: 1 sopravvissuto su 5 può andare incontro a un secondo ictus entro 5 anni. "Lo studio Oceanic-Stroke - afferma Andrea Zini, direttore della Neurologia e Rete Stroke dell'Irccs Istituto delle scienze neurologiche dell'ospedale Maggiore di Bologna - segna un cambiamento importante nella ricerca neurologica. Gli inibitori del Fattore XIa come asundexian rappresentano una nuova frontiera nella prevenzione dell'ictus, un passo significativo nella lotta contro le recidive, soprattutto per i pazienti con ictus ischemico non cardioembolico per i quali le opzioni terapeutiche non sono state sostanzialmente innovate negli ultimi anni. Asundexian, primo farmaco di questa classe a completare con successo uno studio di fase 3, potrebbe offrire una soluzione efficace per ridurre il rischio di ictus ricorrenti in questa popolazione. La terapia antiaggregante attualmente in uso non è sufficiente per prevenire completamente i secondi ictus, il che rende l'approvazione di nuovi trattamenti ancora più cruciale"
Asundexian ha ottenuto la designazione fast track dalla Food and Drug Administration degli Stati Uniti come potenziale trattamento per la prevenzione dell'ictus nei pazienti con ictus ischemico non cardioembolico, ricorda la nota. Tuttavia - si legge - va sottolineato che asundexian è ancora un farmaco sperimentale e non è stato ancora approvato da alcuna autorità sanitaria. Lo studio Oceanic-Stroke ha analizzato efficacia e sicurezza di asundexian, inibitore orale del Fattore XIa, somministrato alla dose di 50 mg una volta al giorno, per la prevenzione dell'ictus ischemico in pazienti che avevano recentemente avuto un ictus ischemico non cardioembolico o un attacco ischemico transitorio (Tia) ad alto rischio. Il trattamento è stato valutato in combinazione con la terapia antipiastrinica standard. Si tratta di uno studio multicentrico e internazionale, randomizzato, controllato con placebo, in doppio cieco, a gruppi paralleli e guidato dal numero di eventi, che ha arruolato oltre 12.300 pazienti.

“Quando parliamo di Hiv non parliamo solo di una malattia, ma di stigma, di diritti e accesso alle cure. Se la scienza su questa infezione ha fatto enormi passi avanti, la comunicazione sembra essere rimasta un po' indietro: termini come contagiato, infetto, focolai, vittime dell'Aids, sieropositivo, non sono solo errori semantici, hanno un impatto e delle conseguenze reali. Superare questo tipo di comunicazione è un segno di rispetto verso le persone”.
Lo ha detto Irma D’Aria, giornalista medico scientifica di Medikea, partecipando al web talk promosso da Adnkronos ‘Innovazione nella prevenzione dell’Hiv: miti e realtà’, realizzato con il supporto non condizionante di Viiv Healthcare. Un incontro che ha visto anche la partecipazione di due infettivologi e che è stato organizzato con l'obiettivo di superare i falsi miti e le convinzioni errate che ancora troppo spesso ruotano attorno all’Hiv, attraverso una comunicazione corretta, basata sulle evidenze scientifiche.
Proprio sul tasto della comunicazione ha battuto la giornalista scientifica. “Di Hiv si parla poco e sui social se ne parla male, con atteggiamenti colpevolizzanti. Inoltre, circolano fake news potenti”, sottolinea. Poi si sofferma sui due antipodi che caratterizzano l’argomento: “Da una parte il catastrofismo, dall'altra una normalizzazione eccessiva. Una dualità che può portare i giovani a vivere una prevenzione superficiale - avverte - Noi giornalisti dovremmo prendere maggiore consapevolezza del mestiere che facciamo e il ruolo che abbiamo e combattere i falsi miti più diffusi. Dobbiamo costruire articoli, contenuti, anche in maniera semplice, che diano un contributo più fattivo”.
D’Aria ricorda inoltre l’importanza di diffondere una corretta informazione partendo dalle scuole, ma anche la necessità di adattare il tipo di comunicazione al contesto socio-culturale attuale: “Sui media mainstream i giovani non ci leggono più - dice - La comunicazione sui canali social va affidata ai giornalisti, non agli influencer, a meno che non siano particolarmente esperti - raccomanda - Bisogna usare un linguaggio coinvolgente per arrivare direttamente ai giovani. Inoltre - aggiunge - occorre puntare sui canali di comunicazione tradizionali per arrivare alle famiglie, che, a un certo punto, dovrebbero affrontare il tema sessualità con i loro figli - sottolinea ricordando che - Spesso i genitori riescono a parlare di contraccezione per evitare una gravidanza, ma difficilmente si parla di malattie sessualmente trasmissibili”. Per la giornalista, la necessità più stringente quando si parla dell’infezione è quella di “riuscire a comunicare che una persona con Hiv”, che segue una terapia antiretrovirale, “non trasmette il virus”.
C’è anche un’altra urgente necessità: “Per restituire un po' di umanità a un tema per troppo tempo raccontato con stigma, vanno coinvolte direttamente le persone con Hiv – spiega D’Aria - Perché nessuna campagna può funzionare se parla sulle persone anziché con le persone che vivono l'infezione”. Poi un invito ai colleghi giornalisti: “Anche se spesso le condizioni in cui lavoriamo ci portano a fare il nostro lavoro di corsa, non smettiamo mai di chiederci che impatto hanno le parole che scegliamo” conclude.
Il regista partenopeo al Teatro Massimo di Cagliari con Vizita...
Previste chiusure per mercoledì 3 dicembre... 
"Con questa nuova installazione di Joana Vasconcelos, il I Municipio rinnova il suo impegno nel valorizzare i luoghi simbolo della città attraverso progetti culturali che parlano al presente e costruiscono futuro. 'Solitário' non è solo un’opera spettacolare, è un invito alla riflessione collettiva e alla partecipazione, un modo per riportare l’arte al centro della vita urbana e restituirla alla cittadinanza". Così la presidente del I Municipio di Roma Lorenza Bonaccorsi dopo l'arrivo di "Solitário", la nuova installazione dell’artista internazionale Joana Vasconcelos, da oggi visibile sulla Terrazza del Pincio. L’opera approda in uno dei luoghi più iconici della città grazie al patrocinio di Roma Capitale e alla collaborazione con il Municipio Roma I Centro, che ha sostenuto fin dall’inizio la realizzazione e l’inserimento del progetto nel contesto urbano.
La cerimonia di unveiling si è svolta questa mattina alla presenza del sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, dell’artista e di Giancarlo Giammetti, ribadendo il valore istituzionale dell’intervento e la visione condivisa di una città che porta l’arte negli spazi pubblici. La scultura, costruita con 110 cerchioni dorati e una piramide rovesciata composta da 1.450 bicchieri di cristallo, propone un linguaggio visivo monumentale e allo stesso tempo sofisticato, suggerendo una rilettura contemporanea dei simboli di status e della loro trasformazione. "Solitário" dialoga direttamente con la Terrazza del Pincio, palcoscenico monumentale e suggestivo, invitando a riflettere non solo sul ruolo dei simboli nella società contemporanea ma anche sui temi legati al genere, all’identità e alle narrazioni collettive. Il progetto prende forma grazie al Patrocinio di Roma Capitale e alla collaborazione con il Municipio Roma I Centro, che insieme alla Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti ha costruito un percorso culturale fatto di installazioni, laboratori e iniziative diffuse, con l’obiettivo di promuovere democratizzazione dell’arte e rigenerazione urbana.
Per l'assessore alla Cultura, Giulia Silvia Ghia, "la collaborazione siglata tramite un accordo con la Fondazione Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti conferma quanto la cultura possa essere motore di inclusione e rigenerazione. Quest’opera, in dialogo con un luogo iconico come la Terrazza del Pincio, dimostra come arte e comunità possano incontrarsi generando bellezza, curiosità e nuove visioni. È un passo ulteriore verso una città che vive la cultura come esperienza condivisa". Con questa installazione, il Municipio Roma I Centro rafforza il proprio impegno nel rendere la cultura un elemento vivo della città, capace di creare relazione, partecipazione e nuove forme di identità urbana.

Il rapporto con Gino Paoli, la figlia Amanda, la carriera e le scelte. Stefania Sandrelli ospite a Belve, nella puntata in onda domani 2 dicembre su Raidue, risponde alle domande di Francesca Fagnani.
Si parte dall'incontro con Gino Paoli ("non sapevo che era sposato" dice), la passione ("ci siamo levati parecchie soddisfazioni"), l'arrivo della figlia Amanda nata 3 mesi dopo il figlio che Paoli ebbe con sua moglie Anna. "Come ha fatto ad accettare questa contemporaneità?", domanda la giornalista. "Amore a tre mai! Mi disse che non era stato lui, non gli ho creduto. Ha sempre negato. Disse anche che lei era libera di fare quello che voleva: anni dopo con Anna ne abbiamo parlato e riso insieme", risponde Sandrelli che nello studio di Belve rivela di aver fatto l’amore "in cima alla Basilica San Pietro, sulla scala verso la cupola".
"Chi era il fortunato?" chiede Fagnani. "Il solito" ammette Sandrelli riferendosi a Gino Paoli. L'attrice poi si commuove quando ricorda gli anni della separazione forzata dalla figlia Amanda che andò a vivere con il padre Paoli e la moglie, quando era sposata con Nichi Pende che ebbe problemi con l’alcol. "Ho sofferto molto. Mi sono separata da mio marito, non potevo rinunciare a mia figlia".
"Il sesso ha contato molto nella sua vita?" chiede Fagnani." Sì e sono molto contenta che Gino mi abbia svezzata. Perché anche lui era molto esuberante" risponde Sandrelli. La giornalista poi scherza su qualche suo vezzo "da diva". "Si dice che lei non debba mettere sempre gli slip". "Mi danno fastidio. Sono più le volte che non le metto..." dice Sandrelli. E Fagnani aggiunge: "Questa abitudine non l'ha persa?". "No, infatti stasera ho le calze". chiosa l’attrice con un sorriso.
Capitolo carriera: dopo aver lavorato con alcuni maestri del cinema, negli anni ’80 gira 'La chiave' di Tinto Brass. "Intraprende il filone erotico a 40 anni, perché?" chiede Fagnani. "La sceneggiatura era molto bella, ho avuto voglia di farlo", spiega Sandrelli. "Quando si è rivista ha sentito imbarazzo?", insiste Fagnani. "No. Mi sono piaciuta. E poi mi ha liberata…", risponde Sandrelli.

La VII edizione di 'Panettone Maximo', festival nazionale del panettone artigianale – tra i più autorevoli a livello nazionale e, senza dubbio, il più importante evento di Natale della Capitale – si è svolta ieri, domenica 30 novembre, dando il benvenuto al mese dedicato al Natale. Organizzato dalla E20 Events Factory e Ristoragency, l’evento ha goduto del patrocinio della Presidenza della Regione Lazio e dell’Assessorato ai Grandi Eventi del Comune di Roma e il contributo di Arsial (agenzia regionale per lo sviluppo e l'innovazione dell’agricoltura del lazio) e l’importante sostegno degli sponsor Agrimontana, Molino Dallagiovanna, Irinox, Fattoria Latte Sano, Reviva e Caffè Moak (gold) e Cacao Barry ed Eurovo (silver).
A trionfare sono stati Pasticceria Macrì di Roma per la categoria del 'Miglior panettone tradizionale' e Dolce Tuscia di Capranica (Vt) nella categoria 'Miglior panettone al cioccolato'. Grande consenso anche quest’anno per la competizione per il 'Miglior panettone gourmet', titolo vinto da Francesco Apreda, titolare del ristorante Idylio by Apreda di Roma. A seguire, il 'Premio Stampa Estera', consegnato dalla presidente Elena Postelnicu, è andato a Konig Cafè (Campobasso) quello per il 'Miglior Packaging' alla pasticceria pugliese L’arte di Luciano (Apricena - FG), mentre nella categoria 'Miglior comunicazione digitale' si è affermata Lisita Pasticceria (Mondragone-Ce). Il 'Premio del pubblico', votato direttamente dalle migliaia di presenti, è andato a Zest Pasticceria (Ardea-Rm).
A decretare i vincitori è stata una super giuria composta, come ogni anno, da nomi di assoluto prestigio del mondo della pasticceria – come il Maestro Gino Fabbri (presidente onorario Apei), Angelo Musolino (presidente Compait), Claudio Gatti (presidente Accademia dei Maestri del Lievito Madre), Attilio Servi (Mastro Pasticcere e lievitista) e i Mastri Pasticceri Denis Dianin, Fabrizio Donatone (Campione del mondo 2015) e Walter Musco per il tradizionale. Per il cioccolato invece Giuseppe Amato (Miglior pasticcere del mondo 2021), Davide Comaschi (World Chocolate Masters 2013 e Maestro Cioccolatiere), Francesco Boccia (Campione del mondo 2015), Pasquale Marigliano (Maestro Pasticcere & Maitre Chocolatier), Andrea Fiori (Pastry Chef & Maitre Chocolatier), Marion Lichtle (Pastry chef e titolare de Il Pagliaccio**) e Valerio Esposito (Maitre Chocolatier).
In giuria anche critici enogastronomici (per il panettone tradizionale Luigi Cremona, Alberto Lupini, Vincenzo Pagano, per il panettone al cioccolato Valeria Maffei, Pamela Panebianco, Marco Gemelli) e i rappresentanti del “Gruppo del gusto” della Stampa Estera, Elena Postelnicu e Bernard Bedarida.
Novità di questa edizione è stata l’area dedicata a 'Olea Dulcis', ovvero i grandi lievitati realizzati con l’olio Evo, evento tenutosi la prima volta lo scorso anno in Umbria, ideato e condotto dal noto giornalista enogastronomico Luigi Cremona e da Lorenza Vitali, con il contributo di Emanuela Mancino e con il proposito di diffondere la cultura dell’olio extravergine di oliva per le sue doti di sostenibilità, valore alimentare, salutistico, paesaggistico e di incentivarne l’utilizzo in pasticceria. La vittoria è andata ex aequo al Parco delle Querce (Valentano-Vt) e Pavone Pasticceria Contadina (Chiaramonte Gulfi-Rg) per il miglior panettone con evo legato al territorio, a Eden Resort Gaeta (Gaeta-Lt), per il miglior panettone con evo creativo, e a Fornai Ricci (Montaquila-IS) per il miglior premio 100% olio extravergine di oliva. A presentare brillantemente la kermesse è stata la giornalista e volto televisivo Barbara Politi, ovviamente di rosso vestita, con il suo brio, simpatia e bellezza “made in Salento”.
Un inebriante profumo di cioccolato, burro, uvetta e canditi, caratteristico della festività più amata dell’anno, ha invaso per tutta la domenica il Salone delle Fontane dell’Eur, facendo da cornice all’attesissimo evento che ha premiato, di fronte a una platea entusiasta, i migliori panettoni artigianali d’Italia.
“Siamo molto soddisfatti per il grande successo di questa settima edizione di Panettone Maximo – ha affermato l’ideatore ed organizzatore Fabio Carnevali - che ha nuovamente superato quello dell’anno precedente, con circa 5.000 presenze, confermandosi come l’evento più atteso del periodo natalizio nella capitale. 48 pasticcerie e forni, 96 panettoni in gara, 20 banchi degustazione di eccellenze gastronomiche, 10 panettoni gourmet realizzati da chef stellati, 6 show cooking tri-stellati, l’esclusivo privé per la giuria e i giornalisti e il Christmas village dedicato ai più piccoli, con gli elfi, Babbo Natale e tanto zucchero filato, la donazione a due associazioni che assistono bambini in stato di disagio o in cura presso il reparto di oncoematologia del Bambino Gesù".
"Tutto questo è Panettone Maximo e il segreto del suo successo, arricchito quest’anno dall’evento collaterale Olea Dulcis, ideato da Lorenza Vitali e Luigi Cremona, con 20 panettoni all’olio Evo. Ora il nostro obiettivo, non proprio facile, sarà fare di meglio e di più. Ma ce la metteremo tutta”, ha concluso.
Il festival del panettone si riconferma family friendly, grazie al suo amatissimo Christmas Village dove, oltre a tanti banchi di assaggi, è stata come di consueto allestita un’area a tema natalizio, dedicata all’intrattenimento dei più piccoli, con elfi animatori e l’immancabile foto con Babbo Natale, laboratori creativi e tanto zucchero filato.
Consulta, tentativo di risposta a scopertura cure primarie... 
Migliorare la gestione delle malattie rare, avvicinando la cura ai pazienti e supportando famiglie e caregiver con materiali utili per gestire la quotidianità.
Sono gli obiettivi dell’iniziativa “Ipsen for Rare”, annunciata da Ipsen, azienda biofarmaceutica impegnata nella ricerca e nello sviluppo di innovazioni terapeutiche in oncologia, neuroscienze e malattie rare.
Il programma parte con un servizio di home delivery dedicato ai pazienti pediatrici con Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva (PFIC), un gruppo di malattie colestatiche rare che insorgono più spesso durante l’infanzia alterando il normale flusso della bile verso l’intestino con sintomi invalidanti come il prurito, che può interferire con il sonno e le attività quotidiane, peggiorando in modo significativo le condizioni di vita.
“La PFIC è una malattia cronica complessa, che richiede una gestione specialistica accurata e costante. Questo comporta per le famiglie regolari visite di controllo in ospedale a cui si aggiungono quelle motivate dal ritiro del farmaco, con un conseguente impatto logistico e organizzativo. – commenta il Dott. Andrea Pietrobattista, Responsabile U.O.S. di Epatologia e Clinica del Trapianto di Fegato dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma - In questo contesto, il servizio di consegna domiciliare del farmaco rappresenta un supporto concreto per semplificare la continuità terapeutica e migliorare l’aderenza al percorso di trattamento, offrendo alle famiglie un sostegno tangibile, senza compromettere la sicurezza o la qualità dell’assistenza”. Dal mese di novembre e su indicazione del medico specialista, le famiglie possono usufruire del programma ‘Ipsen for Rare’, che prevede la consegna a domicilio del farmaco odevixibat, insieme a un kit composto da materiali informativi per la gestione della malattia. Per esprimere le proprie emozioni tramite parole o disegni, un diario illustrato è tra i materiali che arriveranno nelle case dei genitori, per affrontare meglio la malattia nel contesto domestico, che rappresenta uno spazio familiare e protetto al centro del percorso di cura. Nel kit è incluso anche ‘Il drago ruba bellezza’, la fiaba che soffia parole coraggiose realizzata dall’associazione pazienti PFIC Italia Network Odv e Carthusia Edizioni, impresa culturale e creativa specializzata in editoria per bambini e ragazzi, con il supporto incondizionato di Ipsen Italia.
“La PFIC causa sintomi invalidanti che compromettono la qualità di vita e rendono difficile per i piccoli pazienti e le loro famiglie affrontare la quotidianità. Per questo, frequenti spostamenti per raggiungere i centri ospedalieri, spesso lontani dai luoghi di residenza, sono difficilmente gestibili dalle famiglie e rischiano di creare ulteriori ostacoli, oltre a quelli già gravosi della malattia. - commenta Francesca Lombardozzi, Presidente di PFIC Italia Network Odv – Poter ricevere direttamente a casa la terapia, in accordo con il medico, insieme a informazioni e strumenti come un diario illustrato e una fiaba che soffia parole coraggiose, permette alle famiglie dei piccoli con PFIC di valorizzare l’ambiente domestico come luogo di cura, con effetti positivi sulla qualità di vita e sulla gestione della malattia”.
Il servizio di home delivery è solo l’inizio del programma.
L’obiettivo è di allargare le iniziative e i servizi anche ad altri pazienti rari negli ambiti in cui si concentra l’impegno dell’azienda.
Il programma “Ipsen for Rare” parte con un servizio dedicato ai pazienti pediatrici con Colestasi Intraepatica Familiare Progressiva (PFIC), con l’obiettivo di allargare le iniziative e i servizi anche ad altri pazienti rari negli ambiti in cui si concentra l’impegno dell’azienda, come commenta Patrizia Olivari, Presidente e Amministratore Delegato di Ipsen Italia: “L’avvio del programma ‘Ipsen for Rare’ rappresenta un ulteriore passo avanti nel nostro costante impegno per rispondere ai bisogni delle persone che affrontano malattie complesse. La ricerca scientifica e l’innovazione terapeutica sono al centro della nostra missione, ma siamo consapevoli della necessità di andare oltre e di supportare la comunità clinica e dei pazienti con servizi e iniziative volte a migliorare e semplificare la vita, in un’ottica di sostenibilità, efficacia e prossimità della cura. Da qui nasce “Ipsen for Rare”.
Il servizio di home delivery è gestito da Adecco Outsourcing (Professional Solutions), società del gruppo Adecco con una lunga esperienza nella progettazione di Patient Support Program (PSP) per aziende farmaceutiche, con l’impegno di migliorare la qualità di vita dei pazienti, favorire l’aderenza terapeutica e garantire un supporto continuativo a tutto l’ecosistema della salute.

"Ritengo che la decisione assunta dal Dipartimento di Filosofia dell'Università di Bologna di negare l'attivazione di un percorso di studi per i giovani ufficiali dell'Esercito Italiano sia un atto incomprensibile e gravemente sbagliato". Così il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in una nota, interviene sulla vicenda del corso di filosofia negato dall'Ateneo dsi Bologna ai cadetti dell'Accademia di Modena.
"Non si tratta solo di una scelta inaccettabile, ma di un gesto lesivo dei doveri costituzionali che fondano l'autonomia dell'Università -sottolinea- . L'Ateneo, in quanto centro di pluralismo e confronto, ha il dovere di accogliere e valorizzare ogni percorso di elevazione culturale, restando totalmente estraneo a pregiudizi ideologici. Questo rifiuto implica una messa in discussione del ruolo stesso delle Forze Armate, presidio fondamentale della difesa e della sicurezza della Repubblica, come previsto dalla Costituzione".
Per il presidente del Consiglio "arricchire la formazione degli ufficiali con competenze umanistiche è un fattore strategico che qualifica ulteriormente il servizio che essi rendono allo Stato. È proprio in questa prospettiva di difesa e di impegno strategico, spesso in contesti internazionali complessi, che la preparazione non può essere solo tecnica. Avere personale formato anche in discipline umanistiche garantisce quella profondità di analisi, di visione e di pensiero laterale essenziale per affrontare le sfide che alle Forze Armate sono affidate. Una preparazione completa è garanzia di professionalità per l'intera Nazione".
"Ribadisco personalmente e a nome del Governo il pieno e incondizionato sostegno all'Esercito e alle Forze Armate e condanno fermamente ogni tentativo di isolare, delegittimare o frapporre barriere ideologiche a un dialogo istituzionale così fondamentale per l'interesse nazionale", conclude il capo del governo.

Mentre continua il dibattito pubblico e istituzionale sul ruolo dell'educazione sessuale rivolta ai giovani, la Giornata mondiale contro l'Aids rappresenta un'occasione cruciale per riportare l'attenzione sulla prevenzione. Un tema oggi più che mai urgente alla luce delle allarmanti evidenze emerse dall'ottava edizione dell'Osservatorio 'Giovani e sessualità' di Durex, condotto in collaborazione con Skuola.net su un campione di 15mila giovani tra gli 11 e i 24 anni. I dati mostrano una scarsa consapevolezza dei giovani italiani riguardo alla salute sessuale e alla prevenzione e conoscenza delle infezioni sessualmente trasmissibili (Ist). Oltre il 40% dei ragazzi non sa che solamente utilizzando il preservativo ci si può proteggere dalle Ist e quasi la metà (44,5%), di fronte a un elenco di infezioni, non sa indicare quelle a trasmissione sessuale. La scarsa conoscenza porta a una sottovalutazione del rischio di contrarre una Ist durante rapporti sessuali non protetti: il 58% non ha mai provato timore e il 45,8% pensa che con un partner stabile non ci si possa infettare.
I comportamenti dei giovani - riporta una nota - riflettono questa percezione ridotta del rischio: l'uso regolare del preservativo è in calo, passando dal 56,7% del 2019 al 45,4% nel 2025. Inoltre, il 60,4% si è affidato almeno una volta al coito interrotto e il 31,8% lo ritiene efficace per evitare gravidanze e/o infezioni sessualmente trasmissibili, percentuale che supera il 50% nella fascia 11-13 anni. Anche i controlli restano poco praticati: quasi la metà (43,9%) non ha mai effettuato test specifici per le infezioni sessualmente trasmissibili perché non sente di averne bisogno (57%), prova imbarazzo nel parlarne con i genitori (12%), non era a conoscenza dell'esistenza dei test (8,4%) o non sa a chi rivolgersi (6,5%). Non solo: il 63,9% dei giovani non si è mai rivolto a specialisti come ginecologi e andrologi, precludendosi l'opportunità di ricevere indicazioni e informazioni corrette e complete sul tema da professionisti del settore. Emerge però una necessità chiara: 2 giovani su 3 (70,9%) vorrebbero ricevere più informazioni sulle infezioni a trasmissione sessuale e sulla protezione nei rapporti sessuali, soprattutto a scuola (54,2%). Per questo in occasione del primo dicembre è importante fare luce su una sfida non solo sanitaria, ma anche culturale: trasformare la prevenzione in educazione e l’educazione in una forma concreta di tutela.
"Oggi più che mai la scuola è chiamata ad assumere un ruolo determinante nel trasmettere conoscenze corrette e scientificamente fondate ai giovani, soprattutto in un contesto in cui la circolazione di informazioni imprecise o fuorvianti attraverso i media digitali e i social network è in costante aumento", dichiara Laura Savarese, direttrice Affari regolatori e relazioni esterne di Reckitt Benckiser Healthcare (Italia) Spa, che commercializza il brand Durex in Italia. "I dati emersi dal nostro Osservatorio Giovani e sessualità rappresentano un campanello d'allarme che non possiamo permetterci di ignorare - sottolinea - Disinformazione, false credenze e una scarsa percezione del rischio legato alle infezioni sessualmente trasmissibili, insieme al calo dell'uso del preservativo, generano conseguenze concrete e preoccupanti per la salute pubblica. Per questo è indispensabile intervenire con tempestività: si tratta di una responsabilità condivisa, che coinvolge istituzioni, scuola, famiglie e anche aziende come la nostra. Educare sin dalla preadolescenza e offrire ai ragazzi strumenti adeguati significa metterli nelle condizioni di vivere la propria sessualità in modo sicuro, libero, protetto e pienamente consapevole".
Commenta la direttrice Centro operativo Aids dell'Istituto superiore di sanità, Barbara Suligoi: "I dati sui comportamenti dei giovani emersi dall'Osservatorio sono una conferma dell'emergenza riscontrata anche in campo clinico. Il Centro operativo Aids dell'Iss ha riscontrato un aumento delle segnalazioni di infezioni sessualmente trasmesse del 16,1% in più rispetto al 2021. Gli incrementi più significativi riguardano la gonorrea (+83,2%), la sifilide primaria/secondaria (+25,5%) e l'infezione da clamidia (+21,4%). Questi numeri, insieme alle evidenze dell'Osservatorio, confermano l'urgenza di rafforzare prevenzione, educazione e informazione corretta attraverso un intervento coordinato e strutturato a livello nazionale. E' fondamentale promuovere una cultura della prevenzione che includa non solo l'uso corretto dei contraccettivi, ma anche la consapevolezza dei rischi, il rispetto delle regole del sesso sicuro e l'accesso facilitato a centri di consulenza. Continueremo a monitorare attentamente la situazione e a collaborare con tutte le istituzioni e gli attori coinvolti per sviluppare strategie efficaci per la salute pubblica".

Il gip di Roma si è riservato di decidere sulla richiesta di archiviazione della procura nel procedimento che vede indagato l’ex numero 10 della Roma, Francesco Totti, accusato di abbandono di minori. La vicenda era nata dalla denuncia presentata dall’ex moglie, Ilary Blasi, in cui si afferma che Totti avrebbe lasciato la figlia sola in casa per alcune ore in una sera del maggio 2023. Oltre a Totti sono indagate anche l’attuale compagna del calciatore, Noemi Bocchi, i cui figli minorenni sarebbero stati anche loro in casa, e la tata, che vive nello stesso palazzo.
Per i pm che sollecitano l’archiviazione, "non vi è mai stato un reale pericolo per i minori, la più piccola aveva un telefono con il quale poteva chiamare la madre, era con bambini più grandi e la tata, pur non presente, era 'verosimilmente' disponibile a salire subito perché vive nello stesso palazzo". Alla richiesta si sono opposti i legali della Blasi e dopo l'udienza di opposizione all’archiviazione, che si è tenuta oggi a piazzale Clodio, il gip scioglierà la riserva nei prossimi giorni.

Sono stati "duri ma molto costruttivi" i negoziati tra Washington e Kiev nel club privato Shell Bay del Witkoff Group nel sud della Florida. Una fonte a conoscenza diretta dei colloqui, a cui hanno partecipato il Segretario di Stato americano Marco Rubio, l'inviato speciale Steve Witkoff e il genero del presidente Donald Trump, Jared Kushner, ha dichiarato alla Cnn che gli intensi negoziati hanno rappresentato un "passo avanti" e "si sono basati sui progressi compiuti a Ginevra", dove la scorsa settimana si è tenuto un primo round di discussioni sulle proposte statunitensi per porre fine alla guerra russa in Ucraina. "Sarebbe molto prematuro dire che abbiamo finalizzato tutto, perché ci sono ancora molte cose da fare", ha detto la fonte all'emittente americana.
"L'incontro è stato molto mirato e gli aspetti più problematici delle proposte di pace sono stati discussi in dettaglio", ha aggiunto la fonte, lasciando intendere che potrebbero essere fatti dei timidi progressi in alcuni ambiti[1]. Uno degli "aspetti più problematici" della proposta di pace iniziale degli Stati Uniti, composta da 28 punti, era la clausola che imponeva all’Ucraina di rinunciare formalmente alla sua aspirazione, sancita dalla sua costituzione, di aderire alla Nato. Una richiesta fondamentale della Russia per porre fine alla guerra e qualcosa che i funzionari ucraini continuano a respingere. Tuttavia, secondo la Cnn, i negoziatori hanno discusso un possibile scenario in cui all'Ucraina verrebbe di fatto impedito di unirsi all'alleanza militare occidentale guidata dagli Stati Uniti, tramite accordi che dovrebbero essere negoziati direttamente tra gli stati membri della Nato e Mosca.
"L'Ucraina non sarà spinta a rifiutare ufficialmente, in senso legale, questa aspirazione", ha detto la fonte alla testata, aggiungendo che "se gli Stati Uniti hanno qualcosa da concordare con la Russia a livello bilaterale, o se la Russia vuole ricevere delle garanzie dalla Nato a livello multilaterale, allora questo non significa coinvolgere l'Ucraina nel processo decisionale". Una decisione definitiva su quello che sarebbe un compromesso molto delicato, probabilmente impopolare tra gli stati della Nato, non è stata ancora presa e spetterebbe in ultima analisi al presidente ucraino. Ma ciò suggerisce che, mentre procedono i negoziati tra Stati Uniti e Ucraina e mentre Witkoff si reca a Mosca per colloqui al Cremlino, si stanno esplorando soluzioni creative per aggirare in punta di piedi le linee rosse di Kiev.
Un altro degli aspetti problematici è la richiesta dei Mosca, che ha trovato riscontro anche nella proposta di pace statunitense in 28 punti, che l'Ucraina ceda il territorio nella regione del Donbass, nell'Ucraina orientale, annesso ma non ancora conquistato dalla Russia. Il piano degli Stati Uniti prevedeva che la regione, che comprende una "cintura di fortezze" di città e paesi fortemente difesi e considerati cruciali per la sicurezza ucraina, diventasse una zona demilitarizzata russa, che Mosca avrebbe amministrato ma in cui non avrebbe schierato forze militari.
Secondo la Cnn, le discussioni stanno procedendo anche su questo tema, uno dei più controversi dei negoziati. "L'idea di cedere il controllo ai russi, cosa che indebolirebbe notevolmente la difesa dell'Ucraina e renderebbe più probabile un'ulteriore potenziale aggressione, riducendo significativamente la capacità dell'Ucraina, è fuori questione", ha detto la fonte. "Ma ciò non significa che non ci siano potenziali modi per preservare le disposizioni costituzionali e salvaguardare la sicurezza dell'Ucraina".

Judi Dench non riesce più a riconoscere i volti. La celebre attrice britannica, 90 anni, ha raccontato in un'intervista televisiva a Itv come la degenerazione maculare, diagnosticata da anni, abbia ormai compromesso quasi del tutto la sua vista. "Non vedo più. Ho… quella cosa", ha detto, riferendosi alla malattia che colpisce la visione centrale e che è comune tra gli over 50.
Quando l'amico e collega Ian McKellen ha scherzato dicendo che loro, però, la vedono benissimo, Dench ha sorriso amaramente:"Sì, e io vedo la tua sagoma, e ti conosco così bene. Ma non riesco più a riconoscere nessuno. Non vedo la televisione, non riesco a leggere". L'attrice ha raccontato che la perdita della vista la accompagna ormai anche nella quotidianità, generando situazioni curiose: alla domanda se le capiti di salutare perfetti sconosciuti pensando di conoscerli, Dench ha ammesso ridendo: "A volte sì"".
Non è la prima volta che la star parla pubblicamente delle difficoltà causate dalla malattia. Già nel 2012 aveva confessato di non riuscire più a leggere da sola i copioni, affidandosi alla figlia, all'agente o agli amici: "Mi piace, perché posso immaginare la storia nella mia mente", aveva detto allora. Ma aveva anche rivelato un aspetto doloroso: "La cosa più angosciante è che, la sera al ristorante, non riesco a vedere la persona con cui sto cenando".
Considerata una delle più grandi interpreti britanniche, Dench ha costruito una carriera di oltre sei decenni, diventando un volto iconico grazie ai film di James Bond e alla sua interpretazione in 'Shakespeare in Love', che le valse l'Oscar. Oggi, però, la malattia l'ha allontanata dagli schermi. "Non appaio più molto in televisione perché non vedo", ha spiegato con franchezza.

Torna in campo il Bologna. I rossoblù sfidano oggi, lunedì 1 dicembre, la Cremonese - in diretta tv e streaming - nel monday night della 13esima giornata di Serie A. La squadra di Italiano è reduce dalla netta vittoria in Europa League, dove ha battuto il Salisburgo per 4-1, mentre nell'ultimo turno di campionato ha superato l'Udinese 3-0 in trasferta. Quella di Nicola invece vuole rialzarsi dopo aver perso in casa contro la Roma per 3-1.
Bologna-Cremonese, orario e probabili formazioni
La sfida tra Bologna e Cremonese è in programma oggi, lunedì 1 dicembre, alle ore 20.45. Ecco le probabili formazioni:
Bologna (4-2-3-1): Ravaglia; De Silvestri, Heggem, Lucumì, Miranda; Pobega, Ferguson; Orsolini, Odgaard, Dominguez; Castro. All. Italiano
Cremonese (3-5-2): Audero; Terracciano, Baschirotto, Bianchetti; Barbieri, Bondo, Payero, Vandeputte, Floriani Mussolini; Bonazzoli, Vardy. All. Nicola
Bologna-Cremonese, dove vederla in tv
Bologna-Cremonese sarà trasmessa in diretta televisiva e in esclusiva sui canali Dazn, visibili tramite smart tv. La partita sarà disponibile anche in streaming sulla piattaforma web di Dazn.
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