
Rafa Nadal omaggia Nicola Pietrangeli. L'ex tennista spagnolo ha voluto dedicare un messaggio all'ex giocatore azzurro, morto oggi, lunedì 1 dicembre, all'età di 92 anni. "Ho appena saputo della triste notizia della dipartita di un grande del tennis italiano e mondiale", ha scritto in un post pubblicato sui propri canali social.
"Le mie più sentite condoglianze a tutta la sua famiglia, il suo figlio Filippo, e tutta la famiglia del tennis italiano. Riposa in pace, Nicola", ha concluso Nadal. Lo spagnolo condivide con Pietrangeli la passione per la terra rossa del Roland Garros, Slam vinto da Nicola per due volte nel 1959 e nel 1960. Nadal detiene invece il record assoluto di trionfi nel torneo parigino, conquistato per ben 14 volte.

La Nato sta valutando la possibilità di essere "più aggressiva" nel rispondere agli attacchi informatici, ai sabotaggi e alle violazioni dello spazio aereo da parte della Russia, intensificando la sua risposta alla guerra ibrida. Ad affermarlo è l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, citato dal Financial Times. "Stiamo analizzando tutto... Sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando", continua.
L'Europa è stata colpita da numerosi episodi di guerra ibrida, alcuni dei quali attribuiti chiaramente alla Russia. Alcuni diplomatici, in particolare provenienti da paesi dell'Europa orientale, hanno esortato la Nato a smetterla di limitarsi a reagire e a contrattaccare. Una simile risposta sarebbe più semplice per gli attacchi informatici, dove molti paesi hanno capacità offensive, ma sarebbe meno facile per sabotaggi o intrusioni di droni. Per Dragone un "attacco preventivo" potrebbe essere considerato un'"azione difensiva", ma - ha aggiunto - "è più lontano dal nostro normale modo di pensare e di comportarci". "Essere più aggressivi rispetto all'aggressività della nostra controparte potrebbe essere un'opzione. Le questioni sono il quadro giuridico, il quadro giurisdizionale, chi lo farà?".
La Nato, osserva il Financial Times, ha avuto successo con la sua missione Baltic Sentry, nell'ambito della quale navi, aerei e droni navali hanno pattugliato il Mar Baltico, impedendo il ripetersi dei numerosi incidenti di sabotaggio di cavi nel 2023 e nel 2024 da parte di navi collegate alla flotta ombra russa, progettata per eludere le sanzioni occidentali. "Dall'inizio di Baltic Sentry, non è successo nulla. Quindi questo significa che questa deterrenza sta funzionando," sottolinea ancora Dragone.
"Se tutto ciò che facciamo è continuare a essere reattivi - secondo un diplomatico baltico citato dallo stesso quotidiano - invitiamo solo la Russia a continuare a provare, a continuare a farci del male. Soprattutto quando la guerra ibrida è asimmetrica, costa loro poco, e a noi molto. Dobbiamo cercare di essere più inventivi."
Uno dei problemi esistenti - concede Dragone, secondo quanto riporta Ft - è che la Nato e i suoi membri hanno "molti più limiti rispetto alla controparte a causa dell'etica, della legge e della giurisdizione. È un problema. Non voglio dire che sia una posizione perdente, ma è una posizione più difficile rispetto a quella della controparte". Per il capo del comitato militare della NATO la prova cruciale consiste nello scoraggiare future aggressioni. "Come ottenere la deterrenza - attraverso la ritorsione, attraverso un attacco preventivo - è qualcosa che dobbiamo analizzare a fondo perché in futuro potrebbe esserci ancora più pressione su questo", conclude.
Tra le peggiori d'Italia c'è il Sud Sardegna...
'Per come è disegnato litorale, esclusi a favore di potentati'... 
Richiamare l'attenzione sulla crescente emergenza rappresentata dalla miopia nei bambini e promuovere un approccio coordinato e strategico per la definizione di interventi nazionali condivisi su una condizione cha ha impatti clinici ed economici rilevanti. E' l'obiettivo dell'evento 'Miopia pediatrica: sfide attuali e opportunità future', che ha riunito nei giorni scorsi a Roma rappresentanti delle istituzioni, società scientifiche, clinici, pediatri, farmacisti e stakeholder del settore sanitario. Nel corso dell'incontro è stato presentato il White Paper sulla miopia pediatrica, frutto del lavoro dei massimi esperti clinici e accademici sul tema.
L'evento, promosso da Edra Spa e realizzato con il contributo non condizionante di Santen, ha confermato la necessità di un intervento urgente e coordinato a livello nazionale per affrontare la miopia pediatrica attraverso programmi strutturati di screening, percorsi diagnostico-terapeutici uniformi, maggiore formazione dei pediatri, campagne educative rivolte a famiglie e scuole e un più facile accesso a terapie efficaci, informano gli organizzatori in una nota. A tale proposito, la recente autorizzazione europea dell'atropina 0,01% apre una nuova fase nella gestione clinica della miopia nei bambini, offrendo nuove opportunità per la tutela della vista delle future generazioni.
Durante i lavori è stato evidenziato come la miopia rappresenti una delle principali emergenze visive dei prossimi decenni. Le stime indicano che entro il 2050 il 50% della popolazione mondiale (circa 5 miliardi di persone) sarà miope, con un'incidenza simile in Europa. In Italia il fenomeno riguarda oggi circa il 25% della popolazione, pari a 15 milioni di persone, di cui 1-2 milioni bambini tra 6 e 16 anni. Secondo gli esperti, ogni aumento di 1 diottria incrementa sensibilmente il rischio di gravi patologie oculari che possono compromettere in modo irreversibile la vista quali: maculopatia miopica (+58%), distacco di retina (+30%), cataratta (+20%) e glaucoma (+20%). Anche forme lievi o moderate comportano un rischio significativamente più elevato di insorgenza di complicanze oculari rispetto alla popolazione non miope. E' stato inoltre ricordato il peso economico crescente della miopia: nel 2019 i costi globali diretti collegati hanno raggiunto 358,7 miliardi di dollari, con proiezioni fino a 870 miliardi nel 2050, mentre la perdita di produttività associata alla visione non corretta è stimata in 244 miliardi di dollari.
Nel corso dell'evento è stato approfondito il ruolo dei fattori genetici, ambientali e comportamentali come la ridotta esposizione alla luce naturale, l'eccessivo utilizzo di dispositivi digitali e la sedentarietà. Tra le strategie di prevenzione da applicare è stato sottolineato come anche 1 sola ora settimanale aggiuntiva trascorsa all'aperto riduca del 2% il rischio di sviluppare miopia, evidenziando l'importanza delle sane abitudini quotidiane. Gli esperti hanno rimarcato poi la frammentarietà dell'attuale presa in carico della miopia pediatrica: assenza di programmi di screening scolastico, formazione eterogenea dei pediatri, percorsi diagnostico-terapeutici non standardizzati e scarsa consapevolezza da parte delle famiglie. E' stata sottolineata la necessità di definire linee guida nazionali, un registro dedicato e modelli organizzativi più strutturati.
Ampio spazio è stato dedicato alle opzioni terapeutiche disponibili - prosegue la nota - con particolare attenzione all'atropina a basso dosaggio (0,01%), in grado di ridurre la progressione della miopia fino al 50% nei bambini. In Italia fino ad oggi tale opzione è stata disponibile unicamente come formulazione galenica off label. Recentemente, però, la Commissione europea ha autorizzato l'immissione in commercio del primo collirio a base di atropina 0,01 mg/ml indicato per rallentare la progressione della miopia pediatrica, segnando un importante cambio di paradigma nella gestione clinica e garantendo maggiori standard di sicurezza ed equo accesso al trattamento.
"Oggi abbiamo sia terapie farmacologiche, come l'aatropina a basso dosaggio, sia soluzioni ottiche che, se rese accessibili su larga scala, potrebbero ridurre significativamente la progressione della miopia - ha affermato Francesco Bandello, presidente Apmo (Associaizone pazienti malattie oculari), professore ordinario di Oftalmologia e direttore Uo Oculistica Irccs San Raffaele di Milano - Ma per poter sfruttare appieno queste opportunità è necessario un approccio sistemico: servono screening obbligatori, percorsi standardizzati e un'informazione capillare rivolta a famiglie, scuole, pediatri e decisori pubblici". Ha aggiunto l'onorevole Matteo Rosso, deputato di Fratelli d'Italia: "Dobbiamo costruire una campagna di prevenzione solida e lavorare assieme alle istituzioni regionali per ripristinare attività fondamentali come le visite nelle scuole".
L'assessore alla Sanità della Regione Liguria, Massimo Nicolò, ha ricordato che "in Liguria, e in particolare a Genova, disponiamo di un'eccellenza unica in Italia: un dipartimento dedicato all'individuazione dei fattori di rischio ambientali e comportamentali che possono compromettere la salute. E' un modello operativo che continueremo a sviluppare e che può rivelarsi determinante anche nel rischio di insorgenza e nella progressione della miopia nei bambini". Come ha precisato Rino Agostiniani, presidente Sip (Società italiana di pediatria), "nei bilanci di salute in alcune regioni esiste già una valutazione della capacità visiva, ma è essenziale che questa venga implementata ovunque".
La miopia pediatrica "non è più soltanto un difetto visivo da correggere con gli occhiali - ha precisato Aldo Vagge, responsabile Strabologia, Oftalmologia pediatrica e Genetica oculare, Policlinico San Martino di Genova - ma una vera e propria questione di salute pubblica che richiede un approccio preventivo strutturato e condiviso". Per questo ha invitato a "passare a un approccio realmente proattivo nella gestione della miopia infantile, con percorsi strutturati e interventi tempestivi che possano fare la differenza nel futuro dei nostri giovani pazienti".
"Intervenire prima, intervenire meglio e farlo con strumenti efficaci, sostenibili e sicuri per l'uso a lungo termine", ha esortato in un contributo video Paolo Nucci, professore ordinario di Oculistica, Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università di Milano, presidente della Società italiana di oftalmologia e componente del comitato tecnico nazionale per la prevenzione della cecità e dell'ipovisione. "L'atropina allo 0,01% ha conquistato un'attenzione crescente come strategia evidence-based per il controllo della progressione miopica. E' quindi urgente rendere disponibili formulazioni registrate, uniformi e accessibili, che consentano ai medici di prescrivere con serenità e ai genitori di aderire con fiducia". La "sfida più grande" per Luca Buzzonetti, responsabile Uoc Oculistica, ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, è far comprendere ai genitori che "l'obiettivo non è togliere gli occhiali, ma ridurre l'entità della miopia per abbattere i rischi futuri. E su questo siamo stati carenti: serve una comunicazione più chiara e capillare, rivolta non solo ai genitori, ma anche agli stessi oculisti. Una disponibilità più uniforme, standardizzata e accessibile dell'atropina - ha concluso - aprirebbe spazi enormi per un trattamento che oggi fatica ancora ad affermarsi, nonostante la sua validità scientifica".

In una Milano che corre veloce e lascia indietro troppi ragazzi, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini, in un colloquio con l'Adnkronos proprio nella settimana di Sant'Ambrogio, indica in san Carlo Acutis un compagno di strada capace di parlare all’adolescenza ferita e inquieta di oggi. Un modello “originale”, lontano dalle fotocopie che il conformismo digitale produce, e capace di trasformare la fragilità in ricerca. Per Delpini, Carlo “abita per sempre l’età dell’adolescenza” per dare ai giovani una scintilla di luce. In una città piena di solitudini, la sua storia mostra che anche Milano può diventare luogo di santità quotidiana. E invita i ragazzi a un coraggio nuovo: alzarsi, cercare, diventare protagonisti.
In un suo scritto lei ha immaginato un dialogo tra Carlo Acutis e Gesù, che pone domande sulla vita e la morte. In che modo questo nuovo santo può parlare ai giovani oggi, che spesso si confrontano con ansie, dubbi e fragilità?
"In una delle sue frasi più conosciute Carlo ricordava che "Tutti nascono originali, ma molti muoiono come fotocopie". Invitava, cioè, a non permettere che la superficialità, la pigrizia o la paura del giudizio degli altri soffochino l’originalità di ognuno di noi. In questo percorso Carlo, nonostante non provenisse da una famiglia particolarmente praticante, si è avvicinato alla fede: pregava il rosario e andava a Messa ogni giorno alla chiesa di Santa Maria Segreta, il cui oratorio ora porta il suo nome. La preghiera, per Carlo, non era un adempimento da eseguire, ma un desiderio che rende rassicurante incontrare il Signore e dialogare con lui su dubbi e paure. Il suo esempio dice a ogni adolescente che non è sbagliato avere dubbi. Piuttosto sbagliato è rinunciare a cercare".
Lei ha detto che Carlo Acutis "abita per sempre nell’età della adolescenza per farsi amico di tutti coloro che transitano… e incoraggiarli a desiderare di diventare adulti". Quali elementi di quel modello adolescente possono diventare punti di riferimento (anche in una grande città come Milano) per i ragazzi?
"Essere adolescenti a Milano sembra che sia diventata una cosa complicata. Alcuni raccolgono segnali preoccupanti di un malessere diffuso. Io prego san Carlo Acutis perché regali a ogni adolescente di Milano (e dintorni) almeno un pensiero, almeno una scintilla di luce, almeno un appiglio per compiere il passo avanti che la vita, come una parete di montagna, richiede a chi vuole arrivare in cima. La sua vita, per quanto breve e molto “ordinaria”, può diventare riferimento per i giovani perché ha vissuto la sua adolescenza come un tempo in cui vivere la propria vocazione, un tempo per coltivare le proprie capacità, le proprie risorse e il proprio tempo a servizio del bene. In una città problematica ma anche scintillante, con grandi squilibri ma anche enormi opportunità, una città in cui convivono spinte solidali e tensioni individualistiche, la vita di Carlo mostra come anche Milano è un luogo in cui si può diventare santi".
Uno dei problemi che molti giovani sperimentano è la solitudine, soprattutto in una città come Milano. Lei ha osservato che "Milano è piena di solitudini". In che modo la Chiesa, anche valorizzando l’eredità di Acutis, può aiutare concretamente a superare queste solitudini? Lo sta facendo?
"Milano è piena di solitudini: alcune sono rumorose, altre nessuno vede. La Chiesa non deve accontentarsi di denunciarle: deve abitarle. In una città segnata dall’individualismo, sembra che, soprattutto i giovani, preferiscano chiudersi in sé stessi invece che cercare la relazione con l’altro. La Chiesa può diventare casa per chi si sente smarrito e lo sperimentiamo nelle parrocchie e negli oratori. C’è da dire, in realtà, che per Carlo Acutis l’oratorio non ha avuto una grande importanza, per quanto io ne sappia. Forse anche lui ha sentito un po’ di solitudine mentre percorreva il suo itinerario così originale. Ma l’oratorio, effettivamente, può essere quel rimedio alla solitudine se effettivamente le relazioni sono curate anche meglio delle iniziative e le persone sono più importanti dell’organizzazione. Io però credo che non c’è solitudine che non sia visitata dal Signore, se la mente, il cuore, l’anima apre la porta a Colui che sta alla porta e bussa…".
Lei ha anche detto che i giovani oggi rischiano di essere "liberi solo di comprare". In un contesto in cui il consumismo e l’individualismo sono forti, l’esempio di Carlo Acutis può rappresentare un’alternativa culturale e spirituale che parli al desiderio autentico dei ragazzi, non solo al conforto immediato?
"Ecco: trovarsi a proprio agio nella storia, nella città, nel proprio corpo. Non perché la storia, la città, il proprio corpo siano perfetti. Ma perché sono, obiettivamente, la grazia di vivere e di vivere così. Mi sembra che san Carlo Acutis si sia trovato a proprio agio, si sia divertito, abbia gustato le cose belle della terra e abbia vissuto anche con disinvolta semplicità la malattia e la morte. Anche nel corpo malato c’è una “autostrada verso il Cielo” come nel corpo crocifisso di Gesù. All’economia di oggi “servono” consumatori. Al bene della società servono invece persone che si trovano a proprio agio nel presente e vedono la possibilità di trovarvi una autostrada per correre avanti, verso l’età adulta; avanti, verso il compimento della propria vocazione; avanti, fino al cielo!".
Qual è l’importanza dello stile digitale e mediatico nel “messaggio” di Carlo Acutis — ragazzo che usava internet e i mezzi digitali — e come la Chiesa milanese può aiutare i giovani a usare i social, la rete, non solo come consumo ma come senso di comunità, di dono, di gratuità?
"Le solitudini di cui parlavamo poco fa sono a volte rese ancora più profonde dalle tecnologie digitali, dai social media che chiudono tanti ragazzi dentro le loro stanze. Carlo è morto quando l’era dei social ero solo agli albori ma già si vedevano i primi segnali di questa rivoluzione digitale. Con la semplicità di un ragazzo ha mostrato che internet può diventare anche altro: un luogo di annuncio, di ricerca e di comunione. La Chiesa può aiutare i giovani se insegna loro questo sguardo: non usare la rete per consumare, ma per creare legami di amicizia, non per mostrare solo l’esteriorità della vita, ma per raccontare ciò che è vero. Come Chiesa ambrosiana, in particolare attraverso la Fondazione Oratori Milanesi, cerchiamo di sviluppare progetti di formazione che vadano in questa direzione".
Guardando al domani: con la figura di Carlo Acutis e con la sua proposta pastorale per Milano, quale speranza concreta e quali sfide reali propone oggi ai giovani ambrosiani per 'alzarsi', non rimanere 'dei buoni a nulla', ma essere protagonisti della vita sociale e spirituale della città?
"Milano ha bisogno di giovani che, con l’aiuto degli adulti, non si rassegnino alla tristezza del mondo, ma che, come Carlo, sappiano dire che la santità è una possibilità per tutti. Io sono convinto che quello che oggi è più necessario sia la speranza. C’è un modo di vivere che riconosce l’aspetto desiderabile della vita, del diventare adulti, dell’abitare la città. L’aspetto desiderabile della vita, di ogni vita, breve o lunga, faticosa o facile, complicata o semplice è rivelato solo dalla promessa di felicità di Gesù. Ma c’è chi è interessato a questa promessa". (di Andrea Persili)

L'assemblea generale Emeca, riunitasi nelle scorse settimane a Milano, ha eletto i nuovi membri del suo consiglio di amministrazione, nominando vicepresidente Carlo Costa che in Italian Exhibition Group (Ieg) ricopre il ruolo apicale di chief corporate officer. A Costa, in Ieg, è affidata la gestione dei settori operation, finance, hr, it, legal compliance e le attività corporate delle società controllate dal Gruppo. Ieg, quotata al mercato principale su Euronext Milan, con le sue 60 fiere e 150 eventi, oltre 700 dipendenti in Italia e nel mondo con sedi a Rimini, Vicenza, Milano, Arezzo, Dubai, San Paolo, New York, Singapore oltre che in Cina, Arabia Saudita e Messico, è tra i principali organizzatori fieristici globali.
Emeca, con sede a Bruxelles e presieduta da Elżbieta Roeske, è dal 1992 l'Associazione europea dei grandi centri fieristici. Riunisce le 25 più importanti sedi espositive in Europa, tra le quali anche quelle di Italian Exhibition Group con Rimini e Vicenza. Gli associati Emeca organizzano nel loro complesso 2.000 fiere all'anno con 400.000 espositori e 38,5 milioni di visitatori su una superficie espositiva di 38 milioni di metri quadrati.
Oggi, l'Europa ospita la maggior parte delle fiere internazionali leader e rappresenta quasi la metà della quota di mercato globale. Tra i ruoli di Emeca quello di promuovere i suoi associati a livello europeo e globale nell'ambito di alleanze industriali con le principali istituzioni governative. Carlo Costa, classe 1968, è originario di Torino ma residente a Fano da 26 anni dove è attivissimo nel volontariato della sua città. Sposato con Mariarosa, due figli, Giovanni e Giacomo, si laurea in Economia e Commercio all’università degli studi di Torino e inizia la sua carriera nell’ambito della direzione finanziaria della Luigi Lavazza S.p.a.
Nel gigante del caffè partecipa anche allo studio, costituzione e gestione di una agency tresaury company nell’area doganale di Dublino. Passa poi a Ifas Gruppo di Torino, all’epoca uno dei più importanti dealer nel settore automotive controllato da un fondo di investimento milanese. Nel 2001 entra nell’allora Ente Autonomo Fiera di Rimini, accompagnandolo nella trasformazione in SpA e in tutte le maggiori operazioni: m&a in Italia e all’estero, l’integrazione con Fiera di Vicenza - che ha dato origine a Italian Exhibition Group S.p.A. - la quotazione in Borsa.
Nel 2022 si sposta al Consorzio Tutela Grana Padano, il prodotto Dop più consumato al mondo. Nel 2024 rientra in Italian Exhibition Group con il ruolo apicale di Cco. Nel corso dell’ultima assemblea generale di Emeca, gli associati, provenienti da tutta Europa, si sono concentrati sulla pianificazione degli scenari fieristici e sulla crescita delle vendite registrata nel 2025 e su quella prospettica per il 2026; al centro dell’assemblea anche riflessioni sulle sfide dovute all’incerto contesto geopolitico, sugli investimenti nella decarbonizzazione, ristrutturazione delle sedi espositive e nuovi spazi multifunzionali. Riflettori accesi anche su digitalizzazione, servizi personalizzati, sicurezza e cybersecurity

Kenan Yildiz veste... Lionel Messi. Il talento della Juventus, mattatore con una doppietta nella vittoria per 2-1 dei bianconeri sul Cagliari nell'ultima giornata di Serie A, è sceso in campo all'Allianz Stadium con degli scarpini speciali. Yildiz infatti ha indossato i 'Messi F50 Stellar Triumph', scarpe da calcio create in edizione limitata e destinata a dieci talenti del calcio europeo.
Yildiz si è quindi ritrovato nell'esclusiva cerchia che include anche il gioiello del Barcellona Lamine Yamal, nell'iniziativa annunciata da Lionel Messi in collaborazione con adidas. Il giovane turco ha quindi indossato gli scarpini contro il Cagliari, una scelta che, evidentemente, ha portato fortuna.

E' partito il conto alla rovescia per la proclamazione dei vincitori della seconda edizione del Premio giornalistico Tg Poste, in programma il 3 dicembre alla Casina Poste di Roma. L’iniziativa, si legge in una nota, è stata lanciata da Poste Italiane per valorizzare giovani talenti del mondo dell’informazione che sappiano interpretare la professione sperimentando tecniche nuove, linguaggi narrativi inediti e punti di vista originali. Hanno partecipato studenti delle scuole di giornalismo e giornalisti professionisti o pubblicisti iscritti all’Ordine dei Giornalisti, fino a 30 anni compiuti, che nei dodici mesi precedenti abbiano realizzato e pubblicato almeno dieci prodotti giornalistici. Gli oltre mille candidati si sono misurati presentando un servizio giornalistico inedito per carta stampata, testate web o telegiornale, o un contenuto informativo video per i social media, prendendo spunto anche da fatti di cronaca o su temi relativi ai principali settori nei quali opera Poste Italiane: innovazione, trasformazione digitale, economia sostenibile, territori, progetto Polis, corrispondenza, pacchi, e-commerce.
I tre vincitori, uno per categoria, selezionati da una giuria tecnica, avranno l’opportunità di vivere un’esperienza professionale nell’area Comunicazione di Poste Italiane. Il vincitore del Premio Tg Poste 2025, scelto dalla giuria di eccellenza formata dai Direttori delle più importanti testate giornalistiche italiane, nazionali e locali, sarà premiato con una borsa di studio per frequentare un percorso di formazione giornalistica d’eccellenza all’estero.
Il Tg Poste, il telegiornale di Poste Italiane, è visibile negli uffici postali e sul sito web dell’azienda, e va in onda ogni giorno in diretta alle 12 aprendo una finestra sul mondo per offrire una panoramica sui più importanti fatti dell’economia, della politica e della cultura italiana e internazionale, approfonditi grazie al contributo di esperti e firme del giornalismo, proponendo poi in ciascuna edizione focus tematici sulle iniziative e sul business della più grande azienda italiana.

Oltre quindici eventi nelle principali città di sette Paesi: Francia, Germania, Belgio, Olanda, Inghilterra, Austria e Svizzera. Si è concluso con successo il tour di promozione in Europa per diffondere lo stile di vita italiano e il gusto autentico del made in Italy, organizzato dal Consorzio di tutela della mozzarella di bufala Campana Dop, in sinergia con il Consorzio di tutela della ricotta di bufala Campana Dop e con il Consorzio del prosciutto di San Daniele Dop. La Campagna d’Europa ha puntato a rafforzare l’export nel vecchio Continente attraverso un piano di promozione ambizioso, con l’obiettivo di guardare al futuro, alle nuove generazioni di consumatori, raccontando come nascono prodotti unici al mondo e anche come saperli esaltare al meglio.
Il progetto congiunto dei consorzi, co-finanziato dal Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, ha previsto una campagna di digital advertising, accanto a una campagna outdoor con affissioni e totem installati nei malls e nelle stazioni delle metropolitane. A consolidare la presenza dei consorzi nei diversi Paesi sono stati una serie di eventi, che si sono svolti da settembre a novembre tra sedi istituzionali, come ambasciate e istituti di cultura, ristoranti e locali di tendenza, per intercettare tutte le tipologie di consumatori. Si sono tenute masterclass dedicate agli stakeholders esteri, seguite da degustazioni guidate per i mozzarella-lover. E tutti gli appuntamenti hanno registrato il 'sold out', segnale del successo crescente della Bufala Campana Dop all’estero.
“In un anno caratterizzato da grandi incertezze – commenta il presidente del Consorzio di tutela mozzarella di Bufala Campana Dop, Domenico Raimondo – abbiamo scelto di rinsaldare la nostra presenza nei mercati più significativi per l’export e l’accoglienza registrata ci conferma il grande apprezzamento all’estero per il made in Italy. L’obiettivo strategico ora è continuare a garantire la massima trasparenza e qualità, due direttrici fondamentali del lavoro del nostro Consorzio”.

L'annuncio dei 30 Big in gara al prossimo Festival di Sanremo da parte di Carlo Conti ha dato il via ufficiale al conto alla rovescia più atteso dagli appassionati: quello per il FantaSanremo. Sebbene il regolamento non sia ancora stato svelato, l'entusiasmo tra gli stessi artisti è già palpabile sui canali social ufficiali del gioco, che negli ultimi anni ha registrato numeri da capogiro.
A commentare il post con l'elenco dei cantanti sono stati in molti. "Ci sarà da divertirsi", scrive Leo Gassmann che viene commentato dal collega e amico Eddie Brock: "Te amo". Gli fa eco LDA, che preannuncia una sfida interna con l'amico e collega Aka7even: "Io e Luca siamo pronti". La risposta di Aka7even non si è fatta attendere: "Ci divertiremo". Si aggiungono al coro Le Bambole di pezza ("Siamo pronte"), Samurai Jay con un eloquente "è tutto giusto" ed Enrico Nigiotti, che promette: "Io potrei regalare emozioni". Non manca un tocco di gossip, con il cuore postato da Francesco Renga in un commento che tagga Ambra Angiolini.
L'attesa è altissima, alimentata dai numeri record dell'ultima edizione, che hanno polverizzato ogni primato precedente. Il gioco parallelo al Festival ha registrato ben 5,1 milioni di squadre iscritte e oltre 3,5 milioni di utenti unici. Cifre che hanno frantumato i risultati, già straordinari, dell'edizione precedente, quando le squadre furono 4,2 milioni e gli utenti 2,8 milioni.
E per il prossimo anno, il gioco potrebbe guardare alla storia del Festival. Secondo quanto apprende l'Adnkronos, infatti, la prossima edizione del FantaSanremo sarà anche un omaggio alla tradizione della kermesse. Tra le indiscrezioni circolano quelle relative a bonus e omaggi speciali dedicati a icone come Pippo Baudo, il maestro Peppe Vessicchio e Ornella Vanoni, in un connubio perfetto tra il fenomeno social più recente e la storia della televisione italiana.

Maggiore sicurezza durante i trattamenti, degenze più brevi in ospedale e recupero più rapido per i pazienti dopo l'intervento. Sono alcuni dei risultati che hanno portato la Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma a ottenere l'accreditamento internazionale Iasios (International Accreditation System for Interventional Oncology Services), primo e unico programma a livello mondiale dedicato all'oncologia interventistica. Un successo che rafforza il Policlinico Campus Bio-Medico come uno dei centri italiani ed europei di riferimento per il trattamento dei tumori e che testimonia l'impegno nell'innovazione clinica al servizio della persona.
Il percorso di accreditamento è iniziato a marzo dello scorso anno, grazie al lavoro dell'équipe medica dell'Unità operativa semplice di Radiologia interventistica guidata da Rosario Francesco Grasso. Il programma si basa sui criteri stabiliti dalla Cirse (Cardiovascular and Interventional Radiological Society of Europe), con l'obiettivo di migliorare l'assistenza ai pazienti oncologici, promuovere la sicurezza degli interventi e garantire percorsi terapeutici di alto livello mediante l'adesione a standard globali. Tra i diversi aspetti considerati rientrano anche la trasparenza nella comunicazione con i pazienti e il monitoraggio di ogni fase del trattamento, a garanzia della qualità e tracciabilità delle cure e della riduzione dei rischi clinici.
"L'accreditamento Iasios è un riconoscimento importante che riflette la capacità del nostro policlinico di trasformare l'innovazione in un beneficio concreto per le persone", commenta l'amministratore delegato e direttore generale del Policlinico Campus Bio-Medico Paolo Sormani. "L'adozione di protocolli rigorosi e l'impiego di tecniche mini-invasive di ultima generazione - aggiunge - consentono ai pazienti oncologici di accedere a percorsi di cura più sicuri ed efficaci. Un ruolo fondamentale è giocato dai nostri professionisti sanitari, che riescono a fornire informazioni chiare e supporto costante lungo l'intero percorso, dall'accoglienza al rientro a casa, per aiutare i pazienti ad affrontare il trattamento con maggiore consapevolezza e fiducia". Evidenzia Grasso: "Grazie alle tecniche ablative è oggi possibile trattare numerosi tumori senza ricorrere a procedure chirurgiche, agendo soltanto attraverso sottilissime sonde guidate da sistemi di navigazione ad alta precisione, con un impatto minimo sui tessuti circostanti. Questo approccio permette di ridurre considerevolmente le complicanze e di accelerare i tempi di recupero, in linea con gli standard di sicurezza e di qualità certificati dall'accreditamento Iasios".

Nicola Pietrangeli, morto oggi, lunedì 1 dicembre, all'età di 92 anni, ha sempre avuto un rapporto 'complicato' con Jannik Sinner, fatto di elogi ma anche qualche polemica. L'ex tennista, il primo italiano a vincere uno Slam, è stato infatti protagonista di alcune uscite giudicate 'infelici' dai tifosi del numero due del mondo, che non si è mai espresso a riguardo, preferendo, come suo solito, lasciar parlare il campo.
Il no di Jannik Sinner alla Coppa Davis 2025, vinta comunque dall'Italia battendo la Spagna nella finale di Bologna, ha fatto scalpore e (ri)scatenato le polemiche intorno al numero due del mondo. A esprimersi criticando apertamente Sinner è stato anche Pietrangeli[1]: "Mi dispiace molto, anche per lui. Si mette in fila dietro a quelli che pensano solo ai soldi e non ai tifosi", aveva detto intervistato da 'Repubblica'.
E non c'entra la classifica Atp: "Sinceramente non capisco. Rimane comunque numero due, potrà tornare numero uno, ha molti punti, ha molto tempo, molti tornei, cosa cambia? Una scelta incomprensibile, non è una cosa buona rinunciare alla maglia azzurra. Può farlo, nessuno è obbligato. Una volta si faceva, magari qualcuno mandava un certificato medico. Non so per quale motivo ha preso questa decisione, ma avrebbe dovuto comunicarla a inizio stagione. Dire: sento pressione, devo pensare a me, non me la sento. Non farlo sapere all’ultimo, meno di un mese prima. È una questione di coscienza. Neanche di soldi. Ormai gli zeri ai suoi livelli non bastano più. Ha guadagnato milioni e milioni".
Nicola Pietrangeli aveva commentato il trionfo di Sinner agli ultimi Australian Open[2], subito dopo la vittoria nella finale contro Zverev, quando Jannik era diventato il tennista italiano con più titoli Slam di sempre, superando proprio Pietrangeli: ""È giusto che mi abbia sorpassato, i record sono fatti per essere battuti", aveva detto all'Adnkrono, "i conti però si fanno alla fine, gli auguro con tutto il cuore di fare ancora meglio. Io facevo paura in campo, ma non a tutti come lui".
Nessuna incoronazione come miglior tennista italiano di sempre però, per il momento, per Sinner: "Non so se sia il tennista italiano più forte di sempre, ha 23 anni. Vedremo quando ne avrà 30. Ora parlano tutti di Sinner, ma fino a due anni fa non si sapeva nemmeno chi fosse. A fine carriera vedremo se sarà stato il miglior tennista italiano di sempre, può succedere ancora qualunque cosa".
Complimenti, seppur a modo suo, erano arrivati da Pietrangeli anche dopoil trionfo di Wimbledon[3]: "Sinner è imbattibile. In questo momento non c'è nessuno che può batterlo, solo Alcaraz poteva. Jannik può giocare dando il vantaggio".
"Sono contento, è bello, anche perché è un ragazzo pulito e perbene", ha continuato l'ex tennista azzurro, "più di vincere Wimbledon ed essere primo tennista al mondo cosa c'è? Se fa il Career Grand Slam non vedo il miracolo", aveva concluso Pietrangeli.

Una nuova mappa per leggere l'essere umano; un invito a superare la vecchia separazione tra ragione ed emozione, tra scienza e vita. E' il libro 'Il cervello nel cuore' (Cacucci Editore) scritto dal medico cardiologo Massimo Fioranelli. L'autore guida il lettore nell'esplorazione di un asse biologico e simbolico che la medicina moderna aveva troppo spesso ignorato: il dialogo continuo e bidirezionale tra cuore e cervello. Il professor Stefano Bastianello, nella prefazione, definisce questo legame come "un autentico sistema integrato che modula fisiologia, emozioni e coscienza. E' una definizione che riassume il senso profondo dell'opera: capire che il cuore non è solo un muscolo, ma un organo dotato di una sua intelligenza e di una sua memoria; riconoscere che ogni battito contiene un messaggio, e che la biologia non si limita a mantenere la vita, ma a darle forma".
Il libro attraversa l'anatomia, le neuroscienze, le tecniche mente-corpo, la neurofisiologia, l'immunologia, la cardiologia e la filosofia della mente, senza mai perdere la chiarezza divulgativa e la solidità clinica. Dalla complessità dell'asse cuore-cervello alla teoria polivagale, dalla variabilità della frequenza cardiaca alla neuroinfiammazione, ogni capitolo ricostruisce un tassello di quella "sinfonia biologica che unisce mente e cuore", sottolinea l'autore. Uno dei meriti maggiori dell'opera è mostrare come le emozioni, la memoria corporea, la resilienza e persino l'identità personale trovino un correlato fisiologico nel ritmo cardiaco e nelle sue modulazioni. Le trasformazioni dei pazienti dopo un trapianto cardiaco, la vulnerabilità autonoma della sindrome di takotsubo, il ruolo delle neurotrofine come il Bdnf, la progettazione di terapie che integrano respirazione, neuromodulazione vagale, biofeedback e meditazione: tutto confluisce in una visione unitaria della salute.
La medicina che emerge da queste pagine non è dualistica né meccanicistica. E' una medicina relazionale, integrata, profondamente umana. Una medicina che vede nel cuore non un semplice collettore emodinamico, ma un organo di regolazione emozionale e cognitiva. Il libro invita il lettore, medico, ricercatore o semplice curioso, a guardare il proprio corpo come un tutto armonico, dove ogni battito cardiaco e ogni pensiero sono parte di un dialogo che ci definisce e ci umanizza. Ed è un invito anche a ripensare la medicina: a integrare fisiologia e cultura, biologia ed esperienza, scienza e consapevolezza. 'Il cervello nel cuore' è un testo che lascia una traccia. E' una guida per comprendere il presente della medicina e per intuire il suo futuro. E' un libro che parla alla mente, ma arriva dritto al cuore.

All'età di 92 anni è morto Nicola Pietrangeli, unico tennista italiano inserito nella Hall of Fame del tennis mondiale. La sua vita privata è stata segnata da grandi amori, tre figli, delusioni e il terribile lutto dello scorso luglio.
Il matrimonio e i tre figli
Pietrangeli è stato sposato per 15 anni con l'indossatrice Susanna Artero, dalla quale ha avuto tre figli: Marco, Giorgio e Filippo. Si conobbero giovanissimi quando lui aveva 21 anni e lei 18, poi lei lo lasciò perché innamorata di un altro uomo, più giovane. Pietrangeli raccontava che aveva provato a trattenerla ma che non c'era stato niente da fare.
L'amore con Licia Colò
Dopo la separazione ha avuto una relazione, dal 1987 al 1994, con la conduttrice televisiva Licia Colò. In un'intervista nel 2023 a 'D - la Repubblica' aveva ammesso di essere stato molto male quando la storia finì. "Con Licia pensavo sarebbe stata la storia definitiva. Pensi che per lei mi ero trasferito a vivere a Casal Palocco: tanto carino, per carità, ma per uno come me abituato a Roma nord, è stata una grande prova d’amore. Mi dicevano tutti all’epoca 'Ma dai che ci vuole? In 20 minuti sei a Palocco'. Sì, magari… alla fine ho comprato casa e mi sono trasferito a un passo dal mare, in mezzo al verde", raccontava. "Party, viaggi, premiazioni ci sono sempre stati. Ma Licia era diversa. Mi diceva scherzando: 'Certo che ti faccio risparmiare un sacco di soldi. Non mi piacciono i gioielli e detesto pure le pellicce'. In compenso faceva degli spaghetti con i capperi di Pantelleria, di-vi-ni", diceva.
In un'intervista al settimanale 'Oggi', sempre nel 2023, invece ammetteva: "Una parte di me spera ancora che torneremo assieme. Non ho paura di rimanere da solo. È che ho voglia di Licia".
Oggi la conduttrice lo ha ricordato all'Adnkronos[1]: "Nicola è stato un campione nella vita e nello sport, un esempio di grande coraggio. È sempre stata una persona che ha diviso, nel senso che alcuni lo amavano e altri non lo sopportavano, proprio perché era coraggioso, trasparente e non ha mai avuto paura di prendere posizioni scomode, anche fino all'ultimo. E io proprio di questo mi sono innamorata a suo tempo".
La morte del figlio Giorgio
Lo scorso luglio il terribile lutto. Nicola Pietrangeli apprese, mentre si trovava ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma per accertamenti, della morte di suo figlio Giorgio Pietrangeli, a causa di un male incurabile[2]. Aveva 59 anni.
Il figlio del leggendario tennista era stato uno dei primi campioni italiani di surf negli anni Ottanta: aveva partecipato con la Nazionale ai Mondiali del 1988 a Portorico e agli Europei in Portogallo l'anno successivo.

Ajax-Groningen sospesa e rimandata per... fumogeni e fuochi d'artificio sugli spalti. La partita di Eredivisie andata in scena nella serata di domenica 30 novembre è stata interrotta al quinto minuto di gioco per l'accensione e il lancio, dalla curva dei lancieri, di fumogeni che hanno colorato di rosso il cielo della Amsterdam Arena.
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Poi i tifosi hanno lanciato veri e propri fuochi d'artificio verso il terreno di gioco, costringendo l'arbitro a sospendere la partita dopo soli cinque minuti di gioco. Dopo quaranta minuti d'attesa il gioco è ripreso, ma il comportamento nuovamente sopra le righe dei tifosi dell'Ajax ha portato il direttore di gara a una nuova interruzione, questa volta definitiva del match, rinviato a data da destinarsi sul punteggio di 0-0.

Emma Bonino, ricoverata da ieri sera all'ospedale Santo Spirito di Roma, è vigile e le sue condizioni sono stabili. A quanto si apprende sono attesi ulteriori accertamenti prima della diramazione del bollettino medico. La storica leader radicale, fondatrice di +Europa, è arrivata nella serata di domenica 30 novembre al pronto soccorso dell'ospedale romano[1], ed è stata ricoverata in terapia intensiva.
Emma Bonino ha 77 anni e in passato era guarita da un tumore al polmone. Era già stata ricoverata nel reparto di terapia intensiva del Santo Spirito di Roma nell'ottobre del 2024 per problemi respiratori. Pochi giorni dopo le dimissioni dall'ospedale, l'inaspettata visita a sorpresa di Papa Francesco, che la leader radicale volle celebrare con una foto su Instagram che li ritraeva al sole, sulla terrazza di casa Bonino, uno di fronte all'altro, entrambi accomodati sulla sedia a rotelle.
Bloccata appena sbarcata in aeroporto a Cagliari... 
Nicola Pietrangeli è morto oggi, lunedì 7 dicembre, all'età di 92 anni. L'ex tennista azzurro, il primo italiano a vincere uno Slam trionfando per due volte al Roland Garros e l'unico, almeno finora, inserito nella Tennis Hall of Fame. Pietrangeli ha unito il suo nome alla Coppa Davis, trascinando da capitano l'Italia alla storica vittoria del 1976.
Da tennista professionista Pietrangeli vinse 67 titoli complessivi, 44 in singolare, conquistando per due volte il Roland Garros (1959 e 1960), ma è stata la Coppa Davis, appena conquistata dall'Italia per il terzo anno consecutivo, a consacrarlo come simbolo del tennis azzurro. Con 164 incontri disputati e 120 vittorie, detiene tuttora il record mondiale per match giocati e vinti in questa storica competizione. Le sfide più memorabili rimangono quelle contro Francia, Stati Uniti e Australia, dove la sua calma e determinazione furono decisive.
Il 1976 rappresenta il culmine della sua carriera da capitano non giocatore: in Cile guidando la squadra composta da Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli, Pietrangeli porta per la prima volta l'Italia alla vittoria della Coppa Davis. Il gesto di consegnare il trofeo ai suoi ragazzi è emblematico: un maestro e mentore che, pur lontano dalla racchetta, resta protagonista della gloria azzurra.
Anche la vita fuori dal campo è piena di episodi curiosi: negli anni Sessanta, Pietrangeli rifiutò ingaggi professionistici milionari e continuare a difendere i colori dell'Italia in Coppa Davis, un gesto di lealtà che ancora oggi viene ricordato come esempio di dedizione e patriottismo sportivo.

E' drammatico il bilancio delle inondazioni che hanno colpito in questi giorni Sri Lanka, Indonesia, Thailandia e altri paesi del Sud‑Est asiatico. I numeri ufficiali parlano di oltre 1000 morti, con milioni di persone coinvolte e vaste aree devastate.
Indonesia
In Indonesia è stata colpita soprattutto
sull’isola di Sumatra, dove si registrano almeno 442 morti, con
centinaia di dispersi e migliaia di sfollati. Interi paesi
risultano isolati a causa di frane, strade distrutte e
infrastrutture compromesse.
In totale, riferisce l'agenzia nazionale indonesiana che si occupa
della gestione dei disastri, sono 502 le morti accertate per le
inondazioni causate da piogge torrenziali. A questo dato si
aggiungono almeno 508 dispersi, riferisce l'agenzia.
Il Presidente indonesiano Prabowo Subianto, giunto nel Sumatra settentrionale, ha dichiarato che "il peggio è passato, si spera". Ha aggiunto che "la priorità del governo ora è come inviare immediatamente gli aiuti necessari", con un'enfasi particolare su diverse aree che risultano isolate. Il governo ha inviato tre navi da guerra equipaggiate con aiuti e due navi ospedale verso alcune delle zone più colpite, dove numerose arterie stradali rimangono impraticabili.
Sri Lanka
Nello Sri Lanka, nell'Asia meridionale, il bilancio delle vittime delle inondazioni e delle frane causate dal ciclone Ditwah è aumentato drasticamente domenica, raggiungendo quota 334, con molti altri dispersi e zone basse della capitale Colombo sommerse, hanno affermato le autorità.
Si tratta del peggior disastro naturale che abbia colpito l'isola negli ultimi due decenni, dopo il devastante tsunami del 2004 che uccise circa 31.000 persone e lasciò più di un milione di senzatetto.
Il presidente Anura Kumara Dissanayake, che ha dichiarato lo stato di emergenza, ha promesso di ricostruire con il sostegno internazionale. "Stiamo affrontando il disastro naturale più grande e difficile della nostra storia", ha affermato in un discorso alla nazione. "Certamente, costruiremo una nazione migliore di quella che esisteva prima".
Monsoni e tempeste
Gran parte dell'Asia si trova nella sua stagione monsonica annuale, caratterizzata da piogge intense che frequentemente innescano frane e inondazioni improvvise. Tuttavia, le inondazioni che hanno interessato Indonesia, Thailandia e Malesia sono state ulteriormente aggravate da una rara tempesta tropicale che ha scaricato piogge intense, in particolare sull'isola di Sumatra. Il cambiamento climatico ha altresì incrementato l'intensità delle tempeste e la frequenza di eventi piovosi estremi, poiché un'atmosfera più calda trattiene una maggiore quantità di umidità.
Le ondate di pioggia hanno provocato inondazioni che hanno causato la morte di almeno 176 persone nel sud della Thailandia, secondo quanto riferito lunedì dalle autorità, configurandosi come uno degli eventi di inondazione più letali nel paese nell'ultimo decennio. Oltre confine, in Malesia, dove le piogge intense hanno allagato ampi tratti di territorio nello stato di Perlis, due persone hanno perso la vita.

"Nicola è stato un campione nella vita e nello sport, un esempio di grande coraggio. È sempre stata una persona che ha diviso, nel senso che alcuni lo amavano e altri non lo sopportavano, proprio perché era coraggioso, trasparente e non ha mai avuto paura di prendere posizioni scomode, anche fino all'ultimo. E io proprio di questo mi sono innamorata a suo tempo". Così Licia Colò ricorda con l'Adnkronos Nicola Pietrangeli, con il quale ha avuto una relazione di sette anni, dal 1987 al 1994.
"In una società dove tutti fanno gli equilibristi, Nicola è stato un grandissimo maestro di vita", prosegue la conduttrice. "Con lui ho condiviso un bellissimo momento della mia vita. E il nostro rapporto ha continuato a essere bello anche dopo, perché il nostro legame si è trasformato. L'amore può cambiare, e quando c'è un sentimento che merita, si trasforma in una grande stima e in un grande affetto, che ho sempre conservato per lui. Per me è stato un maestro".
Il ricordo si fa poi più intimo e recente: "L'ho visto l'ultima volta solo cinque giorni fa. Sono andata a trovarlo, stava molto male, ma continuava a fare battute, lamentandosi di essere 'stanco di essere stanco'. Stava male da tempo, adesso si è liberato. Probabilmente, ora ha finito di essere stanco". Infine, un pensiero di addio: "Voglio ricordarlo così e mi auguro che da lassù possa continuare a divertirsi, a sorridere e a fare battute con le persone che non ci sono più".
Dopo il conseguimento ottenuto lo scorso anno della certificazione Uni/pdr 125:2022 per la parità di genere da parte della capogruppo Agsm Aim, il percorso di valorizzazione delle persone e di promozione di una cultura aziendale equa e inclusiva ha compiuto un passo in avanti. La certificazione è stata infatti estesa e integrata anche alle società Agsm Aim Energia e Agsm Aim Smart Solutions.
Si tratta di un risultato frutto di un processo strutturato che ha previsto l’adozione di un sistema di gestione condiviso, volto a garantire coerenza e obiettivi comuni nelle politiche di diversity, equity & inclusion delle società del Gruppo. Un riconoscimento che conferma la volontà del Gruppo di continuare a migliorare e di rispondere alle esigenze di un contesto sociale e lavorativo in costante cambiamento.
L’estensione della certificazione si inserisce in modo naturale all’interno degli obiettivi definiti dal piano industriale 2025-2030, che pone le persone al centro del percorso. Tra gli obiettivi indicati in materia di inclusione e valorizzazione dei talenti: 4 società certificate per la parità di genere (raggiunta ad oggi da tre società); gender pay gap pari a zero; 46% di personale femminile all’interno dell’organico aziendale; 80% della popolazione aziendale coinvolta in percorsi di change management e formazione in ambito di intelligenza artificiale.
Federico Testa, presidente di Agsm Aim: "L’estensione della certificazione per la parità di genere ad altre due società del Gruppo conferma un percorso che non nasce oggi, ma che stiamo costruendo con continuità, grazie ad attività quotidiane di formazione e comunicazione. La parità di genere, per un Gruppo pubblico come il nostro, è un valore che incide sulla qualità del lavoro, sull’organizzazione e sulla capacità di attrarre e valorizzare le competenze delle nostre persone".
Secondo Alessandro Russo, consigliere delegato di Agsm Aim: "L’ottenimento della certificazione da parte di Agsm Aim Energia e Agsm Aim Smart Solutions dimostra la centralità delle persone nel nostro progetto industriale. La sostenibilità passa anche attraverso politiche inclusive e una cultura organizzativa capace di valorizzare talenti e differenze. Con il nuovo piano industriale abbiamo scelto di investire in modo strutturale su questi temi: la certificazione è un impegno concreto che ci accompagnerà nei prossimi anni".
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