
In Italia il 75% delle imprese ha già introdotto almeno una pratica circolare, ma sono prevalenti interventi 'leggeri', come efficientamento energetico e idrico. Costi elevati, complessità regolatoria, carenza di competenze, scarsa integrazione di filiera sono i maggiori ostacoli che le aziende incontrano quando vogliono premere l’acceleratore sull’economia circolare. Questo è quanto emerge dal rapporto Grins 'Crescita circolare: l’innovazione come motore del cambiamento' dall’università di Torino nell’ambito del gruppo di ricerca Innovazione e ecosistemi per le economie circolare, coordinato dal professor Francesco Quatraro dell’università di Torino.
Dal report emerge anche che: le imprese con brevetti circolari presentano più alta produttività, maggiore internazionalizzazione, più certificazioni ambientali e impianti Fer, strutture organizzative più avanzate. E producono complessivamente 160 miliardi di euro di fatturato. Il focus del report si è concentrato anche sulle start-up in ambito economia circolare che sono circa 3 mila e concentrate in Lombardia e nei poli urbani innovativi. Si trova leadership femminile nel Centro-Sud e leadership giovanile nel Nord.
Alcuni territori (Trento, Basilicata, Rimini, Modena) generano impatti economici superiori alla loro dimensione. Altro tema quello della bioeconomia: prezzi, regolazione e qualità delle materie prime sono i principali ostacoli. Le imprese chiedono: incentivi alla riconversione, maggiore uniformità normativa, infrastrutture di approvvigionamento, formazione, sensibilizzazione dei consumatori.
La transizione verso l’economia circolare rappresenta una delle sfide più rilevanti per il futuro del sistema produttivo italiano. Non si tratta soltanto di adottare pratiche più sostenibili, ma di ripensare processi, competenze, tecnologie e modelli di coordinamento lungo l’intera catena del valore. Comprendere questa trasformazione richiede dati solidi, indicatori affidabili e un approccio analitico capace di cogliere la complessità dei fenomeni in corso.
“Il rapporto - afferma il professor Quatraro - nasce all’interno del progetto GRINS – Growing Resilient, Inclusive and Sustainable, finanziato dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) - rende possibile lo sviluppo di un set unico e integrato di informazioni che combina dati sulle imprese, sulle competenze, sui brevetti, sui marchi, sulle startup, sulla produzione scientifica, sui report di sostenibilità e sulla bioeconomia. Questo patrimonio informativo rappresenta un contributo inedito al dibattito nazionale sulla transizione circolare, offrendo una base empirica essenziale per orientare politiche industriali, strategie territoriali e interventi di sistema”.
A proposito di ricerca scientifica da parte di istituzioni: nel report emerge che per singola istituzione Francia, Olanda, Belgio e Polonia hanno centri in assoluto più attivi, seguiti da Danimarca, Svezia e Uk. Seguono l’Italia a parimerito con il Portogallo. Ma a livello complessivo, tenendo cioè conto di tutte le istituzioni presenti per Paese, l’Italia ha recuperato terreno nell’ultimo decennio, arrivando nel 2023 al terzo posto per numero di pubblicazioni, dopo UK e Germania, e superando Francia e Spagna. Ponendosi quindi la domanda se sia più conveniente concentrare o frammentare l’impegno e lo sforzo. A livello globale emerge che gli Usa in questo settore sono leggermente in ritardo e sono già stati raggiunti negli ultimi anni dall’India.
Lo sviluppo di tecnologie per la transizione circolare in Italia è legato ai principali settori di specializzazione produttiva, primo fra tutti l’automotive e il suo indotto, ma anche la manifattura di macchinari specializzati. Questo testimonia una capacità di rispondere alle emergenti sfide competitive, in cui cambiamento climatico e regolamentazione possono anche rappresentare un’opportunità. Diventa fondamentale non disperdere le competenze, anche a fronte di passaggi di proprietà e cessioni a gruppi esteri. Bisogna preservare e valorizzare il capitale umano qualificato fatto di ricercatori, ingegneri e tecnici, che ha contribuito alla spinta innovativa del settore manifatturiero fino ad oggi, anche in ambito circolare.
L’economia circolare può quindi diventare una delle principali leve di politica industriale italiana. Per farlo, occorre però trasformare la circolarità da “insieme di buone pratiche” a strategia nazionale di sviluppo, capace di guidare innovazione, investimenti e valore nei territori. Serve una governance multilivello integrata, che coordini ministeri, regioni, enti locali e imprese. La transizione circolare richiede un mix di politiche industriali, di ricerca, del lavoro e della formazione. Le imprese più innovative mostrano che la circolarità migliora produttività, competitività internazionale e resilienza. L’Italia ha una base solida ma rischia di ampliare i divari se non interviene su competenze, infrastrutture e norme.
La domanda finale (consumatori, pa, grandi aziende) è un fattore chiave: va incentivata e orientata. L’economia circolare può diventare una delle principali leve di politica industriale italiana. Per farlo, occorre trasformare la circolarità da “insieme di buone pratiche” a strategia nazionale di sviluppo, capace di guidare innovazione, investimenti e valore nei territori. Matteo Cervellati presidente fondazione Grins: “Il lavoro del gruppo di ricerca mostra che la circolarità è una leva industriale strategica. Con Grins integriamo dati e competenze per leggere questa trasformazione e sostenere imprese e territori. Servono politiche stabili, competenze e governance per accelerare una crescita davvero circolare”.
Manifestazione del Nursind davanti alla prefettura...
Spettacoli anche in piazza San Giacomo e al Bastione... 
"A 19 anni mi sono innamorato per la prima volta di un ragazzo. È scoppiata una bomba in casa". Con queste parole Vincenzo Schettini si racconta a 'Ciao Maschio', ospite di Nunzia De Girolamo nella puntata che andrà in onda domani, sabato 6 dicembre, alle 17.05 su Rai 1.
Un dialogo sincero e profondo in cui ripercorre gli anni in cui non riusciva a essere pienamente se stesso. "Quando sono cresciuto vedevo tutti gli amici, i miei compagni fidanzarsi con le ragazze e io dicevo: lo devo fare pure io. La sentivo come una forzatura. Era un periodo in cui non si parlava di omosessualità, non se ne parlava a scuola, in famiglia, tra gli amici. Io cercavo di imitare gli altri, ma indossavo una maschera", racconta Schettini. Il punto di svolta arriva a 19 anni, quando si innamora per la prima volta di un ragazzo. "Ho pensato: a chi lo dico? Ai miei genitori. Ho creduto che potessero comprendere, ma non erano preparati. È scoppiata una bomba a casa".
Il racconto si fa ancora più personale quando ricorda il ruolo del fratello: "Mio fratello era più piccolo di me, io 19, lui 15, e abbiamo dovuto poi rimettere insieme i pezzi. Mi sono pentito quella sera di essermi aperto. Ma attenzione: loro non hanno mai smesso di volermi bene. Solo che erano anni in cui non si parlava di tante cose".
Schettini ricorda un episodio avvenuto 25 anni fa, dopo quella 'bomba familiare': "Eravamo a Madrid con mio fratello, con la sua famiglia e con mio marito Francesco. Prima di spegnere la candelina dei suoi 70 anni, papà ha detto 'Dobbiamo fermarci. Devo chiedere scusa a Vincenzo'. Mi ha guardato negli occhi e ha detto 'Non ero pronto. Non ero pronto a quello che ci avresti detto. Non ero pronto alla tua vita. Poi piano piano mi sono informato. Anche Francesco tuo fratello mi è stato d’aiuto. Ti chiedo scusa'. Si sono messi a piangere tutti. Mi sono commosso anch’io".

"Da un punto di vista di packaging material entro la fine del mese di dicembre, e questa è una novità che ho molto piacere di condividere, introdurremo il primo contenitore al mondo con un più alto contenuto di carta rispetto a quelli che sono già in commercio ed è un risultato molto molto importante perché in questo caso noi abbiamo aumentato a circa il 90% il contenuto di carta, quindi di materiale rinnovabile nel contenitore, riducendo conseguentemente l'ammontare di materiale non rinnovabile dello stesso. E lo abbiamo fatto sostituendo quel sottile strato di alluminio con un 'altro strato protettivo, però a base carta. Innovazione che verrà introdotta a breve in Italia sotto forma di validazione tecnologica e poi successivamente nel resto del mondo". E' quanto annuncia, in un'ampia intervista ad Adnkronos/Labitalia, Paolo Maggi, presidente e managing director Tetra Pak South Europe, azienda leader nella produzione di sistemi integrati per il trattamento e il confezionamento di alimenti e cibi, con i 'contenitori' che accompagnano da 60 anni la crescita dell'agroalimentare made in Italy.
Presidente Maggi, come nasce la vostra presenza in Italia?
"Tetra Pak è un'azienda internazionale, globale, che si occupa di trasformazione e confezionamento di cibi, nata 74 anni fa, infatti il prossimo anno festeggeremo i nostri 75 anni. Nello specifico in Italia siamo presenti da sessant'anni, abbiamo festeggiato quest’anno il sessantesimo. Siamo la prima azienda Tetra Pak fuori dalla Svezia. Siamo presenti con cinque sedi: Monza, Sezzadio, Ambivere, Modena e Rubiera, dove abbiamo la sede principale che è composta dalla fabbrica dove si produce il packaging material, quindi i contenitori, e dall'ufficio vendite dove ci sono tutte le altre aree funzionali a supporto di quella commerciale. In Italia forniamo una clientela ampia, che ormai collabora con noi da più di quarant'anni. Alcuni dei marchi più riconosciuti ambito latte e in ambito succhi di frutta hanno letteralmente iniziato la loro produzione con noi e rappresentiamo ormai un riferimento abbastanza importante in quella che è la filiera agroalimentare italiana di cui ci sentiamo parte", sottolinea.
"Tetra Pak è un'azienda che oggi dà lavoro a circa 24.000 dipendenti a livello mondiale, una fatturazione di circa 13 miliardi di euro l'anno. Nello specifico la South Europe, che è l’area della quale mi occupo, si estende 5 Paesi: l'Italia, la Grecia, Cipro, Israele e Malta", sottolinea. Maggi ricorda che Tetra Pak è "nata sulla base di un'idea molto innovativa che ha portato poi all'introduzione sul mercato di questa tecnologia rivoluzionaria, ai tempi, che consente il confezionamento, in un ambiente asettico totalmente sterile, dei cibi. E con il tempo si è estesa livello geografico coprendo oggi circa 160 Paesi e confezionando annualmente circa 180 miliardi di contenitori". Ma Maggi sottolinea che oggi l'azienda fa molto di più. "Pur essendo riconosciuta a livello globale per i nostri contenitori in cartone, la Tetra Pak fa molto di più. Ci occupiamo anche della trasformazione del processo dei cibi, inizialmente liquidi, ora anche solidi. Siamo un'azienda che fornisce delle soluzioni integrate", sottolinea.
"Siamo in grado oggi -spiega- di raccogliere il latte dai conferenti, trasformarlo, confezionarlo e distribuirlo presso i retailers, la grande distribuzione, e questo processo integrato possiamo farlo non soltanto per il latte, che è una delle categorie merceologiche per la quale siamo riconosciuti forse di più globalmente, ma anche con altre categorie che si sono sviluppate negli anni, quindi con i succhi di frutta, con il pomodoro piuttosto che con il vino e le bevande vegetali. E non ultimo abbiamo cominciato a confezionare anche cibi solidi come ad esempio la passata di pomodoro, i pomodori stessi, i vegetali, i legumi e così via", spiega.
Che anno è stato per la vostra azienda il 2025?
"Il 2025 sta ormai volgendo al termine e per noi in Tetra Pak è stato un anno abbastanza impegnativo. Abbiamo infatti dovuto far fronte a delle dinamiche, a dei trend non necessariamente positivi, anzi direi abbastanza negativi, primo fra tutti quello dei consumi. Ovviamente infatti nella nostra posizione lungo la filiera agroalimentare risentiamo molto di quelli che sono i trend al ribasso dei consumi, ad esempio del latte e soprattutto dei succhi di frutta che nel 2025 hanno subito un calo oserei dire drammatico, soprattutto nei mesi estivi".
"E' chiaro ci sono anche delle altre dinamiche che sono legate ad esempio alla capacità del consumatore di acquistare beni di prima necessità. Abbiamo notato infatti una diminuzione della frequenza ed anche della riduzione del volume e del valore del carrello della spesa. Queste sono tutte dinamiche ovviamente che vanno ad impattare sul business di aziende come la nostra".
"E poi non ultimi anche dei cambi demografici abbastanza importanti in alcuni gruppi di consumatori che ovviamente consumano prodotti che per noi rappresentano un po' il core business, come ad esempio i succhi di frutta".
Quali le previsioni per il 2026?
"Per quanto riguarda il 2026, sfortunatamente dal punto di vista del mercato vediamo le stesse dinamiche ripetersi, quindi pensiamo che continuerà ad esserci un calo dei consumi in quelle che sono diciamo le categorie un pochino più in consolidamento e come ad esempio il latte, i succhi e i nettari. E ce ne sono alcune che sono un pochino in recupero. Ma ovviamente dovremo accelerare quelle che sono le nostre opportunità di sviluppo di nuovo business e dovremmo farlo in collaborazione con i nostri clienti, ma anche andando alla ricerca di nuovi prospetti e di nuove opportunità".
Quali le altre innovazioni che avete messo in campo nel 2025?
"Abbiamo continuato a supportare i nostri clienti con quelli che sono le nostre priorità. Su tutti i cartoni per bevande Tetra Pak, sul nostro logo dichiariamo che proteggiamo la bontà, cioè tutto ciò che è buono. E non ci riferiamo solamente al contenuto, quindi al prodotto, ma ovviamente anche al consumatore che lo utilizza, così come l'ambiente circostante, perché investiamo tantissimo in sostenibilità. E quindi anche quest’anno abbiamo continuato a supportare i nostri clienti anche da un punto di vista di qualità, di riduzione dei costi operativi. Lo abbiamo fatto attraverso l'introduzione di soluzioni innovative, da un punto di vista di macchine confezionatrici e da un punto di vista di contenitori. Le macchine confezionatrici che abbiamo introdotto negli ultimi 12 mesi ci consentono di poter proporre ai nostri clienti delle soluzioni a più basso consumo energetico e con una maggiore semplicità di manutenzione, quindi hanno un impatto diretto su quelli che sono i costi operativi".
Come pensate di aggredire nuovi mercati?
"Per noi il 2026 sarà l'anno del consolidamento e dell'innovazione che abbiamo introdotto nel 2025, non soltanto dal punto di vista del packaging, ma anche dal punto di vista del processing, quindi della trasformazione del prodotto. Molti dei nostri consumatori di bevande in cartone non sanno che, ad esempio, noi collaboriamo con i più grandi marchi italiani ma anche internazionali che operano su questo mercato, da un punto di vista dello sviluppo di soluzioni per processare i prodotti. Noi siamo in grado, ad esempio, di supportare i nostri clienti con delle soluzioni di spray dryer per polverizzare il latte ed estrarre le proteine, le proteine animali, in esso contenute. Questo è un trend in grande crescita proprio per la richiesta crescente di prodotti a base a base proteica e abbiamo collaborato nel 2025 con due grandi aziende nel settore. Il 2026 ci consentirà di continuare questo trend, però portandolo in aree che non erano mai state prese in considerazione precedentemente. Perché questa nostra tecnologia è sempre stata applicata a prodotti liquidi ma nel 2026 riusciremo ad introdurre attraverso la collaborazione con uno dei nostri clienti una soluzione che andrà a polverizzare, quindi estrarre con questa tecnologia, delle proteine, ad esempio, da pelle e cotenne di animali, bovini e suini. E' un'applicazione estremamente innovativa e unica nel settore, per la prima volta, appunto, messa in pratica in Italia dal nostro team di processo che consentirà al cliente di trasformare lo scarto, le pelli dei suini e dei bovini che sarebbero stati venduti ad un basso valore, in prodotti rilavorati di altissimo valore che possono essere reintrodotti nella catena produttiva dei clienti stessi, oppure venduti come appunto ingredienti per migliorare le performance di altri prodotti alimentari. Lo consideriamo un passo avanti innovativo e non soltanto da un punto di vista Tetra Pak, ma anche da un punto di vista dei nostri clienti, perché ovviamente andrà ad aprire delle opportunità nuove all'interno di un settore nel quale noi siamo appena entrati".
Per voi la sostenibilità è centrale. Come continuare a migliorare da questo punto di vista?
"Crediamo fermamente che la definizione di sostenibilità non possa essere limitata solo ed esclusivamente a quella ambientale, per la quale Tetra Pak è sempre stata precursore. La nostra azienda infatti ha praticamente pubblicato il primo rapporto di sostenibilità nel 1999, quando i rapporti di sostenibilità ancora non esistevano e lo ha fatto in totale indipendenza ed autonomia. E’ stato un atto assolutamente volontario e quindi per noi la sostenibilità ambientale è sicuramente molto molto importante, lo dimostra il fatto che continuiamo ad investire circa 100 milioni di euro l'anno globalmente per sviluppare le soluzioni di processo e di packaging. E arrivare a un 90% di contenuto di materiali rinnovabili è la nostra ambizione assoluta. Ma crediamo molto che la sostenibilità abbia anche degli altri, debba avere anche degli altri aspetti. L'aspetto ad esempio economico è importante nell'ideare, nel disegnare, nello sviluppare soluzioni di processo e di packaging e di confezionamento. Al momento noi ci poniamo l'obiettivo di introdurre delle soluzioni che vadano incontro a quelle che sono le esigenze sempre più chiare dei nostri clienti e della filiera agroalimentare. Un risparmio economico quindi, e poi deve essere sostenibile anche da un punto di vista ovviamente del consumatore che è l'utente finale. Quindi ogni anno, in aggiunta ai 100 milioni di euro che noi investiamo in sostenibilità, ne investiamo 40 per andare a migliorare quelle che sono le nostre capacità di raccolta, selezione e riciclo, ad esempio dei contenitori, perché vogliamo che i consumatori sappiano che un cartone Tetra Pak innanzitutto è riciclabile ed è riciclato nei Paesi in cui viene commercializzato. E soprattutto siano al corrente, siano consapevoli del fatto che una volta riciclato acquista una nuova vita. Noi andiamo a creare dei nuovi prodotti e base carta che possono essere dei fazzoletti, tovaglioli piuttosto che quaderni eccetera. Ed ultimamente abbiamo trovato una seconda vita anche per il 20% di materiale che proviene da risorse non rinnovabili, una combinazione di polimeri e alluminio che ora viene utilizzata per creare ad esempio delle nuove strutture come ad esempio mobili o recentemente è stato addirittura utilizzato per creare il cruscotto della grande Panda. Ci dà anche grande orgoglio il fatto che sia stato validato e convalidato dall'industria automobilistica come materiale di prima scelta per l'assemblaggio di automobili. E quindi ci piace pensare a questo concetto di sostenibilità a 360°".
Secondo lei la sostenibilità, la tecnologia e il valore aggiunto possono essere la strada per le imprese del made in Italy per ovviare alle problematiche derivanti da guerre, da instabilità economica, come ad esempio i dazi?
"Si, assolutamente, abbiamo avuto riprova di questo durante, ad esempio, la pandemia. In quel periodo i nostri clienti e la filiera agroalimentare in Italia hanno sfruttato quelle che sono le caratteristiche intrinseche della nostra tecnologia per raggiungere un livello più alto di resilienza, e a raggiungere ad esempio dei consumatori che non avevano accesso ai prodotti, proponendo uno stoccaggio ovviamente più duraturo, e facilitando quindi l’accesso al cibo".
"È un parallelo secondo me abbastanza calzante, perché è chiaro che è importante oggi per i nostri clienti sottolineare il valore della produzione del made in Italy. E un modo per farlo è quello di riuscire a raggiungere non soltanto i consumatori italiani, ma quelli europei e anche quelli al di fuori del confine europeo, nel modo più sicuro da un punto di vista di food safety e di qualità. Ma anche da un punto di vista economico e conseguentemente sostenibile, Per il 2026 continuiamo a vedere anche delle altre opportunità per la crescita di alcuni clienti molto forti da un punto di vista dell'export che noi supportiamo ad esempio con una soluzione di package sempre a base carta che si chiama Tetra Recart in fortissima crescita negli ultimi anni. È una delle soluzioni di cui andiamo più orgogliosi perché oltre ad essere estremamente innovativa da un punto di vista della del processo del confezionamento del cibo, è una soluzione molto sostenibile di cui l'industria in questo settore aveva assolutamente bisogno e i nostri clienti la stanno utilizzando non soltanto per far fronte a quelli che sono i consumi locali ma soprattutto per quelli che sono i consumi che avvengono al di fuori dei nostri, dei nostri confini. L'Italia, infatti, nei settori ad esempio del pomodoro e dei legumi e dei vegetali, esporta circa l’80% dei prodotti che vengono coltivati e quindi ci sentiamo ancora più partecipi, ancora più parte fondamentale di questa filiera agroalimentare che prima magari ci vedeva limitati soltanto ad alcune categorie e ad oggi si sta espandendo ulteriormente", conclude.
(di Fabio Paluccio)

"Da un punto di vista di packaging material entro la fine del mese di dicembre, e questa è una novità che ho molto piacere di condividere, introdurremo il primo contenitore al mondo con un più alto contenuto di carta rispetto a quelli che sono già in commercio ed è un risultato molto molto importante perché in questo caso noi abbiamo aumentato a circa il 90% il contenuto di carta, quindi di materiale rinnovabile nel contenitore, riducendo conseguentemente l'ammontare di materiale non rinnovabile dello stesso. E lo abbiamo fatto sostituendo quel sottile strato di alluminio con un altro strato protettivo, però a base carta. Innovazione che verrà introdotta a breve in Italia sotto forma di validazione tecnologica e poi successivamente nel resto del mondo". E' quanto annuncia, in un'ampia intervista ad Adnkronos/Labitalia, Paolo Maggi, presidente e managing director Tetra Pak South Europe, azienda leader nella produzione di sistemi integrati per il trattamento e il confezionamento di alimenti e cibi, con i 'contenitori' che accompagnano da 60 anni la crescita dell'agroalimentare made in Italy.
Presidente Maggi, come nasce la vostra presenza in Italia?
"Tetra Pak è un'azienda internazionale, globale, che si occupa di trasformazione e confezionamento di cibi, nata 74 anni fa, infatti il prossimo anno festeggeremo i nostri 75 anni. Nello specifico in Italia siamo presenti da sessant'anni, abbiamo festeggiato quest’anno il sessantesimo. Siamo la prima azienda Tetra Pak fuori dalla Svezia. Siamo presenti con cinque sedi: Monza, Sezzadio, Ambivere, Modena e Rubiera, dove abbiamo la sede principale che è composta dalla fabbrica dove si produce il packaging material, quindi i contenitori, e dall'ufficio vendite dove ci sono tutte le altre aree funzionali a supporto di quella commerciale. In Italia forniamo una clientela ampia, che ormai collabora con noi da più di quarant'anni. Alcuni dei marchi più riconosciuti ambito latte e in ambito succhi di frutta hanno letteralmente iniziato la loro produzione con noi e rappresentiamo ormai un riferimento abbastanza importante in quella che è la filiera agroalimentare italiana di cui ci sentiamo parte", sottolinea.
"Tetra Pak è un'azienda che oggi dà lavoro a circa 24.000 dipendenti a livello mondiale, una fatturazione di circa 13 miliardi di euro l'anno. Nello specifico la South Europe, che è l’area della quale mi occupo, si estende 5 Paesi: l'Italia, la Grecia, Cipro, Israele e Malta", sottolinea. Maggi ricorda che Tetra Pak è "nata sulla base di un'idea molto innovativa che ha portato poi all'introduzione sul mercato di questa tecnologia rivoluzionaria, ai tempi, che consente il confezionamento, in un ambiente asettico totalmente sterile, dei cibi. E con il tempo si è estesa livello geografico coprendo oggi circa 160 Paesi e confezionando annualmente circa 180 miliardi di contenitori". Ma Maggi sottolinea che oggi l'azienda fa molto di più. "Pur essendo riconosciuta a livello globale per i nostri contenitori in cartone, la Tetra Pak fa molto di più. Ci occupiamo anche della trasformazione del processo dei cibi, inizialmente liquidi, ora anche solidi. Siamo un'azienda che fornisce delle soluzioni integrate", sottolinea.
"Siamo in grado oggi -spiega- di raccogliere il latte dai conferenti, trasformarlo, confezionarlo e distribuirlo presso i retailers, la grande distribuzione, e questo processo integrato possiamo farlo non soltanto per il latte, che è una delle categorie merceologiche per la quale siamo riconosciuti forse di più globalmente, ma anche con altre categorie che si sono sviluppate negli anni, quindi con i succhi di frutta, con il pomodoro piuttosto che con il vino e le bevande vegetali. E non ultimo abbiamo cominciato a confezionare anche cibi solidi come ad esempio la passata di pomodoro, i pomodori stessi, i vegetali, i legumi e così via", spiega.
Che anno è stato per la vostra azienda il 2025?
"Il 2025 sta ormai volgendo al termine e per noi in Tetra Pak è stato un anno abbastanza impegnativo. Abbiamo infatti dovuto far fronte a delle dinamiche, a dei trend non necessariamente positivi, anzi direi abbastanza negativi, primo fra tutti quello dei consumi. Ovviamente infatti nella nostra posizione lungo la filiera agroalimentare risentiamo molto di quelli che sono i trend al ribasso dei consumi, ad esempio del latte e soprattutto dei succhi di frutta che nel 2025 hanno subito un calo oserei dire drammatico, soprattutto nei mesi estivi".
"E' chiaro ci sono anche delle altre dinamiche che sono legate ad esempio alla capacità del consumatore di acquistare beni di prima necessità. Abbiamo notato infatti una diminuzione della frequenza ed anche della riduzione del volume e del valore del carrello della spesa. Queste sono tutte dinamiche ovviamente che vanno ad impattare sul business di aziende come la nostra".
"E poi non ultimi anche dei cambi demografici abbastanza importanti in alcuni gruppi di consumatori che ovviamente consumano prodotti che per noi rappresentano un po' il core business, come ad esempio i succhi di frutta".
Quali le previsioni per il 2026?
"Per quanto riguarda il 2026, sfortunatamente dal punto di vista del mercato vediamo le stesse dinamiche ripetersi, quindi pensiamo che continuerà ad esserci un calo dei consumi in quelle che sono diciamo le categorie un pochino più in consolidamento e come ad esempio il latte, i succhi e i nettari. E ce ne sono alcune che sono un pochino in recupero. Ma ovviamente dovremo accelerare quelle che sono le nostre opportunità di sviluppo di nuovo business e dovremmo farlo in collaborazione con i nostri clienti, ma anche andando alla ricerca di nuovi prospetti e di nuove opportunità".
Quali le altre innovazioni che avete messo in campo nel 2025?
"Abbiamo continuato a supportare i nostri clienti con quelli che sono le nostre priorità. Su tutti i cartoni per bevande Tetra Pak, sul nostro logo dichiariamo che proteggiamo la bontà, cioè tutto ciò che è buono. E non ci riferiamo solamente al contenuto, quindi al prodotto, ma ovviamente anche al consumatore che lo utilizza, così come l'ambiente circostante, perché investiamo tantissimo in sostenibilità. E quindi anche quest’anno abbiamo continuato a supportare i nostri clienti anche da un punto di vista di qualità, di riduzione dei costi operativi. Lo abbiamo fatto attraverso l'introduzione di soluzioni innovative, da un punto di vista di macchine confezionatrici e da un punto di vista di contenitori. Le macchine confezionatrici che abbiamo introdotto negli ultimi 12 mesi ci consentono di poter proporre ai nostri clienti delle soluzioni a più basso consumo energetico e con una maggiore semplicità di manutenzione, quindi hanno un impatto diretto su quelli che sono i costi operativi".
Come pensate di aggredire nuovi mercati?
"Per noi il 2026 sarà l'anno del consolidamento e dell'innovazione che abbiamo introdotto nel 2025, non soltanto dal punto di vista del packaging, ma anche dal punto di vista del processing, quindi della trasformazione del prodotto. Molti dei nostri consumatori di bevande in cartone non sanno che, ad esempio, noi collaboriamo con i più grandi marchi italiani ma anche internazionali che operano su questo mercato, da un punto di vista dello sviluppo di soluzioni per processare i prodotti. Noi siamo in grado, ad esempio, di supportare i nostri clienti con delle soluzioni di spray dryer per polverizzare il latte ed estrarre le proteine, le proteine animali, in esso contenute. Questo è un trend in grande crescita proprio per la richiesta crescente di prodotti a base a base proteica e abbiamo collaborato nel 2025 con due grandi aziende nel settore. Il 2026 ci consentirà di continuare questo trend, però portandolo in aree che non erano mai state prese in considerazione precedentemente. Perché questa nostra tecnologia è sempre stata applicata a prodotti liquidi ma nel 2026 riusciremo ad introdurre attraverso la collaborazione con uno dei nostri clienti una soluzione che andrà a polverizzare, quindi estrarre con questa tecnologia, delle proteine, ad esempio, da pelle e cotenne di animali, bovini e suini. E' un'applicazione estremamente innovativa e unica nel settore, per la prima volta, appunto, messa in pratica in Italia dal nostro team di processo che consentirà al cliente di trasformare lo scarto, le pelli dei suini e dei bovini che sarebbero stati venduti ad un basso valore, in prodotti rilavorati di altissimo valore che possono essere reintrodotti nella catena produttiva dei clienti stessi, oppure venduti come appunto ingredienti per migliorare le performance di altri prodotti alimentari. Lo consideriamo un passo avanti innovativo e non soltanto da un punto di vista Tetra Pak, ma anche da un punto di vista dei nostri clienti, perché ovviamente andrà ad aprire delle opportunità nuove all'interno di un settore nel quale noi siamo appena entrati".
Per voi la sostenibilità è centrale. Come continuare a migliorare da questo punto di vista?
"Crediamo fermamente che la definizione di sostenibilità non possa essere limitata solo ed esclusivamente a quella ambientale, per la quale Tetra Pak è sempre stata precursore. La nostra azienda infatti ha praticamente pubblicato il primo rapporto di sostenibilità nel 1999, quando i rapporti di sostenibilità ancora non esistevano e lo ha fatto in totale indipendenza ed autonomia. E’ stato un atto assolutamente volontario e quindi per noi la sostenibilità ambientale è sicuramente molto molto importante, lo dimostra il fatto che continuiamo ad investire circa 100 milioni di euro l'anno globalmente per sviluppare le soluzioni di processo e di packaging. E arrivare a un 90% di contenuto di materiali rinnovabili è la nostra ambizione assoluta. Ma crediamo molto che la sostenibilità abbia anche degli altri, debba avere anche degli altri aspetti. L'aspetto ad esempio economico è importante nell'ideare, nel disegnare, nello sviluppare soluzioni di processo e di packaging e di confezionamento. Al momento noi ci poniamo l'obiettivo di introdurre delle soluzioni che vadano incontro a quelle che sono le esigenze sempre più chiare dei nostri clienti e della filiera agroalimentare. Un risparmio economico quindi, e poi deve essere sostenibile anche da un punto di vista ovviamente del consumatore che è l'utente finale. Quindi ogni anno, in aggiunta ai 100 milioni di euro che noi investiamo in sostenibilità, ne investiamo 40 per andare a migliorare quelle che sono le nostre capacità di raccolta, selezione e riciclo, ad esempio dei contenitori, perché vogliamo che i consumatori sappiano che un cartone Tetra Pak innanzitutto è riciclabile ed è riciclato nei Paesi in cui viene commercializzato. E soprattutto siano al corrente, siano consapevoli del fatto che una volta riciclato acquista una nuova vita. Noi andiamo a creare dei nuovi prodotti e base carta che possono essere dei fazzoletti, tovaglioli piuttosto che quaderni eccetera. Ed ultimamente abbiamo trovato una seconda vita anche per il 20% di materiale che proviene da risorse non rinnovabili, una combinazione di polimeri e alluminio che ora viene utilizzata per creare ad esempio delle nuove strutture come ad esempio mobili o recentemente è stato addirittura utilizzato per creare il cruscotto della grande Panda. Ci dà anche grande orgoglio il fatto che sia stato validato e convalidato dall'industria automobilistica come materiale di prima scelta per l'assemblaggio di automobili. E quindi ci piace pensare a questo concetto di sostenibilità a 360°".
Secondo lei la sostenibilità, la tecnologia e il valore aggiunto possono essere la strada per le imprese del made in Italy per ovviare alle problematiche derivanti da guerre, da instabilità economica, come ad esempio i dazi?
"Si, assolutamente, abbiamo avuto riprova di questo durante, ad esempio, la pandemia. In quel periodo i nostri clienti e la filiera agroalimentare in Italia hanno sfruttato quelle che sono le caratteristiche intrinseche della nostra tecnologia per raggiungere un livello più alto di resilienza, e a raggiungere ad esempio dei consumatori che non avevano accesso ai prodotti, proponendo uno stoccaggio ovviamente più duraturo, e facilitando quindi l’accesso al cibo".
"È un parallelo secondo me abbastanza calzante, perché è chiaro che è importante oggi per i nostri clienti sottolineare il valore della produzione del made in Italy. E un modo per farlo è quello di riuscire a raggiungere non soltanto i consumatori italiani, ma quelli europei e anche quelli al di fuori del confine europeo, nel modo più sicuro da un punto di vista di food safety e di qualità. Ma anche da un punto di vista economico e conseguentemente sostenibile, Per il 2026 continuiamo a vedere anche delle altre opportunità per la crescita di alcuni clienti molto forti da un punto di vista dell'export che noi supportiamo ad esempio con una soluzione di package sempre a base carta che si chiama Tetra Recart in fortissima crescita negli ultimi anni. È una delle soluzioni di cui andiamo più orgogliosi perché oltre ad essere estremamente innovativa da un punto di vista della del processo del confezionamento del cibo, è una soluzione molto sostenibile di cui l'industria in questo settore aveva assolutamente bisogno e i nostri clienti la stanno utilizzando non soltanto per far fronte a quelli che sono i consumi locali ma soprattutto per quelli che sono i consumi che avvengono al di fuori dei nostri, dei nostri confini. L'Italia, infatti, nei settori ad esempio del pomodoro e dei legumi e dei vegetali, esporta circa l’80% dei prodotti che vengono coltivati e quindi ci sentiamo ancora più partecipi, ancora più parte fondamentale di questa filiera agroalimentare che prima magari ci vedeva limitati soltanto ad alcune categorie e ad oggi si sta espandendo ulteriormente", conclude. (di Fabio Paluccio)

È una mattina di fine maggio a New York e Michael Carturan corre a piedi nudi per le vie di Soho, chiedendo aiuto a un agente della polizia stradale. Carturan, italiano di 28 anni, è stato tenuto prigioniero 17 giorni in una townhouse del valore di 30 milioni di dollari, dopo che due uomini lo hanno prelevato appena atterrato all’aeroporto e hanno cercato di estorcergli le password del suo portafoglio di criptovalute che, in quel periodo, aveva un valore stimato di 100 milioni di dollari. Per avere quelle password lo hanno torturato, drogato e persino sottoposto a scosse elettriche, minacciandolo con una motosega, ha raccontato alla polizia di New York Carturan.
Le storie
La sua storia non è l’unica. Pochi giorni fa un tribunale canadese ha condannato a sette anni di carcere una gang di quattro persone: era riuscita a entrare nell’abitazione di un milionario delle cripto a Vancouver, nella provincia canadese della Columbia Britannica. Per una notte intera hanno torturato l’intera famiglia ottenendo in cambio due milioni di dollari in monete digitali.
E ancora, c’è la storia dell'imprenditore francese David Balland a cui i rapitori hanno mozzato un dito, pubblicando la foto online. Scorrendo il subreddit r/CryptoCurrency ci si accorge che gli attacchi nei confronti degli imprenditori delle criptovalute sono aumentati in tutto il mondo, soprattutto tra l’estate e l’inizio di novembre quando il valore del bitcoin ha superato i 120.000 dollari.
Per questo “i re delle cripto” stanno cercando di evitare i cosiddetti “wrench attacks” (il nome proviene da una vignetta virale in cui una persona viene minacciata con una chiave inglese) con corsi di autodifesa, workshop per imparare tecniche di fuga in caso di rapimento e un numero sempre più alto di offerte di lavoro per guardie del corpo private.
I consigli dell'esperto
“Dal 2021, abbiamo osservato un incremento marcato delle richieste di sicurezza provenienti dal settore delle criptovalute. Queste spaziano dalla protezione di riunioni di team e fiere, fino a servizi completi di protezione ravvicinata (bodyguard) per intere famiglie”, racconta all'AdnKronos Jethro Pijlman, managing director di Infinite Risks International, una società di sicurezza con sede ad Amsterdam attiva in tutto il mondo con un programma specifico per gli imprenditori di bitcoin. Secondo i dati di Glok, un’altra startup di sicurezza, negli ultimi dieci anni ci sarebbero stati oltre 260 attacchi, 60 solo nel 2025. La maggior parte sono rapimenti di persone e avvengono principalmente negli Stati Uniti. Ma il dato più interessante è che aumentano con i rialzi di bitcoin: più valgono, più crescono i rischi per chi li possiede.
“La maggior parte dei rapimenti legati alle criptovalute avviene perché sono state condivise troppe informazioni. Lo ripeto sempre: non pubblicate quello che possedete, e non parlate con sconosciuti dei vostri asset. Vedo continuamente persone che custodiscono grosse somme online, con tanto di foto e nome reale associati”, scrive Emergency-Warthog-56 in un forum di Reddit in cui gli utenti si scambiano consigli per evitare di essere rapiti o subire estorsioni.
Pijlman è ancora più chiaro sulla questione: “I criminali sono spesso molto abili nel raccogliere e analizzare informazioni online. Possono seguire digitalmente un bersaglio per mesi, compilando nel frattempo profili personali estremamente dettagliati. Targhe dei veicoli, luoghi identificabili nelle foto postate sui social, ristoranti abituali, eventi o incontri della comunità: tutto viene analizzato”. I metodi sempre più sofisticati permettono di raccogliere informazioni precise sulle vittime e “mettere in atto attacchi mirati. Possono presentarsi nei luoghi frequentati dalle vittime, seguirle fisicamente, applicare localizzatori Gps alle auto o monitorarle online tramite account falsi sui social”, conclude Pijlman.
Dando un’occhiata ai dati pubblicati da Coinbase Global, la piattaforma di scambio di criptovalute più grande degli Stati Uniti, si nota che i numeri degli attacchi informatici sono stati moltissimi: in tutto 70.000, nei quali gli hacker avevano sottratto dati sensibili tra cui gli indirizzi di residenza. E queste violazioni avvenute tra l’inizio dell’anno e maggio, hanno esposto migliaia di persone al pericolo di aggressioni o ricatti. Per questo motivo negli ultimi anni ogni fiera dedicata alle cripto prevede workshop di autodifesa, spazi dedicati ad aziende di sicurezza che presentano i propri prodotti, e assicurazioni che propongono polizze studiate per il settore.
Per esempio nel corso dell’ultima Plan B conference che si è svolta a ottobre a Lugano, il New York Times ha raccontato il funzionamento di uno di questi workshop. Glok ha organizzato un corso di difesa personale da 1.000 dollari a persona, guidato da due istruttori che in passato hanno lavorato in Iraq durante la seconda guerra del Golfo, Peter Kayll e Kevin Harris. “Harris ha elencato alcuni oggetti comuni che possono essere trasformati in armi: una penna, un portachiavi da cintura, un ombrello. Ha poi mostrato la tecnica corretta per colpire un aggressore con un pugno”, scrive il New York Times, che spiega come i partecipanti provengano da tutto il mondo ma non vogliano essere identificati per nome per paura di ritorsioni e attacchi.
Adam Healy, ex marine e fondatore della società di cybersecurity specializzata in cripto Station 70, ha detto che la richiesta di servizi di bodyguard nel settore è aumentata notevolmente. “Negli ultimi mesi, sono stato contattato da diverse aziende tutte alle prese con lo stesso dilemma: la minaccia fisica non è più solo teorica”, scrive Healy in un post su LinkedIn. Nel frattempo, le assicurazioni contro i rapimenti, che spesso vengono usate da amministratori delegati di grandi aziende, sono sempre più popolari tra i milionari del bitcoin. In un'intervista a Nbc, Becca Rubenfeld, direttore operativo della startup di assicurazioni per cripto AnchorWatch, ha detto che nel corso dell’ultima Las Vegas Bitcoin Conference, lo scorso maggio, si è parlato moltissimo di violenza. “Le persone sono tese. E non lo dico solo perché cerco di vendere assicurazioni”, ha detto.
Il principale problema delle criptovalute è il fatto che a differenza delle banche non esistono sistemi di sicurezza, per esempio l’autorizzazione da parte del proprio istituto di credito nel caso di una transazione cospicua. Di recente la startup Bron Labs ha raccolto 15 milioni di dollari per sviluppare una piattaforma di sicurezza per gli imprenditori delle cripto: permette di offrire ai clienti opzioni di sicurezza per i loro asset, tra cui il recupero password tramite un meccanismo di “guardiani”, un limite massimo di transazioni e un pulsante per cancellare le proprie informazioni in caso di furti e minacce fisiche. Ma questo mette in discussione uno dei principi del settore: quello della custodia personale delle proprie monete. “Senza le chiavi private, non possiedi davvero le tue criptovalute”, scrivono alcuni investitori su Reddit, sottolineando come il principio sia simile a quello di conservare il proprio denaro sotto il materasso.
Negli ultimi mesi la cripto più importante ha subito un notevole calo, a causa dell’instabilità dei mercati, delle tensioni causate dai dazi imposti da Donald Trump e dell’indecisione della Federal Reserve sul taglio al costo del denaro. Il valore di bitcoin, che all’inizio di novembre viaggiava sopra i 120.000 dollari, si sta avvicinando agli 80.000, con una perdita del 23%. Più in generale le monete digitali hanno bruciato 800 miliardi di dollari in valore di mercato in meno di un mese. Intanto, il fondatore di Coinbase, Brian Armstrong, ha cercato di rassicurare gli investitori: “Non ci sono possibilità che bitcoin arrivi a zero”, ha detto qualche giorno fa nel corso di un dibattito all’evento DealBook Summit a New York. Sul palco con Armstrong c’era anche Larry Fink, il Ceo di BlackRock, che nel 2017 aveva definito bitcoin “un indice per il riciclaggio di denaro”. Oggi BlackRock offre diversi prodotti legati alle monete digitali e Fink ha una visione completamente diversa: “Siamo all’inizio della tokenizzazione di tutti gli asset”, ha detto il mese scorso commentando i risultati trimestrali del suo gruppo. (di Angelo Paura)
Solo ipotesi, ma nessun risultato scientifico. Francesco De Stefano, il genetista che nel 2014 ha svolto la perizia che portò a individuare aplotipi Y parziali e non attribuibili sulle unghie di Chiara Poggi, condivide "in gran parte" le conclusioni della collega Denise Albani incaricata di riesaminare quei risultati nell’incidente probatorio che vede indagato Andrea Sempio per l’omicidio in concorso del 13 agosto 2007 a Garlasco.
"Nella nuova perizia, che io sottoscrivo in gran parte, dal punto di vista scientifico non c'è nessun risultato consolidato per cui le ipotesi sono solo ipotesi scientificamente non sostenibili" spiega all'Adnkronos. "E' sbagliato parlare di presenza o assenza di Tizio o Caio, perché si parla di caratteri che ci sono o non ci sono. Ci sono dei caratteri che sono condivisi da più persone, qualcuno - da quello che si legge nella perizia della dottoressa Albani - anche da Stasi, e poi c'è un risultato che sarebbe compatibile con Sempio". In particolare, per un dito della mano destra (tre le unghie su 9 di entrambe le mani che restituiscono dati più interessanti) la genetista Albani parla di "12 su 16, ma specifica che è un Dna parziale e misto, e il dato non si ripete. Inoltre, alcuni di questi risultati sono contaminati" sottolinea De Stefano.
"I giornalisti sono innamorati del titolo 'c'è il dna di Tizio', ma non è così che si ragiona quando si fa genetica forense. Ci sono questi caratteri, vediamo che livello di compatibilità o incompatibilità hanno con le persone su cui si svolge l’indagine. La compatibilità è meno, molto meno, dell’attribuzione, parliamo di verosimiglianze. La presenza o l'assenza di Tizio o Caio la dovrà stabilire un giudice se ne avrà la possibilità, ma credo sia molto difficile". L'esperto evidenzia anche un altro punto: "Rimane sempre la necessità di fondo di capire quando quel Dna si è trasferito e con quali modalità, e la stessa Albani non esclude che si tratti di una traccia genetica trasferita da contatto".
Il genetista De Stefano non indietreggia rispetto a quanto scritto 11 anni fa ed è pronto a difendere la sua perizia. "La mia posizione è stata conservativa e garantista: siccome non è possibile nelle tre repliche avere una conferma dei risultati, io vi dico che non serve a nulla". Conclusioni che avevano portato a non puntare il dito contro Alberto Stasi, il fidanzato della vittima Chiara Poggi[1], allora imputato nel processo d’appello bis e poi condannato a 16 anni di carcere. "Nel mio quesito non c’era la richiesta di fare un’analisi biostatistica, la dottoressa Albani aveva l’indicazione di fare un confronto biostatistico e ha fatto il suo dovere, ma stiamo parlando di ipotesi, non c'è nessuna certezza. Ecco perché quei risultati vanno poi consolidati in un’aula di giustizia".
La perizia Albani restituisce, sulla base dei calcoli statistici, la dicitura "moderatamente forte/forte e moderato"[2] in merito al fatto che su due unghie (una per ciascuna mano della vittima) la traccia genetica possa essere ricondotta alla linea paterna di Andrea Sempio, con tutti le “limitazioni in termini di conoscenze e applicativi attualmente disponibili nella comunità scientifica internazionale per le valutazioni biostatistiche (uno fra tutti l'assenza di un database che contempli la popolazione locale d'interesse)".
Un risultato che per De Stefano va contestualizzato: "Stiamo parlando di una scala che si compone di sei categorie che vanno da debole a estremamente forte e il dato sull'aplotipo Y compatibile con Andrea Sempio si colloca nel mezzo[3]. Non bisogna dimenticare che la statistica dice una cosa e la realtà ne può indicare un’altra, bisogna essere prudenti. Tutti noi genetisti ricordiamo bene la storia del barista inglese arrestato nel 2003 a Liverpool per un omicidio a Livorno: il test del Dna sembrava averlo incastrato, ma l’alibi di ferro lo ha scagionato dimostrando che la statistica fotografa una probabilità e non necessariamente la realtà" conclude Francesco De Stefano.

L’Italia sale sul palco della prima edizione del Bridge Summit, il più importante evento “debut” al mondo dedicato a media, contenuti ed entertainment, in programma dall’8 al 10 dicembre all’Abu Dhabi National Exhibition Centre (Adnec). Tra gli oltre 400 speaker globali ci saranno anche gli italiani Fabrizio Romano, Luca Iandoli e Stephane Timpano, a testimoniare il ruolo del nostro Paese nel ridisegnare il futuro dell’informazione, dell’innovazione e dello sport-entertainment. In tre giorni, Bridge trasformerà Adnec in un vero ecosistema globale della comunicazione: oltre 60.000 partecipanti, più di 400 relatori internazionali, circa 300 espositori e oltre 300 attività tra panel, talk, workshop e sessioni interattive, distribuite su sei aree per oltre 150.000 metri quadrati di superficie espositiva.
Il programma si articola in sette content track – Media, Creator Economy, Musica, Gaming, Tech, Marketing e Picture (storytelling visivo) – che coprono l’intero spettro dell’economia dei contenuti: dalle redazioni alle piattaforme social, dall’AI generativa alla creator economy, dagli eSport alle produzioni audiovisive più innovative. L’obiettivo dichiarato è costruire un ponte tra storie, tecnologie e modelli di business, per definire le traiettorie dei media e dell’intrattenimento nel prossimo decennio. La presenza italiana interpreta perfettamente lo spirito di convergenza del Summit: Fabrizio Romano, tra i giornalisti calcistici più influenti al mondo, porterà a Bridge il modello di uno storytelling sportivo che vive tra breaking news, piattaforme digitali e community globali, con sessioni dedicate a come i media sportivi stanno cambiando linguaggio, tempi e relazioni con i fan.
Luca Iandoli, Dean e Distinguished Chair al Collins College of Professional Studies della St. John’s University, è un punto di riferimento internazionale su imprenditorialità, interazione uomo–IA e design thinking. A Bridge interverrà sul futuro dell’educazione ai media e sull’uso dell’intelligenza artificiale come leva per nuovi modelli di apprendimento e innovazione. Parteciperà anche Stephane Timpano, ceo di Aspire (advanced technology research di Abu Dhabi) e figura chiave nell’Autonomous Racing League. Racconterà come collegare ricerca d’avanguardia, robotica, sport e intrattenimento, trasformando la deep tech in esperienze concrete per il pubblico e in nuove industrie.
Insieme, i tre relatori italiani attraversano tre pilastri del Summit – media, accademia e tecnologia – posizionando l’Italia come interlocutore strategico in un contesto dominato da grandi piattaforme, capitali internazionali e creatori globali. Per l’ecosistema italiano dei media e delle industrie creative, Bridge rappresenta l’occasione di confrontarsi con il luogo dove si sta scrivendo, oggi, la prossima stagione dell’economia dei contenuti: dagli standard per l’AI alle nuove metriche del valore culturale, passando per l’impatto di gaming, musica e creator sulla diplomazia culturale e sull’immaginario collettivo.
Vittima avrebbe sparato colpi pistola in aria per dare l'allarme...
Assessora Laconi: 'stabile entro i limiti di legge'...
Coach Mrsic: 'sarà importante il supporto del nostro pubblico'... 
Perquisizioni sono state eseguite nei confronti di cinque persone indagate per tentata estorsione e manipolazione del mercato a danno del presidente della Lazio Claudio Lotito. I carabinieri del nucleo investigativo di Roma, a quanto apprende l’Adnkronos, hanno sequestrato diversi dispositivi, tra cui tablet, computer e telefoni agli indagati, sia a casa che negli uffici.
A delegare le perquisizioni sono stati i pm della Capitale che hanno avviato l’inchiesta dopo le denunce presentate da Lotito. In particolare ai cinque viene contestato in concorso di aver, con reiterati atti di minaccia tramite social, mail e telefonate anonime al presidente della Lazio, compiuto atti per costringere Lotito a cedere il capitale della società.
Inoltre per l’ipotesi di reato di manipolazione del mercato, ai cinque si contesta di aver, in concorso con terzi non ancora identificati, diffuso attraverso social e tramite una testata online, notizie false relative a un’imminente cessione del pacchetto di controllo da parte di Lotito, dello stato di quasi fallimento della società e anche dell’intenzione, sempre non veritiera, di far retrocedere la Lazio. Notizie diffuse per alterare il valore delle azioni della società quotata in Borsa.
Il materiale sequestrato verrà ora analizzato anche per capire se c’è una ‘regia’. Uno degli indagati avrebbe anche commissionato lo striscione ‘Lotito libera la Lazio’ appeso ad un aereo che la scorsa estate ha sorvolato il centro sportivo di Formello.

A seguito di un deciso miglioramento delle condizioni di salute, Emma Bonino è uscita dalla subintensiva dell’ospedale San Filippo Neri, dove era ricoverata da lunedì, ed è stata trasferita in reparto per completare la fase di ripresa. Lo fanno sapere fonti di +Europa.

E' l'Italia uno dei principali marketplace del wedding tourism ne sa qualcosa Francesca Resciniti, 'regina italiana' del destination wedding. "Dopo la chiusura del Covid - racconta all’Adnkronos/Labitalia - dal 2022 abbiamo assistito a un vero e proprio boom di coppie che hanno deciso di sposarsi in Italia. Questo perché nel 2020 sono state costrette a rinunciare, ma poi sono tornate alla carica molto più felici di prima, anche con budget maggiori. Organizzo matrimoni soprattutto per gli anglofoni, quindi americani, australiani e canadesi che scelgono il nostro Paese per sposarsi con temperature non proprio fredde, anche se quest’anno il 2 gennaio ho organizzato un matrimonio per una coppia di cittadini di Singapore che avevano richiesto un’atmosfera natalizia".
Vista la distanza con i futuri sposi Francesca propone sempre un incontro in videochiamata. "In questo modo - spiega - faccio una serie di domande che mi facciano capire qual è la loro visione di matrimonio organizzato in Italia. E nove volte su dieci loro mi parlano di un po' di stereotipi che hanno visto nei film, oppure nell’immaginario collettivo del loro paese, o addirittura su Google. La regione che funziona di più è la Toscana, anche il lago di Como è sempre in pole position. Ma la Toscana ha diverse offerte: dal castello alla villa storica, all'agriturismo, all'albergo".
"La maggior parte delle 'mie' coppie - continua - organizza un mini weekend, che però non è quasi mai un fine settimana, in cui offrono ai loro ospiti un’esperienza come cooking class, tour guidati o lezioni di yoga. Si inizia con un pizza party, poi si dorme in location, se non tutti, comunque le persone più vicine, il giorno dopo c’è il matrimonio e l’ultimo giorno si fa un pool party e brunch, ad esempio. Il pizza party a volte viene sostituito ad una cena tipica italiana con prodotti locali. Tutto ciò che è gourmet a loro interessa poco, vogliono i nostri piatti tipici e gli invitati comunque godono di questa esperienza che è proprio fatta di condivisione".
E i prezzi? "Senza considerare - sottolinea - viaggio, vestiti e gli eventi considero sempre tra gli 800 e i 1200 euro a persona. Cifre che possono anche essere superiori in base alle scelte. Diverse le tipologie di coppie che si rivolgono a me. Sicuramente appartengono a un’alta classe sociale, tra i 25 e i 32 anni di età, ma anche over 50 che sono al secondo matrimonio, oppure decidono di rinnovare le promesse". "La richiesta più particolare - conclude - è il matrimonio a sorpresa. Mi è capitato il futuro sposo che ha chiesto la mano della fidanzata e certo che lei avrebbe detto sì, per il giorno dopo il matrimonio era tutto organizzato".
E per promuovere l'internazionalizzazione e l'attività di incoming, la Bmii-Borsa del matrimonio in Italia destination wedding in Italy ospita ogni anno a Roma buyer internazionali per scoprire le diverse soluzioni legate al mondo delle nozze made in Italy. "Il Centro Italia - dice all’Adnkronos/Labitalia Ottorino Duratorre, presidente Bmii - è risultato la macro-area più richiesta in Italia, superando il Sud e il Nord. Roma, grazie al suo patrimonio storico e artistico, è una delle prime tre mete italiane più ambite per i matrimoni degli stranieri. Roma, come capitale e meta di richiamo globale, è uno dei motori principali di questo incremento nel Centro Italia".
"Roma è una delle mete elette dagli sposi stranieri per la sua bellezza e la sua comodità: in particolare la presenza di numerosi voli aerei che collegano la capitale italiana alle diverse località di provenienza degli sposi. La posizione centrale della città permette di raggiungere la location prescelta anche da ospiti, parenti e amici, provenienti dalle diverse parti del mondo come spesso accade. E le nozze sono un’occasione di riunione", conclude.

"L'Italia continua a invecchiare rapidamente. Le persone dai 65 anni in su rappresentano il 24,7% della popolazione (14,6 milioni di persone); erano il 18,1% nel 2000 (10,3 milioni) e il 9,3% nel 1960 (4,6 milioni)", e "nel 2045 le persone dai 65 anni in su saranno aumentate di quasi 4,5 milioni e raggiungeranno i 19 milioni (il 34,1% della popolazione)". Lo indica il 59esimo Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2025. "L'aspettativa di vita - si legge nel report - è arrivata a 85,5 anni per le donne e 81,4 per gli uomini: circa 5 mesi in più solo nell'ultimo anno. E i centenari, 594 nel 1960, diventati 4.765 nel 2000, oggi sono 23.548".
"Il desiderio di prolungare l'esistenza sfuggendo alle malattie - rileva il Censis - è la regola che accomuna la nuova generazione di anziani. Una tendenza a vivere come eterni adulti, senza limitazioni legate all'avanzare dell'età. Con la consapevolezza di custodire e trasmettere in eredità risorse, non solo materiali, di cui le giovani generazioni non potranno godere in ugual misura".

"Il valore più grande di Return è ciò che resta: aver creato una comunità ampia, omogenea e collaudata che prima non esisteva". Lo afferma Andrea Prota, presidente della Fondazione Return, nel corso del meeting finale del progetto, finanziato dal PNRR nell’ambito del programma NextGenerationEU, e in corso a Napoli. Tre giorni dedicati alla scienza del multi-rischio per comunità e territori resilienti in un clima che cambia, che hanno riunito ricercatori, istituzioni e imprese attorno ai risultati maturati in tre anni di lavoro. Per Prota, l’elemento centrale del progetto è la contaminazione tra discipline: “Abbiamo messo insieme chi studia i rischi naturali, ambientali e antropici e chi lavora nelle scienze sociali, economiche e umane. Questo approccio integrato è fondamentale per arrivare ai cittadini: capire come percepiscono i rischi, coinvolgerli nella coprogettazione e nelle azioni di mitigazione e adattamento climatico necessarie per ridurre impatti e rischi legati a fenomeni che cambiano rapidamente”.
Il presidente sottolinea i risultati concreti: “Li distinguerei in due categorie: metodologie e tecnologie per supportare le decisioni di chi tutela i cittadini, e strumenti per valutare la situazione dei rischi e l’efficacia delle azioni messe in campo”. Tra questi, Return Ville, la città virtuale sviluppata dal progetto: “Abbiamo creato Return Land, un simulatore per mostrare scenari e interventi. Con il Dipartimento della Protezione Civile, nostro partner fin dall’inizio, porteremo questi strumenti a Regioni, Comuni, enti locali e imprese”.
Prota evidenzia anche l’approccio multirischio come elemento distintivo: “Solo così possiamo avvicinarci alla complessità reale dei problemi”. E cita la Return Academy: “In aula hanno lavorato ingegneri, architetti, giuristi e filosofi, che hanno appreso direttamente dai ricercatori cosa emergeva dal progetto. Porteranno queste competenze nel loro lavoro quotidiano, pubblico o privato”.
Ampio spazio è dedicato ai giovani: “Abbiamo superato i target previsti per RTDA, dottorati e assegni di ricerca, con una partecipazione femminile spontanea superiore al 40%. Il nostro obiettivo è dare continuità a queste professionalità, evitando che restino nel precariato”. Infine, il presidente sottolinea il rapporto con l’Anci: “All’inizio dell’anno nuovo ospiteremo un incontro a Napoli con i sindaci per chiudere il cerchio e penso che potremo anche sottoscrivere un accordo affinché i Comuni possano beneficiare pienamente dei risultati di Return".

Dicembre è il mese in cui la linea degli italiani rischia di allargarsi per gli eccessi a tavola del Natale e del Capodanno. Per questo, bisogna prepararsi in maniera adeguata con una strategia accorta, come spiega all'Adnkronos Salute l'immunologo clinico Mauro Minelli, docente di Nutrizione umana alla Lum.
"Le feste natalizie si avvicinano, portando con sé un ricco e irresistibile corollario di tradizioni culinarie: dal classico panettone o pandoro ai dolci regionali come cartellate, struffoli, torrone e mostaccioli ricoperti di cioccolato. Sappiamo bene che queste prelibatezze, che siano fedeli alle ricette della nonna o rivisitate in chiave gourmet, condividono un elemento comune: sono spesso ricche di zuccheri e grassi, uscendo dai binari della nostra amata dieta mediterranea", dice Minelli.
"Ma non è necessario affrontare il Natale con il terrore delle calorie: il segreto per godersele senza sensi di colpa e senza compromettere il proprio benessere risiede nella preparazione. Adottare una strategia alimentare 'pre-Natale' consapevole e prudente è il primo, fondamentale passo per creare una base solida che ci permetta di affrontare i banchetti con misura e buongusto", aggiunge.
"L'attenzione alle porzioni, spesso ricercata nella cucina gourmet che, impiattando in modo minimale ma curato, riduce l'apporto calorico, ci insegna una lezione importante: la misura è l'elemento di discrimine più saggio. Come affermava Guy de Maupassant, 'si è gourmet come si è artista o poeta', distinguendo - chiarisce Minelli - il vero gourmet (buongustaio consapevole) dal goloso (il crapulone). Il gourmet sa scegliere il cibo, non solo per la sua qualità, ma anche per la quantità sufficiente a saziarlo senza eccessi. Un'alimentazione consapevole in vista delle feste è, dunque, il primo importante passo per la tutela della salute, del benessere e, non ultimo, del buongusto". Sono proprio questi giorni che precedono le feste "il momento ideale per depurare l'organismo, aumentarne la resilienza metabolica e prepararsi a gustare, con consapevolezza e misura, tutte le meraviglie che la tavola natalizia ha da offrire", suggerisce l'immunologo.
Ecco dunque 5 consigli del medico nutrizionista per una dieta pre-Natale "che punta a sfruttare i giorni precedenti per 'fare spazio' con intelligenza e salute":
1. Focus su fibre e integrali. "Nei pasti che precedono il Natale, dare la precedenza a cereali integrali (farina di frumento integrale e non raffinata), frutta e verdura, legumi e frutta secca. Questi alimenti sono ricchi di fibre, che aiutano ad aumentare il senso di sazietà, modulano l'assorbimento di zuccheri e grassi e favoriscono il benessere intestinale, preparando l'organismo a gestire i pasti più pesanti";
2.) Idratazione con acqua e infusi drenanti. "Aumentare l'apporto idrico. Bere molta acqua, tisane e infusi senza zucchero. Una buona idratazione supporta la funzione renale ed epatica, essenziale per lo smaltimento delle tossine, e aiuta a contrastare la ritenzione idrica, spesso aggravata dall'eccesso di sale e zuccheri tipici del periodo festivo";
3. Dare la caccia agli zuccheri nascosti. "Fare attenzione ad eliminare gli zuccheri semplici inutili dalla dieta quotidiana pre-feste. Evitare bevande zuccherate, succhi di frutta confezionati e prodotti che contengono sciroppi di glucosio o fruttosio, che aumentano notevolmente l'indice glicemico. Tenere ben presente la regola dell'etichetta: lo zucchero (o il burro) non deve essere posizionato in cima alla lista degli ingredienti";
4. Non saltare i pasti (specie la colazione). "Non cadere nell'errore di saltare i pasti in previsione del grande pranzo. Questa pratica rallenta il metabolismo e fa arrivare al pasto successivo con una fame 'predatoria', rendendo molto più difficile il controllo delle porzioni. Sarà bene fare sempre una colazione bilanciata, ricca di proteine e fibre, per stabilizzare la glicemia e mantenere alta la sazietà";
5. L'importanza dell'attività fisica. "Implementare l'attività fisica, non solo per bruciare calorie, ma anche per migliorare l'umore e il metabolismo. Che sia una camminata veloce, un po' di stretching o un allenamento più intenso, muoversi aiuta a preparare il corpo allo stress digestivo e calorico delle feste. Un metabolismo attivo è un alleato fondamentale".

Il cordoma del sacro è un raro tumore osseo caratterizzato da una crescita lenta. Questa sua natura 'silenziosa' fa sì che spesso venga diagnosticato solo quando raggiunge dimensioni considerevoli, manifestando i primi sintomi. Ogni anno in Italia si contano circa 60 nuove diagnosi di cordoma a partenza dalla regione sacro-coccigea. Per questa patologia uno studio internazionale promosso dall'Italia, descritto come il primo al mondo nel suo genere, ha confrontato l'approccio chirurgico standard con l'adroterapia (ioni carbonio o protoni), una forma avanzata di radioterapia ad alta precisione. I risultati evidenziano un'efficacia paragonabile tra le due procedure: a 3 anni dal trattamento, entrambi gli approcci hanno mostrato una sopravvivenza globale del 90% e un controllo locale della malattia del 70%. Tuttavia, emerge un vantaggio decisivo per l'adroterapia in termini di qualità della vita. A differenza dell’intervento chirurgico, che può compromettere gravemente le funzioni vescicali, intestinali, motorie e sessuali, il trattamento con ioni carbonio consente di preservarle, risparmiando al paziente effetti collaterali severi.
Questi dati emergono dallo studio multiocentrico internazionale Sacro (SAcral Chordoma: a Randomized & Observational study on surgery versus definitive radiation therapy in primary localized disease), promosso dall'Italian Sarcoma Group e coordinato dalla Fondazione Irccs Istituto nazionale dei tumori (Int) di Milano. Il Cnao (Centro nazionale di adroterapia oncologica) di Pavia ha svolto un ruolo chiave, partecipando come centro di riferimento per l'arruolamento e il trattamento esclusivo con ioni carbonio.
"Sebbene l'adroterapia con ioni carbonio sia utilizzata fin dagli anni '90 in Giappone per questa patologia, in letteratura scientifica mancava un confronto rigoroso con l'opzione chirurgica - spiega Maria Rosaria Fiore, medico radioterapista del Cnao e principal investigator dello studio per la parte relativa all'adroterapia - Lo studio Sacro nasce proprio per colmare questa lacuna. I dati preliminari, basati su un follow-up mediano di 3 anni su 153 dei 170 pazienti arruolati, indicano risultati sovrapponibili tra chirurgia e adroterapia in termini di sopravvivenza globale e controllo locale di malattia. Il vantaggio dell'adroterapia, tuttavia, è evidente sul piano della qualità della vita, poiché il paziente evita un intervento chirurgico complesso e potenzialmente associato a sequele invalidanti. Si tratta di uno studio di grande valore e complessità, sia per la difficoltà di arruolamento legata alla rarità della patologia, sia per la portata dei risultati. Il suo impatto scientifico è stato riconosciuto a livello internazionale con il premio per il miglior abstract al Ptcog di Buenos Aires, il più importante congresso mondiale sulla terapia con particelle".
"Il Cnao è l'unico centro italiano e uno degli 8 nel mondo in grado di effettuare l'adroterapia sia con protoni che con ioni carbonio - afferma Gianluca Vago, presidente Cnao e direttore del Dipartimento di Oncologia ed Emato-oncologia dell'università degli Studi di Milano - A partire dal 2013, al Cnao sono stati trattati con adroterapia con ioni carbonio oltre 200 pazienti colpiti da cordoma del sacro. Con i fasci di ioni carbonio è possibile colpire il tumore con una potenza 3 volte superiore ai raggi X e con grande precisione, poiché queste particelle rilasciano la loro energia solo in prossimità delle cellule malate, riducendo l'impatto e gli effetti collaterali sui tessuti sani. Lo studio Sacro evidenzia la capacità di Cnao di costruire ponti della ricerca a livello internazionale e il nostro impegno nel tracciare nuove strade anche per la cura di tumori molto rari. Sono stati coinvolti 34 centri di cura di diversi Paesi, come Francia, Spagna, Austria, Germania, Norvegia, Inghilterra, Svizzera e Giappone".
"L'osso sacro è la base della colonna vertebrale e contiene le ultime radici nervose, responsabili del movimento delle gambe, del controllo degli sfinteri dell'intestino e della vescica, e della funzione sessuale - sottolinea Alessandro Gronchi, coordinatore internazionale dello studio Sacro, direttore della Chirurgia dei sarcomi e del Dipartimento di Chirurgia della Fondazione Irccs Int di Milano - Se il tumore è limitato ad alcune parti del sacro, è possibile preservare queste strutture nervose. Quando la malattia è estesa, la rimozione chirurgica con ampi margini di resezione è fondamentale per ottenere il controllo della malattia a lungo termine, ma può implicare la compromissione dell'attività motoria, sfinteriale e sessuale del paziente, con un impatto negativo sulla qualità della vita del paziente. Da qui l'importanza dello studio Sacro, che per la prima volta ha dimostrato la pari efficacia dell'adroterapia con ioni carbonio. Per molti pazienti è quindi possibile evitare l'intervento chirurgico, evitando così le inevitabili sequele sopra descritte".
I cordomi rappresentano il 5% di tutti i sarcomi ossei, mentre oltre il 50% dei casi di cordoma interessa la localizzazione sacrale. "Il cordoma del sacro è un tumore maligno a crescita lenta, ma molto insidioso - rimarca Silvia Stacchiotti, presidente dell'Italian Sarcoma Group e oncologa dell'Oncologia medica 2 tumori mesenchimali dell'adulto e tumori rari all'Int di Milano - Il sintomo iniziale è il dolore, tipicamente in posizione seduta. Ma i segni sono molto sfumati, simili a lombalgia, sacralgia o sciatalgia, e possono essere confusi con quelli tipici di patologie benigne della colonna vertebrale. Successivamente la crescita tumorale può sfociare nella comparsa di una tumefazione nella regione sacrale, associata a disturbi neurologici della sfera sessuale, della funzione vescicale o rettale per il coinvolgimento di strutture nervose. La prima strategia terapeutica, chirurgica o radioterapica, è decisiva, perché un approccio non corretto può causare disabilità gravi. Da qui l'importanza dei risultati dello studio Sacro".

Cinque droni non identificati hanno sorvolato la base strategica dell'Ile Longue a Brest, in Bretagna, dove sono dispiegati i sottomarini della flotta di deterrenza nucleare francesi. Lo rende noto Rtl.
Il battaglione di fucilieri della marina, a cui è affidata la protezione della base, ha attivato sistemi antidrone.
L'episodio risale alla serata di giovedì ma già nella notte fra il 17 e il 18 era stato denunciato il sorvolo di un drone su Crozon, vicino alla base. La prefettura ha precisato che è prematuro correlare l'episodio a una azione di Mosca.
Leader Cisl, 'no a provvedimenti tampone ma strategia chiara'... 
I sorteggi di un Mondiale tornano negli Stati Uniti 31 anni dopo l'ultima volta. Oggi, venerdì 5 dicembre, si scopriranno i gironi che animeranno la rassegna iridata in programma la prossima estate in Usa, Messico e Canada. L'Italia dovrà aspettare di passare i playoff del prossimo marzo per sperare di raggiungere il proprio gruppo, e al suo posto, intanto, ci sarà una X.
Ma i sorteggi statunitensi riportano alla mente ricordi e momenti diventati iconici nella storia dei Mondiali di calcio. Nel 1994, l'ex presidente della Fifa, allore segretario, Sepp Blatter decise di invitare sul palco insieme a lui Robin Williams. L'attore, scomparso nel 2014, si presentò in ottima forma cominciando a prendere in giro Blatter sul palco, provocando le risale del pubblico presente al Caesar Palace di Las Vegas.
"Signor Bladder, è un piacere conoscerla dopo averlo provato per così tanti anni. È bello averlo", ha detto Williams, giocando sul fatto che 'Bladder', in inglese, vuol dire 'vescica'. Una gag che si è ripetuta più volte nel corso della serata, dove Williams ha anche paragonato i gironi al bingo e altri giochi d'azzardo, specialità della casa a Las Vegas.
Proprio al momento dei saluti Blatter si è rivolta a lui con un: "Siamo alla fine del sorteggio, ma siamo molto felici di averti avuto con noi, Robin, o devo dire 'Miss Doubtfire'", facendo riferimento al ruolo interpretato dall'attore nell'iconico film. La risposta, però, non è cambiata: "Oh, grazie mister Bladder".
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