
L’esecuzione di procedure mini-invasive comporta un’importante abbassamento dei costi grazie alla riduzione della degenza dei pazienti in ospedale, minori morbilità e mortalità. Così l’avanguardia della radiologia interventistica ha ricadute importanti non solo sul benessere dei pazienti – con operazioni meno impattanti, recupero molto più rapido e minori rischi di complicanze– ma anche sulle casse del Servizio sanitario nazionale. È la realtà messa in luce in occasione del 42° Convegno nazionale della sezione di studio di Radiologia interventistica di Sirm-Società italiana di radiologia medica e interventistica. L’evento – che si svolge a Torino da oggi fino al 22 novembre – riunisce fino a 800 tra clinici, docenti e operatori del settore per parlare di innovazione tecnologica e dell’importante collaborazione con le altre specialità cliniche, ma anche della necessità di ambulatori dedicati e rimborsi regionali.
"Le innovative tecnologie radiologiche - spiega Paolo Fonio, presidente del Convegno – ci permettono di operare i pazienti con interventi mininvasivi che preservano i tessuti, causano minori complicanze intra e post-operatorie e permettono di rientrare alla vita quotidiana presto, riducendo in modo importante i giorni di degenza ospedaliera previsti in caso di altre terapie più invasive. Si confrontano clinici di diverse specialità - aggiunge - a testimonianza del valore di queste terapie nella gestione integrata dei nostri pazienti: oncologi, chirurghi di diverse discipline ma anche anestesisti, che si stanno formando in tecniche di sedazione differenti rispetto a quelle utilizzate nella chirurgia tradizionale. Grande attenzione - precisa - anche gli aspetti organizzativi della nostra professione: la gestione dei materiali e la necessità di creare ambulatori specificatamente dedicati alla radiologia interventistica. È un tema che ci sta molto a cuore e che vorremmo portare all’attenzione delle Istituzioni: eseguiamo migliaia di procedure l’anno, eppure fatichiamo ancora a ottenere il giusto riconoscimento e la corretta visibilità, che ci permetterebbero di accedere a una maggiore operatività".
La radiologia interventistica "nasce negli anni Sessanta - sottolinea Nicoletta Gandolfo, presidente Sirm – come naturale evoluzione della radiologia diagnostica nel momento in cui i radiologi iniziavano a capire che, grazie alle immagini, non era possibile solo vedere l’interno del corpo, ma anche agire al suo interno in modo mirato e poco invasivo: entrare in un vaso sanguigno con un semplice ago e far avanzare fili e cateteri in modo sicuro, non solo per studiarlo, ma anche per curarlo, dilatandone i tratti ristretti senza ricorrere alla chirurgia aperta".
Nel corso "dei decenni successivi si sono affermate, e moltiplicate le procedure vascolari: angioplastiche, stent, embolizzazioni. La tecnologia migliora, gli apparecchi di radiologia sono diventati più precisi, le sale angiografiche più avanzate - osserva Gandolfo - e la figura del radiologo interventista ha progressivamente acquistato una identità ben precisa. Oggi la radiologia interventistica rappresenta in moltissimi casi un’opzione terapeutica efficace e vantaggiosa, alternativa o preparatoria alla chirurgia non solo in ambito vascolare, ma anche in molte altre condizioni patologiche extra vascolari e oncologiche e nel trattamento delle emergenze. La Sirm promuove la formazione dei nuovi medici radiologi sia nel campo della diagnosi che della cura, con particolare attenzione alla sua branca interventistica, poiché si tratta di un settore promettente e molto dinamico, in grado di portare grandi vantaggi al sistema".
"Oggi i pazienti sono molto più propensi ad accettare il trattamento con radiologia interventistica - evidenzia Luca Brunese, presidente Eletto Sirm - Questo perché la minore invasività e la riduzione dei rischi operatori e dei tempi di degenza rendono molto più accettabile questa opzione terapeutica, riducendo, in molti casi, anche i tempi di attesa dell’intervento". Spesso "il ricorso alle tecniche di radiologia interventistica non rappresenta più solo un’alternativa terapeutica, ma l’opzione migliore, come nel trattamento delle ostruzioni delle arterie degli arti inferiori: il problema viene risolto efficacemente in via endovascolare, mentre anni fa era necessaria un’operazione molto impattante, che poteva richiedere anche 10 giorni di ricovero ospedaliero. Queste tecniche si stanno espandendo anche in altri distretti storicamente appannaggio della chirurgia tradizionale, come nel trattamento dell’aneurisma addominale o in oncologia".
"I nostri interventi prevedono l’utilizzo di mezzi di diagnostica per immagini, come tac, ecografia, risonanza magnetica, angiografia e la tomografia computerizzata cone beam (Cbtc) – conclude Giampaolo Carrafiello, direttore di Radiologia del Policlinico di Milano e professore dell’Università di Milano – Con l’ottimizzazione di queste tecnologie possiamo garantire al paziente una precisione e un’accuratezza un tempo insperate: questo comporta una maggiore sostenibilità per il sistema e per il paziente stesso, che può rientrare prima alle attività quotidiane e professionali. Gli interventi che effettuiamo sono validati per offrire un’ulteriore opzione di trattamento delle patologie, in collaborazione con gli specialisti di chirurgia tradizionale da cui veniamo guidati nella definizione della procedura più adatta per il paziente, e di cui non potremmo fare a meno".

Scienziati ed esperti di nucleare iraniani hanno effettuato una visita segreta in Russia lo scorso anno, in quella che si sospetta fosse un'iniziativa per ottenere tecnologie sensibili 'dual use' ovvero con possibili applicazioni anche in ambito di armi nucleari. Lo ha rivelato il Financial Times, sottolineando come la missione rientrasse in una serie di scambi tra istituti di ricerca militari russi e l'Organizzazione per l'innovazione e la ricerca difensiva iraniana (Spnd), un'unità collegata all'esercito e accusata da Washington di guidare le presunte attività di ricerca della Repubblica islamica in ambito di armi nucleari.
Secondo documenti ottenuti dal quotidiano britannico, gli incontri rappresentano la prima evidenza dell'apparente volontà di Mosca di confrontarsi con Teheran su conoscenze potenzialmente rilevanti per la costruzioni di bombe nucleari.
La reale portata della cooperazione resta incerta. Ma Jim Lamson, ricercatore del James Martin Center per gli studi sulla non-proliferazione ed ex analista della Cia, è convinto che gli elementi raccolti indichino che scienziati collegati alla difesa iraniana avrebbero cercato "tecnologia laser e competenze che potrebbero aiutarli a convalidare un progetto di arma nucleare senza condurre un test esplosivo".
Documenti e registri di viaggio visionati dal Ft mostrano che DamavandTec, una società di copertura dell'Spnd, ha organizzato tra il 7 e l'11 novembre scorso una visita a San Pietroburgo di un gruppo di iraniani specialisti in tecnologie laser che hanno viaggiato con passaporti diplomatici creati ad hoc e numerati consecutivamente dal ministero degli Esteri di Teheran. Gli scienziati hanno incontrato i loro colleghi della Laser Systems, azienda russa sotto sanzioni Usa che lavora a tecnologie sia per uso civile che militare.
Alcuni documenti hanno indicato come gli iraniani fossero in realtà fisici e ingegneri provenienti da università e centri legati all'apparato difensivo iraniano, tra cui l'Università Shahid Beheshti, l'Università islamica Azad, l'Università di Kashan e l'Universà di Tecnologia Malek Ashtar, controllata dal ministero della Difesa e da anni sotto sanzioni Usa e Ue.
Sul proprio sito, Laser Systems dichiara di avere l'autorizzazione dell'Fsb a trattare materiali classificati come segreti di Stato e permessi per lo sviluppo di armamenti sotto la supervisione del ministero della Difesa. DamavandTec, secondo il Dipartimento di Stato, agisce da intermediario per reperire all'estero componenti e tecnologie destinate al sistema di ricerca militare iraniano. Il Ft aveva già rivelato che la società aveva tentato di ottenere piccole quantità di isotopi radioattivi, tra cui il trizio, fortemente regolamentato perché utilizzabile per potenziare la resa delle testate nucleari.

“Negli ultimi anni si è parlato molto di pensioni ma si sia fatto purtroppo molto poco, soprattutto per i lavoratori con redditi medio-bassi. Il sistema contributivo ha preso il posto di quello retributivo, ma non abbiamo visto l’introduzione di una vera flessibilità. Anzi, la flessibilità concessa è stata rigida e riservata a categorie spesso più abbienti”. E' quanto ha detto Paolo Ricotti, presidente nazionale del Patronato Acli intervenuto al seminario “Previdenza Next Gen” a Roma.
Da qui il richiamo di Ricotti alla necessità di un “pacchetto flessibilità”, che permetta alle persone di scegliere quando andare in pensione: “Serve consentire l’uscita tra i 63 e i 65 anni con almeno 20 anni di contributi, come in un’evoluzione della riforma Dini. Ovviamente con delle decurtazioni, ma con la possibilità per ciascuno di decidere se privilegiare più tempo libero o più reddito. Questa è la vera flessibilità, possibile nel sistema contributivo ma oggi di fatto inesistente”.
Ricotti ha sottolineato come le misure sperimentali degli ultimi anni abbiano avuto un impatto minimo: “Quota 103, nel 2024, è stata utilizzata da appena 1.100 persone in Italia. Segno evidente che non si trattava di un’opzione realmente accessibile”, ha detto. Il presidente del Patronato Acli ha messo poi in guardia sulle conseguenze della scomparsa della pensione minima nel contributivo. “Quando le carriere lavorative si interrompono per lutto, malattia o infortunio, oggi vengono liquidate pensioni da 100 o 200 euro al mese: importi insostenibili. Senza una pensione minima di garanzia –ha aggiunto– non rispettiamo l’articolo 38 della Costituzione, che impone allo Stato di assicurare mezzi adeguati anche in caso di eventi avversi. Dobbiamo ripristinare un livello minimo che garantisca alle persone una vita dignitosa”.

“È emersa un’analisi molto importante sui punti di deficit del nostro sistema pensionistico contributivo, in particolare sulle carenze di solidarietà intra e intergenerazionale e sulle fragilità che questo modello lascia scoperte” E' quanto ha dichiarato Stefano Giubboni, ordinario di Diritto del Lavoro dell'università di Perugia, in occasione del seminario “Previdenza Next Gen” a Roma.
Giubboni ha sottolineato come tra le proposte più condivise spicchi quella di una pensione contributiva di garanzia, un intervento discusso da anni ma mai realizzato per mancanza di volontà politica. “Si tratta – ha spiegato – di una correzione decisiva che permetterebbe di mantenere l’impianto contributivo, compensando però le sue scoperture: carriere discontinue, lavoro povero, maggiore esposizione delle donne all’inequità del sistema. Non esistono soluzioni ottimali che agiscano solo sul sistema pensionistico. Serve un accompagnamento con interventi mirati sul mercato del lavoro e con una maggiore attenzione ai giovani e alle donne.”
Secondo Giubboni, l’elemento innovativo emerso dal seminario è la volontà di “raccordare queste riflessioni in proposte concrete”, una direzione che – ha concluso – “il Patronato Acli sembra intenzionato a portare avanti con determinazione.”

"Sono molteplici le ragioni che ci hanno spinto a portare il docufilm sul Parkinson nelle sale cinematografiche. La principale è la conoscenza: noi abbiamo bisogno di una conoscenza maggiore e più approfondita del tema Parkinson. L'idea di personificare la malattia è un'idea che ci viene dal pubblico". Così Giangi Milesi, presidente della Confederazione Parkinson Italia, commenta l'arrivo in oltre 320 cinema italiani di una versione speciale del documentario 'Dialoghi con Mr. Parkinson', il 29 e 30 novembre, per la Giornata nazionale dedicata alla malattia.
"E' frequentissimo - continua Milesi - che le persone con Parkinson personifichino la malattia, cioè dialoghino con la malattia: la 'mandino a quel paese', usino parolacce o usino nomignoli. L'atteggiamento migliore, per noi, è quello di far seguire alla rabbia dei comportamenti più maturi, più capaci di gestire le situazioni". Facendo sue le parole che il giornalista Vincenzo Mollica riserva nel docufilm alla patologia, il presidente della Confederazione Parkinson Italia ricorda che "la rabbia va governata".

"Non è corretto definire il Parkinson come malattia del tremore perché addirittura le sindrome parkinsoniane, tra cui la malattia di Parkinson, si caratterizzano per la presenza di 2 sintomi importanti: la bradicinesia/ipocinesia, che è caratterizzata da una riduzione della velocità e dell'ampiezza del movimento quando questo è ripetitivo, e il tremore, che è presente, ma non sempre". Infatti "un tremore a riposo può anche essere isolato e, da solo, non fa malattia di Parkinson. Il tremore può essere presente, ma non è rappresentativo della malattia". Così Michele Tinazzi, professore ordinario di Neurologia dell'università di Verona, direttore Uoc Neurologia B dell'azienda ospedaliera-universitaria integrata di Verona e presidente della Fondazione Limpe per il Parkinson Ets, in occasione dell'arrivo in oltre 320 cinema italiani - il 29 e 30 novembre, per la Giornata nazionale dedicata alla malattia - di una versione speciale del documentario 'Dialoghi con Mr. Parkinson'.
"La fortuna di adesso", come tempo storico, "è di avere a disposizione molti farmaci, sia per gestire le fasi iniziali, intermedie e avanzate di malattia - spiega Tinazzi - Si passa dalla terapia farmacologica, nella fase iniziale e intermedia, alle terapie infusive nella fase avanzata e di stimolazione cerebrale profonda, quindi chirurgica. Ma in tutte queste fasi il Parkinson, che è un disturbo del movimento, si cura anche con il movimento", precisa lo specialista. "L'esercizio fisico, che è un'attività fisica programmata, regolare, poi può essere associata anche a un'attività sportiva o ludico-sportiva. Molti lavori scientifici hanno documentato che la danza, per esempio, facilita il movimento, migliora la sintomatologia motoria, ma anche migliora quelli che sono alcuni aspetti non motori come il sonno e l'umore".

"I dati di una recente indagine condotta su pazienti con Parkinson nella popolazione italiana sottolineano come addirittura 8 pazienti su 10, prima della diagnosi, sapessero poco o nulla della malattia e addirittura 6 su 10 non erano coscienti e consapevoli della varietà dei sintomi che oltre al tremore fossero determinati dalla patologia. La malattia di Parkinson ha un impatto importante sulla vita del paziente, limitando quelle che sono le più semplici attività quotidiane che il paziente svolge, come ad esempio vestirsi o addirittura dormire. Purtroppo, nonostante i numeri dei nuovi pazienti diagnosticati siano molto alti e quindi in aumento rispetto agli anni passati, c'è ancora necessità di parlare della malattia di Parkinson e dell'impatto del peso che questa malattia ha sulla qualità di vita dei pazienti". Lo ha detto Rossella Balsamo, Medical Affairs & Regulatory Zambon Italia e Svizzera, in occasione della Giornata nazionale dedicata alla malattia.
E infatti "proprio in occasione della Giornata nazionale del Parkinson - evidenzia Balsamo - ci sarà la presentazione di una versione speciale del docufilm 'Dialoghi con Mr. Parkinson' in oltre 320 sale cinematografiche italiane, con l'obiettivo di sensibilizzare ancora una volta la popolazione generale sull'impatto che questa malattia ha non solo sulla vita dei pazienti, ma anche sui familiari e su tutte quelle persone che sono attorno al paziente. Di questa iniziativa", realizzata con il supporto non condizionante di Zambon, "siamo particolarmente soddisfatti perché è in linea con quella che è la visione aziendale, ossia lavorare per migliorare la qualità di vita dei pazienti con malattie neurodegenerative come la malattia di Parkinson".

In occasione della Giornata nazionale, Mister Parkinson va al cinema: sabato 29 e domenica 30 novembre sarà proiettata in oltre 320 sale in tutta Italia una versione speciale di 'Dialoghi con Mr. Parkinson', il documentario che racconta le emozioni e gli ostacoli delle persone che convivono con la patologia, promosso dalla Confederazione Parkinson Italia con il patrocinio della Fondazione Limpe per il Parkinson Ets e il supporto non condizionante di Zambon. Come indica un'indagine realizzata sui pazienti - riporta la farmaceutica in una nota - gli ostacoli quotidiani del Parkinson riguardano il non riuscire a vestirsi (56%), a organizzare la giornata (56%), a coltivare una passione (40%), a fare un viaggio (40%), semplicemente a dormire (37%). La malattia neurodegenerativa a più rapida crescita costringe oltre 300mila italiani a ripensare ogni giorno anche i gesti più semplici. Eppure, il Parkinson è ancora sottovalutato e poco conosciuto: per 8 pazienti su 10 gli altri non conoscono appieno la malattia e per 6 su 10 perfino gli amici ne sottovalutano l'impatto.
In 'Dialoghi con Mr. Parkinson' 3 pazienti, un clinico e una caregiver conversano per la prima volta con la personificazione del Parkinson e ne svelano la complessità, sfatando il luogo comune che lo riduce a 'malattia del tremore'. "Fare una corretta informazione sul Parkinson è fondamentale per aiutare i pazienti e le loro famiglie a richiedere il giusto supporto e a sentirsi meno soli", spiega Giangi Milesi, presidente della Confederazione Parkinson Italia e tra i pazienti protagonisti del documentario. "Il documentario va proprio in questa direzione, perché mostra la reale complessità di questa malattia attraverso il racconto di alcune delle tante storie di carattere di chi ogni giorno affronta la vita con Mister Parkinson".
I dati rilevano nuovi indizi sull'identità di Mister Parkinson. Il tremore - solitamente considerato il sintomo principale della malattia - non è la manifestazione più frequente, con 1 paziente su 2 che non trema mai o lo fa solo raramente, e non è nemmeno il più insopportabile (58%) e imbarazzante (50%). Prevalgono invece altri sintomi, motori e non motori, come la lentezza nei movimenti (72%) la rigidità muscolare (62%), ma anche i disturbi del sonno (54%), i problemi alla voce (50%) e le ripercussioni sull'umore (44%).
"Il Parkinson è una malattia altamente invalidante. Accanto alle più note manifestazioni motorie, se ne accompagnano altre non motorie - sottolinea Michele Tinazzi, professore ordinario di Neurologia all'università di Verona, direttore Uoc Neurologia B dell'azienda ospedaliera-universitaria integrata di Verona e presidente di Fondazione Limpe per il Parkinson - Il paziente si ritrova quindi spiazzato dal dover convivere con tanti sintomi, anche molto diversi tra di loro. A questa molteplicità della malattia deve corrispondere una gestione multidisciplinare che unisca diversi ambiti di cura. E' ormai assodato come il trattamento farmacologico debba essere integrato anche da un corretto stile di vita, calibrato sulle caratteristiche del singolo paziente: un regolare esercizio fisico, una buona qualità del sonno e un'alimentazione equilibrata possano infatti aiutare le persone a convivere meglio con il Parkinson".
In più di 1 caso su 2 la patologia ha un impatto pesante sulla quotidianità, ma nonostante i numeri in aumento il Parkinson è spesso sottovalutato. "L'informazione sul Parkinson rimane ancora insufficiente - evidenzia Rossella Balsamo, Medical Affairs & Regulatory Zambon Italia e Svizzera - Prima della diagnosi, infatti, quasi 8 pazienti su 10 dichiarano di sapere poco o nulla della malattia e oltre 6 su 10 si dicono sorpresi dalla varietà dei sintomi e dal loro impatto sulla vita quotidiana. E' quindi fondamentale continuare a parlare di Parkinson per far conoscere la sua complessità e contrastare luoghi comuni e disinformazione. Con il documentario 'Dialoghi con Mr. Parkinson', che dopo la Tv arriva anche nelle sale cinematografiche, vogliamo dare continuità a questo impegno di sensibilizzazione. Come impresa siamo orgogliosi di essere ancora una volta al fianco della Confederazione Parkinson Italia e della Fondazione Limpe in questa iniziativa condivisa di informazione e consapevolezza".
Nel documentario Mister Parkinson dialoga con Roberto, Valentina, Giangi e Rossana e scopre come hanno reagito alla malattia, raggiungendo nuovi traguardi e trovando risorse interiori inaspettate. Tra i contributi del documentario anche quello di Paolo Calabresi professore del Policlinico Gemelli di Roma, e del giornalista Vincenzo Mollica, che ha dedicato una lettera speciale a Mister Parkinson.

Influenza 2025-2026 in anticipo e con il rischio di un impatto pesante sul servizio sanitario. E' l'allarme che arriva dall'Ecdc, il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.
"I casi di influenza rilevati stanno aumentando insolitamente presto nei Paesi dell'Unione europea/Spazio economico europeo (Ue/See), con un anticipo di 3 o 4 settimane rispetto alle 2 stagioni più recenti, è l'alert. Secondo una valutazione del rischio, l'Ecdc spiega come "un ceppo influenzale di recente comparsa dell'influenza A/H3N2, il sottoclade K, che sta guidando la circolazione". L'appello dell'agenzia è a "vaccinarsi senza indugio".
"Quest'anno stiamo assistendo a un aumento dei casi di influenza molto prima del solito e questo significa che il tempo è fondamentale - avverte Edoardo Colzani, responsabile virus respiratori dell'Ecdc - Se avete diritto alla vaccinazione, non aspettate oltre. Vaccinarsi ora è uno dei modi più efficaci per proteggere se stessi e chi ci circonda da gravi malattie quest'inverno".
Le raccomandazioni
L'Ecdc diffonde in una nota alcune raccomandazioni. "Le persone a maggior rischio di malattie gravi - si legge - dovrebbero vaccinarsi senza indugio. Questi gruppi includono le persone di età superiore ai 65 anni, le donne in gravidanza, le persone con patologie preesistenti e croniche o immunodepresse, le persone che vivono in ambienti chiusi come le strutture di assistenza a lungo termine. Vaccinatevi se siete operatori sanitari o lavorate in una struttura di assistenza a lungo termine", chiede inoltre l'agenzia. Ancora: "Le strutture sanitarie e le strutture di assistenza a lungo termine dovrebbero rafforzare i loro piani di preparazione e le misure di prevenzione e controllo delle infezioni, nonché incoraggiare il personale e i visitatori a utilizzare mascherine durante i periodi di maggiore circolazione di virus respiratori".
Gli altri suggerimenti: "Gli operatori sanitari dovrebbero valutare la somministrazione tempestiva di farmaci antivirali ai pazienti a più alto rischio di malattia grave per ridurre le complicanze; gli operatori sanitari dovrebbero valutare l'utilizzo della profilassi antivirale durante le epidemie in ambienti chiusi, ad esempio nelle strutture di assistenza a lungo termine; i Paesi dovrebbero promuovere una comunicazione chiara e mirata sulla vaccinazione, l'igiene delle mani e le buone pratiche respiratorie per contribuire a ridurre la trasmissione nella comunità".
Rischio pressione sui servizi sanitari
"L'Europa potrebbe trovarsi ad affrontare una stagione influenzale più grave rispetto al passato, soprattutto in caso di una bassa copertura vaccinale". E il monito dell'Ecdc. "Sebbene permanga incertezza riguardo all'impatto sulla salute pubblica della prossima stagione influenzale", precisa l'agenzia, l'Ecdc si sta preparando allo "scenario" più pesante e insiste sulla necessità di vaccinarsi perché "un numero di infezioni superiore al normale aumenterebbe ulteriormente la pressione sui sistemi sanitari".

"Ma quale querelle... la guerra è guerra". Con queste parole Rino Barillari, il 'King' dei paparazzi, ospite a La volta buona, torna a parlare del processo contro l'attore francese Gerard Depardieu, accusato di averlo aggredito a Roma lo scorso 21 maggio.
Nel salotto di Caterina Balivo, lo storico paparazzo romano ha raccontato: "Un personaggio come Depardieu... in un momento delicato della sua vita, arriva a Roma, in Via Veneto, è stata una vera sfida", ha esordito Barillari nel suo racconto. "Era pure in compagnia di una donna", ha aggiunto, sottolineando come questo dettaglio sia cibo per i paparazzi. "Inizialmente io non ci credevo, mi aveva mandato una foto un mio amico. Arrivo, faccio le foto: lui che tira il ghiaccio. Aspetto che si alzino, arriva lei come una tigre che voleva la macchina fotografica. Arriva lui, tre cazzotti e finisco in ospedale".
E non solo... "Mi guarda e mi dice 'Italian m...'", ha detto Barillari senza completare la frase. "Io ho denunciato: deve chiedere scusa a tutti gli italiani, perchè ai francesi abbiamo dato il cuore", ha concluso tra gli applausi dello studio.

"Leggendo l'intervista della madre di Federica Brignone sull'infortunio della figlia - descritto con termini crudi come 'gamba staccata dal corpo' e 'ginocchio esploso' - è impossibile non tracciare un parallelo con la letteratura medica riguardante i traumi ad alta energia. Infatti la complessità del trauma di Federica, avvenuto durante una gara, rientra perfettamente nella definizione clinica di trauma ad alta energia, caratterizzato da impatti ad alta velocità tipici degli incidenti sportivi", dice all'Adnkronos Salute di Andrea Bernetti, professore di Medicina fisica e riabilitativa dell'università del Salento.
"La frattura della campionessa italiana è stata una frattura complessa, pluriframmentaria del piatto tibiale e della testa del perone, che quindi non ha coinvolto esclusivamente le ossa, ma anche il piano articolare e le strutture adiacenti, con interessamento legamentoso e dei tessuti molli. Questa tipologia di frattura[1] richiede una gestione integrale dalla fase chirurgica a quella riabilitativa", spiega Bernetti. "Ogni frattura di questo genere rappresenta un unicum - precisa - e di conseguenza la sua gestione, sin dalla fase operatoria, deve essere altamente personalizzata, anche in base alle caratteristiche e alle esigenze individuali che, nel caso della campionessa, erano tentare di rientrare ad alto livello in tempo per le Olimpiadi di Milano Cortina.
"Il fatto che Federica abbia impiegato sette mesi per riavere 'la gamba con i suoi muscoli - osserva il medico-fisiatra - rispecchia la necessità di una strategia di approccio sequenziale, fondamentale per controllare i rischi della gestione di un quadro così complesso, che spiega anche i tempi lunghi di riabilitazione lontano dalla neve. Infatti, i dati clinici in casi simili indicano chiaramente come questi traumi comportino spesso importanti sequele funzionali".
Il rientro per Milano-Cortina
"Tuttavia - prosegue Bernetti - sicuramente il tentativo della campionessa di essere pronta al rientro per Milano-Cortina è basato su interventi di altissimo livello, costante monitoraggio e riabilitazione avanzata e 'tagliata su misura' per l'atleta olimpica. Inoltre, in situazioni di questo tipo è fondamentale un monitoraggio costante di ogni singolo aspetto, anche a livello di valutazione strumentale di parametri clinici e biomeccanici, al fine di stabilire i passaggi allo step successivo dell'iter riabilitativo per permettere un ritorno alla competizione sicuro e ad alto livello. Ci auguriamo con tutto il cuore che la campionessa possa tornare presto al massimo", conclude lo specialista, segretario generale della Simfer (Società italiana di medicina fisica e riabilitativa).

"Conosciamo tutti l'importanza della Fiera di Milano come motore di incontri e di promozione economica a livello internazionale. In questa città e in Lombardia si svolgono oltre un terzo delle fiere internazionali del nostro paese che hanno attirato l'anno scorso 18 milioni di visitatori. La Fiera, dunque, continua ad essere un formidabile acceleratore di business per il nostro territorio". Sono le parole di Raffaele Cattaneo, sottosegretario alla presidenza con delega alle Relazioni internazionali ed europee di Regione Lombardia, in occasione di Made Expo 2025, il più autorevole appuntamento italiano dedicato al mondo dell’edilizia e dell’architettura, in svolgimento a Fiera Milano dal 19 al 22 novembre 2025.
Un tema sempre più centrale rimane quello della casa come sottolineato dallo stesso Cattaneo: "Miba mette una luce particolare su un contesto in cui la filiera è oggetto di grandi trasformazioni nella prospettiva della sostenibilità e della digitalizzazione per adeguarsi ai grandi trend di cambiamento ma rimane un'emergenza, quella abitativa, nel nostro territorio soprattutto per i ceti meno abbienti. E' un problema grave a cui non abbiamo ancora potuto dare una risposta soddisfacente ed è per questo che abbiamo bisogno di idee, tecnologie nuove e proposte dal mondo dell'impresa. Mi auguro -conclude Cattaneo- che da questa manifestazione possano arrivare progetti per contribuire ad un nuovo pensiero della politica per risolvere determinati temi".
Iniziativa dell'ex parlamentare Mauro Pili... 
In Italia aumentano le persone vive dopo una diagnosi di cancro al pancreas, fra i tumori più difficili da trattare: "Nel 2024 erano 23.600, rispetto a 21.200 nel 2021, con un incremento del 10% in 3 anni. Passi avanti importanti che possono essere ricondotti soprattutto alla ricerca e ai progressi nelle cure". Lo sottolineano gli esperti in occasione della Giornata mondiale dedicata alla neoplasia, che si celebra oggi 20 novembre. Nonostante l'incremento della sopravvivenza, evidenziano, "non si registra ancora una diminuzione dei casi, pari a 13.585 (6.873 uomini e 6.712 donne) nel nostro Paese nel 2024. E solo in 1 paziente su 5 la malattia è identificata quando è ancora localizzata ed è possibile procedere all'asportazione chirurgica con maggiori possibilità di sopravvivenza".
La Giornata mondiale del tumore al pancreas - ricorda una nota - si celebra ogni anno il terzo giovedì di novembre e lo slogan lanciato dalla World Pancreatic Cancer Coalition per il 2025 è 'Hello pancreas. La diagnosi precoce è importante': un saluto che vuole essere un invito ad ascoltare il proprio corpo per captare subito i sintomi allo stadio iniziale e contattare il proprio medico per un confronto immediato. "E' importante conoscere i fattori di rischio e i sintomi della malattia alla loro insorgenza per ottenere una diagnosi tempestiva", è l'appello degli oncologi. Ad oggi, infatti, "non esiste un test standard per la diagnosi precoce nella popolazione generale".
L'occasione per fare il punto sul cancro al pancreas è un convegno in corso a Napoli, nell'Aula R. Cerra dell'Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione G. Pascale. Si parla di ricerca e terapie dando la parola a medici, pazienti, caregiver e rappresentanti della Fondazione Nadia Valsecchi, della Fondazione Gabriella Fabbroncini, dell'associazione Oltre la ricerca Odv e di I-Pcc - Italian Pancreatic Cancer Coalition, con il patrocinio di Aiom - Associazione italiana di oncologia medica e della Fondazione Airc per la ricerca sul cancro. Nel capoluogo campano viene inoltre inaugurata la Fondazione Nadia Valsecchi - Sezione pazienti di Napoli, un nuovo punto di riferimento per il sostegno, l'informazione e la tutela dei pazienti e delle loro famiglie. L'associazione nasce con l'obiettivo di favorire il dialogo tra pazienti, medici e istituzioni, promuovere la consapevolezza sulla prevenzione e incoraggiare la ricerca scientifica nel campo dell'oncologia pancreatica.
"Nonostante il tumore al pancreas abbia una prognosi peggiore rispetto a molti altri tumori, soprattutto per una diagnosi tardiva e per la biologia della malattia che la rende spesso resistente alle terapie, notizie incoraggianti arrivano dalla ricerca - dichiara Alfredo Budillon, direttore scientifico dell'Irccs Pascale - La possibilità di una diagnosi precoce, particolarmente nelle persone più a rischio, anche con l'ausilio di indagini molecolari su prelievi di sangue, i nuovi farmaci che hanno come bersaglio Ras, una delle principali alterazioni molecolari presente nel 90% dei casi di tumori del pancreas, o nuovi approcci di immunoterapia basati su vaccini terapeutici sono alcuni esempi che fanno ben sperare per il futuro. Nel corso del convegno illustreremo anche alcuni esempi di studi che stiamo conducendo al Pascale".
"Negli ultimi anni si è registrata una crescente vitalità nella ricerca sul tumore del pancreas, grazie soprattutto all'introduzione di nuovi farmaci quali gli inibitori di Ras - afferma Antonio Avallone, direttore della Struttura complessa di Oncologia medica addominale, Dipartimento di Oncologia addominale del Pascale - La conferma arriva in particolare dall'ultimo Congresso europeo di oncologia medica (Esmo), tenutosi a Berlino lo scorso mese di ottobre, dove sono stati presentati studi clinici i cui risultati aprono nuovi orizzonti per il trattamento di questa patologia che è destinata a diventare nei prossimi trent'anni una delle neoplasie più frequenti". Francesco Perrone, presidente di Fondazione Aiom, rimarca come "negli ultimi anni in Italia vi è stato un lieve miglioramento della sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi, pari all'11% negli uomini e al 12% nelle donne. Ma non basta - precisa - Il tumore del pancreas resta una delle grandi sfide per l'oncologia, nella quale abbiamo ancora molta strada da compiere sia in termini di ricerca che di prevenzione. Spesso sintomi come dolore allo stomaco e al dorso, maldigestione e dimagrimento vengono confusi con quelli di altre patologie. Il fumo di sigaretta è il principale fattore di rischio, senza dimenticare l'obesità, la sedentarietà, il consumo di alcol e, più in generale, la dieta scorretta. Svolgono un ruolo anche il diabete, la pancreatite cronica e alcune malattie ereditarie".
"La forza della ricerca contro il tumore al pancreas risiede nella collaborazione - conclude Enza Lonardo, co-fondatrice del network italiano I-Pcc per la ricerca di base e traslazionale sul tumore al pancreas e ricercatrice Airc - I-Pcc riunisce 28 laboratori italiani, creando un ecosistema unico dove la ricerca di base e quella traslazionale dialogano costantemente. E' solo unendo le forze e condividendo conoscenze che possiamo sperare di trasformare scoperte scientifiche in terapie concrete e di impattare su diagnosi e sopravvivenza dei pazienti".

“Questo è il momento in cui ci avviamo a vivere una mattinata dove i ragazzi e le ragazze sono i protagonisti e noi siamo qui per loro”. Lo dice la Garante dell’Infanzia e dell’Adolescenza, Monica Sansoni, intervenendo ai lavori organizzati in occasione della giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in corso presso la sala Mechelli della Regione Lazio. “La parola ascolto è qualcosa di centrale per noi, non solo oggi, questo è un dovere di noi adulti”, continua Sansoni. “I diritti dei ragazzi sono sanciti dalla convenzione e l’istituzione di garanzia si impegna a portarli avanti. Vorrei che i giovani oggi fossero parte attiva di questa giornata che è dedicata a loro”, conclude.

“Noi adulti e soprattutto noi uomini delle istituzioni, dobbiamo lavorare quotidianamente per i diritti dei giovani”. Stare tutti insieme per parlare di valori, per dare ai nostri ragazzi gli strumenti per fare le scelte giuste è un obiettivo che dobbiamo perseguire nel quotidiano”. Lo dice il Questore di Roma, Roberto Massucci, intervenendo ai lavori organizzati in occasione della giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in corso presso la sala Mechelli della Regione Lazio. “Questo è un appuntamento per riflettere, per approfondire - continua Massucci - per impegnarci. I ragazzi che sono qui oggi sono a metà tra l’infanzia e l’età adulta e hanno il diritto di vivere questa fase”, conclude.

“Come consiglio regionale del Lazio abbiamo supportato questa iniziativa nella giornata internazionale dell’Infanzia proprio perché siamo pienamente convinti che i nostri ragazzi vadano supportati. Fare rete con i docenti, con le scuole, con le forze dell’ordine con il nostro garante, è un’iniziativa che portiamo avanti non sono il questa giornata ma tutto l’anno”. Lo dice il presidente del consiglio regionale del Lazio, Antonello Aurigemma, intervenendo ai lavori organizzati in occasione della giornata Internazionale dell’Infanzia e dell’Adolescenza, in corso presso la sala Mechelli della Regione Lazio. Il presidente sottolinea che la giornata di oggi è “stabilita dall’Onu. Oggi si garantiscono dei diritti fondamentali che sono, purtroppo, assenti in alcune parti del mondo. Come istituzioni stiamo lavorando per cercare di rendere omogenei, sul territorio nazionale, i diritti dei giovani”, conclude.

Inserito nei banchi della Lidl nel 2020, oggi l'avocado siciliano viene venduto in tutti gli oltre 780 store del Paese per oltre 172 tonnellate acquistate solo nella stagione 2024/2025. Un risultato ottenuto grazie alla sinergia con Filiera agricola italiana, in collaborazione con gli agricoltori Coldiretti. I dati sono stati presentati oggi a Giarre, in provincia di Catania, nel corso della conferenza stampa organizzata da Lidl Italia. L’avocado è la coltura tropicale di maggiore interesse in questo momento in Italia, nonché un’enorme opportunità per la Sicilia che, con una produzione totale che attualmente si aggira intorno alle 800 tonnellate all’anno, è tra i principali produttori. Lidl Italia ha progressivamente ampliato la distribuzione dell’avocado siciliano con il marchio 'Firmato dagli Agricoltori Italiani' apposto sul prodotto a sigillo di una filiera garantita.
“L’avocado siciliano è un esempio concreto del nostro supporto al sistema agroalimentare italiano - ha detto Eduardo Tursi, ad Acquisti di Lidl Italia - Grazie alla collaborazione con Filiera Agricola Italiana, offriamo ai nostri clienti un prodotto a filiera super corta, espressione del territorio e delle imprese agricole locali che hanno scelto di innovare trasformando la minaccia della tropicalizzazione in un’opportunità. Solo nell’ultimo anno, abbiamo incrementato del 120% l’acquisto di avocado italiano rispetto all’anno precedente. Continueremo a credere in questo e in altri prodotti 100% italiani frutto del sapere agricolo del nostro Paese".
“La collaborazione tra Lidl e Filiera Agricola Italiana, avviata nel 2018, è un esempio concreto di come la grande distribuzione e il mondo agricolo possano crescere insieme, offrendo al consumatore prodotti trasparenti e di qualità e, allo stesso tempo, sostenendo il lavoro degli agricoltori italiani - ha aggiunto Ettore Prandini, presidente Coldiretti e Filiera Agricola Italiana - Il marchio 'Firmato dagli Agricoltori Italiani' garantisce una filiera tracciata e controllata fino al campo, con materie prime di origine certa 100% italiana e prodotte nel pieno rispetto dell’ambiente e della vocazione dei territori. Il progetto degli avocado di Sicilia Fdai è un modello di filiera corta e sostenibile: da una criticità come quella climatica è nata un’opportunità di innovazione agricola, recuperando terreni abbandonati e coinvolgendo produttori che hanno scelto di investire sul futuro, adattando le colture al nuovo clima e migliorando la gestione dell’acqua”.
Concluso il progetto di riqualificazione con fondi del Pnnr...
Incontro con Giorgetti, 'volontà di trovare soluzione a breve'... 
Il tema della flessibilità previdenziale è stato portato oggi al centro del dibattito al al seminario 'Previdenza Next Gen' dal presidente nazionale del Patronato Acli, Paolo Ricotti. Ricotti ha ribadito la necessità di un vero 'pacchetto flessibilità', capace di restituire stabilità, certezza e inclusività al sistema pensionistico italiano. La proposta prevede di consentire l’uscita dal lavoro tra i 63 e i 65 anni, con almeno 20 anni di contributi, stabilendo un assegno calcolato proporzionalmente all’età di accesso. Si tratta di un approccio che intende superare le soluzioni temporanee e selettive degli ultimi anni, restituendo equità e diritti certi a tutti i lavoratori.
Ricotti ha sottolineato "l’urgenza di reintrodurre criteri strutturali e universali di flessibilità, evidenziando come l’eccessiva selettività o penalizzazione nel calcolo svuoti la natura stessa delle prestazioni previdenziali pensate per garantire una vera flessibilità in uscita. Ne è prova la drastica riduzione delle adesioni a misure come Opzione Donna e Quota 103, che negli ultimi due anni ha registrato crolli rispettivamente dell’82% e del 95%".
Forte l’appello per l’introduzione di una pensione minima di garanzia nel sistema contributivo, al fine di scongiurare situazioni di grave disagio economico. Ricotti ha portato un esempio concreto: “Una vedova, il cui marito ha versato 10 anni di contributi nel sistema contributivo con una retribuzione annua lorda di 28 mila euro, percepisce una pensione di reversibilità di soli 178 euro lordi al mese; con i due figli, l’importo sale a 298 euro. Una situazione che mette intere famiglie sull’orlo della povertà e dimostra la necessità di introdurre una modifica normativa strutturale di tutela".
Il presidente del patronato Acli ha sottolineato come la previdenza complementare vada rilanciata per favorire equità e inclusione. Tra le principali proposte illustrate, spiccano: l’iscrizione automatica ai Fondi pensione di categoria all’assunzione, con contributo del datore di lavoro e un periodo di “prova” prima dell’adesione definitiva; l’attenzione ai giovani con l’introduzione dell’educazione previdenziale nelle scuole e nei primi mesi di lavoro e la detraibilità dei loro contributi. Serve promuovere una nuova cultura previdenziale. “Il Patronato Acli, con 80 anni di storia al servizio dei diritti sociali e previdenziali, rinnova oggi il suo impegno per costruire un welfare più giusto, inclusivo e sostenibile. Dal 1945, sempre al fianco dei lavoratori e dei cittadini, per i diritti di tutti", ha detto.
L’evento è stato un’occasione di confronto e approfondimento sui temi della previdenza, del lavoro e del welfare, con uno sguardo rivolto alle nuove generazioni e alle sfide del futuro che ci interrogano già oggi. L’iniziativa ha visto la partecipazione di autorevoli esperti del mondo accademico, istituzionale e sociale: Stefano Giubboni, ordinario di diritto del lavoro – università di Perugia; Lisa Taschini, professoressa associata di diritto del lavoro – università e-Campus; Valerio Martinelli, assegnista di ricerca – università di Perugia, segretario comitato scientifico “Premio Satta” Patronato Acli; Maurizio Franzini, emerito di politica economica – Sapienza Università di Roma; Paola Bozzao, professoressa di diritto del lavoro e della sicurezza sociale – Sapienza Università di Roma; Tiziano Treu, emerito di diritto del lavoro – università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, già Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale; Roberto Ghiselli, presidente consiglio di indirizzo e vigilanza Inps; Gianluigi Petteni, presidente pro-tempore Ce.Pa (Centro Patronati); Paolo Ricotti, presidente nazionale Patronato Acli; Emiliano Manfredonia, presidente nazionale Acli. A moderare e coordinare i lavori è stato Fabio Insenga, giornalista e vicedirettore Adnkronos.
Durante il seminario di studio sono stati presentati i risultati del progetto di ricerca 'Tracciare il futuro. Prospettive pensionistiche per le nuove generazioni', curato dal dipartimento di scienze politiche dell’università degli studi di Perugia e la rilevazione online 'Una previdenza per tutte le generazioni: raccontaci la tua idea'.

Riparte la stagione sportiva invernale, con l'occhio alle prossime Olimpiadi Milano-Cortina 2026. Gli appassionati di sci sono pronti a tornare in pista. "Con l'avvio della stagione e la riapertura degli impianti sciistici in Italia si riapre anche il dibattito in merito alla preparazione fisica e alla prevenzione del rischio di infortunio. A livello mondiale si stima un'incidenza tra 1,9 e 3,5 incidenti per 1.000 giorni di sci per gli sciatori amatoriali, e considerando circa 400 milioni di giorni di sci in tutto il mondo capiamo come siano numeri importanti. Come in tutti gli altri sport, la chiave per minimizzare il rischio di infortunio è anche la preparazione fisica. In questo caso se vogliamo anche di più, perché lo sci è un'attività altamente complessa che richiede l'interazione tra sciatore, attrezzatura (scarpone, attacco, sci, bastoncini) e ambiente (neve, condizioni della pista, temperatura, impianti di risalita, altri sciatori)". A fare il punto per l'Adnkronos Salute è Andrea Bernetti, professore di Medicina fisica e riabilitativa dell'università del Salento.
"Oltre alla preparazione generale, variabili individuali come età, genere, peso, fitness, livello di abilità, affaticamento, attenzione, controllo neuromuscolare e precedenti infortuni o patologie sono considerati fattori importanti per il rischio di infortunio. Naturalmente esistono infortuni di tipo traumatico, legati alle cadute, per cui i dispositivi di protezione individuale, fra cui il casco, sono fondamentali - puntualizza Bernetti, segretario generale della Simfer (Società italiana di medicina fisica e riabilitativa) - Esistono poi infortuni da sovraccarico, soprattutto a carico delle articolazioni di ginocchio e anca, così come della colonna. Infortuni sicuramente più frequenti in chi ha anche delle condizioni cliniche latenti, come ad esempio l'artrosi o le discopatie del rachide. Inoltre nello sci c'è sicuramente un rischio maggiore di traumi distorsivi del ginocchio, per cui è fondamentale fare delle considerazioni biomeccaniche cruciali come ad esempio valutare l'angolo di flessione del ginocchio che ha una forte influenza sullo stress del legamento crociato anteriore, così come il rapporto di attivazione tra quadricipite femorale e ischiocrurali".
"Consideriamo infatti come, a livello statistico, circa il 30% degli infortuni riguardi il ginocchio, in particolare nelle persone di sesso femminile, con il legamento collaterale mediale e il legamento crociato anteriore che sono le strutture maggiormente interessate in queste tipologie di trauma. Quindi è di sicura importanza fare una valutazione fisica, e anche medica, per arrivare preparati al momento di indossare di nuovo scarponi e sci", raccomanda il medico-fisiatra.
Se invece valutiamo la popolazione under 18, "sebbene la popolazione pediatrica costituisca circa il 20-30% degli sciatori - precisa Bernetti - rappresenta una grande proporzione degli infortuni. Gli infortuni più comuni nella popolazione pediatrica sono le fratture (30%), seguite da traumi distorsivi (20%). I siti di frattura più comuni sono la gamba, seguita da spalla e braccio. In assoluto il rischio di fratture è maggiore nei più giovani, con le fratture che rappresentano il 35% degli infortuni nei bambini di età media pari a 13 anni, rispetto al 25% negli adolescenti (14-18 anni). Fra tutti i meccanismi di infortunio in questa fascia di popolazione, l'infortunio è sicuramente maggiormente legato alle cadute con impatto la neve".
"Diventa quindi cruciale - conclude l'esperto - arrivare preparati alla stagione sciistica, usare l'attrezzatura e i dispositivi di protezione individuale appropriati, anche in considerazione delle caratteristiche individuali, con particolare attenzione all'età e alle eventuali patologie di cui si soffre, e naturalmente approcciare a questa attività con buon senso".
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