
Non è un semplice documento informativo, ma uno strumento di lavoro per chi sceglie di contribuire al cambiamento. Il Libro Bianco ‘Storie di vita con Egpa’ è un’occasione per i pazienti di dare voce al proprio vissuto e alle proprie istanze; per i clinici, è un invito alla collaborazione e a rafforzare il dialogo; per le istituzioni, è una vera e propria agenda operativa. Attraverso un’attenta ricostruzione del percorso del paziente, infatti, questo libro restituisce voce alle persone che convivono con questa malattia rara e alle loro famiglie, integrando la prospettiva clinica e quella sanitaria. Dalle pagine - informa una nota - emerge la necessità urgente di garantire alle persone con Egpa-granulomatosi eosinofila con poliangioite, un approccio multidisciplinare, percorsi di cura armonizzati e tutele giuridiche e sanitarie all’altezza della complessità della malattia.
"Questo Libro bianco rappresenta la nostra voce collettiva, non solo per raccontare la malattia, ma per chiedere con forza cambiamenti concreti", afferma Francesca R. Torracca, presidente Apacs-Associazione pazienti sindrome di Churg Strauss, denominazione con cui si indicava in passato lgpa, associazione che ha realizzato il Libro Bianco, con lo sponsor di Gsk. "Non possiamo più permettere che l’Epa venga ignorata - aggiunge - serve un sistema che riconosca la dignità delle nostre storie. E per questo dobbiamo lavorare insieme a clinici e istituzioni, proseguendo la strada tracciata nelle pagine del Libro". Una delle principali criticità emerse nella pubblicazione, è il grave ritardo diagnostico, con sintomi iniziali - asma tardivo, poliposi nasale, rinosinusite cronica - spesso ignorati o scambiati per allergie comuni. "L’Egpa è spesso riconosciuta troppo tardi, quando il danno è già stato fatto. La diagnosi precoce è possibile, ma servono conoscenza, formazione e Pdta condivisi. Questo Libro bianco può segnare un cambio di passo", osserva Augusto Vaglio, professore associato di Nefrologia e direttore della scuola di specializzazione in Nefrologia dell’Università degli Studi di Firenze, Coordinatore aziendale delle Malattie Rare e dirigente medico Unità di Nefrologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, Firenze.
Alle pagine di ‘Storie di vita con Egpa’ - riferisce la nota - hanno contribuito non solo i pazienti e i loro caregiver ma anche clinici e rappresentanti delle Istituzioni, a sottolineare l’importanza di un’alleanza concreta per migliorare la gestione dei malati. Il progetto ha inoltre ricevuto il patrocinio di 8 Società Scientifiche (Aaiito, Aicna, Iar, Siaaic, Simi, SioeChCF, Sip-Irs, Sir) e il contributo scientifico dell'European Egpa Study Group. Il Libro raccoglie inoltre i contributi degli onorevoli Luciano Ciocchetti, vicepresidente XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, Simona Loizzo, capogruppo XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, Ilenia Malavasi, componente XII Commissione Affari sociali della Camera dei deputati e di Lisa Noja, consigliera della Regione Lombardia e presidente Intergruppo Consiliare Malattie Rare.
Nel documento è chiara l’indicazione delle disparità regionali nella gestione clinica, con una quasi totale assenza di percorsi (Pdta) formalizzati, anche se alcune buone pratiche indicano la via da percorrere. "La Lombardia ha dimostrato che costruire un Pdta per l’Egpa è possibile. Ma non basta - sottolinea Noja - Dobbiamo creare un sistema nazionale equo, in cui tutti i pazienti, da Nord a Sud, possano ricevere la stessa qualità di assistenza". Emerge anche l’assenza di criteri nazionali per i centri di riferimento e la necessità di una presa in carico multidisciplinare, coordinata da centri Hub & Spoke. "Serve un modello integrato di cura, basato sulla collaborazione tra specializzazioni diverse. La malattia non si ferma a un solo organo, e la medicina non può permettersi di fermarsi ai confini disciplinari", evidenzia Giacomo Emmi, professore ordinario di Medicina Interna, Università di Trieste e direttore Struttura complessa Medicina Clinica e Reumatologia, Ospedale Universitario Cattinara, Trieste.
Pesa, inoltre, l’assenza di un codice di invalidità civile specifico, che rende difficile l’accesso a diritti, agevolazioni e supporto, mentre risulta sottovalutato l’impatto psico-sociale elevatissimo, su pazienti e caregiver, spesso lasciati soli. "Credo fortemente nel dovere delle istituzioni di ascoltare e agire. Il Libro Bianco dell’Egpa ci fornisce una guida chiara: ora dobbiamo renderla operativa, a partire dal codice di invalidità e da percorsi di cura uniformi", rimarca l’onorevole Ciocchetti.
L’associazione, Apacs è nata spontaneamente per contrastare la sensazione di solitudine provata dai pazienti con Egpa, spesso intrappolati in una condizione poco conosciuta e con scarsi punti di riferimento. Formata esclusivamente da pazienti con Egpa (e caregiver), è una community viva e attiva dove i pazienti possono confrontarsi, sostenersi e portare avanti progetti concreti di advocacy, come quello che ha portato alla realizzazione del Libro Bianco e delle proposte di azioni a livello sanitario e politico in esso contenute. "L’innovazione terapeutica - conclude Valentina Angelini, Patient Affairs Director Gsk - ha migliorato le prospettive dei pazienti con Egpa, ma perché sia efficace, deve essere accompagnata da una rete di presa in carico strutturata e inclusiva. Questo Libro bianco aiuta a costruirla, insieme. È un esempio concreto di collaborazione con l’associazione di pazienti, i clinici e le Istituzioni che mette al centro le persone che vivono con Egpa con l’obiettivo di migliorare la loro qualità di vita. Testimonia il valore della co-creazione, fondamentale per comprendere a fondo i bisogni reali e trasformarli in percorsi più equi ed efficaci per chi convive con questa malattia rara". È possibile leggere e scaricare il Libro bianco ‘Storie di vita con Egpa’ sul sito web di Apacs.

Nel giorno da sindaco di Carlo Verdone, un uomo ha minacciato di gettarsi dal parapetto del Belvedere Tarpeo, a due passi dal Campidoglio e a circa 25 metri di altezza. Secondo quanto apprende l'Adnkronos, il gesto presumibilmente dimostrativo è stato sventato grazie all'intervento degli agenti della sezione Arce capitolina e dei vigili del fuoco intervenuti con le squadre 1a, 1a2, con l'autoscala e il carro teli. Sul posto anche i sanitari del 118 e personale della sala operativa sociale.
Scongiurato il tentato suicidio, l'uomo è stato portato intorno alle 13.30 al centro di accoglienza di Tor Tre Teste. (di Silvia Mancinelli)

Le gemelle Ellen e Alice Kessler sono morte. Lo riferisce il quotidiano tedesco Bild annunciando oggi 17 novembre il decesso di entrambe le ballerine e cantanti 89enni, che si sono spente a Gruenwald, nell'area di Monaco. "Non volevano più vivere", si legge nell'edizione online.
Le due artiste, protagoniste per decenni sugli schermi della tv italiana, erano nate a Nerchau, in Sassonia, il 20 agosto 1936. In Italia ebbero enorme notorietà a partire dagli anni '60 grazie alla partecipazione ai più grandi varietà televisivi dell'epoca, da 'Giardino d'Inverno' a 'Studio Uno' (dove cantavano e ballavano anche la sigla d'apertura, l'indimenticabile 'Da-da-un-pa') a 'Milleluci', e alle commedie musicali di Garinei e Giovannini.
Secondo informazioni fornite dalla polizia, le due gemelle avrebbero fatto ricorso al suicidio assistito. Attorno a mezzogiorno, la polizia avrebbe raggiunto la residenza delle due artiste e avrebbe constatato il decesso delle due donne escludendo, in base ai primi rilievi, qualsiasi circostanza sospetta.
Bild ricorda che, nell'aprile 2024, le gemelle inseparabili - proprio al giornale - avevano espresso la volontà di essere cremate e deposte in un'unica urna. Con le loro ceneri, anche quelle della madre Elsa, scomparsa a 69 anni, e quelle del cane Yello.
Il quotidiano ricorda che in Germania il suicidio assistito è ammesso "in determinate circostanze". Il soggetto maggiorenne che vuole far ricorso alla pratica deve "agire autonomamente e secondo la propria volontà" con una decisione assunta nel pieno possesso delle proprie facoltà. In assenza di una di queste condizioni, il personale medico eventualmente presente non potrebbe operare secondo la legge. L'assistenza non può eseguire l'atto letale: questa sarebbe "eutanasia attiva", che è invece vietata.

"Piccola precisazione perché mi riferiscono di bugie fatte circolare dal solito bimbomin...". Inizia così il post sui social in cui Selvaggia Lucarelli torna ad attaccare Fedez (pur senza nominarlo).
"Quest'ultimo, appena uscito il mio libro, preso dal panico perché temeva di crollare come sua moglie, mi ha fatto una causa penale e due civili. La penale (perché lo chiamavo bimbominkia) l'ha già "persa", nel senso che il giudice ha trovato legittima la mia espressione. Le altre due cause non sono "querele", ma capisco che si debba conoscere la differenza tra penale e civile per parlarne. Sono due cause civili, ovvero cause al fine di ottenere soldi. Per la precisione mi vengono chiesti 150.000 euro. E non mi vengono chiesti per contenuti del mio libro. Questo è semplicemente falso".
Lucarelli precisa che "tutte le opacità da me rilevate nelle attività benefiche di Fedez e Ferragni nel libro 'Il vaso di pandoro' non sono mai state contestate in alcuna sede, né penale né civile. E nulla è mai stato contestato alla casa editrice, semplicemente perché tutto quello che ho scritto è vero, dimostrato e verificato".
"I soldi mi vengono chiesti per un collage di mie dichiarazioni generiche sul soggetto e non su attività benefiche specifiche, rilasciate al Corriere o sui social, in anni diversi, andate a ripescare per fare volume", conclude.

"Noi siamo molto contenti della sentenza della Corte, siamo molto contenti di tutto quello che è successo, è stato un periodo nel quale abbiamo proprio dovuto assicurarci che tutto funzionasse. Ora che è tutto messo al di là di ogni ragionevole dubbio, la prima cosa che la Commissione farà è quella appunto di assicurarsi della corretta trasposizione della direttiva sul salario minimo in tutti i Paesi membri. Al momento abbiamo 19 Paesi, tra cui l'Italia, che hanno comunicato trasposizione completa, anche per quei 19 noi inizieremo a verificare che la trasposizione sia davvero completa. E poi ci sono altri 8 Paesi, di cui 5 devono ancora comunicare e 3 hanno comunicato trasposizione parziale. Quindi credo che adesso la priorità sia certamente quella di assicurarsi che la trasposizione sia ottima". Così, intervistato da Adnkronos/Labitalia, Mario Nava, direttore generale della Dg occupazione, affari sociali e inclusione (Dg Empl) della Commissione Europea, dopo la decisione della Corte di Giustizia Ue sulla direttiva sul salario minimo.
Secondo Nava la sentenza "come ha detto la presidente Von der Leyen, è una milestone, una pietra miliare per gli europei perché è per la loro dignità, per l'equità, per la sicurezza finanziaria. Quello che ci rende particolarmente soddisfatti è che la direttiva può essere implementata nel pieno rispetto delle tradizioni nazionali, dell'autonomia dei partner sociali, dell'importanza della negoziazione collettiva".
E Nava ha sottolineato che "non potrebbe esserci miglior riconoscimento per un provvedimento che sta già funzionando da un punto di vista economico. Perché negli ultimi anni, dove più e più Paesi hanno messo in opera un salario minimo, quest'ultimo non solo non ha aumentato la disoccupazione, ma questa al contrario è scesa e i tassi di impiego sono aumentati", ha sottolineato.
E sull'ipotesi di un salario minimo legale in Italia ha ribattuto che "non spetta a me dire cosa fare", sottolineando "che la direttiva sul salario minimo spiega quali possono essere le diverse opzioni, e quello che sottolinea la sentenza al di là di ogni ragionevole dubbio è che una direttiva su un salario minimo adeguato, appropriato, è corretta da un punto di vista legale e, aggiungo io, da un punto di vista economico, di giustizia sociale, di un'economia che sia allo stesso tempo produttiva e inclusiva", ha ricordato Nava.
E Nava ha quindi ricordato che "il salario minimo non solo protegge il potere d'acquisto dei lavoratori, non solo riduce le differenze di salario, non solo elimina uno dei fenomeni più fastidiosi dei nostri giorni che è quello del lavoro povero, il lavoro che non permette di arrivare a fine mese, ma soprattutto il salario minimo sostiene la domanda aggregata e aumenta gli incentivi a lavorare. Questo è il punto fondamentale: il salario minimo aumenta il tasso di impiego, perché se c'è un salario minimo ci sono più incentivi a lavorare e quindi più gente va a lavorare. Inutile dire che siccome tanta gente che è fuori dal mercato del lavoro è di sesso femminile, un salario minimo riduce anche il famoso gender gap, perché richiama più persone, più donne sul mercato del lavoro".
E ha concluso sottolineando che "la Commissione nelle prossime settimane lancerà la cosiddetta 'Quality Jobs Roadmap', la roadmap per la qualità del lavoro. E' chiaro che la direttiva sul salario minimo ci dà un piedistallo abbastanza forte, su cui poi agganciare tutti gli altri elementi che rendono il lavoro un lavoro di qualità. E' chiaro che quando si parla di un lavoro di qualità la prima cosa che viene in mente è che sia un lavoro che paghi, che non sia un lavoro povero e che aiuti la gente a vivere in maniera degna. A me è piaciuto molto che la Presidenza abbia usato la parola dignità, giustizia e sicurezza finanziaria".
(di Fabio Paluccio)

Jannik Sinner si prende le Atp Finals dopo il trionfo in finale a Torino contro Carlos Alcaraz, ma c'è un dato clamoroso che racconta l'equilibrio nei confronti tra i due fuoriclasse del tennis mondiale. Ieri a spuntarla è stato l'azzurro, al termine di un match di altissimo livello e ora il bilancio dei 16 confronti è di 10-6 per lo spagnolo. Ma negli scontri diretti Sinner e Alcaraz hanno vinto (incredibilmente) lo stesso numero di punti: 1651 a testa. E se è vero che le statistiche vanno sempre pesate, questo dato va analizzato per quello che è. Un numero che racconta la divisione perfetta di un confronto che sta segnando la nuova era del tennis mondiale. Inoltre, dagli Internazionali di Roma alle Atp Finals di Torino, Sinner e Alcaraz si sono affrontati in 6 finali Major in questo lungo 2025. Una cosa mai vista. La fotografia di un dominio.
'Non è propaganda ma rafforzamento presenza nel territorio'... 
Il Festival dei 5 Colori ha conquistato New York. La prima edizione statunitense del progetto - nato con l’obiettivo di educare i più piccoli (e le loro famiglie) ai principi del benessere, dell’alimentazione consapevole e della dieta mediterranea - si è svolta, da venerdì 14 a domenica 16 novembre, tra workshop interattivi, attività ludico-sportive, momenti di divulgazione scientifica e laboratori creativi al Central Park. Secondo le più recenti ricerche internazionali - informano gli organizzatori in una nota - seguire la dieta mediterranea determina una riduzione significativa del rischio di malattie croniche e una diminuzione del 23% della mortalità per tutte le cause. Diffondere questo stile di vita significa non solo educare alla corretta alimentazione, ma promuovere un messaggio universale di salute, sostenibilità e convivialità, basato sulla qualità dei prodotti e sul piacere della condivisione. Il successo registrato conferma il Festival come un modello innovativo di educazione, prevenzione e coinvolgimento culturale in un momento in cui obesità e disturbi legati all’alimentazione sono in costante crescita a livello globale. Un ponte tra Italia e Stati Uniti che parla a tutti attraverso i temi universali del cibo, dello sport e del benessere.
L’evento è stato presentato nella sede del Consolato Generale dell’Italia a New York dove vi è anche stata la premiazione di Lidia Bastianich per il suo ‘eccezionale contributo alla diffusione della cultura italiana e dell’eccellenza gastronomica nel mondo’. Il primo a sostenere l’iniziativa il ministro degli Esteri Antonio Tajani che, in un messaggio, ha sottolineato come "valorizzare il Made in Italy significa promuovere nel mondo non solo i nostri prodotti, ma anche la nostra identità culturale, fatta di qualità, tradizione e innovazione. Il progetto ‘Cinque colori’ rappresenta perfettamente questo spirito e la nostra capacità di unire educazione, sostenibilità e internazionalizzazione".
Anche l’ambasciatore d’Italia negli Stati Uniti, Marco Peronaci, ha ribadito il valore dell’iniziativa. "Con il progetto ‘Cinque colori’ - ha spiegato - promuoveremo qui negli Stati Uniti i principi della dieta mediterranea: un modo per avvicinare il pubblico americano – a cominciare dai più giovani – al nostro stile di vita, oltre che alla nostra cultura e alle eccellenze della nostra filiera agroalimentare". Nell’aprire il Festival a New York, il console generale Fabrizio Di Michele ha detto: "Iniziative come questa rappresentano al meglio l'Italia e i suoi valori. New York è certo la città americana che conosce meglio la dieta mediterranea e le tradizioni culinarie italiane, e tuttavia l'esigenza di una maggiore educazione alimentare, soprattutto tra i giovani, è molto avvertita".
Il progetto di educare al benessere attraverso i ‘Cinque colori’ - riferisce la nota - è promosso dalla Fondazione Pancrazio. I ‘cinque colori’ (verde, rosso, arancione, viola e bianco) rappresentano quelli della frutta e della verdura. "Abbiamo voluto trasformare il cibo in un linguaggio educativo universale - ha spiegato l’ideatrice del progetto, Maria Teresa Carpino - Questa è la prima edizione negli Stati Uniti e sarà solo l’inizio di un percorso che continuerà negli anni sia a Roma che a New York, in collaborazione con le istituzioni e con le scuole".
In 4 anni il progetto, in Italia, ha raggiunto 10 regioni, 90 comuni, 700 istituti scolastici coinvolgendo oltre 30mila studenti in un percorso di educazione alimentare dinamico e partecipato. La campagna utilizza strumenti innovativi e inclusivi, capaci di parlare il linguaggio dei più piccoli: la serie animata 'DI5', le guide per insegnanti, i libri illustrati e le attività esperienziali, tutte affiancate dal lavoro di nutrizionisti e operatori didattici. Attraverso un approccio induttivo e multisensoriale, che rispetta gli stili di apprendimento verbale, visivo e cinestesico, i bambini vengono incoraggiati a scoprire nuovi cibi in modo naturale e non coercitivo, imparando che mangiare bene può essere un’esperienza piacevole, creativa e condivisa. I risultati raggiunti dimostrano l’efficacia del metodo: un modello educativo che integra salute, cultura e partecipazione e che oggi è pronto a varcare i confini nazionali per portare il messaggio della dieta mediterranea anche oltre Oceano.
"La dieta mediterranea è una cultura che unisce popoli diversi del Mediterraneo intorno ai valori comuni del benessere, dell’equilibrio e della sostenibilità. Promuoverla insieme - ha evidenziato in un messaggio inviato ieri dall’Ambasciatore alle Nazioni Unite Maurizio Massari, - significa rafforzare un messaggio universale: mangiare bene, vivere bene e proteggere il nostro pianeta. L’Italia, con gli altri Paesi mediterranei, è particolarmente impegnata a diffondere questo patrimonio in modo coordinato e inclusivo. Per questo, abbiamo di recente proposto una Risoluzione per istituire, il 16 novembre, la Giornata internazionale della dieta mediterranea, che sarà approvata dall’Assemblea Generale dell’Onu entro metà dicembre". Made in Italy e sostenibilità sono stati al centro dell’intervento della direttrice Ice Erica Di Giovancarlo:"Non potevamo non accogliere con entusiasmo un progetto che unisce sport e alimentazione. Il nostro lavoro nell’agroalimentare è promuovere un Made in Italy fatto di qualità, eccellenza e sostenibilità". Sport e dieta mediterranea sono un binomio vincente anche per il rappresentante del Coni Usa, Mico Licastro: "I valori promossi dalla Fondazione Pancrazio su cibo sano della dieta mediterranea e dell'attività ludico-sportiva con il progetto Festival dei 5 colori si sposano bene con quelli promossi dal Comitato olimpico nazionale italiano presso le nostre comunità degli Usa - ha concluso - e negli altri Paesi nel mondo dove siamo presenti".

Poste Italiane è la prima delle 500 principali aziende europee per capitalizzazione nella trasparenza della comunicazione corporate e finanziaria sui canali digitali. Lo comunica il Gruppo in una nota, citando il risultato frutto della ricerca “Webranking Europe 500” la classifica stilata da Lundquist, in collaborazione con la società svedese Comprend, che analizza la chiarezza e la correttezza del flusso informativo rivolto a investitori, cittadini e stakeholder.
Il sito posteitaliane.it del Gruppo guidato dall’ad Matteo Del Fante e dal direttore generale, Giuseppe Lasco, sul podio della rilevazione Webranking Europe 500 già nel 2024 con il secondo posto, ha ottenuto il punteggio di 95,9 su 100 affermandosi sia nella classifica assoluta sia in quella di settore. L’aspetto ancora più significativo del percorso di Poste Italiane è la rapida ascesa dell’azienda nella classifica: nel 2016, infatti, Poste italiane era collocata in 246esima posizione, a dimostrazione del valore del lavoro compiuto dall’azienda nella comunicazione digitale nell’arco di un decennio.
La ricerca ha motivato il primato europeo di Poste Italiane spiegando che l’azienda “ha continuato a crescere e ora è in cima alla classifica per la prima volta, raggiungendo il punteggio rilevante di 95,9 su 100 punti. L'azienda si distingue per la solida governance e le informazioni sulle relazioni con gli investitori, nonché per i contenuti chiari e tempestivi relativi alla stampa e al titolo. Il sito web di Poste Italiane riflette un approccio di comunicazione ben integrato, in cui informazioni finanziarie, di sostenibilità e aziendali sono interconnesse”.

Il Tribunale di Monza ha assolto in primo grado "perché il fatto non sussiste" Marco Castoldi, in arte Morgan, dall'accusa di oltraggio a pubblico ufficiale, per il quale i cantante era a processo. I fatti risalgono al giugno del 2019, quando Morgan era stato sfrattato dalla sua abitazione di Monza da alcuni poliziotti, nei confronti dei quali aveva usato delle espressioni colorite definendoli "ignoranti", "mostri", "ridicoli" e ancora "becchini" e altri epiteti.
"C'è grande soddisfazione, era stata chiesta una condanna a nove mesi e il mio assistito è stato assolto perché il fatto non sussiste", spiega all'Adnkronos il legale di Morgan, Roberto Iannaccone. Il giudice "ha accolto - prosegue l'avvocato - la linea difensiva per cui ha prevalso il contenuto artistico delle espressioni utilizzate da Morgan prevalevano sul contenuto giuridico dell'oltraggio". In sostanza, la difesa ha ritenuto che gli epiteti, utilizzati da Morgan nei confronti delle forze dell'ordine, in occasione dello sfratto, fossero espressione "di un gergo teatrale" non riferito in particolare agli agenti, aggiunge l'avvocato Iannaccone. Che evidenzia anche la soddisfazione di Morgan: "Il mio assistito è contentissimo, siamo soddisfatti".
'Ritardo insostenibile, urgente definire le nuove regole'... 
Quando gioca l'Italia in Coppa Davis? Gli azzurri del capitano Filippo Volandri, orfani di Jannik Sinner e Lorenzo Musetti, tornano in campo per giocare i quarti di finale del torneo tennistico per Nazionali nelle Final Eight di Bologna. Tra l'Italia, bicampione in carica dopo i trionfi del 2023 e 2024, e la semifinale c'è l'Austria, che dovrà rinunciare al suo numero due, Sebastian Ofner, per infortunio.
Quando gioca l'Italia in Coppa Davis
La sfida tra Italia e Austria è in programma mercoledì 19 novembre a partire dalle ore 16. La partita si articolerà in due singolari e, in caso di parità, di un doppio, che potrebbe a quel punto risultare decisivo per il passaggio del turno.
I convocati dell'Italia
Dopo il forfait di Lorenzo Musetti, annunciato alle Atp Finals di Torino, appena concluse con la vittoria di Sinner, il capitano Volandri ha chiamato al suo posto Lorenzo Sonego, autore di un finale di stagione in crescendo e protagonista, in doppio con Jannik, dei successi azzurri degli ultimi anni. Ecco tutti i convocati dell'Italia: Flavio Cobolli, Matteo Berrettini, Lorenzo Sonego, Simone Bolelli e Andrea Vavassori.

A più di 6 anni dall’arrivo in Italia della prima terapia genica anticancro, le Car-T (Chimeric Antigens Receptor T-Cells) - terapie avanzate basate sulla modifica e sul potenziamento dei linfociti T, che in questo modo riescono a riconoscere e aggredire le cellule tumorali - sono oramai una realtà ben presente e utilizzata nella pratica clinica di numerosi centri italiani. Ma il ‘viaggio nel futuro’ continua: il numero di terapie eseguite è passato dalle 35 del 2019 alle 498 nel 2024 e i laboratori di tutto il mondo continuano a ricercare nuovi e difficili bersagli da colpire. Le Car-T come le conosciamo oggi sono solo il primo passo su un cammino in profonda evoluzione, e ancora molti sono gli interrogativi ai quali dare risposte. In questa prospettiva Ail - Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma ha deciso di proseguire il ‘viaggio’ di ‘Car-T – Il futuro è già qui’, con la tappa di Firenze. L’incontro - spiegano gli organizzatori in una nota - è stato introdotto dai saluti istituzionali di Nicola Paulesu, assessore deleghe a Welfare, Accoglienza e integrazione del comune di Firenze. La campagna itinerante e online è nata nel 2021, per informare pazienti, familiari, caregiver e specialisti, e migliorare la conoscenza, l’accesso e la gestione dei trattamenti, con uno sguardo alle esperienze cliniche maturate, ai successi dei pazienti trattati e ai futuri ambiti di applicazione.
"L’arrivo delle Car-T in Italia è stato atteso per lungo tempo e, quando finalmente queste terapie si sono rese disponibili, hanno generato molte aspettative e domande. Ail ha subito avvertito la necessità di scendere in campo con una informazione chiara e corretta: è nata così la campagna 'Car-T - Destinazione futuro', ideata con l’obiettivo di fare educazione su queste innovative terapie cellulari – afferma Giuseppe Toro, presidente nazionale Ail – La prima edizione della campagna ha raggiunto 10 Regioni italiane con 11 tappe da Nord a
Sud del Paese, grazie al sostegno delle sezioni locali Ail”. L’Associazione è consapevole che il viaggio nel futuro delle Car-T continua: da qui la decisione di proseguire il ‘viaggio’ con questa seconda edizione dell’iniziativa e 4 nuove tappe. Anche se rimangono ancora molte sfide da affrontare per la ricerca e per i clinici e alcuni interrogativi importanti a cui dare risposte, le Car-T rappresentano più che una speranza concreta per quei pazienti che non rispondono alle terapie convenzionali, e il loro impiego sta ottenendo successi insperati fino a pochi anni fa in pazienti che non avevano più alcuna possibilità terapeutica. In questo scenario entusiasmante e in continua e veloce evoluzione - aggiunge Toro - Ail è decisa a restare al fianco dei pazienti e delle famiglie e vuole continuare a promuovere una informazione il più possibile esaustiva e corretta che sia in grado di aiutare i pazienti e gli stessi medici verso le scelte terapeutiche più sicure ed efficaci".
In Italia sono 5 le Car-T approvate, sulle 6 approvate in Europa, e con indicazioni in aumento nell’adulto e nel bambino e sono tra i 1.500 e i 1.800 pazienti trattati nei circa 44 i Centri abilitati. "Le terapie Car-T attualmente rimborsate in Italia – sottolinea Alessandro Maria Vannucchi, professore di Ematologia, direttore Sod Ematologia, direttore Dipartimento Oncologia Aou Careggi, Università degli Studi di Firenze, presidente Sies - Società italiana di ematologia sperimentale – vengono utilizzate per alcune leucemie, come la leucemia linfoblastica acuta, per alcuni linfomi aggressivi quali il linfoma a grandi cellule B, il linfoma mantellare e il linfoma follicolare e di recente nel mieloma multiplo. Le indicazioni sono diverse a seconda dello stadio di malattia, delle linee di trattamento effettuate in precedenza, dell’età e della fitness del paziente".
Pilastro fondamentale per lo sviluppo delle cellule Car-T è la ricerca di base e clinica nel campo dell’immunoterapia. "Altre terapie ancora più innovative sono in arrivo – spiega Monica Bocchia, professoressa ordinaria di Ematologia, dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Università degli Studi di Siena; direttrice Uoc Ematologia, Aou Siena – i farmaci in grado di inibire specificamente un determinato gene mutato, farmaci specifici e mirati che non distruggono la cellula leucemica, ma attraverso l’inibizione genica ne promuovono la differenziazione e la normale maturazione. Una nuova speranza nei pazienti più anziani e fragili in quanto si tratta di farmaci meno tossici rispetto alla chemioterapia".
Le cellule Car-T rappresentano un eccezionale modello di ricerca traslazionale. "Sarà importante capire per quale motivo alcuni pazienti non rispondono in maniera adeguata o perché in alcuni di loro la malattia si ripresenta - osserva Francesco Annunziato, professore ordinario di Patologia generale, direttore dipartimento di Medicina sperimentale e clinica, direttore, Sodc Diagnostica citofluorimetrica e immunologica, Aou Careggi, Firenze – Questo processo di conoscenza viene definito ‘reverse translation’, cioè si parte dalla base per arrivare ad una applicazione clinica, poi si osserva l’applicazione clinica per capire come provare a migliorare la cellula Car-T. Questo processo accelera lo sviluppo di nuove cure e migliora quelle già disponibili".
I risultati sorprendenti ottenuti nel mieloma multiplo riflettono la consistente efficacia della terapia Car-T. "Oggi, con le Car-T, la sopravvivenza può superare i 2-3 anni, con casi di remissioni prolungate e Mrd negatività – evidenzia Elisabetta Antonioli, dirigente medico Sodc Ematologia, Aou Careggi Firenze – È necessario, tuttavia, un nuovo approccio organizzativo per la presa in carico di questi pazienti che deve essere multidisciplinare e per le strutture che somministrano queste Car-T, i pazienti devono essere gestiti in centri accreditati per la manipolazione cellulare e la gestione delle tossicità specifiche (Crs, Icans)".
Alcune Car-T "sono utilizzabili già a partire dalla seconda linea di trattamento, altre dalla terza o dalla quarta linea, configurando un panorama terapeutico in progressiva espansione", rimarca Benedetta Puccini, dirigente medico di Ematologia, Sodc di Ematologia dipartimento di Oncologia, Aou Careggi Firenze e Coordinatrice Gruppo Oncologico Multidisciplinare per le Malattie Linfoproliferative. "I centri, pediatrici e adulti – puntualizza Chiara Nozzoli, responsabile programma Trapianti di cellule staminali emopoietiche e Terapie cellulari, Sodc Ematologia, Aou Careggi, Firenze – per poter essere autorizzati alla somministrazione delle terapie Car-T, devono essere in possesso di specifici requisiti organizzativi e infrastrutturali". Si possono distinguere “due livelli di Car-T Team - chiarisce Ilaria Cutini, dirigente medico Sod Ematologia, Aou Careggi, Firenze – Il primo è dedicato alla gestione delle complicanze precoci post-infusione, composto da trapiantologo, intensivista. Il secondo team interviene invece in una fase più avanzata del percorso, ed è orientato alla valutazione della risposta al trattamento e alla definizione del percorso di follow up più appropriato”. Il costo delle immunoterapie innovative "è certamente elevato - precisa Sara Galimberti, professoressa ordinaria, dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università di Pisa; direttrice Uoc Ematologia, Aou Pisana - Sarebbe necessario garantirne l’accesso equo su tutto il territorio nazionale e l’appropriatezza prescrittiva, ragionando non solo in termini di costo del prodotto, bensì di costo/efficacia, perché le Car-T rappresentano oggi un’opportunità terapeutica che offre sopravvivenze e buona qualità di vita a molti pazienti".
Attualmente "Ail Firenze ha la possibilità di accogliere gratuitamente in 22 stanze della Casa di Accoglienza intitolata al Professor Rossi Ferrini, i pazienti e le loro famiglie in cura presso i centri ospedalieri di Careggi e Meyer – racconta Alberto Bosi, presidente Ail Firenze, professore ordinario onorario di Malattie del Sangue, Università degli Studi di Firenze – Da gennaio a settembre 2025 abbiamo ospitato circa 7.300 persone, con un’affluenza giornaliera media di 27 persone; dal 2010 al 2015, un totale di oltre 195 mila presenze. Circa il sostegno alla ricerca, AukFirenze collabora con la Cattedra di Ematologia dell’Università di Firenze, diretta attualmente dal professor Alessandro Maria Vannucchi, e nel 2025 abbiamo contribuito con un sostegno, ad oggi, di circa 70.000 euro".
Le attività dell’edizione 2024-2025 della campagna ‘Car-T – Il futuro è già qui’ - conclude la nota - è realizzata con il sostegno non condizionante di Bristol Myers Squibb, Gilead Sciences e Johnson&Johnson. Prevede una landing page dedicata all’interno del sito ali.it mentre eventi locali coinvolgono specialisti, pazienti, caregiver, volontari Ail e i media. Le attività di informazione sono arricchite da un video-racconto orale, disponibile sulla landing page di campagna, nel quale Andrea Grignolio, docente di Storia della Medicina e Bioetica dell’Università San Raffaele di Milano - Cnr Ethics narra il percorso di scoperta che ha portato a questo approccio rivoluzionario nel trattamento dei tumori.
Medici e infermieri davanti al Santissima Annunziata... 
Svelato il percorso completo del Viaggio della Fiamma Olimpica, un itinerario che dal 6 dicembre 2025 al 6 febbraio 2026 attraverserà l’Italia mostrando al mondo la sua bellezza senza tempo. Oltre alle 60 città di tappa, annunciati anche gli oltre 300 comuni che accoglieranno la Fiamma lungo i suoi 12.000 km di viaggio: un mosaico unico di territori, storie e comunità che, tappa dopo tappa, daranno vita a una celebrazione nazionale diffusa. Il Viaggio prenderà vita il 26 novembre 2025, con l’accensione del sacro fuoco a Olimpia, luogo simbolo della tradizione olimpica. Il 4 dicembre, in Grecia, avverrà il passaggio di consegne all’Italia, un momento solenne che segna l’inizio del percorso verso i Giochi di Milano Cortina 2026. Subito dopo, la Fiamma arriverà a Roma, da cui il 6 dicembre partirà ufficialmente il Viaggio della Fiamma Olimpica: un itinerario che toccherà tutte le regioni italiane, illuminando città d’arte, borghi, luoghi simbolo della memoria collettiva e paesaggi riconosciuti in tutto il mondo.
"Ogni passo del Viaggio attraverso le nostre città ricorderà al mondo il potere dello sport nel costruire ponti e abbattere barriere - afferma Giovanni Malagò, presidente di Fondazione Milano Cortina 2026 -. Sarà un percorso che intreccia radici e futuro, accoglienza e innovazione, celebrando il meglio dello Spirito Italiano". Ad accompagnare la Fiamma ci saranno i due Presenting Partner del Viaggio della Fiamma Olimpica: Coca-Cola ed Eni, che arricchiranno ogni tappa con attivazioni speciali, contribuendo a rendere il Viaggio un’esperienza ancora più coinvolgente.
Una macchina organizzativa imponente, frutto di oltre due anni di progettazione, accompagnerà un convoglio lungo quasi 200 metri che si muoverà a una velocità di circa 4 km/h. Ogni giornata inizierà alle 7.30 con la partenza del convoglio e culminerà intorno alle 19.30 con l’accensione del braciere nella città di tappa, durante la city celebration, momento festoso e partecipativo dedicato alle comunità locali. Dal Colosseo alla Fontana di Trevi, dal Duomo di Milano al Canal Grande di Venezia, la Fiamma attraverserà simboli del nostro patrimonio culturale, insieme a luoghi che rappresentano resilienza e rinascita, come Amatrice e il quartiere Scampia.
"L’itinerario è stato pensato per valorizzare i paesaggi più suggestivi del Paese e le storie di talento, coraggio e solidarietà che lo animano - ottolinea Maria Laura Iascone, Direttrice delle Cerimonie della Fondazione -. Un percorso che celebra la creatività e l’inclusione, valori che i Giochi portano nel mondo". Sarà a Napoli per Natale, festeggerà il Capodanno a Bari, e il 26 gennaio 2026 tornerà a Cortina d’Ampezzo, esattamente 70 anni dopo la Cerimonia d’Apertura dei Giochi del 1956, prima di concludere il suo percorso a Milano, entrando a San Siro la sera del 6 febbraio 2026. Il Viaggio sarà arricchito da iniziative che condurranno la Fiamma in luoghi straordinari: l’ascesa a Punta Gnifetti sul Monte Rosa (4.554 metri), la visita alla Cascata delle Marmore, la magia della Costiera Amalfitana illuminata dai tedofori, il passaggio sull’acqua lungo il Canal Grande di Venezia.

“Vogliamo dare un segnale, affermare che sul nucleare gli ingegneri hanno molto da dire. Vogliamo mettere a disposizione tutti i dati di cui disponiamo, in modo che chi di dovere possa prendere le decisioni più corrette in merito al nucleare italiano”. Con queste parole Remo Giulio Vaudano, vicepresidente vicario del Cni, ha dato avvio al convegno 'La nuova stagione nucleare. Prospettive di ripresa produttiva alla luce della Legge Delega 27/02/2025', un’occasione per riflettere su un tema di rilevanza strategica come l’energia, in particolare quella nucleare civile.
“Nell’ambito della transizione energetica - ha affermato Angelo Domenico Perrini, presidente del Cni - il nucleare è fondamentale. Ancora oggi paghiamo le conseguenze delle decisioni del passato che hanno indotto il nostro Paese ad abbandonare questa fonte di approvvigionamento. Abbiamo condiviso la scelta del Ministero di ricominciare a discutere di nucleare e come Cni abbiamo deciso di dedicarvi uno specifico gruppo di lavoro. In tutte le attività umane il rischio zero non esiste ma può essere minimizzato. Il discorso vale anche per il nucleare che occorre perseguire riducendo il più possibile i rischi”.
Nel corso della mattinata è intervenuto, in rappresentanza del Mase, Nicola Ippolito (coordinatore della Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile-Pnss) che ha ricordato come il Paese venga da quasi quaranta anni di assenza di produzione nucleare, sebbene abbia conservato tutte le competenze necessarie: si pensi che l’Italia sforna il 10% degli ingegneri nucleari europei. “Abbiamo messo assieme tutti i soggetti interessati - ha detto - al fine di fare il quadro della situazione e nel luglio dello scorso anno abbiamo inviato a Bruxelles il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima dal quale si evince che, relativamente alla domanda di energia elettrica, abbiamo la potenzialità per far sì che tra l’11 e il 22% di quel fabbisogno provenga dal nucleare. A quel punto mancava un quadro normativo organico che ora si è concretizzato attraverso la legge delega. Puntiamo a far sì che l’Italia torni ad essere protagonista”.
Alberto Taglioni (gruppo di Lavoro del Cni sul nucleare, già funzionario Enea) che ha richiamato la stesura di un position paper sullo stato del nucleare italiano. Massimo Sapielli (gdl nucleare del Cni, già funzionario Enea) si è soffermato sul Programma nazionale per la produzione di energia nucleare sostenibile nell’ambito degli obiettivi di neutralità carbonica del 2050. Ha sottolineato come il nuovo approccio parta dal superamento delle esperienze nucleari precedenti con l’obiettivo di giungere ad un mix di produzione elettrica che comprenda anche l’elettronucleare. Ha richiamato, infine, il ruolo che possono svolgere in materia il Cni e gli ordini degli ingegneri, con particolare riferimento alla formazione. Roberto Ranieri (già funzionario Ispra) ha illustrato il quadro formativo e il licensing di nuovi impianti, soffermandosi sulla gestione e lo smaltimento dei rifiuti radioattivi. Quest’ultimo tema ha caratterizzato anche l’intervento di Angelo Papa (già direttore generale impianti nucleari del ministero dell’Ambiente) che si è soffermato sulle tecnologie e le procedure di smaltimento dei rifiuti radioattivi e il Deposito nazionale.
Nella sessione dedicata alla progettualità ingegneristica e alla sicurezza del nucleare Franco Baretich (esperto ingegneria nucleare) ha approfondito la fonte di energia nucleare dall’emergenza energetica alla transizione ecologica. Ha rilevato che, tra gli elementi che hanno ostacolato lo sviluppo nel nostro paese, c’è il tema dei costi e alcune componenti psicologiche quali la paura di incidenti e lo smaltimento delle scorie che in realtà comportano un livello di rischio assai inferiore a molte altre attività umane. Ha sottolineato che il recupero della soluzione nucleare diventa necessario col crescere in maniera esponenziale del fabbisogno di energia, anche a causa dello sviluppo dell’uso delle criptovalute e dell’Ia.
Massimo Sapielli, nel ricordare come l’Italia sia stata la pioniera a livello mondiale in tema di nucleare, a partire dal gruppo di via Panisperna guidato da Enrico Fermi, ha ripercorso l’evoluzione tecnologica nella costruzione dei reattori, sottolineando i vantaggi e l’efficacia dei moderni impianti. Gian Piero Bisceglie (già funzionario Ispra) ha illustrato il tema della protezione dalle radiazioni e del monitoraggio ambientale, soffermandosi su alcuni casi di scuola. Alberto Taglioni, poi, ha illustrato i programmi e le proposte del Cni in tema di formazione tecnica sul nucleare e di comunicazione. Infine, Sonia Bertocci (Ordine ingegneri di Torino) e Fosco Bianchi (Ordine ingegneri di Arezzo) hanno proposto il punto di vista sul tema dal loro osservatorio territoriale.

Il Tribunale del Riesame di Brescia ha annullato il sequestro dei dispositivi informatici dell'ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti accusato di corruzione in atti giudiziari nel caso Garlasco. Venditti è sospettato di aver favorito nel 2017 l'archiviazione di Andrea Sempio, nuovamente indagato per l'omicidio in concorso di Chiara Poggi.
Il sequestro di pc, cellulari e hard disk - 11 dispositivi elettronici in tutto - era scattato lo scorso 26 settembre. La corte "annulla il sequestro probatorio emesso dal pubblico ministero il 24 ottobre e, per l'effetto, ordina la restituzione ai ricorrenti di tutti i beni sequestrati", si legge nell'avviso. Il provvedimento riguarda anche gli ex carabinieri Silvio Sapone e Giuseppe Spoto.
Per quanto riguarda l'ex magistrato Venditti si tratta del terzo annullamento - se si conta anche quello sul cosiddetto 'sistema Pavia' dove è indagato per corruzione e peculato -, ma questo non gli consente comunque di rientrare in possesso di computer e telefoni su cui pende un incidente probatorio per poter analizzare il materiale contenuto tramite parole chiave.
Con il secondo round - il primo era stato in parte respinto per la genericità del decreto firmato dal procuratore capo di Brescia Francesco Prete e dalla pm Claudia Moregola - Spoto e Sapone, ex componenti della squadra di polizia giudiziaria di Venditti, possono rientrare in possesso di quanto sequestrato a fine settembre in un'inchiesta che li vede entrambi non indagati. In questa indagine oltre all'ex pm risulta indagato Giuseppe Sempio, padre di Andrea, nella veste di corruttore.
La Procura di Brescia - competente a indagare in presenza di magistrati del distretto di Pavia - sostiene che all'interno del cellulare "sono sicuramente contenuti elementi utile alla prova del reato", ma fino ad ora non è stata in grado di indicare parole chiave - come stabilisce una recente sentenza della Corte di Cassazione - per la ricerca delle eventuali prove della corruzione sostenendo piuttosto la necessità di indagare a tutto tondo "sui rapporti tra gli inquirenti (pm e polizia giudiziaria) con la famiglia Sempio o i loro avvocati e consulenti tecnici, sul versamento di denaro agli inquirenti, anche attraverso terzi soggetti".
Nella richiesta di indagare su presunte "anomalie" che avrebbero visto protagonisti i due ex carabinieri che si occupano dell'indagine su Andrea Sempio, la Procura di Brescia chiede dunque di aver libero accesso a 11 anni di informazioni contenute nei dispositivi informatici di Venditti (mail, messaggi, foto) e anche a chat eventualmente cancellate. Non è escluso che dopo le motivazioni la Procura guidata dal procuratore capo Prete possa far ricorso in Cassazione contro la decisione del Riesame presieduta dal giudice Giovanni Pagliuca.

Arriva al cuore di Roma la voce della Fondazione Carlo Mendozzi Ets, che mercoledì 19 novembre, dalle 15 alle 17.30, promuove presso l’Avvocatura dello Stato – Sala Convegni Vanvitelli (v. dei Portoghesi 12) il convegno 'La prevenzione dell’obesità tra diritto e scienza medica', un appuntamento pensato in particolare per dirigenti e docenti della scuola primaria e per i genitori, con un obiettivo semplice e concreto: trasformare i principi della prevenzione in pratiche quotidiane, dentro e fuori le aule.
Negli ultimi anni l’obesità infantile cresce a ritmo elevato e preoccupa pediatri, docenti delle scuole e famiglie. La Fondazione Carlo Mendozzi Ets propone a livello nazionale di unire corrette abitudini alimentari, educazione affettiva e alfabetizzazione scientifica nell’ambito scolastico. Il convegno si inserisce nella nostra campagna "Allungati la vita, non allargarla", che è già operativa e punta a introdurre percorsi sperimentali di educazione alimentare nelle scuole primarie. Il pomeriggio alternerà sguardi istituzionali e clinici, dalla nuova legge sull’obesità agli aggiornamenti della pediatria, dal diritto degli alimenti alla salute integrata in ambito scolastico, fino al ruolo di docenti, dirigenti e associazioni nell’avvio dei corsi di prevenzione. Gli interventi coinvolgeranno rappresentanti di ministero della Salute, Società italiana di pediatria, Gruppo Carabinieri per la Salute, ospedale pediatrico Bambino Gesù, Corte dei Conti, ministero dell’Istruzione e del Merito, Istituto superiore di sanità, Associazione dirigenti scuola, Moige, Aippi. A moderare i lavori sarà l’Avvocato di Stato, Gaetana Natale.
Spazio anche agli strumenti operativi, la Fondazione Carlo Mendozzi ripresenterà "Bignotto! Dalla parte dei bambini", la webApp che con 20 fiabe narrate, giochi e consigli nutrizionali per i genitori, aiuta a costruire, giorno dopo giorno, scelte alimentari consapevoli. Un tassello educativo che dialoga con il percorso scolastico e con la vita in famiglia. Per partecipare al convegno è opportuno accreditarsi compilando il form tramite il sito web della Fondazione Carlo Mendozzi ETS, al link: https://www.fondazionecarlomendozzi.org/Obesit%C3%A0.html
"La salute dei bambini è un diritto da tutelare, e si costruisce grazie a chi è accanto a loro, genitori e docenti. Portiamo a Roma la proposta di rendere la prevenzione dell’obesità infantile una pratica costante – afferma Sergio Galzigna segretario della Fondazione Carlo Mendozzi Ets – perché, seppure la Campania sia la prima regione come obesità e sovrappeso infantile (e malgrado sia anche la culla della Dieta mediterranea), è tutta l’Italia a risentire di questa condizione pre-patologica. Sarà importante partire sperimentalmente in alcuni istituti per poi creare una routine e rendere la prevenzione un’azione quotidiana". La "nostra proposta alle Istituzioni nazionali verte su esempi, piccoli gesti da fare divertendosi, insegnando l’educazione alimentare affinché la salute dei bambini non sia solo un proposito, ma diventi una realtà; guardando al futuro non basta crescere, è fondamentale crescere sani" conclude.

Scoperto un nuovo modo con cui il sistema nervoso può influenzare la produzione di cellule del sistema immunitario che hanno impatto nello sviluppo della sclerosi multipla. E' il risultato, appena pubblicato sul Cell Reports, di uno studio dell’Irccs ospedale Policlinico San Martino e dell’Università di Genova cofinanziato dal Programma Mnesys, il primo e più grande progetto di ricerca sul cervello mai realizzato in Italia e in Europa, insieme alla Fondazione italiana sclerosi multipla (Fism).
La ricerca evidenzia che è nel cervello la regia della produzione delle cellule del sistema immunitario: in un modello sperimentale di sclerosi multipla è stato dimostrato che i neuroni dell’ipotalamo chiamati AgRP non funzionano bene, e questo determina l’aumentata produzione, nel midollo osseo, di cellule immunitarie coinvolte nello sviluppo della sclerosi multipla e nel timo, un’alterazione dei linfociti T regolatori.
Possibili nuove terapie
In questo modello, la correzione dell’attività dei neuroni AgRP modifica le alterazioni del midollo osseo e del timo e migliora la patologia aprendo la strada a possibili nuove terapie. I neuroni AgRP inoltre producono una proteina che può essere dosata con una semplice analisi del sangue nelle persone con sclerosi multipla: i livelli sono correlati alla gravità della malattia e la proteina potrebbe perciò diventare un nuovo biomarcatore. Questa la duplice scoperta che apre nuove prospettive di cura.
"La sclerosi multipla è una malattia su base autoimmune, in cui cioè le cellule del sistema immunitario ‘deragliano’ e attaccano le fibre del sistema nervoso", spiega il coordinatore dell’indagine Antonio Uccelli, professore ordinario di Neurologia all’Università di Genova, direttore scientifico dell’Irccs ospedale San Martino di Genova, e direttore scientifico del progetto Mnesys.
"Nel nostro corpo, le cellule del sistema immunitario si sviluppano nel midollo osseo e nel timo, una ghiandola, a partire dalle cellule staminali del sangue. Questo processo è governato dalla noradrenalina, un neurotrasmettitore rilasciato da fibre nervose che originano dall’ipotalamo", aggiunge Uccelli.
"Nel nostro studio abbiamo utilizzato un modello animale di sclerosi multipla, l’encefalite autoimmune sperimentale, per indagare se e come il cervello influenzi la produzione delle cellule immunitarie coinvolte nell’attacco al sistema nervoso", osserva Tiziana Vigo dell’Irccs ospedale Policlinico San Martino di Genova, co-coordinatrice dello studio.
"I risultati ottenuti - aggiunge Vigo - dimostrano che i segnali cerebrali che modulano la produzione di cellule immunitarie originano da speciali neuroni, chiamati AgRP. Quando i neuroni AgRP si attivano, il midollo osseo produce meno monociti e neutrofili, cellule immunitarie coinvolte nello sviluppo della sclerosi multipla, mentre nel timo aumenta la produzione delle cellule T regolatorie, fondamentali perché la risposta immunitaria non venga diretta contro l’organismo. Nel modello di sclerosi multipla i neuroni AgRP non funzionano correttamente e questo provoca un aumento nel midollo di monociti e neutrofili e una diminuzione di linfociti regolatori. Il ripristino del corretto funzionamento dei neuroni AgRP attraverso molecole che permettono di accendere o spegnere selettivamente i neuroni migliora il decorso della malattia e riduce l’attacco immunitario al cervello".
La proteina prodotta dai neuroni AgRP
I ricercatori hanno anche scoperto che una proteina prodotta dai neuroni AgRP, il neuropeptide AgRP, può essere misurata nel sangue di persone con sclerosi multipla: livelli più alti di questa proteina si associano a una malattia più grave e a più segni di infiammazione nel cervello, visibili attraverso risonanza magnetica. "Il neuropeptide AgRP potrebbe perciò diventare un nuovo biomarcatore della gravità della malattia ma soprattutto questo studio mostra un nuovo modo con cui il sistema nervoso può influenzare la produzione di cellule immunitarie rilevanti per malattie come la sclerosi multipla e aprire nuove prospettive per terapie in grado di ripristinare il dialogo fra neuroni e sistema immune", conclude Uccelli.

In collaborazione con Ringo
C’è un bisogno profondo, spesso poco riconosciuto, che attraversa l’infanzia e la preadolescenza: tempi e luoghi tra coetanei, liberi ma sicuri, dove costruire autonomia e relazioni autentiche: il cosiddetto ‘Terzo Spazio’. Una ricerca promossa da Ringo, in collaborazione con AstraRicerche, ha esplorato, intervistando i genitori, come i loro figli tra i 7 e i 14 anni vivono oggi tempo libero, uso del digitale e supervisione di un adulto, mettendo a fuoco il ruolo del 'Terzo Spazio' al di fuori di casa e scuola. In continuità con la campagna 'Tra di noi c’è più gusto!', on air da settembre, Ringo sceglie di dare voce a questo bisogno, facendo conoscere, in primis ai genitori, l’importanza dei 'Terzi Spazi', momenti in cui i tween sono completamente liberi di essere loro stessi e creano rapporti più profondi: ridono, scherzano, scoprono il mondo e crescono, insieme.
Piccoli spazi che restano tra loro ma che legano, un po’ come fa la crema di Ringo con i suoi due biscotti, per creare qualcosa di unico. Dare fiducia e creare occasioni di autonomia significa quindi investire nelle nuove generazioni e, di riflesso, in quello dell’intera società. Ciò si concretizza nella routine familiare e nei momenti di condivisione tra ragazze e ragazzi che Ringo accompagna da generazioni con i suoi biscotti dal gusto inimitabile.
La ricerca fotografa la quotidianità di ragazzi e ragazze, divisa fra momenti in famiglia, routine scolastica, hobby e tempo libero con i coetanei. Infatti, il 66% dei tween riserva almeno un’ora a compiti e studio, con sport e TV (entrambi al 52%) a completare il quadro. In mezzo, trova posto il tempo dedicato agli amici, che dà forma alle relazioni e all’autonomia. Ed è così che il Terzo Spazio prende forma nei luoghi di prossimità: cortili scolastici, campi sportivi, biblioteche, panchine. La sua importanza per autonomia e indipedenza è riconosciuta dall’87% dei genitori, che in larga maggioranza credono che rafforzi le abilità sociali (66%).
Nella pratica però i momenti senza supervisione sono rilevati nel 33% dei casi, e salgono al 47% nella fascia 13–14 anni. A incidere ci sono il timore dei genitori per la sicurezza fisica e le “cattive compagnie” (entrambi al 34%), ma anche come gestire il controllo online (33%). I momenti di autonomia, infatti, non si sviluppano più solo all’esterno, ma anche nel digitale, con internet, utilizzato da quasi la metà dei preadolescenti (44%), che diventa a tutti gli effetti un nuovo Terzo Spazio da considerare.
Online, l’attenzione di ragazzi e ragazze è catturata dai social media (59%), specialmente nella fruizione di video brevi (YouTube e TikTok). In preadolescenza poi l’uso del web si allarga: tra gli 11–14 anni entra nello studio (47%) e diventa il modo per restare in contatto con gli amici (46%), più che tra i 7–10 anni (35% e 21%). Cambiano anche le modalità con cui ci si collega: i più grandi navigano più spesso da soli (39%), i più piccoli lo fanno affiancati dai genitori (56%). E gli effetti? Più occasioni di dialogo (33%) ma anche qualche momento di isolamento (26%), segnali che descrivono un uso del digitale in continua trasformazione.
“Questa ricerca restituisce tutta la verità della complessità educativa attuale. I genitori sono consapevoli dei rischi connessi all’uso eccessivo di internet e contemporaneamente non si fidano del mondo reale, percepito come inospitale e pericoloso. Allo stesso tempo riconoscono che l’autonomia individuale e sociale di bambini e preadolescenti possa svilupparsi solo attraverso esperienze di gioco e socializzazione fuori dal controllo adulto”, commenta lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini.
“Non bastano la scuola, lo sport e le attività ricreative, serve anche -continua- la sperimentazione graduale di sé nel mondo. L'aggregazione libera tra coetanei. I rapporti di amicizia in assenza degli adulti sono fondamentali per la crescita. Per questo a noi adulti tocca lasciarli andare e non solo organizzare”.
La fotografia restituita dalla ricerca guidata da Ringo è quella di una quotidianità tangibile: pomeriggi tra compiti, sport e TV; passioni digitali che scorrono tra social media e video ultrabrevi e la rete che, in preadolescenza, diventa anche studio e modo per restare in contatto con gli amici. Dentro questo ritmo, il Terzo Spazio è fatto di momenti e luoghi semplici in cui autonomia e relazioni prendono forma, delineando un equilibrio contemporaneo tra presenza adulta, coetanei e digitale.
Come sottolinea lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini, la complessità educativa di oggi chiede agli adulti di favorire esperienze di autonomia graduale e di fidarsi dell’aggregazione tra ragazzi e ragazze, permettendo legami e tempi tra amici senza una regia costante. Lasciarli andare, senza scomparire, è l’atto educativo più difficile, eppure necessario.

Simone Vagnozzi sorride dopo il trionfo di Jannik Sinner alle Atp Finals e guarda già al 2026: “Come sarà ripartire da zero l’anno prossimo? Siamo già ripartiti e non pensiamo più a ciò che è successo. Nelle fasi difficili siamo stati bravi a pensare a quel che potevamo controllare in quei momenti, quindi il campo da tennis. Sarà entusiasmante ripartire, io sono un allenatore che ama costruire e non gestire. Quindi cercheremo di mettere cose nuove in Jannik, per aumentare il suo arsenale e farlo diventare un tennista migliore, è il nostro obiettivo". Il coach del fuoriclasse azzurro ha parlato in conferenza stampa al termine del Torneo dei maestri, accanto a Darren Cahill.
Vagnozzi ha analizzato passo dopo passo la stagione di Sinner: “L’Australian Open è stata la conferma di quanto fatto l’anno prima. Wimbledon è il sogno di ogni giocatore e di ogni allenatore, forse vincere lì ci ha fatti arrivare un po’ scarichi a New York. E la vittoria qua a Torino significa andare in vacanza felici”. Coach Darren Cahill ha invece analizzato alcuni miglioramenti di Sinner dopo la sconfitta contro Alcaraz agli Us Open: “Il primo colpo di scambio è il più importante, e con Simone è stato fatto un lavoro incredibile. A volte Jannik rallenta un po’ la velocità della prima palla, ma è molto preciso vicino alle righe. Il primo servizio, il primo colpo di scambio e la risposta sono le chiavi del tennis oggi. La bellezza di lavorare con uno come Sinner è che è già molto forte, ma allo stesso tempo può ancora migliorare in tanti aspetti”. Vagnozzi ha anche chiarito che la preparazione di Sinner si svolgerà tra Dubai, nella prima parte, e Monte Carlo, nella seconda.

È disponibile in Italia quizartinib per il trattamento di pazienti adulti con leucemia mieloide acuta (Lma) Flt3-Itd positiva (mutazione del gene Flt3 con duplicazione tandem interna) di nuova diagnosi, in associazione a chemioterapia di induzione standard a base di citarabina e antraciclina e chemioterapia di consolidamento standard a base di citarabina, seguite da quizartinib come monoterapia di mantenimento. Lo annuncia Daiichi Sankyo Italia, in una nota, sottolineando che la rimborsabilità di quizartinib, il primo farmaco lanciato nel nostro Paese dalla farmaceutica in ematologia, è stata approvata in base ai risultati dello studio Quantum-First, e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana lo scorso 24 ottobre 2025.
La leucemia mieloide acuta - informa la farmaceutica - è una forma aggressiva di tumore del sangue e del midollo osseo caratterizzata dalla rapida proliferazione di cellule mieloidi anomale. Nel 2022 sono stati segnalati più di 480 mila nuovi casi di leucemia in tutto il mondo, con oltre 305 mila decessi. La Lma rappresenta il 23,1% dei casi totali di leucemia a livello globale: è la forma di leucemia più comune negli adulti. La Lma ha un’incidenza di circa 3-4 casi per 100.000 persone all’anno: in Italia si registrano ogni anno 2mila nuovi casi. Tuttavia, il rischio di sviluppare la malattia varia con l’età, e nella maggioranza dei casi si presenta in età avanzata, con un’età media alla diagnosi di 68 anni. Nei pazienti eleggibili alla chemioterapia ad alte dosi, le linee guida della Società europea di oncologia (Esmo) 2020 prevedono un trattamento diviso in 3 fasi: induzione, consolidamento, mantenimento. La fase di induzione ha l’obiettivo di ridurre al minimo le cellule leucemiche e raggiungere la remissione completa. A questa fase segue il consolidamento, il cui scopo è quello di ridurre il rischio di ricadute. Ad alcuni di questi pazienti può essere proposto un trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche. Altri possono essere sottoposti a una terapia di mantenimento. Il trattamento iniziale di induzione e la successiva terapia di consolidamento e mantenimento vengono scelti in base all'età del paziente, al suo stato di salute generale e al rischio citogenetico/molecolare.
"Nel 40-50% dei casi, sebbene i pazienti rispondano al trattamento di prima linea, si verifica una recidiva - spiega Roberto Cairoli, direttore della Struttura complessa di Ematologia, Ospedale Niguarda Ca' Granda di Milano e professore associato di Ematologia all’Università Milano-Bicocca - Negli ultimi anni abbiamo fatto passi avanti importanti nella gestione e nella conoscenza di questa malattia. In particolare, la possibilità di individuare le sue caratteristiche genetiche e molecolari ha consentito di sviluppare terapie mirate".
In particolare - chiariscono gli esperti - nella Lma sono state identificate le mutazioni Flt3 (tirosina chinasi 3 tipo Fms), tra le più comuni. Circa l'80% delle mutazioni Flt3 sono Flt3-Itd (duplicazione tandem interna) che promuovono la crescita neoplastica e contribuiscono a una prognosi particolarmente sfavorevole, tra cui un aumento del rischio di recidiva, una scarsa percentuale di risposta alla terapia di salvataggio e un’attesa di sopravvivenza più breve rispetto ai pazienti senza mutazione. Le mutazioni Flt3-Itd sono presenti in circa il 25-30% di tutti i casi di Lma. Grazie all’approvazione di quizartinib è ora disponibile un ulteriore trattamento mirato sul bersaglio molecolare che ha dimostrato di migliorare significativamente la sopravvivenza globale nella Lma.
"Quizartinib - afferma Adriano Venditti, direttore dipartimento di Onco-Ematologia e professore ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma - è un inibitore orale della tirosin-chinasi del recettore Flt3 che agisce selettivamente sulle mutazioni Flt3-Itd ed è stato sviluppato specificatamente per i pazienti con Lma Flt3-Itd positiva. Si tratta di un inibitore di tipo II di Flt3 approvato in Europa e negli Stati Uniti per questi pazienti di nuova diagnosi eleggibili a chemioterapia ad alte dosi. È un farmaco prezioso per trattare questa patologia aggressiva fin dalla prima linea così da diminuire il rischio, consistente, di ricaduta della malattia: quizartinib ha infatti dimostrato di ridurre il tasso di mortalità e di raddoppiare la sopravvivenza globale mediana".
La leucemia mieloide acuta è legata alla moltiplicazione incontrollata di blasti (cellule cancerose di derivazione mieloide) che invadono il midollo osseo, che non è più in grado di funzionare correttamente e, in particolare, di garantire la produzione di cellule del sangue normali. Questa insufficienza midollare porta all'insorgenza di anemia (affaticamento, pallore, difficoltà a respirare e tachicardia), a una predisposizione alle infezioni, anche gravi, dovuta alla diminuzione dei granulociti neutrofili. Infine, la diminuzione del numero di piastrine (trombocitopenia) può causare emorragie, in particolare a livello della cute e delle mucose. "Il paziente con Lma - evidenzia Davide Petruzzelli, presidente dell’associazione pazienti La Lampada di Aladino Ets - è spesso anziano e quindi fragile per definizione. La malattia lo debilita ulteriormente provocando una diminuzione della sua qualità di vita, una condizione che condivide con molti altri malati ematologici. È fondamentale- aggiunge - garantire un’assistenza globale a questi pazienti, che includa supporto psicologico, nutrizionale e una gestione efficace del follow-up. È necessario inoltre ridurre le disuguaglianze nell'accesso alle cure e promuovere una sinergia tra ospedale e territorio, passando da una logica di prestazione a una di presa in carico".
Nello studio Quantum-First - di fase 3 in doppio cieco, controllato con placebo, condotto su 539 pazienti e pubblicato sulla rivista The Lancet a maggio 2023 - quizartinib è stato valutato in combinazione con chemioterapia standard di induzione e consolidamento, incluso il trapianto di cellule staminali emopoietiche (Hsct), e come monoterapia di mantenimento per un massimo di 36 cicli, in pazienti adulti di età compresa tra 18 e 75 anni con Lma di nuova diagnosi positiva per la mutazione Flt3-Itd. "Siamo orgogliosi di portare quizartinib ai pazienti italiani, il primo trattamento in ambito ematologico sviluppato da Daiichi Sankyo - dichiara Gilda Ascione, Medical Director, Head of Oncology Medical Affairs di Daiichi Sankyo Italia - Con questa approvazione, l’azienda conta ora 2 farmaci approvati e rimborsati in Italia in oncologia: un anticorpo farmaco-coniugato (Adc) e quizartinib, segnando un importante traguardo nella nostra missione di innovazione". Con questa approvazione "i pazienti affetti da leucemia mieloide acuta con mutazione Flt3-Itd possono accedere a una terapia mirata sviluppata e approvata specificamente per questa sottopopolazione di malattia".
"Daiichi Sankyo è da sempre profondamente impegnata nell’ascolto e nella comprensione dei bisogni clinici non soddisfatti - rimarca Mauro Vitali, Head of Oncology Business Division di Daiichi Sankyo Italia - con l’obiettivo di sviluppare soluzioni terapeutiche innovative che possano fare la differenza nella vita dei pazienti. Ma la nostra responsabilità va oltre il farmaco: vogliamo contribuire concretamente a migliorare la qualità di vita delle persone, accompagnandole lungo tutto il percorso di cura. Per questo, lavoriamo in sinergia con istituzioni, clinici e associazioni, promuovendo anche una cultura della prevenzione e della salute. In tre parole: innovazione, cura del paziente e partnership".
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