(Adnkronos) - L’assemblea nazionale dell'Associazione nazionale genitori persone con autismo (Angsa) ha confermato alla presidenza l'ingegner Giovanni Marino per il quadriennio 2025-2029. "I delegati hanno rinnovato la fiducia pressoché all'unanimità, solo un voto contrario. Nella stessa sede è stato votato il nuovo consiglio direttivo che sarà composto da nove persone, il massimo previsto dallo Statuto. Una scelta mirata a favorire il ricambio generazionale del quadro dirigente", riporta la nota dell'Angsa.
“Il tema del ricambio è estremamente attuale, seppure comune a tutte le altre grandi organizzazioni nazionali - ha detto Marino - e sono consapevole della responsabilità di offrire durante questo mandato, ogni opportunità a tutto il direttivo, di conoscere e farsi conoscere ed entrare in tutte le dinamiche associative ed istituzionali. Sarà perciò una presidenza di coordinamento e con molte deleghe via via sempre più in autonomia. È questa l’unica soluzione per favorire e fare emergere nuove personalità che dovranno essere in grado, con il prossimo mandato, di assumerne la guida. Tra quattro anni Angsa potrà contare su un gruppo dirigente capace di continuare e fare meglio e di dare nuovo vigore alla capacità di dialogo e inclusione che sono il dna della nostra associazione”
Insieme al ricambio si sta lavorando per dotare Angsa di una sede e struttura organizzativa a Roma che consenta di seguire con maggiore efficacia, audizioni, partecipazione a tavoli tecnici, preparazioni di documenti anche in collaborazione con Fish, elaborazione di relazioni per convegni ed incontri istituzionali. Ma anche per essere aggiornati su normative e comunicati che riguardano l’autismo. “E’ un passaggio indispensabile - ha aggiunto Marino - se non si vuole perdere il confronto con le altre associazioni di carattere nazionale molto strutturate. L’idea su cui stiamo lavorando è quella di individuare a Roma un immobile confiscato che possa essere destinato alle associazioni".
I 40 anni di Angsa. "A questo rinnovato nucleo dirigente - ha concluso il presidente Marino l’impegno di celebrare i 40 anni di Angsa per rilanciare e confermare il suo ruolo e coinvolgere e richiamare l’attenzione del media e della politica sul tema dell’autismo”
Il nuovo Consiglio direttivo: presidente, Marino Giovanni: vice presidente vicario, Domenica Irene Calabrò (Nica); vice presidente, Noemi Cornacchia; tesoriere, Alessandro Alfonsini. Consiglieri: Cristina Bosio, Alberto Brunetti, Anna Rita Costa, Ettore Focardi, Enrico Orsolini, Arianna Porzi, Enrico Toffolo. Collegio dei sindaci e revisori dei conti: Angelo Ferri, Mario Chimenti, Danilo Pistillucci. Collegio dei probiviri: Maria Luciana Zecca, Anna Milvio, Caterina Spadafora(Katia).
“A questo rinnovato nucleo dirigente - ha concluso il presidente Marino l’impegno di celebrare i 40 anni di Angsa, nata nel 1985, per rilanciare e confermare e rafforzare il suo ruolo nel coinvolgere e richiamare l’attenzione del media e della politica sul tema dell’autismo".
(Adnkronos) - Il gip di Roma ha archiviato l’inchiesta sulla morte di Mario Paciolla, il trentatreenne cooperante napoletano trovato senza vita nella sua abitazione a San Vicente del Caguàn, in Colombia, nel luglio del 2020, dove operava per le Nazioni Unite. Il giudice ha accolto la richiesta sollecitata dalla procura a cui si era opposta la famiglia. I pm avevano chiesto due volte l’archiviazione: nel primo caso il gip aveva disposto ulteriori indagini, ora invece il giudice ha accolto la richiesta della procura di Roma.
“Prendiamo atto con dolore e amarezza della decisione del tribunale di Roma di archiviare l’omicidio di nostro figlio Mario. Noi sappiamo non solo con le certezze del nostro cuore, ma con l’evidenze della ragione frutto di anni di investigazioni e perizie, che Mario non si è tolto la vita ma è stato ucciso perché aveva fatto troppo bene il suo lavoro umanitario in un contesto difficilissimo e pericoloso in cui evidentemente non bisognava fidarsi di nessuno”, dicono i genitori di Mario Paciolla, Anna e Giuseppe Paciolla con le loro figlie Raffaella e Paola e con le avvocate Emanuela Motta e Alessandra Ballerini.
“Sappiamo che questa è solo una tappa, per quanto ardua e oltraggiosa, del nostro percorso di verità e giustizia. Continueremo a lottare finché non otterremo una verità processuale e non sarà restituita dignità a nostro figlio. Utilizziamo con rammarico e sofferenza il verbo ‘lottare’, mai avremmo pensato di dover portare avanti una battaglia per avere una giustizia che dovrebbe spettarci di diritto. Sappiamo però che non siamo e non resteremo mai soli - concludono -. Grazie a tutte le persone che staranno al nostro fianco fino a quando la battaglia non sarà vinta”.
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(Adnkronos) - Nella prima mattinata di oggi, all’altezza del chilometro 16 della strada statale 309 Romea che attraversa il ravennate, l’autista di un camion avrebbe perso il controllo del mezzo, invadendo la corsia opposta di marcia e schiantandosi contro un’automobile. L’impatto è avvenuto tra Casalborsetti e Ponte Bellocchio, coinvolgendo altre quattro vetture oltre ai due mezzi incidentati. Ancora da capire i motivi che hanno causato lo sbandamento del mezzo pesante, mentre i due passeggeri a bordo dell’auto travolta sono morti sul colpo. Inutili i tentativi di salvataggio da parte dei soccorritori del 118 e dell’elisoccorso, giunti tempestivamente sul luogo dello schianto. Negli stessi attimi sono intervenuti sul posto anche i vigili del fuoco e un’automedica, che hanno prestato soccorso alle diverse persone rimaste ferite. Nel frattempo la statale Romea è stata chiusa al traffico, con gravi disagi alla circolazione.
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(Adnkronos) - Uomini mai troppo vecchi per avere un figlio? Non esattamente, secondo la scienza. Uno studio internazionale presentato al 41esimo Congresso annuale della Società europea di riproduzione umana ed embriologia (Eshre 2025 - Parigi, 29 giugno-2 luglio), con abstract pubblicato su 'Human Reproduction', "sfida la convinzione comune che l'età degli spermatozoi abbia poco peso una volta avvenuta la fecondazione".
Gli anni del padre contano eccome, assicurano gli autori: "I cicli di fecondazione in vitro che coinvolgono partner maschi di età superiore ai 45 anni - emerge dal lavoro - comportano un rischio significativamente maggiore di aborto spontaneo e tassi inferiori di nati vivi, anche quando vengono utilizzati ovuli di giovani donatrici". In altre parole, "l'età maschile gioca un ruolo fondamentale nel successo riproduttivo".
Lo studio retrospettivo ha analizzato 1.712 primi cicli di donazione di ovociti effettuati tra il 2019 e il 2023 in 6 centri fra Italia e Spagna. Per comprendere l'effettivo impatto dell'età paterna, 'isolandolo' da fattori collegati alla madre, in tutti i cicli considerati sono stati usati esclusivamente ovociti freschi di donatrici giovani (età media 26,1 anni) e sperma congelato di partner maschili, includendo solo il primo singolo trasferimento di blastocisti in donne riceventi di età media 43,3 anni. I papà sono stati suddivisi in due gruppi: uomini di età pari o inferiore a 45 anni (1.066) e over 45 (646). "Sebbene i tassi di fecondazione e lo sviluppo embrionale fossero comparabili, sono emerse differenze significative negli esiti clinici", riferiscono i ricercatori.
"I tassi di aborto spontaneo - riportano - sono stati notevolmente più alti tra le coppie in cui il partner maschile aveva più di 45 anni, raggiungendo il 23,8% rispetto al 16,3% nella fascia d'età paterna più giovane. Allo stesso modo, i tassi di natalità sono risultati significativamente inferiori nella fascia d'età paterna più avanzata, attestandosi al 35,1% contro il 41% registrato tra gli uomini under 45".
Afferma l'embriologa Maria Cristina Guglielmo, direttrice di laboratorio alla clinica Eugin di Taranto: "Tradizionalmente l'età materna è stata al centro dell'attenzione in medicina riproduttiva, ma i nostri risultati dimostrano che anche l'età del partner maschile gioca un ruolo cruciale e indipendente" da quella della madre biologica. "Anche utilizzando ovociti di donatrici giovani e sane e trasferendo un solo embrione di alta qualità, abbiamo osservato risultati peggiori negli uomini di età superiore ai 45 anni".
Perché? "Con l'invecchiamento - spiega la specialista - la continua divisione delle cellule staminali spermatogoniali" che sono i precursori degli spermatozoi "aumenta il rischio di errori di replicazione del Dna. Ciò si traduce in un maggior numero di nuove mutazioni genetiche e in un tasso più elevato di aneuploidie spermatiche", cioè casi "in cui gli spermatozoi presentano cromosomi anomali". Inoltre, "l'età paterna avanzata è anche collegata a una maggiore frammentazione del Dna spermatico e a cambiamenti nel profilo epigenetico degli spermatozoi, come la metilazione del Dna". Considerati tutti "insieme, questi fattori influenzano sia l'integrità genetica sia la qualità funzionale degli spermatozoi, il che può compromettere lo sviluppo dell'embrione e contribuire a un rischio maggiore di aborto spontaneo".
Per Guglielmo i risultati della ricerca "sottolineano la necessità che le cliniche della fertilità adottino un approccio più equilibrato, che riconosca il ruolo dell'età paterna anche nei cicli di ovodonazione in cui i fattori materni sono controllati. Le cliniche - suggerisce l'esperta Eugin - dovrebbero garantire che i pazienti maschi siano pienamente informati su come l'avanzare dell'età paterna possa influire sul potenziale di fertilità, sul successo della gravidanza e sul rischio di aborto spontaneo. I nostri studi futuri - prospetta l'autrice - mireranno ad approfondire la comprensione dei meccanismi biologici alla base dell'impatto dell'età paterna, concentrandosi sul danno al Dna spermatico, sullo stress ossidativo e sui cambiamenti epigenetici".
Al di là del successo 'tecnico' della procedura di procreazione medicalmente assistita, Guglielmo invita a considerare come l'età del padre possa condizionare la salute della prole. "Esistono prove crescenti che collegano l'avanzare dell'età paterna a un aumento del rischio di disturbi dello sviluppo neurologico nei bambini", ricorda. Per questo "il nostro lavoro futuro studierà gli esiti a lungo termine dal punto di vista della salute e dello sviluppo dei bambini concepiti tramite cicli di ovodonazione con padri anziani, in cui i fattori materni sono ridotti al minimo per isolare più chiaramente gli effetti paterni".
Carlos Calhaz-Jorge, ex presidente dell'Eshre, commenta così il lavoro: "Questo è un articolo importante che richiama l'attenzione su un fattore spesso trascurato nel campo della fecondazione in vitro. Sebbene potrebbe essere interessante suddividere ulteriormente il gruppo 'età paterna più avanzata'", per capire se "ad esempio gli uomini over 55 mostrerebbero risultati ancora peggiori, i risultati presentati dovrebbero essere seriamente considerati durante il processo di consulenza per le coppie in cui il partner maschile ha più di 45 anni".
Leggi tutto: Fecondazione, l'età del padre conta: se è over 45 più rischi di aborto e insuccesso
(Adnkronos) - Sorprese mozzafiato a una manciata di ore dal Premio: il Fair Play Menarini l'ha fatto ancora, alle porte della sua 29esima edizione. Quasi per ingannare l’attesa dei prossimi 2 e 3 luglio, date ufficiali dell’evento a Firenze e Fiesole, la Fondazione Fair Play Menarini annuncia al suo pubblico un altro nome eccezionale nella rosa dei vincitori del Premio 2025. Alessandro Costacurta, icona indiscussa del calcio italiano, calcherà il palco del Teatro Romano di Fiesole insieme agli atleti straordinari già svelati nelle scorse settimane e a due big del calibro di Ian Thorpe e Giancarlo Antognoni, già iscritti nell’Albo d'Oro del Fair Play Menarini.
Per vent'anni consecutivi baluardo della difesa del Milan, "Billy" Costacurta porta in dote al Premio l’esempio di un immenso campione di etica sportiva sia in maglia rossonera sia con la tenuta azzurra della Nazionale. Un bottino impressionante di vittorie composto, solo fra i successi tra le fila del "Diavolo", di 7 scudetti, 5 Champions League, 5 Supercoppe italiane e 4 Supercoppe Uefa. Sotto gli occhi del pubblico del Premio Fair Play Menarini, la sua testimonianza di fuoriclasse del pallone farà il paio con quella di altre due leggende dello sport. Giancarlo Antognoni, storico capitano e calciatore simbolo della Fiorentina, premiato nel 2015, attende nella città del Giglio l’arrivo di Ian Thorpe, signore australiano della vasca, collezionista di record indimenticabili e Ambasciatore del Fair Play Menarini dal 2022. Anche i loro volti comporranno il mosaico dello sport più bello, celebrato dal Premio.
“L’ingresso di Costacurta nella rosa dei premiati rende ancora più speciale questa edizione – hanno commentato Valeria Speroni Cardi e Filippo Paganelli, membri del Board della Fondazione Fair Play Menarini – Durante la sua carriera ha incarnato i valori più autentici dello sport, proprio come Ian Thorpe e Giancarlo Antognoni, che fanno parte della nostra storia e che, con la loro presenza da Ambasciatori del Premio, continuano a trasmettere il senso più profondo di ciò che celebriamo ogni anno”.
Al fianco di Alessandro Costacurta, saranno protagonisti del 29esimo Premio Internazionale Fair Play Menarini anche Gianmarco Tamberi, campione olimpico e mondiale di salto in alto, Sasha Vujacic, due volte vincitore dell’NBA con i Los Angeles Lakers, e Demetrio Albertini, simbolo del calcio italiano degli anni Novanta. A completare il parterre dei premiati: Andy Díaz, oro mondiale indoor nel salto triplo, Alice Bellandi, recente campionessa del mondo di judo, Nadia Battocletti, argento olimpico nei 10.000 metri, Rigivan Ganeshamoorthy, oro paralimpico nel lancio del disco, Blanka Vlasic, leggenda del salto in alto, Arianna Errigo, una delle fiorettiste più vincenti della storia, e Guido Meda, voce storica della MotoGP.
Il 29esimo Premio Internazionale Fair Play Menarini vede la partecipazione dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale in qualità di partner istituzionale, e di Sustenium, Frecciarossa, Estra e Adiacent come partner dell’iniziativa.
Per seguire da vicino i protagonisti, rivivere i momenti più emozionanti e restare aggiornati su tutte le novità, visitare il sito ufficiale www.fairplaymenarini.com e i canali social del Premio su Instagram, Facebook e YouTube.
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(Adnkronos) - Ha avuto paura di essere ucciso di botte l'autista soccorritore del 118 della Asl di Taranto intervenuto ieri pomeriggio a Palagiano per una richiesta di soccorso, in un'abitazione del posto, per una presunta lite familiare e violentemente picchiato da un 32enne che era in uno stato di forte alterazione. ''Pensavo mi avrebbe ucciso. Non so quante mazzate mi ha dato. Siamo soli. Siamo troppo soli. E ora non ce la faccio più, mi dispiace'': queste le parole riferite dalla vittima del pestaggio al segretario della Funzione Pubblica Cgil di Taranto, Mimmo Sardelli. ''Si tratta dell'ennesima aggressione a uomini e donne che in quella trincea restano sempre troppo spesso da soli - ha dichiarato Sardelli - perché i famigliari di quell'uomo che ieri ha tentato di uccidere un lavoratore, un operatore nostro iscritto, avevano chiamato contestualmente anche le forze di polizia, arrivate troppo tardi. A distanza di sole 48 ore dall'aggressione con un coltello subita da un equipaggio del 118 a Taranto, arriva un nuovo e gravissimo episodio che ha colpito un altro soccorritore a Palagiano''.
L'organizzazione sindacale ha comunicato che l'operatore ha riportato fratture e lesioni al cranio, al naso e al costato, ed è in evidente stato di choc, mentre l'ambulanza è stata devastata. ''Chi ogni giorno risponde al 118 non può lavorare con la paura di essere aggredito - ha denunciato ancora Sardelli -. Non chiediamo altro che garanzie di sicurezza, strumenti di protezione e protocolli chiari. È scandaloso che, nel 2025, chi salva vite debba temere per la propria''. A preoccupare è anche la crescente esposizione al rischio di molti equipaggi che si trovano a operare, sempre più spesso, senza la presenza di personale sanitario, in contesti imprevedibili e potenzialmente pericolosi. ''Di fronte a questi episodi - ha aggiunto il segretario provinciale Alessio D'Alberto - non basta più esprimere solidarietà: servono azioni immediate e strutturate''. Chieste misure urgenti di tutela sia alla Asl che alla Prefettura per un tavolo con le forze dell'ordine.
Leggi tutto: Taranto, operatore 118 aggredito a Palagiano: "Ho avuto paura di essere ucciso"
(Adnkronos) - 'Torino is Fantastic', in onda ieri 29 giugno su Canale 5, ha conquistato la prima serata 2.423.000 spettatori e il 20,8% di share. Secondo posto per la replica di 'Imma Tataranni - Sostituto Procuratore 2' su Rai1 che ha interessato 1.607.000 spettatori e il 12,5% di share mentre la partita del Mondiale per Club Flamengo-Bayern Monaco su Italia 1 ha totalizzato 1.348.000 spettatori (11,5% di share).
Fuori dal podio troviamo con Rai3 con 'Report' che ha raccolto 1.173.000 spettatori (8,5% share) mentre il debutto di 'Facci ridere' su Rai2 ha registrato 754.000 spettatori (5,9% share). A seguire: Rete 4 con 'Freedom - Oltre il Confine' (450.000 spettatori, 3,9% share); La7 con 'Il momento di uccidere' (435.000 spettatori, 3,5% share); Nove con 'Little Big Italy' (342.000 spettatori, 2,5% share) e TV8 con 'I delitti del BarLume' (262.000 spettatori, 2% share).
In access prime time il ritorno di 'Techetechetè' su Rai1 ha raccolto 2.884.000 spettatori (20,5% share) mentre 'Paperissima Sprint' su Canale 5 ha raccolto 2.191.000 spettatori pari al 15.6%.
(Adnkronos) - Cresce in Italia l’impatto sulla popolazione del carcinoma del polmone, da sempre uno dei tumori più temuti e difficili da trattare. Lo scorso anno i nuovi casi registrati sono stati 44.830 mentre nel 2019 erano poco più di 42mila. L’incremento in cinque anni è stato del 5% e nei prossimi decenni il numero assoluto annuo di nuove diagnosi è destinato ad aumentare ulteriormente. Si calcola in media una crescita dell’1,3% per anno sia tra gli uomini che fra le donne. Tutte queste neoplasie dovrebbero essere gestite solo nelle Lung Unit, centri specializzati interdisciplinari e multispecialistici. Per questo Fondazione Fonicap (Forza operativa nazionale interdisciplinare contro il cancro del polmone) ha organizzato, a Erice (Tp), lo scorso weekend, la Consensus Conference ‘Healthcare organisational models, innovation and unmet needs of Lung Units in Italy’ in cui, per la prima volta in Italia oncologi, radioterapisti, chirurghi, pneumologi, patologi, radiologi, metodologi ed esperti di management si sono riuniti per dare inizio all’elaborazione di un nuovo modello organizzativo delle Lung Unit.
"Queste strutture sanitarie devono diventare il principale punto di riferimento a livello nazionale per la gestione delle neoplasie polmonari sul modello di quanto già avviene con le Breast Unit nel carcinoma mammario - sottolinea il Antonio Santo, presidente Fondazione Fonicap - I tumori toracici presentano un’altissima complessità e una costante crescita d’incidenza nel nostro Paese. Anche l’armamentario terapeutico si è ampliato negli ultimi 10-15 anni con l’introduzione di nuovi trattamenti biomolecolari e dell’immunoterapia che, utilizzati da professionisti esperti, possono notevolmente migliorare la prognosi anche in sottogruppi di pazienti con malattia avanzata. Per tutti questi motivi la gestione nel paziente non può essere lasciata al singolo specialista, che magari lavora in una struttura sanitaria che gestisce solo pochi casi l’anno".
Del resto, "fin dalla sua costituzione la nostra Fondazione promuove la costituzione dei Giot-Gruppi interdisciplinari di oncologia toracica presso le principali strutture ospedaliere - prosegue Rossana Berardi, presidente Network Giot di Fondazione Fonicap - Attualmente ne sono stati individuati oltre 60 in Italia e coprono in modo capillare l’intero territorio nazionale. Sono Gruppi interdisciplinari nati per assicurare a tutti i pazienti, affetti da neoplasie toraco-polmonari, una presa in carico tempestiva e coordinata da parte degli specialisti operanti presso tutte le aree interessate alla gestione dei pazienti. I Giot, tuttavia, al momento risultano molto eterogenei da un punto di vista organizzativo. Con la Consensus individuiamo le figure professionali che debbano comporre il team multidisciplinare, i percorsi di assistenza e cura omogenei e di qualità da attivare in tutte le Lung Unit, gli indicatori di monitoraggio per misurare l’efficacia dell’intervento".
Nel carcinoma polmonare "un ruolo importante è quello svolto dalla biopsia liquida - sottolinea Antonio Russo, consigliere Fondazione Fonicap - Attraverso l’analisi del Dna tumorale circolante nel sangue possiamo stabilire se vi è, o meno, una risposta al trattamento con target therapy. Le tecniche radiologiche tradizionali o altri esami non sono in grado di produrre lo stesso tipo di informazioni. Questo ci ha permesso di comprendere alcuni dei meccanismi molecolari di resistenza ai principali farmaci oncologici. L’innovazione della ricerca - aggiunge - ha portato a risultati importanti nel contrasto ad un tumore che però rimane uno di quelli a prognosi più infausta. Ogni anno i decessi solo nel nostro Paese ammontano a oltre 35mila. Nonostante gli indubbi successi recenti i tassi di sopravvivenza e guarigione sono ancora molto bassi soprattutto se paragonati a quelli ottenuti in altre neoplasie".
"Negli ultimi anni - rimarca Antonio Giordano, professore di Anatomia patologica, Università degli Studi di Siena e presidente Sbarro Institute Cancer Research and Molecular Medicine at Temple University, Philadelphia - siamo giunti all’identificazione di numerose alterazioni molecolari della neoplasia. Queste influenzano notevolmente la biologia del carcinoma e siamo già a conoscenza di diversi target terapeutici. Altre alterazioni invece in futuro potrebbero rappresentare nuovi possibili obiettivi per più efficaci e innovativi trattamenti anti-tumorali. La complessità del carcinoma polmonare deve perciò essere affrontata in strutture dedicate anche per potenziare la ricerca medico-scientifica".
Questo evento "è un primo passo importante nella direzione di uniformare le cure per il tumore del polmone - conclude Francesco Schittulli, presidente nazionale Lilt-Lega italiana per la lotta contro i tumori - Prioritario deve essere, infatti, garantire ai pazienti di tutte le Regioni d’Italia i medesimi livelli d’assistenza. Al tempo stesso, dobbiamo lavorare per ridurre l’impatto della malattia e quindi incentivare la prevenzione sia primaria che secondaria. Significa contrastare il pericoloso vizio del fumo che risulta ancora troppo diffuso anche tra i giovani residenti nel nostro Paese. Poi, va promossa maggiormente la diagnosi precoce della malattia, attraverso esami specifici nelle persone considerate a rischio". L’elaborazione scientifica e metodologica del progetto 'Lung Unit' di Fondazione Fonicap sarà condiviso con le Società scientifiche coinvolte nella gestione delle neoplasie toraciche e anche con le più importanti associazioni di pazienti. Il documento finale sarà poi oggetto di una pubblicazione scientifica e verrà presentato alle Istituzioni competenti.
Leggi tutto: Tumori, Fondazione Fonicap: "Lung unit per tutti i pazienti con cancro polmone"
(Adnkronos) - Negli ultimi decenni, e specie in corso e nel post pandemia, l’obesità ha subito una forte crescita con un incremento del 38% tra il 2003 e il 2023, secondo gli ultimi dati Istat, coinvolgendo all’incirca 6 milioni di italiani, soprattutto giovani adulti (+1,6 milioni), con percentuali passate dal 2,6% al 6,6% nella fascia di età 18-34, a discapito soprattutto delle donne, con una incidenza triplicata - il 10% della popolazione femminile si stima sia obesa - a fronte di numeri ‘solo’ raddoppiati nell’uomo. Non va meglio nella forbice tra 35 e 44 in cui si osserva una crescita dal 6,4% al 9,8%, e tra gli over 74 con tassi incrementati dall'11% del 2003 al 13,8% del 2023. Oggi nuovi farmaci consentono di gestire e controllare meglio l’obesità.
Attesi da tempo, sono ora sono disponibili anche in Italia i nuovi farmaci agonisti del recettore Glp-1 (Glp-1Ra) e il dual agonist (Glp1 + Gip) che mimano ormoni naturali prodotti nell'intestino e stimolano il rilascio di insulina favorendo il controllo dei livelli di glucosio nel sangue del paziente con diabete di tipo 2 e che si stanno dimostrando efficaci e sicuri anche nel contrasto del peso in contesti di obesità. Questi farmaci, che stanno cambiando lo scenario di approccio e cura in questo setting di pazienti, sono stati al centro del ‘3°Ame Obesity Update: trattamento dell’obesità e delle sue complicanze’, promosso dall’Associazione medici endocrinologi, che si è appena concluso a Roma, all’auditorium dell’Ospedale Regina Apostolorum – Gruppo Lifenet Healthcare.
"I nuovi farmaci – spiega Andrea Frasoldati, presidente Ame – rappresentano uno strumento terapeutico innovativo in grado di modificare la storia naturale della malattia, in sinergia con un ampio armamentario di altre opzioni di trattamento come il counselling dietologico e psicoterapico, la chirurgia bariatrica, quando indicata. A portare il ‘peso’ maggiore dell’obesità sono tradizionalmente le donne, che pagano un prezzo più alto, rispetto all’uomo, in termini di stigma sociale e di colpevolizzazione, a causa di barriere culturali e modelli estetici dominanti, talora di implicazione sessista, che hanno portato a idealizzare una bellezza femminile tendente alla magrezza, diversamente dal maschio, in cui qualche chilo in eccesso viene erroneamente interpretato come segno di benessere. Non vanno poi trascurate le implicazioni sulla fertilità e gravidanza nella donna con obesità esposta a importanti rischi per sé e per il nascituro".
Nella donna con obesità che desidera diventare madre, solo alcune delle problematiche che possono insorgere comprendono: difficoltà al concepimento, problemi a portare a termine la gravidanza, aborto spontaneo, parto pretermine, distacco di placenta, diabete gestazionale, disordini di natura fetale (bambini di più grandi o di più piccole dimensioni rispetto all’età gestazionale) e ipoglicemia neonatale.
"I nuovi trattamenti farmacologici, specificatamente gli analoghi recettoriali del Glp1– evidenzia Silvia Irina Briganti, medico e membro della commissione obesità Ame - possono essere finalizzati anche a ridurre il peso ‘in vista’ di una eventuale gravidanza. Tuttavia, al riguardo, gli studi sono pochi per la difficoltà a effettuarli in questa specifica fascia di popolazione e per la loro recente introduzione in Italia. Le ridotte evidenze, soprattutto in termini di sicurezza, spingono a un uso cautelativo. La somministrazione di Glp1 e dual agonist richiede, ad esempio, ‘di sospendere semaglutide e tirzepatide nei 2 mesi che precedono il concepimento o, in caso della liraglutide, oggi in dismissione, un paio di settimane. A tale proposito - sottolinea - le donne vanno correttamente informate per evitare che incorrano in rischi soprattutto di malformazioni fetali, così come della necessità di seguire un percorso terapeutico ben definito, multidisciplinare e che coinvolga più figure professionali, in primo luogo l’endocrinologo e il ginecologo, lungo tutta la gravidanza. Le donne - avverte - devono essere parte attiva di un attento programma, oltre che terapeutico, anche di counselling e educazionale".
Spesso, nella gestione dell’obesità, si trascura la possibile implicazione con un disturbo compulsivo, una fame emotiva, che spinge la persona a ricercare il cibo come atto compensatorio-consolatorio o come valvola antistress e un sedativo dell’ansia. "Se l’aspetto emotivo non è conosciuto o non viene riconosciuto – precisa Simonetta Marucci, coordinatrice Commissione Rapporti Slow Medicine di Ame - si rischia di fallire nell’approccio al paziente, anche nel caso in cui si impieghi il farmaco, che è un supporto allo stile di vita non il sostituto. La fame emotiva caratterizza 1 obeso su 3 (35%) con disturbo alimentare compulsivo (Bed, Binge Eating Disorder) cui si aggiunge una fascia grigia con manifestazioni sottosoglia. Recenti studi - illustra - sembrano dimostrare l’efficacia degli agonisti Glp1 anche nel trattamento di forme obesità in cui prevale l’aspetto compulsivo, grazie” all’azione “sui centri che regolano fame, sazietà, piacere e mangiare edonico legato più a gratificazione che alla nutrizione. Oggi, obiettivo della ricerca clinica è confermare l’efficacia di farmaci Glp1 anche a lungo termine e l’aderenza terapeutica: l’abbandono della terapia, come noto, porta a un effetto rebound del peso".
Attualmente "queste terapie sono legate ad almeno 2 criticità - evidenzia Marucci - la prescrivibilità, consentita solo a pazienti diabetici e l’elevato costo, non sostenibile per tutti. Anche le forme di obesità da disturbo compulsivo richiedono un approccio multidisciplinare con un’azione di counselling educativi, in sinergia con percorso piscologico/psichiatrico di almeno 2 anni, seguito da un periodo di follow-up dilazionato nel tempo. I disturbi alimentari sono classificati nel Dsm V come malattie mentali ma si caratterizzano anche per una gravità a livello fisico, endocrinologico, cardiologico, con un impatto sulla salute mentale".
Nel tempo, sono diminuiti i pregiudizi di tipo culturale, sociale, etico, religioso, sessuale. "Assistiamo, nei confronti dei pazienti con obesità, a pregiudizi e stigmatizzazione esternalizzata – afferma Anna Nelva, coordinatrice Commissione Lipidologia e metabolismo di Ame - che si ripercuotono ad esempio sul mondo del lavoro portando a stimare che la persona con patologia priva di disciplina e di organizzazione, con effetti penalizzanti in termini di assunzione, avanzamento di carriera, o a pregiudizi in ambito sociale, famigliare e, in contesti scolastici, con atti di bullismo, fino a ripercussioni in contesti assistenziali con follow-up meno ravvicinati rispetto a persone normopeso. Dall’altro, l'internalizzazione dei pregiudizi induce la persona con obesità ad accettare stereotipi negativi che ne minano l’autostima e innescano stati d’ansia e depressione, a loro volta causa di alterazioni dell’alimentazione che peggiorano l'obesità stessa" e accesso alle cure.
L’invito di Nelva è di "lavorare anche per rimuovere i pregiudizi che spesso circondano chi si avvale di terapia farmacologica o della chirurgia bariatrica, come se avesse scelto ‘la via più facile’. La disponibilità di questi nuovi farmaci così efficaci nel contrastare l'obesità è diventata anche un'occasione per una riflessione fra i clinici sugli effetti causali rilevanti di caratteristiche genetiche e pressioni di un ambiente obesogeno, oltre a far accrescere la consapevolezza su questa condizione. Per permettere al paziente con obesità di avere il massimo beneficio dalle attuali possibilità di cura, comunque, sarà necessaria una forte azione di supporto sociale e sanitario, oltre che un aiuto per superare i pregiudizi internalizzati riguardanti il peso".
In questo contesto "occorre un cambio di visione anche istituzionale per la cura del paziente obeso, altamente complesso – conclude Marco Chianelli, Coordinatore Commissione Obesità Ame e responsabile scientifico del Congresso - A livello governativo va posta una maggiore partecipazione attraverso l'inclusione dell'obesità in percorsi diagnostici terapeutici e con processi che possano riguardare ambienti importanti come la scuola, dove la cultura della corretta alimentazione e dell'attività fisica devono essere promosse sin dall’infanzia o negli ambienti di lavoro. A livello di Sistema sanitario nazionale invece, il ruolo maggiore si gioca sulla gestione di oltre 6 milioni di pazienti obesi - una vera pandemia - indagando con cura le diverse componenti che concorrono al sovrappeso e obesità: genetiche, ambientali, psicoemotive. Solo un approccio sistemico e collaborativo, con la partecipazione attiva di tutti gli attori impegnati nella gestione di obesità e il sovrappeso - conclude - consente e consentirà di affrontare la sfida globale contro questa pandemia".
Leggi tutto: Salute: allerta endocrinologi, obesità triplicata in donne e raddoppiata in uomini
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