Ue, no ai soldati in Ucraina e prudenza sugli asset russi: la linea di Meloni in vista del Consiglio

"L'Italia non intende inviare soldati in Ucraina" e, sugli asset russi, "abbiamo approvato il regolamento che ha fissato l'immobilizzazione dei beni russi senza, tuttavia, avallare ancora alcuna decisione sul loro utilizzo". Giorgia Meloni apre le comunicazioni alla Camera dei deputati in vista del Consiglio europeo di oggi e domani, tracciando la linea con cui il governo si presenta al vertice di Bruxelles: sostegno a Kiev senza coinvolgimenti militari diretti e senza forzature giuridiche, attenzione alla sostenibilità finanziaria e tutela degli interessi nazionali sui principali dossier europei.
Nel suo intervento di ieri a Montecitorio, la presidente del Consiglio chiarisce che il Consiglio europeo ha al centro "ancora una volta, la guerra di invasione Russa all'Ucraina". Riferisce, quindi, della partecipazione al vertice di Berlino con il presidente Volodymyr Zelensky, altri leader europei e i negoziatori americani, svoltosi in "un clima costruttivo e unitario", dal quale è nata una dichiarazione finale che "riprende tutte le priorità che l'Italia ha sostenuto in questi mesi difficili". Meloni indica, poi, i quattro pilastri che, dal punto di vista italiano, devono guidare il percorso verso la pace: "lo stretto legame tra Europa e Stati Uniti", "il rafforzamento della posizione negoziale ucraina", "la tutela degli interessi dell'Europa" e "il mantenimento della pressione sulla Russia". Una strategia che, secondo la premier, produce risultati concreti: "Oltre la cortina fumogena della propaganda russa, la realtà sul campo è che Mosca si è impantanata in una durissima guerra di posizione", tanto che "dalla fine del 2022 a oggi, è riuscita a conquistare appena l'1,45% del territorio ucraino".
I tre binari paralleli
Nel descrivere lo stato della trattativa, la presidente del Consiglio spiega che si consolida "un pacchetto che si sviluppa su tre binari paralleli: un piano di pace, un impegno internazionale per garantire all'Ucraina solide e credibili garanzie di sicurezza, e intese sulla futura ricostruzione della Nazione aggredita". Proprio sulle garanzie di sicurezza, Meloni ribadisce in Aula la posizione italiana: l'ipotesi di una forza multinazionale resta in discussione "con partecipazione volontaria di ciascun Paese", ma "l'Italia non intende inviare soldati in Ucraina". Resta invece sul tavolo l'ipotesi di "garanzie da parte degli alleati internazionali - a partire dagli Usa - sul modello dell'articolo 5 del Patto Atlantico", proposta che la premier ricorda essere stata avanzata "proprio dall'Italia". Quanto al nodo dei territori, Meloni indica nella richiesta russa sul Donbass "lo scoglio più difficile da superare nella trattativa" e ribadisce che "ogni decisione dovrà essere presa tra le parti e nessuno può imporre da fuori la sua volontà".
Gli asset russi congelati
Ampio spazio è dedicato anche al tema degli asset russi congelati, su cui Palazzo Chigi resta molto prudente. L'Italia, ricorda la presidente del Consiglio, sostiene il regolamento sull'immobilizzazione "pur non condividendo il metodo utilizzato", per evitare "dubbi sulla linea coerente di sostegno che il governo ha sempre mantenuto nei confronti dell'Ucraina". Allo stesso tempo, Meloni rivendica un principio chiave: "Decisioni di questa portata giuridica, finanziaria e istituzionale - come anche quella dell'eventuale utilizzo degli asset congelati - non possono che essere prese al livello dei leader". Roma considera "sacrosanto il principio secondo cui debba essere prioritariamente la Russia a pagare per la ricostruzione", ma chiede che ciò avvenga "con una base legale solida" e dopo aver chiarito i "possibili rischi connessi alla proposta", inclusi quelli "reputazionali, di ritorsione o legati a nuovi, pesanti, fardelli per i bilanci nazionali".
Pur precisando che il tema non è formalmente all'ordine del giorno del Consiglio europeo, Meloni fornisce anche un aggiornamento sull'accordo commerciale Ue-Mercosur, il patto commerciale con Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay che punta a creare un'area di libero scambio per 700 milioni di persone attraverso l'Atlantico. L'Italia guarda con interesse all'intesa, ma ritiene che "firmare l'accordo nei prossimi giorni, come è stato ipotizzato, sia ancora prematuro". Le misure aggiuntive a tutela del settore agricolo - meccanismi di salvaguardia, fondo di compensazione e rafforzamento dei controlli fitosanitari – "seppur presentate, non sono ancora del tutto finalizzate". Per questo Roma intende approvare l'accordo "solo nel momento in cui saranno incluse adeguate garanzie di reciprocità per il nostro settore agricolo".
La replica alle accuse di Schlein
Nelle repliche alla Camera, Meloni alza il tono contro le opposizioni e difende la linea del governo sia in politica estera sia sui temi interni. Alla critica di dover scegliere tra Europa e Stati Uniti risponde seccamente, rivendicando un ruolo non subalterno dell'Italia: niente politica estera "da cheerleader", ma una strategia autonoma. Il messaggio è chiaro: se le viene chiesto da che parte sta, la risposta resta sempre la stessa, sta "con l'Italia". Nel mirino finisce in particolare il Partito democratico. Secondo Meloni, l'Europa che oggi "rischia l'irrilevanza" è il risultato delle scelte portate avanti negli anni dalla sinistra, mentre chiederne il rafforzamento continuando con ricette che non hanno funzionato è "sbagliato". Sulle accuse di divisioni nella maggioranza sull'Ucraina, la premier minimizza: il confronto esiste, ma la linea resta una e non cambia, a differenza di un'opposizione che si presenta con sei diverse risoluzioni.
Sul fronte sociale, Meloni replica alla polemica sul caro vita sollevata dalla segretaria Pd Elly Schlein, che parla di italiani con il "frigorifero vuoto"[1]. Un racconto giudicato "irresponsabile" dalla premier, che cita i dati della Fao, secondo cui l'insicurezza alimentare è in calo rispetto al momento dell'insediamento del governo. Non mancano i botta e risposta personali: ad Angelo Bonelli di Avs risponde di non temere un ritorno all'opposizione, dopo anni trascorsi in minoranza; al Movimento 5 Stelle replica con ironia quando viene chiamato in causa l'uso dei soldi pubblici ("non parlerò del superbonus..."). In chiusura, l'affondo più duro: gran parte delle accuse ascoltate in Aula, secondo Meloni, "non corrisponde alla verità", e agli italiani rivolge una domanda diretta: "chiedetevi perché l'opposizione ha bisogno di mentire...".
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