
"Mentre numerosi paesi come la Gran Bretagna la Svezia la Nuova Zelanda e altri stanno facendo marcia indietro sui blocchi puberali, la chirurgia sugli ormoni sui minori la Commissione europea con la sua strategia Lgbt sta andando in senso opposto e tende a bannare le terapie di conversione". Lo ha denunciato il presidente di Pro Vita e Famiglia, Antonio Brandi, a margine di un evento organizzato al Parlamento europeo insieme all’eurodeputato leghista, Roberto Vannacci, sulla manipolazione dei minori per indurli alla transizione di genere.
Secondo uno studio americano di un’organizzazione transgender citato dall'associazione, su 64mila persone, il 9% si dichiara detransitioner. Nel Regno Unito, sostiene ancora Pro Vita, la Cass Review ha demolito il cosiddetto "approccio affermativo", secondo cui ogni minimo disagio del minore deve trasformarsi subito in un percorso medico di cambio di sesso.
"Le transizioni di genere tra i minori sono una vera emergenza: sempre più ragazzi chiedono di tornare al loro sesso biologico dopo aver subito la transizione”, afferma Brandi riferendosi ai detransitioners: "Questi ragazzi si chiamano i detransitioners ed è a loro che diamo voce oggi al Parlamento europeo". La testimonianza di Daniel Black, "che è stato evirato a 18 anni dopo un percorso di transizione iniziato a 16, rappresenta la voce di migliaia di giovani che sono stati ingannati da questa cronologia gender", ha affermato ancora Brandi. Nel suo discorso, il giovane ha raccontato di essere stato ingannato a 16 anni da chi proponeva la transizione come soluzione alle insicurezze, alla disforia, alla depressione e al dolore esistenziale che provava.

È in arrivo “Letture maceratesi. Rassegna esplicita”, due giornate – sabato 13 e domenica 14 dicembre – dedicate al dialogo, alla letteratura e all’approfondimento, allo Sferisterio di Macerata. Una manifestazione, inserita nel calendario delle iniziative di “Macerata per Natale”, che si presenta come un vero laboratorio culturale, realizzato dall’associazione Castelli di Carta in collaborazione con il Comune di Macerata, con il patrocinio della Regione Marche e della Provincia di Macerata.
Nel presentare l’iniziativa, l’assessore alla Cultura Katiuscia Cassetta ha sottolineato come Letture maceratesi “rappresenti un’occasione preziosa per far incontrare pubblici diversi attorno alla forza delle idee e dei libri, valorizzando al tempo stesso il ruolo di Macerata come città che investe sulla cultura e sulla partecipazione attiva”. La rassegna ospiterà firme e voci di primo piano come Fabio Dragoni, Pietro Senaldi e Gianluigi Paragone, insieme a studiosi e autori impegnati in percorsi che vanno dalla critica letteraria all’analisi dell’attualità. Il programma, ampio e trasversale, abbraccia infatti i grandi autori del ’900, temi urgenti contemporanei e la riscoperta di figure e movimenti che hanno segnato la storia culturale marchigiana, come Giuseppe Tucci e il Futurismo della nostra regione.
Accanto agli incontri, per tutta la durata della rassegna sarà visitabile la mostra “Profeti inascoltati del ’900”, dedicata alle voci più originali e irregolari del secolo scorso. Il programma prenderà il via sabato pomeriggio, alle ore 16, con un incontro dedicato al pensiero di Ernst Jünger, attraverso la presentazione del volume "Ernst Jünger. Il volto della tecnica" insieme all’autore Michele Iozzino. Successivamente, alle ore 17.30, l’attenzione si sposterà su Louis-Ferdinand Céline: il curatore Andrea Lombardi introdurrà il suo libro "Céline: un profeta dell’apocalisse" e, contestualmente, presenterà al pubblico la mostra Profeti inascoltati del ’900, che resterà visitabile per tutta la durata della rassegna e che mette in luce alcune delle voci più irregolari e sorprendenti del secolo scorso.
Il pomeriggio, alle ore 19, proseguirà poi con un momento originale e coinvolgente: la lezione-spettacolo Odissea jukebox, proposta dal performer e divulgatore Cesare Catà, che guiderà il pubblico in un percorso interattivo dentro l’immaginario omerico. La giornata si concluderà alle ore 21 con Fabio Dragoni, che presenterà il suo libro “Per non morire al verde”, dedicato ai temi economici più urgenti.
La domenica aprirà invece, alle ore 16, con una riflessione sulla figura di Giuseppe Tucci, esploratore e orientalista marchigiano, approfondita da Adolfo Morganti e Roberto Lorenzini, che ne delineeranno il profilo culturale e umano. A seguire, alle 17.30, Roberto Cresti e Paola Bellesi guideranno il pubblico alla scoperta del Futurismo nelle Marche, illustrando come l’avanguardia del primo Novecento abbia lasciato tracce significative anche nel territorio maceratese.
Nel tardo pomeriggio, alle ore 19, sarà la volta di Pietro Senaldi, che presenterà il suo libro “Sveglia!” proponendo una lettura critica dell’attualità. La rassegna si chiuderà in serata, alle ore 21, con Gianluigi Paragone, autore di “Maledetta Europa”, per un ultimo confronto sui grandi scenari politici contemporanei.

Il gender pay gap in Italia resta una distanza difficile da colmare. Gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps lo certificano con chiarezza: nel 2024, nel settore privato non agricolo, le donne hanno percepito in media 19.833 euro, contro i 27.967 euro degli uomini, con una differenza di circa il 29%. Una forbice che non accenna a restringersi e che anticipa l’urgenza di un cambio di passo, anche alla luce della nuova Direttiva europea 2023/970, destinata a entrare in vigore dal 2026. Di fronte a un divario che resta strutturale, la nuova cornice europea punta a scardinare le asimmetrie retributive con strumenti di trasparenza e obblighi che coinvolgeranno direttamente i datori di lavoro. La direttiva introduce infatti un insieme articolato di misure che ridefinirà il modo in cui le imprese costruiscono, comunicano e rendicontano le proprie politiche retributive, chiedendo alle aziende un ripensamento profondo dei processi interni e dei criteri con cui vengono stabiliti salari, avanzamenti e ruoli.
Boris Martella, Counsel di Norton Rose Fulbright, sottolinea come “la direttiva Ue 2023/970, che dovrà essere adottata dagli Stati membri entro il 7 giugno 2026, imporrà l’adozione di sistemi retributivi trasparenti e non discriminatori, con l’obiettivo di garantire la parità salariale tra donne e uomini per lo stesso lavoro o per lavori di pari valore ed evitare trattamenti salariali differenti non giustificati da criteri oggettivi". "In particolare, le aziende - chiarisce - dovranno garantire una maggiore trasparenza nelle retribuzioni, sin dalla pubblicazione degli annunci, prevedendo sistemi retributivi basati su criteri oggettivi e neutri rispetto al genere, nonché rivedendo i processi di selezione e promozione, mappando i ruoli secondo criteri chiari e oggettivi, predisponendo policy retributive conformi e pianificando attività di rendicontazione periodica sul gender pay gap".
"Al contempo, la direttiva - prosegue - riconosce diritti di informazione alle rappresentanze sindacali, nonché ai singoli lavoratori, al fine di rendere il sistema maggiormente partecipativo e trasparente. Le aziende, pertanto, dovranno revisionare e aggiornare le proprie policy e adottare una serie di misure volte al rispetto dei suddetti principi, la cui violazione sarà soggetta a specifiche sanzioni. Tuttavia, il corretto adempimento di tali obblighi non presuppone la mera adozione di atti formali, ma richiede una profonda rivoluzione culturale che preveda la sensibilizzazione dei soggetti coinvolti e l’effettivo superamento dei vecchi sistemi retributivi e di carriera, spesso troppo oscuri e reconditi, con l’introduzione di sistemi chiari, oggettivi e conoscibili da tutti gli interessati, per garantire davvero una parità di trattamento indipendentemente dal genere”.
L’esigenza di rendere misurabile, trasparente e giuridicamente certo il concetto di “lavoro di pari valore” è centrale anche per Giulietta Bergamaschi, managing partner di Lexellent, che ricorda come il principio della parità di retribuzione sia attualmente ostacolato dalla mancanza di trasparenza nei sistemi retributivi e dalla mancanza di certezza giuridica sul concetto di lavoro di pari valore.
“I datori di lavoro - commenta - potranno retribuire in modo diverso i lavoratori che svolgono lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore solo sulla base di criteri oggettivi, neutri sotto il profilo del genere e privi di pregiudizi come le competenze, l’impegno, le responsabilità e le condizioni di lavoro. Il principio della parità retributiva contempla sia lo stipendio sia le componenti complementari e variabili della retribuzione. La direttiva auspica una trasparenza nei livelli retributivi e nelle progressioni di carriera e invita i datori di lavoro a essere proattivi agendo nel rispetto delle misure sulla trasparenza retributiva per affrontare la natura sistemica della discriminazione retributiva. Sarà fondamentale la formazione per le persone della funzione Hr su parità di retribuzione, valutazione e classificazione del personale”.
Un’altra leva decisiva riguarda la conoscenza interna dei livelli retributivi. Gaspare Roma, partner di De Berti Jacchia, osserva che la direttiva “rafforza la tutela antidiscriminatoria in materia di parità salariale, introducendo specifici obblighi informativi in capo ai datori di lavoro, al fine di consentire ai lavoratori non solo di avere libero accesso (in modo chiaro e trasparente) ai dati retributivi in azienda, ma anche di poter comprendere i criteri, oggettivi e condivisi, per la determinazione delle politiche salariali aziendali". "Le imprese, dunque, dovranno in primis effettuare una mappatura interna dei loro livelli salariali, per valutare possibili aree di disuguaglianze, introducendo anche idonei strumenti per garantire la trasparenza informativa in favore dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali”, rimarca.
Se la direttiva fornisce un quadro normativo, la sua piena attuazione passa dalla trasformazione culturale delle organizzazioni. Secondo Daniele Arduini, ceo & co-founder di Kampaay, partner tecnologico per l’event management, “i dati Inps fotografano una realtà che richiede un cambio di passo culturale, prima ancora che normativo". "La direttiva Ue del 2026 sulla trasparenza salariale - continua - sarà uno strumento necessario, ma le aziende innovative non possono aspettare una legge per riconoscere il valore delle persone". "In Kampaay - ricorda - viviamo una situazione particolare, figlia del nostro Dna ibrido. Siamo una realtà tecnologica, un settore storicamente a trazione maschile, che opera nel mondo degli eventi, dove la presenza femminile è fortissima. Questo incontro tra mondi diversi ha creato un ecosistema dove l'equilibrio di genere non è stato imposto da quote rosa o calcoli a tavolino, ma è emerso come conseguenza naturale della ricerca del talento".
"Oggi la nostra popolazione aziendale - fa notare - è a prevalenza femminile e, dato ancora più rilevante, questo si riflette nei ruoli decisionali. Escludendo i founder, la maggioranza del nostro Management Team (Head of) è composta da donne che guidano dipartimenti strategici. Per noi la parità salariale non è un esercizio di stile, ma una logica di business: retribuiamo l'impatto e la complessità del ruolo, non il genere di chi lo ricopre. In un'azienda in forte crescita come la nostra, dove spesso convivono funzioni molto diverse tra loro, dallo sviluppo software al creative management, la sfida è proprio quella di mantenere un allineamento retributivo basato sul valore generato. Ed è quello che facciamo ogni giorno: garantire che a parità di impatto corrisponda parità di trattamento, creando un ambiente dove la leadership femminile è la norma, non l'eccezione".
A ricordare la profondità del cambiamento necessario è anche Laura Basili, co-founder insieme a Ilaria Cecchini di Women at Business, piattaforma innovativa di matching professionale al femminile, per la quale i dati Inps sono “lo specchio di un Paese che continua a sottovalutare il talento femminile". "Se oggi le donne guadagnano quasi il 30% in meno degli uomini, significa - avverte - che c’è ancora un enorme potenziale inespresso, una ricchezza che l’Italia non sta mettendo a valore. La direttiva europea sulla trasparenza salariale è un passo importante, ma non basterà una norma a colmare il divario se non cambia l’atteggiamento culturale dentro le aziende e nella società. Per Women at Business, la vera sfida sta nel superare i pregiudizi che la generano: riconoscere il lavoro delle donne, sostenere i loro percorsi di carriera, favorire leadership inclusive e ambienti in cui il merito sia davvero ciò che conta. La parità retributiva è una responsabilità collettiva e una condizione necessaria perché l’Italia possa crescere, innovare e competere”.

Ci ha provato, ma pare gli sia andata male anche questa. Andrew Mountbatten-Windsor sperava in una lauta buonuscita e invece molto probabilmente non riceverà nemmeno un penny per andar via dalla Royal Lodge. Secondo il Public Accounts Committee, è infatti estremamente difficile che il fratello di re Carlo ed ex duca di York riceva un compenso dopo aver lasciato la mega villa da 30 stanze nel parco di Windsor. Come parte del suo contratto di locazione, Andrea avrebbe potuto avere diritto a 488.000 sterline (oltre 550.000 euro) per la restituzione anticipata della dimora rispetto alla durata della locazione di 75 anni prevista da contratto.
Ma un rapporto del Crown Estate per i parlamentari sull'organismo di controllo della spesa pubblica afferma che la proprietà è così fatiscente e necessita di ristrutturazione che, "con ogni probabilità", ad Andrew "non sarà dovuto alcun risarcimento". Ora verrà avviata un'inchiesta parlamentare sulla Crown Estate e sui suoi contratti di locazione reali, ha affermato il presidente della commissione, Geoffrey Clifton-Brown, aggiungendo che le informazioni provenienti dalla Crown Estate "costituiscono chiaramente la base per un'indagine" che inizierà l'anno prossimo e prenderà in considerazione la Crown Estate e gli affitti immobiliari con la famiglia reale. Non è ancora noto se Andrew Mountbatten-Windsor sarà chiamato a testimoniare.
Le informazioni fornite dalla Crown Estate mostrano inoltre che Andrew aveva presentato la sua disdetta della proprietà il 30 ottobre, il giorno in cui era stato annunciato che aveva perso i suoi titoli. Ha dato un preavviso di un anno, quindi potrebbe restare per altri 10 mesi, ma si prevede che si trasferirà dalla Royal Lodge a Sandringham, nel Norfolk, all'inizio del prossimo anno.

"L'obiettivo è non rincorrere l'influenza, ma anticiparla. Quest'anno il virus è arrivato in anticipo e noi dobbiamo correre di più per prevenire l'influenza: proteggerci vaccinandoci. Ricordiamo che è fondamentale per le categorie a rischio: anziani, fragili e i bambini. Dobbiamo pensare ad un Ssn pro-attivo, la prevenzione è il miglior farmaco per vivere meglio e a lungo. Rivolgiamoci quindi al nostro medico di famiglia, al pediatra, alla farmacia, o ad altri operatori in poliambulatori o strutture sanitarie, e vacciniamoci contro l'influenza". Così Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della Prevenzione del ministero della Salute, a margine della presentazione al dicastero dello spot Rai, con testimonial Carlo Conti, dedicato alla vaccinazione antinfluenzale.

"Tutte le campagne vaccinali vanno promosse attivamente per funzionare", per cui "se si fa soltanto un'offerta passiva, cioè si aspetta che i cittadini si vaccinino, i risultati sono scarsi. Se invece si vuole effettivamente proteggere la popolazione, soprattutto quella più fragile, e scongiurare e le morti evitabili - che sicuramente ci sono già state, ci sono e ci saranno - è chiaro che serve essere proattivi e, soprattutto, muoversi per tempo. Le campagne vaccinali vanno fatte a ottobre". Così Walter Ricciardi, docente di Igiene all'università Cattolica di Roma, dopo la presentazione al ministero della Salute dello spot Rai, con testimonial Carlo Conti, dedicato alla campagna di vaccinazione contro l'influenza.
Per Ricciardi "ci vuole una 'attività': bisogna vaccinare le persone nei posti dove vivono, dove lavorano, dove risiedono, non aspettare altrimenti i risultati non ci sono. Va attivato un sistema articolato che naturalmente è basato sui medici di famiglia, ma non solo", precisa l'esperto evidenziando che una campagna attiva "andava iniziata a ottobre, quando si cominciava a vaccinare. Ovviamente non è mai troppo tardi per vaccinarsi, però è chiaro che ora molte persone si sono già ammalate, con tutti i rischi del caso".
L'episodio risale ai primi di settembre. Per lui i domiciliari... 
Per la vaccinazione antinfluenzale "siamo in zona Cesarini". Ma, vista l'imprevedibilità della curva epidemica, per proteggere "fragili e anziani siamo ancora in tempo", quindi "è necessario affrettarsi per decidere di vaccinarsi". Lo ricorda all'Adnkronos Salute Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene e Sanità pubblica all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano, dopo la presentazione al ministero della Salute dello spot Rai, con testimonial Carlo Conti, dedicato alla campagna di vaccinazione contro l'influenza.
"Considerato che il picco influenzale potrebbe anche verificarsi entro dicembre - precisa Rezza - come già avvenne nella stagione 2022-23, per la vaccinazione siamo in zona Cesarini, dal momento che gli anticorpi impiegano almeno una decina di giorni per raggiungere livelli protettivi. E' però da considerare che l'andamento della curva influenzale è imprevedibile per cui, comunque, un gran numero di casi potrebbe verificarsi durante il mese gennaio, con una coda verso febbraio". Da qui l'invito a vaccinarsi per chi non l'ha ancora fatto.
Rezza ricorda che "le coperture per il vaccino antinfluenzale negli anziani in Italia si fermando poco al di sopra del 50% negli ultra 65enni, in buona compagnia della Francia, e più o meno in posizione mediana in Europa. Quest'anno, però, alcune Regioni come la Lombardia hanno già vaccinato un numero considerevole di anziani, partendo in tempo utile con la campagna vaccinale", conclude l'epidemiologo.

"Una campagna istituzionale sul vaccino antinfluenzale è particolarmente importante e delicata. Bisogna raggiungere le persone nei luoghi dove si informano e farlo con senso di responsabilità, dando opportunità alla popolazione di sfruttare un'occasione come quella della vaccinazione e mandando un messaggio diretto e chiaro. Lo facciamo con un personaggio molto amato dal pubblico", Carlo Conti ,"quindi con un volto e un messaggio che speriamo raggiunga più persone possibili dando una opportunità per migliorare la propria salute". Così Alberto Barachini, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all'Informazione e all'Editoria, tra gli ospiti della presentazione al ministero della Salute dello spot Rai, con testimonial Carlo Conti, dedicato alla campagna di vaccinazione contro l'influenza.

"Ad oggi la copertura vaccinale degli over 65 contro l'influenza è al 50%, il linea con quella dello scorso anno". Lo ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci durante la presentazione, oggi al ministero della Salute, dello spot con Carlo Conti dedicato proprio alla vaccinazione.
Insieme al ministro anche Maria Rosaria Campitiello, capo Dipartimento della Prevenzione del ministero, che è entrata nel merito dei dati della copertura vaccinale antinfluenzale 2025-2026. "In Italia non siamo messi benissimo in termini di copertura vaccinale antinfluenzale rispetto ai parametri che andrebbero rispettati - ha sottolineato - Ad oggi siamo intorno al 49,6% degli over 65, e per la fascia 60-64 siamo al 20%".
"Lo scorso anno - ha ricordato - abbiamo somministrato circa 11 milioni di dosi con una copertura media totale della popolazione del 19%, quest'anno il virus ha anticipato e l'incidenza è stata più alta. A fine novembre sono stati somministrati 8 milioni di vaccini, 5 milioni a over 65. L'83% dei vaccini antinfluenzali delle Regioni sono stati usati".

“Leggeremo il rapporto annuale dell’Osservatorio 4.Manager nel dettaglio perché è un documento complesso, con molte risultanze, molte analisi di causalità statistica, molte mappature del nostro sistema industriale, come sapete costituito soprattutto da piccole e medie imprese. E' prezioso perché rappresenta un'ottima base di conoscenza, soprattutto delle interrelazioni complesse all'interno delle filiere. Vengono analizzate le interrelazioni nell'ambito della filiera per implementare politiche pubbliche e, soprattutto, politiche industriali”. Lo ha dichiarato Renato Loiero, consigliere per le politiche di bilancio del Presidente del Consiglio dei ministri, oggi a Roma in occasione della presentazione del nuovo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager intitolato 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata'.
“Si tratta - prosegue Loiero - di traguardare uno dei requisiti che dovrebbero caratterizzare le politiche pubbliche nel settore dell'industria, cioè la selettività: cercare di compendiare il rigore dei conti pubblici e lo sviluppo, indirizzando le risorse pubbliche, che sono per natura limitate, verso quegli ambiti produttivi che hanno una maggiore dinamica del valore aggiunto quelle che sarebbero più meritevoli di ricevere contributo o sostegno istituzionale”.
Loiero ha concluso ricordando l’importanza del rapporto anche per le altre amministrazioni coinvolte nel disegno delle politiche industriali: “Serve alle varie altre istituzioni, al netto di quelle che hanno contribuito alla sua realizzazione, in particolare l’Istat, anche a fare valutazione delle politiche pubbliche ex ante ed ex post”.

"Quello che emerge dal settimo rapporto è che le imprese ce la possono fare, specialmente le piccole imprese, se stanno in filiera. Non è solo un discorso di catena produttiva, ma è una circolazione di dati, mettere in comune delle competenze, lavorare insieme sulla conoscenza aumentata". Lo ha dichiarato Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager, intervenuto oggi a Roma alla presentazione del settimo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata'.
Cuzzilla ha evidenziato come l’evoluzione digitale renda necessario un investimento deciso sulle competenze manageriali e sull’innovazione delle piccole e medie imprese. "Per affrontare questa nuova era digitale - prosegue - servono anche delle competenze, perciò un lavoro importante su un reskilling di manager, un lavoro sulle piccole e medie imprese italiane che devono avere il supporto, ma nello stesso tempo devono stare più in rete perché ancora hanno paura di affrontare l'intelligenza artificiale che, invece, deve essere vista come una risorsa".
Il presidente di 4.Manager ha richiamato la necessità di valorizzare il patrimonio di conoscenza del sistema produttivo italiano, mettendo in relazione imprese di dimensioni diverse: "Dobbiamo mettere a fattore comune tutti i nostri vantaggi, tutto il nostro sapere, la conoscenza che è la nostra forza: non solo dei prodotti, ma anche della gestione del dato. Dobbiamo costruire un dialogo sulla fornitura e sulle competenze per affrontare le sfide esterne perché il mondo fuori dall'Europa è sempre più competitivo. Tutto questo va fatto in un’ottica di sistema, perché dopo una crisi pandemica, una crisi energetica e una crisi bellica, un’impresa da sola, anche se forte, non ce la può fare ad affrontare le sfide future".

"In un’economia globale sempre più complessa e interdipendente, rafforzare le filiere significa rafforzare l’Italia, aumentare la creazione di valore aggiunto, sostenere l’export, creare nuove competenze, accelerare la transizione tecnologica e ambientale. Filiera oggi non significa più soltanto un insieme di imprese che operano nello stesso settore ma è espressione di ecosistemi vivi, reti di competenze, relazioni e innovazione". A dirlo oggi l’amministratore delegato di Invitalia Bernardo Mattarella, intervenendo alla presentazione del rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata.
"E proprio in questi ecosistemi - spiega - si gioca la capacità dell’Italia di generare valore aggiunto, export, occupazione qualificata e crescita duratura. In questo contesto, Invitalia è diventata un attore chiave. Nell’ultimo anno abbiamo sostenuto come Gruppo più di 63.000 progetti d’impresa, attivando 17,4 miliardi di investimenti e concedendo quasi 6 miliardi di agevolazioni. Ma al di là dei numeri, ciò che conta è la portata più ampia che questi interventi sviluppano non solo a vantaggio del singolo beneficiario ma a favore dell’intero sistema Paese".
"E' così - afferma - che un investimento diventa politica industriale. Invitalia contribuisce a costruire le condizioni abilitanti per lo sviluppo delle filiere, infrastrutture materiali, digitali, sociali e culturali che connettono imprese, comunità e territori, mettendo a disposizione strumenti finanziari, competenze, capacità progettuale e relazioni, ma soprattutto un solido sistema di governance".

L’Italia delle filiere vale 2.600 miliardi di euro, quasi 500 miliardi di export e oltre 17 milioni di occupati. Ma il nuovo rapporto dell’Osservatorio 4.Manager, 'Le filiere produttive nell’era della conoscenza aumentata', mostra che la competitività non si misura più solo in produzione: oggi si misura nella capacità di generare, trasferire e proteggere conoscenza lungo le catene del valore. “Il nostro sistema produttivo - afferma Stefano Cuzzilla, presidente di 4.Manager - ha gli asset per abitare il futuro: creatività, tecnologia, filiere che generano valore. Ma nella quinta rivoluzione industriale la competitività cresce solo se questi asset si parlano. Quando saperi e competenze circolano, il sistema diventa generativo, non estrattivo: entra uno e può uscire mille. È la logica dell’impresa 5.0: dobbiamo rafforzare le leve che la alimentano, dalle politiche di filiera alla cultura d’impresa, dalle piattaforme condivise a una leadership capace di integrare persone e tecnologie. In questo modo l’Ai diventa un vero moltiplicatore di crescita e posiziona il nostro Paese tra i protagonisti della competizione globale nella nuova economia della conoscenza”.
Il Rapporto lo dice chiaramente: la cultura di filiera non è un lascito del passato, è la strategia d’adattamento al futuro in cui le imprese capofila sono gli hub strategici del sistema: definiscono la direzione, diffondono standard, accelerano l’innovazione e innalzano la qualità dell’intera catena del valore. Questi sistemi produttivi non sono più catene lineari, ma ecosistemi cognitivi.
A questa lettura qualitativa si affianca un’analisi economica che ne misura la portata reale. Le filiere ad elevata rilevanza sistemica individuate da Istat - dall’Agroalimentare all’Energia, dalla Farmaceutica all’Abbigliamento, dalla Meccanica all’Ict - generano oltre il 56% del valore aggiunto nazionale e il 67% dell’export, mostrando come la forza dell’Italia risieda nella capacità di integrare produzione, mercati internazionali e conoscenza. Nei comparti a maggiore intensità cognitiva la produttività per addetto varia dai 269.000 euro della Chimica, ai 137.000 euro della Metallurgica. Questi ambiti rappresentano oggi una componente essenziale dell’economia nazionale, contribuendo in modo determinante alla capacità di crescita del sistema produttivo.
Per sostenere questo modello di sviluppo, il Rapporto individua i fronti strategici su cui l’Italia è chiamata a progredire, mostrano margini di miglioramento rilevanti-
-Digitale. Il processo di trasformazione digitale è in corso, ma presenta livelli di adozione ancora contenuti. L’8,2% delle imprese utilizza l’Ai integrata nei propri processi produttivi (Ue 13,5%) e il 45,8% della popolazione possiede competenze digitali di base (Ue 55,6%). I servizi pubblici digitali per le imprese si collocano su valori prossimi alla media europea (80,9% contro 86,2%).
-Etica, Governance dell’AI e Cybersicurezza. Resta cruciale anche il tema della governance dell’Ai, strettamente legato alla cybersicurezza come componente essenziale dei sistemi produttivi avanzati. Quasi un’impresa su quattro segnala che gli aspetti etici rappresentano un ostacolo all’adozione dell’Ai, in particolare per la necessità di definire standard su protezione dei dati, trasparenza algoritmica e responsabilità nelle decisioni automatizzate. A questo si aggiunge la crescente attenzione alla sicurezza informatica: filiere più digitalizzate richiedono infrastrutture resilienti e capacità di prevenire attacchi che possono compromettere flussi informativi strategici.
-Capitale manageriale e competenze: i manager del futuro come orchestratori della conoscenza. Il tema delle competenze e del capitale manageriale rappresenta uno snodo decisivo per la competitività dei sistemi produttivi. Il disallineamento tra domanda e offerta di profili qualificati è evidente soprattutto nelle posizioni ad alta complessità: nel 2024 quasi il 10% delle nuove assunzioni dirigenziali riguarda i Supply Chain Manager - profili che combinano competenze manageriali e specializzazioni in Ict, dati e sostenibilità – ma oltre il 50% delle imprese segnala difficoltà nel reperirli. A questo si aggiungono squilibri strutturali: oltre il 40% dei dirigenti ha più di 55 anni e solo il 22% è donna, fattori che limitano l’ingresso di nuove professionalità nei ruoli apicali.
La fotografia del tasso di managerialità - che misura la presenza e l’intensità dell’azione dei dirigenti nelle filiere - conferma quanto il capitale manageriale sia un moltiplicatore competitivo. Le filiere ad alta intensità cognitiva, come Chimica (274), Ict (238) e Farmaceutica (231), registrano i valori più elevati, mentre Turismo (24), Logistica e Costruzioni (57) evidenziano una capacità più limitata di attivare innovazione e crescita. In questo scenario emerge con chiarezza il profilo del manager del futuro, destinato a diventare un vero orchestratore della conoscenza: non un semplice specialista verticale, ma una figura capace di leggere i cambiamenti, connettere competenze eterogenee e trasformare dati, tecnologie e saperi in direzione strategica.
Per Stefano Cuzzilla, “sostenere l’evoluzione del Made in Italy significa affrontare una nuova fase competitiva che richiede una vera cultura di filiera, politiche industriali innovative di Sistema e un dialogo istituzionale più solido". "Una direzione pienamente coerente con la mission di 4.Manager, che punta a diffondere cultura d’impresa e a rafforzare le competenze necessarie a far crescere le filiere come ecosistemi integrati”, sottolinea.
Su questa visione si articolano le tre direzioni operative fondamentali per i prossimi anni.
Primo asse, infrastrutture della conoscenza: servono piattaforme di dati condivisi, standard comuni, un Osservatorio permanente sulle filiere del Made in Italy e strumenti di skills intelligence per aiutare le imprese a identificare rapidamente le competenze manageriali di cui hanno bisogno. Secondo asse, trasformazione digitale delle imprese: è necessario accelerare la digitalizzazione delle pmi, integrarle nelle reti delle grandi imprese capofila e sostenerle nell’adozione dell’intelligenza artificiale lungo tutti i passaggi delle filiere produttive. Terzo asse, capitale manageriale: il Paese deve investire sui manager del futuro attraverso Academy, percorsi di upskilling e reskilling, esperienze in filiere diverse e programmi di mentorship che favoriscano ricambio generazionale e diffusione delle competenze chiave.
"Parlare oggi di filiere nell’era della Conoscenza Aumentata - dichiara Giuseppe Torre, responsabile scientifico dell’Osservatorio 4.Manager - significa riconoscere che questi sofisticati ecosistemi produttivi non sono più semplicemente 'trasformatori di materia', ma ecosistemi cognitivi che trasformano i saperi in 'saper fare' e il 'saper fare' in prodotti e servizi di elevatissimo valore. Se osserviamo le filiere da questa prospettiva, allora la politica industriale deve spostare il baricentro: non solo incentivi agli investimenti materiali, ma costruzione di data space di filiera, rafforzamento delle competenze dei leader e valorizzazione dei settori ad alta intensità di conoscenza".

“Il nostro obiettivo è fare in modo che lo sport diventi davvero un diritto per tutti, cosa che oggi non è, perché il primo ostacolo alla pratica sportiva resta quello economico”. Lo ha dichiarato Alessandro Onorato, assessore ai Grandi Eventi, Sport, Turismo e Moda di Roma Capitale, intervenuto al CSR Award 2025 all’Auditorium dell’Ara Pacis, l’iniziativa di Entain Italia dedicata ai progetti di inclusione sociale capaci di generare valore nei territori.
Onorato ha sottolineato il ruolo delle fondazioni e delle associazioni che, come quelle sostenute da Entain, “riescono ad arrivare dove talvolta le istituzioni non riescono”. Una collaborazione ritenuta “preziosissima” dall’assessore, che ha annunciato l’avvio di un progetto innovativo destinato a incidere profondamente sull’accessibilità dello sport a Roma: «Nei prossimi mesi abbiamo l'obiettivo di realizzare il primo impianto sportivo dove si potrà praticare attività totalmente gratuita. Un modello che supera il concetto del prezzo calmierato: sarà uno spazio aperto, uno sport senza frontiere, dove chiunque potrà allenarsi senza pagare un euro”.
Accanto alle nuove infrastrutture, Onorato ha ricordato anche le misure economiche a sostegno delle famiglie: “Il Comune distribuisce 6.000 voucher da 500 euro l’uno, per consentire a tante persone di far praticare sport ai propri figli quando non riuscirebbero a sostenerne i costi”.

Emergenza in casa Juventus. La squadra bianconera, che ha superato gli ottavi di finale di Coppa Italia battendo l'Udinese per 2-0, deve fare i conti con diversi infortuni che stanno limitando le rotazioni di Luciano Spalletti. L'ultimo a finire ko, in ordine di tempo, è stato Federico Gatti, infortunatosi proprio nel match con i friulani, mentre nell'ultimo turno di campionato era stato Dusan Vlahovic a fermarsi. Le loro assenze si aggiungono a lungodegenti come Bremer, Rugani e Milik.
Juventus, l'emergenza in difesa
La Juventus, insomma, sta affrontando una vera e propria emergenza, soprattutto in difesa. Gatti si è procurato una lesione al menisco e sarà operato[1], restando fuori per diversi mesi e lasciando Spalletti con le scelte contate nel reparto arretrato. A disposizione del tecnico bianconero ci sono infatti soltanto Kalulu, Kelly e Koopmeiners, reinventato braccetto nella 'nuova' difesa a tre dell'ex allenatore del Napoli, oltre al giovane della Next Gen Pedro Felipe e a Joao Mario, che potrebbe essere spostato più indietro in caso di necessità.
Ci vorrà ancora tempo per il rientro di Bremer e Rugani. Il difensore brasiliano si è lesionato il menisco a inizio stagione ed è stato costretto all'operazione, proprio come Gatti, e il suo rientro in gruppo è previsto per metà dicembre, ma prima di immaginarlo in campo servirà altro tempo. Stessi tempi anche Daniele Rugani, out per una lesione di basso grado al soleo.
L'enigma Vlahovic
Il vero enigma in casa Juventus riguarda Dusan Vlahovic. L'attaccante bianconero, che ha il contratto in scadenza nel 2026, ha rimediato una "lesione di alto grado" all'adduttore sinistro, un problema che lo terrà lontano dai campi per diversi mesi. Il giocatore potrebbe decidere di operarsi[2] per provare ad accorciare i tempi di recupero.
"Per quanto riguarda i tempi precisi bisogna parlare con i medici, perché sono loro che sanno le cose. Credo che 2/3 mesi fuori possano essere sufficienti", ha detto l'allenatore bianconero Luciano Spalletti, in conferenza stampa alla vigilia del match di Coppa Italia contro l'Udinese.
"Il calcio in generale è un pallone che gira e crea occasioni di continuo. Ora è questione di coglierle e saperle vedere, perciò è possibile tutto ma io preferivo averlo a disposizione, perché era molto dentro alla squadra", ha aggiunto Spalletti. Sempre in attacco appare lontano ancora il rientro di Milik, fuori dalla scorsa stagione.

“Credo che le istituzioni stiano cogliendo il percorso che abbiamo intrapreso, anche se con il termine istituzioni intendiamo realtà molto diverse tra loro. A livello centrale – spesso – il messaggio arriva con chiarezza. Le difficoltà emergono quando si parla di creare rete sui territori, perché sono le persone, più che i vincoli di bilancio, a rendere più complesso trasformare le idee in progetti concreti”. È quanto afferma Andrea Faelli, responsabile del Gruppo Entain in Italia, intervenuto alla quarta edizione del Csr Award, l’iniziativa di Entain Italia dedicata ai progetti di inclusione sociale capaci di generare valore reale per persone e comunità, ospitata all’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma.
Faelli sottolinea come il nodo cruciale sia “fare rete” tra associazioni, terzo settore, enti locali e imprese: “In Italia tutte queste realtà sono consapevoli delle possibilità che abbiamo davanti. La vera sfida sta nella traduzione operativa, nei piccoli step necessari perché una buona idea diventi realtà”. Un passaggio chiave, secondo Faelli, per far sì che sport, inclusione e responsabilità sociale possano incidere davvero sul territorio, soprattutto nelle comunità più fragili.
“Il nostro impegno”, conclude Faelli, “è continuare a costruire ponti e facilitare processi, perché solo così i progetti possono generare valore concreto e duraturo”.

Cbre, leader globale nei servizi e nella consulenza in commercial real estate, annuncia i risultati della nuova ‘Beyond space Italy office workers survey 2025’, realizzata in collaborazione con l’istituto AstraRicerche. L'indagine è stata condotta su un campione di oltre mille lavoratori in tutto il territorio nazionale che utilizzano l'ufficio almeno tre giorni a settimana, garantendo così una prospettiva concreta sull'uso degli spazi lavorativi. I dati delineano una trasformazione radicale degli spazi di lavoro: da centro di costo a leva strategica fondamentale per attrarre talenti, definire l'identità di brand e guidare le performance di business.
“La nostra analisi - commenta Giulia Ghiani, head of research Italy di Cbre - non è solo una fotografia del presente, ma una bussola per il futuro del real estate. Abbiamo individuato una chiara evoluzione delle aspettative, soprattutto da parte delle nuove generazioni, che impongono un ripensamento sia degli spazi fisici che dell'intero ecosistema lavorativo. Comprendere queste dinamiche è cruciale per creare ambienti che siano veramente abilitanti per le persone e strategici per il business”.
La vera rivoluzione arriva dalle ‘new people’, i talenti della Gen Z, che stanno suggerendo nuove regole dell'ufficio. Per loro, lo spazio di lavoro è ‘qualcosa di più’ di una semplice postazione. Dalla survey emerge che l'aspetto più importante dell'ufficio per il 26% della Gen Z è la capacità di ‘promuovere benessere e socialità’, una percentuale nettamente superiore a quella dei Millennial (18%) e della Gen X (16%). La socialità non è più vista come una pausa dal lavoro, ma come un vero e proprio strumento in grado di migliorare produttività e benessere: per la Gen Z contribuisce in primis a "migliorare la collaborazione con i colleghi" (43%) e a ‘sentirsi parte di una comunità’ (38% rispetto al 25% del campione totale). Nella scelta di un'opportunità di lavoro, le priorità di questa generazione sono il benessere fisico e mentale (44%) e l'equità nella partecipazione (32%).
Questa nuova domanda di spazi esperienziali si scontra con un mercato caratterizzato da una forte polarizzazione. La domanda di uffici di Grado A nei central business district (cbd) ha portato i tassi di disponibilità (vacancy) per questi immobili a livelli minimi: lo 0,90% dello stock Uffici a Milano e lo 0,62% a Roma. Questa scarsità di prodotto ha spinto i canoni prime a nuovi record, toccando i 760 euro/mq/anno a Milano, il secondo canone di locazione più alto in Europa. La soluzione emerge dai dati sui lavoratori: la centralità non è una condizione indispensabile. Oggi, infatti, la maggioranza dei lavoratori (44%) preferirebbe un ufficio in zone semicentrali, a patto che siano garantiti una buona offerta di servizi di prossimità (ristorazione e attività commerciali) e un buon equilibrio di accessibilità con mobilità dolce, mezzi pubblici e trasporto privati. (segue)
L'ufficio del futuro deve saper bilanciare due esigenze apparentemente opposte: massima produttività e massimo benessere. Da un lato, i lavoratori chiedono performance: l'89% ritiene fondamentale un ambiente progettato per massimizzare la produttività (scrivanie regolabili, possibilità di utilizzare più schermi) e l'85% chiede aree silenziose (quiet room) per la concentrazione. Dall'altro lato, il benessere passa dalla convivialità: l'89% dei lavoratori ritiene fondamentali o importanti gli spazi per il pranzo/aree comuni e l'87% la sala caffè/cucina attrezzata. L'azienda, in questo contesto, diventa un abilitatore di socialità: per il 50% delle persone, le semplici pause caffè informali sono l'attività più efficace per migliorare la socialità, seguite dai pranzi condivisi (36%), spazi relax più accoglienti (35%) ed eventi aziendali informali (34%).
“Questi dati - spiega Fabio Mantegazza, head of leasing Italy di Cbre - confermano che la strategia localizzativa e il design degli spazi sono diventati critici per le performance aziendali. Oggi le aziende non possono più limitarsi a progettare uffici, ma è il momento di creare vere e proprie esperienze. L'immobile rappresenta il primo biglietto da visita della cultura aziendale e il suo successo si misura sempre di più in termini di engagement e benessere delle persone, non solo in metri quadri. Queste evidenze non possono essere ignorate delle aziende ed è importante trasformare queste sfide in opportunità strategiche”. Beyond space Italy office workers survey 2025 conferma, dunque, il ruolo cruciale dell'ufficio come adaptive space strategico. Per la Gen Z è un luogo di community e appartenenza, mentre per i leader aziendali è l'asset chiave per attrarre talenti e garantire crescita. La strategia vincente, quindi, risiede nell'equilibrio tra sostenibilità, flessibilità e socialità.

Si è tenuta oggi, presso l’Auditorium dell’Ara Pacis a Roma, la quarta edizione del Csr Award, l’iniziativa di Entain Italia dedicata ai progetti di inclusione sociale capaci di generare valore reale per le persone e le comunità, grazie alla collaborazione fra istituzioni, aziende e comunità locali.
L’edizione 2025 si è aperta con la tavola rotonda, dal titolo “Co-progettare per creare valore: l’alleanza tra istituzioni, impresa e territorio”, con la partecipazione di rappresentanti del mondo istituzionale, sportivo e del terzo settore, tra cui Andrea De Maria, Deputato del Partito Democratico - Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di sicurezza e sullo stato di degrado delle città e delle loro periferie, Rocco Giorgianni, Senior Manager Public Affairs & Sustainability AC Milan, Stefano Gobbi, Responsabile terzo settore e innovazione di Sport e Salute, Giuseppe Incocciati, Consigliere del Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, Camera dei Deputati, Alessandro Onorato, Assessore ai Grandi Eventi, Sport e Turismo, Comune di Roma, Andrea Rossi, Deputato del Partito Democratico, Commissione XIII, Giulia Russo, Dirigente della Casa circondariale di Poggioreale, Dario Marcolin, ex calciatore italiano ora allenatore e opinionista televisivo.
Nel corso del dibattito i partecipanti hanno sottolineato la necessità di portare avanti nei territori una mappatura e una pianificazione attenta degli investimenti in quelle infrastrutture, sportive e non, che sono essenziali per costruire inclusione e coesione sociale.
È stata inoltre ribadita l’importanza di una collaborazione strutturale tra pubblico, privato e terzo settore, che consenta di realizzare, nel coordinamento fra i rispettivi ruoli, progetti di rilievo che abbiano un impatto concreto e durevole. Ciò è possibile mettendo in atto un processo virtuoso, che parte dall’ascolto dei bisogni dei territori, passando per la creazione di reti che consentono la condivisione di competenze, risorse e responsabilità, con il controllo attento del processo e fino alla misurazione del risultato nel tempo. In questo percorso il Csr Award vuole assumere un ruolo rilevante come abilitatore di progetti d’impatto all’interno di una filiera di co-creazione di valore futuro, insieme alle istituzioni e alle associazioni impegnate nei territori.
“Siamo orgogliosi dell’esperienza maturata in questi anni e di quanto sia cresciuta la piattaforma del CSR Award” ha affermato Andrea Faelli, Responsabile del Gruppo Entain in Italia “È oggi un riferimento per istituzioni, per le aziende e per le associazioni che sono pronte a collaborare per realizzare progetti capaci di generare inclusione, benessere e nuove opportunità per le comunità locali.”
Ha aggiunto Giuliano Guinci, Public Affairs, Sustainability & Retail Operations Director del Gruppo Entain in Italia: “Per avere un impatto reale e duraturo è necessario un impegno condiviso, una vera e propria “co-creazione di valore”: il CSR Award rappresenta un punto di incontro tra le esigenze dei territori e la responsabilità delle imprese, e siamo orgogliosi di vederlo crescere e produrre risultati tangibili. La forza della nostra iniziativa sta proprio nel creare reti forti e capaci, in grado di rispondere alle sfide sociali con soluzioni concrete”.
I lavori sono proseguiti con la presentazione da parte delle associazioni dei progetti sostenuti da Entain: Asd Baseball Softclub Rovigo con il progetto “Oltre il Baseball”, che mira a creare il primo campo inclusivo di baseball5 per persone con disabilità visiva e cognitiva. A.S.D. Salento Wolves con il progetto “Mobilità e Logistica”, finalizzato all’acquisto di un mezzo di trasporto per facilitare il trasferimento delle carrozzine da calcio degli atleti con disabilità. Csi Modena Aps con il progetto “Sport di strada – Gioca la tua città” che mira a riattivare spazi pubblici sottoutilizzati, come piazze e parchi, trasformandoli in luoghi di aggregazione giovanile e conviviale.
Kim con il progetto “Casa Futuro”, che mira a creare la prima comunità di accoglienza energeticamente autonoma e a basso impatto ambientale. Sportfund Fondazione per lo Sport Onlus con il progetto #Giocolibero, per la riqualificazione un campo multifunzionale dei Giardini Margherita di Bologna. Ssd Santa Lucia Sport con il progetto “Sport Access Hub”, che prevede l’acquisto di attrezzature specialistiche, come carrozzine sportive per praticare wheelchair basket. Seconda Chance e Sport Senza Frontiere con il progetto “Rigiocare il Futuro”, che continuerà ad essere supportato da Entain per il proseguimento delle attività di formazione all’interno del carcere e non solo.
Sportinsieme con il progetto “Padel Mixto con e senza disabilità sullo stesso campo” prevede allenamenti e tornei di padel tra persone con disabilità e normodotati. YouSport con il progetto “Campi Guaineri” ha previsto la riqualificazione di due impianti sportivi all’interno dell’Istituto Comprensivo Rinnovata Pizzigoni, nella periferia nord della città di Milano.

La Procura di Milano ha chiuso le indagini sull'incidente stradale del 24 novembre 2024 che ha portato alla morte di Ramy Elgaml. Otto in tutto gli indagati: sette carabinieri e Fares Bouzidi, l'amico della vittima che guidava lo scooter che ha finito la sua corsa - dopo una fuga di circa otto chilometri nelle vie del centro - contro un semaforo, all'incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta.
Sia Fares che il carabiniere Antonio Lenoci devono rispondere di omicidio stradale; per Lenoci l'accusa è anche di lesioni. I militari Mario Di Micco, Luigi Paternuosto, Federico Botteghin e Bruno Zanotto devono rispondere di frode e depistaggio per aver fatto cancellare i video ripresi con un cellulare da due testimoni.
Inoltre quattro militari - Lenoci, Paternuosto, Ilario Castello e Nicola Ignazio Zuddas - devono rispondere di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici per aver nascosto la presenza di una telecamera dashcam sull'auto e di una bodycam personale, "dispositivi che riprendevano l'intera fase dell'inseguimento". Castello e Zuddas devono rispondere anche di falso per le dichiarazioni rese ai pubblici ministeri.
''Carabinieri a processo per la morte di Ramy? Un’altra richiesta assurda e vergognosa. Onore all’Arma e alle nostre Forze dell’Ordine! Riforma della Giustizia? SÌ, grazie'', scrive su X il leader della Lega Matteo Salvini.

In uno scenario mondiale in continuo movimento, tra sempre più guerre e instabilità, c'è un nuovo scenario in cui si 'gioca' sempre più il potere economico globale. Un luogo da secoli 'immobile' ma che ora potrebbe diventare un crocevia decisivo nello scontro tra potenze mondiali. A 'raccontarlo' arriva, edito in Italia da Luiss University Press, 'La legge del nord. La conquista dell'Artico e il nuovo dominio mondiale' di Mary Thompson-Jones. Il rapido scioglimento dei ghiacci artici sta riscrivendo la geografia del potere globale e il Polo nord quindi non è più un margine bianco sulle mappe: là dove per secoli ha regnato appunto l’immobilità, oggi pulsa il cuore instabile della politica mondiale.
Il Nord raccontato da Mary Thompson-Jones non è più quello remoto e impenetrabile dei romanzi d’avventura, ma la nuova frontiera della geopolitica contemporanea: una scacchiera dove si intrecciano rotte commerciali, ambizioni militari e crisi climatica. Il disgelo impone una diversa geografia del pianeta, apre passaggi tra continenti e porta alla luce giacimenti di gas e terre rare. Russia, Cina e Stati Uniti si contendono il controllo delle nuove vie marittime e degli avamposti strategici – dalla Penisola di Kola alla Groenlandia, fino alla Norvegia, alla Finlandia e ai Paesi Baltici – sempre più centrali nella contesa tra Nato e alleanza russo-cinese. Qui si combatte una guerra silenziosa, fatta di sottomarini, satelliti, poli scientifici e navi rompighiaccio, in un contesto di giurisdizioni che si spostano alla deriva come iceberg. Il confine tra cooperazione e conflitto è più sottile del ghiaccio che si frantuma. Thompson-Jones va oltre la cronaca: intreccia mito e realtà, rievocando le esplorazioni del Passaggio a Nord-Ovest, la resilienza del popolo Sámi e le mappe che trasformarono il Polo in un sogno di potere e di purezza. In un fragile equilibrio tra sicurezza, diplomazia e giustizia climatica, La legge del Nord mostra come, tra i ghiacci che si ritirano, si stia decidendo il vero futuro del dominio mondiale.
Mary Thompson-Jones è tra le massime esperte mondiali di sicurezza nazionale, con esperienza nel campo della marina militare e della geopolitica delle rotte oceaniche. Già foreign service officer, ha ricevuto incarichi diplomatici in Canada, Guatemala e Spagna. Professoressa in Sicurezza nazionale presso l’U.S. Naval War College, è autrice di To the Secretary (2016). La legge del Nord è il suo primo libro tradotto in italiano.

L’accesso alla cultura è fondamentale per la crescita delle persone con disabilità intellettive, è un’occasione unica per sperimentare nuove modalità e strumenti di comunicazione, meno rigidi e fondamentali per entrare in contatto con le proprie emozioni e condividere esperienze. E' uno degli aspetti emersi da un’indagine condotta da Iqvia - su circa 1.200 persone tra popolazione generale, caregiver e professionisti che assistono persone con disabilità intellettive - in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.
L'indagine rientra nell'impegno del Fondo per l’Ambiente Italiano Ets (Fai) per rendere il patrimonio storico, artistico e paesaggistico accessibile a un pubblico sempre più ampio, promuovendo la piena partecipazione delle persone alla vita culturale, in linea con l’articolo 30 della Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità. Un percorso che la Fondazione porta avanti attraverso progetti sviluppati in collaborazione con enti e associazioni del territorio, con l’obiettivo di ridurre le barriere sensoriali e cognitive e di costruire esperienze di visita sempre più inclusive e partecipative. Tra le iniziative più longeve, 'Museo per tutti' - ideato e realizzato dall’associazione L’abilità onlus con il supporto di Viatris, azienda globale che opera nell’ambito della salute - rappresenta da anni un modello di accessibilità culturale, in grado di rendere i beni del Fai sempre più fruibili per le persone con disabilità intellettive e i loro caregiver. Un percorso di accessibilità e inclusione in costante evoluzione, che dal 2016 ad oggi ha visto 16 beni della Fondazione entrare a far parte di questa rete.
La survey, presentata oggi - condotta tra marzo e aprile 2025 con la consulenza di L’abilità, che ha supportato sia la progettazione della ricerca sia l’individuazione di caregiver e operatori - fa emergere come caregiver e operatori considerino l’accesso alla cultura fondamentale per la crescita delle persone con disabilità intellettive. Gli intervistati indicano con chiarezza le azioni da intraprendere per rendere i luoghi di cultura sempre più inclusivi e accessibili: la formazione del personale, la presenza di materiale informativo facilitato e la creazione di percorsi dedicati. L’indagine rivela inoltre quanto ancora sia limitata la conoscenza delle disabilità intellettive, il 54% della popolazione dichiara di non averne consapevolezza, questo pone ancora con maggiore evidenza l’importanza di progetti mirati all’inclusione e sensibilizzazione verso questa tipologia di disabilità.
Se si considerano poi gli ambiti fondamentali per il benessere e la qualità della vita - istruzione, crescita professionale, attività ricreative, sportive, culturali e relazionali - dall'indagine emergono differenze nelle percezioni della loro importanza tra le diverse popolazioni intervistate. Per la popolazione generale, l’istruzione è l’ambito più rilevante per il benessere (68%), seguita dalla crescita professionale (57%), mentre solo il 31% considera centrali per una vita piena e soddisfacente le attività culturali come la visita a mostre e musei. Il dato cambia notevolmente quando la stessa domanda viene posta a operatori e caregiver: pur ritenendo fondamentali formazione e lavoro, attribuiscono grande valore anche alle attività culturali, con un dato raddoppiato rispetto alla popolazione generale (rispettivamente il 67% e 70%). L’importanza del patrimonio artistico e culturale è riconosciuta da tutti, ma con diversa intensità: l’85% della popolazione generale lo considera utile al benessere personale, ma solo il 38% lo ritiene molto importante, percentuale che sale al 69% tra i caregiver e al 76% tra gli operatori. Il divario aumenta sulla sua fruibilità: se per il 23% della popolazione generale il patrimonio risulta poco o per nulla accessibile, la quota sale al 71% tra i caregiver e al 74% tra gli operatori, che vivono più da vicino le difficoltà di inclusione.
“Quando parliamo di disabilità intellettiva – spiega Carlo Riva, direttore dei servizi di L’abilità onlus e ideatore di 'Museo per tutti' – ci riferiamo a una condizione che riguarda la capacità di comprendere informazioni complesse, orientarsi in contesti nuovi, comunicare bisogni ed emozioni. Non è una fragilità rara, ma una realtà che coinvolge molte famiglie e che, come mostra l’indagine, oltre la metà degli intervistati ancora non conosce. Questa scarsa consapevolezza genera ostacoli concreti: caregiver e operatori raccontano visite spesso faticose, solitarie, prive di strumenti adeguati. Eppure, l’accesso ai luoghi della bellezza e della conoscenza è essenziale per una vita piena per tutti. È per questo che il percorso di Museo per tutti avviato da L’abilità anche con il FAI è così importante: abbiamo il dovere di progettare insieme alle persone, ascoltare i loro bisogni e rendere ogni esperienza di visita possibile, inclusiva e davvero accogliente”.
La poca inclusività emerge ancor più chiaramente dalle sensazioni provate durante una visita culturale in un museo o una mostra: mentre la popolazione generale si sente appagata dall’esperienza (58%) e accolta (38%), il 32% dei caregiver riferisce sensazioni negative, legate a disagio, solitudine, mancanza di spiegazioni adeguate e fatica. In caso di accoglienza inclusiva, si genera quasi stupore per la poca consuetudine a questo tipo di supporto. Anche il 19% degli operatori riporta delle sensazioni negative, determinate da un senso di abbandono, poca inclusività e una necessità di interventi frequenti da parte loro per rendere possibile la fruizione dell’esperienza alla persona con disabilità intellettive. Anche la frequenza delle visite è bassa: dichiara di non andare mai o quasi mai a mostre e musei il 40% della popolazione generale, il 55% dei caregiver e il 57% degli operatori. Le motivazioni differiscono: per il pubblico generale prevalgono mancanza di tempo, costi e difficoltà logistiche (34%, 26% e 19%), mentre caregiver e operatori citano soprattutto la complessità organizzativa (46% e 47%) e la carenza di informazioni adatte alle persone con disabilità intellettive (25% e 12%). Secondo caregiver e operatori, la cultura è l’ambito in cui famiglie e persone con disabilità intellettive ricevono meno supporto (79% e 75%), seguito da lavoro e ambito ricreativo, a differenza di scuola e sport, dove i servizi e il personale dedicato risultano più presenti.
Il mondo della cultura appare oggi solo in parte pronto ad 'accogliere la disabilità'. Nonostante i caregiver e gli operatori riconoscano i progressi nell’inclusione rispetto a qualche anno fa in questo ambito, emergono alcune aree di miglioramento per rendere l’ambiente ancora più inclusivo, come modulare offerte calibrate sulle diverse sensibilità, anche a seconda dei diversi linguaggi artistici, e proporre percorsi dedicati, ad esempio selezionando alcune opere e prevedendo un tempo di fruizione adeguato. Tra gli strumenti ritenuti più utili da caregiver e operatori figurano anche personale formato, laboratori educativi inclusivi e materiali informativi con didascalie e guide in linguaggio semplice.
Molte di queste indicazioni confermano la validità della direzione già intrapresa dall’iniziativa “Museo per tutti” di L’abilità Onlus, sottolineando l’importanza di progetti che promuovono inclusività e accessibilità culturale, permettendo a tutti i visitatori di vivere pienamente e senza difficoltà i Beni del Fai. "I risultati della ricerca offrono indicazioni utili per comprendere al meglio le esigenze delle persone e orientare in modo sempre più consapevole la definizione dei materiali, degli strumenti di comunicazione e dell’organizzazione delle visite. Il nostro obiettivo è rendere la fruizione dei Beni Fai quanto più agevole e completa per tutti. Questo approccio continua a guidare il nostro lavoro quotidiano, grazie anche al prezioso sostegno di Viatris”, sottolinea Davide Usai, Direttore Generale Fai.
"Questa indagine conferma l’importanza dell’accesso alla cultura per tutti, senza alcuna distinzione: siamo felici di supportare Museo per tutti che si pone proprio questo obiettivo", dichiara Fabio Torriglia, Country Manager di Viatris Italia. "In Viatris, l'accesso è fondamentale per la nostra mission di consentire alle persone nel mondo di vivere una vita più sana in ogni sua fase. Prende il via dalla nostra capacità di offrire in modo sostenibile farmaci di alta qualità alle persone, indipendentemente dal luogo o dal contesto di riferimento. Ma il nostro impegno per l'accesso va oltre: diamo il nostro contributo alla creazione di comunità sane e inclusive, dove tutti hanno accesso alle stesse opportunità”.
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