
Nei giorni in cui la Camera dei deputati vota il disegno di legge presentato dal ministro dell'Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara relativo alle Disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico, è tornato al centro del dibattito pubblico il tema dell'educazione affettiva e sessuale nelle scuole. I dati dell'Osservatorio 'Giovani e sessualità' di Durex, condotto in collaborazione con Skuola.net tra maggio e giugno 2025 su un campione di 15mila giovani tra gli 11 e i 24 anni, dicono che 9 giovani su 10 richiedono l'introduzione dell'educazione sessuale a scuola.
In particolare - riporta una nota - desiderando affrontare temi come l'informazione sulle Ist (infezioni sessualmente trasmesse) e sulla protezione (54%), e sul consenso nelle relazioni affettive (48%), con il supporto di professionisti qualificati. Il 72,2%, infatti, ritiene che medici, psicologi ed esperti del settore siano le figure più idonee a guidare un percorso educativo serio e informato. L'ottava edizione dell'indagine ha indagato anche il pensiero dei genitori: quasi 8 su 10 (78,6%) sono favorevoli all'introduzione di percorsi di educazione affettiva e sessuale nelle scuole, e il 45,3% ritiene che tali programmi dovrebbero partire già dalle scuole medie. Il 28,7% teme che i propri figli possano vivere relazioni tossiche e il 19,3% è preoccupato per il rischio di violenze sessuali. In un contesto, quello italiano, dove il 23,6% dei giovani dichiara di aver avuto il primo rapporto sessuale tra gli 11 e i 14 anni, questi aspetti non vanno sicuramente ignorati - sottolineano i promotori della survey - soprattutto considerando che la percentuale di coloro che non parlano di sessualità in famiglia è aumentata del 12% in un solo anno (dal 37% del 2024 al 49% del 2025). Tra le ragioni: il 46,8% non si sente a proprio agio nell'affrontare questi temi con i genitori, mentre per il 14,5%, si tratta di un vero e proprio tabù.
In assenza di dialogo a scuola o a casa, e con i rapporti sessuali sempre più precoci, giovani ritengono che per informarsi rimanga loro solo Internet, con tutti i rischi come l'accesso potenziale a contenuti pornografici. Il 53,2%, attratto dall'anonimato, dichiara di cercare online risposte su sessualità e contraccezione, informandosi con contenuti parziali, inappropriati, spesso lesivi, frequentemente scorretti e potenzialmente pericolosi. I comportamenti a rischio possono poi anche essere legati al sexting: quasi 1 giovane su 2 (47,2%) afferma infatti di inviare o ricevere contenuti sessualmente espliciti, con il fenomeno che interessa già il 30% dei ragazzi tra gli 11 e i 13 anni. Il 46% dichiara di aver ricevuto immagini o video a sfondo sessuale non richieste, percentuale che raggiunge il 50% tra le ragazze e il 42% nella fascia più giovane (11-13 anni). Proprio il consenso rimane un aspetto cruciale: 1 giovane su 5 ritiene che ci si possa sottrarre a un rapporto sessuale con il partner 'solo occasionalmente' e per il 40% la gelosia o la possessività eccessiva del partner sono solo 'possibili' segnali di una relazione da limitare.
"Il primo approccio alla sessualità avviene sempre più precocemente e, in assenza di un supporto qualificato, il rischio di esposizione a comportamenti a rischio e dannosi, a infezioni sessualmente trasmissibili e a gravidanze indesiderate è sempre più elevato", commenta Filippo Nimbi, psicologo, sessuologo clinico e segretario generale della European Federation of Sexology.
"Non possiamo lasciare i giovani da soli, non possiamo mettere a rischio la loro salute e serenità, non possiamo mostrare loro che un'alternativa c'è, ma non la si vuole cogliere e sperimentare, non possiamo far finta di non essere rimasti tra i pochi in Europa in questa situazione - rimarca l'esperto - E' fondamentale mostrarci finalmente maturi e dare loro la possibilità di usufruire dell'educazione affettiva e sessuale a scuola, basata sul coinvolgimento di esperti e professionisti qualificati e su un approccio scientifico e inclusivo".

Un allarme dopo l'altro dalla Russia. Dall'attacco in Polonia all'assalto contro la nave britannica. Poi, l'azione a Zaporizhzhia per provocare un disastro nucleare. Per chiudere, il tentativo ucraino di dirottare un Mig. Nel giro di un mese, o poco più, Mosca ha lanciato una serie di 'alert' denunciando piani e complotti elaborati da Kiev con la collaborazione di partner occidentali.
Le rivelazioni - sistematicamente giudicate inattendibili da Kiev - sono state firmate sempre dall'Svr, l'intelligence russa per l'estero, e rilanciate dall'agenzia Tass da fine settembre. Oggi, la nuova puntata con variazione sul tema: la Russia ha annunciato di aver sventato un piano di Kiev, che avrebbe provato a corrompere un pilota per ottenere il dirottamento di un Mig[1] destinato ad essere abbattuto sui cieli della Romania. Minaccia sventata, secondo Mosca.
La vicenda odierna, in base al resoconto della Tass, evidenzia un intervento preventivo efficace. Se si riavvolge il nastro, si osserva un copione consolidato nella guerra che si combatte anche nel campo dell'informazione. La Russia, a cadenza regolare, accende i riflettori su azioni, ritenute imminenti, che in realtà non si concretizzano.
Prima puntata, l'attacco in Polonia
La saga comincia il 30 settembre: "L'Ucraina prepara una provocazione in Polonia per coinvolgere la Nato nella guerra", ha affermato l'Svr, che ha prospettato un'operazione ucraina per favorire l'escalation in un clima già ad altissima tensione caratterizzato, alla fine dell'estate, da ripetuti sconfinamenti di aerei e droni russi su Polonia, Finlandia e Baltico.
L'operazione, secondo quanto dichiarato dall'intelligence e riportato dalla Tass, avrebbe dovuto coinvolgere un gruppo di sabotaggio e ricognizione che si sarebbe spacciato per forze speciali russe e bielorusse. L'obiettivo sarebbe stato un finto attacco a infrastrutture critiche polacche, secondo un piano ideato dalla Direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino (GUR) in collaborazione con l'intelligence polacca.
I gruppi di sabotaggio e ricognizione impiegati sarebbero stati composti da militanti della legione "Libertà per la Russia", riconosciuta come organizzazione terroristica e fuorilegge in Russia, e dal reggimento bielorusso Kalinovsky, considerato un'organizzazione terroristica in Bielorussia. Risultato? Nessun attacco in Polonia.
Seconda puntata il 6 ottobre, quando l'Svr ha annunciato che Londra avrebbe attaccato una nave straniera in Europa per creare un incidente e accusare la Russia. "Londra sta preparando una provocazione con un attacco di un gruppo di russi traditori che combattono al fianco delle forze armate ucraine contro una nave civile di uno Stato straniero in Europa", l'alert dei servizi.
Il coinvolgimento di "russi traditori" sarebbe servito a far ricadere la responsabilità dell'azione su Mosca: "Si prevede di fornire ai combattenti delle forze armate ucraine equipaggiamento subacqueo di produzione cinese", avevano aggiunto i servizi, evidenziando che "la provocazione ideata dalla Gran Bretagna contro la Russia ha anche lo scopo di screditare la Cina".
Ma perché il Regno Unito avrebbe dovuto compiere una simile azione? "Londra - secondo l'Svr- è furiosa perché i suoi sforzi pluriennali per ottenere una 'sconfitta strategica' della Russia e trasformarla in un paese emarginato stanno fallendo".
Terza puntata, il disastro a Zaporizhzhia
Si arriva al 6 novembre. L'Svr ha acceso i riflettori sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, controllata dalla Russia che ha invaso l'oblast e ha annesso la regione.
"L'Occidente si prepara a incolpare la Russia per un possibile incidente alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. I membri della Nato esortano Kiev a compiere una grande azione di sabotaggio con vittime tra gli ucraini e i cittadini dei paesi dell'Unione Europea, simile al disastro aereo MH17", si legge nel catastrofico messaggio dei servizi. La situazione nell'area della centrale, in realtà, non è mutata negli ultimi giorni.

In Italia, secondo i dati Istat, soffrono di Bpco circa 3,5 milioni di persone, pari al 5,6% della popolazione. Un numero probabilmente sottostimato, poiché spesso la malattia viene diagnosticata solo in occasione di ricoveri per riacutizzazioni (Bife 2023). Secondo il rapporto HealthSearch 2023, la prevalenza clinica della Bpco è del 2,7%, più alta negli uomini rispetto alle donne (3,2% vs 2,3%). Si tratta di una malattia 'invisibile' per il sistema sanitario, non sempre colta nella sua interezza dalla medicina generale, pur avendo un impatto profondo sulla salute del singolo e sui costi assistenziali. Le Linee guida Gold 2025 ricordano come la Bpco si associ frequentemente ad altre patologie croniche (cardiovascolari, metaboliche, osteoarticolari, neuropsichiatriche e oncologiche), aggravando la complessità del paziente.
Di fronte a questa patologia che non si vede, ma si sente - si legge in una nota - occorre puntare su tre mosse per dare scacco matto alla Bpco. La prima passa attraverso la diagnosi precoce e corretta, grazie alla spirometria. La seconda prevede la terapia appropriata già nello studio del medico di medicina generale, spezzando quella discrepanza tra bisogni dei pazienti ed effettivo riconoscimento del quadro. La terza mossa, che consentirà davvero il salto di qualità nella gestione della patologia respiratoria e delle sue complicanze, punta al miglioramento della funzionalità polmonare e della qualità di vita del paziente con riduzione della dispnea e delle riacutizzazioni. L'obiettivo di questo approccio sul territorio è non solo ridurre il burden della malattia per il paziente e i caregiver, ma anche favorire un ottimale controllo della spesa sanitaria grazie al minor rischio di ricoveri ospedalieri legati alle recidive della patologia respiratoria. A disegnare questo percorso virtuoso sono i risultati dello studio Aster pubblicato sull''International Journal of Copd', che ha visto protagonisti i medici di medicina generale.
La ricerca mostra come grazie a un approccio studiato su misura da parte del medico che opera sul territorio è possibile, nella vita reale, influire sul benessere dei pazienti con Bpco ottimizzando i trattamenti e favorendo l'appropriatezza prescrittiva e terapeutica. L'indagine ha consentito di descrivere i modelli di trattamento e gli esiti clinici della Bpco per 6 mesi, arruolando 385 pazienti con Bpco, da lieve a moderata, tra i 40 e gli 80 anni. Lo studio Aster analizza il trattamento della Bpco in medicina generale in Italia, focalizzando anche l'attenzione su particolari aspetti terapeutici, evidenziando come la diagnosi precoce, la rivalutazione del paziente e l'utilizzo di terapie più efficaci come i Laba/Lama, come terapie iniziali di mantenimento, impattino sui pazienti di nuova diagnosi.
"Dalla ricerca emerge chiaramente come sia fondamentale il ruolo dei medici di medicina generale italiani nella gestione della Bpco - commenta Alessandro Rossi, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg) - In presenza di linee guida chiare, sul territorio è possibile trattare e monitorare efficacemente i pazienti con Bpco, riducendo l'impatto della malattia e migliorando i risultati a lungo termine".
La ricerca conferma che il medico sul territorio sia adeguatamente formato sulla malattia. In particolare, considerando i principali fattori di rischio e i sintomi che debbono mettere in guardia. In queste condizioni, poi - prosegue la nota - l'esame spirometrico deve rappresentare la 'conditio sine qua non' per la diagnosi e l'inquadramento terapeutico del paziente. Attualmente la spirometria appare sottoutilizzata nella medicina generale e lo studio Aster dimostra che integrarla nella pratica clinica può fare la differenza. Soprattutto, molti pazienti con Bpco non ricevono trattamenti conformi alle raccomandazioni Gold. Aster dimostra che una gestione più strutturata può portare a un miglioramento clinico significativo. Il che significa modificare i percorsi di presa in carico per ottenere una gestione ottimale della Bpco, basata sulle linee guida, in grado di offrire benefici tangibili in termini di sintomi, riacutizzazioni e qualità della vita.
"Purtroppo - sottolinea - lo studio Aster mostra come per molti pazienti eleggibili non ci fosse una chiara diagnosi di Bpco precedente all'arruolamento, il che evidenzia l'importanza di uno screening della malattia e una diagnosi tempestiva mediante spirometria da parte dei medici di medicina generale. A quel punto, come indica la Nota 99, il medico di medicina generale può trattare la Bpco senza problemi: grazie alla rivalutazione del trattamento, anche con terapie innovative come i Lama/Laba si possono ottenere esiti positivi come quelli evidenziati dallo studio per i pazienti".
Lo studio Aster - continua la nota - puntualizza quanto e come la chiave del successo della gestione della patologia dipenda dall'integrazione tra le competenze di medici di medicina generale e specialisti. "Ai primi va il compito di intercettare precocemente la patologia, per poi gestire direttamente il paziente con le forme meno impegnative ed indirizzare allo pneumologo il malato più grave, per la presa in carico specifica - osserva Claudio Micheletto, direttore dell'Uoc di Pneumologia dell'azienda ospedaliera universitaria di Verona e presidente nazionale dell'Associazione italiana pneumologi ospedalieri - Non bisogna mai dimenticare che 4 pazienti con Bpco su 10 vengono riconosciuti solo nelle fasi avanzate della malattia e quindi l'approccio alla problematica sul territorio è basilare. Si tratta di pazienti particolari, vale a dire prevalentemente fumatori, che convivono con minimi sintomi nelle fasi iniziali, come la tosse con secrezioni e la difficoltà respiratoria solo da sforzo. Sono abituati a convivere, non riconoscono il lento deterioramento e non si rivolgono al medico. Tocca a noi andare a cercarli, per tentare di farli smettere di fumare, avviarli a una diagnosi e terapia".
Dallo studio emerge come grazie alla rete più efficace ed efficiente tra medico di medicina generale e specialisti si può ottenere una migliore assistenza sociale e sanitaria per il paziente con Bpco. "Il ruolo dei medici di medicina generale nella ricerca clinica, soprattutto negli studi osservazionali di fase 4 come Aster, è cruciale per comprendere l'efficacia dei trattamenti nella pratica quotidiana e migliorare l'approccio terapeutico - rimarca Giovanna Elisiana Carpagnano, responsabile dell'Unità operativa complessa di Pneumologia dell'ospedale universitario Policlinico di Bari e direttrice della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato respiratorio dell'università di Bari - Grazie alla loro conoscenza approfondita del territorio e alla stretta connessione con i pazienti, i medici di famiglia rappresentano un punto di riferimento fondamentale per raccogliere dati reali e validare strategie che possano ottimizzare la gestione di patologie croniche come la Bpco. Solo con una maggiore collaborazione tra medicina generale e specialistica, supportata da studi clinici di questo tipo, possiamo garantire diagnosi tempestive, trattamenti appropriati e un reale miglioramento della qualità di vita dei pazienti".
"Gsk è impegnata da oltre 50 anni nel promuovere una gestione più efficace e sostenibile delle patologie respiratorie, investendo in ricerca, formazione e collaborazione con la comunità scientifica - dichiara Donato Cinquepalmi, direttore medico di Gsk Italia - Studi come Aster rappresentano un passo importante per rafforzare il ruolo della medicina territoriale e garantire che ogni paziente con Bpco possa ricevere una diagnosi tempestiva e un trattamento appropriato, in linea con le più recenti evidenze scientifiche".

"L’ordinanza della Corte di Appello di Roma alla Corte Costituzionale non è giuridicamente fondata; non è vero che la Corte sia assoggettata alla scelta della politica nel valutare la richiesta di arresto e consegna della Corte penale internazionale e non è vero che vi sia discrezionalità del ministro di Giustizia sulla richiesta di consegna e arresto della Cpi". Così all’Adnkronos l’avvocato Francesco Romeo, legale di Lam Magok Biel Ruei vittima e testimone delle torture del generale libico Almasri, commentando l’ordinanza di remissione dei giudici della Corte d’Appello di Roma alla Corte Costituzionale[1] in relazione al caso Almasri.
“Dal testo dell’ordinanza emerge che per tutte le altre richieste della Cpi il ministro di Giustizia ha sempre trasmesso tempestivamente le richieste della Corte come previsto dallo Statuto, senza mai accampare spazi di discrezionalità che non esistono su queste richieste di cooperazione – sottolinea il legale - L’art. 3 della legge 237/12 di recepimento dello Statuto istitutivo della Cpi stabilisce che in assenza di disposizioni si applicano le norme del codice di procedura penale sull’estradizione, in questo caso l’art. 716: norma che consentiva alla Corte di Appello di Roma di convalidare l’arresto e disporre la custodia in carcere di Almasri nonostante il silenzio volontario del Ministro Nordio”.
“È significativo dell’inconsistenza giuridica della tesi sostenuta che per giustificare a posteriori l’errore giuridico in cui è incorsa con il provvedimento di scarcerazione di Almasri dello scorso gennaio, la Corte di Appello invochi alla stregua di ‘diritto vivente’ (Il diritto vivente consolidato è del tutto contrario a quanto votato dal Parlamento) la votazione dello scorso ottobre della Camera che ha negato l’autorizzazione a procedere nei confronti di Nordio Piantedosi e Mantovano – aggiunge Romeo - Una votazione le cui motivazioni sono state sconfessate pochi giorni orsono dallo stesso entourage del Governo che ha fatto sapere, con notizia non smentita, che su Almasri si era scelta la linea che ha condotto alla sua liberazione in quanto l’esecutivo era a conoscenza che il torturatore sarebbe stato arrestato dalle autorità libiche: nessun problema di sicurezza nazionale, dunque. Insieme al Collega Antonello Ciervo a sostegno di queste ragioni giuridiche a tutela del nostro assistito Biel Rouei Lam Magok vittima di Almasri chiederemo di intervenire in giudizio innanzi la Corte Costituzionale per sostenere la rispondenza ai principi costituzionali del combinato legislativo costituito dalla legge di recepimento dello Statuto Cpi e dal codice di procedura penale” conclude l’avvocato Romeo.

Proposta di matrimonio alle Atp Finals di Torino. Durante il match tra Carlos Alcaraz e Taylor Fritz, valido per il gruppo Jimmy Connors, di oggi, martedì 11 novembre, una coppia di spettatori si sono presi la scena sugli spalti. Inquadrati dalle telecamere l'uomo ha fatto alzare la compagna prendendola per mano e si è inginocchiato, tirando fuori dalla tasca un anello.
Incredula la reazione della ragazza, che però, dopo qualche attimo di commosso stupore, ha detto sì. L'Inalpi Arena si è quindi lasciata andare ad applausi e grida, mentre in sottofondo l'attento dj dell'impianto torinese faceva suonare 'Marry You' di Bruno Mars. La felicità della coppia è stata quindi ripresa delle telecamere, con la ragazza che ha alzato il braccio per mostrare l'anello, prima di lasciarsi andare a un tenero bacio con il compagno e, a questo punto, futuro marito.

Alla luce delle recenti disposizioni della manovra finanziaria, che destina un capitolo di spesa a sostegno dei livelli essenziali di assistenza (Lea) in ambito di cure palliative, la Società italiana di neurologia (Sin) richiama l'attenzione sulla necessità che una parte dei fondi previsti sia specificamente destinata allo sviluppo delle cure palliative (Cp) in ambito neurologico.
Le malattie neurologiche - spiega la Sin in una nota - rappresentano oggi una delle principali sfide del sistema sanitario, non solo per l'impatto clinico e assistenziale, ma anche per le profonde implicazioni umane ed etiche che esse comportano. A livello globale rappresentano la principale causa di disabilità e una delle principali cause di morte. E' probabile che i bisogni di Cp siano largamente inespressi in campo neurologico e i dati epidemiologici delle malattie a prognosi 'infausta' potrebbero rendere la neurologia la branca della medicina che ha più necessità di Cp. Patologie come la sclerosi laterale amiotrofica (Sla), la malattia di Parkinson avanzata e i parkinsonismi, le forme progressive di sclerosi multipla, le demenze (con elevatissimi dati di prevalenza) e altre malattie neurodegenerative, spesso a lungo decorso, pongono bisogni complessi che richiedono un approccio globale e continuativo, centrato sulla persona e sul sostegno ai familiari. In Italia - evidenziano i neurologi - un numero significativo di richieste di suicidio medicalmente assistito di cui si ha notizia riguarda persone affette da grave disabilità neurologica, un dato che richiama con forza l'urgenza di una riflessione profonda sul modo in cui il sistema sanitario risponde alla sofferenza, al dolore e alla perdita di dignità percepita dai pazienti.
Le cure palliative, se correttamente integrate nei percorsi assistenziali, rappresentano per la Sin una risposta concreta e compassionevole, capace di offrire sollievo, accompagnamento e rispetto della dignità della persona e delle sue scelte esistenziali. Accanto all'aspetto clinico, è imprescindibile promuovere un dialogo costruttivo e costante sui temi etici legati al fine vita, al consenso informato, all'autonomia del paziente e al significato stesso della cura nelle fasi terminali della malattia.
In questa prospettiva la Società italiana di neurologia, attraverso il suo Gruppo di studio in Bioetica e cure palliative - ricorda la nota - ha svolto negli anni un ruolo di primo piano nella promozione della cultura palliativa e nella riflessione bioetica in neurologia. La Sin ha contribuito a diffondere consapevolezza e buone pratiche attraverso attività formative, incontri scientifici e la pubblicazione di documenti, tra cui uno recente dedicato al tema del suicidio medicalmente assistito, al fine di offrire un importante contributo di chiarezza, equilibrio e responsabilità al dibattito pubblico. In collaborazione con la Società italiana di cure palliative (Sicp), la Sin ha elaborato modelli di integrazione tra neurologia e Cp, basati su un approccio precoce e simultaneo, che richiedono però risorse stabili e programmazione a livello regionale, non affidate alla sola buona volontà degli operatori.
Per i neurologi è quindi necessario implementare in modo capillare ed efficace i servizi di cure palliative su tutto il territorio nazionale, in piena applicazione della legge 38/2010, anche per le persone con patologie neurologiche non oncologiche. La Sin auspica che presto sia disponibile una relazione parlamentare sulla legge 38/2010 (prevista per norma annualmente), in cui vengano introdotti parametri di monitoraggio e di qualità specifici per le persone con malattie neurologiche. Auspica inoltre la piena attuazione della legge 219/2017, per garantire l'autonomia decisionale della persona assistita nel contesto di una relazione solida con l'équipe curante. La società scientifica rivolge un appello alle istituzioni affinché i fondi siano erogati in modo trasparente e proporzionato ai reali bisogni epidemiologici, garantendo una quota specificamente dedicata all'ambito neurologico e che le Regioni assicurino un'applicazione equa e uniforme su tutto il territorio, con criteri di monitoraggio e valutazione condivisi. Su questo aspetto, la Sin - conclude la nota - vigilerà con attenzione, collaborando con le istituzioni competenti per assicurare che gli investimenti producano un reale miglioramento dell'assistenza e delle condizioni operative dei professionisti. Promuovere e integrare le Cp in neurologia significa ribadire un principio fondamentale della medicina: avere cura sempre, anche quando non è possibile guarire, nel rispetto delle volontà della persona.
Riconoscimento speciale per l'innovazione a Cala dei sardi... 
Ericsson ha inaugurato la sua nuova sede a Roma, nel quartiere Eur, con l’obiettivo di consolidare la propria presenza in Italia e accompagnare la trasformazione digitale del Paese.
La nuova struttura, collocata in Viale Beethoven, si inserisce nel processo di riorganizzazione e razionalizzazione delle sedi italiane del gruppo svedese, attivo nel Paese da oltre un secolo.
Alla cerimonia hanno partecipato l’Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale Maurizio Veloccia, l’Ambasciatrice di Svezia in Italia Karin Höglund e il Presidente e Amministratore Delegato di Ericsson Italia, Andrea Missori.
“Questo trasferimento segna l’inizio di un nuovo capitolo per Ericsson in Italia, in cui rafforzeremo il nostro impegno verso operatori, imprese e istituzioni per costruire le reti 5G evolute di cui abbiamo bisogno per la digitalizzazione del Paese”, ha dichiarato Missori.
L’ambasciatrice Höglund ha sottolineato che “la nuova Casa Ericsson rappresenta la capacità di adattarsi e innovare continuamente, caratteristiche che da sempre contraddistinguono questa azienda”.
Spazi flessibili e certificazione Leed Gold
La sede si sviluppa su otto piani per una superficie complessiva di oltre 10.000 metri quadrati e ospita più di 900 professionisti. Gli ambienti sono stati ristrutturati in chiave moderna e sostenibile e hanno ottenuto la certificazione Leed Gold, che attesta elevati standard di efficienza energetica e attenzione al benessere dei dipendenti.
L’edificio dispone di circa 700 postazioni di lavoro, sale riunioni e aree collaborative progettate secondo il modello di lavoro agile già adottato da Ericsson dal 2018. È inoltre presente un Experience Center di oltre 400 metri quadrati, destinato a clienti, partner e istituzioni per conoscere le applicazioni più recenti del 5G, insieme a un Data Center di nuova generazione.
Un radicamento storico in Italia
Quella dell’Eur è la terza sede romana nella storia di Ericsson, dopo il primo insediamento in via Appia e il trasferimento negli anni Sessanta nel campus di via Anagnina. Il gruppo, presente in Italia dal 1918, opera anche con sedi a Milano e Napoli e con tre centri di ricerca e sviluppo a Genova, Pisa e Pagani (Salerno).
Con il nuovo hub capitolino, Ericsson intende proseguire la collaborazione con operatori, imprese e istituzioni, contribuendo all’evoluzione dell’ecosistema digitale italiano e allo sviluppo delle reti di nuova generazione.

“Il centenario di Palazzo Wedekind è un atto di restituzione al pubblico. È un palazzo che racconta la storia del Paese e la visione di un istituto. Il progetto nasce da questo focus e si concentra sul dialogo tra storia e arte contemporanea che qui non è un ornamento, ma un linguaggio civile”. Così l'avvocata Annalisa Bianco, curatrice del progetto che celebra l’acquisizione dello storico Palazzo da parte di Inps, partecipando a Roma, all’incontro ‘Palazzo Wedekind: 100 anni di futuro. Un’eredità che guarda avanti’. Il progetto, realizzato con la collaborazione di Valerio Dehò, ha proposto un percorso che intreccia arte, storia e innovazione, con le opere di luce del Maestro Raimondo Galeano proiettate sul colonnato. “Vogliamo dialogare anche con le nuove generazioni - afferma Bianco - Con l'installazione di Galeano vogliamo dire che quando la bellezza incontra l'istituzione genera futuro. E in questo momento - conclude - ne abbiamo veramente tanto bisogno”.

“Palazzo Wedekind è un pezzo della storia di Roma e questa è una celebrazione degli ultimi cento anni, una storia che si è intrecciata con la dimensione del potere, della vita quotidiana e con quella dei servizi. Per un'università radicata su Roma come la Luiss essere presenti a questa serata è un atto doveroso”. Lo ha detto Giovanni Orsina, direttore del dipartimento Scienze Politiche Luiss di Roma, in occasione dell’incontro intitolato ‘Palazzo Wedekind: 100 anni di futuro. Un’eredità che guarda avanti’, che celebra l’anniversario dell’acquisizione di Palazzo Wedekind da parte di Inps, svoltosi a Roma.
“Il nostro mondo sente negli ultimi anni anche la richiesta di protezione e di una gestione dell'economia globale. Gli studenti, negli ultimi anni, stanno cercando di capire meglio come funziona il mondo del pubblico, del welfare, della protezione, perché sta tornando ad essere un elemento centrale della nostra esistenza”, ha aggiunto Orsina.

Un aereo da trasporto militare turco C-130, con a bordo 20 membri dell’equipaggio, si è schiantato al confine tra Georgia e Azerbaigian sulla via del ritorno in patria. Lo ha reso noto il ministero della Difesa di Ankara in una nota diffusa su X, aggiungendo che le autorità turche hanno avviato un'operazione di ricerca e soccorso.
Il ministero dell'Interno georgiano aveva già confermato l'incidente, precisando che l’aereo si è schiantato a circa cinque chilometri dal confine di Stato con l’Azerbaigian. È stata aperta un’indagine per chiarire le cause dell’accaduto. Al momento non sono state diffuse informazioni su eventuali vittime.

Un vulnus procedurale che assoggetta l'operato del giudice a una scelta politica. E' quanto indicano i giudici della Corte d'Appello di Roma nell'ordinanza di remissione alla Consulta sul caso Almasri.
Nell'atto, come anticipato nei giorni scorsi dall'Adnkronos[1], i giudici chiedono in particolare alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla costituzionalità della normativa che prevede che il procuratore generale debba attendere il parere del ministro della Giustizia prima di dare seguito alla richiesta della Corte Penale internazionale.
"La situazione di stallo procedimentale venutasi a creare non solo determina le violazioni dello Statuto di Roma ma potrebbe anche costituire - scrivono i giudici nell’ordinanza - una violazione del principio di soggezione del giudice alla sola legge in quanto l'attribuzione della discrezionalità politica al ministro della Giustizia nella procedura in esame assoggetta il giudice a una scelta discrezionale di natura politica, inibendone l'attività giurisdizionale di adempimento degli obblighi internazionali previsti dallo Statuto di Roma, secondo quanto richiesto dalla Cpi".
La questione di legittimità costituzionale sollevata lo scorso 30 ottobre dalla Corte d’Appello di Roma sul caso Almasri riguarda il fatto che “in mancanza di un atto del ministro della Giustizia che dia seguito alla richiesta della Corte penale internazionale di arresto e consegna” trasmettendo gli atti al Procuratore generale, “non consentono a quest'ultimo di adempiere all'obbligo di cooperazione con la Cpi chiedendo nei confronti della persona ricercata i provvedimenti indicati nella richiesta di cooperazione della Cpi. Tale vulnus all'obbligo di cooperazione con la Cpi - si legge nelle 10 pagine dell’ordinanza della Quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma, presidente Flavio Monteleone, consiglieri Francesco Neri e Aldo Morgigni - di conseguenza non consente a questa Corte di appello di deliberare sulle medesime richieste, che non possono essere presentate dal Procuratore generale non essendo state tramesse dal ministro della Giustizia, sebbene nel caso in esame la richiesta di cooperazione della Cpi sia stata oggetto di trasmissione diretta all'Autorità giudiziaria per il tramite dell'Interpol”.
"La questione di legittimità costituzionale, quindi, è rilevante per la Corte di appello di Roma, dovendo essere adottata una decisione per definire il procedimento riguardante una richiesta di cooperazione della Cpi non formalmente trasmessa dal ministro della Giustizia ma pervenuta”. Per i giudici “la questione risulta anche non manifestamente infondata, in quanto le menzionate disposizioni di legge ordinaria condizionano la trasmissione delle richieste di cooperazione della Cpi ad una scelta discrezionale e insindacabile in sede processuale del ministro della Giustizia, anche quando sussiste un obbligo convenzionale internazionale di cooperazione con la Cpi”.
Nel caso in esame, la legge per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale non prevede alcun rimedio ‘processuale’ per la mancata trasmissione da parte del ministro della Giustizia delle richieste di cooperazione della Cpi, con la conseguenza che l'Autorità giudiziaria non può adempiere agli obblighi dello Stato parte dello Statuto, che incombono anche su di essa quale espressione di un potere dello Stato parte, pur quando le richieste di cooperazione della Cpi le pervengono perché direttamente inoltrate dalla Cpi”. L’assenza “di rimedi procedimentali, quali quello della possibilità di procedere anche nei casi di trasmissione diretta dandone notizia al Ministro della giustizia, è particolarmente rilevante in considerazione dell'eccezionale gravità dei reati per i quali procede la Cpi, trattandosi di crimini di guerra e contro l'umanità che, come nel caso in esame, sono di regola relativi a migliaia di vittime”.
I giudici sottolineano infine che “per quanto consta dagli altri procedimenti di cooperazione pendenti e definiti presso questa Corte di appello di Roma su richiesta dell'Ufficio del Procuratore presso la Cpi e della stessa Cpi, il Ministro della giustizia ha sempre trasmesso tempestivamente le richieste di assistenza giudiziaria previste dallo Statuto, con la conseguenza che la situazione creatasi nel presente procedimento si pone come un unicum che ne impedisce la definizione, in mancanza della possibilità giuridica di adottare qualsiasi deliberazione in relazione ad un eventuale titolo detentivo riguardante il prevenuto che, ove rientrasse in Italia, non sarebbe assoggettato o assoggettabile ad alcun provvedimento de libertate per giustizia internazionale”.

Il 5G Standalone è arrivato anche in Italia, ma la strada verso la piena trasformazione digitale del Paese è ancora lunga. A sottolinearlo è Andrea Missori, presidente e amministratore delegato di Ericsson Italia e vicepresidente di Asstel, che in pochi giorni ha lanciato due messaggi chiari: prima a Milano, durante l’evento “Changing the Game”, poi a Roma, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’azienda all’Eur.
“Dobbiamo cambiare le regole del gioco – spiega all'Adnkronos –. L’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa, e l’Europa è indietro rispetto a Stati Uniti e Asia, dove il 5G standalone è già la spina dorsale dello sviluppo tecnologico”.
“Fare sistema” per la nuova connettività
Il tema è quello della capacità di investimento delle Telco e della necessità di creare un ecosistema sostenibile. “L’Italia è un paese che può essere leader – sottolinea Missori – ma per farlo dobbiamo lavorare insieme: governo, regolatori, operatori, partner tecnologici e over the top. La connettività differenziata porterà valore solo se ci sarà un sistema coeso”.
A livello globale, solo 80 operatori su 633 hanno già lanciato servizi 5G standalone, e oltre il 90% del traffico è concentrato tra Stati Uniti, India e Cina. “In Europa – ricorda Missori – appena il 2% degli utenti ha oggi una connettività 5G Standalone. Dobbiamo colmare il divario e accelerare”.
Costi, regole e nuove priorità
Gli operatori italiani, ricorda Missori, “hanno pagato le frequenze più care al mondo” – oltre 6,5 miliardi di euro nel 2018 – e ciò ha frenato la possibilità di investire nelle nuove reti. “Non possiamo tassare ulteriormente l’industria. Dobbiamo invece creare un contesto regolatorio che la sostenga”, spiega l’ad di Ericsson, in linea con quanto ribadito a Milano dagli amministratori delegati di Tim, Iliad, Vodafone-Fastweb e WindTre.
Per Missori, il rinnovo delle frequenze del 2029 deve essere legato a un impegno di costruzione delle reti, non a un nuovo onere economico. E le regole sulla net neutrality vanno aggiornate: “La vecchia neutralità della rete non si applica al paradigma del 5G Standalone. Serve una versione più agile, che consenta connettività differenziata e servizi specializzati”.
L’impatto industriale e sociale
Il 5G standalone, spiega Missori, “non è solo un salto tecnologico, ma un motore di trasformazione industriale”. Dalla telemedicina alla mobilità autonoma, dalla manifattura intelligente al gaming immersivo, i casi di successo non mancano: “Negli ospedali di Singapore si fanno chirurgie da remoto, a San Francisco i taxi si muovono senza autista, in Grecia (ripeto: in Grecia) la connettività FWA premium sta rivoluzionando il turismo e i servizi digitali. Anche l’Italia deve fare il salto”.
Un tema cruciale riguarda la sanità digitale: “La migrazione interregionale in Italia sta mettendo in crisi il sistema sanitario. Quante di quelle persone che si spostano da Reggio Calabria a Milano potremmo gestire da remoto grazie al 5G Standalone? Serve una strategia di comparto, in cui ospedali, ministeri, operatori e investitori lavorino insieme”.
Il ruolo dell’Europa e la sfida industriale
Sul fronte europeo, Missori cita i rapporti Letta e Draghi consegnati al Consiglio e alla Commissione von der Leyen, che indicano le telecomunicazioni tra i pilastri strategici della nuova competitività. “Mi piacerebbe – osserva – che le aziende europee ricevessero lo stesso tipo di supporto che americani, cinesi o indiani hanno nei rispettivi Paesi. In Europa abbiamo i campioni tecnologici, ma serve un contesto favorevole”.
Ericsson, che in Italia impiega migliaia di professionisti e guida numerosi progetti di ricerca e sviluppo, “è pronta a fare la sua parte – conclude Missori – ma occorre visione, ambizione e il coraggio di cambiare le regole. Gli italiani hanno sempre saputo innovare: è il momento di farlo di nuovo, insieme”.

Il ritratto della virtù a tavola. Gli italiani - e i lombardi - descrivono le proprie abitudini alimentari con un certo ottimismo: l'87% dei connazionali si dice attento alla salute, percentuale che sale al 90% in Lombardia. Più della metà della popolazione del Belpaese (54%) ritiene di mangiare "in modo equilibrato", dato che sale al 57% tra i lombardi. Un terzo (33% Italia, 34% Lombardia) afferma di mangiare "tanto ma non troppo", e solo una piccola quota ammette di mangiare "troppo" (7% Italia, 4% Lombardia) o "poco" (6% Italia, 5% Lombardia). L'87% si considera abbastanza o molto attento a ciò che mangia (e in Lombardia è pure più alta la fascia di chi si dichiara "molto attento", che raggiunge il 42% contro il 37% nazionale). Questa la foto scattata da un sondaggio realizzato da Osservatorio Metropolitano di Milano con Renato Mannheimer e presentato oggi in Regione Lombardia.
Per non parlare del menu: gli intervistati, mostrando anche un consolidato 'vocabolario' della salute a tavola, dichiarano interesse per prodotti senza conservanti (70% dato identico per Italia e Lombardia), a km 0 (69% Italia, 67% Lombardia) e bio (52% a livello nazionale, 50% in Lombardia). Molti dichiarano di preferire cibi freschi, tracciabili e italiani, leggono le etichette e spendono più che in passato per alimenti di qualità. Si nota infine una tendenza a mangiare meno proteine animali (27%), a far ricorso a ricette italiane (40%) e a preparare i pasti in casa (59%). La ricerca, spiega Carla De Albertis, responsabile Sociale e Cultura di Osservatorio Metropolitano, "offre l'immagine della 'percezione' che le persone hanno della loro alimentazione. Messa a confronto con "i dati reali, quelli clinici", permette "di individuare le discrepanze" e dunque "gli aspetti critici sui quali intervenire con un'attività di educazione alimentare". Il sondaggio, condotto su un campione rappresentativo per sesso, fasce d'età e di reddito di 3.000 soggetti, dei quali 509 residenti in Lombardia, mette a confronto il dato nazionale con quello lombardo, rivelando una sostanziale uniformità dei due campioni.
Ma cosa emerge al banco di prova della realtà clinica? Per esempio che "nel 2023 in Italia si sono registrate 395.000 nuove diagnosi di tumore, di cui 50.500 al colon", osserva Costanza Alvisi, direttore della Struttura complessa di Endoscopia digestiva dell'Asst di Pavia. E proprio "un'alimentazione scorretta è tra le principali cause di diabete, obesità, malattie cardiovascolari e tumori, in particolare del colon-retto, la seconda causa di morte oncologica in Italia. Circa il 40% di tutti i tumori sono prevenibili a partire dalla correzione di stili di vita sbagliati (dieta povera e ipercalorica, sovrappeso, alcol, fumo e sedentarietà). Anche la malattia da reflusso gastroesofageo, legata a cattive abitudini alimentari, colpisce il 25% degli adulti. Ricordo poi il ruolo centrale del microbiota intestinale, il cui equilibrio è fortemente influenzato dall'alimentazione e può incidere sul rischio di obesità e infiammazioni croniche".
Da obesità bimbi a malattie legate a stili vita scorretti, cosa dicono i dati sul campo
E poi c'è il dato sull'obesità in aumento tra i bambini ad allungare un'ombra sul 'ritratto felice' di una popolazione attenta a tavola. "La Lombardia, insieme al Trentino, è tra le regioni più virtuose - premette Evelina Flachi, biologa, specialista in scienza dell'alimentazione e presidente Fondazione Fei (Food Education Italy) - ma nella nostra regione ancora 4 adulti su 10 risultano in sovrappeso o obesi, con una maggiore prevalenza tra gli uomini (52%) rispetto alle donne (34%). Tra i bambini si osserva un aumento dell'obesità, a fronte di una diminuzione del sovrappeso e di un netto miglioramento dell'attività fisica rispetto alla media nazionale. Inoltre, circa 700.000 lombardi convivono con il diabete, una delle patologie più strettamente correlate all'eccesso ponderale. Molte delle patologie legate alla scorretta alimentazione possono derivare anche dall'errata interpretazione della dieta mediterranea, che non vuole dire sacrificio, ma conoscenza dei nutrienti di cui il corpo ha bisogno, mangiando con varietà, equilibrio e moderazione, possibilmente nella convivialità".
La Regione Lombardia, interviene Elena Lucchini, assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità, "vuole favorire chi si impegna in un percorso virtuoso che, oltre alla consapevolezza di una sana alimentazione, sappia far comprendere il valore dell'origine del cibo e il suo significato legato alla condivisione e all'accudimento del prossimo". Anche le farmacie possono essere alleate per la prevenzione: "Ogni giorno - ricorda Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia - accolgono oltre 800.000 cittadini e offrono servizi che vanno ben oltre la dispensazione dei farmaci, dalla telemedicina agli screening di prevenzione. Promuovere una sana alimentazione e stili di vita corretti è parte integrante della nostra missione, perché prevenzione e benessere nascono dall'equilibrio tra nutrizione, attività fisica e attenzione costante alla salute dei cittadini".
C'è infine l'aspetto sociale: molti studi, conclude Rosaria Iardino, presidente di Fondazione The Bridge, "indicano come le problematiche legate alla scorretta alimentazione siano più presenti nelle fasce più fragili ed economicamente deboli. Oltre al fatto culturale dell'educazione alimentare, è necessario anche un intervento di concreto sostegno da parte delle istituzioni".

Sono pochi gli italiani che sanno farsi orientare nelle scelte degli alimenti dalle informazioni presenti sulle confezioni. Solo il 17%, per esempio, riconosce le fonti di zuccheri nelle etichette. Un aiuto per 'mangiare informati' arriva dal nuovo Glossario della Federazione delle società italiane di nutrizione (Fesin) 'Alimentazione e nutrizione in parole', che sarà presentato domani all'Istituto superiore di sanità. "Essere consapevoli di ciò che mangiamo è il primo passo per alimentarsi in maniera sana", spiega Laura Rossi, direttrice del reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell'Iss, che sottolinea l'utilità del glossario: "Uno strumento pensato per i professionisti, ma che possiamo considerare al servizio di tutti i cittadini".
Il glossario, continua Rossi, "torna dopo 15 anni in una versione aggiornata che include 200 termini, circa il doppio della precedente edizione, ed è il frutto del lavoro condiviso da oltre 40 esperti provenienti dal mondo della clinica, dell'accademia e della ricerca. Si tratta di uno strumento ancora più prezioso se si pensa che le conoscenze nutrizionali della popolazione italiana sono mediamente basse, a partire dalla quantità del consumo dei diversi nutrienti, fino alla capacità di leggere e interpretare correttamente un'etichetta nutrizionale. I numeri parlano chiaro: solo il 22% della popolazione sa che bisogna consumare almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura e appena il 16% è consapevole del fatto che i carboidrati devono costituire la base dell'alimentazione quotidiana. Neanche la metà del campione intervistato, secondo uno studio recente condotto su quasi 3.000 adulti, sa che il pesce andrebbe consumato 3 o 4 volte a settimana. Ancora di meno, poi, sono quelli che sanno farsi guidare dalle etichette".
Per Russo "questi risultati evidenziano una fragilità informativa diffusa, che si riflette in abitudini alimentari spesso errate. Alla luce di questo scenario, il Glossario Fesin rappresenta anche uno strumento di alfabetizzazione scientifica capace di tradurre in parole comprensibili i concetti della nutrizione moderna. I termini come 'integrale', 'funzionale', 'probiotico' o 'light' vengono spiegati con rigore scientifico, ma in modo accessibile, aiutando i cittadini a decodificare il linguaggio del marketing alimentare e a leggere in modo consapevole le etichette nutrizionali".
'Iniziativa in linea con la nostra vocazione all'alfabetizzazione scientifica'
"Abbiamo voluto promuovere quest'iniziativa all'Iss - aggiunge Rossi - perché l'abbiamo sentita in linea con la nostra vocazione all'alfabetizzazione scientifica che consideriamo uno dei passi più importanti per la sostenibilità e la tutela della salute pubblica che sono parte integrante della nostra missione".
Non è un caso, infatti, che i ricercatori siano "componente essenziale della redazione di Issalute, il nostro portale al servizio di tutta la collettività, perché siamo convinti che l'alleanza con i cittadini, per promuovere le buone pratiche di salute basate sull'evidenza, sia necessaria. E che la crescita della conoscenza va sempre di pari passo con la crescita dell'equità in salute", conclude.

Una rottura necessaria, un imperativo categorico. La seconda edizione del Brand Journalism Festival, promosso da Social Reporters, ha imposto un dibattito radicale sul panorama mediatico e imprenditoriale, evidenziando l'urgenza ineludibile di un nuovo patto tra informazione e impresa. L'evento, intitolato "Oltre la polarizzazione: un nuovo patto tra informazione e impresa", si è configurato come un momento di profonda analisi, chiamando a ridefinire il ruolo del racconto aziendale. L'obiettivo non è più solo comunicare, ma costruire un dialogo basato su autenticità, competenza e senso di verità, superando la logica del "giornalismo contro" e del mero "comunicato patinato".
Il Festival ha evidenziato ancora una volta che il dialogo tra chi produce contenuti e chi produce valore non è una scelta, ma una necessità culturale e professionale per la tenuta del tessuto sociale. La seconda edizione ha registrato oltre 200 presenze in sala e più di 500 adesioni complessive, a conferma dell’interesse crescente verso un approccio autentico e responsabile alla comunicazione. In un contesto di overload digitale, dove sono soprattutto i giovani a cercare significato - come evidenziato anche dai risultati dell’Osservatorio GenerationShip 2025 di Unipol - il Brand Journalism si afferma come un atto culturale di responsabilità, indispensabile per restituire verità al racconto e consapevolezza al pubblico.
Nel corso della giornata è stata presentata anche la ricerca di Ipsos "Politica e comunicazione al tempo del Fact-Checking" - realizzata proprio in collaborazione con il Brand Journalism Festival - che ha fornito un quadro limpido delle sfide attuali. L'indagine ha messo in luce una fiducia nell'informazione fragile e frammentata: il 64% degli italiani ha dichiarato una diminuzione della propria fiducia nelle fonti negli ultimi cinque anni. Il dato più critico è la percezione di manipolazione: il 54% degli intervistati ritiene che le notizie veicolate dai media siano spesso intenzionalmente distorte per sviare il pubblico. Questo clima di sospetto è acuito dalla tendenza a chiudersi in "eco-chambers" politiche, con il 55% degli italiani che parla principalmente con persone dalle opinioni politiche affini. Di conseguenza, gli orientamenti politici sono vissuti innanzitutto come elemento identitario, di natura “clanica”, con il voto basato sulla generica vicinanza o sulla logica oppositiva, piuttosto che su valutazioni razionali.
In questo scenario un ruolo cruciale lo gioca il Brand Journalism: su ambiti tematici come innovazione tecnologica o campagne di sensibilizzazione su temi sociali e ambientali, le aziende iniziano ad essere percepite come fonti potenzialmente affidabili. “Il Brand Journalism, quando è autentico, non è marketing mascherato, ma un atto culturale di responsabilità”, ha dichiarato Ilario Vallifuoco, curatore e fondatore del Festival. “Significa che un’impresa sceglie di interpretare il proprio tempo, di raccontare non solo se stessa ma il contesto in cui opera, con linguaggi e strumenti giornalistici. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale produce contenuti e le piattaforme amplificano tutto, il valore sta nel senso, non nella quantità”.
Con lo sguardo già proiettato al futuro, il Brand Journalism Festival svela le prime anticipazioni sull’edizione 2026: un laboratorio permanente in cui il racconto d’impresa si trasformerà in autentica sperimentazione culturale. Il dialogo dunque si trasforma in strumenti di lavoro concreti per generare fiducia, senso e impatto in ogni storia raccontata. L’appuntamento è già segnato: un anno per prepararsi a scrivere, insieme, le nuove frontiere del giornalismo d’impresa.
Il Brand Journalism Festival è l’evento di riferimento in Italia per giornalisti, editori, aziende e appassionati di storytelling corporate e comunicazione innovativa. Promosso da Social Reporters, il Festival unisce giornalismo e comunicazione d’impresa per creare narrazioni autentiche, trasparenti e responsabili, offrendo talk, workshop e case study per esplorare le nuove frontiere del racconto d’impresa e promuovere un approccio etico e generativo alla comunicazione.

Si è aperto oggi a Roma il confronto tra Assosistema Confindustria e le organizzazioni sindacali per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle lavanderie industriali, delle centrali di sterilizzazione e dei servizi medici affini, relativo al triennio 2026–2028. Un appuntamento importante per l’intera filiera, che arriva in un momento particolarmente delicato per il settore, ancora alle prese con le conseguenze economiche e strutturali delle crisi degli ultimi anni.
Il rinnovo contrattuale riguarda 30.000 addetti, compresi i lavoratori stagionali del comparto, e interessa un settore che sviluppa un fatturato complessivo di circa 1,9 miliardi di euro. Un comparto strategico per la sanità pubblica e privata, per l’hotellerie e per i servizi industriali, che garantisce ogni giorno continuità operativa e standard di sicurezza essenziali nei contesti più sensibili del Paese.
“L’avvio di questa trattativa – dichiara Matteo Nevi, direttore generale di Assosistema Confindustria – si colloca in un contesto complesso, segnato da criticità che vanno ben oltre la volontà e la capacità di intervento delle imprese. Parliamo di dumping contrattuale, delle rigidità introdotte dal nuovo Codice degli Appalti, del mancato adeguamento dei corrispettivi nei contratti pubblici e del peso del costo dell’energia, che in Italia rimane fra i più alti d’Europa. Sono fattori che minano la tenuta economica delle aziende e rischiano di rendere insostenibile qualsiasi incremento del costo del lavoro non accompagnato da una revisione strutturale del sistema".
Le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali – pari a 225 euro sul trattamento economico complessivo, cui si aggiungono aumenti dei contributi per i fondi di assistenza sanitaria e previdenziale e ulteriori giornate di permesso retribuito – determinerebbero un impatto economico insostenibile per un settore che opera in un mercato fortemente competitivo, in larga parte regolato da gare pubbliche con prezzi fissi e non revisionabili. “Siamo consapevoli dell’importanza del dialogo e del ruolo della contrattazione collettiva – prosegue Nevi – ma non possiamo ignorare che oltre l’80% degli appalti pubblici del settore è stato già bandito senza clausole di revisione prezzi. Questo significa che ogni aumento del costo del lavoro ricadrà interamente sulle imprese, senza possibilità di compensazione. È una situazione che richiede un’assunzione di responsabilità da parte di tutti, comprese le centrali di committenza e il legislatore".
A chiudere i lavori della prima giornata di confronto è stato Adriano Rubbi, capo delegazione di Assosistema Confindustria, che ha sottolineato la necessità di affrontare la trattativa con realismo e spirito costruttivo: “Quello che abbiamo chiesto oggi ai sindacati e ai loro delegati è un atto di responsabilità verso la situazione che stanno vivendo le nostre imprese. Ma soprattutto abbiamo chiesto di avviare il negoziato sulle nostre proposte di innovazione del contratto. Abbiamo bisogno di un contratto più snello, che riesca a intercettare le esigenze mutevoli del settore; un contratto più flessibile nella gestione del personale, che permetta un percorso di ingresso per i nuovi assunti e che consenta di recuperare produttività. Solo così possiamo costruire un sistema equilibrato, sostenibile e capace di guardare al futuro”.
Rubbi ha inoltre aggiunto: “Ci saremmo aspettati, in una piattaforma di rinnovo, che anche il sindacato ponesse al centro non solo il tema degli aumenti salariali, ma anche quello dell’aumento della produttività e della competitività del settore. È questa la vera sfida che abbiamo davanti: coniugare crescita e sostenibilità economica per mantenere il contratto un riferimento stabile e applicabile a tutta la filiera”. Assosistema Confindustria ribadisce la necessità di un rinnovo contrattuale sostenibile, moderno e inclusivo, capace di preservare la tenuta del contratto e di garantire equilibrio tra competitività, qualità del servizio e tutela dei lavoratori. “Il nostro obiettivo – conclude Nevi – è difendere un contratto che resti il punto di riferimento del settore, evitando che la crescita del costo del lavoro determini una deriva verso altri contratti collettivi o modelli organizzativi distorsivi. Solo un approccio realistico e condiviso potrà assicurare continuità e stabilità a un comparto industriale strategico per la sanità e per i servizi del Paese”.

"Per Canon l’intelligenza artificiale non è un fine, ma uno strumento al servizio della creatività e della responsabilità. È un alleato che aiuta i professionisti dell’immagine, dal narratore visivo allo stampatore, a migliorare le proprie performance e a esprimere al meglio la propria sensibilità narrativa". Ad affermarlo è Giada Brugnaro, corporate & marketing communications professional di Canon Italia, intervenuta al Brand Journalism Festival 2025 a Roma, sottolineando come la tecnologia, se guidata da valori etici e sostenibili, possa diventare un motore di innovazione e di impatto sociale positivo.
Brugnaro ha spiegato che per Canon l’intelligenza artificiale è integrata all’interno delle soluzioni di imaging e printing per ottimizzarne l’efficienza, ma anche per ampliare le possibilità espressive di chi le utilizza: "L’intelligenza artificiale, dal machine learning all’AI predittiva, ci permette di rendere i nostri prodotti sempre più performanti, ma il nostro obiettivo resta quello di supportare l’essere umano nella sua capacità di raccontare e di creare. È proprio l’imperfezione, quella umana, a rendere unico ogni progetto".
La portavoce di Canon ha poi ricordato l’impegno dell’azienda sul fronte della sostenibilità e della responsabilità sociale, valori integrati in ogni iniziativa del gruppo: "Lo facciamo anche attraverso progetti concreti come World Unseen, dove la tecnologia prende vita per realizzare progetti unici a supporto del nostro ambiente oppure a supporto della società. Ne è un esempio il progetto Coral Spawning International per studiare la riproduzione sessuata dei coralli e favorire la rigenerazione delle barriere coralline, laddove abbiamo avuto dei drammatici effetti di sbiancamento negli ultimi decenni. Con l’associazione Nature Seychelles abbiamo realizzato un impianto per reinsediare i coralli nelle aree colpite dallo sbiancamento". In questo modo, ha concluso Brugnaro, "la tecnologia di imaging diventa un mezzo di analisi e ricerca scientifica, ma anche uno strumento di narrazione capace di raccontare e sensibilizzare il pubblico".

“La comunicazione d’impresa deve poggiare su due pilastri fondamentali: credibilità e coerenza. È da qui che nasce Disractive, un programma che abbiamo lanciato per dare voce e risposte concrete ai temi della fragilità, dei disturbi alimentari e della disabilità”. Così Vittorio Fiore, corporate communication and sustainability director Lactalis Italia, durante la seconda edizione del Brand Journalism Festival che si è svolta a Roma, ponendo l’accento sul ruolo sociale della comunicazione aziendale e sull’importanza di creare alleanze tra imprese per affrontare insieme le grandi sfide del nostro tempo.
Fiore ha spiegato che il progetto Disractive nasce da anni di ascolto dei territori e delle persone che gravitano intorno all’azienda: “Abbiamo rilevato un bisogno reale di attenzione verso la fragilità in tutte le sue forme. Disractive significa essere attivi su tutto ciò che è “dis”: disturbi, disabilità, disagio. È un programma che vuole costruire consapevolezza e dare strumenti concreti attraverso il coinvolgimento di operatori specializzati e realtà sociali competenti”.
L’obiettivo, ha sottolineato Fiore, è quello di mettere in rete competenze e sensibilità diverse, creando una comunità di imprese impegnate nella costruzione di un tessuto sociale più inclusivo. “Le aziende, unendosi, possono fare la differenza – ha aggiunto –. Noi di Lactalis abbiamo scelto di non limitarci a parlare di sostenibilità, ma di renderla un’azione concreta, con delle risposte che passano attraverso operatori del settore, perché noi non siamo capaci di intervenire su temi così delicati, ma mettiamo a disposizione il nostro impegno e l'impegno delle nostre persone. Il Brand Journalism Festival rappresenta per noi il contesto ideale per ribadire questo nostro impegno e per invitare altre realtà a unirsi al progetto. Solo così potremo affrontare insieme un problema complesso come quello della fragilità e dei disturbi alimentari”.

"Iliadship è il nostro progetto per sostenere l’istruzione universitaria specialistica e accompagnare i giovani in un percorso di crescita personale e professionale". Lo ha dichiarato Michele Rillo, chief of staff and external affairs director iliad, intervenendo al Brand Journalism Festival 2025 che si è tenuto al Talent Garden di Roma. L'evento ha riunito giornalisti, comunicatori, manager e accademici per riflettere sul ruolo del racconto d’impresa nella costruzione di una comunicazione più responsabile.
"Ogni anno – ha spiegato Rillo – selezioniamo dieci ragazze e ragazzi che stanno per iniziare un corso di laurea specialistica in un’università italiana. A ciascuno viene assegnata una borsa di studio da 15.000 euro e un programma di esperienze extra-universitarie, con attività di mentorship, visite in azienda e formazione non accademica. Siamo alla terza edizione, con già 30 giovani a bordo del progetto, e il nostro obiettivo è continuare a sostenerlo a lungo, creando una community capace di autoalimentarsi e di portare avanti i valori di iliad".

“Un gruppo come il nostro deve imparare a comunicare anche alle nuove generazioni, utilizzando i loro linguaggi e strumenti”. Queste le parole di Fernando Vacarini, responsabile media relations, corporate reputation and digital Pr Gruppo Unipol, intervenuto alla seconda edizione del Brand Journalism Festival a Roma, evento ideato da Ilario Vallifuoco e promosso da Social Reporters, con Unipol come main partner.
Vacarini ha spiegato come la scelta di sostenere per il secondo anno consecutivo il Festival nasca dalla volontà di rafforzare un approccio comunicativo più inclusivo e contemporaneo: “Accanto ai metodi tradizionali, come i comunicati stampa e le media relations, utilizziamo strumenti digitali e il nostro progetto di brand journalism Changes, che racconta le tendenze del mercato. Per raggiungere le nuove generazioni occorre saper parlare loro con gli strumenti che preferiscono e, per fare questo, ci avvaliamo delle persone che hanno un'età anagrafica molto giovanile, quelle che appartengono alla cosiddetta generazione Z.”
Nel suo intervento, il manager ha anche sottolineato la necessità per i legacy media di “uscire dalla logica della polarizzazione” per recuperare il dialogo con i giovani: “Il contenuto di qualità è decisivo. I giovani si informano attraverso più fonti, ma spesso cercano conferme proprio nei media di qualità. Per questo occorre ricostruire un percorso virtuoso tra nuovi linguaggi e giornalismo tradizionale”.

"La nostra azienda oggi è integrata nei servizi, nella produzione e nella distribuzione lungo l'intera supply chain farmaceutica. Guardiamo al futuro partendo da radici profondamente solide, che affondano nell'esperienza maturata in sessant'anni". Lo ha detto Pierluigi Petrone, Ceo di Petrone Group, in occasione del 60esimo anniversario del gruppo: "Un traguardo importante, ma anche un bagaglio di cultura, di expertise e di know-how che abbiamo appreso e custodito grazie a chi è venuto prima di noi".
"Il nostro compito - continua Petrone - è trasferire, rafforzare e innovare questo patrimonio" simbolo di eccellenza italiana che continua a investire in innovazione, sostenibilità e crescita internazionale. "Stiamo incentivando la terza generazione che si sta affacciando alla ribalta e vogliamo continuare nel processo di internazionalizzazione che ci ha trasformati. Siamo passati da un'azienda regionale a una realtà nazionale - sottolinea il Ceo - e negli ultimi 15 anni abbiamo sviluppato una presenza internazionale che ci ha permesso di valorizzare quanto costruito da chi ci ha preceduti, ottimizzando e portando sul mercato competenze sviluppate nel tempo". Sul risultato "conta non solo il legame con la nostra città e la nostra regione, ma con tutto il Mezzogiorno - evidenzia il Petrone - Siamo una famiglia di farmacisti orgogliosa delle proprie origini e abbiamo scelto di continuare a investire in un territorio che, nonostante le difficoltà, sta rispondendo nella giusta direzione".
Napoli, osserva, "sta vivendo un momento molto bello, è una città che attrae talenti e trattiene risorse formate in un sistema universitario di grande valore. La Federico II ha appena celebrato gli 800 anni: è un patrimonio che vogliamo contribuire a valorizzare". Guardando al futuro, "la sfida è permettere alle eccellenze del territorio di restare e di sentirsi parte di un progetto che guarda ogni giorno non come punto di arrivo, ma come ripartenza. Oggi tanti giovani si affacciano con motivazione e orgoglio. A loro - conclude Petrone - vogliamo offrire opportunità concrete e una visione capace di guardare lontano".
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