Il voto, questione di vita o di
morte. Alla prossime elezioni tutti alle urne, se non
altro per scaramanzia. Mentre in Italia si avvicina il tempo di
nuove Regionali, una ricerca scientifica condotta in Finlandia
accende i riflettori su un'inaspettata associazione che non è -
premettono gli autori - automaticamente indicativa di un rapporto
causa-effetto: il comportamento di voto, emerge dallo
studio, sarebbe fortemente collegato al rischio futuro di
morte.
I dati
Nel dettaglio, chi si dovrebbe preoccupare sono
gli astensionisti: secondo uno dei dati rilevati dai ricercatori,
non votare è costantemente associato a un rischio maggiore
del 73% di morte per qualsiasi causa tra gli uomini e del
63% tra le donne. Il messaggio degli scienziati è che
questo fattore - così come l'istruzione e forse addirittura di più
- potrebbe essere considerato davvero un potenziale determinante
sociale della salute, cioè uno di quei fattori non medici che
influenzano il benessere.
Non è la prima volta che se ne
parla. Anche ricerche pubblicate in precedenza
suggeriscono che gli elettori in genere godono di una salute
migliore rispetto ai non elettori, ma non è chiaro se la
partecipazione elettorale possa anche essere un fattore predittivo
del rischio di morte futura.
Per approfondire la questione, gli autori dello
studio - pubblicato online sul 'Journal of Epidemiology & Community
Health' - hanno attinto ai dati, relativi all'intero elettorato dei
cittadini finlandesi residenti nella Finlandia continentale e di
età pari o superiore a 30 anni, sulla partecipazione elettorale
alle Parlamentari del 1999.
Affluenza e salute, lo strano binomio
L'affluenza alle urne in questa fascia d'età è
stata del 71,5% per gli uomini e del 72,5% per le donne. In totale,
3.185.572 persone (1.508.824 uomini e 1.676.748 donne) sono state
incluse nello studio e la loro sopravvivenza è stata monitorata dal
21 marzo 1999 (giorno delle elezioni) fino alla morte o comunque
alla fine del 2020. In questo lasso di tempo (1999-2020) sono morte
1.053.483 persone: 95.350 per cause esterne (incidenti, violenza e
cause attribuibili all'alcol); 955.723 per altre cause sottostanti.
Mentre 2.410 persone la cui causa di morte non era nota sono state
escluse dall'analisi finale.
L'associazione fra non votare e un rischio
maggiore di morte per qualsiasi causa risultava forte, spiegano gli
autori. Dopo aver aggiustato il livello di istruzione (di base o
sconosciuto; secondario o terziario), il rischio si è
ridotto al 64% tra gli uomini e al 59% tra le donne. La
differenza nel rischio di morte tra elettori e non elettori era
maggiore rispetto a quella tra coloro che avevano un'istruzione di
base e coloro che avevano un'istruzione terziaria. Ed era più forte
per cause esterne di morte piuttosto che per altre cause.
Aggiustato per età, questo rischio era doppio
tra gli uomini e le donne che non votavano rispetto a coloro che
votavano. E la differenza nel rischio relativo di morte tra
elettori e non elettori era più marcata tra gli uomini sotto i 50
anni. Un altro aspetto evidenziato dagli autori è che tra gli
uomini che si trovano nel 25% più basso per reddito familiare il
rischio di morte associato al mancato voto era del 9-12% più alto
rispetto ad altri gruppi di reddito.
Voto, non voto e morte: ma c'è davvero un legame?
I ricercatori precisano che si tratta di uno
studio osservazionale e, in quanto tale, non è possibile stabilire
un rapporto di causa-effetto, ripetono ancora. Gli autori
riconoscono "diversi limiti" ai risultati, tra cui il fatto che
alcune persone avrebbero potuto voler votare, ma non essere state
in grado di farlo, o semplicemente hanno scelto deliberatamente di
non votare. Tuttavia, aggiungono, il fatto che il voto fosse più
fortemente associato al rischio di morte rispetto al livello di
istruzione "suggerisce una forte associazione tra voto e mortalità,
dato che un sostanziale gradiente di istruzione nella mortalità è
tra i modelli di mortalità sociodemografici più consolidati".
"Il voto, in quanto forma di partecipazione, è
una forma di capitale sociale, legato ai benefici per la salute.
Inoltre, il voto può aumentare altre forme di partecipazione civica
- argomentano gli studiosi - I problemi di salute e le difficoltà
correlate possono anche influire negativamente su molti importanti
prerequisiti della partecipazione, tra cui l'aumento delle risorse,
la motivazione al voto e la mobilitazione politica". La
conclusione per gli esperti è dunque che "le informazioni sul voto
possono essere utili in ambito clinico - ad esempio,
l'abbandono dell'abitudine al voto può essere un segnale precoce di
un significativo declino della salute - e nel monitoraggio del
benessere della popolazione, della salute e delle disparità
sanitarie. Inoltre, una forte associazione tra voto e mortalità
solleva preoccupazioni circa la parità di rappresentanza
politica".
Altro che 'libertà è partecipazione', come
cantava Giorgio Gaber. L'iconico testo dell'artista italiano, che
ha suggerito a intere generazioni un nuovo modo più consapevole di
sentirsi liberi, per la scienza oggi avrebbe anche una sfumatura
diversa e inedita, alla luce dei nuovi studi: salute è
partecipazione.