(Adnkronos) - Il gip di Roma ha disposto il divieto di esercizio della professione, per un anno, per Marco e Marco Antonio Procopio, padre e figlio medici, indagati per omicidio colposo in relazione alla morte di Margaret Spada, la 22enne deceduta dopo essersi sottoposta lo scorso 4 novembre a un intervento di rinoplastica parziale in uno studio medico di viale Cesare Pavese. Per Marco Procopio la procura di Roma aveva chiesto anche gli arresti domiciliari, richiesta che non è stata accolta dal giudice dopo l'interrogatorio preventivo.
"La richiesta di arresti domiciliari per uno dei miei assistiti - commenta all'Adnkronos l'avvocato Domenico Oropallo, difensore dei due chirurghi estetici - era palesemente ridondante ed è stata giustamente respinta. Per quanto riguarda il divieto di esercizio della professione per un anno, ritenevo e ritengo insussistente il requisito dell'attualità. A un anno dal fatto somiglia più a una sanzione che a una misura cautelare. Valuteremo se ricorrere al Riesame".
(Adnkronos) - Oggi, secondo gli ultimi dati Istat, circa il 40,5% della popolazione – 24 milioni di persone – soffre di una patologia cronica, 12,2 milioni di questi ne hanno almeno due; in una nazione che invecchia progressivamente, la prevalenza aumenta con l’età. Entro il 2028 spenderemo 70,7 miliardi di euro per la cronicità. La gestione delle malattie croniche in Italia rappresenta una sfida sempre più incalzante e complessa, aggravata da criticità strutturali e disuguaglianze territoriali. Un'analisi condotta a cura dell’Osservatorio Salutequità evidenzia la necessità d’interventi mirati per migliorare l'efficacia del Ssn e garantire una presa in carico adeguata dei pazienti.
"Nonostante gli ingenti investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) per il rafforzamento dell’assistenza territoriale, la gestione della cronicità sul territorio italiano sembra residuale e in peggioramento - afferma Tonino Aceti, presidente Salutequità -. Infatti la bozza di aggiornamento di Piano nazionale cronicità (Pnc) che dovrebbe essere approvata nei prossimi giorni da Stato-Regioni, non conta su finanziamenti ad hoc contrariamente ad altri Piani, manca di un cronoprogramma chiaro per il raggiungimento degli obiettivi e lascia fuori diverse patologie. Anche la sua modalità di aggiornamento e inclusione di nuova patologie, come la psoriasi, non è affatto chiara. La cabina di regia del Pnc, importante per l’implementazione, sembra essere scaduta e non sono pubbliche le relazioni annuali che deve produrre".
Per Aceti un "nodo centrale" per il cambio di passo nella presa in carico è quella del "passaggio da un approccio prestazionale alla garanzia del percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale del paziente. Oggi infatti il Ssn - spiega Aceti - rimborsa la somma delle singole prestazioni, senza misurarne gli esiti, e non l’intero percorso, facendo risultare la gestione della cronicità poco attrattiva per chi governa servizi e spesa sanitaria. Anche le Regioni sono misurate attualmente dal Ministero della Salute con un solo indicatore di processo: aderenza nello scompenso cardiaco. Se la cronicità rappresenta oggi una priorità per le famiglie, non possiamo dire lo stesso per le risposte che garantisce il Ssn". Per questo Salutequità ha riunito a Roma un Equity Group Cronicità, realizzato con il contributo non condizionato di Sanofi e Ucb Pharma, per confrontarsi con rappresentanti di istituzioni nazionali e regionali, associazioni pazienti, manager e professionisti sanitari sulle principali questioni.
La cronicità è una priorità per numeri e fattori di rischio disuguaglianze - riporta una nota -. Il 24% della popolazione italiana, ovvero oltre 14 milioni di cittadini, sono a rischio povertà o esclusione sociale e altrettanta ha più di 65 anni, con un indice di vecchiaia che raggiunge il 193,1%. La vita media senza limitazioni a 65 anni è aumentata a 10,6 anni, ma il 49% degli over 75 vive in condizioni di multi-cronicità e gravi limitazioni. Inoltre, oltre un sesto della popolazione soffre di almeno una malattia cronica, con una prevalenza maggiore in Sardegna (25,7%) e Marche (25,1%). Tra gli over 65, il 57% ha ricevuto una diagnosi di almeno una patologia cronica, con una maggiore incidenza al Centro e Sud Italia rispetto al Nord. Le patologie più comuni includono cardiopatie (27%), diabete (20%), malattie respiratorie croniche (16%) e tumori (13%). La policronicità colpisce il 25% degli over 65, con una maggiore prevalenza tra le persone con difficoltà economiche e bassa istruzione.
"Mentre implementiamo (a rilento) il Pnrr - ancora Aceti - peggiorano i dati Lea sull’assistenza distrettuale". Le Regioni sono impegnate ad assicurare la realizzazione degli obiettivi del Pnrr ma faticano a garantire i Livelli essenziali di assistenza - emerge dall'analisi condotta dall’Osservatorio Salutequità -. Nell’area cardine per le risposte alle persone con cronicità, ovvero quella distrettuale, nel 2023 un quarto delle Regioni (Valle d’Aosta, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sicilia) non ha raggiunto la sufficienza nell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza distrettuali. Accanto a queste 11 regioni hanno peggiorato il punteggio in quest’area rispetto al 2020: Lombardia (-19 punti), Piemonte (-1), Veneto (-2), Liguria (-2), Emilia-Romagna (-6), Marche (-9), Lazio (-12), Abruzzo (-32), Basilicata (-11), Calabria (-8), Sicilia (-18).
Anche i lavori del Pnrr - si legge - procedono tra luci e ombre: se sono stati conseguiti gli obiettivi delle Centrali operative territoriali da un lato come certifica la Corte dei Conti, dall’altro i dati di recente pubblicazione mostrano che vanno a rilento le infrastrutture cardine dell’assistenza territoriale. Risultano attivati circa un quarto degli ospedali di comunità programmati (5 Regioni non ne hanno nemmeno uno attivo). Solo 660 Case della Comunità realizzate a fronte delle 1723 programmate e meno di una su 10 ha tutti i servizi obbligatori attivi. Le Regioni che sembrano più lontane dall’Obiettivo sono Campania, Puglia, Abruzzo, Calabria, Sicilia e PA di Bolzano. Gli aspetti più deboli sono quelli che segnano un cambiamento di approccio alla presa in carico: orientato alla semplificazione e garanzia di percorsi attraverso i Punti Unici di Accesso (449) ed alla multidisciplinarietà con l’erogazione attraverso equipe multiprofessionali (476) da un lato e il riconoscimento del ruolo della comunità nella coproduzione presente in sole 470 CdC su 660.
Sul fronte cure palliative domiciliari solo 7 regioni (Basilicata, Emilia-Romagna, PA Trento e PA Bolzano, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) hanno una copertura del 100% dei distretti in cui è attivo almeno un punto di erogazione. I percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aumentano, ma non sono garantiti in tutte le regioni. Il nuovo Sistema di garanzia - fanno sapere da Salutequità - ha introdotto in via sperimentale la valutazione dei Pdta di 6 patologie tra cui diabete, Bpco, scompenso cardiaco, ma i dati sono fermi al 2022 (anticipazioni). Proprio sulle patologie oggetto di monitoraggio ministeriale i dati Aifa più recenti (2023) rilevano bassa aderenza i farmaci per i disturbi ostruttivi delle vie respiratorie (51,0%) - nonostante su Bpco 15 Regioni hanno approvato un Pdta regionale (al 2023) - e farmaci antidiabetici (23,9%). Sul diabete i problemi di aderenza riguardano anche il percorso: gli annali Amd 2023 riportano che solo il 51,3% dei pazienti ha eseguito 2 o più misurazioni di emoglobina glicata nel corso dell’anno; meno di un terzo ha eseguito l’esame del fundus oculi, utile per monitorare la retinopatia diabetica; ancora di meno chi ha eseguito il controllo del piede (16,8%).
Sullo scompenso cardiaco (Sc) solo 13 Regioni hanno formalizzato un Pdta (2023): Piemonte e Friuli-Venezia Giulia; Emilia-Romagna; Liguria; Lazio; Umbria; Calabria; Basilicata, Toscana, Abruzzo, Campania, Marche e Molise. Questo nonostante sia oggetto di monitoraggio Lea, sia nell’elenco di patologie prioritarie del Piano Cronicità vigente, e dal 2024 un indicatore di aderenza per Sc diventerà core nel nuovo Sistema di Garanzia.
Nel frattempo sono stati censiti da Fondazione Res - dettaglia la nota - oltre 900 Pdta regionali, di cui il 56% per patologie croniche ad alta prevalenza. Si concentrano prevalentemente nell’area oncologica - quasi un quarto di tutti i Pdta (119) - seguiti da quella neurologica con oltre uno su 10 (70) e quella cardiologica poco meno di uno su 10 (50) e spesso non prevedono uso di telemedicina. Ci sono patologie, come la psoriasi e quelle dermatologiche croniche, che sono escluse nell’elenco del Pnc e non hanno Pdta regionali, con percorsi di cura che rischiano di essere più tortuosi o dispersivi.
E ancora: Italia fanalino di coda nella fiducia delle persone sulla capacità di autogestire la propria salute (dati PaRIS): siamo al 24,3% rispetto al 58,9% della media Oecd (meno della metà) e abbiamo bassa capacità di usare informazioni sulla salute in internet (4,9% Italia vs 19,3% Oecd). Valori bassi anche per le persone trattate in servizi che scambiano elettronicamente informazioni mediche (13,4% Italia vs 57,1% Oecd). Questo problema può essere superato con l’uso del Fse, anche se così com’è oggi, è utilizzato solo da un cittadino su 4. Tra le possibili cause anche l’utilità dello strumento per i cittadini. La Cartella clinica è disponibile nel Fse solo in 4 Regioni (Pa Trento, Veneto, Emilia-Romagna, Calabria); il Piano assistenziale individualizzato solo in Lombardia; il Pdta solo nel Lazio; il Bilancio di Salute in Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta. Solo in 6 regioni si può effettuare la Richiesta/variazione esenzione per patologia tramite Fse (Sardegna, Molise, Basilicata, Piemonte, Lombardia, Pa Bolzano). La Calabria è l’unica regione che ancora non prevede nel fascicolo la possibilità di scegliere o revocare il medico di medicina generale.
Aumenta il carico assistenziale per i medici di base: si riducono in termini numerici i professionisti disponibili, in particolare nel Nord del Paese - evidenzia il report - e si trovano a prendere in carico un numero superiore ai 1500 assistiti in oltre un caso su due (dati aggiornati al 2023). Procede a rilento anche quella necessità avviata dalla legge Balduzzi del 2012 di lavorare in forma associativa: circa un terzo lavora in modo non organizzato formalmente con altri medici di medicina generale e con altri professionisti sul territorio. L’opportunità per superare il problema è offerta dalle Case della comunità.
Parallelamente la farmacia dei servizi, richiamata anche nel Pnc, diventa più capillarmente presente: aumenta il numero di farmacie sul territorio (meno di 3000 abitanti per farmacia in media) e si appresta a concludere la sua fase sperimentale per valutarne l’eventuale prosecuzione. I risultati che le Regioni sono chiamate a rendicontare sono prevalentemente di carattere prestazionale, piuttosto che agli esiti (solo un campo della scheda lo richiama). La disponibilità di servizi in farmacia è in aumento, ma a questa non corrisponde un contestuale utilizzo da parte dei cittadini: si tratta prevalentemente di test diagnostici di base (70%), prenotazioni Cup e servizi correlati (79%), Elettrocardiogramma (76,5%), Prenotazione di farmaci e prodotti (85%). Più bassi i valori relativi a programmi per l’aderenza terapeutica (28,3%) e ricognizione farmacologica (26,6%). Il servizio più utilizzato dai cittadini è quello della prenotazione di farmaci e servizi (84%) e prenotazioni Cup (34,7%).
Gli infermieri di famiglia e comunità, il cui Standard Dm 77 è di un infermiere su 3000 abitanti, si confrontano con differenze territoriali nei tempi di definizione del fabbisogno e in quelli di implementazione. Sette Regioni (Lombardia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto) hanno identificato fabbisogno totale. E la Toscana ha definito anche la progressività dell’attuazione da concludersi entro il 2026. Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Marche, Molise e Piemonte non hanno definito i numeri del fabbisogno. L’Emilia-Romagna dichiara che il fabbisogno rappresenta criticità e stima la piena implementazione in 4 - 5 anni.
(Adnkronos) - "La protezione delle infrastrutture deve affiancarsi alla protezione della filiera tecnologica e per riuscirci serve una massa critica". Lo ha detto oggi il ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo alla plenaria del Digital Innovation Forum, in corso a Cernobbio.
Per raggiungere questa massa critica, secondo il ministro è necessario "mettere insieme" centri di ricerca, hpc e capacità quantum ready "con l’industria, per abilitare una rapida prototipazione dei prodotti e ridurre il time to capacity".
"Così il Mediterraneo, da area esposta, può diventare piattaforma di resilienza e fattore di deterrenza in coerenza con gli obiettivi nazionali ed europei" ha poi aggiunto.
Contrastare l’offensiva della guerra ibrida “richiede consapevolezza collettiva, difese attive e un modello di collaborazione permanente tra istituzioni, industria e ricerca. Nessun attore da solo può garantire sicurezza in un dominio dove la minaccia si rinnova ogni giorno e l’attacco può arrivare in un click". "È qui - ha aggiunto il ministro - che prende l’idea di un’arma cyber nazionale, una componente civile e militare". Una forza che "deve unire competenze tecniche avanzate, intelligence digitale, contrasto immediato e resilienza operativa".
"Dovrebbe partire una prima struttura che possa contare su 1500 unità operative, ma l’obiettivo è arrivare a un organico più ampio e autonomo - ha spiegato Crosetto -. Fondamentale sarà anche garantire tutte le funzionali, percorsi di formazione continua per gli specialisti civili e militari così da trattenere competenze e creare una cultura nazionale della sicurezza digitale". Una capacità che "non sarà solo difensiva, ma dovrà fare anche da deterrente".
"Serve una difesa intelligente fondata sulla ricerca scientifica, sviluppo industriale responsabile e alleanze strategiche capaci di sostenere l'Europa verso un percorso di vera autonomia tecnologica".
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(Adnkronos) - "Possiamo scongiurare la paura che l'Intelligenza artificiale sostituisca i medici". Così il professore ordinario di Neurochirurgia presso l’Università degli studi di Ferrara, Massimo Miscusi, nel corso dell'intervento al ComoLake. "La sanità sicuramente sta beneficiando di questa rivoluzione grazie alla quale noi abbiamo nuove metodologie di insegnamento che migliorano sicuramente i percorsi e i processi", sottolinea.
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(Adnkronos) - Esiste un gender gap anche per il dolore cronico, che colpisce una percentuale maggiore di donne rispetto agli uomini. I dati Istisan registrano che tra i circa 10 milioni di italiani che soffrono di dolore cronico, il 60% della popolazione che ne soffre è composto da donne, con un coinvolgimento maggiore a partire dai 35 anni. Queste, però, spesso non lo segnalano o, quando lo fanno, non vengono ascoltate adeguatamente, segno che la disparità di genere si avverte anche in questo campo. Tanti i pregiudizi, le difficoltà e le complicazioni che le donne si trovano ad affrontare per raggiungere una diagnosi. Un percorso difficile che ha ripercussioni psicologiche, oltre che fisiche e sociali. Ad analizzare le cause e a individuare possibili soluzioni sono le ospiti di 'Dolore cronico - Una questione di genere femminile', terzo episodio del vodcast 'E tu, sai cosa si prova?', una serie realizzata da Adnkronos in partnership con Sandoz, disponibile sul canale YouTube di Adnkronos e su Spotify.
"Molte patologie che si caratterizzano per dolore cronico – come l’emicrania, l’artrosi, l’artrite reumatoide o la fibromialgia – sono più frequenti nella popolazione femminile. Senza dimenticare le patologie ginecologiche, come l’endometriosi - spiega Nicoletta Orthmann, direttrice medico scientifica di Fondazione Onda Ets - Nelle donne, inoltre, si registra una maggiore tendenza alla cronicizzazione del dolore dopo un trauma. E non solo: le sindromi dolorose femminili tendono ad essere più intense, più durature e più complesse, perché spesso convivono condizioni dolorose multiple".
"La medicina di genere è complessa", sottolinea Silvia Natoli, responsabile Area culturale Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) Medicina del dolore e cure palliative. "Negli ultimi anni abbiamo scoperto differenze nelle risposte ai farmaci, ma anche nell’incidenza e nella prevalenza delle malattie tra uomini e donne. È la medicina delle diversità: fattori biologici, culturali e sociali influenzano sia l’accesso alle cure sia la percezione del dolore. Del resto - chiarisce Natoli - per anni la ricerca è stata biased, cioè sbilanciata sul sesso maschile".
Ascoltano il video-podcast si scopre così che "gli animali femmina non venivano usati negli studi preclinici" e che "le donne erano meno rappresentate in quelli clinici: si pensava che gli ormoni rendessero i risultati meno attendibili. Da quando gli enti regolatori hanno imposto il gender balance negli studi - illustra l’esperta - sono emerse differenze reali, anche nei processi di cronicizzazione. Per esempio, la cronicizzazione del dolore neuropatico nei topi maschi e femmine coinvolge cellule immunitarie diverse. Questo significa che molte terapie sono state sviluppate su modelli incompleti".
C’è l’impegno, a "promuovere il più ampio accesso alle cure e ridurre il gender gap - afferma Ester Lauciello, Head Business Unit Retail di Sandoz - Ma come azienda crediamo non basti: bisogna garantire anche il diritto all’informazione. Le donne che soffrono devono poter accedere a informazioni complete e capillari, per compiere scelte consapevoli. Per questo collaboriamo con tutti gli attori del sistema salute – medici di medicina generale, specialisti, associazioni, società scientifiche, istituzioni – per creare una rete solida di percorsi di cura appropriati". E qualcosa sta cambiando, come rivela il terzo episodio del Vodcast 'E tu, sai cosa si prova? Comprendere e affrontare il dolore cronico', online sul canale YouTube e nella sezione podcast di adnkronos.com e su Spotify.
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(Adnkronos) - Sulla questione della sovranità digitale "dobbiamo porci il tema della geopolitica". Così Diego Antonini, amministratore Unico Insiel, nel corso di Comolake. "La sovranità digitale non si può portare avanti con acquisizioni di licenze in modalità subscription", sottolinea. Antonini evidenzia che "ci troviamo in un momento importante di discontinuità sul mercato, perché è inutile negare che l'Europa, l'Italia non fa eccezione, ma anche l'Europa è piuttosto indietro rispetto a quello che viene fatto sia negli Stati Uniti, in Cina e anche in altri continenti, perché anche l'India sta crescendo molto", dice ancora.
"Ebbene - conclude - il momento attuale di dinamica potrebbe essere un interessante momento di discontinuità per cercare a livello europeo, quindi cercare anche di valorizzare quelle che sono idee, iniziative, start-up", conclude.
(Adnkronos) - Una nuova speranza nella lotta contro l’osteoartrosi, una delle malattie articolari più diffuse e invalidanti al mondo. Un team di ricerca della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e dell’Irccs Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, in collaborazione con centri di ricerca e aziende Europee, ha compiuto un passo promettente verso lo sviluppo di terapie rigenerative capaci di restituire funzionalità e benessere alle articolazioni danneggiate.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Biomaterials, costituisce il traguardo conclusivo del progetto europeo Admaiora, coordinato da Leonardo Ricotti, professore di Bioingegneria della Scuola Sant’Anna. Il gruppo di ricerca è riuscito a dimostrare il potenziale di un trattamento terapeutico all’avanguardia che, attraverso la combinazione tra biomateriali intelligenti e cellule staminali, riduce i livelli infiammatori dell’articolazione e rigenera il tessuto cartilagineo.
Già un anno fa il gruppo di ricerca aveva ottenuto risultati incoraggianti in vitro utilizzando cellule umane in laboratorio. Oggi i ricercatori hanno dimostrato in modelli preclinici che un biomateriale iniettabile caricato con cellule staminali e nanomateriali intelligenti, unito a una stimolazione a ultrasuoni controllata, favorisce la rigenerazione del tessuto artrosico danneggiato e un miglioramento complessivo della salute dell'articolazione del ginocchio.
“È un risultato entusiasmante, che conferma il potenziale della ricerca italiana nel campo delle tecnologie per la medicina rigenerativa – commenta il professore Leonardo Ricotti della Scuola Superiore Sant'Anna – I risultati ottenuti in questo studio hanno confermato l’efficacia di questo paradigma terapeutico, e aprono speranze per la futura cura dei pazienti con osteoartrosi. Allo stesso tempo, è importante sottolineare che serviranno ancora anni di studi e nuovi finanziamenti prima che queste scoperte possano tradursi in terapie concrete per i pazienti.”
La Dottoressa Matilde Tschon, ricercatrice dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, sottolinea che “questi significativi traguardi sono stati raggiunti grazie alla dedizione dei ricercatori e dei medici coinvolti e alle diverse competenze messe in campo, a riprova del valore e dell’importanza della ricerca traslazionale, cioè quella svolta in un ospedale di ricerca come il Rizzoli, condotta anche sul territorio nazionale”.
E la Dottoressa Gina Lisignoli, ricercatrice dell’Istituto Ortopedico Rizzoli aggiunge: “Per passare alla prossima fase di questa importante ricerca ci stiamo attivando al fine di individuare altri fondi. Lo studio condotto ha dimostrato l’efficacia e le incredibili potenzialità di questo trattamento combinato, il prossimo passo sarebbe la pianificazione di un trial, cioè uno studio clinico con i pazienti”. Il progetto Admaiora rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione europea tra università, centri di ricerca e ospedali. La sfida ora è trasformare questi risultati scientifici in soluzioni cliniche in grado di migliorare la qualità della vita delle persone.
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(Adnkronos) - "La sostenibilità indica la nostra rotta, l'acqua è natura portata ai consumatori. Si pensa al vino come frutto del territorio in cui nasce, ma l'acqua minerale è la stessa identica cosa. E' saldamente ancorata al proprio territorio, da cui non prescinde, ha delle caratteristiche uniche che sono il frutto del territorio da cui sgorga e delle caratteristiche che devono essere costanti nel tempo. Quindi per noi fare sostenibilità vuol dire lavorare per essere un'azienda a prova di futuro. Non è qualcosa da cui possiamo prescindere ed è un impegno quotidiano, non è un obiettivo da raggiungere. E' un impegno quotidiano che mettiamo nel nostro modo di fare impresa, nel prenderci cura dell'acqua, nel prenderci cura delle nostre persone e dei territori in cui operiamo. Lo facciamo, lo facciamo attraverso diverse tipologie di iniziative, diverse leve che andiamo ad attivare". Lo ha detto Fabiana Marchini, head sustainability & corporate affairs Gruppo Sanpellegrino, intervenendo intervenendo all'evento Adnkronos Q&A ‘Sostenibilità al bivio’ tenutosi oggi al Palazzo dell’Informazione a Roma.
E Marchini ha spiegato nel concreto le attività portate avanti. "Intanto lavoriamo -ha sottolineato- sull'ottimizzazione dei processi industriali e sull'ottimizzazione della gestione della risorsa idrica, è importantissimo. Tutti i nostri stabilimenti sono certificati secondo lo standard internazionale dell'Alliance for water stewardship che attesta la gestione virtuosa e condivisa dalla risorsa idrica. E per noi questo è fondamentale perché l'acqua comunque è vita, è una risorsa fondamentale, infatti perseguiamo il costante efficientamento e il risparmio idrico. Lo facciamo -ha continuato- cercando di mitigare il nostro impatto ambientale, sia in termini di carbon footprint, sia in termini di supporto a un modello di economia circolare. Utilizziamo materiali riciclati nei nostri imballaggi, cerchiamo di evolvere il nostro modello di business adottando una logistica sempre più sostenibile. Quindi sono diverse le leve che attiviamo per poter mitigare il nostro impatto", ha sottolineato.
"E poi, non meno importante, è la gestione di quello che noi chiamiamo la nostra casa, che è poi la casa comune, il territorio da cui sgorgano le nostre acque. Quindi è fondamentale per noi prenderci cura dei territori in cui viviamo", ha concluso.
(Adnkronos) - La nuotatrice australiana Ariarne Titmus, quattro volte campionessa olimpica e primatista mondiale dei 200 msl che furono di Federica Pellegrini, annuncia il suo ritiro dall'agonismo. Lo fa scrivendo sui social una lettera a se stessa bambina sui social. "Cara Ariarne di sette anni, oggi ti ritiri dal nuoto agonistico. Hai trascorso 18 anni in piscina a gareggiare, 10 dei quali in rappresentanza del tuo Paese. Hai partecipato a due Olimpiadi e, cosa ancora migliore, hai vinto", scrive.
"I sogni che avevi... si sono avverati. Gli amici che hai stretto... sono per la vita. Hai raggiunto più di quanto avresti mai pensato di poter fare e dovresti esserne così orgogliosa. Durante il tuo percorso hai incontrato persone incredibili che ti hanno aiutato in ogni momento. I tuoi allenatori (uno molto speciale in particolare), il tuo staff di supporto, i compagni di squadra, gli atleti, gli sponsor, gli amici, la famiglia e i tifosi. Assicurati di ringraziarli".
"Fai le valigie e te ne vai di casa a 14 anni, che decisione difficile è stata quella di andartene. Mamma e papà hanno visto il luccichio nei tuoi occhi e hanno sacrificato tutto per trasferirti. Senza di loro, insieme a Mia, non saresti qui oggi. Hai appena compiuto 25 anni e sembra il momento giusto per lasciare il nuoto. L'inseguimento è stato incessante e hai dato tutta te stessa. Te ne vai sapendo che ogni pietra è stata rivoltata, senza rimpianti. Sei realizzata, contenta e felice. Ciò che ti aspetta è entusiasmante. Nuovi obiettivi, più tempo con le persone che ami di più e la possibilità di mettere al primo posto te stesso, non il tuo sport, con tutto il cuore. Assicuratevi di godervi ogni momento, grande o piccolo che sia. Fidatevi, il tempo vola".
(Adnkronos) - La residenza di Sandringham si modernizza, nel segno dell'efficienza: la tenuta, dove la famiglia reale trascorre il Natale ma che è anche un'attrazione turistica, cerca un responsabile marketing che sappia raccontare la sua storia in modo avvincente su tutti i canali, dalle campagne digitali alle pubbliche relazioni, dalla segnaletica in loco alle brochure stagionali. L'insolita posizione, annunciata dalla Sandringham Estate, è perfetta per un osservatore della famiglia reale con un forte spirito imprenditoriale ed è considerata dalla royal family "fondamentale" per stare al passo con i tempi.
Situata nel Norfolk, Sandringham è la residenza di campagna dove re Carlo III invita la sua famiglia a trascorrere le vacanze natalizie, seguendo una tradizione iniziata da sua madre, la Regina Elisabetta II. Ma è anche un'attrazione turistica con oltre 200 dipendenti. Il candidato ideale, recita l'inserzione per la ricerca di personale, dovrà "unire creatività e intuizioni basate sui dati, lavorando in modo interfunzionale per garantire che la nostra storia venga raccontata in modo avvincente...". In un documento con una foto del re inginocchiato in un campo di papaveri, la tenuta sottolinea che la comunicazione è uno dei suoi valori principali. "Parliamo, ascoltiamo e impariamo gli uni dagli altri", si legge.
C'è da dire che i dipendenti della famiglia reale di oggi godono di molta più libertà e flessibilità rispetto al passato. Sebbene ci siano ancora maggiordomi e camerieri, i Windsor hanno lavorato per modernizzare le loro attività fin dagli anni '50. Oggigiorno, il palazzo conta numerosi impiegati e persino un team di sicurezza informatica. L'attenzione della famiglia reale all'efficienza si è riversata anche nelle proprietà private che la famiglia apre al pubblico per le occasioni speciali.
(Adnkronos) - "Nel 2020 abbiamo lanciato la 'Circular for Zero', che ci ha posto come obiettivo nel 2045 di avere emissioni zero, che chiaramente per una società farmaceutica, che comunque ha impianti di produzione, è un obiettivo molto sfidante. Noi già oggi abbiamo tutte le nostre fabbriche che si affidano esclusivamente a fonti di energia rinnovabili e contiamo ad arrivare nel 2045 all'obiettivo. Da questo poi nascono tante altre progettualità, la cui cosa più importante è far sì che siano tangibili e calate sul territorio". Così Alfredo Galletti, corporate vice president e gm Novo Nordisk Italia, intervenendo all'evento Adnkronos Q&A ‘Sostenibilità al bivio’ tenutosi oggi al Palazzo dell’Informazione a Roma. che ha ricordato come il cammino dell'azienda in ambito di sostenibilità sia iniziato 50 anni fa, nel 1975.
"Una delle progettualità a cui tengo maggiormente -ha continuato- è il nostro 'Cities for Better Health', che è una partnership fatta con varie città a livello di tutto il mondo, che inizia da dieci anni fa. E noi in Italia abbiamo partnership con vari comuni e copriamo 23 milioni di italiani, con progettualità piccole e ben specifiche, fatte in accordo con le istituzioni locali e secondo i bisogni di ciascuna città o di ciascuna realtà. Perché poi chiaramente questo obiettivo, la nostra ambizione non la possiamo raggiungere da soli e chiaramente tutti gli attori devono prendervi parte", ha sottolineato.
E Galletti ha sottolineato che "abbiamo molta attenzione per la biodiversità, con ad esempio un'oasi ecologica con 60 mila api, in Toscana, che abbiamo creato per continuare a garantire il nostro impegno per la biodiversità". "E c'è anche innovazione dal punto di vista ambientale e di sostenibilità nei nostri prodotti. Qualche mese fa abbiamo lanciato la prima insulina settimanale al mondo. Chiaramente le nostre penne sono usa e getta, mentre prima un'iniezione giornaliera richiedeva chiaramente uno spreco di plastica che deve essere smaltita. Noi non solo ne abbiamo una settimanale, ma abbiamo anche messo in piedi un sistema di riciclo che si chiama ReMed, in sette città italiane con più di 230 farmacie dove il paziente può riportare queste penne una volta utilizzate e noi le ricicliamo e da questo facciamo svariati materiali", ha concluso.
(Adnkronos) - Non soffrono direttamente le vampate di calore, gli sbalzi d’umore o i cali della libido ma risentono lo stesso dei cambiamenti, spesso senza gli strumenti per capirli o affrontarli. La menopausa è un evento naturale nella vita di ogni donna: i suoi effetti però non si fermano a chi li vive in prima persona e si ripercuotono anche sui partner. Un recente questionario, ideato dal portale sulla salute VediamociChiara ha coinvolto oltre 4.400 uomini italiani, mettendo in luce quanto la menopausa influenzi la vita di coppia, soprattutto in termini di comunicazione, intimità e consapevolezza. L’indagine ha ricevuto il patrocinio dell’Istituto di Sessuologia Clinica di Roma che ha collaborato alla realizzazione.
I risultati saranno presentati durante l’evento 'L’età della saggezza', organizzato dal portale, con il patrocinio dell’Associazione Ginecologi Territoriali (Agite), a Milano, presso il Talent Garden Calabiana (Via Arcivescovo Calabiana, 6), sabato 25 ottobre dalle ore 15 alle 17.30 in occasione della Giornata mondiale della menopausa che si celebra sabato. Uomini informati. La maggior parte degli uomini che ha partecipato all’indagine appartiene a una fascia d’età matura, con legami affettivi di lunga durata. Si colloca infatti tra i 51 e i 60 anni, ha figli e una relazione stabile da più di 20 anni. Non sempre sanno cosa stia succedendo alla compagna: sebbene il 97,8% confermi che la partner sia in menopausa o in perimenopausa, solo il 40% dichiara di sentirsi informato sui cambiamenti legati a questa fase della vita femminile.
'Sapere' però non significa 'comprendere'. Molti uomini riconoscono la fase, ma non conoscono le conseguenze fisiche, emotive, relazionali e sessuali che essa comporta. A mancare è un coinvolgimento attivo, dal momento che gli uomini restano spesso spettatori di un mutamento che non sentono proprio, anche se li coinvolge direttamente nella vita di coppia. La carenza di informazioni provoca effetti importanti: aumenta il rischio di malintesi e tensioni di coppia ('non capisco cosa le stia succedendo'); altera la capacità di gestire i cambiamenti nella sessualità, portando alla frustrazione; può far sentire l’uomo escluso dal percorso della partner, generando distanza. Dottor Google e Social. Gli uomini attingono le nozioni sulla menopausa prevalentemente su Google e sui social (90%). Il dato ribadisce ancora una volta la rilevanza che ormai detengono questi mezzi e la necessità di diffondere anche tramite il web una informazione scientificamente corretta, in assenza di spazi istituzionali e relazionali dedicati al tema.
Dialogo nella coppia. Solo 1 uomo su 5 parla apertamente con la partner dei cambiamenti legati alla fase, mentre l’83% ritiene che la comunicazione sia peggiorata da quando questa è iniziata. Il risultato suggerisce che la disinformazione non è solo una questione culturale, ma anche comunicativa: se non si parla, non si impara a conoscersi e non si cresce insieme.
Confronto a letto. Il 90% ha notato cambiamenti importanti, come calo del desiderio, dolore, fino ad un minore coinvolgimento sessuale. Il 94% vive questi cambiamenti con frustrazione e difficoltà che a lungo andare potrebbero avere ripercussioni anche sulla sessualità maschile. Non si tratta solo di disagio fisico, ma anche (e forse soprattutto) emotivo e relazionale. Nonostante ciò, il 91% non ha cercato di risolvere insieme alla partner per ritrovare l’intimità. Il timore che non ci siano soluzioni, la difficoltà a parlarne e a pensarsi ancora desideranti oppure la vergogna rischiano di allontanare la coppia, di chiudere i partner in un senso di solitudine, in un periodo importante di vita.
Scostamento emotivo e sessuale. Gli uomini mantengono nella maggior parte dei casi lo stesso desiderio sessuale (90%), ma si trovano a gestire un mutamento nella partner che vivono spesso come improvviso, non comunicato e non compreso. Questo contribuisce a creare uno squilibrio percepito, in cui uno dei due sperimenta una frustrazione crescente, mentre l’altra sta attraversando un momento di trasformazione che richiederebbe ascolto, delicatezza e adattamento. Le richieste degli uomini. L’87% degli intervistati vorrebbe ricevere più informazioni o supporto per affrontare questo periodo insieme alla partner. Il risultato contribuisce a smentire uno stereotipo dell’uomo disinteressato o emotivamente distante. Secondo l’indagine, infatti, gli uomini non sono indifferenti, spesso sono solo esclusi dalla narrazione, lasciati soli con dubbi, frustrazioni e un senso di impotenza.
Nelle parole di alcuni di loro si legge il bisogno di trovare un supporto. Paolo (59 anni), per esempio, afferma che la sua vita di coppia è cambiata molto, “non solo perché sono quasi 20 anni che stiamo insieme e il tempo si sa…attenua certe ‘impellenze”. Confessa che andare da un sessuologo lo imbarazzerebbe molto, “ma chissà – dice – forse è una buona soluzione, se non altro per tirare fuori il problema”. Anche per Marco (63 anni), la sfera sessuale ha subito un cambiamento: “Da quando mia moglie è in menopausa lo facciamo, se va bene, una volta alla settimana. La nostra sessualità è cambiata tanto e mi manca. La cerco solo io, lei mi cerca molto di rado ed è dura. Spero che servizi informativi come questo possano servire a migliorare le cose tra di noi”.
“La menopausa è anche un fatto di coppia – conferma la professoressa Roberta Rossi, psicosessuologa, responsabile della formazione dell’Istituto di Sessuologia Clinica e consulente di VediamociChiara nella realizzazione dell’indagine – esiste, quindi, un terreno fertile per costruire una nuova cultura della menopausa: più aperta, più di coppia, più umana. Parlare di menopausa solo al femminile non basta più. Per molte coppie, è un momento di crisi silenziosa che può creare distanza o unire, a seconda di come viene affrontata. Aprire spazi di dialogo, promuovere l’informazione anche per gli uomini, coinvolgere i partner nei percorsi di consapevolezza: sono questi i primi passi per trasformare la menopausa in un’occasione di crescita comune”.
“Non mi stupisce che i nostri partner vivano con disagio la nostra menopausa – conclude la dottoressa Maria Luisa Barbarulo, coordinatrice del portale - noi stesse facciamo fatica a capire cosa ci accade, un po’ perché non sempre incontriamo medici che ci illustrino l’intero “corteo di sintomi”, un po’ perché la menopausa è percepita come uno stigma e, quindi, arriviamo a negare anche l’evidenza, un po’ perché la vita di tutti i giorni ci impone ritmi non sempre compatibili con il 'sediamoci e parliamo, ti racconto come sto e cerchiamo di capire come possiamo superare questa fase insieme, anche con il supporto di uno specialista'. Ma è proprio qui che noi di VediamociChiara vogliamo fare la differenza, sensibilizzando l’opinione pubblica su questi temi così importanti e invitando i partner ai nostri eventi per coinvolgerli e renderli partecipi del nostro cambiamento”.
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