
Giuseppe Conte è il leader italiano più popolare tra i giovani. E' il risultato di un sondaggio di Swg per Domani. Il presidente del Movimento 5 stelle con il 35% di fiducia tra gli under 25 supera di due punti la presidente del Consiglio, e leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, che si ferma al 33%. Percentuali che però si ribaltano tra gli over 25: per la premier il gradimento è del 40%, per il numero uno pentastellato scende al 26.
Rimanendo sui giovani, tra i più popolari ci sono Carlo Calenda, di Azione, al 28%, Riccardo Magi, di +Europa, al 25%, Nicola Fratoianni, di Avs, al 24%, Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, al 23%, Matteo Salvini, leader della Lega e vicepremier, al 20%, e Matteo Renzi, di Italia viva, al 19%. Solo la numero uno del Nazareno e il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti sono più graditi agli adulti che ai giovani: per la leader dem la differenza è di un punto percentuale, per il segretario del Carroccio la distanza è di quattro.
Quanto, invece, ai partiti, il campione di giovani si colloca al centrosinistra per il 26%, al centrodestra il 22, al centro il 12, il 40% non si colloca affatto. Il voto giovane è più frammentato e penalizza Fratelli d’Italia, che è il primo partito ma al 22,3% contro il 33,1 degli adulti. Seguono il Pd al 19,6 contro il 22,3 degli adulti, il 13 di M5s contro il 12,5, Alleanza verdi-sinistra (9,9 contro 6,0) e Azione (6,4 contro il 2,5).
Sul piano internazionale, Pedro Sanchez, il premier spagnolo, è il leader più apprezzato tra i giovani, 33%, ma un 30% se lo portano a casa anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen - che invece è gradita solo al 23% degli adulti -, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron (16% tra gli adulti). Al 31%, poi, troviamo il presidente degli Stati Uniti d'America, Donald Trump (18% tra gli adulti).

La Procura di Arezzo ha aperto un'inchiesta per omicidio colposo in relazione alla morte per soffocamento di Leonardo Ricci, il bambino di due anni morto ieri all'asilo nido 'Ambarabà ciccì coccò' di Soci, frazione del comune di Bibbiena[1], nel Casentino. L'indagine, al momento ancora senza indagati, è coordinata dalla pubblico ministero Angela Masiello con la procuratrice capo Gianfederica Dito. Gli accertamenti, secondo quanto apprende l'Adnkronos, dovranno chiarire se vi siano responsabilità legate a omissioni, negligenze, imperizie o imprudenze da parte del personale della struttura, maestre ed educatrici.
Cosa è successo al nido
Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri di Bibbiena, il piccolo sarebbe rimasto impigliato con il laccio del giubbottino a un ramo di un arbusto nel giardino dell'asilo, morendo per soffocamento accidentale. Le educatrici si sarebbero accorte immediatamente dell'accaduto e avrebbero tentato manovre di rianimazione fino all'arrivo dei soccorsi del 118, ma ogni tentativo si è rivelato purtroppo inutile.
Su disposizione del magistrato di turno Angela Masiello l'intera area esterna e l'edificio scolastico sono stati posti sotto sequestro. Sono stati eseguiti i rilievi tecnici per chiarire le cause esatte del decesso e verificare il rispetto delle misure di sicurezza e vigilanza previste dalla normativa. Gli investigatori hanno inoltre raccolto le testimonianze del personale scolastico e analizzato le caratteristiche del giardino, delimitato da una siepe di arbusti alti circa due metri che fungeva da area di gioco.
Autopsia e lutto cittadino per 3 giorni
Il corpo del bambino si trova all'obitorio dell'ospedale San Donato di Arezzo, dove nei prossimi giorni verrà eseguita l'autopsia. L'esame autoptico ha lo scopo di confermare la causa di morte, il soffocamento, escludendo l'ipotesi del malore.
Il sindaco di Bibbiena, Filippo Vagnoli, ha proclamato il lutto cittadino per tre giorni. "Siamo sconvolti da una tragedia che lascia senza parole. In questo momento serve solo rispetto, silenzio e profondo cordoglio", ha dichiarato il primo cittadino.
Il vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, monsignor Andrea Migliavacca, ha espresso solidarietà e vicinanza alla famiglia del piccolo Leonardo. "Partecipo al dolore della famiglia e della comunità per la morte del piccolo Leonardo, che accompagno con la preghiera all’incontro con Dio e che già confido nel suo abbraccio di amore. Sono vicino e sostengo la famiglia con il mio cordoglio, il pensiero e la preghiera", ha scritto in vescovo in un messaggio.
La parrocchia di Soci ha organizzato per questa sera, giovedì 13 novembre, un incontro di preghiera per sostenere la famiglia del piccolo. Al termine, ci sarà una fiaccolata per le vie del paese. Il sindaco Filippo Vagnoli si è unito all'invito per questa sera rivolto alla popolazione.

Eva Grimaldi ha raccontato a La volta buona il percorso legato agli interventi chirurgici al seno, rivelando di aver rischiato la vita a causa di gravi complicazioni post-operatorie.
Ospite oggi, giovedì 13 novembre, nel salotto di Caterina Balivo, l'attrice ha spiegato di aver subito un'infezione profonda da una delle protesi e aggravata da una complicata gestione medica poco adeguata[1]. "È stata operata da un chirurgo molto famoso", ha aggiunto la padrona di casa.
A causa dell'infezione, l'attrice è rimasta un anno senza seno: "Sono stata in sala operatoria in una stessa giornata due volte. Dopo tanti mesi con il drenaggio, mi sono diretta da un chirurgo competente, e il problema è stato risolto".

"I dati dell'indagine presentata da Dire - Donne in rete contro la violenza ci mettono di fronte all'urgenza di intervenire per sostenere le donne vittime di violenza nell'accesso alla prevenzione e ai percorsi di cura. La salute è un diritto universale e nel contrasto alla violenza di genere assume un valore ancor più fondamentale, perché diventa strumento di rinascita, di riconoscimento e autodeterminazione". Così l'onorevole Martina Semenzato, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nel videomessaggio inviato all'evento 'La salute è di tutte', organizzato da Dire con il supporto di Novartis, oggi a Milano.
"Il nostro impegno, come istituzioni - aggiunge Semenzato - deve essere rivolto al sostegno e alla collaborazione con i centri antiviolenza, che si confermano come luoghi di cura nel senso più pieno del termine: non solo spazi dove si esce dalla violenza, ma di ricostruzione della salute e dell'identità e del potere di scelta".

Tommaso Marini è tornato a parlare della polemica sullo smalto scoppiata negli ultimi giorni. Ospite oggi, giovedì 13 novembre, a La volta buona, il campione del mondo di fioretto a squadre ha raccontato la difficoltà di accettare alcuni aspetti del proprio aspetto fisico e ha voluto chiarire le sue parole dopo la discussa intervista durante la cerimonia di consegna dei Collari d'Oro.
La polemica era nato quando un giornalista gli ha chiesto durante la cerimonia: "Smalto e orecchini ti danno forza?", una domanda che lo sportivo aveva definito sui social "medioevo".
Oggi, nel salotto di Caterina Balivo, ha chiarito: “Durante le competizioni di scherma metto lo smalto e mi piace. Tutto è partito perché le avevo sempre rotte e preferivo abbellirle. Ho sempre spiegato nei contesti adeguati perché lo faccio, in quel contesto non lo era".
Marini ha ammesso di essersi infastidito dalla domanda, volendo spostare il focus altrove: "Ho risposto che non era importante, ma era più importante la fatica che avevamo fatto per arrivare fino a lì".
Lo sportivo ha confessato di aver ricevuto una chiamata di scuse dal giornalista autore della domanda: "Mi ha chiesto scusa e io penso che non sia stata fatta la domanda con malizia, ma solo per mancanza di attenzione che al giorno d'oggi va data, soprattutto per i giovani. Il nostro equilibrio con il nostro corpo è in bilico, è giusto dare più attenzione”.

E' una delle principali sfide sanitarie del nostro tempo. Il diabete tipo 2 colpisce centinaia di milioni di persone nel mondo e comporta costi elevati per famiglie e sistemi sanitari, ma c'è un aspetto spesso trascurato nella prevenzione: la salute orale. Le evidenze scientifiche mostrano che le malattie gengivali - e in particolar modo la parodontite - non sono solo un problema locale della bocca, ma possono alimentare processi infiammatori sistemici e alterazioni metaboliche che favoriscono il peggioramento del diabete. Prevenire e intervenire tempestivamente sulle patologie gengivali significa quindi agire anche sul controllo glicemico e sulla salute generale.
"Oggi sappiamo con certezza che tra diabete e parodontite esiste una relazione bidirezionale per cui l'una influenza e aggrava l'altra - spiega Giorgio Stroppa, dentista esperto in parodontologia, socio attivo della Società italiana di parodontologia e implantologia (Sidp), alla vigilia della Giornata mondiale del diabete che si celebra il 14 novembre - Le persone con malattie gengivali hanno un rischio maggiore di sviluppare diabete, mentre chi è già diabetico è fino a 3 volte più esposto a forme gravi di parodontite. Questo deve farci riflettere sul fatto che la parodontite non è una semplice infezione locale: l'infiammazione cronica che la accompagna rilascia nel sangue citochine pro-infiammatorie, che riducono la sensibilità all'insulina e peggiorano il controllo glicemico".
Nei pazienti diabetici la risposta immunitaria alterata amplifica i danni ai tessuti gengivali, accelerando la progressione della malattia parodontale e creando un vero circolo vizioso tra bocca e metabolismo. Per questa ragione anche i disturbi gengivali vanno monitorati con più attenzione in caso di diabete, perché indicano una maggiore predisposizione all'infiammazione gengivale (gengivite). "Questo legame ha effetti anche su altri organi - aggiunge Stroppa - Nei soggetti con diabete, la presenza di parodontite severa può aumentare fino a 3 volte il rischio di complicanze renali e cardiovascolari. La buona notizia è che trattare efficacemente la parodontite contribuisce a migliorare il controllo metabolico, con una riduzione media dell’emoglobina glicata, un risultato clinicamente significativo nella gestione del diabete".
Secondo il Health Inclusivity Index, il primo studio globale sull'inclusività sanitaria in 40 Paesi, sviluppato da Economist Impact e supportato da Haleon, le persone con malattie gengivali hanno il 26% di probabilità in più di ammalarsi di diabete di tipo 2. I costi sanitari correlati - riferisce una nota - sono fino al 50% più alti tra le fasce socioeconomiche più svantaggiate. A livello globale, la gestione del diabete legata a malattie gengivali non trattate costa quasi 870 miliardi di euro per decennio. Al contrario, la prevenzione e la cura delle patologie gengivali potrebbero evitare fino a 57 milioni di nuovi casi di diabete nei prossimi 10 anni, generando 156 miliardi di euro l'anno in benefici economici. In Italia il costo stimato del diabete di tipo 2 tra le persone con malattia gengivale non gestita supera i 15,28 miliardi di euro in 10 anni, mentre una corretta gestione della salute orale potrebbe generare un risparmio di 3 miliardi di euro l'anno, tra minori spese sanitarie e maggiore produttività.
"Prendersi cura delle gengive non è solo una questione estetica o odontoiatrica: è un tassello fondamentale del benessere sistemico e della sostenibilità dei sistemi sanitari - afferma Davide Fanelli, General Manager Haleon Italia e Southern Europe - I dati del Health Inclusivity Index mostrano che investire nella prevenzione e nella gestione delle patologie gengivali genera benefici concreti: riduce i costi a lungo termine, migliora la produttività e rafforza la resilienza collettiva. In una popolazione che invecchia e con l'aumento delle malattie croniche, il self-care diventa un pilastro essenziale per una salute sostenibile e inclusiva".
Chi vive con il diabete - raccomandano gli esperti - deve prestare particolare attenzione ai disturbi gengivali come: gengive arrossate, gonfie o che sanguinano facilmente; alitosi persistente; denti mobili o doloranti e secchezza della bocca dovuta a un eccesso di zucchero nella saliva. Sono i primi segnali di gengivite. Riconoscerli precocemente è essenziale perché la gengivite è una condizione reversibile, ma se trascurata può evolvere in parodontite. Prevenire, però, è possibile. Un buon controllo della glicemia è il primo passo per ridurre il rischio di infezioni orali. A questo si affiancano una corretta igiene orale quotidiana - spazzolare i denti 2 volte al giorno con dentifricio al fluoro e bicarbonato di sodio per aiutare a rimuovere la placca batterica, usare filo o spazzolini interdentali e risciacquare dopo i pasti - e visite regolari dal dentista o dal parodontologo almeno 1 o 2 volte l'anno. Anche lo stile di vita fa la differenza: smettere di fumare, seguire una dieta equilibrata, mantenere una buona idratazione e informare sempre il dentista della propria condizione diabetica sono abitudini semplici, ma decisive per proteggere sia le gengive sia il metabolismo.

"Negli ultimi decenni il fenomeno del tabagismo è tornato a crescere in modo preoccupante. In Europa, in particolare, il numero di fumatori è in netto aumento: oggi fuma circa il 26,5% della popolazione, contro una media mondiale del 18%. Un dato che riporta il nostro continente ai primi posti nel consumo di tabacco. E' evidente che dobbiamo assumerci la responsabilità di questo fenomeno, sia come Parlamento nazionale sia in collaborazione con le istituzioni europee. Per questo è positiva la proposta del Governo di aumentare le accise e intervenire sul piano fiscale per scoraggiare il consumo di sigarette. L'Italia, va ricordato, ha già investito molto nel contrasto al fumo: campagne di sensibilizzazione, divieti nei luoghi pubblici e informazione sui rischi per la salute. Tuttavia, i risultati restano insufficienti: 1 italiano su 4 continua a fumare". Lo ha detto la senatrice di Fdi Cinzia Pellegrino, intervenendo oggi in Senato all'incontro 'Prevenire i tumori, proteggere la salute: strategie e politiche sul fumo'.
L'evento ha messo a confronto esponenti del mondo politico, della ricerca e della sanità pubblica, promosso su iniziativa della vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e organizzato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi Ets. Obiettivo: discutere nuove azioni di contrasto al tabagismo, con un focus sull'efficacia della leva fiscale come strumento di prevenzione, ovvero aumentare in modo importante le accise sui prodotti del tabacco, portando il prezzo del pacchetto di sigarette a oltre 10 euro, e aumentando in maniera proporzionale la tassazione su tutti i prodotti contenti tabacco e nicotina. "Per invertire la tendenza" al fumo, ha spiegato Pellegrino, "sarà fondamentale recepire al più presto la nuova Direttiva europea 580/2025, frutto del lavoro congiunto tra la Commissione europea, l'Italia e gli altri Stati membri. L'obiettivo comune è ambizioso, ma realistico: ridurre il tabagismo fino al 5% entro il 2040, creando una vera 'tobacco free generation'. La direttiva introduce anche definizioni aggiornate per affrontare un fenomeno in forte crescita: quello dei prodotti alternativi al tabacco tradizionale, come sigarette elettroniche, cerotti alla nicotina e altri dispositivi. Si tratta spesso di strumenti promossi dal marketing delle multinazionali del tabacco come 'meno dannosi', ma che in realtà contengono nicotina e possono causare gravi danni alla salute. E' quindi essenziale includerli in una normativa chiara e rigorosa".
Infine, accanto all'azione delle istituzioni e alla ricerca scientifica, non va dimenticato il ruolo educativo della società e della famiglia. "Oggi è sempre più frequente vedere genitori che fumano la sigaretta elettronica insieme ai figli adolescenti - osserva Pellegrino - in un atteggiamento di finto 'antiproibizionismo' che rischia di normalizzare il consumo. Un tempo i ragazzi si nascondevano per fumare: ora spesso lo fanno alla luce del sole, con il consenso degli adulti. Ma tutto questo, secondo me, non contribuisce a prendere piena coscienza dell'errore che si sta commettendo e non aiuterà a smettere di fumare nel corso della vita. Recuperare il valore del 'no', come scelta di tutela e di responsabilità, è fondamentale per insegnare ai giovani il rispetto della propria salute. Solo così, unendo politiche pubbliche, educazione e consapevolezza, potremo davvero avvicinarci all'obiettivo ambizioso, ma perseguibile: quello di una generazione senza tabacco entro il 2040".

"Il Cergas, nell'ambito di un progetto di ricerca triennale, ha analizzato l'esperienza di alcuni Paesi in riferimento all'aumento delle accise sui prodotti del tabacco per contrastare il tabagismo, un impegno che viene portato avanti da Fondazione Veronesi. Alcuni Paesi in Europa, infatti, hanno fatto un uso ambizioso della politica fiscale ai fini di salute pubblica. Mi riferisco in particolare alla Francia e all'Irlanda, che hanno fatto salire il prezzo dei pacchetti di sigarette a livelli molto alti se comparati alla media degli altri Paesi dell'Unione europea. In Francia il prezzo medio è pari attualmente a 12 euro, in Irlanda addirittura a 16 euro. Questi Paesi hanno osservato una riduzione importante nella prevalenza dei fumatori, di circa 4 punti percentuali tra il 2017 e il 2023, confermando quindi quanto sostiene l'Organizzazione mondiale della sanità, ovvero che la tassazione del tabacco è la misura singola più efficace per ridurre i consumi del tabacco e quindi gli effetti negativi sulla salute dei suoi consumatori". Così all'Adnkronos Salute Michela Meregaglia, ricercatrice del Centro di ricerche sulla gestione dell'assistenza sanitaria e sociale Cergas Sda Bocconi, intervenuta oggi in Senato all'incontro 'Prevenire i tumori, proteggere la salute: strategie e politiche sul fumo'.
L'evento, promosso su iniziativa della vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e organizzato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi Ets, ha messo a confronto esponenti del mondo politico, della ricerca e della sanità pubblica. Obiettivo: discutere nuove azioni di contrasto al tabagismo con un focus sull'efficacia della leva fiscale come strumento di prevenzione, ovvero aumentare in modo importante le accise sui prodotti del tabacco portando il prezzo del pacchetto di sigarette a oltre 10 euro, e aumentando in maniera proporzionale la tassazione su tutti i prodotti contenti tabacco e nicotina.
"Nell'aumentare le accise sui prodotti del tabacco, tuttavia - sottolinea Meregaglia - è importante prevedere anche altre misure che riguardano i luoghi di approvvigionamento del tabacco, con particolare riferimento al commercio legale, e le nuove tendenze di consumo, in particolare il consumo di sigarette elettroniche e di prodotti a tabacco riscaldato".

"Per le donne che vivono situazioni di violenza, prendersi cura della propria salute può essere una leva per procedere più velocemente nel percorso di uscita dalla violenza. Stare bene significa avere più energie per affrontare un periodo complesso e per ricostruire la propria autonomia". Lo ha detto Cristina Carelli, presidente di Dire - Donne in rete contro la violenza, all'evento 'La salute è di tutte', organizzato dall'associazione con il supporto di Novartis, oggi a Milano.
"Il progetto - spiega Carelli - nasce da un connubio speciale tra un'azienda e la nostra rete nazionale ed evidenzia quanto la violenza impatti sulla salute delle donne, sia da un punto di vista fisico che psicologico. Portare l'esperienza delle donne che ogni giorno incontriamo, circa 24mila all'anno, all'attenzione di tutti per noi è fondamentale". Dai dati dell'indagine che ha coinvolto 207 donne nei centri antiviolenza della rete Dire in tutta Italia, presentati nel corso dell'incontro, "è emerso ciò che in realtà intuivamo - sottolinea la presidente Dire - La violenza impatta sulla salute delle donne, in particolare sulla possibilità di fare prevenzione. Le donne mettono sempre al centro qualcos'altro, soprattutto quando si trovano all'interno di una situazione di violenza, e purtroppo la loro salute passa in secondo piano. La loro salute, invece, è un elemento fondamentale per la libertà futura".
"I diritto alla salute non è, purtroppo, neutro: se si è donna si ha meno diritto alla salute - rimarca Carelli - E' importante sensibilizzare le donne sul fatto che si può focalizzare l'attenzione sulla propria salute e valorizzarsi di più. E' importante anche - aggiunge - sensibilizzare le istituzioni affinché si facciano carico di un diritto che non è ben gestito in questo periodo: il sistema sanitario è troppo complesso e, spesso, proprio per le persone che hanno poche risorse economiche e vivono difficoltà anche a livello territoriale. Abbiamo scoperto e verificato, infatti, che più ci si trova al Sud Italia e più è difficile accedere al sistema sanitario".

"Il fumo resta la prima causa di morte evitabile nel nostro Paese, questo è un dato che non possiamo più considerare ineluttabile. Serve una strategia complessiva che unisca educazione, prevenzione e un reale sostegno a chi vuole smettere, e quindi la politica sanitaria deve avere il coraggio di guardare oltre l'emergenza, di costruire alleanze solide tra istituzioni, comunità scientifica e società civile. La prevenzione non deve essere terreno di scontro, ma una grande battaglia di civiltà che si vince solo se remiamo tutti nella stessa direzione. In questo senso la Fondazione Veronesi rappresenta un alleato prezioso da anni perché diffonde conoscenza scientifica, dati affidabili e promuove stili di vita sani, quindi il suo contributo va oltre la ricerca perché aiuta a trasformare la prevenzione da slogan a realtà concreta mettendo al centro davvero le persone". Così all'Adnkronos Salute la senatrice di Forza Italia e vicepresidente del Senato Licia Ronzulli, intervenendo oggi in Senato all'incontro 'Prevenire i tumori, proteggere la salute: strategie e politiche sul fumo'.
Un confronto tra esponenti del mondo politico, della ricerca e della sanità pubblica promosso su iniziativa della stessa Ronzulli e organizzato in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi Ets. Obiettivo: discutere nuove azioni di contrasto al tabagismo, con un focus sull'efficacia della leva fiscale come strumento di prevenzione, ovvero aumentare in modo importante le accise sui prodotti del tabacco, portando il prezzo del pacchetto di sigarette a oltre 10 euro, e aumentando in maniera proporzionale la tassazione su tutti i prodotti contenti tabacco e nicotina.
"Anche la leva fiscale, se usata con intelligenza, può diventare uno strumento di salute pubblica - sottolinea Ronzulli - e l'aumento del prezzo delle sigarette ha senso solo se accompagnato da campagne informative, programmi di supporto e soprattutto da un impegno chiaro, cioè ogni euro incassato deve tornare ai cittadini in prevenzione, ricerca e salute per garantire alle nuove generazioni un futuro ovviamente più sano".

"Il fumo è responsabile dell'85-90% dei casi di tumore polmonare e in Italia i fumatori rappresentano ancora il 24% della popolazione adulta, sopra i 15 anni, cioè quasi 1 persona su 4. Dopo un periodo di calo, grazie anche alla legge Sirchia, il numero dei fumatori è tornato a crescere negli ultimi anni. Le cause? L'introduzione delle sigarette elettroniche e dei dispositivi a tabacco riscaldato, ma anche l'impatto della pandemia da Covid-19, che ha modificato abitudini e percezioni del rischio". Così all'Adnkronos Salute Giulia Veronesi, professore ordinario all'università Vita-Salute San Raffaele di Milano e direttrice della Chirurgia toracica dell'Irccs ospedale San Raffaele, membro del Comitato strategico e del Comitato antifumo della Fondazione Umberto Veronesi, intervenendo oggi in Senato all'incontro 'Prevenire i tumori, proteggere la salute: strategie e politiche sul fumo'. Un confronto tra esponenti del mondo politico, della ricerca e della sanità pubblica promosso su iniziativa della vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e organizzato in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi Ets. Obiettivo: discutere nuove azioni di contrasto al tabagismo, con un focus sull'efficacia della leva fiscale come strumento di prevenzione, ovvero aumentare in modo importante le accise sui prodotti del tabacco, portando il prezzo del pacchetto di sigarette a oltre 10 euro, e aumentando in maniera proporzionale la tassazione su tutti i prodotti contenti tabacco e nicotina.
"Ogni giorno, come chirurgo toracico, mi confronto con una delle più gravi conseguenze del fumo: il tumore al polmone. Ma il fumo - ricorda Veronesi - non provoca solo tumori ai polmoni. E' alla base di molte patologie cardiovascolari e respiratorie, come la Bpco e l'enfisema, e aumenta il rischio di numerosi altri tumori. Si tratta di una vera e propria epidemia, che grava pesantemente sulla salute pubblica e sui costi del sistema sanitario". Per questo, secondo Veronesi, servono politiche incisive: "Le azioni governative sono fondamentali per combattere il fumo e il tabagismo. Tra le più efficaci - precisa - c'è l'aumento del prezzo delle sigarette, che in molti Paesi europei ha già dimostrato di ridurre il consumo in modo proporzionale. E' una misura 'win-win': da un lato diminuiscono le malattie legate al fumo, con un risparmio per la sanità pubblica; dall'altro lo Stato registra un incremento delle entrate fiscali nei primi anni".
Proprio per questo Giulia Veronesi e altri esperti hanno avviato, insieme a all'Aiom - Associazione italiana oncologia medica, una proposta di legge di iniziativa popolare: "Vogliamo che il Parlamento discuta misure concrete per scoraggiare il tabagismo. Se riusciremo a raccogliere 50.000 firme entro primavera 2026 la proposta potrà essere portata in aula. E' il momento di agire - esorta la specialista - perché ogni sigaretta in meno significa vite salvate".

"Da una nostra recente indagine che abbiamo svolto per Fondazione Umberto Veronesi è emerso che circa il 60% degli intervistati è favorevole a un aumento rilevante, anche a un raddoppio, della tassazione sul tabacco, e oltre il 40% chiede che le nuove entrate fiscali vengano destinate a prevenzione e cura delle malattie fumo-correlate". Così all'Adnkronos Salute Cosimo Finzi, direttore di AstraRicerche, oggi in Senato durante l'incontro 'Prevenire i tumori, proteggere la salute: strategie e politiche sul fumo': un confronto tra esponenti del mondo politico, della ricerca e della sanità pubblica, promosso su iniziativa della vicepresidente del Senato Licia Ronzulli e organizzato in collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi Ets. L'obiettivo è discutere nuove azioni di contrasto al tabagismo con un focus sull'efficacia della leva fiscale come strumento di prevenzione, ovvero aumentare in modo importante le accise sui prodotti del tabacco portando il prezzo del pacchetto di sigarette a oltre 10 euro, e aumentando in maniera proporzionale la tassazione su tutti i prodotti contenti tabacco e nicotina.
"Dall'indagine emerge che molti italiani considerano utile portare il prezzo delle sigarette a circa 11-12 euro a pacchetto - spiega Finzi - Un aumento di questo tipo, secondo gli intervistati, aiuterebbe a ridurre il numero di sigarette fumate e, più in generale, a diminuire la quota di fumatori. Le motivazioni principali sono due: la salute, individuale e collettiva, con l'idea che 'meno fumo significa più salute'; e anche un motivo relativo all'aumento del prezzo, visto come un deterrente efficace per scoraggiare il consumo. Ecco, questo è un argomento particolarmente rilevante. Un dato interessante - sottolinea il direttore di AstraRicerche - è che tra i favorevoli all'aumento del prezzo non ci sono solo i non fumatori, ma anche molti fumatori attuali. Alcuni di loro ritengono infatti che un rincaro possa rappresentare uno stimolo in più per smettere. Quindi non pensiamo che siano soltanto i non fumatori favorevoli a questo tipo di modifica del prezzo".
"Il riallineamento dei prezzi, poi, avvicinerebbe l'Italia ad altri Paesi dove le sigarette costano molto di più, come Francia, Svizzera o Australia", prosegue Finzi. Infine, conclude, una "buona parte degli intervistati si è detta favorevole ad aumentare i prezzi non solo dei prodotti a base di tabacco tradizionale, come sigarette e tabacco sfuso, ma anche di prodotti alternativi, come le sigarette elettroniche. Tuttavia l'attenzione principale resta concentrata sul tabacco tradizionale, quindi sulle sigarette o sul tabacco sfuso con cui possiamo fare le sigarette a mano".

L’evento è organizzato da Ieg Middle East e V Group e si svolge con il Patrocinio del Ministero del Cambiamento Climatico e dell’Ambiente (Moccae) degli Emirati Arabi Uniti, con gli auspici dell’Ambasciata d’Italia negli Emirati Arabi Uniti, i patrocini del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e di Ita - Italian Trade Agency Dubai. Oltre 100 brand internazionali, suddivisi in settori chiave dell’industria verde, si riuniscono in questa vetrina senza precedenti per il Medio Oriente, testimoniano un impegno condiviso verso la sostenibilità e la biodiversità: coniugando l’expertise europea e la visione mediorientale, l’evento sottolinea il grande potenziale della cooperazione internazionale nella creazione di città più verdi, salutari e resilienti per le generazioni future. In fiera, aziende leader degli Emirati - Tanseeq Investment Group, Desert Group, Grand Grower Horticulture, Pheladelfia Agricultural, Planters Group e Gale Pacific — giocheranno un ruolo fondamentale nel plasmare il dialogo su paesaggio, florovivaismo e pianificazione urbana sostenibile.
"Myplant & Garden Middle East 2025 rappresenta un’opportunità unica per riunire il meglio delle competenze internazionali in questi ambiti. Il nostro obiettivo è creare una piattaforma che ispiri nuove soluzioni per città più verdi e resilienti in tutto il Medio Oriente e non solo", sottolinea Valeria Randazzo, la direttrice della Fiera. Con numerose delegazioni di buyer provenienti da tutto il Gcc (Gulf Cooperation Council: Arabia Saudita, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman, Qatar), Myplant & Garden Middle East 2025 sarà un hub commerciale strategico per lo sviluppo del settore a livello internazionale.
Il mercato del paesaggio in Medio Oriente sta vivendo una crescita senza precedenti: si stima che entro il 2026 il suo valore supererà i 20 miliardi di dollari, con un incremento annuale compreso tra il 5 e il 7%. Le città del Golfo, in particolare, stanno integrando il verde nei grandi progetti di sviluppo come Neom e Diriyah Gate, utilizzandolo non solo come elemento estetico, ma come strumento di adattamento climatico in risposta a condizioni ambientali sempre più estreme.
Spazi verdi ben progettati possono aumentare il valore delle proprietà fino al 15%, trasformando il paesaggio e la cura del verde in un vero e proprio investimento strategico per gli sviluppatori. Le politiche nazionali, come la Vision 2030 dell’Arabia Saudita e quella degli Emirati Arabi Uniti, pongono infatti il verde al centro delle strategie di sviluppo sostenibile. La Saudi Green Initiative, ad esempio, prevede la piantumazione di 10 miliardi di alberi e il recupero di oltre 74 milioni di ettari di terreno: uno sforzo che mira a ripristinare le funzioni ecologiche vitali, migliorare la qualità dell'aria, limitare le tempeste di sabbia, ridurre delle isole di calore, migliorare la gestione delle acque piovane e il rafforzamento della coesione sociale.
Dal 2021, in Arabia Saudita sono già stati piantumati oltre 100 milioni di alberi e arbusti, che hanno risanato 120.000 ettari di territorio. Città come Dubai e Riyadh stanno guidando questa transizione con progetti ambiziosi: Green Riyadh, che mira a piantare 7,5 milioni di alberi e abbassare la temperatura della città di 2,2°C, e il Dubai 2040 Urban Masterplan, che pone parchi e spazi aperti al cuore degli sviluppi urbani. Parallelamente, cresce anche la domanda di prodotti per il giardinaggio, con un aumento medio delle vendite del 7% annuo, trainato dai nuovi programmi residenziali.

La violenza nega il diritto alla salute delle donne, complica l'accesso alla prevenzione e ai percorsi di presa in carico. Lo dimostrano i dati di un'indagine che ha coinvolto 207 donne nei centri antiviolenza della rete Dire in tutta Italia: quasi la metà delle intervistate (48,8%) non ha mai preso parte alle iniziative di screening promosse sul territorio, e il 31% di coloro che ha bisogno di cure incontra barriere nell'accesso ai servizi sanitari a causa della violenza. Questi risultati sono stati presentati oggi a Milano nel corso di un evento del progetto 'La salute è di tutte. Contro la violenza di genere, per il diritto delle donne alla salute', realizzato da Dire - Donne in rete contro la violenza con il supporto di Novartis, azienda leader nell'innovazione in ambito farmaceutico, impegnata al fianco di tutti gli attori del sistema Paese per reimmaginare la salute del futuro, in ottica di equità e tempestività di accesso all'innovazione. Impegno che - informa una nota congiunta - va di pari passo a quello per la parità di genere. Il progetto ha ricevuto il patrocinio della Società italiana di cardiologia (Sic).
"Dietro i numeri dell'indagine, si disegna una mappa complessa fatta di vulnerabilità sociali, economiche e psicologiche, ma anche di resistenza, cura e capacità di ricostruzione - commenta Cristina Carelli, presidente Dire - Per noi centri antiviolenza Dire questi risultati rappresentano un messaggio chiaro. La prevenzione sanitaria non è un tema esterno al lavoro di contrasto alla violenza, ma parte integrante. Diventa quindi urgente rafforzare il dialogo tra sistema sanitario e centri antiviolenza Dire per realizzare una formazione diffusa del personale sanitario, capace di riconoscere la violenza non solo come emergenza, ma come fenomeno che attraversa la salute nel tempo, per garantire che ogni percorso di cura, fisico, psicologico e riproduttivo, sia attraversato dal rispetto e dal riconoscimento del vissuto di violenza".
La prevenzione emerge come tema chiave, con quasi la metà delle intervistate (49,8%) che dichiara di rivolgersi al medico "solo in caso di sintomi", indicando un approccio più reattivo che preventivo alla gestione della propria salute. Il 37,2% del campione dichiara di ricorrere a visite, controlli e screening di prevenzione solo in presenza di sintomi. Altro ambito di forte impatto della violenza è quello della salute psicologica delle donne: oltre il 70% delle intervistate ha sperimentato episodi di solitudine nel corso dell'anno, segnalando la diffusione di un senso di isolamento relazionale.
"L'indagine ha evidenziato che la violenza agisce come fattore strutturale di impoverimento della salute mentale delle donne: produce ansia, isolamento, senso di colpa, fatica a fidarsi di sé e degli altri - spiega Manuela Stranges, Dipartimento di Economia, Statistica e Finanza 'Giovanni Anania', università della Calabria, che ha curato la realizzazione dell'indagine - La salute psicologica delle donne intervistate è in una condizione di maggiore fragilità rispetto alla salute fisica. In questo senso, il supporto dei centri antiviolenza è percepito come fondamentale. Il 75,8% delle intervistate dichiara un miglioramento del proprio benessere mentale dopo l’accesso al centro antiviolenza".
Per avvicinare le donne vittime di violenza ai percorsi di prevenzione e presa in carico, il progetto 'La salute è di tutte' - si legge nella nota - prevede la realizzazione nei prossimi mesi di un calendario di appuntamenti in una selezione di centri antiviolenza della rete Dire su tutto il territorio nazionale, con visite gratuite per le donne e colloqui dedicati alla prevenzione del tumore al seno e delle malattie cardiovascolari, che sono tra le principali cause di morte tra le donne in Italia, in particolare nelle fasce d'età comprese tra i 35 e i 55 anni.
"Come azienda che lavora alla frontiera dell'innovazione medico-scientifica, riteniamo importante impegnarci a favorire nuovi modelli di collaborazione a livello sanitario e sociale, per garantire la piena realizzazione del diritto alla salute secondo criteri di equità e di universalità - afferma Chiara Gnocchi, Country Communication & Advocacy Head di Novartis Italia - Questo impegno va di pari passo con la nostra attenzione alla parità di genere, per costruire, giorno dopo giorno, un ambiente di lavoro inclusivo ed equo. Da qui nasce la nostra volontà di sostenere Dire in questo progetto che mette la salute al centro della rinascita dalla violenza e intraprende un percorso di superamento degli ostacoli che allontanano le donne dall'accesso alla prevenzione e ai servizi sanitari. Ci auguriamo che questo primo passo possa contribuire a generare un cambiamento concreto". Tutte le informazioni sui centri antiviolenza della rete Dire e sui servizi di supporto offerti alle donne sono disponibili su direcontrolaviolenza.it.

Dal 6 al 14 dicembre torna a Milano Artigiano in Fiera. I padiglioni dell'evento quest'anno tornano a ospitare prodotti biologici, vegani, di montagna e free-from. Settore, quello del biologico, in forte crescita: nel 2024 il valore delle vendite di alimenti bio in Italia ha superato i 6,4 miliardi di euro, con un aumento del 5,7% rispetto all’anno precedente. Artigiano in Fiera è vetrina di risonanza globale, che permette ai produttori artigianali di portare autenticità e qualità in un mercato, come quello del biologico, tipicamente dominato dall’industria.
“Da sempre Artigiano in Fiera dà voce ai piccoli produttori che operano nel segno della sostenibilità: imprese radicate nei territori, custodi di tradizioni locali, capaci di trasformare materie prime nel rispetto dei cicli naturali - afferma Antonio Intiglietta, presidente di Ge.Fi. Spa -. Un impegno premiato dal pubblico, sempre più consapevole, attento alla sana alimentazione, all’uso di materiali naturali e a un’idea di benessere intesa come forma di equilibrio armonico tra individuo e ambiente”.
La dimensione del “vivere bene” è suddivisa in 9 padiglioni per 502 imprese; l’Italia ne conta 329, dall’Europa ne arrivano 51 e 122 dal resto del mondo. Un percorso che unisce la libertà del free-from come inclusione e scelta informata, la montagna come tempo lungo e qualità essenziale e il biologico come grammatica comune, definendo una nuova cultura dell’acquisto in cui il benessere è legato alla sostenibilità, alla salute e al rispetto per le persone e il pianeta. In particolare, quest’anno a rappresentare il comparto biologico ad Artigiano in Fiera sono 190 imprese, di cui 98 al debutto: 108 sono italiane, 10 europee e 72 arrivano dal resto del mondo. Sul fronte free-from, vegano e prodotti di montagna, la fiera conta 312 imprese, inclusi 80 nuovi espositori. L’Italia si conferma capofila con 221 imprese artigiane a cui si aggiungono 41 presenze europee e 50 dal resto del mondo.
Biologiche sono infatti le piante officinali provenienti dalle montagne cuneesi che Euphytos trasforma in integratori naturali. In Emilia-Romagna Biomundus propone spezie e i superfood bio, un ponte tra il Mediterraneo e le Ande. Il viaggio continua in Toscana, dove Terre di Giorgio coltiva olivi e vigneti con metodo biologico. Dai campi lucani di Santa Candida arriva il grano antico Khorasan, che viene coltivato secondo i cicli naturali, per diventare farine e paste bio trafilate al bronzo. In Abruzzo il Frantoio Mercurius produce olio evo biologico certificato con un approccio ad alta tecnologia che esalta i profili aromatici delle olive. Scendendo più a sud, la Fattoria della Mandorla in Puglia si dedica alla Mandorla di Toritto “Filippo Cea”, operando una filiera bio completa e un modello basato su energia rinnovabile ed economia circolare. In Calabria, il paesaggio si fa dorato: qui l’Apicoltura Garastro accompagna le fioriture dell’Alto Ionio con 1.300 alveari, producendo mieli biologici monofloreali. Dalle api calabresi Artigiano in Fiera arriva anche oltre confine. Ne è un esempio il laboratorio artigianale parigino Maison d’Orient, che produce cosmetici naturali e saponi di Aleppo a base di olio d’oliva e alloro, conformi agli standard europei e presenti nei circuiti della cosmesi naturale.
In Veneto, Borsato lavora conserve vegetali in prodotti riconoscibili, tracciabili e pronti all’uso. Veneta è anche l’azienda Atelier Nativa trasforma la cosmesi in un atto etico: saponi solidi, sieri e creme privi di glutine, siliconi e parabeni, nascono da un sapere scientifico e da un’idea di bellezza sostenibile. Dalla Toscana arriva lo storico Pastificio Morelli, che porta in tavola la pasta “senza glutine” e biologica, lavorata lentamente e trafilata al bronzo. Andando dall’altra pare del mondo, in Perù, si incontra Altaselva che ha riscoperto il Sacha Inchi (la "perla del Perù"), un antico superfood Inca, distinguendosi nel comparto biologico e free-from.
Dagli Appennini alle Alpi, il “prodotto di montagna” non è solo un’etichetta evocativa. Attraversando le Dolomiti venete si arriva da Alpseep, dove il legno e le fibre naturali si trasformano in oggetti per il riposo. Nell’Appennino reggiano, il laboratorio artigianale in quota di Nonna Nene produce pasta di legumi naturalmente proteica e senza glutine con trafilatura al bronzo ed essiccazione lenta. A pochi km di distanza, sull’Appennino modenese, Michela Manfredini raccoglie i crochi di zafferano di Montefiorino e cura api e miele in un laboratorio a cielo aperto. Sempre in Emilia-Romagna, tra i pascoli di Montechiarugolo, Bio Botticello produce Parmigiano Reggiano biologico senza antibiotici.
L'ingresso alla manifestazione è gratuito. I visitatori possono ottenere il proprio pass sul sito artigianoinfiera.it in pochi e semplici click: basta inserire la propria email nella sezione 'Ottieni il tuo pass gratuito' per ricevere il QR code da salvare sul cellulare e mostrare all'ingresso. Chi è già iscritto alla community, ha visitato le scorse edizioni o è cliente della piattaforma digitale, invece, ha già ricevuto il biglietto d’accesso direttamente via email. I principali mezzi di trasporto per raggiungere la manifestazione restano la linea M1 della metropolitana (fermata Rho Fiera), le linee regionali e del passante ferroviario Trenord e l'Alta Velocità con Italo. La disponibilità totale di parcheggi sarà di oltre 10.000 posti auto.
Dopo 4 anni di studio e lavoro sul campo arriva il diploma... 
Prosegue la consegna dei corpi degli ostaggi israeliani nell'ambito dell'accordo di cessate il fuoco siglato tra Israele e Hamas. Nella serata di oggi, giovedì 13 novembre, il braccio armato del gruppo, le Brigate al-Qassam e il braccio armato della Jihad Islamica, le Brigate al-Quds, consegneranno la salma di un altro ostaggio recuperata stamani a nord di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza, riferisce la tv satellitare al-Jazeera.
Intanto proseguono le brutali violenze dei coloni israeliani in Cisgiordania. Oggi un gruppo ha appiccato il fuoco alla moschea di Al Hajja Hamida, situata tra le città di Deir Istiya e Kafr Haris, nella Cisgiordania centrale. A riferirne è stata l'agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa, precisando che sebbene le fiamme abbiano causato danni all'edificio, l'incendio non si è propagato grazie all'intervento dei residenti locali. Il gruppo di coloni ha lanciato materiali infiammabili contro l'ingresso della moschea, situata nel governatorato di Salfit, e ha scritto sui muri messaggi razzisti e ostili contro la popolazione palestinese.
Rubio: "Possibili ripercussioni su Gaza da violenze Cisgiordania"
Violenze che allarmano gli Stati Uniti. "C'è una certa preoccupazione che gli eventi in Cisgiordania possano avere ripercussioni tali da compromettere ciò che stiamo facendo a Gaza", ha dichiarato il segretario di Stato Marco Rubio. "Spero di no - ha aggiunto sull'ipotesi che la tregua possa saltare - non ci aspettiamo che ciò accada. Faremo tutto il possibile per evitarlo".
Rubio ha quindi accolto con favore le critiche pronunciate dal presidente Isaac Herzog e dagli alti comandanti dell'Idf contro la violenza dei coloni. Herzog aveva parlato di fatti "gravi e sconvolgenti". In un post su 'X', aveva scritto che "il violento e pericoloso manipolo responsabile degli eventi in Samaria ha oltrepassato il limite", riferendosi alla Cisgiordania. "Tale violenza contro i civili e contro i soldati dell'Idf è intollerabile e la condanno fermamente".
Denuncia 5 Stelle: "Sistematiche violazioni israeliane a tregua"
Ma dall'Italia il Movimento 5 Stelle punta il dito contro le violazioni di Israele anche nella Striscia di Gaza. "Nel silenzio della comunità internazionale prona a Trump, a partire dal governo Meloni, il criminale di guerra Netanyahu continua a violare sistematicamente la tregua entrata in vigore un mese fa".
"Anche oggi, come ogni giorno, - affermano i capigruppo M5s delle commissioni Esteri di Camera e Senato, Francesco Silvestri e Bruno Marton - i caccia e l’artiglieria di Israele sono entrati in azione bombardando la Striscia: dal 10 ottobre si contano 245 palestinesi uccisi e oltre 600 feriti. Altra grave violazione è rappresentata dal fatto che l’esercito israeliano nelle aree rimaste sotto il suo controllo continua a radere al suolo interi quartieri usando gli esplosivi, probabilmente con il nitrato d’ammonio italiano: le analisi delle immagini satellitari mostrano almeno 1.500 edifici ridotti in macerie nell’ultimo mese. L’altra violazione - denunciano ancora i parlamentari italiani - è la permanenza di restrizioni all’ingresso di aiuti umanitari e i pochi che entrano sono gestiti dalle milizie palestinesi filo-israeliane responsabili del saccheggio degli aiuti negli ultimi mesi. Nel frattempo in Israele emergono le prove dei crimini di guerra israeliani, dall’uso sistematico dei civili palestinesi come scudi umani alle torture dei prigionieri. Di fronte a tutto questo - attaccano - il silenzio del nostro governo è intollerabile e ancora una volta complice".

È Carlo Aloia l'ultimo a entrare nell'infermeria' del programma Tv 'Ballando con le stelle'. Il maestro e partner di ballo di Nancy Brilli è stato costretto a uno stop forzato dalle prove. Ma sono stati costretti ai box in queste edizione: Barbara D'Urso, all'inizio, e Francesca Fialdini e Giovanni Pernice che hanno avuto una serie di problemi, lei al piede e lui alla spalla. Ogni edizione dello show condotto da Milly Carlucci ha i suoi ballerini 'fuori uso', basti ricordare Luisella Costamagna costretta quasi al ritiro per un 'crack' alla caviglia e poi vincitrice. Senza dimenticare le lacrime di Nina Zilli che si ritirò per tre costole rotte e problemi al piede. Ballare non è uno scherzo e ha rischi dietro l'angolo.
"Come tutte le nuove attività sportive, anche il ballo può esporre il ballerino a rischi di infortuni, soprattutto se non adeguatamente preparato dal punto di vista atletico. A parte il riscaldamento generico riguardante sia gli arti superiori che inferiori, i ballerini dovranno ritagliarsi del tempo di preparazione atletica con gesti tecnici specifici per il piede e la caviglia, come lo stretching passivo con gli elastici del tendine di Achille e della fascia plantare". Così all'Adnkronos Salute Elena Manuela Samaila, professoressa associata di Ortopedia e Traumatologia dell'università di Verona, socio della Siot, Società italiana di ortopedia e traumatologia, e past-president della Società italiana della caviglia e del piede (Sicp).
Per chi parte da zero e si deve esibire in una gara, "attenzione particolare va posta alla calzatura che dovrà indossare sia durante le prove che durante la gara. Il morfotipo del piede è importante nella scelta della calzatura che è richiesta dal tipo di ballo. Certi balli - spiega la specialista - richiedono il carico sulle punte e questo porta ad un sovraccarico delle teste dei metatarsali con infiammazione, gonfiore e dolore alle articolazioni metatarsofalangee".
Quali sono le articolazioni più stressate? "Nel piede le articolazioni più sovraccaricate sono le metatatarso-falangi (in tutti i balli che richiedono il ballo sulle punte nonostante il tacco), il quinto metatarsale (durante le piroette e gli atteraggi dai salti), la caviglia sia come articolazione che come comparto del legamento esterno (per le distorsioni della caviglia)", risponde Samaila.
E a livello di chirurgia qual è l'intervento più frequente? "Tra le patologie traumatiche nei ballerini - illustra - ritroviamo le fratture da stress del piede, la frattura di Jones (base della diafisi 5° metatarsale), le distorsioni sia della caviglia sia del piede, l'impingement posteriore della caviglia, i distacchi epifisari nei ballerini ancora in età pediatrica e le fratture delle dita. Tipicamente nei ballerini classici la chirurgia più frequente riguarda l'articolazione base del 5° metatarsale e l'impingment posteriore. Invece le distorsioni guariscono con adeguata immobilizzazione e riposo seguiti da fisioterapia".
Quali suggerimenti si possono dare a chi vorrebbe iniziare a cimentarsi con il ballo? "Consiglio di dedicarsi prima e dopo il ballo a un'adeguata preparazione atletica dei muscoli, articolazioni e tendini, specifica per la caviglia e il piede. Meglio utilizzare le scarpe ginniche che proteggono il piede piuttosto che ballare scalzo", consiglia la past-president della Società italiana della caviglia e del piede. E su eventuali precedenti interventi ortopedici che potrebbero sconsigliare di scegliere il ballo come hobby, "non ci sono particolari controindicazioni al ballo per chi ha avuto in passato un problema ortopedico - precisa - E' bene fare la preparazione atletica e lo svolgimento graduale delle attività. E' il segreto per non farsi male", chiosa Samaila.

Era il 13 novembre 2015 quando Parigi si trasformò in teatro di terrore: in poche ore, una serie di attacchi coordinati islamisti provocò la morte di 132 persone - tra loro l'italiana Valeria Solesin - e il ferimento di altre 350.
Alle 21.16 la prima esplosione allo Stade de France
Tutto iniziò verso le 20:45 allo Stade de France, a Saint-Denis, pochi minuti prima della partita amichevole Francia-Germania. Qui un primo commando, guidato da Salah Abdeslam, mente dell'operazione, oggi in carcere, arriva nei pressi dello stadio dove lascia tre terroristi sul posto prima di ripartire. Alle 21 il fischio di inizio della partita. Uno dei terroristi si siede sulla terrazza esterna di un ristorante attiguo allo stadio. Alle 21.16 aziona la cintura esplosiva che indossa. Dentro lo stadio, i circa 80mila spettatori e i giocatori sentono una forte esplosione, ma la partita prosegue. Molti pensano ad un petardo. All'esterno, la deflagrazione ha ucciso una persona e ne ha ferite altre tre.
La seconda detonazione instilla il dubbio. Patrice Evra, che ha la palla, guarda verso gli spalti, preoccupato. Ma il terzino sinistro dei Bleus continua a giocare. Sono da poco passate le 21.20, un secondo terrorista si è fatto esplodere davanti a uno dei cancelli dello stadio. Ha ferito diverse persone, una delle quali gravemente. Poco dopo, i media cominciano a trasmettere le notizie delle sparatorie in corso sulle terrazze dei bar e ristoranti del 10° e 11° arrondissement.
Allo stadio c'è anche il presidente François Hollande. Grande appassionato di calcio, è completamente assorbito dalla partita quando avviene la prima detonazione. "Non vogliamo credere che sia il segno di un attacco in corso" e l'episodio viene attribuito ai tifosi raccolti fuori dallo stadio, racconterà molti anni dopo allo youtuber Gaspard G.. "Ma quando sentiamo una seconda detonazione pochi minuti più tardi, non c'è più alcun dubbio".
L'attacco alle terrazze dei caffè dentro Parigi
Intorno al trentesimo minuto di gioco, il capo del servizio di sicurezza presidenziale informa Hollande che fuori dallo stadio c'è un morto, forse anche due. François Hollande aspetta fino all'intervallo e poi raggiunge il quartier generale della sicurezza per vedere le immagini dell'esterno dello stadio, dove regna il caos. Allo stesso tempo, viene informato di un altro attacco, che ha preso di mira le terrazze dei caffè dentro Parigi. Il bilancio delle vittime continua a salire di minuto in minuto. "Ho fatto venire il ministro dell'Interno, Bernard Cazeneuve, allo Stade de France e ho chiesto a Manuel Valls (allora primo ministro) di preparare tutte le decisioni necessarie prima che potessi raggiungerlo al ministero dell'Interno". "Poi ho preso la decisione di non interrompere la partita", ha continuato.
Ogni cosa viene fatta per mantenere la folla seduta e per far continuare il gioco. Il collegamento Internet funziona male, spettatori e giocatori rimarranno disconnessi dal mondo fino al fischio finale. Il capo dello Stato torna alla tribuna presidenziale e informa l'allora ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier e il presidente dell'Assemblea nazionale Claude Bartolone, anch'essi presenti alla partita, chiedendo loro di rimanere ai loro posti per evitare che il pubblico sospetti qualcosa di grave e cerchi di lasciare lo stadio esponendosi a potenziali altri pericoli.
La prima sparatoria dentro Parigi
Pochi minuti dopo l'attacco allo Stade de France, la prima sparatoria dentro Parigi nei pressi di due ristoranti Le Carillon, in Rue Alibert, e Le Petit Cambodge, in Rue Bichat. Quattro terroristi (Abdelhamid Abaaoud, Chakib Akrouh, Brahim Abdeslam e probabilmente suo fratello minore Salah Abdeslam) a bordo di un'auto sparano con i loro AK-47 esplodendo circa 100 proiettili, inneggiando alla Siria e all'Iraq. Provocano 13 morti e 10 feriti gravi.
La seconda e terza sparatoria
Poco più tardi, una seconda sparatoria, nei pressi del Café Bonne Bière e della pizzeria Casa Nostra, in Rue de la Fontaine au Roi. Questa sparatoria provoca 5 morti e 8 feriti; la terza sparatoria, davanti al ristorante La Belle Équipe, in rue de Charonne, nell'XI arrondissement, fa 21 morti e 9 feriti.
Nel Bataclan
Infine, poco prima delle 22, tre terroristi irrompono nel Bataclan, dove è in corso il concerto del gruppo rock statunitense Eagles of Death Metal, sparando contro la folla. Sono arrivati equipaggiati di zaini porta-caricatori, AK-47, di un fucile a pompa, alcune bombe a mano e cinture esplosive. L'assedio si concluderà dopo l'irruzione delle forze speciali. I morti dell'attacco sono 90. Il presidente Hollande, appare in diretta TV e dichiara ufficialmente in un discorso lo stato di emergenza in tutto il paese e la temporanea chiusura delle frontiere.

Sulla futura location delle Atp Finals “non e’ stata ancora presa una decisione”. Andrea Gaudenzi, presidente dell'Atp, ha parlato così in conferenza stampa, nel cuore della Inalpi Arena di Torino, dove sono in corso le Atp Finals. “Non abbiamo ancora iniziato a parlare di cosa di cosa succederà nel 2027, 2028, 2039 e 2030”, ha aggiunto Gaudenzi, indicando nell’infrastruttura, nell’esperienza dei fan e negli spazi adibiti per i giocatori "i criteri che verranno valutati per scegliere la prossima destinazione".
Atp Finals ancora a Torino?
Le Atp Finals, di sicuro in Italia fino al 2030, saranno ancora a Torino? "Questa è un’edizione fantastica, a Torino abbiamo iniziato con il Covid e ogni anno l’evento è migliorato. In particolare questa edizione è eccitante, perché abbiamo la lotta per il numero uno". Per il futuro Milano resta sullo sfondo, ma la posizione è chiara e le valutazioni sono in corso: "A mio giudizio - ha spiegato Gaudenzi - è un insieme fra esperienza per i giocatori, esperienza per gli appassionati e anche potenziale per il mercato perché vogliamo essere attrattivi da un punto di vista estero, avere la possibilità di fan che arrivano dall’estero, quindi e’ un insieme di cose, non c’e’ un criterio solo Torino ha dimostrato tantissimo, ha fatto quello che doveva fare, non e’ quello il tema, è una discussione interna, un processo di review che è giusto avere".
Gaudenzi: "Importante investire in infrastrutture"
Gaudenzi aggiunge: “Per me il richiamo al Governo è: benissimo che vogliate essere coinvolti nello sport, il tennis da un lato è una grossa forza che abbiamo, dall’altra è una debolezza che richiede un investimento in infrastrutture enorme, perché in questo sport hai un impianto enorme che usi al massimo due o tre settimane all'anno. Il Roland Garros è stupendo, cosi’ Wimbledon e gli Australian Open. Sono tutti investimenti plurimiliardari. Per dare un'idea Saudi, il nuovo Masters 1000, avrà un investimento di 2 miliardi e mezzo, quell’investimento se non arriva da un governo con gli economics del torneo, non lo giustifichi. Quindi il governo la priorità che dovrebbe avere è supportare la federazione per le infrastrutture se veramente vuole crescere. Senza il supporto dei governi non è facile".
Gaudenzi parla anche della possibilità di vedere le Atp Finals all'estero: "Con la Fitp abbiamo un contratto, se loro sono in grado di rispettare il contratto non c’e’ nessun problema, abbiamo ottime relazioni. Se invece sono messi in qualche modo nelle condizioni dal governo di non potere rispettare il contratto, in quel caso può nascere un problema. Non siamo ancora a quel punto, stanno lavorando con il governo per cercare di mantenere delle prerogative".

In Veneto ogni anno 5.200 donne si ammalano di tumore al seno che, anche in questa regione, risulta essere la neoplasia più diffusa. A 5 anni dalla diagnosi oltre il 90% delle pazienti è vivo e con buone possibilità di sconfiggere definitivamente la malattia. Crescono le possibilità di cura anche grazie alla migliore selezione delle sempre maggiori terapie disponibili. Perfino per le forme più gravi e avanzate della patologia gli specialisti medici sono ora in grado di somministrare trattamenti adeguati e personalizzati. Sono alcuni dati emersi dal convegno 'Tumore del seno metastatico: l'importanza della medicina di precisione - Focus Regione Veneto', che si è svolto ieri a Padova presso lo Iov-Istituto oncologico veneto, organizzato nell'ambito di una campagna nazionale promossa da Fondazione Aiom-Associazione italiana di oncologia medica e che prevede un tour con incontri in 9 Regioni italiane.
"L'introduzione dei test molecolari ha cambiato la pratica clinica del carcinoma mammario - afferma Valentina Guarneri, direttore della Uoc Oncologia 2 Iov e professore ordinario di Oncologia medica all'università di Padova - Siamo riusciti ad andare oltre la tradizionale classificazione basata solo sull'espressione dei recettori ormonali e della proteina Her2. Oggi vi sono dei biomarcatori utili anche per la scelta dei trattamenti per le forme metastatiche della neoplasia. Si tratta di strumenti diagnostici che consentono di caratterizzare il cancro dal punto di vista del suo comportamento biologico. Al tempo stesso, evidenziano l'eventuale risposta ai trattamenti che già utilizziamo nella pratica clinica quotidiana. Di solito i tumori mammari ormonosensibili e Her2 negativi, a un certo punto, sviluppano resistenza alla terapia endocrina standard. Con le nuove armi terapeutiche garantiamo migliori possibilità di cura e di sopravvivenza".
In questo quadro rientra un esame del sangue molto specifico e importante, la così detta biopsia liquida. "E' un test non invasivo, indolore e poco costoso, ma che permette di ottenere informazioni ormai indispensabili - spiega Guarneri - Deve essere eseguito solo in laboratori medici specializzati e forniti di adeguate tecnologie d'avanguardia. Può evidenziare, sul campione di sangue, la presenza di specifiche mutazioni come quella del recettore degli estrogeni Esr1 che è presente nel 30-40% dei casi di tumore mammario metastatico. Da questa - chiarisce - possiamo eventualmente ricorrere ad una nuova classe di farmaci che ha dimostrato di essere efficace come seconda linea di terapia. E' fondamentale quindi riuscire ad elargire la biopsia liquida a tutte le donne che ne hanno bisogno con una certa rapidità. Infine in Veneto, così come nel resto d'Italia - conclude l'oncologa - il cancro della mammella presenta una continua crescita del numero di nuovi casi l'anno. Bisogna quindi organizzare i diversi servizi sanitari regionali affinché garantiscano i test molecolari a sempre più pazienti".

Per molti italiani la pensione non è più un traguardo certo, ma un percorso complesso, fonte di ansia e incertezza. L’analisi di MiaPensione, realtà italiana specializzata in consulenza previdenziale obbligatoria, condotta su 10mila casi, mostra quanto sia cruciale pianificare in anticipo il proprio futuro previdenziale. Andrea Martelli, fondatore dell’azienda, ne parla all’Adnkronos/Labitalia. “Districarsi tra cavilli normativi e regole in continuo mutamento - spiega - spinge i futuri pensionati a cercare soluzioni personalizzate. I clienti ci richiedono in media 2 simulazioni diverse per ogni pratica. Il dato conferma la confusione generata dal continuo alternarsi di finestre, come Quota 103, Opzione donna, Anticipata, che rendono il calcolo e la scelta del timing d’uscita estremamente difficili, senza un supporto specialistico”.
“L'importo lordo medio mensile della pensione - fa notare - simulato con un’età di 64.48 anni, ammonta a 2.067 euro. Sebbene la cifra possa apparire solida per i professionisti e i lavoratori con carriere discontinue o miste, l'incertezza può portare a simulazioni con scarti di centinaia di euro tra un'opzione e l'altra”.
“Gli italiani - osserva Andrea Martelli - continuano a orientarsi verso le uscite standard e flessibili. Se la vecchiaia ordinaria copre quasi il 40% delle simulazioni, le forme anticipate superano complessivamente il 46% del totale, segno di un interesse marcato per la flessibilità nell’uscita dal lavoro”.
“Confrontando - sottolinea - le due prestazioni più simulate - pensione anticipata ordinaria e pensione di vecchiaia ordinaria - e analizzando la mediana degli importi erogati, si osserva che l’assegno per chi sceglie di anticipare è superiore. L'importo mediano per l'anticipata ordinaria è, infatti, più alto di 217,12 euro rispetto a chi attende la vecchiaia ordinaria, una differenza che si traduce in circa 2.800 euro lordi su base annua. I dati dimostrano che chi opta per l'anticipo beneficia di un assegno mediano superiore, non perché la formula sia più vantaggiosa, ma semplicemente perché l'accesso a quel percorso è limitato ai lavoratori che hanno già massimizzato l'assegno grazie a una qualità e una continuità contributiva eccellenti".
"E' la carriera robusta - precisa - che genera l'assegno più alto; il percorso anticipato è solo il primo a cui possono accedere. Valutare tempestivamente la propria posizione previdenziale è l'unico modo per comprendere se la propria storia lavorativa sia sufficientemente solida da rientrare in questo gruppo 'elitario', evitando di essere costretti a ritirarsi con l'assegno mediano più contenuto previsto per chi può accedere solo alla pensione di vecchiaia”.
“L'età media dei clienti che si sono avvalsi della nostra consulenza si aggira intorno ai 61 anni, suggerendo che la maggior parte degli italiani si attiva quando è ormai a ridosso della pensione. Un tempismo che può limitare drasticamente le possibilità di correzione della rotta. L’elevato numero di simulazioni per cliente è la prova che esistono margini di scelta, che possono però essere sfruttati al meglio, solo se si agisce con largo anticipo. Pensare alla pensione a quarant'anni non è solo una questione di risparmio, ma una strategia di gestione del rischio previdenziale”, conclude.
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