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Parma-Napoli: orario, probabili formazioni e dove vederla in tv

18 Maggio 2025
Romelu Lukaku - Fotogramma/IPA

(Adnkronos) - Il Napoli torna in campo sognando lo scudetto. Oggi, domenica 18 maggio, gli azzurri affrontano il Parma al Tardini nella penultima giornata di Serie A. Dopo il pareggio contro il Genoa, la squadra di Conte non può più sbagliare per restare davanti all'Inter nella volata tricolore (azzurri a quota 78, uomini di Inzaghi fermi a 77). Dall'altra parte, i gialloblù vanno a caccia di punti decisivi in ottica salvezza (la squadra di Chivu è a quota 32, +4 sulla terzultima).  

Ecco le probabili formazioni di Parma-Napoli, in campo alle 20.45: 

Parma (3-5-2): Suzuki; Delprato, Leoni, Balogh; Hainaut, Hernani, Keita, Sohm, Valeri; Pellegrino, Bonny. All. Chivu. 

Napoli (4-4-2): Meret; Di Lorenzo, Rrahmani, Olivera, Spinazzola; Politano, Anguissa, Gilmour, McTominay; Lukaku, Raspadori. All. Conte. 

Parma-Napoli sarà visibile in esclusiva su Dazn. Per gli abbonati a Sky con Zona Dazn, partita disponibile anche al canale 214. La partità sarà visibile in streaming su Sky Go, Now e Dazn. 

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F1, oggi il Gp di Imola: orario e dove vederlo in tv (anche in chiaro)

18 Maggio 2025
La Ferrari di Lewis Hamilton - Fotogramma/IPA

(Adnkronos) - La Formula 1 torna in pista con il settimo appuntamento della stagione. Oggi, domenica 18 maggio, si corre il Gran Premio di Imola sul circuito Enzo e Dino Ferrari. Si tratta del primo Gp della stagione in Europa. Ecco orario e dove vedere la gara.  

In classifica comanda Oscar Piastri (McLaren) con 131 punti, seguito dal compagno di squadra Lando Norris a 115. Al terzo posto ecco il campione del mondo in carica, Max Verstappen (RedBull), con 99 punti. Faticano le Ferrari di Charles Leclerc (quinto con 53 punti) e Lewis Hamilton (settimo con 41 punti). 

Oggi, domenica 18 maggio, la Formula 1 fa tappa in Emilia Romagna per il Gran Premio di Imola. Il Gran Premio partirà alle ore 15. 

Tutti gli appuntamenti del Gp di Imola sono trasmessi su Sky Sport Uno, Sky Sport F1, Sky Sport 4K e in streaming su Now e Sky Go. La gara sarà visibile anche in chiaro, gratis e in diretta su Tv8.  

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Papa, oggi il rito che dà il via ufficiale al ministero Petrino di Leone XIV

18 Maggio 2025
Piazza San Pietro

(Adnkronos) - Inizia ufficialmente oggi, domenica 18 maggio, il ministero petrino di Papa Leone XIV. Il rito, come spiega l’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice, prevede diversi momenti di valore simbolico nei quali spiccano le antiche insegne episcopali ‘pettine’: il Pallio e l’Anello del Pescatore.  

Il Pallio: è un paramento liturgico realizzato con lana di agnelli. Rievoca il buon Pastore, che pone sulle proprie spalle la pecorella smarrita, e la triplice risposta di Pietro alla richiesta di Gesù risorto di pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle. Come scrive Simeone di Tessalonica nel De sacris ordinationibus, “indica il Salvatore che incontrandoci come la pecora perduta se la carica sulle spalle, e assumendo la nostra natura umana nella Incarnazione, l’ha divinizzata, con la sua morte in croce ci ha offerto al Padre e con la risurrezione ci ha esaltato”. Si tratta di una stretta fascia che si appoggia sulle spalle, sopra la casula, la veste liturgica. Ha due lembi neri pendenti davanti e dietro, è decorata con sei croci nere di seta - una su ogni capo che scende sul petto e sul dorso e quattro sull’anello che poggia sulle spalle - ed è guarnita, davanti e dietro, con tre spille che raffigurano i tre chiodi della croce di Cristo.  

L’Anello del Pescatore - ha la valenza specifica dell’anello-sigillo che autentica radicalmente la fede, compito affidato a Pietro di confermare i suoi fratelli. Viene detto anello “del Pescatore” perché Pietro è l’Apostolo che, avendo avuto fede nella parola di Gesù, dalla barca ha tratto a terra le reti della pesca miracolosa.  

 

La liturgia ha inizio all’interno della Basilica Vaticana. Il Romano Pontefice scende, con i Patriarchi delle Chiese Orientali, al Sepolcro di San Pietro, vi sosta in preghiera e poi lo incensa. Questo momento sottolinea lo stretto legame del Vescovo di Roma all’Apostolo Pietro e al suo martirio, proprio nel luogo in cui il primo Vicario di Cristo ha confessato con il sangue la sua fede, insieme a tanti altri cristiani che con lui hanno dato la stessa testimonianza. 

Due diaconi prendono, poi, il Pallio, l’Anello del Pescatore e il Libro dei Vangeli e si avviano in processione verso l’Altare della celebrazione, sul sagrato, in piazza San Pietro. Leone XIV risale sul sagrato della Basilica di S. Pietro e si unisce alla processione, mentre si cantano le Laudes Regiæ - canto litanico - con l’invocazione della intercessione dei Pontefici santi, dei martiri e dei santi e delle sante della Chiesa Romana. Dal cancello centrale della Basilica Vaticana pende l’arazzo della pesca miracolosa, in cui è raffigurato il dialogo di Gesù con Pietro, a cui si fa esplicito riferimento nella liturgia della Parola e nei testi della celebrazione. È la riproduzione di quello in manifattura fiamminga, realizzato per la Cappella Sistina su un cartone di Raffaello Sanzio e conservato nei Musei Vaticani. Presso l’Altare, invece, è collocata l’effigie della Madonna del Buon Consiglio del Santuario mariano di Genazzano.  

Segue il rito per la benedizione e l’aspersione dell’acqua benedetta, essendo una domenica di Pasqua. Successivamente viene cantato il Gloria al quale segue l’orazione colletta, con il richiamo al disegno del Padre di edificare la sua Chiesa su Pietro. Comincia, dunque, la Liturgia della Parola. La Prima Lettura, pronunciata in spagnolo, è un brano degli Atti degli Apostoli (At 4, 8-12) in cui Pietro annuncia che Cristo è “la pietra scartata dai costruttori”. Enunciato in italiano, il Salmo responsoriale (Sal 117 [118]) riprende il tema della “pietra” - “La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d’angolo” -, mentre la Seconda Lettura, letta in inglese, tratta dalla Prima Lettera di Pietro (1 Pt 5, 1-5. 10-11), evidenzia il legame che intercorre tra Pietro, la Chiesa di Roma e il ministero del suo Successore. Il Vangelo, una pagina di Giovanni proclamata in latino e in greco (Gv 21, 15-19), è quello della triplice domanda di Gesù a Pietro di pascere i “suoi agnelli” e le “sue pecorelle”, ed è uno dei testi che fondano tradizionalmente lo speciale e personale compito conferito a Pietro nel gruppo dei dodici apostoli. 

Alla fine dell’annuncio del Vangelo, si avvicinano a Leone XIV tre cardinali dei tre ordini (diaconi, presbiteri e vescovi) e di continenti diversi: il primo gli impone il Pallio, il secondo chiede, con una speciale preghiera, la presenza e l’assistenza del Signore sul Papa, il terzo pronuncia, pure lui, un’orazione, invocando Cristo, “pastore e vescovo delle nostre anime”, che ha edificato la Chiesa sulla roccia di Pietro, e dallo stesso Pietro è stato riconosciuto “Figlio del Dio vivente”, perché sia lui a dare al nuovo Pontefice l’Anello-sigillo del Pescatore, e poi gli consegna l’Anello del Pescatore. Questo momento si conclude pregando lo Spirito Santo perché arricchisca il nuovo Pontefice di forza e mitezza nel conservare i discepoli di Cristo nell’unità della comunione, poi il Papa benedice l’assemblea con il Libro dei Vangeli, mentre si acclama in greco: “Ad multos annos!”. 

Dopo il simbolico rito dell’ 'obbedienza' prestata al Papa da dodici rappresentanti di tutte le categorie del popolo di Dio, provenienti da varie parti del mondo, la celebrazione prosegue con l’omelia del Pontefice. Poi viene cantato il ‘Credo’, al quale segue la preghiera dei fedeli con cinque invocazioni, in portoghese, francese, arabo, polacco e cinese. Si prega il Signore per la Chiesa, ovunque diffusa sulla terra, per il Romano Pontefice, che inizia il suo ministero, per quanti detengono le responsabilità di governo, per coloro che si trovano nella sofferenza e nel disagio, per la stessa assemblea.  

Mentre viene intonato il canto di offertorio “Tu es pastor ovium”, poi, l’orazione sulle offerte del pane e del vino supplica che attraverso il ministero missionario della Chiesa si estendano a tutto il mondo i frutti della redenzione. Leone XIV pronuncia, quindi, la ‘Preghiera Eucaristica’ o “Canone Romano” e successivamente si svolge il rito di comunione, al cui termine il Pontefice chiede a Dio di confermare la Chiesa nell’unità e nella carità e per sé di essere salvato e protetto insieme al gregge che gli è stato affidato. Prima di concludere la celebrazione, il Papa pronuncia una breve allocuzione e dopo il canto del Regina caeli imparte la benedizione solenne che torna sull’immagine biblica della vite e della vigna, applicata alla Chiesa, invocando che il Signore “guardi” e “protegga” il ceppo e la vite da lui piantati, e chiede di far “risplendere” su tutti il suo volto di salvezza. 

 

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Papa, rito di intronizzazione papale: storia e simbolismo delle vesti pontificie

18 Maggio 2025
Papa Leone XIV

(Adnkronos) - L'uso delle vesti papali, in particolare della mozzetta e della stola pontificia, affonda le sue radici in un contesto storico e liturgico che si sviluppò nel corso dei secoli, raggiungendo una forma codificata solo a partire dalla seconda metà del Quattrocento. Il rito di intronizzazione del Papa, in cui queste vesti giocano un ruolo cruciale, è uno dei momenti più significativi del pontificato. Per comprendere appieno il significato e la simbologia di questi abiti, è essenziale esplorare il lungo percorso storico che ha portato alla definizione del loro utilizzo, a partire dall'epoca carolingia. 

L'utilizzo dei colori rosso e bianco per gli abiti pontifici è un elemento centrale nel cerimoniale di intronizzazione. Questi colori non sono scelti a caso, ma rispecchiano un lungo processo di imitazione dell'Imperium, che si sviluppò dopo il distacco del papato dalla potenza bizantina e la sua graduale ascesa come potenza temporale nell'Occidente.  

La simbologia del bianco e del rosso, infatti, affonda le radici nell'imperialismo romano, rispecchiando l'adozione delle insegne imperiali da parte del Papa, come sancito nel Constitutum Constantini, la Donazione di Costantino. Tale documento, che probabilmente è stato redatto tra la seconda metà dell'VIII secolo e la prima metà del successivo, secondo il filologo umanista Lorenzo Valla, stabilisce tra l'altro il passaggio delle insegne imperiali per la 'pars occidentis' dell'impero dall'imperatore Costantino al Papa Silvestro. Tra queste insegne troviamo il phrygium, la clamis purpurea, cioè il mantello di porpora, e gli imperialia scectra, che già a partire dal IX secolo cominciano a svolgere un ruolo nei riti d'insediamento del nuovo Pontefice. 

La progressiva importanza che si darà al rito di intronizzazione e di coronazione, come pure il fatto che alcune elezioni avvenivano fuori Roma, introdussero, accanto all'atto formale di adozione di un nuovo nome da parte del Papa, l'uso di ammantare, subito dopo l'elezione, con la cappa rubea, o purpurea, il neo eletto Pontefice. Il primo esempio di immantatio si ebbe con Leone IX, eletto a Worms nel 1048. Fu con Gregorio VII che questo rito apparve con certezza a Roma, al momento della sua elezione nel 1073. Tale atto è documentato per Vittore III (1086-1087), Urbano ii (1088-1099) e Pasquale ii (1099-1118). 

Guglielmo Durando riferirà nel suo Rationale divinorum officiorum, scritto verso il 1286, che oltre agli ornamenti tipici del vescovo, il Romano Pontefice poteva far uso della corona e del manto di porpora, in quanto l'imperatore Costantino consegnò al beato Silvestro tutte le insegne dell'impero romano: "Su concessione dell'imperatore Costantino, il Pontefice Romano, può portare la clamide purpurea e la tunica scarlatta e tutti gli indumenti imperiali: scettri, stendardi e ornamenti, la croce lo precede ovunque andrà per indicare che a Lui, più che ad ogni altro si confà il detto dell'Apostolo: non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, e perché sappia che deve imitare il crocifisso". 

Per tale ragione il Pontefice esibisce tutto questo apparato anche nelle grandi processioni, come un tempo usavano fare gli imperatori. Il rituale di intronizzazione del Romano Pontefice prevedeva, in una forma che si era ormai andata stabilizzandosi, che il priore dei diaconi ammantasse il neo eletto Pontefice con il manto rosso simbolo di potere di origine chiaramente imperiale. Accanto all'uso del manto rosso, come distintivo dell'autorità pontificia, si affianca l'uso della veste bianca. Filippo Bonanni, nella sua opera Della Sacra Gerarchia spiegata nei suoi abiti civili ed ecclesiastici (Roma, 1720), riferirà di una tradizione, abbastanza diffusa ancora nel 1700, che attribuirebbe all'apparizione di una bianca colomba al momento del martirio di san Fabiano la ragione dell'adozione dell'abito bianco del Pontefice. Tradizioni o leggende a parte, l'uso del Pontefice di indossare una veste bianca è antichissimo. Bonanni porta l'esempio di Papa Vittore III, che, eletto nel 1086, fece resistenza a indossare la veste bianca prima della clamide purpurea. 

Ancora una volta Guglielmo Durando offrirà quella che da molti è ritenuta l'interpretazione simbolica più completa dei colori bianco e rosso della veste papale: "Il Sommo Pontefice appare sempre vestito di un manto rosso all'esterno, ma all'interno è ricoperto di veste candida, perché il bianco significa innocenza e carità, il rosso esterno simbolizza invece il sangue di Cristo.(...) Il Papa rappresenta infatti la Persona (il Cristo) che per noi rese rosso il suo indumento". La veste esterna, il manto rosso, diviene simbolo del sacrificio di Cristo, la veste bianca rinvia alla purezza dei costumi e alla santità della vita. Durando afferma anche che la veste detta pluviale o cappa si pensa derivi dalla tunica descritta nell'Antico Testamento: come quella era adorna di sonagli, questo lo è di frange, che rappresentano le fatiche e le preoccupazioni di questo mondo. In tale descrizione si trova concorde con quella di Domenico Macri, che nel suo Hierolexicon (Venezia 1765) associa il manto papale e il piviale al mandýa greco. 

Il primo cerimoniale papale che si sofferma in modo sistematico su tali vesti del Pontefice è quello redatto per Gregorio X (tra il 1272 e il 1273), mentre gli ordines precedenti ricordano chiaramente solo il colore del manto rosso con il quale il priore dei diaconi ammantava il neo eletto Pontefice. I colori bianco e rosso rendono così visibile ciò che il Papa rappresenta: la persona di Cristo e la Chiesa suo corpo mistico. Tali indumenti e colori, usati fin dal momento dell'elezione del Romano Pontefice, con la loro simbologia cristica e imperiale allo stesso tempo, verranno codificati dai cerimoniali del periodo avignonese (in particolare il cosiddetto cerimoniale Long), da quello dello Stefaneschi, che è stato scritto nella fase di rientro a Roma, e da quello del Patriarca Pietro.  

Infine, troverà una codificazione precisa nel cerimoniale redatto da Agostino Patrizi-Piccolomini e da Giovanni Burcardo. Questo disporrà che il neo-eletto Pontefice, indossata la veste bianca - di lino o altra stoffa a seconda della stagione - venisse ammantato del manto rosso pontificio dal cardinale priore dei diaconi, conservando la stola indossata secondo il rispettivo ordine di appartenenza, o senza, qualora l'eletto non fosse insignito neanche dell'ordine diaconale, e con la mitra di lama sul capo. Così rivestito il nuovo Papa, posto in trono nel luogo dell'elezione, riceveva la prima obbedienza dei cardinali: rituale, questo, che pur con qualche differenziazione riguardo ai momenti è stato conservato sino a tempi recenti. Tale veste diveniva così abituale per le occasioni pubbliche e solenni del Papa, non solo in quelle strettamente liturgiche, ma anche quando riceveva l'imperatore e i sovrani in solenne udienza e durante i concistori pubblici per la creazione di nuovi cardinali, per le solenni cavalcate per l'Urbe, in particolare per la presa di possesso di San Giovanni in Laterano, che seguiva la coronazione in San Pietro. 

Circa la forma e la foggia del manto e della veste in epoca medioevale si sono fatte molte speculazione e un certo aiuto può venire dal patrimonio iconografico. Bonanni conviene nel definire tale manto rosso come contrassegno della dignità pontificia. Del resto, egli aggiunge che i vocaboli "di manto, cappa e peviale vogliono significare nelli rituali le vesti adoperate dalli Pontefici nelle funzioni sacre e non comunemente", concludendo semplicemente: "se di tal forma o di tal colore si usasse dalli pontefice anticamente non l'ho potuto ricavare appresso alcuno autore, ne riconoscere in alcuna pittura antica posso solo dire che il Pontefice quando era eletto gli si poneva indosso la clamide rossa, altri dicono manto, altri veste pontificia o spesse volte il peviale, come oggi si fa". 

Il Papa usava anche una cappa rossa, sul modello di quella dei cardinali, ma aperta davanti e con ampio cappuccio, che durante il periodo avignonese fu foderata di ermellino. Tale cappa era indossata di rado: nel mattutino di Natale, in quelli della Settimana Santa ed in poche altre occasioni. Cadde presto in disuso e fu sostituita dal manto, che il Papa utilizzava ogni qualvolta assisteva alle cappelle papali, usandolo bianco, quando era prescritto tale colore liturgico, e rosso in tutte le altre circostanze. Nel caso di uso della cappa da parte del Papa, non era prevista l'assistenza dei cardinali diaconi. 

Il periodo avignonese introdusse alcune novità, non solo nella liturgia papale, con l'introduzione del concetto di "cappella" - da cui nasce, tra l'altro, il tribunale della Rota Romana, formato dai cappellani auditores Domini Papae, a conferma dell'importante ruolo liturgico svolto dai prelati uditori di Rota fino alla riforma della cappella papale attuata nel 1968 in ossequio alla Pontificalis domus di Paolo VI - quale oggi, pur riformato, conosciamo; ma anche nel vestiario del Papa, non discostandosi però sul piano della simbologia dei colori bianco e rosso dal periodo precedente. Tale novità è l'utilizzo della mozzetta. 

La mozzetta, veste ecclesiastica propria del Papa e di altre dignità, è aperta sul davanti e viene chiusa con una bottoniera, si porta sulle spalle e copre anche il petto e porzione delle braccia. Solo in quella papale sopravvive un piccolo cappuccio, avanzo di uno più ampio che si portava per coprirsi il capo. La mozzetta, nella foggia che conosciamo oggi, non è veste particolarmente antica in quanto, come sopra accennato, la veste pubblica del Papa era il manto e la veste bianca. Bonanni riferisce che la mozzetta "usasi dal Sommo Pontefice, sempre ed in pubblico sopra la veste talare il rocchetto, chiamato volgarmente camisa romana (di maniche strette sempre di lino bianco e di forma quasi talare), poi reso più corto", e aggiunge che tale corta veste non fosse usata anticamente dai Sommi Pontefici i quali oltre la tonaca bianca ricevevano il manto. 

Il cappuccio (mozzetta), il cui uso fu iniziato appunto in Francia, deve intendersi quale aggiunta alla veste abituale del Papa, simile a quella dei cardinali, come annotato in un diario riportato da Bonanni e da Gaetano Moroni nel suo Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica (Venezia, 1857): "erat autem per ea tempora mantellum hoc Pontificis simile omnino cardinalium vesti, quam vulgo dicimus mantellectum, longum tamen ad talos descendens, et rubeum sempre et caputium, quod imponebatur mantelletto, similiter rubrum tale erat, quod caput operiens humeros pectus, et brachia simul integre ambiebat, vestimenti genus ad aeris injurias repellendas per accommodatum, et ad fovedum aptissimum, namet in hyeme variis pellibus fulciebatur. Hoc igitur indumenti genere mantello scilicet et caputio inter proprios lares, est extra etiam in actionibus quibuscuinque non tamem sacris usi Pontifices fere usque ad Leonen X". 

In questo diario si aggiunge che se la stagione era calda si deponeva il mantelletto e si usava mantenere il cappuccio (mozzetta) sopra il rocchetto in quanto occorreva conservare al Sommo Pontefice il colore bianco e quello di porpora, per significare la sua somma dignità. Così fu mantenuto, anche al rientro a Roma, l'uso del rocchetto e del cappuccio (ora mozzetta) con l'unito piccolo cappuccio, in ricordo dell'antico, che non si usava più per coprire il capo. Tale funzione era stata assunta dal berrettino ugualmente rosso, il camauro. Domenico Giorgi, nel suo Gli abiti sagri del Sommo Pontefice Paonazzi, e Neri in alcune solenni funzioni della Chiesa, giustificati degli antichi rituali, e degli scrittori ecclesiastici (Roma, 1727), dopo aver affermato che la veste interiore fu sempre bianca, laddove l'esteriore, cioè la mozzetta detta cappa rubea, fu sempre rossa, osserva che i Pontefici non hanno mai avuto l'abitudine di intervenire alle sacre funzioni vestiti di abiti familiari; quindi conviene con Bonanni che il mantello e il cappuccio, abiti non sacri e ignoti agli antichi Pontefici, furono per la prima volta introdotti in Francia a motivo dell'intemperie dell'aria, per cui essi tralasciarono di usare l'antico manto pontificio. Inoltre del cappuccio (mozzetta) si servivano i Papi mentre erano ritirati nelle proprie abitazioni e di fuori ancora, in ogni funzione, ma non in quelle sacre e molto meno solenni con gli abiti familiari, ossia di camera. 

Tale abito con la stola pontificia diventerà ben presto l'abito pubblico del Sommo Pontefice, ereditando in tale modo, nelle funzioni extra liturgiche, il valore simbolico del manto rosso e della veste bianca. Le vesti che il Sommo Pontefice suole comunemente usare nelle funzioni non sacre pubbliche saranno descritte da monsignor Landucci, sacrista pontificio del XVII secolo: "Due paia di scarpe rosse, una di panno di lana e l'altro di velluto, con croce ricamata d'oro, con un paio bianche con simile croce, due vesti corte bianche, con l'aggiunta di altre due vesti larghe in coda, che chiamasi falda, la quale vien cinta nei lombi con cingoli di seta rossa e fiocchi oro, rocchetto, cappuccio (mozzetta), berrettino di velluto rosso, cappuccio e berrettino di panno, altro di damasco bianco, ugualmente con berrettino di eguale fattura (tutti questi circondate di pelli bianche di armellino), queste saranno senza pelli durante l'estate ed i periodi più caldi, a ciò si aggiungano due piccoli berrettini (zucchetti), l'uno di panno, l'altro di seta, da mettersi, secondo le occasioni, quando si indossi la mitria o il regno (triregno)". 

Dalla seconda metà del 1400 l'uso della stola e della mozzetta divenne sempre più frequente e riservato, insieme al rocchetto, al solo Pontefice, quale segno di giurisdizione. Tale abito andò, come detto, sostituendo il manto in alcuni atti solenni. Tra questi atti, forse il più solenne, in cui si vide la sostituzione del manto con l'abito sopra descritto, fu la solenne cavalcata per la presa di possesso della Arcibasilica del Santissimo Salvatore. Infatti, dopo il possesso di Leone X nel 1513, i Papi terminarono di prendere possesso della basilica Lateranense in mitra, o regnum, e manto papale. Il primo Papa a recarsi in mozzetta e stola per la presa di possesso del Laterano fu Clemente VII, l'altro Papa Medici, nel 1525. Il suo successore Paolo III, fece lo stesso, mentre San Pio V indossò anche la falda minore e così anche i suoi successori. 

Inoltre, la simbologia dei colori ritornava anche sui finimenti del cavallo utilizzato dai Pontefici, prima che fosse introdotto l'uso della carrozza, in occasione della prese di possesso e di viaggi. Essi, infatti, cavalcavano un cavallo bianco con una gualdrappa rossa. Già in epoca carolingia si introdusse, inoltre, un gesto carico di simboli: il nuovo imperatore nell'abito delle cerimonie di incoronazione imperiale, in segno di sottomissione e di umiltà, conduceva le briglie del cavallo del Papa, per un breve tratto di strada, lo spazio di un tiro d'arco, ripetendo quanto già fece Pipino il breve con Stefano II. 

Gaetano Moroni e Giuseppe Novaes, come pure altri autori, ricordano che anche quando il Papa si recava alle cappelle dell'Annunziata, di San Filippo e della Natività, a Santa Maria Maggiore, usciva in mozzetta stola e rocchetto. Moroni aggiunge, poi, che tutte le volte che il Papa assume la mozzetta la porta sempre sul rocchetto, la veste, che può essere di seta o di lana a seconda delle circostanze, la fascia con i fiocchi e la stola (tranne in alcuni casi specifici), con l'aggiunta della falda minore, in particolari circostanze. 

Una parola più specifica va spesa infine sull'uso della stola del Sommo Pontefice. Il Papa la utilizzava ogni qualvolta compariva in pubblico o per qualche funzione non strettamente liturgica. Tale stola era lunga sino ad un palmo sotto il ginocchio ed è alquanto unita al petto da un cordone formante un nastro, con due croci laterali. "È tutta ricamata con arabeschi, ossia frangi di foglie e fiori, pendendo dalle estremità lunghe frange. Essa è sempre ricamata d'oro, di colore bianco o rosso, secondoché si usa la mozzetta bianca o rossa, come si prescrive nei rituali, alcune volte più, altre volte meno preziosa, usandola nelle solenni cavalcate ricamata di perle. Solo il Romano Pontefice la porta in segno di Suprema dignità e potestà". 

All'uso della stola sulla mozzetta si univa sempre quello della croce papale, che portata dal suddiacono apostolico - un uditore di Rota - e accompagnata dai maestri ostiari di virga rubea, precedeva sempre il Papa in ogni uscita che aveva carattere di ufficialità: l'una e l'altra si adoperavano per Roma, nelle chiese, nei monasteri, nelle visite ai sovrani, e via dicendo. Inoltre un tale abito era previsto quando il Papa si recava per l'Urbe senza andare a celebrare messa, oppure quando viaggiava da un città all'altra, approssimandosi ad entrarvi. 

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Ucraina-Russia, ore cruciali per la tregua: Trump parlerà con Putin e Zelensky

18 Maggio 2025
Ucraina-Russia, ore cruciali per la tregua: Trump parlerà con Putin e Zelensky

(Adnkronos) - In attesa dei colloqui telefonici annunciati da Donald Trump con Putin, prima, e con Zelensky, poi, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha anticipato che Russia e Ucraina hanno concordato di "scambiarsi un elenco con le condizioni per la tregua". "E' un lavoro in corso", ha sottolineato, precisando che "sarebbe ora prematuro rivelare dettagli dei colloqui, dal momento che sono in corso e si svolgono a porte chiuse". Peskov ha anche reso noto che un incontro tra Putin e Zelensky ''è possibile'', ma solo ''dopo che le delegazioni raggiungeranno determinati accordi''. 

E il Vaticano potrebbe essere la sede dei colloqui di pace tra Russia e Ucraina. Lo ha dichiarato il segretario di Stato americano, Marco Rubio, che a Roma ha incontrato il cardinale Matteo Zuppi prima di dirigersi a Villa Madama per il bilaterale con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Secondo il sito di Sky News, alla domanda se il Vaticano potesse fungere da mediatore di pace, Rubio - prima del colloquio con Zuppi avvenuto presso l'ambasciata americana - ha risposto: "Non lo definirei un mediatore, ma lo è certamente - penso che sia un luogo in cui entrambe le parti si sentirebbero a proprio agio. Quindi parleremo di tutto questo e ovviamente sarò sempre grato al Vaticano per la sua disponibilità a svolgere questo ruolo costruttivo e positivo". Rubio ha anche rilanciato l'appello di Trump per un cessate il fuoco completo in Ucraina, ha spiegato la portavoce del segretario di Stato Usa che ha anche detto di accogliere positivamente l'accordo per lo scambio di prigionieri fra Kiev e Mosca. 

 

Secondo quanto ha dichiarato a Sky News una fonte all'interno della delegazione ucraina, nei negoziati di Istanbul la delegazione mandata da Mosca ha chiesto agli inviati di Kiev che venissero riconosciute come territorio russo cinque regioni ucraine. Durante i colloqui i russi hanno minacciato ''una guerra eterna'' e la delegazione ''non era preparata a discutere i dettagli tecnici di un accordo di cessate il fuoco e stavano aspettando l'approvazione dei loro superiori'', ha aggiunto. 

Come condizioni è stato posto ''il ritiro delle truppe ucraine dalle regioni di Donetsk, Zaporizhia, Kherson e Luhansk dell'Ucraina, prima di qualsiasi cessate il fuoco''. Inoltre sul tavolo è stato messo il ''riconoscimento come russe, da parte internazionale, di cinque parti dell'Ucraina'', ovvero la penisola di Crimea annessa nel 2014 e le quattro regioni di Donetsk, Zaporizhia, Kherson e Luhansk. 

I russi hanno anche chiesto che ''l'Ucraina diventi uno Stato neutrale, privo di armi di distruzione di massa'' e che ''gli alleati di Kiev non stanzino alcuna delle loro truppe nel Paese''. Infine, sia la Russia, sia l'Ucraina ''rinunciano a richiedere il risarcimento dei danni di guerra'', ha detto la delegazione russa. 

Secondo il funzionario ucraino, i negoziatori russi hanno avanzato le richieste verbalmente e non hanno condiviso alcun documento scritto. L'Ucraina ha ieri già bollato come ''inaccettabili'' le richieste di Mosca a Istanbul, affermando che sono una dimostrazione di come la Russia che non prenda sul serio la questione della pace.  

 

Il primo risultato dei colloqui diretti Mosca e Kiev, i primi dal 2022, è stato un accordo per lo scambio di mille prigionieri ciascuno, mille russi in cambio di altrettanti ucraini. "Per il momento, dobbiamo fare ciò che le delegazioni hanno concordato" in Turchia, ha dichiarato Peskov ai giornalisti in risposta alla domanda se fossero previsti altri colloqui per un secondo round. "Questo, ovviamente, significa prima di tutto completare uno scambio di prigionieri di guerra 1.000 per 1.000", ha detto. 

Sulla composizione della delegazione russa, ''non si parla di cambiarla, anzi resterà la stessa'', ha spiegato Peskov aggiungendo che i negoziati ''dovrebbero svolgersi a porte chiuse''. "Quando si firmano i documenti su cui le delegazioni devono concordare, la cosa più importante e fondamentale per noi è chi esattamente firmerà questi documenti da parte ucraina", ha detto Peskov ai giornalisti. 

 

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Finlandia, 5 morti nella collisione tra due elicotteri

17 Maggio 2025
Finlandia, 5 morti nella collisione tra due elicotteri

(Adnkronos) - Cinque persone sono morte nella collisione in volo tra due elicotteri, in Finlandia. L'incidente si è verificato nei pressi dell'aeroporto di Eura. Gli elicotteri erano decollati da Tallinn, in Estonia, ed erano diretti a Piikajärvi, a pochi chilometri dal luogo dell'incidente. Uno dei due velivoli trasportava tre persone, l'altro due: si tratterebbe, secondo i media locali, di uomini di affari. Non si sono sopravvissuti. 

 

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Genoa-Atalanta 2-3, bergamaschi in rimonta si assicurano tre punti

17 Maggio 2025
Genoa-Atalanta 2-3, bergamaschi in rimonta si assicurano tre punti

(Adnkronos) - Non è bastato al Genoa andare in vantaggio due volte per fare risultato contro l'Atalanta. I bergamaschi in rimonta si assicurano i tre punti anche allo Stadio Ferraris, vincendo per 3-2 contro i Grifoni. Pinamonti porta in vantaggio i rossoblù al 37', poi tutti negli spogliatoi. Alla ripresa, pronti via e la Dea si riporta in parità con Sulemana. Ancora dieci minuti e al 58' il Genoa di nuovo avanti ancora con Pinamonti, al quale risponde Maldini al 63'. Il gol vittoria arriva dal capocannoniere Retegui che fissa il risultato sul 3-2 finale all'89'. 

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Caso Garlasco, martedì saranno sentiti anche Stasi e Marco Poggi come testimoni

17 Maggio 2025
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(Adnkronos) - Non solo il nuovo indagato Andrea Sempio. Martedì 20 maggio anche Alberto Stasi, condannato in via definitiva 16 anni di carcere per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, sarà sentito dai magistrati di Pavia nell’ambito del nuova inchiesta sul delitto di Garlasco che vede indagato per omicidio in concorso (con Stasi o altri) l'amico del fratello della vittima.  

Da quanto apprende l'Adnkronos, Stasi sarà sentito nel primo pomeriggio come testimone assistito, ossia sarà accompagnato dai difensori, l'avvocata Giada Bocellari e Antonio De Rensis. Sempio è convocato a Palazzo di giustizia alle ore 14 e non è escluso che i due si possano (casualmente) incrociare. 

Visto che l'intenzione della Procura è di stringere il cerchio intorno a Sempio le domande 'incrociate' potrebbero servire a ricostruire i rapporti tra la vittima e altri personaggi tirati in ballo in questi anni a Garlasco e magari definire chi possa essere Ignoto 2 visto che Sempio è indagato per omicidio in concorso con altri.  

Se la strategia di Stasi è intuibile - risponderà visto che ha quasi finito di scontare la sua condanna definitiva nel carcere di Bollate - l'indagato Sempio potrebbe decidere di tacere e di attendere la chiusura delle indagini per avere il quadro completo delle accuse che i pubblici ministeri gli muovono. Il dispiegamento di forze messo in campo dalla Procura e dai carabinieri di Milano è notevole e martedì sul tavolo dei magistrati potrebbe spuntare un asso dalla manica. 

Come testimone sempre martedì verrà sentito a Venezia, da tempo si è trasferito a Mestre, Marco Poggi fratello della ventiseienne uccisa il 13 agosto 2007. Marco Poggi era in vacanza in Trentino quando è avvenuto il delitto. La contemporaneità delle convocazioni è un chiaro segnale che la procura di Pavia vuole stringere i tempi sull'indagine che vede indagato solo Sempio.  

 

La scelta di interrogare Sempio martedì 20 maggio sembra svelare l'intenzione di chiudere in fretta un caso che ha già un suo colpevole certo. La convocazione, comunque la si legga, metterà per la prima volta l'indagato di fronte alle carte raccolte dai pubblici ministeri Stefano Civardi, Valentina De Stefano e Giuliana Rizza, e c'è chi scommette che spunterà qualche asso dalla manica da parte di una procura, guidata da Fabio Napoleone, che non si è arresa di fronte ai primi no dell’Ufficio gip alla riapertura su Sempio, la cui posizione è già stata archiviata otto anni fa da altri magistrati di Pavia.  

L'indagato, accompagnato dai suoi avvocati Angela Taccia e Massimo Lovati, ha la facoltà di non rispondere o rendere dichiarazioni spontanee, ma per ora anche lui non svela le mosse. "Non voglio anticipare nulla della strategia difensiva" dice Lovati all'Adnkronos. Non sarà il fumo negli occhi delle ultime attività classiche d'indagine - le perquisizioni alla caccia di appunti e materiale informatico o la caccia all’arma del delitto nel canale di Tromello, entrambe scattate mercoledì scorso - gli elementi su cui i pm pubblici scommettono. 

Per i risultati informatici - oggi a Sempio è stato restituito il cellulare - ci vorrà tempo, mentre appare più suggestivo che preoccupante il vecchio tema sull'omicidio di Chiara Poggi scritto nel 2013 come prova in un corso di giornalismo svelato dallo stesso Sempio ai carabinieri che hanno bussato alla sua porta di Voghera. E il rinvenimento della possibile arma arenata da anni sul fondale melmoso del canale non sembra dare rapide certezze. Servirà probabilmente una comparazione tra i possibili oggetti ripescati con le foto delle ferite della vittima ed esami specifici per capire da quanti anni quegli strumenti sono rimasti nell’acqua per avere risposte.  

Più probabile che contro Sempio si tornerà a premere per farsi spiegare perché ci sia il suo Dna - questa è la convinzione della Procura che si è affidata al genetista Carlo Previderé - sulle unghie di Chiara Poggi. Match già scartato perché ritenuto inutilizzabile nei processi a Stasi e nell'archiviazione su Sempio. L'allora ventenne frequentava casa Poggi e la presenza del suo materiale genetico non è sospetta. I pm proveranno a insistere sugli orari della mattina del 13 agosto 2007, sull'alibi fornito dallo scontrino di un parcheggio a Vigevano consegnato un anno dopo la morte di Chiara, sulle tre chiamate di pochi secondi verso casa Poggi pochi giorni prima dell’omicidio. E magari verrà chiesto a Sempio del malore di sua madre quando i carabinieri di Milano le hanno fatto il nome di un ex vigile del fuoco.  

La convocazione di martedì in procura è anche pressing investigativo e mediatico. In due mesi Sempio è stato convocato quattro volte in caserma (per attività di prelievo o burocratiche), due negli ultimi tre giorni, solo in un caso i giornalisti non erano fuori ad attenderlo. Un fiato sul collo che continuerà a lungo se si tiene conto che solo il 17 giugno inizieranno le operazioni sui reperti e che per l’incidente probatorio si tornerà in aula il 24 ottobre prossimo.  

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Roma, sparatoria in una falegnameria a Ottavia: due morti

17 Maggio 2025
Roma, sparatoria in una falegnameria a Ottavia: due morti

(Adnkronos) - Spari in una falegnameria in via della Stazione di Ottavia a Roma dove un uomo è stato ucciso a colpi di arma da fuoco e un altro, gravemente ferito, è morto poco dopo. A trovarli è stato il proprietario della falegnameria che ha avvisato la polizia. Quando l'uomo è entrato nel locale ha trovato un uomo disteso a terra con ferite di arma da fuoco alla testa e alla schiena e un altro uomo ferito. Sul posto la squadra mobile, la polizia scientifica e il 118 che stanno cercando di ricostruire quanto accaduto. 

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Eurovision, al via la finale: brevi scontri tra pro-Pal e polizia a Basilea

17 Maggio 2025
Eurovision, al via la finale: brevi scontri tra pro-Pal e polizia a Basilea

(Adnkronos) - A Basilea prende il via il gran finale dell'Eurovision song contest 2025. La serata finale si è aperta con il vincitore dell'anno scorso, Nemo che ha cantato 'The code'. Sono 26 i Paesi che tornano a esibirsi nell'arena St. Jakobshalle per contendersi il microfono di cristallo. Un'area sold out: 36mila persone e biglietti venduti in meno di due ore. Gli artisti hanno sfilato ognuno con la propria bandiera e Gabry Ponte, rappresentante di San Marino, ha sfilato con la bandiera sammarinese ma indossando i colori italiani: pantaloni rossi, maglia bianca e giacca verde. Ad aprire la gara è la Norvegia (Kyle Alessandro – "Lighter").  

A seguire: 2. Lussemburgo (Laura Thorn – "La Poupée Monte Le Son"); 3. Estonia (Tommy Cash – "Espresso Macchiato"); 4. Israele (Yuval Raphael – "New Day Will Rise"); 5. Lituania (Katarsis – "Tavo Akys"); 6. Spagna (Melody – "Esa Diva"); 7. Ucraina (Ziferblat – "Bird of Pray"); 8. Regno Unito (Remember Monday – "What The Hell Just Happened?"); 9. Austria (JJ – "Wasted Love"); 10. Islanda (VÆB – "Róa"); 11. Lettonia Tautumeitas – "Bur Man Laimi"); 12. Paesi Bassi (Claude – "C’est La Vie"); 13. Finlandia (Erika Vikman – "Ich komme").  

E ancora: 14. Italia (Lucio Corsi – "Volevo Essere Un Duro"); 15. Polonia (Justyna Steczkowska – "Gaja"); 16. Germania (Abor & Tynna – "Baller"); 17. Grecia (Klavdia – "Asteromáta"); 18. Armenia (Parg – "Survivor"); 19. Svizzera (Zoë Më – "Voyage"); 20. Malta (Miriana Conte – "Serving"); 21. Portogallo (Napa – "Deslocado"); 22. Danimarca (Sissal – "Hallucination"); 23. Svezia (Kaj – "Bara Bada Bastu"); 24. Francia ( Louane – "maman"); 25. San Marino (Gabry Ponte – "Tutta L’Italia"); 26. Albania (Shkodra Elektronike – "Zjerm"). 

 

Si sono verificati brevi scontri tra manifestanti pro-Pal e polizia nelle strade di Basilea, in Svizzera, poco prima dell'esibizione della cantante israeliana Yuval Raphael nella finale dell'Eurovision. Lo riferisce l'Afp, sottolineando che diverse centinaia di manifestanti si sono radunati nel centro della città per contestare la partecipazione di Israele alla manifestazione musicale 

 

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Eurovision,la finale: Lucio Corsi incanta con la sua semplicità e l'armonica

17 Maggio 2025
Eurovision,la finale: Lucio Corsi incanta con la sua semplicità e l

(Adnkronos) - Finale dell'Eurovision song contest 2025 a Basilea. La serata si è aperta con il vincitore dell'anno scorso, Nemo che ha cantato 'The code'. Sono 26 i Paesi che tornano a esibirsi nell'arena St. Jakobshalle per contendersi il microfono di cristallo. Un'area sold out: 36mila persone e biglietti venduti in meno di due ore.  

 

Lucio Corsi incanta con la sua semplicità e la sua armonica, tra lo sventolio di bandiere italiane. Accompagnato dall'inseparabile amico Tommaso Ottomano, il cantautore toscano ha presentato una performance all'altezza delle aspettative, con pianoforte, amplificatori giganti, chitarre ovali, armonica dal vivo e sottotitoli in inglese. 

 

Gabry Ponte ha infiammato l'arena St. Jakobshalle di Basilea con "Tutta l'Italia", facendo ballare le 36mila persone presenti. Il Dj, penultimo ad esibirsi, ha portato sul palco dell'Eurovision un'energia contagiosa con il jingle di Sanremo. Ponte che all'Esc 2025 rappresenta San Marino, durante la sfilata iniziale degli artisti, ha sventolato la bandiera sammarinese, indossando però i colori italiani: pantaloni rossi, maglia bianca e giacca verde. 

 

Si sono verificati brevi scontri tra manifestanti pro-Pal e polizia nelle strade di Basilea, in Svizzera, poco prima dell'esibizione della cantante israeliana Yuval Raphael nella finale dell'Eurovision. Lo riferisce l'Afp, sottolineando che diverse centinaia di manifestanti si sono radunati nel centro della città per contestare la partecipazione di Israele alla manifestazione musicale 

 

Un messaggio di speranza arriva dagli ucraini Ziferblat, al termine del brano rock 'Bird of Pray', che esprime il desiderio di tornare a casa e di ricongiungersi con i propri cari, separati dalla guerra, hanno gridato 'Slava Ukraïni!', ovvero Gloria all'Ucraina. 

 

Ad aprire la gara è la Norvegia (Kyle Alessandro – "Lighter"). A seguire 2. Lussemburgo (Laura Thorn – "La Poupée Monte Le Son"); 3. Estonia (Tommy Cash – "Espresso Macchiato"); 4. Israele (Yuval Raphael – "New Day Will Rise"); 5. Lituania (Katarsis – "Tavo Akys"); 6. Spagna (Melody – "Esa Diva"); 7. Ucraina (Ziferblat – "Bird of Pray"); 8. Regno Unito (Remember Monday – "What The Hell Just Happened?"); 9. Austria (JJ – "Wasted Love"); 10. Islanda (VÆB – "Róa"); 11. Lettonia Tautumeitas – "Bur Man Laimi"); 12. Paesi Bassi (Claude – "C’est La Vie"); 13. Finlandia (Erika Vikman – "Ich komme").  

E ancora: 14. Italia (Lucio Corsi – "Volevo Essere Un Duro"); 15. Polonia (Justyna Steczkowska – "Gaja"); 16. Germania (Abor & Tynna – "Baller"); 17. Grecia (Klavdia – "Asteromáta"); 18. Armenia (Parg – "Survivor"); 19. Svizzera (Zoë Më – "Voyage"); 20. Malta (Miriana Conte – "Serving"); 21. Portogallo (Napa – "Deslocado"); 22. Danimarca (Sissal – "Hallucination"); 23. Svezia (Kaj – "Bara Bada Bastu"); 24. Francia ( Louane – "maman"); 25. San Marino (Gabry Ponte – "Tutta L’Italia"); 26. Albania (Shkodra Elektronike – "Zjerm"). 

 

 

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Superenalotto, numeri e la combinazione vincente 17 maggio 2025

17 Maggio 2025
Superenalotto, numeri e la combinazione vincente 17 maggio 2025

(Adnkronos) - Nessun '6' né '5+1' al concorso di oggi, sabato 17 maggio 2025, del Superenalotto. Centrati invece quattordici '5' che vincono 13.461,79 euro ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 34,6 milioni di euro. 

Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima: 

- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro; 

- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro; 

- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro; 

- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro; 

- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro. 

 

E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni. 

 

La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro. L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi. 

La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata. 

 

La combinazione vincente del concorso di oggi del SuperEnalotto è: 10, 11, 19, 22, 39, 88. Numero Jolly: 29. Numero SuperStar: 73. 

 

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Gauff e i complimenti a Paolini e... Sinner: "Talento generazionale"

17 Maggio 2025
Coco Gauff - Afp

(Adnkronos) - Coco Gauff si complimenta con Jasmine Paolini e a... Jannik Sinner. La tennista americana oggi, sabato 17 maggio, ha perso la finale degli Internazionali d'Italia contro l'azzurra in due set con il punteggio di 6-4, 6-2. E in conferenza stampa Gauff ha voluto elogiare l'avversaria ma tutto il movimento azzurro, che domani potrebbe festeggiare altri due successi nel Masters 1000 di Roma con le finali nel doppio, con protagonista ancora Paolini in coppia con Errani, e nel tabellone maschile, dove Sinner sfiderà Alcaraz. 

"Jasmine e Jannik hanno fatto un grande lavoro nel migliorare il loro gioco, specialmente Jasmine ricordo di averla affrontata ad Adelaide ed era molto più passiva. Sinner è uno dei giocatori più forti del mondo, sicuramente c’è un lavoro importante della Federazione ma parlando nello specifico di Jannik credo che si stia parlando di un talento generazionale", ha detto Gauff, "spero però di avere ancora la possibilità di giocare una finale qui. È difficile affrontare Jasmine sulla terra, quando è in fiducia gioca un gran tennis, lo scorso anno ha fatto due finali slam e ha dimostrato di poter giocare da numero uno del mondo 

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