Tante le iniziative del Comune, previsti anche buoni da 100 euro... 
Il lavoro di collaborazione "con Unpli ci porta qui, dopo 13 anni, a suggellare nuovamente un accordo che mira alla riscoperta, alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio che l’espressione linguistica delle piccole realtà, spesso dimenticate, rappresenta". Così Luca Abbruzzetti, presidente Ali Lazio-Autonomie locali italiane, intervenendo in merito al ruolo delle autonomie locali nella tutela delle lingue locali e dei dialetti nel corso della cerimonia di premiazione dell’edizione 2025 di ‘Salva la tua lingua locale’.
Il concorso, al suo tredicesimo anno, è dedicato alla valorizzazione delle lingue locali ed è promosso e organizzato da Unpli - Unione delle pro loco d’Italia e da Autonomie locali italiane Lazio - Ali, con la collaborazione del Centro internazionale Eugenio Montale. La cerimonia di annuncio dei vincitori, che ha i patrocini del Senato della Repubblica, della Camera dei Deputati e del Comune di Roma, si è svolta nella Capitale, presso sala la Protomoteca del Campidoglio.
"I Comuni rappresentano un presidio e un baluardo di democrazia in tutte le realtà dei nostri territori, delle nostre regioni e delle nostre province. Riescono ancora, fra le tante difficoltà, a garantire servizi di prossimità ai cittadini - conclude - anche nelle aree interne, talvolta con un impegno personale degli stessi amministratori".

Si è tenuta questa mattina, nella sala della Protomoteca in Campidoglio, la cerimonia di premiazione della tredicesima edizione del Premio “Salva la tua lingua locale”, il concorso nazionale promosso da Unpli, l'Unione delle Pro Loco d’Italia e da Ali Lazio (Autonomie Locali Italiane Lazio), in collaborazione con il Centro internazionale Eugenio Montale e con i patrocini del Senato della Repubblica, della camera dei Deputati e del comune di Roma. L’evento, condotto da Adriana Volpe e Beppe Convertini, ha riunito autori, studiosi e rappresentanti delle comunità locali provenienti da tutta Italia. Otto le categorie in concorso: Poesia (edita e inedita), Prosa (inedita), Teatro, Fumetto, Musica, il Premio “Tullio De Mauro” dedicato alla ricerca linguistica e scientifica (saggi, tesi, studi sui dialetti e dizionari), e il Premio “Luigi Manzi 2025”. Accanto ai riconoscimenti principali, la Giuria ha attribuito numerose menzioni speciali alle Pro Loco Unpli e alle realtà culturali che, con il loro impegno quotidiano, hanno contribuito alla diffusione del Premio e alla valorizzazione delle lingue locali.
Alla cerimonia hanno preso parte importanti personalità istituzionali e del mondo culturale: il presidente Unpli Antonino La Spina, il presidente Ali Lazio Luca Abbruzzetti, il presidente onorario del premio Giovanni Solimine, i membri del comitato dei Garanti Bruno Manzi e Silvana Ferreri, e Leandro Ventura, direttore dell’Istituto centrale per il patrimonio immateriale: "Il Premio 'Salva la tua lingua locale' – sottolinea il presidente nazionale Unpli, Antonino La Spina – rappresenta un impegno concreto nel custodire e valorizzare le identità linguistiche del nostro Paese. Le opere che ogni anno arrivano da tutta Italia raccontano storie, paesaggi, memorie collettive: sono frammenti preziosi di un patrimonio che vive grazie alla voce delle comunità. Come Unione delle Pro Loco d’Italia sosteniamo con convinzione autori, ricercatori, interpreti e realtà associative che contribuiscono alla salvaguardia e alla trasmissione delle lingue locali, consapevoli che si tratta di un patrimonio dinamico, capace di evolvere e parlare al presente, non soltanto di testimoniare il passato".
"La diversità linguistica – commenta Luca Abbruzzetti, presidente di Autonomie Locali Italiane del Lazio - è una ricchezza da valorizzare, come ricorda anche l'Unione Europea, espressione concreta del principio di 'unità nella diversità'. Il Premio celebra proprio questo valore, riconoscendo e promuovendo la cultura e le tradizioni locali. La crescente partecipazione al Premio, in particolare per la sezione della poesia inedita, testimonia la passione con la quale Pro Loco e Comuni portano avanti questo impegno da tredici edizioni". Per il presidente onorario del premio, Giovanni Solimine, "il premio Salva la tua lingua locale è nato proprio per valorizzare i dialetti e le lingue locali all’interno di un quadro nazionale. L’importanza di questo riconoscimento è stata riconfermata negli anni dal fatto che si sono aggiunte nuove sezioni e dall’aumento della produzione scritta in dialetto. I dialetti non hanno mai cessato di essere la lingua degli affetti, la lingua della quotidianità in tante famiglie. L’esistenza di un premio come questo è stata da stimolo per aumentare la produzione scritta, poetica, teatrale, narrativa, di storia e tradizioni locali, svolgendo un ruolo fondamentale per portare in un ambito nazionale le diverse componenti territoriali".
Oltre cinquecento le opere presentate da tutta Italia a testimonianza dell’interesse sempre più crescente per la salvaguardia delle lingue locali. Un insieme di esperienze e generazioni diverse che fa capire quanto il patrimonio linguistico italiano sia vivo, creativo e capace di rinnovarsi sempre. Si sono distinte nella sezione del premio dedicata a “Tullio De Mauro” Irene Immacolata Panella per il suo lavoro intitolato “Le lingue di Colobraro e Tursi tra spinte innovative e arcaicità”, la studentessa di Torino Chiara Borla per la tesi intitolata “A capisso cò j’àutri! Un caso di studio sul piemontese tra intercomprensione e interproduzione”, che si sono rispettivamente classificate prima e terza e che con le loro tesi di laurea hanno prodotto un’importante opera di ricerca e valorizzazione dei dialetti.
Toccante la testimonianza di Maria Jatosti (96 anni) curatrice editoriale, scrittrice, giornalista, poetessa, traduttrice, drammaturga e regista teatrale italiana che dopo una vita dedicata alla cultura ha ottenuto il premio “Luigi Manzi” e ha sottolineato l’impegno dello scrittore e di chi sa e può usare le parole sia quello di esserci sempre per sensibilizzare e divulgare. Di rilievo la prima classificata del premio dedicato alla musica Noemi Balloi che ha partecipato con una canzone in lingua sarda dal titolo “Naru ca no” affrontando una tematica di grande attualità sottolineando come oggi si debba lavorare ancora molto sul valore delle donne e sul coraggio di dire “no”.
Menzione speciale a Gerard Janssen Bigas, studente spagnolo dell’Università di Barcellona per aver dedicato la sua tesi di laurea intitolata “Tra prestigio e dimenticanza. Le lingue dell’Italia settentrionale viste dai giovani” all’Italia attraverso lo studio delle lingue locali, sottolineando il valore del dialetto nelle regioni del nord. Il premio speciale della giuria della musica è andato a Gianni Belfiore, paroliere e produttore discografico italiano, noto soprattutto come autore dei brani di Julio Iglesias e Raffaella Carrà. In questa occasione ha voluto ricordare quanto è stato importante il lavoro artistico di Rosa Balistreri, cantautrice siciliana che ha interpretato canti popolari e di denuncia sociale, e omaggiare l’artista con cui ha avuto modo di collaborare a lungo.
Oggi, venerdì 5 dicembre, prendono forma i Mondiali di calcio 2026. A Washington, negli Stati Uniti, verranno definiti i gironi del torneo, che si giocherà in estate tra Usa, Messico e Canada. Le 42 squadre già certe della qualificazione e le 6 squadre che a marzo verranno fuori dagli spareggi (che interessano anche l'Italia) conosceranno così il loro cammino nella manifestazione con la divisione iniziale nei 12 gironi.
Dove vedere il sorteggio dei Mondiali? La cerimonia inizierà alle 18 ora italiana e sarà visibile in diretta su Sky Sport, ma anche in streaming su NOW, Sky Go, Fifa+ e Dazn.
I Mondiali di calcio 2026 sono in programma dall’11 giugno al 19 luglio 2026.
Da anni le autorità italiane – dal Garante Privacy ad Agcom, passando per Arera – moltiplicano interventi, sanzioni e nuove regole nel tentativo di arginare l’assalto quotidiano delle chiamate moleste. Eppure il telemarketing aggressivo non solo sopravvive: prospera. Le telefonate irregolari aumentano, i numeri fasulli si moltiplicano e milioni di utenti continuano ad essere disturbati ogni giorno.
Il motivo? Come spiega all'Adnkronos Matteo Flora - Docente di AI Safety e Crisis Management, imprenditore - partendo da un suo approfondimento realizzato per il suo podcast Ciao Internet, non è un problema di mancanza di strumenti: è un problema di incentivi economici, di architettura del sistema telefonico e di una filiera industriale che rende quasi impossibile fermare il fenomeno.
Che in questi giorni si è trasformato: sono diminuite le chiamate dall’Italia ma si sono impennate quelle dalla Francia, dal Belgio, da strani prefissi stranieri dietro ai quali ci sono sempre gli stessi attori.
Perché non si può semplicemente "bloccare l'estero"?
A prima vista la soluzione sembrerebbe semplice: se le chiamate arrivano da fuori, basterebbe bloccarle. Ma come emerge dall'approfondimento tecnico di Flora, Agcom ha ragione nel definire l'operazione tecnicamente e normativamente impossibile. Esiste una normativa internazionale delle telecomunicazioni che garantisce l’interoperabilità di tutte le reti mondiali: un numero italiano deve poter ricevere chiamate da qualsiasi parte del mondo, che sia un parente in viaggio o un'azienda partner.

Non esistono "dogane digitali" selettive: le chiamate entrano attraverso frontiere logiche di interconnessione e, in assenza di accordi bilaterali globali (attualmente inesistenti), non è possibile distinguere a priori se una chiamata proveniente dal Regno Unito o dalla Cina sia di uno spammer o di un contatto legittimo. Bloccare il traffico internazionale significherebbe isolare telefonicamente l'Italia.
Attenzione: la truffa dello "Squillino" (Wangiri)
C'è però una distinzione fondamentale da fare tra il telemarketing aggressivo (spesso proveniente da numerazioni europee come Francia o Grecia per questioni di tariffe agevolate) e le chiamate che in molti stanno ricevendo da prefissi esotici, come il +241 (Gabon).
In questo secondo caso, non siamo di fronte a tentativi di vendita, ma a una frode basata sulla terminazione, nota come Wangiri o "truffa dello squillino". Chi chiama non vuole parlare: fa uno squillo e riaggancia sperando che l'utente, incuriosito o preoccupato, richiami. Il guadagno per i truffatori risiede nelle altissime tariffe di terminazione internazionale che vengono addebitate all'utente nel momento in cui effettua quella chiamata di ritorno.
Il primo dato da tenere in considerazione per il "vero" telemarketing, invece, è la dimensione del mercato. Il telemarketing resta uno dei principali canali di acquisizione clienti per energia, gas e telefonia. Nel solo 2024, secondo i dati riportati da Flora, sono stati effettuati circa un milione e mezzo di cambi di fornitore nel settore energetico: tra il 60 e il 70% sono avvenuti per telefono. Significa che ogni anno tra 900mila e un milione di contratti vengono chiusi grazie a una chiamata.
A questo si aggiungono i contratti telefonici per la telefonia mobile: circa il 20% delle nuove attivazioni arriva ancora dai call center. Il giro d’affari complessivo, considerando i valori medi dei contratti residenziali, si colloca tra 600 milioni e un miliardo di euro.
È questa massa critica a spiegare perché, nonostante sanzioni anche molto pesanti, il sistema non cambia: se guadagni centinaia di milioni, una multa da qualche milione diventa semplicemente un costo di esercizio.
Il problema, però, non è solo economico. A rendere il sistema così resiliente è la struttura stessa delle operazioni di telemarketing: una catena di deleghe, subappalti e micro-call center che rende difficilissimo individuare i responsabili. Le grandi utility affidano le campagne a intermediari che, a loro volta, si appoggiano a centri esteri o a realtà poco controllate. Sulla carta il Gdpr, il regolamento europeo sui dati che in questo momento è oggetto di revisione con il Digital Omnibus, obbliga l’azienda mandante a garantire che tutta la filiera rispetti le norme sulla protezione dei dati personali.
Nella realtà, come mostra la lunga lista di provvedimenti del Garante privacy, i controlli sono spesso inesistenti o inefficaci: database acquisiti illegalmente, contatti generati senza consenso, aziende che “non sanno” da dove provengano i numeri su cui lavorano. Ed è proprio questa frammentazione delle responsabilità a creare l’effetto più devastante: non si riesce mai a risalire al vero responsabile della chiamata.
Anche gli strumenti pensati per proteggere gli utenti mostrano i loro limiti. Il Registro pubblico delle opposizioni, esteso ai cellulari dal 2022, avrebbe dovuto mettere fine alle chiamate indesiderate. Invece, secondo le statistiche citate da Flora, circa la metà degli iscritti continua a ricevere telefonate moleste. Il motivo è semplice: il Registro funziona solo con gli operatori che rispettano la legge. Per gli altri, soprattutto quelli che agiscono fuori dal territorio nazionale o operano ai margini del sistema, è una barriera inesistente.
A dare il colpo di grazia sono le tecniche di spoofing, la falsificazione del numero chiamante. È il motivo per cui l’utente vede comparire sul display un numero con il prefisso della propria città, ma quando richiama la risposta è sempre la stessa: “Il numero non esiste”. Lo spoofing rende impossibile risalire all’origine della chiamata e permette ai call center illegali di operare in totale anonimato. Agcom ha introdotto nuove misure anti-spoofing che, secondo i dati comunicati dall’Autorità, hanno già bloccato decine di milioni di chiamate falsificate.
Il paradosso del Roaming
Tuttavia, anche i filtri più avanzati hanno un punto debole strutturale. Il sistema di blocco Agcom ferma le chiamate che appaiono come numeri italiani (fissi o mobili) ma che provengono tecnicamente dall'estero. Esiste però un'eccezione legittima che i filtri devono lasciar passare: il roaming. Se un utente italiano si trova davvero all'estero e chiama casa, la sua chiamata deve essere connessa.
Gli spammer più sofisticati possono sfruttare questo varco con un attacco statistico: simulando migliaia di numeri mobili italiani, statisticamente alcuni di questi corrisponderanno a utenti realmente in viaggio all'estero in quel preciso momento. Per la rete telefonica, quella chiamata fraudolenta diventa indistinguibile da quella legittima di un turista, aggirando così il blocco fino a quando il vero utente non rientra o il sistema non rileva l'anomalia.
Ma i limiti della rete telefonica – un’infrastruttura progettata decenni fa, basata sulla fiducia nell’identità dichiarata della chiamata – rendono impossibile costruire un filtro perfetto. Le misure funzionano parzialmente e per un periodo limitato: chi vuole aggirarle trova sempre un modo, spesso semplicemente cambiando tecniche o sfruttando nuove finestre temporali prima dell’entrata in vigore definitiva dei blocchi.
Anche il quadro delle sanzioni racconta un paradosso: arrivano, sono severe, ma non cambiano nulla. Le multe arrivano anni dopo la violazione, non colpiscono direttamente i call center illegali – spesso inesistenti o già chiusi – e risultano comunque marginali rispetto ai profitti generati.
Le nuove regole Arera, in vigore dal gennaio 2025, provano a riequilibrare i rapporti: obbligo di inviare le condizioni contrattuali su supporto durevole, necessità di una conferma esplicita da parte del consumatore prima che il contratto sia valido, e trenta giorni di ripensamento in caso di visite non richieste o eventi promozionali. Anche qui, però, l’efficacia è limitata: gli operatori più aggressivi troveranno probabilmente modi per aggirare il sistema, come accaduto con tutti gli strumenti precedenti.
E così si arriva al punto finale, la vera chiosa del ragionamento di Flora: l’unica soluzione realmente efficace è quella che nessuno vuole prendere in considerazione. La Spagna la sta valutando e, se approvata, sarebbe un cambio di paradigma radicale: vietare del tutto la possibilità di concludere un contratto per telefono.
La proposta prevede di consentire soltanto un primo contatto informativo, obbligando invece la sottoscrizione finale a passare da un canale tracciabile – un negozio fisico, una firma digitale, una procedura documentata. Sarebbe un colpo mortale per le truffe telefoniche e cancellerebbe alla radice il problema dei contratti non richiesti. Ma allo stesso tempo farebbe sparire un mercato da centinaia di milioni di euro all’anno.
Per questo, nonostante la spinta di associazioni di consumatori e alcuni parlamentari, nel nostro Paese il dibattito resta timido. Il vero nodo non è tecnologico, né regolatorio. È economico. Finché un milione di contratti all’anno verranno chiusi al telefono, il telemarketing aggressivo sarà semplicemente troppo redditizio per scomparire. E le telefonate moleste continueranno a suonare. (di Giorgio Rutelli)

Pregiudizi diffusi, disagio psicologico e una carenza di sostegno adeguato: per molte persone con diabete lo stigma resta una realtà concreta, soprattutto in ambito lavorativo.
Eppure la malattia può essere gestita in modo sempre più efficace grazie a terapie innovative e a sistemi avanzati di monitoraggio, come i sensori per il controllo continuo della glicemia e i dispositivi per la somministrazione di insulina. Nonostante questi progressi, continuano a persistere stereotipi e false credenze che alimentano discriminazione e isolamento, in particolare sul luogo di lavoro. Al tema, proposto per il World Diabetes Day 2025, è dedicato il vodcast 'Diabete oltre il pregiudizio. Come affrontare lo stigma', realizzato da Adnkronos con il supporto non condizionante di Abbott e disponibile su YouTube, Spotify e nella sezione Podcast di adnkronos.com. A confrontarsi su dati, sfide e opportunità sono: Raffaella Buzzetti, presidente della Società italiana di diabetologia (Sid); Stefano Garau, vicepresidente nazionale della Fand - Associazione italiana diabetici; Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia.
In Italia sono circa 4 milioni le persone che convivono con una diagnosi di diabete - ricordano gli esperti - Se non adeguatamente diagnosticata e trattata, la malattia può portare a gravi complicanze a carico di diversi organi e apparati. I dati diffusi in occasione della Giornata mondiale del diabete mostrano che 7 persone su 10 con la patologia hanno tra i 20 e i 65 anni, quindi sono in piena età lavorativa. Il 40% di loro ritiene che la gestione della patologia sul posto di lavoro abbia un impatto negativo sul proprio benessere; 3 su 4 dichiarano di soffrire di sintomi riconducibili ad ansia o depressione. Proprio per questo l'Organizzazione mondiale della sanità ha invitato a riflettere sul tema dello stigma, sollecitando una maggiore attenzione agli aspetti sociali e psicologici legati alla malattia.
Secondo Buzzetti, uno dei principali problemi è rappresentato da "un pregiudizio ancora molto diffuso, che associa in modo errato il diabete al consumo eccessivo di zuccheri. In realtà, nel diabete di tipo 2 - che rappresenta circa il 90% dei casi - hanno un ruolo importante la predisposizione genetica e una serie di determinanti psicosociali ed economiche". Da qui l'impegno della Sid nel promuovere un cambiamento "che parta anche dal linguaggio, evitando definizioni stigmatizzanti e ponendo al centro la persona, non la malattia".
Sul piano del supporto concreto, Garau sottolinea il valore "della formazione e dell'accompagnamento delle persone con diabete, soprattutto nelle fasi iniziali del percorso di cura". Per questo Fand ha avviato corsi dedicati alla figura del 'diabetico guida', un volontario "formato per affiancare altri pazienti nei centri di diabetologia". Ad oggi sono già state "formate circa 250 persone e sono in corso interlocuzioni con le istituzioni per il riconoscimento ufficiale di questo ruolo, anche in risposta alla carenza di personale sanitario. Avere punti di riferimento, in particolare al momento della diagnosi, è infatti fondamentale".
L'impegno coinvolge anche Diabete Italia. Il presidente Nervo evidenzia come la rete associativa promuova "quotidianamente iniziative di educazione e sensibilizzazione, dai campi scuola per bambini e ragazzi ai corsi di educazione alimentare". Sono attività che "si affiancano a quelle del Servizio sanitario nazionale, con l'obiettivo di colmare alcune lacune, soprattutto nell'ambito del diabete di tipo 2, che rappresenta oggi una delle aree meno coperte in termini di informazione e formazione specifica".
Il vodcast 'Diabete oltre il pregiudizio. Come affrontare lo stigma' nasce proprio per stimolare un cambiamento culturale, facendo luce su una realtà spesso trascurata e promuovendo una narrazione più corretta. L'episodio completo è disponibile su YouTube, Spotify e nella sezione Podcast di adnkronos.com.

"Sul diabete c'è un pregiudizio". Si ritiene che riguardi persone che consumano "troppi alimenti zuccherati e che per questo vadano incontro" alla malattia. "Non c'è nulla di più scorretto. Nel tipo 2, la forma prevalente, che interessa il 90% dei pazienti, la suscettibilità genetica ha un peso rilevante e ci sono alcune determinanti psicosociali ed economiche che impattano molto". L'impegno della Società italiana di diabetologia nell'abbattere questo il pregiudizio sulla malattia "parte dal linguaggio - ad esempio non utilizzare l'appellativo diabetico, ma persona con diabete" - ma si fonda su "informazione e formazione". Così Raffaella Buzzetti, presidente Sid, in occasione della pubblicazione del vodcast 'Diabete oltre il pregiudizio. Come affrontare lo stigma', realizzato da Adnkronos con il supporto non condizionante di Abbott, disponibile sui canali YouTube, Spotify e nella sezione Podcast di adnkronos.com.
Per modificare questo tipo di linguaggio va fatta "tanta informazione", ma questa, da sola, non basta. "Come società scientifica - aggiunge Buzzetti - sentiamo molto la responsabilità di far cambiare lo stigma su questa patologia anche con la formazione, tra la popolazione generale, sull'importanza di una corretta alimentazione, a beneficio di tutti, comprese le persone che non hanno il diabete". Anche "gli specialisti diabetologi, i colleghi cardiologi e i nefrologi andrebbero informati" maggiormente "sulla corretta alimentazione, sui farmaci da usare e sulla gestione della malattia, così come andrebbe fatta un'informazione personalizzata alle persone con diabete".

Far emergere ciò che resta nascosto è la sfida centrale nella lotta all'ipotiroidismo. Portarlo in uno dei luoghi più simbolici della Capitale, piazza del Popolo, significa trasformare una patologia silenziosa in un tema pubblico, visibile e condiviso. La terza tappa della Campagna di prevenzione Tsh - Focus ipotiroidismo ha centrato questo obiettivo, rafforzando l'impegno comune nel rendere la prevenzione accessibile e intercettare il vasto sommerso di cittadini che convivono con sintomi spesso sottovalutati o non riconosciuti. Come confermato anche dall'ampia partecipazione dei cittadini che si sono presentati al gazebo allestito a piazza del Popolo e che, in caso di valori alterati, hanno potuto usufruire della consulenza medica gratuita presso l'Unità mobile Salute e inclusione. L'iniziativa, promossa dalla Fondazione Consulcesi e che si svolge con il patrocinio della Regione Lazio, in collaborazione con Fimmg Roma e con il contributo non condizionante di Merck - ricorda una nota - sta confermando l'importanza di strategie condivise per prevenire malattie tiroidee spesso silenziose e sotto-diagnosticate.
Dopo la prima tappa al centro commerciale Roma Est e la seconda al Consiglio regionale del Lazio, la campagna ha consolidato un percorso itinerante che porta la prevenzione vicino alle persone, nei luoghi della vita quotidiana, combinando screening gratuiti e momenti di informazione e consulenza medica. L'iniziativa rappresenta un modello concreto di collaborazione tra istituzioni, medici di base e partner privati, con l'obiettivo di: far emergere il sommerso attraverso campagne informative e strumenti digitali; promuovere il dialogo tra cittadini e professionisti della salute; sviluppare percorsi integrati di diagnosi precoce, accessibili e diffusi sul territorio. Oltre agli screening gratuiti - sottolineano i promotori - le attività di sensibilizzazione si rivelano fondamentali per aumentare la consapevolezza dei cittadini e incoraggiare comportamenti di prevenzione costanti. L'informazione chiara e il contatto diretto con i medici sono strumenti chiave per ridurre il rischio di complicanze e migliorare la qualità della vita. La scelta di portare la campagna in uno spazio aperto, frequentato e simbolicamente connesso alla vita quotidiana della città, rende la prevenzione tangibile e visibile, trasformando il tema della salute tiroidea da fenomeno silenzioso a questione pubblica condivisa.
L'ipotiroidismo e la tiroidite di Hashimoto rappresentano una quota crescente delle patologie croniche nel Lazio, si legge nella nota. La loro natura silenziosa rende essenziale un'azione capillare di informazione e screening: intercettare i segnali iniziali significa ridurre il rischio di complicanze cardiovascolari, metaboliche e cognitive. Con questa iniziativa Fondazione Consulcesi, Regione Lazio, Fimmg Roma e Merck confermano l'impegno a consolidare attività continuative sul territorio e offrire strumenti digitali di educazione alla salute per i cittadini, creando un ecosistema integrato di informazione, ascolto e supporto. Solo un approccio condiviso tra istituzioni, medici e cittadini può garantire diagnosi tempestive e una prevenzione realmente efficace. "Portare alla luce il sommerso significa proteggere concretamente la salute dei cittadini - dichiara Simone Colombati, presidente della Fondazione Consulcesi - Questa campagna dimostra quanto sia importante combinare screening, informazione e dialogo medico-cittadino per fare prevenzione in modo efficace. Portare la prevenzione in piazza significa rendere visibile un problema spesso ignorato e costruire una cultura della salute condivisa".

"Come Fand stiamo dedicando molto spazio alla formazione. Teniamo dei corsi per il diabetico guida, una figura volontaristica che stiamo inserendo all'interno delle diabetologie più o meno in tutta Italia. Nel corso di questi ultimi anni abbiamo già formato circa 250 persone e ora stiamo lavorando con le istituzioni per riuscire a istituzionalizzare questa figura, in considerazione del fatto che stanno venendo a mancare i medici e gli infermieri. La persona con diabete ha la necessità di avere dei punti di riferimento, soprattutto al momento della diagnosi". Così Stefano Garau, vice presidente nazionale Fand - Associazione italiana diabetici, in occasione della pubblicazione del vodcast 'Diabete oltre il pregiudizio. Come affrontare lo stigma', realizzato da Adnkronos con il supporto non condizionante di Abbott, e disponibile sui canali YouTube, Spotify e nella sezione Podcast di adnkronos.com.

"Diabete Italia agisce ogni giorno con le proprie associate per creare eventi di educazione specifica, come i campi scuola per i bambini o corsi di educazione alimentare, che sono complementari a tutto ciò che il sistema sanitario nazionale già fa. Ciò che stiamo cercando di fare è di aggiungere anche elementi formativi specifici per il diabete di tipo 2, perché è l'ambito sicuramente più scoperto". Lo ha detto Stefano Nervo, presidente di Diabete Italia, rete associativa Odv, in occasione della pubblicazione del vodcast 'Diabete oltre il pregiudizio. Come affrontare lo stigma', realizzato da Adnkronos con il supporto non condizionante di Abbott, e disponibile sui canali YouTube, Spotify e nella sezione Podcast di adnkronos.com.
Contro lo stigma, la rete associativa Odv aderisce "alla campagna internazionale" contro il pregiudizio e lo stigma "e si impegna a utilizzare un linguaggio più appropriato: non si parla più di diabetici, ma di persone con diabete - precisa Nervo - Si tratta infatti di persone che hanno a che fare tutti i giorni con questa patologia", ma non sono definiti dalla malattia. "Oltre alla questione del linguaggio - sottolinea - c'è anche un impegno di tutte le nostre associate a far comprendere che investire" nella formazione per il diabete "vuol dire investire in salute", perché "cercare di mantenere le persone attive e indipendenti" significa "non gravare sul sistema sanitario, ma anche sulla società, la famiglia e tutto ciò che gravita attorno a queste persone".

"La Sfera" è il nuovo podcast della Farnesina per entrare in contatto con la nostra diplomazia. Lo annuncia il ministero degli Esteri: "Con tanti ospiti e personalità che partecipano ai nostri eventi, scopriamo le priorità della politica estera italiana".
Il primo episodio ci spiegherà come sarà la nuova Farnesina, con la riforma voluta dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. Seguiranno approfondimenti sulla lingua italiana, il Mediterraneo, la diplomazia della crescita e culturale.
Una serie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in collaborazione con Adnkronos. Disponibile su tutte le piattaforme, su adnkronos.com[1] e su esteri.it.
E-Distribuzione e Beeing con alunni scuola infanzia e elementari... 
Il palco dell'Ariston come specchio delle abitudini social delle diverse generazioni di artisti. In vista della 76esima edizione del Festival di Sanrem o, un'analisi della società Arcadia sui profili dei 30 Big in gara rivela un panorama digitale frammentato: se Instagram si conferma il terreno comune che unisce tutti, da Patty Pravo a LDA, è su Facebook e TikTok che emergono le differenze più nette, con la Gen Z che mostra una chiara preferenza per la piattaforma di video brevi e un progressivo abbandono di quella di Meta.
Instagram si conferma la piattaforma regina e trasversale, l'unica a registrare la presenza di tutti e 30 gli artisti in gara. Unisce in modo omogeneo le generazioni, diventando il vero diario di bordo ufficiale dell'avventura sanremese per ogni concorrente. A dominare in termini di seguito è Fedez con 13,4 milioni. La top 5 prosegue con Elettra Lamborghini (7 milioni); J-Ax (2,8 milioni); Luchè (1,6 milioni) e Arisa (1,4 milioni).
Quasi un plebiscito anche per TikTok, la piattaforma preferita dai più giovani. Ben 28 artisti su 30 hanno un profilo attivo. Le uniche eccezioni sono Patty Pravo e Maria Antonietta (che duetterà con Colombre). Anche qui, Fedez guida la classifica dei follower (6,2 milioni). A seguire: Elettra Lamborghini (3,2 milioni); J-Ax (659 mila); Aka 7even (620 mila) e Sal Da Vinci: (549 mila).
La vera frattura emerge però su Facebook. Nonostante sia la piattaforma con il maggior numero di utenti attivi in Italia, ben 8 artisti in gara, appartenenti principalmente alla Gen Z, non hanno una pagina ufficiale. Gli assenti sono la Gen Z: LDA (classe 2003), Aka 7even (2000), Chiello (1999), Samurai Jay (1998), Tredici Pietro (1997), Eddie Brok (1997). E dai Millennial: Nayt (1994), Maria Antonietta (1987). La classifica dei più seguiti su Facebook sono: Fedez (2,5 milioni); J-Ax (2,2 milioni); Elettra Lamborghini (1,4 milioni); Francesco Renga: (943mila) e Arisa (727 mila).

“Come accade per tutti i materiali, anche la plastica sta affrontando una necessaria metamorfosi. Non c’è infatti alcun materiale che oggi possa ignorare la necessità di ridurre il suo impatto” sull’ecosistema. Per raggiungere questo obiettivo disponiamo di “due strategie fondamentali: la prima è la circolarità, la seconda è la capacità di avere un progetto per il fine vita della materia. In questo contesto, il design ha un ruolo molto importante perché può accompagnare i prodotti anche nella relazione con l'utilizzatore” e promuovere “questa operazione”. Con queste parole Frida Doveil, curatrice della mostra Oltreplastica, è intervenuta in occasione dell’evento inaugurale dell’esposizione, realizzata da ADI Design Museum con il supporto di Eni, main partner del museo, e con la presenza in mostra di Versalis con Novamont e Finproject.
L’esposizione nasce per rendere evidenti tutte le possibilità che il design ha oggi a disposizione per compiere scelte responsabili quando utilizza la plastica. “La mostra si occupa verticalmente del tema della plastica. Questo materiale è infatti stato un alleato potentissimo dell'innovazione nel secolo scorso, da alcuni chiamato proprio ‘il secolo della plastica’ - aggiunge la curatrice, spiegando come l’arrivo del composto di sintesi “ha spinto verso il miglioramento delle performance anche di altri materiali. Oggi però, accanto alla performance funzionale, dobbiamo guardare anche alla performance ambientale. La plastica sta facendo questa operazione, ma forse è meno visibile rispetto ad altri materiali, anche perchè si tende a pensare che la plastica vada sostituita. Invece, a dover essere sostituita è l’idea che abbiamo di questo materiale. La mostra, con il neologismo ‘Oltreplastica’, vuole suggerire l'idea di questo cambio culturale: dobbiamo vedere la plastica per quello che è già diventata e per l'opportunità che ci dà di fare plastica in una maniera sostenibile e consapevole”.
L’esposizione ha un ruolo importante anche nel promuovere una riflessione sul tema della sostituzione dei materiali: “Ogni nuovo materiale entra in campo imitandone un altro - conclude - presentandosi come una proposta migliore o in sostituzione di un materiale precedente. Qui, ad Oltreplastica, vogliamo invece guardare ai materiali in un'ottica diversa, ossia concentrandoci su ciò che ci può aiutare a usare quello che è plastico in una maniera alternativa. Collaborano dunque, in questo universo, anche forme della materia che non hanno a che fare con i polimeri - magari originate dal legno o dai batteri o, ancora, dai funghi - le cui prestazioni però sono simili a quelle dei polimeri. Questo è molto interessante”.

“La mostra ‘Oltreplastica’ racconta sia il passato glorioso della relazione tra il disegno e la produzione industriale e la plastica sia le possibilità future aperte dalle bioplastiche, nel contesto della transizione ambientale, al servizio della produzione di largo consumo”. È quanto affermato da Antonio Funiciello, responsabile Identity Management di Eni, all’inaugurazione della mostra Oltreplastica, curata da Frida Doveil e realizzata da ADI Design Museum con il supporto di Eni, main partner del museo, con la presenza in mostra di Versalis con Novamont e Finproject.
“Come Eni siamo al secondo anno di nostra collaborazione con Adi Design Museum. L’anno scorso siamo stati presenti con una mostra dedicata al nostro brand, alla sua evoluzione e a come è cambiato e si è attualizzato. Quest'anno siamo qui con la mostra 'Oltreplastica' - conclude - che ha lo scopo di raccontare non soltanto il grande viaggio del rapporto tra la plastica, il design e il disegno industriale, ma anche le soluzioni che Eni, soprattutto attraverso la sua società Versalis, propone con la bioplastica, al servizio ancora una volta del disegno industriale”.

Una presenza militare più forte degli Stati Uniti nell'emisfero occidentale per combattere l'immigrazione, la droga e l'ascesa di potenze avversarie nella regione. Questo prevede la 'Strategia per la sicurezza nazionale' elaborata dal presidente americano Donald Trump, come si legge nel documento di 33 pagine reso noto dalla Casa Bianca e che spiega la visione trumpiana della politica estera Usa, basato sul principio di ''America first''.
Un documento che contiene parole brutali nei confronti dell'Europa, vista come una civiltà in declino, e dedica relativamente poca attenzione al Medio Oriente e all'Africa. Il focus è invece sull'emisfero occidentale, con l'obiettivo primario individuato nella protezione del territorio nazionale degli Stati Uniti.
Sicurezza dei confini
"La sicurezza dei confini è l'elemento primario della sicurezza nazionale", si legge nel documento, "gli Stati Uniti devono avere un ruolo preminente nell'emisfero occidentale come condizione per la nostra sicurezza e prosperità, una condizione che ci consenta di affermarci con sicurezza dove e quando necessario nella regione". Rispetto ai partner, il testo diffuso dalla Casa Bianca afferma che "i termini delle nostre alleanze e le condizioni in base alle quali forniamo qualsiasi tipo di aiuto devono essere subordinati alla riduzione dell'influenza esterna avversaria, al controllo di installazioni militari, porti e infrastrutture chiave e all'acquisto di asset strategici in senso lato".
Nato
Tra le priorità della politica estera statunitense sotto la seconda amministrazione di Donald Trump spicca "porre fine alla percezione, e prevenire la realtà, della Nato come alleanza in perpetua espansione". Secondo Trump "a lungo termine è più che plausibile che, nel giro di pochi decenni al massimo, alcuni membri della Nato diventino a maggioranza non europea" a causa del declino del continente e delle politiche europee. "Di conseguenza, resta aperta la questione se questi Paesi vedranno il loro ruolo nel mondo, o la loro alleanza con gli Stati Uniti, nello stesso modo di coloro che firmarono la Carta della Nato".
Unione europea
"L’amministrazione Trump si trova in disaccordo con funzionari europei che nutrono aspettative irrealistiche sul conflitto" in Ucraina, "radicate in governi di minoranza instabili, molti dei quali calpestano i principi democratici di base sopprimendo l’opposizione", si legge ancora. "Una grande maggioranza europea desidera la pace, ma tale desiderio non si traduce in politiche, in larga parte a causa della sovversione dei processi democratici da parte di quei governi", prosegue il testo, che sottolinea come questo sia "strategicamente importante per gli Stati Uniti proprio perché gli Stati europei non possono riformarsi se restano intrappolati in crisi politiche".
La strategia, che pone l'enfasi sul rischio di declino della civiltà europea ed esorta le singole nazioni a resistere all'influenza dell'Ue, delinea come "interesse fondamentale degli Stati Uniti negoziare una cessazione delle ostilità rapida in Ucraina, per stabilizzare le economie europee, prevenire un’escalation o un’espansione indesiderate del conflitto, ristabilire la stabilità strategica con la Russia e consentire la ricostruzione postbellica dell’Ucraina, affinché sopravviva come Stato vitale".
Sul versante europeo, la Casa Bianca spiega che le nazioni hanno perso fiducia a causa del declino, pur godendo di un "notevole vantaggio di potenza rispetto alla Russia in quasi tutte le misure, tranne che per le armi nucleari. A seguito della guerra della Russia in Ucraina, le relazioni europee con la Russia sono oggi fortemente deteriorate e molti europei considerano la Russia una minaccia esistenziale. Gestire i rapporti europei con la Russia richiederà un significativo impegno diplomatico statunitense, sia per ristabilire condizioni di stabilità strategica attraverso la massa continentale eurasiatica, sia per mitigare il rischio di conflitto tra la Russia e gli Stati europei".
La strategia spiega anche che la guerra in Ucraina ha avuto "l’effetto perverso di aumentare la dipendenza esterna dell’Europa, in particolare della Germania. Oggi le aziende chimiche tedesche costruiscono alcuni dei più grandi impianti di lavorazione al mondo in Cina, utilizzando gas russo che non possono ottenere in patria. Eppure, l’Europa rimane strategicamente e culturalmente vitale per gli Stati Uniti", continua il documento, sottolineando che il commercio transatlantico "è ancora uno dei pilastri dell’economia globale e della prosperità americana".
"Coltivare la resistenza alla traiettoria attuale dell’Europa all’interno delle singole nazioni europee": questo uno degli obiettivi fondamentali delineati dalla nuova Strategia di sicurezza nazionale Usa. Secondo il testo, le "questioni più gravi che l’Europa deve affrontare includono le attività dell’Unione europea e di altri organismi transnazionali che minano la libertà politica e la sovranità, le politiche migratorie che stanno trasformando il continente e generando conflitti, la censura della libertà di parola e la soppressione dell’opposizione politica, il crollo dei tassi di natalità e la perdita di identità e fiducia nazionali".
Nel testo, Washington avverte che "se le tendenze attuali continueranno, il continente sarà irriconoscibile in vent’anni o meno", e "non è dunque affatto certo che alcuni Paesi europei manterranno economie e forze armate abbastanza solide da restare alleati affidabili". Molte di questi Stati-nazioni, che rimangono "l'unità politica fondamentale del mondo", al momento stanno intensificando gli sforzi che contraddistinguono il loro percorso attuale, rileva la strategia: "Vogliamo che l’Europa rimanga europea, che ritrovi la fiducia nella propria civiltà e abbandoni l’attenzione fallimentare alla soffocante regolamentazione", si legge nel documento.
Il documento evidenzia anche come i funzionari Usa siano "abituati a considerare i problemi europei in termini di carenze di spesa militare e stagnazione economica. In parte è vero, ma i problemi reali dell’Europa sono ancora più profondi. L’Europa continentale ha visto la propria quota del Pil globale diminuire, dal 25% nel 1990 al 14% di oggi, in parte a causa di regolamentazioni nazionali e transnazionali che minano la creatività e l’operosità. Ma questo declino economico è oscurato dalla prospettiva, ancora più seria, di una cancellazione della civiltà". Altrove, nella sezione che riguarda l'Ucraina, il documento parla anche di "sovversione dei processi democratici" da parte dei governi europei.
"Eppure, l’Europa rimane strategicamente e culturalmente vitale per gli Stati Uniti", continua il documento, sottolineando che il commercio transatlantico "è ancora uno dei pilastri dell’economia globale e della prosperità americana", i settori industriali europei "restano tra i più solidi al mondo" e il continente ospiti "ricerche scientifiche d’avanguardia e istituzioni culturali di livello mondiale. Non possiamo permetterci di abbandonare l’Europa: farlo sarebbe controproducente per gli obiettivi di questa strategia". La diplomazia americana deve quindi "continuare a difendere la vera democrazia, la libertà di espressione e la celebrazione senza complessi del carattere e della storia delle singole nazioni europee. L’America incoraggia i propri alleati politici in Europa a promuovere questa rinascita dello spirito, e la crescente influenza dei partiti patriottici europei è motivo di grande ottimismo".
"Il nostro obiettivo è aiutare l’Europa a correggere la propria traiettoria attuale. Avremo bisogno di un’Europa forte per competere con successo e collaborare con noi nel prevenire che qualsiasi avversario domini il continente europeo", continua il testo, specificando che gli Stati Uniti rimangono "comprensibilmente legati sentimentalmente al continente europeo, e naturalmente alla Gran Bretagna e all’Irlanda. Il carattere di questi Paesi è anche strategicamente importante, perché contiamo su alleati creativi, capaci, fiduciosi e democratici per creare condizioni di stabilità e sicurezza. Vogliamo collaborare con Paesi allineati che desiderano ristabilire la loro antica grandezza".
Asia
Gli Stati Uniti ridefiniscono la loro strategia per l’Asia con l'obiettivo di "vincere il futuro economico e prevenire il confronto militare partendo da una posizione di forza". È quanto si legge nella nuova Strategia sulla sicurezza nazionale diffuso dalla Casa Bianca, che delinea la visione del presidente Donald Trump per la Cina e l'area dell’Indo-Pacifico, che Washington considera "uno dei principali campi di battaglia economici e geopolitici del prossimo secolo". Riconoscendo che il baricentro mondiale della crescita economica si sia spostato verso est, gli States devono "competere lì" per "prosperare in patria".
Trump, si legge nel testo, "ha invertito da solo più di tre decenni di erronee supposizioni americane sulla Cina", ossia che l'apertura dei mercati Usa, incoraggiare le imprese americane a investire in Cina e delocalizzarvi la produzione avrebbe favorito l’ingresso di Pechino "nel cosiddetto 'ordine internazionale basato su regole'. Questo non è accaduto. La Cina è diventata ricca e potente, e ha usato la sua ricchezza e il suo potere a proprio vantaggio", con "le élite americane, attraverso quattro amministrazioni successive di entrambi i partiti politici, o complici volontarie della strategia cinese o in stato di negazione".
L'approccio trumpiano parte dunque dal riequilibrio del rapporto economico con la Cina "dando priorità alla reciprocità e all’equità per ripristinare l’indipendenza economica americana" e concentrandolo su "fattori non sensibili". Il testo menziona la crescita cinese e l'adattamento di Pechino alle politiche tariffarie Usa con l'aumento del controllo sulle catene di approvvigionamento, "soprattutto nei Paesi a reddito medio e basso", tra "i più grandi campi di battaglia economici dei prossimi decenni" e verso cui le esportazioni cinesi sono aumentate fino a quattro volte quelle Usa.
Al riassetto economico si deve accompagnare "un impegno costante e deciso sulla deterrenza per prevenire la guerra nell’Indo-Pacifico", dato che l'approccio combinato "può diventare un circolo virtuoso: una forte deterrenza americana apre lo spazio a un’azione economica più disciplinata, mentre un’azione economica più disciplinata porta a maggiori risorse per mantenere la deterrenza nel lungo periodo". Per farlo spiega la strategia, serve difendere l'economia Usa da "qualsiasi danno" come sussidi statali, politiche industriali deleterie, pratiche commerciali sleali, deindustrializzazione, furto di proprietà intellettuale e spionaggio industriale, minacce alle supply chain "che rischiano di compromettere l’accesso statunitense a risorse critiche, incluse quelle minerarie e le terre rare", ma anche export dei precursori di fentanyl e "propaganda, operazioni di influenza e altre forme di sovversione culturale".
Secondo, gli Usa devono collaborare con alleati e partner al fine di contrastare tali pratiche predatorie e usare il potere economico combinato "per salvaguardare la nostra posizione di primo piano e impedire che le economie alleate diventino subordinate a potenze concorrenti". In quest'ottica, la Casa Bianca intende trasformare il "Quad", formato da Usa, India, Giappone e Australia, in un pilastro di sicurezza collettiva e cooperazione economica. "L’Indo-Pacifico libero e aperto non è solo uno slogan", chiarisce il documento, richiamando la formula con cui gli Stati democratici indicano il contenimento dell'assertività cinese.
La strategia pone grande enfasi sull’economia come strumento di potere. La Casa Bianca promette di mobilitare l’industria americana per mantenere la leadership tecnologica in settori chiave quali intelligenza artificiale, sistemi autonomi e calcolo quantistico. Allo stesso tempo, prevede l’uso combinato di incentivi e deterrenza: tra le misure operative figurano la deregolamentazione di alcune filiere industriali, la tutela delle catene di approvvigionamento critiche e una maggiore cooperazione tra governo e settore privato per contrastare minacce nell'ambito cyber e spionaggio tecnologico.
Sul fronte della sicurezza, il documento ribadisce che "dissuadere un conflitto su Taiwan, idealmente mantenendo una superiorità militare schiacciante, è una priorità", e che Washington manterrà la sua tradizionale politica sull'isola, secondo cui gli Usa "non sostengono alcuna modifica unilaterale dello status quo nello Stretto di Taiwan". Obiettivo è costruire un apparato militare in grado di negare aggressioni e spingere gli alleati regionali a spendere e agire di più per la difesa collettiva, in maniera non dissimile da quanto fatto con gli alleati Nato.
Una sfida di sicurezza correlata è anche il controllo del Mar Cinese Meridionale, su cui Pechino avanza pretese, da parte di una "potenza rivale", poiché da esso transita circa un terzo del commercio marittimo mondiale: "questo potrebbe consentire a una potenza potenzialmente ostile di imporre un sistema di pedaggi su una delle rotte commerciali più vitali del mondo o, peggio, di chiuderla e riaprirla a proprio piacimento. Entrambi gli scenari sarebbero dannosi per l’economia e gli interessi più ampi degli Stati Uniti", per cui devono "essere sviluppate misure forti, insieme alla deterrenza necessaria per mantenere quelle rotte aperte, libere da 'pedaggi' e non soggette a chiusure arbitrarie da parte di un solo Paese".
"Rafforzeremo e induriremo anche la nostra presenza militare nel Pacifico occidentale e, nelle nostre relazioni con Taiwan e Australia, manterremo una retorica decisa sull’aumento della spesa per la difesa", conclude il testo chiudendo il capitolo sull'Asia, ribadendo che prevenire i conflitti "richiede una postura vigile nell’Indo-Pacifico, il rinnovo della base industriale della difesa, maggiori investimenti militari da parte nostra e degli alleati, e la vittoria nella competizione economica e tecnologica nel lungo periodo".

"Come Versalis abbiamo annunciato un importante piano di trasformazione che da un lato va verso la riduzione del perimetro della chimica di base e dall'altro guarda allo sviluppo di nuove piattaforme sostenibili, come le piattaforme bio, di circolarità e di specializzazione. Con questo obiettivo e questa visione, stiamo sviluppando una serie di tecnologie complementari, perché crediamo nella neutralità tecnologica, per raggiungere i massimi livelli di sostenibilità”. Lo spiega Adriano Alfani, amministratore delegato di Versalis, società di Eni, in occasione dell’evento inaugurale della mostra Oltreplastica, curata da Frida Doveil e realizzata da ADI Design Museum con il supporto di Eni, in qualità di main partner, con la presenza in mostra di Versalis con Novamont e Finproject.
L’esposizione nasce con l’intento di rendere evidenti tutte le possibilità che il design ha oggi a disposizione per compiere scelte responsabili quando utilizza la plastica. “Siamo impegnati infatti nello sviluppo di bioplastiche, biodegradabili e compostabili per quanto concerne le biopiattaforme - aggiunge - nell'ambito della circolarità lavoriamo al riciclo meccanico e a quello chimico, e nel campo dei polimeri di specializzazione siamo impegnati a realizzare piattaforme sempre più specializzate e integrate”.
All’evento d’inaugurazione della mostra ‘Oltreplastica’ all’ADI Design Museum “sono state esposte anche le torce olimpiche”, in vista delle prossime Olimpiadi e Paralimpiadi invernali di Milano Cortina 2026, “per mostrare l’importanza di portare innovazione e sviluppo mettendo insieme l'industria chimica e quelle del design e dell'ingegneria. Le torce rappresentano un grandissimo esempio di collaborazione di una società chimica come Versalis, di Eni, con una società di design e una società di ingegneria. L'obiettivo - conclude - era creare un oggetto iconico che rappresentasse l'eccellenza in ottica di sostenibilità e di innovazione”.

"Queste metastasi hanno aggredito le ossa del bacino e del femore e mi hanno obbligato a stare sulla mia Ferrari". Era l'11 maggio quando Sandro Giacobbe, ospite di 'Verissimo' parlò in tv della sua malattia ironizzando sul peggioramento del cancro alla prostata che l'aveva obbligato a stare in sedia a rotelle.
Accanto alla moglie, Marina Peroni, il cantautore aveva parlato senza filtri del tumore che gli era stato diagnosticato 10 anni prima. "Alterno momenti di tranquillità a momenti più complicati, dovuti alle metastasi che circolavano sempre nel bacino dove mi avevano operato", aveva raccontato confidando però che le cure che stava facendo potessero ancora salvargli la vita.
La malattia, aveva confidato, gli aveva aperto gli occhi sull'importanza della famiglia: "Oggi vivo la mia vita intensamente. Ogni giorno della mia vita è un giorno intenso che passo vicino alle persone che amo, e spero di passarne ancora tanti - aveva detto - . L’unica cosa che mi dispiacerebbe è doverli lasciare".

Sandro Giacobbe, cantautore e autore di indimenticabili successi, è morto oggi all'età 75 anni nella sua casa di Cogorno (Genova) per le complicazioni di un tumore che lo affliggeva da un decennio. E' stato autore di 'Signora mia', brano utilizzato come colonna sonora del film 'Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto' (1974) di Lina Wertmüller, con Mariangela Melato e Giancarlo Giannini, e "Gli occhi di tua madre", che gli permise di arrivare terzo al Festival di Sanremo nel 1976. E tra le sue canzoni più note, storie semplici e toccanti, ci sono anche "Sarà la nostalgia', 'Il giardino proibito' e 'Portami a ballare'. E' stato un volto popolare grazie anche alla Nazionale cantanti.
Il 16 marzo 2025 aveva raccontato a 'Domenica In' su Rai 1, nel corso di un'intervista a Mara Venier, di aver perso tutti i capelli a seguito della chemioterapia e di dover utilizzare la carrozzina su ordine dei medici[1]. 'Sono chiuso in casa perché dovrei uscire in carrozzina e mi fotograferebbero, quindi voglio dichiarare pubblicamente la mia situazione, in modo che sia io stesso a informare tutti', aveva detto Giacobbe. Negli anni il cantautore si è ritrovato a affrontare momenti molto duri: il primo quando è stato colpito da meningioma, un tumore delle meningi, per il quale ha subito una delicata operazione. E dal 2015 combatteva contro il cancro alla prostata.
Sandro Giacobbe era sposato con Marina Peroni, di 27 anni più giovane di lui. Lei è stata per molti anni una delle sue coriste: stavano insieme dal 2010 e si sono sposati nell'ottobre 2022. Lascia due figli, Andrea e Alessandro, nati entrambi dal primo matrimonio.
Nato a Genova il 14 dicembre 1949, in una famiglia operaia, da padre siciliano di Mascali, in provincia di Catania, e madre lucana di Genzano di Lucania, in provincia di Potenza, Sandro Giacobbe a 16 anni, trascurando gli studi di ragioneria, formò con alcuni amici un gruppo musicale, Giacobbe & le Allucinazioni esibendosi nei locali della Liguria. Messo sotto contratto dalla Dischi Ricordi, esordì nel 1971 con la canzone 'Per tre minuti e poi...', seguita l'anno successivo da 'Scusa se ti amo'. Passato alla Cbs, venne valorizzato come autore, pubblicando alcune sue canzoni cantate da altri artisti, tra cui 'L'amore è una gran cosa', interpretata da Johnny Dorelli e scelta come sigla della trasmissione radiofonica 'Gran Varietà'.
Il primo 45 giri di successo è del 1974: 'Signora mia', che dà il nome anche al suo primo album e conquistò il pubblico del Festivalbar; un'altra canzone dell'album, 'Signora addio', venne interpretata anche da Gianni Nazzaro.
Seguirono l'anno dopo 'Il giardino proibito' (45 giri e album) e 'Io prigioniero', con cui vinse la Gondola d'Oro di Venezia. Il 1976 fu l'anno del boom con 'Gli occhi di tua madre', classificatasi al terzo gradino del podio sanremese, la hit estiva 'Il mio cielo, la mia anima' e la partecipazione come autore allo Zecchino d'Oro con la canzone 'Sette note per una favoletta'. Nel 1977 incise l'album 'Bimba'; nel 1978 'Lenti a contatto', a cui seguì la seconda partecipazione come autore allo Zecchino d'Oro con 'E l'arca navigava'. Nel 1979 con 'Mi va che ci sei' tornò il successo popolare bissato l'anno successivo da 'Notte senza di te' e soprattutto da 'Sarà la nostalgia' del 1982 che si affermò come una delle hit più acclamate dell'anno.
Nel 1983 fu di nuovo a Sanremo con 'Primavera', mentre l'anno dopo ottenne ancora un successo con 'Portami a ballare', gettonatissimo brano estivo presentato a Un disco per l'estate. Successivamente diradò l'attività discografica dedicandosi principalmente ai concerti e alle iniziative di solidarietà e sport legate alla Nazionale cantanti della quale è stato difensore centrale e in seguito promosso ad allenatore.
Nel 1985 partecipò per la terza e anche ultima volta come autore allo Zecchino d'Oro con il brano 'Il sole e il girasole'. Nel 1990 Giacobbe tornò in gara a Sanremo cantando 'Io vorrei', che dette il titolo al nuovo disco, pubblicato dalla Carosello. Nel 2015 pubblicò il singolo 'Ali per volare' interpretato insieme alla compagna Marina Peroni. Nel 2019 dedicò il suo nuovo singolo 'Solo un bacio' ai figli delle vittime della tragedia del ponte Morandi di Genova.
Nel 2023 ha inciso 'Lettera al gigante', singolo scritto dal figlio Andrea. Il cantante ha raccontato in diverse interviste che quando era solo un bambino anche il figlio Andrea è stato faccia a faccia con il cancro. Un'esperienza che lo ha cambiato profondamente, nonchè una delle notizie più dolorose per un padre. 'Un papà non dovrebbe mai sentire che suo figlio ha un tumore ed è in pericolo di vita', aveva detto Sandro Giacobbe in un'intervista a 'Domenica Live' con Barbara D'Urso nel 2015 a Canale 5. Con le lacrime agli occhi, il cantautore aveva detto che all'epoca si era trovato di fronte ad una scelta difficilissima, quella di far operare il figlio dopo che aveva avuto una recidiva sempre nel corso della sua infanzia. Fortunatamente il figlio ha poi goduto di ottima salute. (di Paolo Martini)

Anziani violentati in una casa di riposo a Capri: arrestato operatore sanitario. I Carabinieri della Stazione di Capri hanno dato esecuzione a un'ordinanza applicativa della misura cautelare degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico nei confronti di un operatore sanitario, indagato per diverse condotte di violenza sessuale e maltrattamenti ai danni di anziani , reati aggravati dall'abuso delle condizioni di inferiorità fisica e psichica delle vittime, nonché dalla qualifica di incaricato di pubblico servizio, da questo rivestita nel suo ruolo di Operatore Socio Sanitario.
L'indagine è stata condotta dalla metà di ottobre alla fine di novembre 2025, dalla Stazione Carabinieri di Capri, con il supporto del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Sorrento e ha consentito di appurare come l'indagato sfruttasse le condizioni di minorata difesa degli ospiti della struttura a lui affidati, per costringerli a rapporti sessuali, mentre si trovava solo con loro per necessità di assistenza o durante le operazioni di igiene personale, giungendo inoltre spesso a maltrattarli, aggredendoli sia fisicamente che verbalmente. L'attività tecnica di videoregistrazione ha consentito di documentare, nel corso delle tre settimane circa di svolgimento, plurime condotte di violenza carnale e abuso, sistematicamente condotte durante i turni di servizio dell'uomo.
Le vittime accertate risultano essere quattro anziani ospiti della struttura, tre donne e un uomo, tutti affetti da gravi patologie psichiche inabilitanti.

In Italia solo 1 donna su 10 con tumore del seno metastatico endocrino-responsivo è stata sottoposta a biopsia liquida. Secondo pazienti e caregiver i vantaggi dell'esame sono che è indolore (58%), non provoca effetti collaterali (61%), presenta costi contenuti (37%) ed è ripetibile nel tempo (41%). Per il 62% le terapie innovative dovrebbero essere rese subito disponibili nel nostro Paese. Per il 29%, invece, queste cure presentano meno controindicazioni rispetto a quelle 'tradizionali'. Tuttavia, il 31% sostiene che non sia possibile cronicizzare le forme di tumore del seno metastatico. E solo il 12% conosce l'esistenza di mutazioni come quella Esr1, mentre oltre l'80% vorrebbe ricevere maggiori informazioni sulla neoplasia. I dati sono contenuti in una survey promossa da Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) tra malati e caregiver, nell'ambito della campagna nazionale Tumore del seno metastatico e la mutazione Esr1. I risultati vengono presentati oggi al termine del progetto che è stato reso possibile con la sponsorizzazione non condizionante di Menarini Stemline.
Sono state realizzate, oltre a due survey (una seconda tra gli oncologi), webinar, attività sui principali social media e videointerviste agli specialisti, informa una nota. Inoltre è partito un tour nazionale con incontri in 9 regioni italiane, che ha visto la partecipazione di oncologi medici, patologi e altre figure del team multidisciplinare delle Breast Unit. L'obiettivo è stato sensibilizzare clinici, pazienti, caregiver sulle forme più avanzate del carcinoma mammario e l'importanza di personalizzare diagnosi e trattamenti.
"Nel nostro Paese i casi di carcinoma mammario metastatico ammontano a oltre 50mila - afferma Saverio Cinieri, past president di Fondazione Aiom - Si calcola che circa il 70% risulta positivo a recettori ormonali e negativo per il recettore Her2, e viene affrontato soprattutto con la somministrazione della terapia ormonale endocrina. Il trattamento ha l'obiettivo di frenare le vie di 'rifornimento' del cancro, anche se un numero non trascurabile di pazienti sviluppa una resistenza alla cura a causa di specifiche mutazioni genetiche. Una di queste è la Esr1, ma oggi sono state messe a punto delle terapie mirate che funzionano anche per le fasi di malattia metastatica. E' però indispensabile svolgere esami diagnostici innovativi come la biopsia liquida. Attraverso un campione di sangue, il test può evidenziare la presenza di alcune mutazioni dalle quali è poi possibile verificare l'eventuale utilità di somministrare farmaci specifici. Ogni anno in Italia sono oltre 7.800 le pazienti con neoplasia mammaria che potrebbero trarre benefici da un esame che produce vantaggi sia per la singola donna malata che per l'intero sistema sanitario nazionale. Il campione di sangue deve però essere analizzato esclusivamente in laboratori con una strumentazione adeguata per garantire il rispetto di determinati parametri qualitativi".
Sempre secondo Fondazione Aiom, il 22% degli oncologi non fa ricorso regolare alla biopsia liquida. Infatti l'81% ritiene che dovrebbe essere maggiormente prescritta. "E' un esame che sta diventando sempre più importante e non solo nel trattamento del carcinoma mammario - evidenzia Alberto Zambelli, direttore dell'Oncologia medica dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e professore associato di Oncologia all'università di Milano-Bicocca - Una delle prossime sfide del nostro Servizio sanitario nazionale è garantire con una certa rapidità a tutte le donne la diagnostica avanzata. Il tumore del seno, con più di 53mila nuovi casi l'anno, è una neoplasia in continua crescita in termini di incidenza e sopravvivenza. Al tempo stesso sono in aumento le nuove possibilità terapeutiche anche per la fase metastatica della malattia. Quindi sempre più donne, in Italia e in Europa, avranno bisogno della biopsia liquida che dovrebbe così entrare nella pratica clinica quotidiana, per individuare alcune mutazioni nel carcinoma avanzato-metastatico. Può essere anche ripetuta senza problemi nel corso del tempo e permettere così un monitoraggio continuo dell'evoluzione, in tempo reale, del tumore. Esistono, in alcune Regioni, dei buoni modelli organizzativi che sono in grado di elargire con una certa rapidità il test. Possono essere presi ad esempio anche da altri territori che al momento sono invece in difficoltà nel garantire l'accesso all'esame".
"Nei mesi scorsi attraverso la nostra campagna nazionale abbiamo deciso di promuovere una nuova cultura sul carcinoma mammario metastatico in tutta Italia - conclude Cinieri - E' una malattia che può essere cronicizzata anche grazie ad una maggiore personalizzazione dell'intero percorso di cura. Il futuro dell'oncologia medica passa anche dalla sempre maggiore ricerca di mutazioni attraverso le nuove tecnologie".

La chirurgia del ginocchio sta attraversando una fase di profonda trasformazione grazie all'integrazione di medicina rigenerativa, strumenti di pianificazione, navigazione e robotica e protesi personalizzate. A queste tematiche sarà dedicato il congresso scientifico internazionale 'Discovery Knee Masterclass', promosso dall'Idi Irccs di Roma insieme al chirurgo ortopedico Francesco Franceschi, in programma il 12 dicembre presso la Link Campus University di Roma. L'evento riunisce esperti italiani e internazionali per discutere le innovazioni destinate a trasformare la pratica clinica nei prossimi anni.
La giornata si aprirà con i saluti delle autorità e degli organizzatori, seguiti da un'introduzione sulle più recenti metodiche di medicina rigenerativa, tra cui gli innesti di cellule mesenchimali e mononucleate per migliorare la longevità articolare, e i futuri innesti osteo-cartillaginei per posticipare o evitare quando possibile l'intervento protesico. La parte centrale del congresso sarà dedicata a sostituzione articolare, primo impianto e revisione, seguendo nuovi approcci biomeccanici che rispettano l'anatomia del paziente e offrono benefici significativi in termini di stabilità e recupero funzionale. Nella mattinata verranno poi svolte due sessioni di chirurgia in diretta, durante le quali verranno eseguiti un intervento di protesi primaria e un intervento di revisione, coadiuvati da Sébastien Lustig. Le sedute operatorie saranno svolte presso le sale operatorie dell'Istituto dermopatico dell'Immacolata-Idi Irccs e trasmesse in diretta sui canali dell'università, nel segno della piena e forte collaborazione tra le due strutture. Sarà così possibile osservare l'applicazione pratica delle tecniche e delle tecnologie oggetto dell'evento.
Nel pomeriggio il dibattito si focalizzerà sul ruolo attuale e futuro della robotica, dei sistemi di navigazione intraoperatoria e delle soluzioni tailor-made che stanno ridefinendo la personalizzazione della chirurgia ortopedica. Seguirà un approfondimento sui protocolli riabilitativi 'fast track', sempre più importanti per ridurre i tempi di ospedalizzazione. La giornata si concluderà con una tavola rotonda che riunirà i principali esperti del settore per discutere prospettive future, criticità e opportunità nel campo della chirurgia del ginocchio.
Annarita Panebianco, direttore sanitario dell'Istituto dermopatico dell'Immacolata, a proposito delle biotecnologie e delle nuove tecniche chirurgiche porta punti di riflessione "sui positivi risultati che tali innovazioni producono sui modelli di erogazione dei servizi sanitari".
Panebianco spiega infatti che "queste trasformazioni, attraverso l'introduzione di nuove tecnologie emergenti, hanno un significativo impatto direttamente sulla gestione e sulla organizzazione dei servizi perché, quando sono messe direttamente al servizio dell'assistenza sanitaria, da una lato riducono in maniera significativa tempi di ospedalizzazione e dall'altro portano anche ad un progressivo miglioramento delle stesse performance sanitarie".
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