
"Il nostro è un rapporto che guarda ai temi della cultura e alla creatività da un punto di vista economico, analizzando dunque il ruolo che hanno le imprese, gli operatori, il mondo del terzo settore e la pubblica amministrazione nel contribuire a creare valore”. Sono le parole di Alessandro Rinaldi, vice direttore generale del Centro Studi delle Camere di commercio Guglielmo Tagliacarne, alla presentazione della XV edizione del rapporto ‘Io sono cultura’ svoltasi a Roma. Il report è stato realizzato dal Centro studi Tagliacarne e da Fondazione Symbola, Unioncamere e Deloitte con la collaborazione dell’Istituto per il credito sportivo e culturale, Fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti e con il patrocinio del ministero della Cultura.
“Il rapporto spazia nell’ampio comparto della cultura, dal patrimonio storico e culturale fino ai videogames, coinvolgendo sia attività che tradizionalmente identifichiamo come cultura sia attività più prettamente industriali o delle imprese - aggiunge -. Un tema centrale è quello delle competenze e del capitale umano, perché la cultura non può fare a meno delle persone e delle professionalità. Quello culturale è infatti un mondo che si sta trasformando, in cui cresce l’importanza sia delle competenze digitali e green sia di quelle che chiamiamo power skills, cioè le competenze trasversali, come la capacità di lavorare in gruppo e il problem solving. Le imprese hanno difficoltà a trovare personale che soddisfi queste caratteristiche”.

"In un mondo in cui ci sono significative incertezze e in cui sta arrivando una tecnologia estremamente impattante”, ossia l’intelligenza artificiale, “la cultura è rilevante per quattro motivi. Innanzitutto, come dice l'Unesco, la cultura è identità. Questa crea a sua volta distintività e quindi competitività”, un concetto valido “anche nelle organizzazioni aziendali, in particolare in quelle come la nostra che sono basate sul capitale umano. In secondo luogo, la cultura favorisce la coesione, le relazioni umane e, dunque, anche l'efficienza in azienda”. Lo spiega Valeria Brambilla, amministratore delegato Deloitte & Touche S.p.A, alla presentazione della XV edizione del rapporto ‘Io sono cultura’ svoltasi a Roma.
Il report è stato realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere, Centro studi delle camere di commercio Guglielmo Tagliacarne e Deloitte con la collaborazione dell’Istituto per il credito sportivo e culturale, Fondazione Fitzcarraldo, Fornasetti e con il patrocinio del ministero della Cultura.
“Il terzo aspetto - prosegue Brambilla - è quello relativo allo spirito critico che la cultura smuove nelle persone, un aspetto che in futuro sarà indispensabile per indirizzare le intelligenze artificiali e le macchine al lavoro, oltre che per monitorare il risultato che l’Ai ci metterà a disposizione. Infine, la cultura genera creatività e innovazione a dei livelli di cui nessuna intelligenza artificiale potrà mai dotarsi. Per tutte queste ragioni, oggi più che mai, le organizzazioni come la nostra necessitano di cultura”, conclude.

"Per la prima volta abbiamo in Italia una legge che si prende cura di tutti gli anziani del nostro Paese: non si prevede più l'intervento prestazionale, ma tutta la società - dal Governo alle amministrazioni, fino al terzo settore - prende in carico gli anziani affinché possano restare nei loro ambienti ed essere accuditi a seconda dei loro bisogni". Così monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per la riforma dell'assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana presso il ministero della Salute, al Forum Risk Management in corso ad Arezzo, ha commentato l'importanza della legge 23 marzo 2023, n. 33, che delega il Governo a riordinare le politiche per le persone anziane, puntando a un sistema integrato di assistenza.
L'allungarsi dell'aspettativa di vita in Italia, spiega monsignor Paglia, rende necessario "riorganizzare completamente" quanto previsto per "l'età della vecchiaia. Si sono aggiunti", alla speranza di vita delle persone, "20 o 30 anni in più sui quali non si è mai fatta una riflessione né politica, né economica, né sociale, né spirituale, né culturale. Anzi - osserva - la vecchiaia finora è stata disprezzata. Ma questa legge aiuta a comprendere che" queste persone possono essere invece "una grande risorsa che chiede di essere messa in grado di poter continuare a donare al proprio Paese 30 anni di vita così come sono, ma dignitosi".
"Nessuno deve essere lasciato solo - avverte monsignor Paglia - In questo c'è da superare, come fa la legge 33, la distinzione tra sanitario e sociale: gli anziani non hanno bisogno solo dell'iniezione, ma anche della compagnia. La solitudine non è una questione sanitaria, ma lo diventa il giorno dopo. Ecco perché si tratta di inventare un modo dignitoso di vivere, perché si possa invecchiare degnamente nel nostro Paese. In questo senso - aggiunge - la legge pone l'Italia in una condizione molto dignitosa nell'intera Europa: è il primo Paese che ha una legge di questo genere. Forse possiamo dare anche qualche suggerimento agli altri Paesi. E' già successo". A tale proposito "siamo stati invitati in Serbia, saremo in Bahrain, negli altri Paesi arabi, ma l'ambizione deve essere grande perché ci stanno a cuore tutti gli anziani, che non devono essere lasciati soli, ma accuditi in modo da poter vivere degnamente quest'ultima parte della loro vita".
Firmato procollo d'intesa tra Aidda e Donne al traguardo... 
"Sono soddisfatto per il lavoro che si sta facendo qui a Tor Vergata, così come nel resto della Regione. I fondi del Giubileo ci hanno aiutato ad alleggerire la pressione sui pronto soccorso e ci hanno permesso di registrare che il Giubileo non ha avuto incidenti rilevanti e tutto è filato liscio". Lo ha dichiarato Francesco Rocca, presidente della Regione Lazio, intervenendo all'inaugurazione della nuova Unità di Medicina d'urgenza del Policlinico universitario Tor Vergata di Roma, realizzata grazie ai fondi giubilari previsti dalla Dgr 22/2024.
"Nonostante 30 milioni di pellegrini abbiano visitato Roma, i servizi hanno funzionato - ha sottolineato Rocca - E' un motivo di soddisfazione e un segnale di miglioramento, grazie alla riqualificazione delle aree di emergenza-urgenza e delle medicine d'urgenza: interventi che non servono solo per il Giubileo ma per tutti i cittadini. Sono elementi di dignità per i pazienti".
Il governatore ha poi ringraziato il personale del policlinico universitario Tor Vergata, osservando che "2 anni fa i tempi di attesa in Pronto soccorso erano intorno ai 3.000 minuti: oggi siamo a 1.300. E' un risultato ottenuto grazie all'impegno di tutto il personale sanitario e della direzione, che hanno dimostrato attenzione e capacità organizzativa". Infatti "gli accessi al Pronto soccorso sono cresciuti significativamente e, allo stesso tempo, il tempo di permanenza è diminuito - ha rimarca Rocca - E' un dato che va sottolineato. Qui non si gestiscono solo le emergenze, ma anche numerose criticità elettive, patologie importanti. E' un ospedale che garantisce alta qualità e contribuisce in modo decisivo alla rete regionale".
Sabato 29 a Tortolì evento organizzato dall'Anmil... 
"L'ospedale che cresce, che si espande, che aumenta i posti letto, lo fa esclusivamente per i pazienti, per ampliare l'offerta a chi attende un ricovero sia dall'esterno, per interventi programmati, che nel Pronto soccorso che rappresenta la parte più fragile e sofferente della nostra attività". Lo ha detto Ferdinando Romano, direttore generale della Fondazione Ptv e dell'azienda Policlinico Tor Vergata, tracciando un bilancio degli interventi realizzati grazie ai fondi giubilari, all'inaugurazione della nuova Unità di Medicina d'urgenza.
Il potenziamento strutturale sta già producendo effetti concreti. "Abbiamo un reparto completamente operativo e un altro in via di completamento, per un totale di 40 posti letto aggiuntivi, un incremento importante - ha illustrato Romano - La cosa più significativa è aver riportato il Pronto soccorso a un livello di qualificazione che restituisce piena dignità al paziente. Oggi non ci sono più barelle nei corridoi, i pazienti non sostano più in aree di passaggio: hanno spazi protetti che garantiscono privacy, tutela e intimità". Il Dg ha evidenziato come il nuovo modello organizzativo abbia ridotto sensibilmente i tempi di permanenza in Ps. "Siamo passati da 2.600 a circa 1.400 minuti: il paziente arriva e viene trasferito rapidamente in reparto - ha precisato - E' un passo avanti significativo, è un modo per restituire ai pazienti diritti che per troppo tempo non erano stati adeguatamente considerati".
Importanti progressi riguardano anche l'attività chirurgica. "Abbiamo aumentato il numero degli interventi e migliorato l'efficienza nell'uso delle sale operatorie - ha sottolineato Romani - Già a fine novembre abbiamo superato il totale degli interventi eseguiti nell'intero anno precedente. E' il nostro modo di rispondere ai pazienti, sentendoci in debito verso di loro e in dovere di offrire prestazioni qualificate. Nulla di tutto questo sarebbe stato possibile - ha concluso - senza l'affiancamento della Regione Lazio e del presidente Rocca, che ci ha autorizzato nuove assunzioni e ha garantito i finanziamenti necessari per ampliare ulteriormente il presidio".

"Abbiamo avuto modo di utilizzare l'Unità di Medicina d'urgenza già durante il Giubileo dei giovani. E' un momento molto importante per la nostra comunità e per la capacità di offrire un servizio ulteriore al territorio, integrando assistenza, ricerca e attività cliniche all'interno del nostro policlinico universitario". Così Nathan Levialdi Ghiron, rettore dell'università di Roma Tor Vergata, partecipando all'inaugurazione della nuova Unità di Medicina d'urgenza del Policlinico Tor Vergata, realizzata grazie ai fondi giubilari previsti dalla Dgr 22/2024.
Il potenziamento della medicina d'urgenza rappresenta "una tappa molto significativa rispetto alle esigenze che questo territorio manifesta - sottolinea il rettore - Durante il Giubileo si è mostrata perfettamente in grado di gestire anche un numero molto elevato di potenziali pazienti. Siamo convinti che questo ci permetterà di continuare a offrire il miglior servizio possibile alla nostra comunità. La realizzazione di questa unità, così come il futuro ampliamento che prevede ulteriori posti letto, ci consentirà di essere sempre più vicini alle esigenze delle persone e di rispondere in modo tempestivo e adeguato alle richieste del territorio".

"Il sistema sanitario nazionale italiano, invidiato in tutto il mondo perché universalistico, sta andando verso una difficoltà fisiologica poiché oggi, in ambito di farmaco e di innovazione farmaceutica, la spesa cresce, ma crescerà sempre di più. Pertanto è necessario trovare un nuovo modello organizzativo per cercare di portare la vera innovazione, che fa la differenza al paziente". Lo ha detto Robert Nisticò, presidente dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa), alla 20° edizione del Forum Risk Management in corso fino al 27 novembre ad Arezzo.
"L'Italia ha delle grosse individualità, dove a volte manca lo spirito di squadra - ha osservato Nisticò - Pertanto, è fondamentale lavorare in collaborazione e con lealtà tra tutte le istituzioni per raggiungere l'obiettivo comune della tutela della salute dei cittadini. Per tale ragione, occasioni come queste sono ottime per incontrarsi, per fare proposte e condividere idee. Si tratta di un laboratorio scientifico molto valido".

"Ci deve essere un'innovazione equa e solidale, altrimenti l'innovazione fine a se stessa fa solo danni. Cerchiamo di investire di più e di evitare gli sprechi. E se riuscissimo a evitare tante di quelle cose che, purtroppo, comportano delle spese inutili, potremmo dare una forte mano al nostro meraviglioso sistema sanitario nazionale, che ha tanti difetti, ma è invidiato da tutti nel mondo". Lo ha detto Rocco Bellantone, presidente dell'Istituto superiore di sanità (Iss), al Forum Risk Management che fino al 27 novembre riunisce ad Arezzo la sanità italiana. All'evento "ho sentito parlare di collaborazione leale - ha sottolineato Bellantone - ed è proprio questo il segreto. In linea di massima, in uno Stato efficiente in cui ci siano le Regioni, bisognerebbe avere un coordinamento centrale, lasciando ad esse la capacità gestionale".

"Ho fatto scelte dolorose per mio figlio. E mio marito mi ha salvata". Martina Colombari, protagonista della puntata di Belve in onda stasera su Raidue, si commuove nell'intervista con Francesca Fagnani. Dai problemi del figlio Achille al rapporto con il marito Alessandro, la modella - attualmente concorrente di Ballando con le stelle - si confronta con le domande della conduttrice.
Le difficoltà di Achille
Colombari si commuove quando parla delle difficoltà del figlio Achille. "Questo vi ha più unito o allontanato con suo marito?", chiede Fagnani: "Ci ha rafforzato come coppia e come famiglia. Se si ammala un familiare si ammala tutta la famiglia". "Quando ci sono stati episodi gravi come si è comportata?", domanda la giornalista. "Non sono una super mamma. Sono una mamma che ha agito con il cuore, che ha chiesto aiuto. Si trattava di mettere in sicurezza nostro figlio, anche con scelte dolorose. Ma se tu hai un figlio con un tumore gli fai fare la chemioterapia e se hai un figlio che ha degli episodi psicotici o un suo malessere e non sai come poterlo aiutare, devi farlo fare a chi ne è competente", risponde Colombari. "Suo marito ha detto che lei è stata un gigante", prosegue Fagnani. "Un anno fa è stato lui a costringermi a farmi curare, non stavo bene. Lui mi ha salvata", rivela Colombari. "Ha tutto per essere felice o le manca qualcosa?", chiede Fagnani e lei, con gli occhi lucidi, preferisce non rispondere.
Una vita con Billy Costacurta, prima la storia con Tomba
Nello studio di 'Belve' Colombari racconta poi la sua lunga storia con Billy Costacurta non priva di 'inciampi'. "Una volta ha detto che lui è Rocco Siffredi. In che senso?", chiede Fagnani. "Mio marito mi dice sempre che ho un gran sedere", risponde ridendo Colombari. E sulla relazione con Alberto Tomba a Fagnani rivela: "È stato un amore. Se non fosse stato per il suo entourage sarebbe andata avanti anche di più".
Fagnani le ricorda che "nella sua autobiografia ha scritto che dopo la storia con Tomba ha volato di fiore in fiore come un'ape ebbra di miele". "Avevo vent'anni. Erano storielline…" replica Colombari. "Ma lei scrive anche – insiste ancora Fagnani - che dopo un anno definito sentimentalmente e sessualmente 'da puledra a briglia sciolta' arriva, a 21 anni, a darle una calmata Costacurta" e Colombari si affretta a rispondere: "Sì, ma le prime ginocchia me le sono sgretolate con mio marito, non con quelli prima. Aveva la moquette in casa...". "Fa bene a specificarlo", chiosa a quel punto Fagnani con un sorriso.

"Il cammino è iniziato 3 anni fa con l'insediamento del nuovo ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha dato l'input fondamentale per rafforzare il sistema sanitario nazionale, partendo dalle risorse. In questi 3 anni sono state stanziate una quantità di risorse come non si era mai vista in passato. Tuttavia, tali risorse da sole non sono sufficienti" e inoltre "non devono essere distribuite a pioggia, ma finalizzate per obiettivi specifici che riflettono i fabbisogni reali della popolazione. Lo abbiamo iniziato a fare e continuiamo a farlo". Così Francesco Saverio Mennini, capo Dipartimento Programmazione, dispositivi medici, farmaco e politiche in favore del Ssn del ministero della Salute, intervenendo al Forum Risk Management in corso ad Arezzo.
"Abbiamo fatto il Ddl sulle liste d'attesa che, come ministero della Salute, ci dà la possibilità, insieme anche all'Agenas - Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, di verificare la situazione reale nelle singole Regioni - ricorda Mennini - Pertanto, monitorando questi dati, è importante riuscire a intervenire laddove si creano situazioni di inefficienza, che non garantiscono l'assistenza che richiedono i cittadini. Abbiamo già implementato una serie di interventi utili a rafforzare l'assistenza territoriale. I risultati non si possono vedere da un anno all'altro - precisa - ma col tempo si iniziano a vedere risultati importanti e interessanti nelle realtà che sono andate più avanti e che hanno iniziato prima. E' stato fatto un piano straordinario per l'assunzione dei medici, e degli infermieri. Per la prima volta nella storia del sistema sanitario nazionale abbiamo incrementato il Fondo per la prevenzione e questo credo che sia uno degli aspetti fondamentali, perché investire nella prevenzione è a tutela proprio dei cittadini stessi". Inoltre, "stiamo lavorando sulla scrittura di un Piano sanitario nazionale, che manca da circa 15-18 anni: la prima bozza è stata già scritta - sottolinea Mennini - Adesso inizieranno le interlocuzioni con Agenas, l'Istituto superiore di sanità e le Regioni, in modo da arrivare al prossimo anno con una definizione del Piano sanitario nazionale".
"Credo che questo sia il percorso fondamentale che bisogna continuare a portare avanti, tenendo presente che l'obiettivo non è risparmiare e ridurre - puntualizza il capo dipartimento - ma considerare la sanità come un investimento, cercando di rispondere ai bisogni della popolazione e ridurre il gap che purtroppo esiste tra alcune regioni rispetto ad altre. Questo è l'obiettivo che ci siamo posti insieme a tutte le riforme che stiamo mettendo in piedi, non ultima quella sull'assistenza ospedaliera e territoriale, che vedrà anche la definizione di nuovi standard che serviranno nuovamente a garantire un accesso più rapido ai trattamenti e alle cure per tutti i cittadini". Già con le risorse "che abbiamo messo per quanto riguarda il piano straordinario delle assunzioni e agli investimenti sulla sanità digitale e sull'intelligenza artificiale - rimarca Mennini - ogni anno stiamo rivedendo fondi aggiuntivi, che non sono straordinari: tutte le risorse di cui si è sentito parlare in questi ultimi mesi, i famosi 7,4 miliardi di euro in più che abbiamo messo per il 2026, sono finalizzati e a decorrere. Pertanto, negli anni successivi, ci troveremo queste risorse che serviranno a sostituire i fondi che sono stati messi" a disposizione "dal Pnrr".

Convalidato oggi, martedì 25 novembre, dalla gip del tribunale di Genova Martina Tosetti il fermo di Salvatore Panzica, 66 anni, accusato di aver accoltellato sabato l’ex compagna Maria M[1]. di 75 anni, nella sua abitazione di Montoggio.
L’uomo, difeso dall’avvocata Sara Bellomo, resta in carcere con l’accusa di tentato omicidio. Per la giudice sono evidenti il pericolo di fuga ( Panzica è senza fissa dimora) la recidiva reiterata specifica e l’elevato rischio di reiterazione, considerati anche precedenti episodi di lite domestica.
Il provvedimento della gip ricostruisce la violenza di sabato, quando la donna è stata raggiunta da sei coltellate all’addome, al ventre, alla schiena e sotto l’ascella. A salvarla sono state una vicina di casa e un’amica, che hanno riferito di aver sentito le urla "Aiuto, aiuto, mi sta ammazzando".
Le due, trovata la porta socchiusa, si sono trovate davanti Panzica che stringeva la vittima e le tappava la bocca per impedirle di gridare. Quando una ha tentato di chiamare i soccorsi, l’uomo le ha strappato il telefono, lo ha distrutto e si è dato alla fuga.
Rintracciato all’una della notte tra sabato e domenica in una cascina della donna, Panzica ha fatto trovare anche il coltello da 14 centimetri. Nell’interrogatorio ha ammesso una sola coltellata, sostenendo che le altre ferite sarebbero state provocate accidentalmente dalla vittima rotolando sul coltello. Una versione definita non credibile dalla gip, che ha rilevato l’assenza di tracce ematiche compatibili con tale dinamica. La 75enne resta ricoverata con ferite gravissime.

I pagamenti elettronici sono sempre più diffusi ma il contante 'deve sopravvivere'. Benché la possibilità di pagare cash figuri fra i desideri della popolazione, anche in Svizzera si registra una propensione a utilizzare strumenti alternativi. È quanto emerso dalla tavola rotonda sul tema organizzata dall'’Amministrazione federale delle finanze (AFF) da cui è scaturita una serie di principi volti a consentire anche in futuro l'accesso al contante.
Secondo una nota dell'AFF, le cifre parlano chiaro: se nel 2017 in Svizzera oltre il 70% dei pagamenti avveniva in contanti, nel 2024 la quota si è ridotta a circa il 30%. Negli ultimi due anni sono state constatate sempre maggiori limitazioni all'accettazione del contante, per esempio nel commercio al dettaglio, nel settore delle attività artistiche e di intrattenimento, così come nei trasporti pubblici. Al contempo è diminuito il numero di distributori automatici di banconote, sportelli bancari e uffici postali.
Nel corso della tavola rotonda, organizzata dall'AFF assieme alla Banca nazionale svizzera (BNS), cui hanno partecipato circa 50 persone in rappresentanza di cantoni, banche, imprese di trasporto valori, commercianti al dettaglio, fornitori di servizi - come la Posta - e associazioni economiche e di consumatori, sono state presentate le linee guida per gli operatori dell'infrastruttura di gestione del contante volte a garantire l'accesso a questo mezzo di pagamento anche in presenza di un calo nell'utilizzo e a evitare un ridimensionamento non coordinato di tale infrastruttura.
Gli esperti si concentrano su come sviluppare la rete di accesso al contante. La Borsa e la Posta hanno recepito le conclusioni degli esperti e hanno avviato uno studio finalizzato a valutare la possibilità di un utilizzo condiviso dei punti di accesso al contante da parte di diversi operatori ("pooling").
Circa i trasporti pubblici - un tema scottante visto che sempre più società tendono a limitare l'uso del contante - il settore prevede che, in futuro, fino al 90% dei viaggiatori acquisterà i propri biglietti in modalità digitale. Questa evoluzione si traduce in una riduzione delle possibilità di pagamento in contante.
Tuttavia, in quanto parte integrante del servizio pubblico, bus e treni devono rimanere accessibili a tutti. Per questo le imprese stanno pensando a soluzioni concrete per garantire l'accesso ai trasporti pubblici anche a coloro che non possiedono uno smartphone o una carta di credito.
Con l'adesione ai principi, gli istituti rappresentati nel gruppo di esperti si impegnano a predisporre un'infrastruttura di gestione del contante adeguata per la popolazione e le imprese nel limite delle loro possibilità economiche e tenendo conto di considerazioni di sicurezza. L'intento? Contrastare un ridimensionamento eccessivo di detta infrastruttura. Tali principi, che non hanno carattere vincolante, offrono agli operatori che gestiscono il contante una base per le decisioni di politica aziendale.
La rete dei punti d'accesso rilevanti - filiali bancarie, uffici postali e i distributori automatici di banconote - è concepita per offrire alla popolazione la possibilità di prelevare in particolare banconote per i propri pagamenti. Le imprese devono poter prelevare denaro da usare come resto e versare sul proprio conto le eccedenze.
Più un servizio - leggi: prelievi e versamenti di banconote e monete in franchi - è utilizzato, più i punti di accesso che lo forniscono devono essere raggiungibili. La raggiungibilità è misurata in base al tempo di percorrenza impiegato dalla popolazione e dalle imprese, con veicoli a motore privati o con mezzi di trasporto pubblici. La restrizione degli orari di accesso motivata da considerazioni di sicurezza da parte degli operatori è possibile.
Questa tavola rotonda, la seconda del genere, si è tenuta a pochi mesi dalla votazione dell'8 marzo 2026 sull'iniziativa popolare "Sì a una valuta svizzera indipendente e libera con monete o banconote (Il denaro contante è libertà)" e il relativo controprogetto diretto "Decreto federale concernente l'unità monetaria svizzera e l'approvvigionamento in numerario".
L'iniziativa, lanciata dal Movimento svizzero per la libertà, chiede di modificare l'articolo 99 della Costituzione federale affinché il denaro contante sia sempre disponibile in quantità sufficiente e che la sostituzione del franco con un'altra moneta sia sottoposta al voto del popolo e dei cantoni.
Il Consiglio federale ha deciso di contrapporre a questa proposta un controprogetto diretto, poiché riconosce l'importanza delle monete e delle banconote per l'economia e la società. L'iniziativa è però considerata poco precisa, da qui l'idea di contrapporre un altro testo che ha raccolto i favori della maggioranza del plenum.

Hamas e la Jihad islamica hanno consegnato il corpo di un ostaggio a Israele. Secondo la Jihad, il corpo è stato ritrovato ieri a Nuseirat, nel centro di Gaza. I militari delle Forze di difesa israeliane nella Striscia di Gaza hanno ricevuto il feretro consegnato alla Croce Rossa nella parte centrale della Striscia di Gaza. Se l'identità dell'ostaggio verrà confermata una volta riportata la salma in Israele, Hamas dovrebbe riconsegnare ancora i corpi di due ostaggi.
L'Idf ispezionerà il feretro prima di avvolgerlo nella bandiera israeliana e tenere una breve cerimonia officiata da un rabbino militare. La salma verrà quindi trasportata all'istituto di medicina legale Abu Kabir a Tel Aviv per l'identificazione.

"Non riesco a essere così giudicante rispetto a chi fa una scelta diversa di vita. E dico 'attenzione a pensare all'autarchia della società occidentale', perché non è detto che la nostra sia la via giusta. È lecito che le persone facciano scelte diverse purché queste non vadano ovviamente a nuocere al normale sviluppo dei ragazzi". A commentare con l'Adnkronos il caso della famiglia anglo-australiana che vive nel bosco di Palmoli, in provincia di Chieti, i cui figli sono stati allontanati dai servizi sociali, è la conduttrice tv Camila Raznovich, cresciuta prima in giro per il mondo con i suoi genitori, vivendo negli Ashram della comunità di Osho, tra Italia, Inghilterra e India, e per un periodo, a 10 anni, mandata a vivere in una comunità di soli ragazzi a Londra, dove i bambini più grandi si occupavano dei più piccoli.
La conduttrice ribadisce più volte una premessa: "Su questa vicenda sono troppe le cose che non conosco per avere un'opinione sul fatto che sia stato bene o no allontanare i bambini dai genitori. E penso anche che troppe persone parlino a vanvera senza avere dettagli. Ma voglio pensare che - sostiene - se li hanno portati via ci sia qualcosa di più rispetto[1] alla scelta di vivere nel bosco o al fatto di avere il bagno all'esterno. Anzi, da quel punto di vista, credo che i bambini crescano molto più svegli e adattabili, secondo la teoria di Darwin, rispetto ai nostri viziati con riscaldamento a 24 gradi durante l'inverno". E ancora, sul fatto che i bambini non frequentassero la scuola, Camila Raznovich sottolinea: "È evidente che se si chiama scuola dell'obbligo un motivo c'è, ma è anche vero che loro facevano 'homeschooling', che è una roba che si fa anche in famiglie super aristocratiche e super nobili. E allora ci si chiede: nelle famiglie aristocratiche è valido e in quelle magari più semplici no perché è una scelta di vita?".
Ricordando poi il suo passato, Camila prosegue: "Se questi sono i criteri di giudizio, i servizi sociali avrebbero dovuto togliere anche noi dalle famiglie, visto che ho frequentato una scuola autodidatta in comunità quando ero in Inghilterra, era 'homeschooling' dove i più grandi insegnavano ai più piccoli. E poi in qualche modo - riflette - per me è stato così, visto che sono stata mandata lontano, da sola. Nel mio caso, a dire il vero - riflette - sono andati molto vicini al nuocere, al fare cazzate, per fortuna è andato tutto bene. Erano altri tempi, erano gli anni '70, c'era un'attenzione diversa e la filosofia del 'ciò che non ammazza rende più forte'".
Dunque, ribadisce la conduttrice televisiva "non riesco a essere così giudicante e andrei con i guanti di velluto. Sempre che, torno a ripeterlo, se ci sono evidenze di malcontento, di salute, di povertà scolastica o di sofferenza dei ragazzi allora è un'altra storia. Ma per me la scelta tout court di vivere nei boschi resta rispettabile e da non giudicare a priori. Anche perché - conclude - chi l'ha detto che i nostri ragazzi sono più sani o stanno meglio dei bambini della casa del bosco abruzzese?", conclude.
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