

(Adnkronos) - Alla presenza del Cardinale Baldo Réina, vicario del Papa per la Diocesi di Roma, nella chiesa parrocchiale di San Marco Evangelista è stata svelata, a conclusione di un lungo progetto di restauro, la Pala d’altare, rappresentante la Madonna dell'Esilio del pittore zaratino Andrea Fossombrone. L’opera era stata donata nel 1950 alla comunità Giuliano-Dalmata di Roma dai coniugi Elio Bracco e Nina Salata. Il progetto, curato e coordinato dal Comitato scientifico dell’Anvgd di Roma (finanziato da L. 72.01), ha riguardato il recupero e la valorizzazione della Pala d’altare, che ora potrà essere di nuovo ammirata nella chiesa di Piazza Giuliani e Dalmati, luogo di culto per i residenti nel quartiere. L’opera restaurata andrà così ad arricchire ulteriormente il Museo diffuso, qualifica di cui ormai il Quartiere è insignito ufficialmente da alcuni anni.
La cerimonia ufficiale, con Santa Messa presieduta dal Cardinale Baldo Réina, è avvenuta alla presenza delle autorità locali, istituzionali, religiose, civili, militari, della Presidente dell’Anvgd di Roma Donatella Schürzel insieme all’Esecutivo e dei rappresentanti delle Associazioni storiche dell’Esodo presenti sul territorio; l’evento ha visto anche la partecipazione, per la Famiglia Bracco, di Gemma Bracco, Vicepresidente di Fondazione Bracco, accompagnata dalla figlia Eva Pedrazzini, consigliere di Fondazione Bracco e di Bracco SpA. Il restauro dà evidenza al mecenatismo del fondatore del Gruppo Bracco, che fu committente e che ha sempre dimostrato attenzione alla propria terra d’origine e agli esuli giuliano-dalmati.
Nato il 3 aprile 1884 a Neresine, sull’isola di Lussino in Istria, Elio Bracco nel 1908 sposa Giovanna 'Nina' Salata, sorella del senatore del Regno Francesco Salata, e diventa in quegli anni segretario comunale di Neresine e di Ossero, nell’isola di Cherso. Figura di primo piano dell’irredentismo istriano, nel 1914 Elio viene arrestato con l’accusa di alto tradimento e portato nelle prigioni di Graz in Austria dove passerà due anni durissimi. Anche tutta la famiglia viene arrestata e internata a Mittergrabern (Austria).
Dopo essere stato processato e giudicato non colpevole, Elio Bracco viene inviato come aiutante nella lavanderia militare di Feldbach. La prigionia di Graz – due anni di detenzione in condizioni durissime, come testimoniano le sue struggenti lettere e il diario scritto in carcere, fu affrontata da Elio con coraggio e determinazione. Proprio con quel drammatico evento iniziarono anche le vicissitudini che hanno portato la famiglia Bracco da Neresine a Milano, dove di lì a poco – nel giugno del 1927 – nascerà il futuro Gruppo Bracco.
“Sono molto grata all’Associazione Giuliano Dalmata di Roma”, ha affermato Gemma Bracco, Vicepresidente di Fondazione Bracco. “Il nostro legame con quelle terre è sempre rimasto fortissimo. Nel secondo Dopoguerra, di fronte al dramma dell’esodo giuliano-dalmata, nostro padre Fulvio si prodigò per gli esuli istriani del campo profughi di Villa Reale di Monza, restituendo loro la dignità di cittadini e di lavoratori. Un legame che abbiamo tenuto vivo negli anni. Nell’ottica del suo consueto impegno, nel 2020 ad esempio la Fondazione Bracco ha finanziato, d’intesa con il Comune di Milano e insieme al Comitato Pro Monumento (presso Anvgd di Milano), la realizzazione della stele di Piazza della Repubblica a Milano A perenne memoria dei martiri delle foibe e agli esuli istriani, fiumani, dalmati, opera dell’artista Piero Tarticchio di Pola. Oggi siamo felici di assistere alla conclusione del restauro di quest’opera così significativa per tutta la comunità giuliano-dalmata romana: un altro tassello nella costruzione di quella memoria storica che ci sta tanto a cuore”.
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(Adnkronos) - La presenza ed il contatto costante dell’uomo, e in particolare dell’anziano, con un animale (spesso il cane) "induce effetti benefici innegabili che impattano positivamente sulla qualità della vita, sul sistema immunitario e sui meccanismi che regolano la qualità e la durata della vita. Questi meccanismi, fino a qualche anno fa attribuiti alla sola stimolazione neuroendocrina indotta dall’interazione sensoriale, oggi sono legati anche alla 'comunicazione batterica' o al cosiddetto microbioma sociale. La comunicazione batterica, tuttavia non scevra di rischi igienico-sanitari in una popolazione immunologicamente vulnerabile, è un fattore che va gestito e governato con la stretta collaborazione del mondo medico e medico-veterinario proprio in un’ottica di 'One health'". Lo spiega Giacomo Rossi, professore di Patologia Generale, Fisiopatologia, Immunopatologia e di Anatomia Patologica Veterinaria dell'Università Camerino, che sarà tra i relatori dell'evento alla Camera 'Microbiota intestinale, target emergente nella Medicina della longevità' con il patrocino della Fmp, la Fondazione per la medicina personalizzata.
Il nostro pianeta è popolato da batteri. "Sono batteri le prime forme di vita che hanno popolato la terra e che ne hanno modificato profondamente la struttura, il clima e la morfologia, aprendo la strada allo sviluppo e all’evoluzione di forme viventi sempre più complesse e specializzate. Ciononostante - continua Rossi - anche le forme viventi più complesse che oggi popolano il nostro pianeta sono degli olobionti, ovvero organismi complessi la cui fisiologia e sopravvivenza si basa sulla coesistenza, in svariate aree del loro 'soma', di ricchissime comunità batteriche con cui comunicano costantemente. La comunicazione batterica implica il rilascio e il rilevamento di auto-induttori e altri segnali chimici, un processo chiamato 'quorum sensing', che consente alle migliaia di famiglie, cladi, specie e generi, di regolare l'espressione genica in base alla densità di popolazione".
Effetto delle terapie assistite con animali sul benessere umano e sulla longevità. "La pet therapy, definita come Intervento assistito dagli animali (Iaa), si basa sull'interazione tra animali ed esseri umani. Si tratta di uno strumento che può integrare e supportare le terapie tradizionali e può essere utilizzata su pazienti affetti da diverse patologie, migliorandone la qualità della vita dal punto di vista comportamentale, fisico e psicosociale. Numerosi studi hanno dimostrato che la pet therapy può avere effetti positivi su vari disturbi mentali, come ansia, depressione e stress post-traumatico".
Ad oggi - prosegue - si ritiene che i meccanismi attraverso i quali la pet therapy esercita i suoi effetti positivi siano per lo più o quasi esclusivamente neuropsicologici e relazionali, legati alla comunicazione classica o sensoriale uomo-animale, senza prendere in considerazione minimamente la 'comunicazione batterica oppure omica' tra questi due esseri interagenti. Solo pochissimi studi, infatti, iniziano a considerare i meccanismi della comunicazione batterica - microbiomica e metabolomica - alla base degli effetti che le terapie assistite con animali hanno sull’uomo, sulla sua qualità di vita ed, in ultima analisi, sulla durata della vita stessa".
"È ormai appurato che il primo beneficio derivante dall’interazione uomo-animale sia legato ad una serie di modificazioni di natura neuro-ormonale. Alla base di queste modificazioni vi è la produzione di ossitocina definita anche come 'ormone dell'attaccamento', seguito dal rilascio di endorfine, autentici stimolatori dell'umore e antidolorifici naturali, e della dopamina associata al piacere e alla gratificazione, tanto che il suo aumento sembra contribuire alle sensazioni positive provate durante le sedute di pet therapy. È stato inoltre dimostrato - sottolinea Rossi - che tali sedute determinano incrementi sostanziali di prolattina, ormone associato al controllo e alla riduzione dello stress, che contribuisce fortemente alla riduzione dei livelli di cortisolo nel paziente, generando un altro degli effetti benefici del rapporto interattivo uomo-animale. L’epinefrina e la noradrenalina, ormoni coinvolti nella risposta allo stress, seguono lo stesso andamento del cortisolo".
Gli Interventi assistiti dagli animali "generano una serie di variazioni positive su alcuni parametri fisiologici quali una riduzione della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, con una riduzione dell'eccitazione fisiologica e dei segnali di stress. A questi aspetti si associa un miglioramento della risposta immunitaria generale e mucosale, con un incremento delle immunoglobuline A", ricorda il professore.
Il contatto fisico e visivo con un animale, l’essere lambiti, contraccambiati dall’animale, "genera un forte incremento di ossitocina che neutralizza gli effetti negativi della solitudine, frequente nel periodo della terza età, contribuendo a invertire i disturbi della memoria e dell'apprendimento nel morbo di Alzheimer. Il sistema dell'ossitocina è collegato al sistema dopaminergico mesocortico-limbico, il che suggerisce che l'ossitocina può influenzare i comportamenti mediati dalla dopamina, in particolare quelli legati ai segnali sociali e alla motivazione. Studi - conclude - sui centenari dimostrano variazioni specifiche per età nei sistemi dell'ossitocina e della dopamina (con incremento dei recettori per l’ossitocina a livello dell’ippocampo e amigdala, che risulta età-dipendente) e i loro effetti sull'invecchiamento socioemotivo. È stata dimostrata una correlazione tra i livelli sierici di ossitocina e il volume cerebrale, con una chiara correlazione positiva con il volume cerebrale della regione ippocampale sinistra e l'amigdala entrambi età-correlati".
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(Adnkronos) - Prende avvio il ciclo di incontri 'Percorsi integrati per un futuro responsabile' con il convegno 'Sviluppo economico e sostenibilità ambientale: tra cambio di rotta e strategia in evoluzione', promosso dalla Fondazione Geometri Italiani, in collaborazione con Consiglio Nazionale Geometri e Geometri Laureati e Cassa Geometri.
L’iniziativa, dalle 14 alle 18.30 presso Roma Eventi - Piazza di Spagna a Roma, nasce per creare un dialogo periodico tra vertici politici e istituzionali, rappresentanti tecnici, accademici e imprenditoriali, finalizzato a elaborare strategie condivise per uno sviluppo sostenibile e competitivo del Paese.
In un contesto segnato da continui mutamenti geopolitici, la transizione sostenibile pone al centro ottimizzazione delle risorse ed efficientamento, con ricadute economiche (stabilizzazione dei costi e competitività delle imprese) e sociali (minori vulnerabilità per le categorie esposte). Il convegno offrirà un quadro aggiornato delle dinamiche in atto e degli strumenti attivabili. Saranno presentate le analisi del Centro Studi della Fondazione Geometri Italiani sull’impatto dei bonus edilizi e sulle prospettive di una transizione equa, sostenibile e fiscalmente responsabile, con spunti operativi per istituzioni e stakeholder.
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(Adnkronos) - "Ho letto questa cosa che girava. Ragazzi, non è vero niente". Con queste parole nette, la cantante Giorgia ha smentito categoricamente le ultime indiscrezioni. In questi giorni, infatti, erano circolate voci su un possibile ritorno dell'artista in veste di co-conduttrice, al Festival di Sanremo 2026. Intervenuta in diretta durante il programma 'Guerrini e Lanfranchi show' su Rds, l'artista ha detto: "Non mi ha chiamato nessuno, nessuno mi ha detto niente. Non so da dove sia partita questa voce, anche perché mi ci manca solo quello", ha concluso con ironia.
I rumor su un suo possibile ritorno sul palco dell'Ariston in una nuova veste erano stati alimentati da una coincidenza nel calendario del suo tour. Il lungo intervallo tra la conclusione della prima parte dei concerti (22 dicembre a Roma) e la ripresa (13 marzo) lasciava infatti una 'finestra' libera proprio durante il periodo del Festival, in programma dal 24 al 28 febbraio 2026. Un'ipotesi ora definitivamente smentita dalla diretta interessata.
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(Adnkronos) - Il pubblico ministero di Genova Walter Cotugno ha chiesto la condanna a 18 anni e sei mesi per l'ex Ad di Autostrade Giovanni Castellucci, tra i 57 imputati per il crollo del Ponte Morandi. A Castellucci sono contestati gli omicidi colposi delle 43 vittime e il reato di crollo, mentre la Procura ha chiesto l'assoluzione per il reato di attentato alla sicurezza dei trasporti e per l'aggravante relativa al monitoraggio.
"Difficile chiedere una pena per questo imputato con la faccia serena", ha premesso il pm, spiegando: "Chiederemo per tutti gli omicidi due mesi e venti giorni". Il pubblico ministero ha detto di aver chiesto la pena massima fissata dal legislatore. "Dobbiamo adeguarci", ha aggiunto, annunciando che avrebbe chiesto una pena "al limite del 589 bis. Se non per Castellucci, per chi?", ha affermato retoricamente Cotugno.
"Per quanto si possa dire c'è soddisfazione in questa prima richiesta", ha commentato la presidente del Comitato parenti vittime crollo Ponte Morandi, Egle Possetti. "Siamo un po' frastornati oggi - ha dichiarato Possetti - mi è piaciuto molto il discorso del pm che ha fatto un ragionamento lineare sulle enormi responsabilità che ci sono state sulla continua cecità di fronte alle problematiche di questo ponte che erano perfettamente note, negli anni. Quindi, la richiesta di questa pena, elevata, è ovviamente per noi molto importante. Chiaramente sappiamo tutti, come ha ricordato il pm in finale, che ci saranno, data l'età dell'imputato, delle agevolazioni, legate anche agli arresti domiciliari". "Per noi - ha concluso - è essenziale che ci sia poi una condanna in questo senso, stante tutti gli elementi che tutti abbiamo conosciuto in questa fase processuale e che sono oggi stati riassunti".
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(Adnkronos) - L’innovativo laboratorio scientifico mobile Curiosity Cube alimentato a energia solare, arriva in Italia con due tappe: sarà a Segrate (Milano) dal 14 al 16 ottobre in via Emilia, 23 e a Ivrea (Torino) dal 20 al 22 ottobre in Piazza Ottinetti. L’iniziativa - spiega in una nota Merck - è dedicata agli studenti dalla quarta elementare alla terza media e offre "un’esperienza educativa immersiva, pensata per stimolare la curiosità scientifica e avvicinare le nuove generazioni al mondo delle Stem (Science, Technology, Engineering and Mathematics)". Le attività sono condotte da dipendenti della farmaceutica, che condividono il proprio percorso professionale e fungono da modelli di riferimento, mostrando la diversità e le possibilità offerte dalle carriere scientifiche.
Ogni anno, un team ad hoc costituito da dipendenti dell’azienda seleziona un tema e progetta un percorso di esperimenti interattivi da proporre all’interno del Curiosity Cube. Grazie al contributo di queste persone, il laboratorio ad ogni edizione si rinnova, offrendo esperienze coinvolgenti e sempre aggiornate, pensate per avvicinare gli studenti alla scienza attraverso la sperimentazione e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Gli studenti hanno, inoltre, la possibilità di porre una propria ‘Curiosity Question’ – una domanda personale su scienza, tecnologia o carriere del futuro – dando vita a un dialogo aperto e stimolante.
Nell’edizione di quest’anno, il tema scelto è l’intelligenza artificiale (Ai). I giovani visitatori - spiega Merck - avranno l’opportunità di "esplorarne i concetti chiave attraverso interessanti esperimenti: impareranno a distinguere tra immagini autentiche e generate dall’Ai, scopriranno in che modo cervello umano e intelligenza artificiale acquisiscono e interpretano informazioni, e guideranno piccoli robot educativi per comprendere il funzionamento delle auto a guida autonoma. Un’esperienza che unisce gioco, scoperta e riflessione, pensata per lasciare il segno". L’iniziativa fa parte delle attività di Sostenibilità e innovazione nel Business Sociale dove la farmaceutica - continua la nota - investe da anni in programmi di educazioneStem ispirati all’inclusione, all’accesso e all’educazione scientifica, con un focus particolare sulle comunità in cui l’azienda opera. I dipendenti locali, con il proprio impegno a migliorare il mondo attraverso la scienza, diventano così modelli di riferimento per i ragazzi, dimostrando che chiunque può diventare scienziato, indipendentemente dalle proprie origini, culture e background.
Dal suo lancio nel 2017 ad oggi - dettaglia l’azienda - il Curiosity Cube ha avuto un impatto straordinario: ha coinvolto oltre 230 mila visitatori in 14 Paesi tra Europa, Stati Uniti e Canada. Solo nel 2024, ha raggiunto 43.393 studenti in tutto il mondo attraverso 1.480 eventi, grazie all’impegno di 1.480 dipendenti aziendali. Il progetto ha ricevuto riscontri estremamente positivi: il 98% degli insegnanti ha giudicato l’esperienza altamente formativa per gli studenti, che hanno espresso lo stesso livello di apprezzamento, confermando l’efficacia dell‘iniziativa nel rendere la scienza accessibile, coinvolgente e vicina alla loro realtà. Il tour 2025 prevede oltre 130 tappe in Europa, toccando 13 Paesi – tra cui Austria, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Italia – con una grande novità: il laboratorio mobile raggiungerà per la prima volta anche l’Africa, ampliando la sua portata globale. L’obiettivo resta lo stesso: offrire esperienze pratiche di scienza per ispirare le nuove generazioni e contribuire a colmare il divario tra interesse e accesso alle carriere scientifiche.
Secondo i dati Eurostat, tra il 2013 e il 2023, il numero di professionisti in ambito scientifico e tecnologico nell’Unione europea è cresciuto del 25%, ma l’interesse degli studenti fatica a tradursi in scelte concrete: solo il 48% degli studenti delle scuole medie riesce a immaginarsi in una carriera scientifica, e il 63% dei genitori tende a scoraggiare questo percorso, spesso per mancanza di conoscenza sulle possibilità offerte dal mondo Stem.
È proprio in risposta a questo scenario che nasce l’iniziativa: il suo obiettivo principale - sottolinea Merck - è "stimolare la curiosità dei ragazzi e appassionarli alla scienza, aiutandoli a scoprire il potenziale delle discipline Stem. L’intento è quello di incoraggiarli a considerare concretamente queste carriere per il proprio futuro, contribuendo così a ridurre il disallineamento tra il crescente bisogno di figure professionali Stem e l’effettiva disponibilità di giovani pronti a intraprendere questo percorso". Anche il ruolo dei genitori è fondamentale: è importante che sostengano i propri figli, aiutandoli a scoprire quanto le materie scientifiche possano essere affascinanti e ricche di opportunità.

(Adnkronos) - ''Per una pace e una prosperità durature''. Questo il titolo della dichiarazione firmata a Sharm el-Sheikh dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, dal presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, dall'emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al-Thani e dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan. ''Noi sottoscritti accogliamo con favore l'impegno e l'attuazione davvero storici da parte di tutte le parti dell'Accordo di Pace di Trump, che pone fine a oltre due anni di profonda sofferenza e perdita, aprendo un nuovo capitolo per la regione caratterizzata da speranza, sicurezza e una visione condivisa di pace e prosperità'', inizia la dichiarazione diffusa dalla Casa Bianca.
''Sosteniamo i sinceri sforzi del presidente Trump per porre fine alla guerra a Gaza e portare una pace duratura in Medio Oriente. Insieme, attueremo questo accordo in modo da garantire pace, sicurezza, stabilità e opportunità per tutti i popoli della regione, compresi palestinesi e israeliani'', prosegue il testo. ''Siamo consapevoli che una pace duratura sarà una pace in cui sia i palestinesi che gli israeliani potranno prosperare, con i loro diritti umani fondamentali tutelati, la loro sicurezza garantita e la loro dignità tutelata'', aggiungono i leader.
''Affermiamo che un progresso significativo emerge attraverso la cooperazione e un dialogo costante e che il rafforzamento dei legami tra nazioni e popoli serve gli interessi duraturi della pace e della stabilità regionale e globale'', afferma la dichiarazione. ''Riconosciamo il profondo significato storico e spirituale di questa regione per le comunità religiose le cui radici sono intrecciate con il territorio, tra cui Cristianesimo, Islam ed Ebraismo. Il rispetto per questi sacri legami e la protezione dei loro siti patrimoniali rimarranno fondamentali nel nostro impegno per la coesistenza pacifica'', dichiarano i firmatari.
''Siamo uniti nella determinazione a smantellare l'estremismo e la radicalizzazione in tutte le loro forme. Nessuna società può prosperare quando la violenza e il razzismo sono normalizzati, o quando ideologie radicali minacciano il tessuto della vita civile. Ci impegniamo ad affrontare le condizioni che favoriscono l'estremismo e a promuovere l'istruzione, le opportunità e il rispetto reciproco come fondamenti per una pace duratura'', prosegue la dichiarazione.
''Ci impegniamo pertanto a risolvere le controversie future attraverso l'impegno diplomatico e la negoziazione, piuttosto che con la forza o un conflitto prolungato. Riconosciamo che il Medio Oriente non può sopportare un ciclo persistente di guerre prolungate, negoziati in stallo o l'applicazione frammentaria, incompleta o selettiva di termini negoziati con successo. Le tragedie a cui abbiamo assistito negli ultimi due anni devono servire da urgente promemoria del fatto che le generazioni future meritano di meglio dei fallimenti del passato'', affermano i leader facendo riferimento alla guerra a Gaza.
''Ricerchiamo tolleranza, dignità e pari opportunità per ogni persona, garantendo che questa regione sia un luogo in cui tutti possano perseguire le proprie aspirazioni in pace, sicurezza e prosperità economica, indipendentemente da razza, fede o etnia'' e ''perseguiamo una visione globale di pace, sicurezza e prosperità condivisa nella regione, fondata sui principi del rispetto reciproco e del destino comune'', si legge nel testo.
''In questo spirito, accogliamo con favore i progressi compiuti nella definizione di accordi di pace globali e duraturi nella Striscia di Gaza, nonché le relazioni amichevoli e reciprocamente vantaggiose tra Israele e i suoi vicini regionali. Ci impegniamo a lavorare collettivamente per attuare e sostenere questa eredità, costruendo fondamenta istituzionali su cui le generazioni future possano prosperare insieme in pace. Ci impegniamo per un futuro di pace duratura'', conclude il testo firmato da Trump, al-Sisi, al-Thani ed Erdogan.
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(Adnkronos) - Nel 2024, si stima che siano oltre 2,2 milioni le famiglie in condizione di povertà assoluta - l’8,4% delle famiglie residenti – per un totale di 5,7 milioni di individui, il 9,8% dei residenti (entrambe le quote risultano stabili rispetto al 2023, quando erano pari rispettivamente a 8,4% e 9,7%). Lo rileva Istat nel Report sulla povertà nel 2024.
Allarme stranieri e minori
L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, sale al 35,2% nelle famiglie composte esclusivamente da stranieri, mentre scende al 6,2% per le famiglie composte solamente da italiani. L’incidenza di povertà relativa tra le famiglie, pari al 10,9%, risulta anch’essa sostanzialmente stabile rispetto al 2023 (era 10,6%), coinvolgendo oltre 2,8 milioni di famiglie. In lieve crescita è l’incidenza di povertà relativa tra gli individui, che sale al 14,9% (dal 14,5% del 2023), coinvolgendo oltre 8,7 milioni di individui.
Nel 2024, la povertà assoluta coinvolge oltre 1 milione 283mila minori (il 13,8% dei minori residenti), variando dal 12,1% del Centro al 16,4% del Mezzogiorno, e salendo al 14,9% per i bambini da 7 a 13 anni. La sostanziale stabilità rispetto al 2023 conferma il valore di incidenza più elevato dal 2014. Le famiglie in povertà assoluta in cui sono presenti minori sono quasi 734mila (12,3%), tra le quali l’incidenza più elevata, pari al 23,9%, si osserva per quelle di altra tipologia (dove convivono più nuclei familiari e/o sono presenti membri aggregati); tra le coppie, la diffusione del fenomeno aumenta al crescere del numero di figli minori (7,3% per le coppie con un figlio minore, 10,6% per quelle con due figli minori e 20,7% se i figli minori sono almeno tre), attestandosi su valori elevati anche tra le famiglie monogenitore con minori (14,4%).
L’intensità della povertà per le famiglie con minori, pari al 21,0%, è più elevata di quella calcolata sul totale delle famiglie (18,4%), a ulteriore testimonianza di una condizione di disagio maggiormente marcato.
Evidente anche per le famiglie con minori l’associazione tra diffusione della povertà assoluta e condizione lavorativa/posizione nella professione della p.r.: tra gli occupati, l’incidenza è più elevata fra le famiglie con p.r. operaio e assimilato (18,7%), seguite da quelle con p.r. altro indipendente (9,4%). Arriva al 23,2% per le famiglie con minori in cui la p.r. è non occupata, attestandosi al 20,0% per i casi in cui la p.r. è in cerca di occupazione.
La cittadinanza si lega fortemente alla condizione socio-economica delle famiglie con minori: se si tratta di famiglie composte solamente da italiani l’incidenza si attesta all’8,0% e diventa cinque volte più elevata (40,5%) per quelle composte unicamente da stranieri (si ferma al 33,6% nel caso nella famiglia con minori composte da membri sia italiani sia stranieri).
L’incidenza di povertà assoluta tra le famiglie con minori nei comuni centro dell’area metropolitana (16,1%) è di quasi 6 punti percentuali superiore a quella rilevata nei comuni periferia dell’area metropolitana e i comuni di oltre i 50mila abitanti (10,8%); per i comuni più piccoli, fino a 50mila abitanti, si attesta al 12,2%.
Per il 2024, l'Istat osserva come l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si mantiene più alta nel Mezzogiorno (dove coinvolge oltre 886mila famiglie, 10,5%), seguita dal Nord-ovest (595mila famiglie, 8,1%) e dal Nord-est (quasi 395mila famiglie, 7,6%), mentre il Centro conferma i valori più bassi (349mila famiglie, 6,5%). D’altra parte, tra le famiglie assolutamente povere, il 39,8% risiede nel Mezzogiorno (38,7% nel 2023) e il 44,5% al Nord (45% nel 2023); il restante 15,7% risiede nel Centro (16,2% nel 2023), prosegue l'Istat.
La povertà assoluta è stabile anche a livello individuale con l’unica eccezione delle Isole dove si registra un significativo aumento, arrivando al 13,4% dall’11,9% del 2023. La stabilità dell’incidenza di povertà assoluta si osserva per tutte le fasce di età: fra i minori si conferma al 13,8% (quasi 1,3 milioni di bambini e ragazzi) – il valore più elevato della serie storica dal 2014 – e fra i giovani di 18-34 anni all’11,7% (pari a circa 1 milione 153mila individui); per i 35-64enni si mantiene invariata al 9,5%, anch’esso valore massimo raggiunto dalla serie storica, e fra gli over 65 al 6,4% (oltre 918mila persone).
L’intensità della povertà assoluta, che misura in termini percentuali quanto la spesa mensile delle famiglie povere sia mediamente al di sotto della linea di povertà (cioè “quanto poveri sono i poveri”), si conferma stabile a livello nazionale (18,4%), nel Nord (18,5%, con valori pari al 19,1% nel Nord-ovest e 17,6% nel Nord-est) e nel Centro (18,0%), mentre nel Mezzogiorno si segnala un incremento: le stime salgono al 18,5% dal 17,8% del 2023. Nei comuni piccoli (fino a 50mila abitanti) non periferici delle aree metropolitane l’incidenza di povertà assoluta è più elevata (8,9%); seguono i comuni sopra i 50mila abitanti e i periferici delle aree metropolitane) (8,0%) e, infine, i comuni centro di area metropolitana (7,8%). Tuttavia, nel Mezzogiorno e al Nord sono i comuni centro di area metropolitana a registrare i valori più elevati (rispettivamente 12,5% e 8,2%), mentre al Centro l’incidenza più elevata è quella nei comuni più piccoli non periferici delle aree metropolitane (7,9%).
Un "record storico" con "dati da Terzo Mondo, indegni di un Paese civile". E' il commento di Massimiliano Dona, presidente dell'Unione Nazionale Consumatori che evidenzia come non si siano registrati "mai così tanti poveri assoluti in Italia dall'inizio delle serie storiche". "Un primato - aggiunge - sia rispetto al numero di famiglie, 2 milioni e 224mila contro il precedente record di 2 milioni e 217mila del 2023, sia rispetto alla percentuale delle famiglie in povertà assoluta che sembra stabile solo per via degli arrotondamenti, ma che in realtà è pari all'8,44%, superiore al dato del 2023 quando era 8,41%, sia rispetto al numero di individui, 5 milioni e 744mila che batte i 5 milioni e 694 del 2023, sia rispetto alla percentuale di individui poveri, 9,8% contro il 9,7% del 2023. Insomma, peggio di così non si può".
"Una dimostrazione del fatto che nella prossima manovra bisognerebbe aiutare questi poveri che non ce la fanno ad arrivare a fine del mese invece di dare 440 euro in più a chi guadagna 50mila euro, non solo per una questione di equità fiscale ma anche perché si sprecano risorse pubbliche, visto che quei soldi difficilmente serviranno a rilanciare i consumi, andando in gran parte in risparmio", conclude Dona.
“I dati sulla povertà in Italia registrano un netto peggioramento rispetto al 2019, al punto che in 5 anni il numero di individui poveri è salito di 1,1 milioni”, afferma in una nota il Codacons, commentando il report diffuso oggi dall’Istat. “Se i dati sulla povertà appaiono stabili rispetto al 2023, il confronto col periodo pre-Covid è impietoso – spiega l’associazione –. Il numero di famiglie povere passa infatti da 1.674.000 del 2019 a 2.224.000 del 2024, con una incidenza sul totale delle famiglie che sale dal 6,4% all’8,4%. Il numero di individui poveri cresce nello stesso periodo da 4.593.000 (7,7% del totale) a 5.744 .000 (9,8% del totale), +1,1 milioni di cittadini poveri in 5 anni. Nel Mezzogiorno la quota di cittadini in povertà assoluta sale dal 10,1% del 2019 al 12,5% del 2024”.
Numeri che secondo il Codacons potrebbero peggiorare ulteriormente. “L’inflazione che negli ultimi mesi sta colpendo voci primarie come gli alimentari rischia di spingere verso la soglia di povertà una fetta crescente di famiglie, considerato che, come attesta sempre l’Istat, un terzo dei nuclei taglia oggi l’acquisto di cibi per far quadrare i conti a fine mese”, conclude l’associazione.
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(Adnkronos) - Nell’ultimo anno guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizioni di fame acuta 140 milioni di persone, un numero equivalente a oltre il doppio dell’intera popolazione italiana. In diversi contesti, la fame non è stata soltanto una conseguenza “collaterale” della violenza armata, ma è stata deliberatamente inflitta attraverso assedi, blocchi degli aiuti e distruzione delle infrastrutture agricole, ovvero utilizzata come una vera e propria arma di guerra. Gaza è l’esempio più emblematico: negli ultimi due anni il Ministero della Salute locale (MoH) ha documentato 461 decessi correlati alla malnutrizione (oltre 270 solo nel 2025), tra cui 157 minori. Attualmente 320mila bambini sotto i 5 anni a rischio di malnutrizione acuta e oltre 20mila persone sono rimaste uccise o ferite nel tentativo di procurarsi del cibo e accedere agli aiuti.
È quanto emerge dall’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv). Il rapporto evidenzia che, attualmente, sono oltre 40 i Paesi del mondo, che stanno fronteggiando livelli di fame grave e allarmante.
"C'è un dato anche più preoccupante e che chiama in causa un disinteresse endemico e diffuso, impegni su scala mondiale presi e poi disattesi – sottolinea Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, nella prefazione del Ghi 2025 - Le cifre sono impietose. Dal 2016 a oggi la riduzione della fame nel mondo è stata minima. Tanto da poter pronosticare che sarà forzatamente disatteso l'obiettivo ambizioso della “fame zero” entro il 2030. Se si procedesse gli attuali ritmi, la meta della scomparsa della fame sarebbe raggiunta nel 2137, più di un secolo dopo".
A Gaza è in corso una drammatica carestia, già attestata nel Governatorato di Gaza. Secondo le proiezioni, nei prossimi mesi quasi un terzo della popolazione si troverà in condizione di catastrofe, mentre 1,14 milioni di individui saranno in emergenza. Dalla metà di marzo, oltre 1,2 milioni di persone sono state sfollate, gli aiuti risultano ancora insufficienti e fortemente limitati e i prezzi dei beni di prima necessità sono esplosi. La malnutrizione infantile è aumentata rapidamente: nel corso dell’estate 2025 sono stati individuati tra i bambini con meno di 5 anni ben 28 mila casi di malnutrizione acuta, un numero più alto delle diagnosi totali dei sei mesi precedenti. Oltre 55mila donne in gravidanza o in allattamento e 25mila neonati necessitano urgentemente di supporto nutrizionale e la produzione alimentare locale è crollata: oltre il 98 per cento dei terreni coltivabili è danneggiato o inaccessibile. La distruzione delle infrastrutture agricole, la presenza diffusa di ordigni inesplosi e il collasso dei servizi idrici, sanitari e di salute pubblica renderanno la ripresa estremamente lunga, e i mezzi di sussistenza e la nutrizione saranno in pericolo ancora per anni.
Cesvi è presente nei territori palestinesi dal 1994 e con l’inizio del conflitto ha intensificato gli sforzi. L’organizzazione negli ultimi due anni non ha mai interrotto le proprie attività, rimanendo sul campo con il proprio staff locale e internazionale per garantire la sopravvivenza delle famiglie sfollate. Attualmente Cesvi fornisce quotidianamente, a Gaza City e nel centro della Striscia, 50-55mila litri di acqua potabile nei campi sfollati. Le attività di distribuzione nella Striscia hanno raggiunto complessivamente circa 105.000 gazawi, con 30 milioni di litri di acqua distribuiti. Continua inoltre l’installazione di latrine e la riabilitazione delle infrastrutture igienico/sanitarie nei campi sfollati di Deir al Balah e Khan Younis.
"Accogliamo con speranza le notizie di un accordo sul termine del conflitto, che ci auguriamo possa essere duraturo e definitivo, ma è fondamentale ricordare che quella in corso a Gaza continua a essere un’emergenza umanitaria di gravissima portata", spiega il direttore generale di Cesvi Stefano Piziali. "La ripresa – aggiunge – sarà lunga e difficile: milioni di persone vivono in condizioni catastrofiche, senza sicurezza né accesso sufficiente a beni essenziali, e le ferite materiali e psicologiche sono molto profonde. La macchina umanitaria in questo conflitto è stata stravolta ed è necessario che riprenda rapidamente a muoversi in maniera tempestiva, efficace e senza ostacoli: portare soccorso ai più vulnerabili resta una sfida, condizionata da ostacoli logistici e da un equilibrio ancora incerto. Senza un accesso continuativo e coordinato, il rischio di abbandonare la popolazione a un destino segnato rimane concreto. Qualsiasi ulteriore ritardo, comporterebbe un aumento inaccettabile della mortalità legata alla carestia. Cesvi ribadisce che il rispetto del diritto internazionale e della neutralità umanitaria è indispensabile per proteggere i civili e garantire che gli aiuti arrivino realmente dove servono. Esortiamo tutte le parti a garantire l’accesso e la distribuzione degli aiuti umanitari in quantità adeguata per rispondere all’emergenza umanitaria e avviare un percorso volto a costruire le condizioni per una pace sostenibile. A Gaza servono interventi tempestivi, ma anche un impegno costante nei mesi e negli anni a venire per accompagnare verso un futuro dignitoso e sereno una popolazione stremata da anni di privazioni e violenza".
Il caso di Gaza è l’espressione più drammatica di una pericolosa tendenza ben lontana dall’essere isolata. Nel solo 2024 quasi la metà dei casi di fame acuta in tutto il mondo sono stati provocati proprio da scontri armati. Solo nell’ultimo anno sono stati registrati quasi 200 mila episodi di violenza, con un aumento del 25% rispetto al 2023. Questa escalation ha costretto milioni di famiglie a sopravvivere senza mezzi né servizi essenziali, portando il numero di sfollati a oltre 122 milioni, il livello più alto mai registrato. I conflitti a Gaza e in Sudan dimostrano chiaramente come la violenza armata possa distruggere rapidamente la sicurezza alimentare: tra il 2023 e il 2024 le persone esposte a livelli di carestia sono più che raddoppiate, raggiungendo quasi due milioni, di cui il 95% vive proprio in questi due contesti13. Il GHI 2025 richiama con forza l’attenzione sul rischio di “normalizzazione” dell’utilizzo della fame come arma di guerra e invita al rispetto del diritto internazionale e al rafforzamento dei meccanismi di controllo e responsabilità in relazione a questa pratica.
"La guerra è il più crudele moltiplicatore della fame – afferma il direttore generale di Cesvi, Stefano Piziali – Dove scoppiano i conflitti, i sistemi alimentari collassano, le famiglie sono costrette a fuggire e milioni di persone vengono spinte nell’insicurezza alimentare. A rendere la situazione ancora più drammatica – prosegue – negli ultimi anni è stato registrato un forte calo degli aiuti umanitari, mentre le spese militari hanno continuato a crescere, superando nel 2024 i 2.700 miliardi di dollari: oltre cento volte l’ammontare destinato agli aiuti umanitari. Un’inversione di priorità che compromette la capacità della comunità internazionale di rispondere alla fame e che si unisce all’inaccettabile pratica, sempre più frequente, di utilizzare la privazione di acqua e cibo come un’arma contro la popolazione civile". Il punteggio mondiale dell'Indice Globale della Fame (Ghi) 2025 è 18,3, indicativo di un livello di malnutrizione globale “moderato”: nel 2024, le persone che hanno sofferto di fame acuta sono state complessivamente oltre 295 milioni in 53 Paesi e territori, 13,7 milioni in più rispetto al 2023. I quattro indicatori chiave del rapporto – denutrizione, arresto della crescita infantile, deperimento infantile e mortalità infantile – restano lontani dagli obiettivi internazionali e non si registrano progressi significativi dal 2016 a causa della sovrapposizione di diverse crisi: conflitti armati, shock climatici e fragilità economiche.
Dal Ghi 2025 emerge che la fame ha raggiunto livelli allarmanti in 7 Paesi – Haiti, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Burundi e Yemen – ed è classificata come grave in altri 35. In 27 Paesi si registra addirittura un peggioramento rispetto al 2016. Il punteggio più grave del Ghi 2025 è quello registrato dalla Somalia (42,6). Va tuttavia precisato che in diversi Paesi – tra cui Palestina e Sudan, oltre a Burundi, Corea del Nord e Yemen – la situazione è così critica da rendere impossibile il calcolo completo dei punteggi di Ghi, a causa della mancanza di dati essenziali. Gli indicatori disponibili, tuttavia, segnalano un peggioramento delle condizioni e suggeriscono che la realtà sia persino più grave di quanto riportino le statistiche. "Quando i sistemi di monitoraggio vengono indeboliti o smantellati, i bisogni diventano “invisibili” – prosegue Piziali – e quindi non riescono più ad attrarre aiuti, alimentando un circolo vizioso". A livello regionale, la fame resta grave in Africa subsahariana e in Asia meridionale mentre si riscontrano lievi miglioramenti globali, legati soprattutto ai progressi in alcune aree dell’Asia meridionale, sud-orientale e dell’America Latina. Tuttavia, questi avanzamenti restano fragili e possono essere rapidamente compromessi, a conferma della necessità di politiche solide, sistemi di allerta precoce, misure di resilienza climatica e trasformazioni strutturali dei sistemi alimentari per consolidare i risultati raggiunti. Per questo il rapporto lancia un appello urgente per rafforzare gli aiuti, investire in sistemi alimentari resilienti, adottare politiche di lungo periodo e garantire il diritto al cibo come diritto umano fondamentale.
La regione dell’Africa a sud del Sahara detiene ancora il primato mondiale di mortalità infantile sotto i 5 anni: in Chad, Niger, Nigeria e Somalia il livello resta estremamente allarmante. Il Sudan e il Sud Sudan il conflitto in corso dal 2023 ha frammentato i sistemi alimentari, ostacolato la distribuzione degli aiuti e provocato lo sfollamento di milioni di persone. A metà del 2024 è stata confermata la carestia in alcune aree del Darfur, con circa 760.000 persone in condizioni di insicurezza alimentare a livello catastrofe. In Asia meridionale la denutrizione colpisce ancora quasi 1 persona su 8, ed è in questa regione che si trova quasi il 40% della popolazione denutrita a livello globale. I livelli di denutrizione sono in aumento rispetto al 2016 e Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka registrano livelli di fame in aumento. In Asia Occidentale e in Nord Africa la violenza armata in Paesi come Siria, Yemen, Territori Palestinesi occupati ha gravemente colpito la produzione agricola e i sistemi alimentari, provocando milioni di sfollati e riducendo le possibilità di accesso al cibo.
Nella regione dell’Asia orientale e Sud Est Asiatico, tra i Paesi che affrontano le difficoltà peggiori vi è il Myanmar, con un punteggio Ghi pari a 15,3. L’escalation di violenza e il terremoto del marzo 2025 ha provocato circa 3 milioni di sfollati messo oltre 14 milioni di persone, pari al 25% della popolazione, in condizioni di insicurezza alimentare critiche. Accanto a queste emergenze, dal 2016 alcuni Paesi hanno registrato progressi significativi. Bangladesh, Nepal, Togo, India, Etiopia, Angola e Sierra Leone dimostrano che politiche mirate e investimenti costanti possono produrre risultati concreti nella lotta alla fame. Si tratta però di progressi fragili: senza strategie di lungo periodo, sistemi di allerta precoce e strumenti di resilienza climatica, i miglioramenti rischiano di non consolidarsi.
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(Adnkronos) - Gian Piero Ventura stava per far entrare Daniele De Rossi durante la famigerata il ritorno dei playoff tra Italia e Svezia, finita 0-0, che costò nel 2017 la prima esclusione ai Mondiali? "E' la più grande fake news della storia degli ultimi 50 anni nel calcio nazionale italiano. Nessuno voleva far entrare De Rossi, però credo che sia ancora in vita insieme a quella persona con cui sta parlando", ovvero il preparatore atletico Alessandro Innocenti. Lo rivela l'ex ct della Nazionale Gian Piero Ventura, durante il 'Processo al 90°' condotto da Marco Mazzocchi e Paola Ferrari.
Il riferimento è a quel famoso video in cui De Rossi protestava, sembrando dire che non doveva entrare lui ma un attaccante, nello specifico Lorenzo Insigne, perché "non dobbiamo pareggiare, dobbiamo vincere". "Nessuno ha chiesto a De Rossi di entrare, era semplicemente il preparatore che a turno cercava di far alzare i giocatori per tenerli caldi in caso di necessità - chiarisce Ventura -. Questa è la conferma delle difficoltà nell'ambiente, è una cosa inventata di sana pianta. Io non gli ho chiesto mai di entrare in quella partita".
Anche Innocenti, prosegue Ventura "oggi è in buona salute, quindi basterebbe chiamarlo. Semplicemente a turno faceva alzare i giocatori per farli scaldare, in quel caso l'ha chiesto a De Rossi, io non ho neanche visto questa scena. L'ho vista quando poi è stata riproposta alcuni giorni dopo. Quindi questa è una fake che ha dell'incredibile. Però è una conferma che tutto quello che poteva essere rovesciato di negativo veniva rovesciato".
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Adnkronos in collaborazione con PETRONAS Lubricants Italy
PETRONAS Lubricants International (PLI) ha annunciato il rilancio di Selenia, il suo brand di punta nel settore dei lubrificanti, nella regione Emea confermando il costante impegno verso il marchio e una chiara strategia di crescita. Selenia incarna una profonda passione per i motori, unendo tecnologia avanzata con la sua identità iconica, stabilendo così un nuovo punto di riferimento nell’eccellenza automobilistica. Da oltre 30 anni Selenia è la scelta di fiducia per gli automobilisti appassionati della propria vettura e delle sue prestazioni. Conosciuto come l’“Olio dei Campioni”, Selenia ha alimentato vittorie nel Campionato del Mondo Rally e nei Campionati Europei, fin dalla sua nascita. Le sue formulazioni sono studiate appositamente per rispondere alle esigenze di ogni singolo componente in movimento del motore, offrendo la massima protezione e garantendo performance ottimali in ogni percorso.
Con il nuovo posizionamento “Ask for Passion”, Selenia fonde prestazioni ed emozione in una proposta innovativa, rappresentata graficamente da un cuore di olio motore che incarna passione, tradizione e cura. Un simbolo che racchiude passione, heritage e attenzione, rafforzando la visione del brand PLI: unire affidabilità tecnica ed emozione. La nuova identità esprime con forza la dedizione di Selenia alla qualità, mantenendo la struttura grafica storica e il nome del prodotto – garanzia di continuità e riconoscibilità – e introducendo al contempo nuovi elementi distintivi: la viscosità del lubrificante, messa ora in evidenza e il marchio di garanzia “Engineered by PETRONAS”, a sottolineare innovazione ed eccellenza.
Elemento di spicco è l’emblema “100 Years”, che celebra il legame storico del prodotto, dalle origini con Olio Fiat e Fiat Lubrificanti fino ai giorni nostri. Nato come prima gamma premium di Fiat Lubrificanti con formule completamente sintetiche, Selenia è cresciuto fino a diventare un’icona, capace di suscitare orgoglio e ricordi emozionanti. Per i nuovi consumatori rappresenta un invito a entrare a far parte di una storia di passione e performance. La missione resta chiara: in ogni chilometro percorso Selenia protegge le parti vitali del motore, permettendo agli automobilisti di vivere appieno il loro amore per la guida. Il nuovo Selenia incarna l’impegno costante di PLI per la cura del motore – un valore condiviso dal brand e dalla sua community – e unisce passione e fiducia, trasformando un prodotto funzionale in un vero e proprio simbolo di cura, fedeltà e affidabilità. Guardando al futuro, PLI conferma la volontà di continuare a investire nel marchio, con nuove iniziative già in programma per assicurare a Selenia il ruolo di riferimento tra i lubrificanti per automobilisti e meccanici.
“Selenia è più di un prodotto: è la nostra promessa agli automobilisti che la nostra attenzione e dedizione alla performance continuerà a vivere. Il design complessivo lo dimostra, trasformando il nostro olio motore da semplice prodotto funzionale a simbolo di cura e di passione interiore”, ha dichiarato Giuseppe Pedretti, Regional Managing Director EMEA di PETRONAS Lubricants International. “Selenia racconta una storia di dedizione verso i motori e verso chi li ama, coniugando affidabilità tecnica ed emozione.” Gli esperti tecnici di Selenia hanno dedicato oltre 30 anni di know-how alla messa a punto delle tecnologie di lubrificazione, sviluppando un olio motore altamente avanzato in grado di offrire protezione e cura eccezionali per ogni tipologia di veicolo. Insieme all’intuitivo strumento digitale di PLI “Trova il giusto lubrificante”, gli automobilisti possono individuare con sicurezza il prodotto più adatto al proprio motore, sbloccando il massimo delle performance e una protezione completa.
Lupo (PETRONAS Lubricants International), 'nuovo Selenia lubrificante per mobilità moderna'
"Selenia rappresenta molto più di un olio motore: è un simbolo che coniuga tecnologia d’avanguardia, performance superiori e autentica passione automobilistica". Lo dice Ciro Lupo, Business Head Italy & Africa di PETRONAS Lubricants in occasione del lancio del nuovo Selenia per l'area Emea. "Da oltre 30 anni, Selenia è il brand di riferimento per gli automobilisti più esigenti. Soprannominato 'l'Olio dei Campioni', ha contribuito alle vittorie nei Campionati Mondiali Rally e nei Campionati Europei, guadagnandosi sin dal debutto una reputazione di indiscussa eccellenza. Il rilancio con il payoff 'Ask for Passion' ci consente di valorizzare ulteriormente un prodotto che ha scritto pagine decisive nella storia dell'automotive e del motorsport. Selenia protegge il cuore del motore con formulazioni specifiche che salvaguardano ogni componente, garantendo massima protezione e prestazioni ottimali per affrontare le sfide della mobilità moderna. Selenia quindi non è solo storia: è presente e futuro. Oltre il 30% delle vetture che oggi circolano sulle strade italiane lo raccomandano sul loro libretto di uso e manutenzione. Un patrimonio unico che spiega il perché oggi Selenia prosegua con una gamma rinnovata, conforme alle specifiche attuali e in grado di garantire la piena compatibilità tecnica anche per le vetture future. Selenia è rimasto nel tempo e si riconferma un simbolo di passione, di performance e di affidabilità: valori che ancora oggi ci guidano".
Quest’anno celebrate i 10 anni del Network PETRONAS in Italia. Qual è il bilancio di questo percorso e come guardate al futuro della rete? "Il decimo anniversario del nostro Network rappresenta una tappa importante di un percorso che vanta radici molto più profonde. La nostra storia, infatti, affonda le sue origini nell'esperienza delle Officine OlioFiat e della rete Blu Officina, che già negli anni '80 e '90 avevano sviluppato un modello innovativo di collaborazione con i meccanici italiani. Oggi la rete PETRONAS in Italia conta più di 1.900 officine e si inserisce in un contesto più ampio che comprende oltre 3.900 officine affiliate in Europa e 5.400 a livello globale: numeri che testimoniano la solidità di un progetto che ha saputo evolversi nel tempo, mantenendo sempre al centro la qualità del servizio e il rapporto di fiducia con i nostri partner. Per celebrare questo traguardo, abbiamo dato vita a "La Strada dell'Eccellenza", un roadshow itinerante che fa tappa in dieci regioni italiane e terminerà a novembre. Un'occasione preziosa per consolidare le relazioni con officine e distributori e costruire insieme un percorso verso un futuro sempre più innovativo e sostenibile".
Con il lancio di ottobre della PETRONAS Lubricants Italy Academy dimostrate grande attenzione alla formazione. Quali risultati vi aspettate? "L'Academy rappresenta la nostra risposta diretta a una delle sfide più pressanti del settore: la necessità di disporre di professionisti commerciali altamente qualificati e motivati. Questa iniziativa, sviluppata interamente in Italia, si propone di identificare, formare e integrare nuove figure professionali che andranno a potenziare la nostra rete distributiva. Si tratta di un investimento strategico nelle persone e nelle competenze, che sottolinea ancora una volta il ruolo di primo piano dell'Italia nelle attività di ricerca, innovazione e sviluppo di PETRONAS Lubricants International. Un approccio lungimirante che ci permette di consolidare la nostra presenza sul territorio e di rafforzare il rapporto di fiducia con i nostri clienti".
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(Adnkronos) - “Gaza versa in uno stato di carestia drammatica indotta dall’uomo. Sono stati oltre 460 i decessi correlati alla malnutrizione, oltre 140 erano minori. 640mila persone vivono in condizioni di insicurezza alimentare catastrofica, di cui 320mila sono bambini”. Lo ha detto all'Adnkronos Giulio Cocchini, Coordinatore dell’Emergenza a Gaza per Cesvi, in occasione della pubblicazione del Ghi 2025, l’Indice Globale della Fame curata dalla Ong per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv).
Cocchini è tornato dalla sua sesta missione umanitaria a Gaza, una terra in cui “la produzione locale non è più possibile perché più dell'80% dei pozzi e il 70% delle serre sono fuori uso - riferisce - Dove il 70% dei pescherecci è stato distrutto”, dove “1 milione di persone vive con meno di sei litri d’acqua al giorno, necessari per la sopravvivenza” e dove “20 mila persone sono rimaste uccise o ferite nel tentativo di procurarsi il cibo”, racconta.
Cesvi è presente nel territorio palestinese sin dal 1994. “Dal 2018 erano attivi progetti di gestione dei rifiuti e altri progetti interrotti completamente il 7 ottobre 2023 - illustra Cocchini - Dall'aprile del 2024 Cesvi ha ricominciato a operare nella Striscia in condizioni totalmente emergenziali con uno staff minimo, ma siamo riusciti a distribuire cibo terapeutico per i bambini malnutriti e più di 3mila kit alimentari. Poi ci siamo concentrati sulle attività di Wash (Water, Sanitation and Hygiene): abbiamo dato acqua a più di 100mila persone in modo regolare e costante, abbiamo installato centinaia di latrine e di serbatoi. Abbiamo distribuito kit igienici e contenitori per l'acqua e fatto vari interventi di riparazione e miglioramento del deflusso delle acque nere per evitare le inondazioni. Abbiamo inoltre rimosso le macerie e i rifiuti per migliorare leggermente la vivibilità dei rifugi usati dalle popolazioni sfollate”, dice.
Dal racconto dell’operatore umanitario di Cesvi emerge l’operosità di donne e uomini instancabili, capaci di formare una catena umana silenziosa e invisibile che porta con sé un bagaglio pesante, “un sentimento di sgomento che non passa mai. C'è sempre un nodo alla gola per la situazione estremamente drammatica a cui si assiste”, riferisce Cocchini. Ma la soddisfazione è grande: “C'è un un sentimento di orgoglio per quello che stiamo facendo - riprende - e soprattutto di stima e gratitudine verso i colleghi e le colleghe di Cesvi, palestinesi e gazawi, che continuano a lavorare con un'efficienza e una competenza straordinarie. Nonostante siano esse stesse sfollate, con un livello di trauma e di stress che non possiamo neanche immaginare, ogni giorno lavorano e danno il loro contributo per la sopravvivenza e per il benessere della loro comunità”.

(Adnkronos) - “L'indice globale della fame traccia uno scenario drammatico: nell'ultimo anno, guerre e conflitti armati hanno innescato 20 crisi alimentari e gettato in condizione di fame acuta oltre 140 milioni di persone. In diversi contesti la fame non è soltanto una conseguenza della violenza armata, ma è inflitta in maniera deliberata attraverso assedi, blocchi degli aiuti, distruzione delle infrastrutture agricole, quindi utilizzata come una vera e propria arma da guerra”. Lo ha detto all’Adnkronos Valeria Emmi, Head of strategy & advocacy di Cesvi, commentando i dati emersi dalla 20esima edizione dell’Indice Globale della Fame 2025 (Global Hunger Index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato dalla Ong per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern Worldwide e Institute for International Law of Peace and Armed Conflict (Ifhv).
Secondo l'Indice Globale della Fame, “sono sette i paesi che hanno raggiunto livelli di fame allarmante - illustra Emmi - tra questi Haiti, Somalia, Sud Sudan. Non sono menzionati con dati esatti e precisi la Palestina e il Sudan, ma vengono rappresentati come una forte criticità proprio perché la situazione è talmente critica da rendere impossibile il calcolo completo di tutti i punteggi del Ghi - spiega - Quando i sistemi di monitoraggio vengono indeboliti, in contesti di guerre e conflitti, i bisogni diventano invisibili. Questa è la drammaticità della situazione di Gaza o del Sudan”. Cesvi è presente nei Territori Palestinesi sin dal 1994, si legge in una nota. Dopo il 7 ottobre del 2023, quando il conflitto in Medioriente si è acceso ulteriormente, ha intensificato e rafforzato le sue attività per garantire l’accesso ai beni essenziali per la sopravvivenza come “l’installazione di latrine, la riabilitazione delle infrastrutture igienico sanitarie nei campi sfollati, l’accesso all'acqua potabile”, racconta Emmi. Attualmente la Ong “fornisce a Gaza City e nella parte sud della Striscia, tra i 50 e i 55 mila litri di acqua potabile a circa 4mila e 600 persone nei campi sfollati”.
A causa del conflitto armato, a Gaza “la fame ha ucciso una persona al giorno - continua Emmi - Sono stati oltre 460 i decessi correlati alla malnutrizione, più di 260 nel solo 2025. Oltre 140 erano minori. Più di 320mila bambini sotto i 5 anni sono ora a rischio di malnutrizione acuta e oltre 20mila persone sono rimaste uccise o ferite nel tentativo di procurarsi del cibo e accedere agli aiuti. Secondo le proiezioni, nei prossimi mesi saranno circa 641 mila le persone che si troveranno in una condizione di catastrofe. Stiamo normalizzando la fame come arma da guerra - conclude - e questo non è accettabile”.
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(Adnkronos) - “Ho incentrato la prefazione che ho scritto per l’edizione italiana dell’Indice Globale della fame (Ghi) sul fatto che esiste un buco nero nel mondo ed è, evidentemente, la Striscia di Gaza, dove, per la prima volta dal Medioevo, abbiamo assistito a un'operazione ignobile, quella di affamare la popolazione, impedendo l’arrivo di cibo, per costringerla ad abbandonare la sua terra”. A spiegarlo è Gigi Riva, editorialista di Domani e scrittore, alla presentazione dell’edizione 2025 dell’Indice Globale della fame (Global hunger index – Ghi), tra i principali rapporti internazionali sulla misurazione della fame nel mondo, curato da Cesvi per l’edizione italiana e redatto da Welthungerhilfe (Whh), Concern worldwide e Institute for international law of peace and armed conflict (Ifhv). Quella che si è protratta negli ultimi due anni “è stata l'ultima escalation dopo massacri e, persino, pulizie etniche. Molta gente muore ancora di fame nel mondo, ma per motivi naturali, come i cambiamenti climatici, le catastrofi naturali o ‘semplicemente’ per l’assenza di cibo - spiega Riva, che nella sua lunga carriera è stato anche inviato di guerra per Il Giorno e L’Espresso - Ma questa è la prima volta in epoca moderna in cui è l'uomo a decretare” la carestia, “in cui è l’uomo che ha deciso di affamare un'intera fetta di popolazione, provocando anche la morte di diversi bambini” per malnutrizione.
Il buco nero di cui racconta Riva nella prefazione del Ghi non è relativo solo alla fame “ma anche all’informazione, perché le poche e parziali informazioni che abbiamo avuto rispetto a questa crisi alimentare le abbiamo avute dalle fonti locali e, soprattutto, dai giornalisti palestinesi, unici testimoni della stampa presenti a poter raccontare quando succedeva, dal momento che ai media internazionali era impossibile accedere al teatro di battaglia della Striscia di Gaza. Quasi 300 di loro sono morti nel fare il loro lavoro”. “C'è anche un buco nero morale - aggiunge - perché l'Occidente non ha difeso i suoi valori, ha permesso che tutto questo succedesse. Come ho aggiunto nella prefazione, quello di Gaza è il buco nero più evidente, che tocca più da vicino sia dal punto di vista della prossimità geografica che della coscienza, ma ce ne sono altri di buchi neri. Uno è il Sudan, dove c'è una guerra e la gente muore di fame, l'altro è la Somalia. Sono almeno sette i Paesi in cui la gente muore di fame a causa delle guerre”.
Tornando a parlare della situazione umanitaria che la popolazione gazawa ha vissuto per due anni, prima che Hamas ed Israele accettassero il recentissimo accordo di pace, l’ex direttore del Giornale di Vicenza spiega come si tratti della “prima volta che ci troviamo davanti ad una situazione del genere, ossia alla volontà di uccidere della gente con la fame, non permettendo di accedere agli aiuti alimentari” al punto da costringere la popolazione a pensare di andarsene “una delle delle prospettive era infatti quella di rendere la vita nella Striscia così impossibile da obbligare la popolazione ad abbandonarla per dislocarsi nel Sinai, piuttosto che in Giordania o in Libia. È la prima volta”, in epoca moderna, “che ci troviamo davanti all'accanimento dell'uomo sull'uomo” attraverso l’arma della fame. La percezione “di questo orrore è andata via via crescendo nella popolazione - commenta Riva - e credo che la cosa che più ha smosso le coscienze, come successo anche in altre guerre, è vedere le immagini dei bambini di Gaza. L'identificazione di quei bambini con i nostri figli ha fatto sì che esplodesse la protesta e in tutto il mondo si scendesse in piazza per dire ‘basta’. È incredibile se volete, persino un paradosso, che le proteste siano scoppiate non quando il massacro era ancora più vasto ma quando il tema è stato la fame”.
Una fame che a Gaza non uccideva solo attraverso la privazione del cibo ma anche con i proiettili: "Centinaia di persone sono state uccise a Gaza dagli spari sulla folla in coda per il cibo e, ancora, non si sa chi abbia aperto il fuoco”. “L'informazione di guerra presenta due sfide in questo momento, quella di creare le condizioni perché i giornalisti possano accedere ai luoghi in cui i conflitti avvengono e quella della lotta alle fake news e alla proliferazione dell’accesso ai media e alle opportunità tecnologiche con cui si possano veicolare informazione” prosegue, spiegando che la guerra a Gaza è un esempio per entrambe le sfide perché da una parte “l'esercito israeliano ha impedito ai giornalisti internazionali di avere una visione sul luogo” e dall’altra “alcuni giornalisti sono entrati embedded - come si dice in gergo tecnico - all'esercito, che ha fatto quindi vedere loro solo quello che voleva”.
“Da una situazione come quella di Gaza i media tradizionali possono trarre una lezione, perché se è vero che le nostre telecamere e i nostri taccuini non hanno potuto raccontarla sul campo, è pur vero che esistono centinaia di giornalisti locali e centinaia di semplici cittadini che possono contribuire all’informazione inviando i loro i filmati, dando le loro testimonianze. In questo caso, il nostro obbligo di giornalisti sarà quello di essere ‘i vigili urbani dell'informazione’, usando la nostra professionalità per capire quali di queste informazioni è vera e verificata o verificabile e quale no. Noi abbiamo gli strumenti per poterlo fare”. “Il rapporto Ghi di quest'anno ci dice una cosa allarmante - aggiunge Riva - che va addirittura oltre le informazioni sulle morti per fame a Gaza piuttosto che nel Sudan e in Somalia. Sto parlando del fatto che negli ultimi dieci anni l'indice di povertà è diminuito, ma di pochissimo. I Paesi che erano più generosi nel fornire aiuti fino a dieci anni fa, non lo sono più. Con la crisi economica è calata l'attenzione verso l'altro, si è meno disposti a gesti di generosità, sia personali che per quanto riguarda gli interventi degli Stati. Questo è il motivo per cui da dieci anni l'indice della fame nel mondo è rimasto pressoché inalterato, rendendo impossibile il traguardo che ci si era prefissati: zero fame entro il 2030”, avverte. Se si continuerà a migliorare a ritmi così bassi “si raggiungerà la zero fame nel 2137, un secolo dopo rispetto al previsto”, dice.
“ll Cesvi, di cui sono membro onorario - ricorda il giornalista - in questo momento nella Striscia di Gaza permette alla gente di avere accesso all'acqua, fondamentale anche più del cibo. Quindi le Ong che svolgono il loro lavoro in zone di guerra, soprattutto nelle zone più difficili, sono quelle che fanno da supplenza” alla mancanza di azioni degli Stati, riflette Riva. “Il supporto delle Ong è stato fondamentale, non solo per stare vicini alla popolazione e per cercare di portare delle gocce di umanità oltre che aiuto concreto, ma anche perché sono state i nostri occhi laddove i nostri occhi non potevano arrivare”, conclude.
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(Adnkronos) - Bisogna avviare un nuovo e continuativo dialogo tra i rappresentanti dei pazienti reumatici e delle istituzioni locali. E’ necessario quanto prima trovare nuove soluzioni a vantaggio dell’intera collettività. Va risolto il duplice problema di garantire sempre la continuità terapeutica al malato e la libertà prescrittiva del clinico specialista. E’ questo il messaggio emerso nei giorni scorsi durante un convegno nazionale alla Camera dei Deputati organizzato da Anamr OdV (Associazione nazionale Malati Reumatici). L’evento è stato organizzato per festeggiare i 40 anni dell’Associazione e in concomitanza con la Giornata Mondiale del Malato Reumatico che si celebra ogni anno il 12 ottobre.
"E’ giunto il momento di lavorare in modo diverso con le Regioni e già esistono delle sedi istituzionali opportune - ha sottolineato Silvia Tonolo, presidente Anamr OdV -. Per esempio, a livello nazionale c’è da tempo la Conferenza Stato-Regioni e di recente è stato istituito il Tavolo tecnico Aifa-Regioni per un confronto continuativo su accesso ai farmaci e rimborsabilità. Anche in molti enti locali sono attivi e presenti tavoli per risolvere problematiche legate alla reale disponibilità di terapie e trattamenti. In tutte queste sedi di confronto e di lavoro serve però un maggiore coinvolgimento dei rappresentanti dei pazienti e quindi delle Associazioni come Anmar. Sono 21 i sistemi sanitari attivi in Italia e tutti i malati dovrebbero avere gli stessi diritti e le medesime opportunità. Tuttavia si segnalano ancora forti difficoltà e differenze territoriali nell’accesso alle terapie e, più in generale, ad alcune prestazioni sanitarie. Le problematiche e le esigenze dei malati vanno ascoltate e recepite da tutte le Istituzioni. E’ quanto vogliamo ribadire con forza in occasione del nostro 40° compleanno".
"Per lungo tempo la reumatologia non ha potuto avvalersi di terapie specifiche e noi, specialisti e malati, abbiamo per anni dovuto accontentarci di utilizzare trattamenti ideati per la cura di altre patologie - ha detto Mauro Galeazzi, responsabile scientifico dell’Osservatorio Capire -. Tutto è cambiato a inizio anni 2000 con l’introduzione dei farmaci biologici, e successivamente degli anti jak che hanno rivoluzionato la pratica clinica e la vita di milioni di persone in tutto il mondo. Fu solo a causa dei loro elevati prezzi che le Istituzioni Sanitarie si accorsero della esistenza di questa tipologia di malati, fino ad allora sconosciuti, soltanto perché questi malati diventavano un costo. Tuttavia va ricordato quanto le terapie innovative abbiano determinato grandi e indubbi vantaggi; è stato possibile infatti introdurre, e rendere operativo, anche in reumatologia, il concetto e la pratica della medicina personalizzata per ottenere l’obiettivo universalmente accettato della remissione prolungata della malattia, con blocco della progressione del danno che si traduce a sua volta nell’abbattimento dei costi diretti e indiretti legati alla disabilità".
"Purtroppo per molti anni - ha aggiunto Galeazzi - con l’entrata dell’uso delle gare per la scelta del farmaco, ci siamo dovuti, malati e medici, accontentare di dover prescrivere il farmaco meno costoso piuttosto che quello più efficace con perdita di molti dei vantaggi, sia clinici che economici, che avremmo potuto avere sui tempi più lunghi. Naturalmente l’aver istituito, a lato di Anamr, anche l’osservatorio Capire di cui mi onoro di far parte, in cui ci si è potuto confrontare tra malati, giuristi ed esperti clinici, ha consentito di contenere i danni che una gestione del tutto inappropriata delle vere necessità dei malati reumatologici e degli specialisti che li seguono, avrebbero potuto procurare, sia in termini clinici che economici".
"Come Commissione Affari Sociali crediamo fortemente al rapporto prolifico con le Associazioni di pazienti - ha poi sostenuto Luciano Ciocchetti, vicepresidente della Commissione Affari sociali della Camera -. Le abbiamo, infatti, accolte e ascoltate in numerose audizioni alla Camera e lo scorso anno abbiamo stabilito anche per legge le procedure per regolare il dialogo tra istituzioni pubbliche e rappresentanti dei malati. Ci stiamo così adeguando a norme già esistenti in molti altri Paesi Occidentali. Stiamo andando sempre di più verso la medicina personalizzata e sta diventando perciò imprescindibile il rapporto costante con chi vive direttamente e sulla propria pelle le principali patologie".
"Anche le farmacie di comunità rappresentano un punto di riferimento per tutti i pazienti cronici reumatici - ha evidenziato Claudia Pietropoli, consigliere nazionale di Federfarma -. Da anni abbiamo deciso di ascoltare le richieste che ci arrivano da parte delle Associazioni e siamo ora in grado di comprendere le loro reali esigenze. Continueremo a sostenere Anmar perché fin dall’inizio della sua storia ha stabilito un rapporto privilegiato con la filiera dei farmacisti italiani. La nostra è una rete importante e che può vantare oltre 19mila farmacie attive sull’intero territorio nazionale anche nei comuni più piccoli, rurali e periferici. Una presenza capillare che può essere sfruttata nell’interesse di tutti gli attori coinvolti nella gestione dei malati reumatici".
"In Italia uno dei problemi dell’assistenza socio-sanitaria è la scarsità di medici reumatologici - ha concluso Donatella Fiore, Direttrice Uosd di Reumatologia, S. Spirito - Nuovo Regina Margherita, e delegata Crei (Collegio reumatologi italiani) -. Manca soprattutto una rete di medicina territoriale in grado di collegare le attività degli ospedali che spesso sono strutture sanitarie di alto livello e nelle quali lavorano ottimi professionisti. Un’altra criticità sono le liste d’attesa troppo lunghe per avere una visita reumatologica e poter così fare prevenzione, ottenere una diagnosi precoce ed evitare disabilità permanenti. Per elargire i piani terapeutici la telemedicina può essere uno strumento utile e potrebbe aiutare anche per controlli a distanza con malati che hanno già avuto una prima visita in presenza".
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