(Adnkronos) - Pino Insegno torna per il secondo anno al timone di 'Reazione a catena'. Il conduttore, alla presentazione dei palinsesti estivi del Day Time della Rai, ha confermato il suo ritorno e ha fatto qualche considerazione sulle critiche relative agli ascolti che hanno caratterizzato la scorsa stagione.
"Dopo 44 anni di questo mestiere devo dimostrare qualcosa solo a me stesso rispetto alle persone che mi seguono da tanto tempo", ha esordito Insegno togliendosi qualche sassolino dalla scarpa. "Reazione a Catena debuttò nel 1982 in prima serata su Rai2 il sabato sera - ha aggiunto Insegno -. Da lì, oltre 40 anni di mestiere. Dopo di che alla conduzione non ci sono più stato io, indagate voi il motivo, e ho fatto tanti altri programmi andati bene, a parte lo scivolone del 'Mercante In Fiera' che è stato un tentativo", scandisce l'attore e conduttore romano.
"Andavamo in diretta contro la partita, contro la finale di salto in alto, contro la finale di Coppa Davis e gli ascolti nonostante tutto avevano sempre il 2 davanti - ha detto Insegno -. Quest'anno confermeremo e andremo avanti, non ci siamo sempre noi contro tutti. Poi creare la polemica è facile".
Sul tema interviene, a difesa del conduttore, anche il direttore dell'Intrattenimento DayTime Angelo Mellone: "Non si può prendere come esempio la programmazione dello scorso anno perché è stata una corsa a ostacoli nella definizione e ridefinizione dei palinsesti - spiega -. Una concatenazione di eventi sportivi e internazionali che ha impedito a un programma storico di sedimentarsi. Quest'anno si torna su un terreno di normalità. Pino Insegno ha molti difetti, ma per quanto mi riguarda non ha nulla da dimostrare".
"Ci rivediamo a fine luglio e facciamo un bilancio - chiosa poi Mellone - Se gli ascolti saranno soddisfacenti, chiedo di considerare Pino per quello che è. Può essere simpatico o antipatico, per me è simpaticissimo, ma non esistono conduttori che non hanno flop alle spalle, quindi direi che la quantità di attenzione che ha ricevuto lui è stata abbastanza grande".
(Adnkronos) - Alla tappa di Castelnuovo ne' Monti (Reggio Emilia) del Giro d'Italia, nell'ambito della campagna di sensibilizzazione sulla conoscenza e prevenzione del tumore uroteliale 'Non girarci intorno' di Merck, un'instant survey condotta su un campione di circa 170 persone ha offerto uno spaccato significativo sulla consapevolezza legata al tumore alla vescica. Ben 3 intervistati su 4 hanno dichiarato di conoscere la malattia, e il 63% ha individuato correttamente la presenza di sangue nelle urine come principale campanello d'allarme. E' risultata molto alta anche la consapevolezza dei fattori di rischio: l'80% sa che il fumo rappresenta una causa rilevante nello sviluppo del tumore. Tuttavia, emerge un dato preoccupante: più della metà degli intervistati non ha mai affrontato il tema della prevenzione oncologica con il proprio medico. Per questo - si legge in una nota - è essenziale intensificare l'attività informativa per favorire una maggiore sensibilità sul tema nella popolazione. Un segnale incoraggiante, però, arriva dal fatto che oltre il 50% del campione riconosce il valore delle associazioni di pazienti nel diffondere conoscenze e orientamenti utili sulle malattie oncologiche, confermandone il ruolo centrale nei percorsi di prevenzione e supporto.
"Oggi il cancro è tra le malattie croniche la più curabile e prevenibile - afferma Carmine Pinto, coordinatore della Rete oncologia ed emato-oncologica Emilia Romagna - A differenza di molte patologie degenerative, come quelle del sistema nervoso centrale, per il cancro abbiamo terapie efficaci e possibilità concrete di prevenzione. Il primo passo uno stile di vita sano: non fumare, evitare l'abuso di alcol, mantenere un peso adeguato, seguire una dieta equilibrata e praticare attività fisica. Questi comportamenti riducono in modo significativo il rischio, ma è fondamentale anche aderire ai programmi di screening nazionali: mammella, cervice uterina e colon-retto. Questi strumenti - evidenzia - permettono di diagnosticare precocemente o addirittura di intercettare i precursori dei tumori, aumentando le possibilità di cura e guarigione".
Ma "tutto questo - prosegue lo specialista - deve essere gestito da un sistema organizzato, come le reti oncologiche regionali, dove si parte dalla prevenzione primaria, dagli screening, alla diagnostica più avanzata - pensiamo a quello che può fare oggi la medicina nucleare e la biologia molecolare - alle cure più" efficaci. "Ma non solo, pensiamo anche alla riabilitazione, al follow-up a lungo termine dei pazienti guariti da tumore o con malattia 'cronicizzata'. Per quanto riguarda la terapia medica stiamo assistendo a un cambiamento epocale. Siamo passati dalla chemioterapia e dall'ormonoterapia a farmaci a target molecolari, all'immunoterapia con checkpoint inibitori, all'introduzione di anticorpi coniugati e radioligandi".
Attualmente, "tra i 3,5 e i 4 milioni di italiani vivono dopo una diagnosi di cancro - ricorda Pinto - e a loro dobbiamo garantire qualità di vita, reinserimento sociale e lavorativo, diritto all'oblio oncologico. Chi ha avuto una esperienza di malattia oncologica deve poter condurre una vita normale, dopo di essa. E chi ha ricevuto una diagnosi di cancro deve poter essere curato nel modo più adeguato ed appropriato". In Emilia Romagna la Rete oncologica ed emato-oncologica regionale ha proprio come obiettivo dare valore a tutte le strutture sanitarie in continuità tra ospedali, Irccs, università e territori, in un processo che è assistenziale, ma anche di introduzione delle innovazioni e sviluppo della ricerca. "Questa - sottolinea Pinto - è una regione che ha la più alta copertura degli screening a livello nazionale. Abbiamo la più alta sopravvivenza a 5 anni per tutti i tumori dalla diagnosi (68% contro la media nazionale del 63%) e abbiamo la possibilità di cure avanzate distribuite sull'intero territorio regionale. E' la prova che un sistema sanitario pubblico condiviso, integrato e governato può funzionare e garantire il diritto di accesso alle migliori cure per tutti i cittadini".
Il tumore della vescica è il secondo tumore urologico più comune dopo quello alla prostata. In Italia nel 2024 sono stati diagnosticati 31.016 casi. E' più frequente tra i 60 e i 70 anni e si manifesta circa 4 volte più negli uomini che nelle donne. "Il nostro obiettivo è quello di contribuire a costruire una cultura della prevenzione che coinvolga tutti, dai cittadini ai professionisti sanitari - dichiara Ramón Palou de Comasema, presidente e amministratore delegato Healthcare di Merck Italia - Con il progetto 'Non girarci intorno' vogliamo portare questo messaggio di conoscenza e attenzione ai sintomi della patologia in un contesto di grande visibilità come il Giro d'Italia, perché nella sfida ai tumori una diagnosi precoce può fare davvero la differenza. Si tratta di uno sforzo di comunicazione senza precedenti, che conferma il nostro impegno in ambito oncologico con un approccio a 360 gradi: non ci limitiamo infatti allo sviluppo e all'offerta di soluzioni terapeutiche all’avanguardia, ma andiamo 'oltre il farmaco' con iniziative di prevenzione e sensibilizzazione. Facciamo ciò coinvolgendo tutti gli attori del sistema salute (medici e società scientifiche, associazioni di pazienti e istituzioni), e sperimentando formati e canali sempre diversi, per raggiungere il maggior numero di persone possibile".
La campagna 'Non girarci intorno' è patrocinata da Fiaso, Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere; Simg, Società italiana dei medici di medicina generale e delle cure primarie; Siuro, Società italiana di uro-oncologia e associazione Palinuro, Pazienti liberi dalle neoplasie uroteliali.
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(Adnkronos) - I pazienti oncologici del nostro Paese, dopo l'autorizzazione dell'Agenzia regolatoria europea (Ema), devono aspettare ancora 441 giorni, cioè più di 14 mesi, per accedere ai nuovi trattamenti anticancro. L'Italia è più rapida rispetto alla media europea, pari a ben 586 giorni, ma troppo lontana dalla Germania, il Paese più veloce, dove ne bastano 110. Non solo. A questi tempi molto lunghi, in Italia si aggiungono gli ostacoli ulteriori burocratici territoriali, determinati dall'inserimento delle nuove molecole anticancro nei Prontuari terapeutici regionali. Un esempio di disparità territoriali da risolvere quanto prima è quello del carcinoma della prostata. Il primo radioligando rimborsato per il trattamento del tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, a distanza di quasi 3 mesi dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell'approvazione dell'Aifa, non è ancora disponibile in tutte le 16 regioni dotate di strutture abilitate a somministrarlo. Il Piemonte, infatti, non ha emanato la nota di riconoscimento dei centri prescrittori, con la grave conseguenza che i pazienti di questa regione non possono accedere alla cura innovativa.
E' la denuncia dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) dal Convegno nazionale 'Cancer Research: from Chicago to Bari', che si apre oggi nel capoluogo pugliese con l'obiettivo di analizzare i più importanti progressi della ricerca scientifica contro il cancro emersi dal Congresso dell'American Association for Cancer Research (Aacr), che si è svolto recentemente a Chicago. "L'innovazione porta davvero benefici se è garantita equamente a tutti i pazienti - spiega Francesco Perrone, presidente Aiom - Quando un oncologo, nel rispetto dei 'paletti' prescrittivi imposti da Aifa, richiede un trattamento, andrebbero evitate lungaggini burocratiche e ulteriori valutazioni locali, talvolta istituite per controllare la spesa farmaceutica, ma che rischiano di avere conseguenze negative sui tempi di accesso al farmaco, nonché sul carico di lavoro del professionista. La nostra società scientifica più volte ha ribadito la necessità di eliminare i Prontuari terapeutici regionali e ospedalieri che, di fatto, causano ritardi e disparità nell'accesso alle cure. Inoltre, come ha evidenziato il presidente di Aifa, Robert Nisticò, è arrivato il momento di ragionare su meccanismi di 'accesso precoce' alle terapie innovative".
"La terapia con radioligandi - precisa Perrone - è uno degli esempi più promettenti della medicina di precisione, che individua strategie di intervento sempre più mirate, efficaci e sicure. I pazienti con tumore della prostata metastatico resistente alla castrazione, che hanno già ricevuto diverse linee di terapia, sono caratterizzati da una sopravvivenza limitata e non possono aspettare che vengano risolti i nodi burocratici a livello locale. Il 'fattore tempo' è cruciale nella cura del cancro e siamo preoccupati per questi ritardi in alcune aree del Paese".
Il tumore della prostata è il più frequente nella popolazione maschile del nostro Paese, con quasi 40.200 nuove diagnosi stimate nel 2024, ricorda una nota. Il 3 marzo 2025 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la decisione di Aifa di rimborsare Lutetium (177Lu) vipivotide tetraxetan nei pazienti affetti da carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione progressivo, positivo all'antigene di membrana specifico della prostata (Psma), che sono stati trattati con inibitore della via del recettore degli androgeni e chemioterapia a base di docetaxel e cabazitaxel o che non sono candidabili a cabazitaxel. "Oggi un paziente che risiede in Piemonte, se vuole accedere al nuovo trattamento, deve recarsi in centri abilitati di altre Regioni - afferma Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom - e tra l'altro spesso la persona con questa neoplasia in stadio avanzato è anziana e fragile, per cui ha difficoltà a spostarsi. La soluzione non può essere rappresentata dal rimborso del farmaco fuori regione. Inoltre, i centri possono avere difficoltà a soddisfare il fabbisogno 'interno' di questa terapia e talvolta non riescono a farsi carico anche di malati provenienti da altri territori".
"In Piemonte, ad oggi, in attesa che anche altre medicine nucleari abbiano le caratteristiche idonee per somministrare questi farmaci - continua Di Maio - l'ospedale Mauriziano di Torino e quello di Alessandria sono dotati di strutture di medicina nucleare in grado di somministrare i radioligandi. Questi due centri dovranno curare anche pazienti provenienti da altri nosocomi piemontesi, non abilitati alla somministrazione di questo tipo di radiofarmaci. La definizione del percorso di questi pazienti è un aspetto organizzativo che, però, ad oggi non può essere concretamente affrontato perché manca ancora la delibera regionale di autorizzazione dei centri prescrittori. I pazienti del Piemonte non possono avere accesso al nuovo farmaco a causa di ostacoli burocratici, non clinici, visto che Aifa ha approvato da quasi 3 mesi la rimborsabilità della terapia".
"I radioligandi - conclude Perrone - costituiscono una nuova frontiera dell'innovazione in oncologia e possiedono le potenzialità per essere impiegati in numerosi tipi di tumori e in diversi momenti di evoluzione di una stessa neoplasia. Inizialmente, i radioligandi hanno dimostrato di essere efficaci nei tumori neuroendocrini, ma il numero di pazienti oncologici con le caratteristiche per trarre benefici da questa cura è destinato ad aumentare in seguito alla disponibilità nel carcinoma prostatico, una delle neoplasie più frequenti. Pertanto, è importante che aumenti il numero di strutture di Medicina nucleare in grado di erogare questi trattamenti. Non solo. Poiché la terapia con radioligandi non potrà essere disponibile in tutti gli ospedali, è fondamentale che i team multidisciplinari dei centri periferici siano messi in condizione di lavorare quanto più possibile a stretto contatto con l'expertise centrale delle strutture che potranno prendere in carico i pazienti per i trattamenti".
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(Adnkronos) - Moby sulla cresta dell’onda, in questo caso radiofonica: per la prima volta nella sua storia, la compagnia porterà una trasmissione di Radio Deejay in diretta a bordo di una sua nave, domani e dopodomani su Moby Legacy, una delle due ammiraglie che operano tutto l’anno sulla tratta Livorno-Olbia-Livorno.
Legacy e la gemella Fantasy - ricorda una nota - sono i due traghetti più grandi, capienti, moderni ed ecologicamente sostenibili del Mediterraneo e Deejay è stata scelta da Moby per la sua leadership sul target giovane e adulto e per la capacità di raccontare ogni giorno l’Italia, con ascoltatori fidelizzati e che si identificano con la radio e con il suo messaggio. In particolare, la trasmissione in onda in diretta dall’ammiraglia della Balena Blu sarà quella di Rudy Zerbi e Laura Antonini, appuntamento imperdibile dalle 8 alle 10 del mattino tutti i weekend dell’anno, apprezzatissimo dal pubblico per la leggerezza e la freschezza dell’approccio. Leggerezza e freschezza che, insieme alla stagionalità, sono anche le parole d’ordine della ristorazione a bordo di Legacy (e Fantasy), che contano su un intero ponte dedicato, con tutte le preparazioni a vista, praticamente uno show cooking in mezzo al mare.
Rudy e Laura andranno in onda vivendo in diretta le navi. La loro trasmissione è un talk accompagnato dalla musica più apprezzata del momento e consentirà ai due conduttori di raccontare, insieme ovviamente a tutti gli altri temi tradizionali della programmazione e dell’attualità, anche le caratteristiche uniche di Moby Fantasy e Moby Legacy. In questo saranno aiutati anche da alcuni ospiti che racconteranno la storia e le caratteristiche della compagnia della Balena Blu e aneddoti della vita di bordo, in modo che gli ascoltatori si sentiranno anche loro a bordo, in navigazione fra Livorno, Olbia e viceversa.
Anche dal punto di vista “fisico” la nave si trasformerà in un vero e proprio studio radiofonico galleggiante allestito in mare, ulteriore tassello a conferma che le navi ammiraglie Moby sono le più tecnologicamente avanzate della marineria italiana: wifi free per i passeggeri, maxischermi Sky per non perdere nemmeno un minuto delle proprie trasmissioni preferite, casse elettroniche su Fantasy per velocizzare ulteriormente il servizio a pranzo, portelloni innovativi per ridurre i tempi di imbarco e sbarco, oltre alla possibilità di essere collegate alle colonnine elettrificate in porto e di essere alimentate a gas naturale liquefatto e dotate di scrubber per ripulire i fumi.
Tutto questo, fra l’altro, non si fermerà con la trasmissione vera e propria, perché a fianco delle quattro ore di diretta, due sabato e due domenica, ci sarà anche una attività social sui canali Moby e Deejay per continuare questo viaggio. E verrà lanciata una playlist Moby su Spotify, firmata da Rudi e Laura, pronta ad essere la colonna sonora delle vacanze 2025.
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(Adnkronos) - “La sicurezza stradale non può essere un optional: servono formazione, consapevolezza e responsabilità. A partire dalle autoscuole”. A dirlo oggi Unasca (Unione nazionale autoscuole e studi di consulenza automobilistica) nella sala capitolare del Senato della Repubblica, durante l’iniziativa 'Neo patentati: più sicurezza! Giovani, scuole guida e assicurazioni verso l’Europa', promossa dal senatore Gianluca Cantalamessa. Nel suo intervento, Alfredo Boenzi, segretario nazionale autoscuole Unasca, ha posto l’accento sulla necessità urgente di rivedere i percorsi formativi attuali: “Non possiamo limitarci alle sei ore minime di guida previste dalla legge. Formare un conducente significa formare un cittadino responsabile: verso sé stesso, verso gli altri, verso l’ambiente. Questo impegno va riconosciuto anche dalle istituzioni”.
Sulla stessa linea Andrea Onori, responsabile nazionale sicurezza stradale Unasca: “La percezione del rischio alla guida è una competenza che si costruisce con metodo, esperienza e tempo. Occorre affiancare alla tecnica una vera educazione alla sicurezza stradale, che includa simulazioni, gestione delle emergenze e consapevolezza dell’impatto sociale degli incidenti. Solo così possiamo costruire una cultura della prevenzione”.
Unasca ha avanzato anche una proposta concreta: incentivi fiscali per i corsi di approfondimento sulla sicurezza rivolti ai giovani. “Una riduzione dell’iva per i corsi collegati al conseguimento della patente - spiegano Boenzi e Onori - sarebbe un segnale concreto da parte dello Stato. Oggi questi percorsi non sono incentivati, nonostante possano fare la differenza tra un guidatore distratto e uno realmente preparato”. L’appello di Unasca alle istituzioni è chiaro: la revisione del sistema formativo dei conducenti non è più rinviabile. “La vera rivoluzione culturale inizia dai banchi dell’autoscuola. E' lì che si costruisce un futuro più sicuro per tutti”.
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