

(Adnkronos) - “La provincia di Trento vuole continuare il rapporto di collaborazione con il centro clinico NeMo attivo nell'ospedale riabilitativo 'Villa Rosa' di Pergine Valsugana”. Lo ha detto oggi Maurizio Fugatti, presidente della provincia di Trento, in occasione del seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con AriSla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
“E' chiaro che quando si rinnova un accordo bisogna fare tutte le valutazioni tecniche e amministrative – ha specificato Fugatti – doverose da parte di chi gestisce soldi pubblici, ma il valore aggiunto che il Centro NeMo ha dato e darà ci ha convinto della necessità di continuare questo rapporto”.
Il Centro Clinico NeMo Trento, operativo da marzo 2021 presso l’Ospedale riabilitativo 'Villa Rosa' di Pergine Valsugana, è uno dei pochi esempi in Italia di cogestione pubblico-privato nel campo della diagnosi, cura e ricerca sulle malattie neuromuscolari, grazie alla collaborazione tra Apss (Azienda sanitaria della Provincia di Trento) e Fondazione Serena Onlus. La scadenza dell'accordo di sperimentazione gestionale, della durata di cinque anni, è fissata a febbraio 2026. In pochi anni NeMo Trento ha raggiunto un riconosciuto livello di eccellenza ed è stato incluso nella rete internazionale dedicata alla ricerca e alla lotta contro la Sla.
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(Adnkronos) - "Siamo ormai entrati nel contesto di una rivoluzione che non è eccessivo definire epocale: è una rivoluzione che cambia pervasivamente i modi di produrre e la società stessa, nonché il modo di misurarla, in questo contesto. Nel mio libro 'Creatività o sottomissione? Il lavoro incontra la AI', consideriamo, ad esempio, la difficoltà di misurare la produttività grazie ai cambiamenti indotti dall'intelligenza artificiale. Di questa, a me piace una definizione, quella per cui se fino a ieri attraverso Google, avevamo a disposizione dei bibliotecari, che in tempo reale davano alcuni estratti da alcune fonti funzionali a un determinato contenuto, adesso disponiamo, a fianco di questi bibliotecari, un centro studi con tantissime persone, che in tempo reale elaborano quei contenuti”. Lo ha affermato da Maurizio Sacconi, ex ministro del lavoro e delle politiche sociali e presidente dell’Associazione Amici di Marco Biagi, durante il panel ‘Creatività o sottomissione? Il lavoro incontra la AI’, nell’ambito della nuova edizione di StatisticAll, il festival della statistica e della demografia che si sta svolgendo a Treviso.
“I problemi che si pongono da questo punto di vista sono infiniti, dal punto di vista dell'offerta di applicazioni dell'intelligenza artificiale. Io ne segnalo soprattutto uno, che è il problema prevalente: la trasparenza ai fini dell'affidabilità dei contenuti - spiega - Ci si affanna a voler regolare l’Ai, soprattutto in Europa, mentre, invece, nelle due grandi aree economiche del mondo, Stati Uniti e Cina, prevale la scelta di non frenare questo fenomeno attraverso la regolazione”.
“La Cina, per definizione è sregolata. Mi fanno sorridere gli scienziati che nei giorni scorsi hanno invocato una sorta di regolazione globale perché si dica almeno ciò che non può fare l'intelligenza artificiale e mi fa sorridere perché siamo reduci da una pandemia nella quale l'Organizzazione Mondiale della Sanità, appartenente al sistema Nazioni Unite, non ha potuto affatto entrare in Cina per cercare di comprendere le origini di quella pandemia - sottolinea Sacconi - quindi non ci sono le condizioni, a mio avviso, per una regolazione globale. Trump ha ritirato l'atto di Biden, che l'Europa addirittura considerava troppo morbido. L'Europa ha definito una disciplina molto incerta che determinerà molti problemi per le nostre imprese e per la loro competitività nel rapporto con quelle grandi aree”.
“Il tema che ci interessa affrontare nel mio libro, però, non è tanto quello dell'offerta di questi servizi, per i quali mi preoccupano soprattutto i profili di trasparenza, in modo da innescare anche competizione fra le officine di intelligenza che si propongono al mercato, ma mi preoccupa soprattutto considerare il problema dal lato della domanda, cioè dal lato dei fruitori dell'intelligenza artificiale - continua - in modo particolare di coloro che la usano per la loro prestazione lavorativa, dipendente o indipendente che sia. E in questo caso, il libro considera questa drastica alternativa, quella tra la creatività, che è la potenzialità che l'intelligenza artificiale offre, una stagione di straordinaria creatività e la sottomissione, che è peggio della sostituzione dei lavori”.
"Io e un collega accademico di pedagogia del lavoro abbiamo scritto un libro proprio sul lavoro e non abbiamo voluto nemmeno considerare il tema della sostituzione. La sostituzione c’è, come in tutte le trasformazioni, anche in quelle meno straordinarie come questa. Il problema è accompagnare il cambiamento e il fatto che muoiano dei lavori e ne sorgano altri - dichiara Sacconi - ma l'alternativa più drammatica è quella fra la possibilità di una bellissima stagione della creatività e l'altrettanto presente possibilità di un auto-annichilimento dell'uomo nel rapporto con le macchine intelligenti. La creatività si contrappone alla seconda rivoluzione industriale: l'ingegner Taylor, che ne fu il protagonista nel 1912 inventando le produzioni in serie, le catene di montaggio, assimilava le persone che realizzavano queste prestazioni, obbedendo a ordini gerarchicamente impartiti e le ripetevano continuamente, le assimilava a buoi, in quanto la postura, il modo di lavorare era quello dei buoi”.
“Siamo fuori, per fortuna, da quella seconda rivoluzione industriale, l'abbiamo praticamente definitivamente abbandonata anche se paradossalmente sopravvive qualche volta nei servizi. Vediamo, infatti, dei servizi ancora organizzati secondo il modello fordista, secondo il modello dell'ingegner Taylor delle produzioni in serie, ma in questa nuova dimensione l'uomo può assumere molta libertà nel lavoro”, conclude.
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(Adnkronos) - "Io ho cominciato a occuparmi dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre imprese, dal punto di vista lavorativo e organizzativo nel 1962, parliamo di 60 anni fa ed era un altro millennio, un altro mondo: era il periodo del boom e credevamo tutti, non solo chi era operativo, ma anche gli intellettuali, che il progresso sarebbe continuato senza fine, in modo lineare. Questa era un’idea che ci siamo tirati dietro per molto tempo, anche in questi ultimi periodi in cui, invece, la crescita è diventata stagnante. Il cambiamento c'è sempre stato, ma è così veloce che adesso facciamo fatica a starci dietro, lo dicevamo già nel 1990. Adesso, vedo, invece, che è veramente diverso”. Così, Tiziano Treu, professore emerito di diritto del lavoro all’Università Cattolica di Milano, già ministro del lavoro e della previdenza sociale e presidente del Cnel, intervenendo al panel 'Il lavoro che cambia: tra diritti, welfare e nuove generazioni', nell’ambito della nuova edizione di StatisticAll2025, il festival della statistica e della demografia che si sta svolgendo a Treviso.
“Do' un esempio che c'entra coi dati riferiti alla voce e alle persone: quando studiavo questi temi all'inizio - ricorda - si facevano previsioni sulle tendenze dell'occupazione prima a dieci, poi a cinque anni. Adesso, pensare di poter fare previsioni affidabili sulla qualità del lavoro, sulla tipologia e sulla quantità delle professioni, è assolutamente impossibile".
"Chi lo fa racconta storie - spiega Treu - Posso citare decine di ricerche internazionali, dall'Organizzazione internazionale del lavoro alla Commissione europea e sono in profondo disaccordo o di incertezza su questo perché la novità di questa tecnologia rispetto alle altre è che sappiamo che funziona in modo vertiginoso, ma non sappiamo come funziona ed è in grado di evolversi anche in modo autonomo, relativamente. Per la prima volta, siamo davanti a una tecnologia, a un fattore di progresso o anche di guai, che non comprendiamo e non riusciamo a controllare. Pertanto, siamo davanti a grandi opportunità, ma anche grandi incertezze".
"Mi ha colpito questo aspetto: mentre si chiedono previsioni future su quanto lavoro ci sarà ci sono divisioni tra ottimisti e pessimisti, chi dice che non ci sarà più lavoro e chi dice che non è vero, che si creerà nuovo lavoro, eccetera - sottolinea - Invece, è più sicura la previsione sulla qualità: si dice che cambierà profondamente la qualità del lavoro, che non è una grande sicurezza perché non sappiamo come, però sappiamo che occorrerà cambiare le nostre attitudini e le nostre capacità. La sfida è questa. Io però sono abbastanza ottimista: le ultime notizie riguardo questa incertezza dicono che non ci sono prove, a parte l'estrapolazione dei numeri, ma guardando indietro agli ultimi dieci anni in cui c'era già il digitale, la prima intelligenza artificiale, che siano stati più distrutti più lavori in misura maggiore di quelli distrutti rispetto a quelli creati dall’ai”.
"Abbiamo una ricerca fatta con la Cattolica e con l’Arel - Agenzia di Ricerche e Legislazione di Roma che, insieme a molte grandi aziende italiane, che riproduce un’indagine fatta dall'Ocse e tutte queste aziende, dicono che sono già sette, otto o dieci anni che utilizzano queste tecnologie e non vedono preoccupazioni perché non c'è più lavoro - continua l'ex ministro - ma vedono, però, che il lavoro è completamente diverso e sanno che devono investire di più nel prepararsi, bisogna investire di più nella ricerca".
"Purtroppo, uno dei problemi dell'Italia è che da anni investiamo nella ricerca molto meno rispetto ad altri Paesi, ma - osserva - la ricerca è fondamentale anche per cercare di capire e per trasferire queste conoscenze sia alle imprese e alle nuove generazioni. Quindi, credo che bisogna concentrarsi su questo". "Adesso l'Europa chiede l'analisi del rischio rispetto all'uso delle tecnologie. Ad esempio, in materia di sicurezza abbiamo un'altra indagine, che illustra come con l'intelligenza artificiale si possano fare delle cose magnifiche nel prevenire i rischi: immaginatevi una grande apparecchiatura industriale con l'intelligenza artificiale si possono fare delle diagnosi del funzionamento in profondità di queste o dei meccanismi o dei gruppi di persone e vedere in tempo reale se ci sono sfasature e lì c'è una grande opportunità" conclude Treu.
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(Adnkronos) - "Sto bene, mentalmente sono sempre stata bene, la mia gamba no. Ha bisogno di guarire e lavorare tanto, non ho mai perso la mia positività e la voglia di lavorare. Ho avuto periodi più facili, altri meno". Federica Brignone ha parlato così nel media day organizzato al Mind di Milano dalla Federazione Italiana Sport Invernali, in cui è stata premiata dalla Fisi come atleta dell’anno per l’ultima stagione.
“Fiducia per le Olimpiadi? Non lo so, sto vivendo nel qui e ora - ha detto Brignone - e non ho una risposta. È chiaro che sono fiduciosa, altrimenti non lavorerei come sto facendo adesso. Non sono queste Olimpiadi che mi cambiano la vita o la carriera, quello che ho fatto l'ho fatto. Anzi, ho fatto più di quello che avrei potuto sognare. Le Olimpiadi in casa mi piacerebbe farle, altrimenti avrei già smesso, questa positività mi servirà anche per tornare a una vita normale. Dopo l'infortunio non era scontato stare bene, ma non credo che riuscirò a tornare come prima”.
Due parole anche sul percorso di riabilitazione: "Come dico sempre non ho date precise, è molto complicato riuscire a darle. Lavoro settimana per settimana e miglioro tanto. Il mio programma? Dopodomani torno al J-Medical, questo è il mio programma. Mi sembra lontanissimo quanto accaduto, ma vedere queste immagini mi fa venire ancora più voglia".
Sul palco del Big Theatre del Mind, Brignone aveva commentato l'affetto ricevuto negli ultimi mesi: "Sono sorpresa dell’affetto ricevuto in generale, la cosa che mi ha fatto più piacere è come la mia famiglia e i miei amici si sono dedicati a me in un momento di bisogno. Tanti miei compagni mi hanno chiesto come sto. Quest’anno non ho la pressione di andare in gara tra una settimana, ma mi ha fatto piacere rivedere tutti".
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(Adnkronos) - Molti sono scettici sulla possibilità di un faccia a faccia tra Donald Trump e Kim Jong-un in occasione dell'attesa visita in Asia del presidente degli Stati Uniti, ma funzionari dell'Amministrazione Trump hanno parlato, in privato, dell'organizzazione di un possibile incontro. E' quanto rivela la Cnn. Non è stata ancora avviata la pianificazione logistica necessaria per un appuntamento del genere, dicono le fonti della rete americana che evidenziano le differenze con il primo mandato di Trump alla Casa Bianca.
Fu quello dei tre incontri fra il tycoon e il leader nordcoreano, a cominciare dal faccia a faccia a Singapore del 2018, passando per i colloqui di Hanoi dell'anno successivo, fino alla stretta di mano a Panmunjom, sempre nel 2019.
Tornato alla Casa Bianca Trump ha espresso sia in pubblico che in privato la volontà di incontrare Kim e i funzionari, riporta la rete americana, lasciano aperta la porta a un possibile incontro durante il viaggio del tycoon in Asia (a fine mese la Corea del Sud ospita il summit Apec). E, stando alle dichiarazioni riportate dai media di Pyongyang, anche Kim si è detto pronto a un incontro con Trump durante un discorso pronunciato il mese scorso di fronte al Parlamento nordcoreano.
In ogni caso, riporta la Cnn, secondo il ministero dell'Unificazione sudcoreano non ci sono contatti tra Seul e Pyongyang per un possibile summit Usa-Corea del Nord. E, ha detto una fonte governativa sudcoreana, nonostante ci siano state due missioni di team della sicurezza della Casa Bianca in Corea del Sud in vista dell'imminente visita di Trump, la zona di Panmunjom non è stata tra quelle dei sopralluoghi. All'epoca del primo mandato di Trump alla Casa Bianca furono tre gli incontri con Kim.
Cauta l'ambasciatrice sudcoreana negli Usa, Kang Kyung-wha. "Trump ha detto di essere aperto al dialogo e anche la Corea del Nord ha dato un segnale (in questo senso). Ma non ci sono sinora indicazioni che qualcosa del genere possa concretizzarsi in occasione del summit dell'Apec", ha affermato Kang in dichiarazioni riportate dalla stampa sudcoreana.
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(Adnkronos) - “L'ho visto in prima persona con la malattia di mio padre: l'ascolto migliora la cura del paziente ma anche quella di chi gli sta intorno, un approccio fondamentale per sopportare meglio il calvario di questa malattia". Lo ha detto Anna Borzaga, volontaria di Aisla Trentino e figlia dell'economista trentino Carlo Borzaga, intervenendo durante il seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con Arisla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
Raccontando con commozione la malattia del padre, ripercorrendo anche il ruolo di chi gli è stato vicino, dai medici agli amici, Borzaga ha ricordato che dietro la ricerca ci sono sempre persone. “L’esperienza individuale diventa gesto collettivo e costruisce fiducia, senso e prossimità”, ha spiegato.
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(Adnkronos) - “La tecnologia migliora la risposta riabilitativa, il segreto è mettere al centro i pazienti, l'elemento chiave per permetterle di aiutarli concretamente nella vita di tutti i giorni”. Così Riccardo Zuccarino, fisiatra del NeMo Trento ed esperto del Centro di Ascolto Aisla ha sintetizzato il ruolo della tecnologia nella cura delle malattie rare durante il seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con AriSla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
Zuccarino ha presentato una serie di innovazioni tecnologiche per medici e caregiver, con un workshop interattivo e dimostrazioni pratiche in collaborazione con la Fbk (Fondazione Bruno Kessler). "L'importanza del non farsi sentire le persone da sole è un bisogno condiviso a livello mondiale – ha spiegato l'esperto, che da un anno rappresenta Aisla anche nel board of directors dell’International Alliance – e anche nell'associazione proponiamo il modello dell'interdisciplinarità perché siamo certi che solo mettendosi in rete è possibili dare una risposta concreta di cura alle persone affette da Sla e alle loro famiglie".
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'Back to life', Gsk sostiene il docufilm di Giovanni Allevi presentato alla Festa del Cinema di Roma

(Adnkronos) - "Un’azienda è fatta di persone, che non sono solo il loro lavoro, ma tutto ciò che le rende uniche: passioni, paure, sogni, fragilità. A volte anche una malattia oncologica". Così Fabio Landazabal, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia spiega, in una nota, il motivo per cui la farmaceutica ha deciso di sostenere il progetto del docufilm 'Allevi Back to Life' del musicista Giovanni Allevi, che racconta il percorso di malattia e la rinascita dell’artista colpito da una patologia oncologica. La pellicola, per la regia Simone Valentini, presentata oggi, nella sezione ‘Special Screening', alla Festa del Cinema di Roma, sarà nelle sale cinematografiche il 17, 18 e 19 novembre prossimi.
“In Gsk abbiamo costruito un ambiente che accoglie e sostiene chi attraversa momenti difficili - aggiunge Landazabal - Lo facciamo con progetti concreti, ma anche con il senso di appartenenza, l’amicizia e la cura reciproca. La speranza è un filo che non deve mai spezzarsi, e noi abbiamo il privilegio e la responsabilità di alimentarla, anche attraverso storie come questa”.
Del resto, “il percorso di malattia di un paziente che riceve una diagnosi oncologica - afferma Barbara Grassi, vice president, direttore medico scientifico di Gsk Italia - ha un impatto enorme sulla persona e sui suoi affetti. A partire dalla diagnosi, che è un momento sconvolgente che segna un prima e un dopo. Un giorno non hai niente, quello dopo, tutto. Da quel momento diventano importanti gli attimi e le persone: i medici in primo luogo, ma anche la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro. Perché, per fortuna, il cancro non è più una sentenza senza appello - osserva - Per molte neoplasie la sopravvivenza è aumentata, ha raggiunto anni, e per alcune di queste - il tumore al seno, quello all’endometrio, il mieloma, per fare qualche esempio - gli oncologi e gli ematologi oggi si spingono dove mai erano arrivati: a parlare di guarigione. Il film non parla di guarigione ma ne è la grammatica, è un percorso che dimostra che si può fare: che al traguardo non mancano molti chilometri”.
“Per noi - sottolinea Landazabal - sostenere questo progetto significa credere nel potere dei linguaggi che emozionano, parlano al cuore prima che alla mente. Il cinema ha la straordinaria capacità di raccontare la ricerca, la prevenzione, la forza della medicina in modo universale. È un ponte tra la scienza e le persone. La storia di Giovanni Allevi è una testimonianza di rinascita: la cura è fatta di farmaci, ma anche di parole, di abbracci, di coraggio condiviso”. Un’azienda farmaceutica “studia, fa ricerca e produce soluzioni terapeutiche dove c’è un bisogno per migliorare gli outcome di salute - evidenzia Grassi - Lo fa in maniera etica, responsabile con persone che vi lavorano con grande passione, impegno e determinazione".
"Quello che mi conforta e mi rende orgogliosa di far parte di questa storia è la scelta di occuparci di mettere a punto soluzioni terapeutiche per tumori rari, quelli che oggi sono privi di risposta o non ne hanno ancora una adeguata. Ogni neoplasia - precisa Grassi - sono centinaia di volti che aspettano di tornare a sorridere. Negli ultimi anni ci siamo riusciti nel tumore dell’endometrio e nel mieloma e questa è la più grande soddisfazione professionale che si possa avere. Il sostegno al film prescinde la nostra attività. L’abbiamo sposato senza sapere nemmeno il contenuto, se non a grandi linee. Ci siamo solo assicurati che non si parlasse di alcun tipo di farmaco, perché in questa storia la cosa fondamentale è un’altra: la consapevolezza - conclude - che c’è un futuro, c’è una vita che ritorna e che non è mai finita, finchè non è finita”.

(Adnkronos) - Jannik Sinner tornerà in campo a Vienna. A poche ore dalla finale del Six Kings Slam, con l'azzurro che sfiderà Carlos Alcaraz nell'ultimo atto del ricchissimo torneo esibizione di Riad, il numero due del mondo ha scoperto il tabellone che lo attende nell'Atp 500 austriaco, in programma dal 20 al 26 ottobre. Oggi, sabato 18 ottobre, è andato infatti in scena il sorteggio: Sinner debutterà al primo turno con il tedesco Daniel Altmaier, numero 51 del mondo, appena affrontato, e battuto, nel primo turno del Masters 1000 di Shanghai.
Gli ottavi potrebbero riservare per Sinner il derby italiano con Flavio Cobolli, atteso al debutto dalla sfida con il ceco Tomas Machac, mentre ai quarti potrebbe trovare il kazako Alexander Bublik, lo statunitense Alex Michelsen o l'argentino Francisco Cerundolo.
I veri pericoli arrivano in semifinale con il possibile incrocio con l'australiano Alex De Minaur, numero sette del mondo e a caccia di punti preziosi per le Finals, o con il russo Andrej Rublev. Soltanto in finale invece la sfida con il numero tre del ranking Atp Alexander Zverev o con Lorenzo Musetti, anche lui in corsa nella Race per Torino. L'azzurro debutterà con il greco Stefanos Tsitsipas, mentre Matteo Berrettini esordirà con l'australiano Alexei Poporyn e Luciano Darderi con l'americano Brandon Nakashima.
Leggi tutto: Sinner, il tabellone di Vienna: debutto con Altmaier, finale con Zverev o Musetti

(Adnkronos) - Richiamo per mais per popcorn a marchio Cibon e Coal prodotti da Melandri Guadenzio Srl con sede dello stabilimento a Bagnocavallo (Ra). Secondo l'avviso sul sito del ministero della Salute c'è "la possibile presenza di alcaloidi del tropano oltre il limite di legge". I lotti di produzione - segnalati dal ministero - sono: 202/25 (25Kg) di Cibon, 184/25 (da 5 kg) di Coal e 170/25 (500 grammi) di Cibon. Conad e Sigma hanno richiamato alcuni lotti.
Gli alcaloidi tropanici sono composti naturali prodotti dal metabolismo secondario delle piante appartenenti alla famiglia delle Solanaceae, delle Erythroxylaceae e delle Convolvulaceae che possono essere presenti nelle coltivazioni di cereali. L'intossicazione da alcaloidi tropanici può avere effetti avversi sulla salute umana e animale quali secchezza delle mucose, arrossamento della pelle, dilatazione delle pupille, vertigini, disturbi della vista, palpitazioni e disorientamento.
Leggi tutto: Richiamo mais per popcorn, contaminazione da alcaloidi tropanici: cosa sono


(Adnkronos) - Ecco una selezione delle novità in libreria, tra romanzi, saggi, libri d'inchiesta e reportage, presentata questa settimana dall'AdnKronos.
E' da qualche giorno in libreria il nuovo libro dell'editorialista del 'Corriere della Sera' Federico Rampini, 'La lezione del Giappone', pubblicato da Mondadori nella collana 'Strade Blu'. Il mondo sta riscoprendo il Giappone. Un sintomo è il boom di visitatori, che sconvolge un paese poco abituato all’overtourism. È una riscoperta che ha molte facce. La rinascita dell’industria nipponica è quasi invisibile, nascosta in prodotti ad altissima tecnologia di cui nessuno può fare a meno. Più vistoso è invece il «soft power» di Tokyo, che dilaga da decenni nella cultura di massa: dai manga agli anime, dai videogame alla letteratura, dal cinema al J-pop, adolescenti e adulti occidentali assorbono influenze nipponiche talvolta senza neppure saperlo. Il sushi è ormai globale quanto la pizza. Se si elencano tutte le mode nate nel Sol Levante, colpisce un’analogia con quel che fu l’Inghilterra dei Beatles negli anni Sessanta. Persino la sua spiritualità, dallo shintoismo al buddismo zen, ha esercitato una presa potente su noi occidentali, anticipando l’ambientalismo e il culto della natura come 'divinità diffusa'. Il Giappone è soprattutto un laboratorio d’avanguardia per le massime sfide del nostro tempo: fu il primo a conoscere denatalità, decrescita demografica, aumento della longevità. Dentro le soluzioni che sperimenta per invecchiare bene c’è una lezione per tutti noi. Federico Rampini, che lo frequenta da oltre quarant’anni, ci guida in questo viaggio fra i misteri di una civiltà antichissima e affascinante, un paese che condensa modernità e rispetto della tradizione come nessun altro, e ciononostante deve far fronte a numerosi paradossi: il paradiso delle buone maniere può essere vissuto come una prigione di conformismo, tanto che alcuni decidono di scomparire, evaporando nel nulla.
E come conciliare i tassi di criminalità più bassi del mondo con l’esistenza della temuta mafia Yakuza? Anche la sua centralità geopolitica è fondamentale. Ottant’anni di dibattito sull’atomica acquistano una prospettiva nuova, quando li si ricostruisce da Hiroshima. Per non parlare del futuro della Cina e della sfida che essa lancia all’Occidente: nessuno è in grado di decifrarlo meglio dei giapponesi, che hanno millecinquecento anni di esperienza. Il Sol Levante, inoltre, è stato il primo a sperimentare i fulmini del protezionismo americano, fin dagli anni Settanta, ispirando Donald Trump. In un mondo in cui sempre più paesi riscoprono il capitalismo di Stato, le politiche industriali, la geoeconomia, la lezione del Giappone, preziosa quanto silenziosa, è la mappa di un futuro che riguarda tutti noi.
E' sugli scaffali da qualche giorno con Rizzoli 'Ne uccide più la gola che la sciarpa', autobiografia. Il libro è la storia rocambolesca di un ragazzo di campagna, colma di ricordi, incontri decisivi, aneddoti esilaranti, sullo sfondo immancabile della Milano del secondo dopoguerra: un periodo fiorente e pieno di speranza, con i suoi artisti, i circoli operai, le osterie anarchiche, i locali come il Derby, dove sono nati il teatro-canzone di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber e la comicità surreale e giocosa che ha fatto scuola in tutta Italia. In questa città due amici d’infanzia cominciano a suonare la chitarra e a cantare canzoni popolari, dando vita al duo comico “Cochi e Renato” che diventerà una coppia indimenticabile della televisione e del cabaret. Abbandonato il duo, Pozzetto inizia una lunga e fortunata carriera cinematografica che lo porterà negli anni Ottanta a scrivere pagine di storia della commedia all’italiana. Ne uccide più la gola che la sciarpa è tutto questo e molto altro ancora: il racconto degli affetti familiari, delle passioni e degli incontri di un artista che è diventato un’icona della cultura popolare italiana.
Garzanti manda in libreria 'Un gatto per far tornare il sereno' di Tanya Guerrero con la traduzione di Elisabetta Valdré. Come ogni randagio che si rispetti, Gatto conosce alla perfezione il quartiere di Brooklyn in cui abita. Sonnecchia steso al sole sui muretti e osserva tutto con i suoi grandi occhi curiosi. Ma soprattutto, fiuta quello che le persone non dicono, e sente ciò che i cuori urlano quando le parole non bastano.
In quelle strade vivono anime fragili che hanno smarrito la rotta, con qualcosa da lasciarsi alle spalle o un desiderio da realizzare. E Gatto veglia su di loro. È il primo ad accorgersi dei misteriosi Post-it pieni di parole e complimenti timidi rivolti a Núria, volontaria dell’associazione per i randagi del quartiere. Da un po’ sembra aver perso la sua scintilla, ma il micio le resta vicino. Lui sa chi le lascia quei messaggi d’amore anonimi, ma è ancora presto per svelarlo. Poi c’è Collin, autore di bestseller che non riesce a scrivere neppure una riga alle prese con problemi di cuore; Bong, il fioraio dall’aria malinconica rimasto vedovo da poco che vive in una casa troppo silenziosa; e Omar, il postino gentile che ha rinunciato ai suoi sogni. E infine la dolce Lily, arrivata da poco con una valigia rossa e il cuore pieno di speranze. Il micio la vede cercare tra la gente gli occhi di una sorella che non ha mai conosciuto. Gatto ha un bel da fare con tutti questi umani e i loro pasticci. A modo suo, cerca di dare loro una spinta per trovare la felicità. Ma arriverà il momento in cui sarà lui ad avere bisogno di loro e i suoi amici gli restituiranno tutto l’affetto che ha donato. Perché a volte basta un gatto nero dal cuore grande per ricordarci quanto sia semplice volersi bene.
Tanya Guerrero ci regala una piccola via di fuga dalla realtà. Il suo micio dal cuore d’oro, un balzo dopo l’altro, ha conquistato i lettori, che hanno reso la sua storia un successo del passaparola. Ma quando Gatto ci mette la zampa non può che andare così. Un libro sui legami, sulla gentilezza, che parla di come si possa trovare una famiglia nei luoghi più inaspettati.
"Mi sono rinnamorato di mia moglie a ottantasei anni, ed è qualcosa che ha a che fare con l’ineffabile. O con la demenza senile". E' la 'confessione' con cui il regista Pupi Avati apre il suo ultimo libro, 'Rinnamorarsi', pubblicato da Solferino sugli scaffali dal 21 ottobre Non c’è dubbio, la vecchiaia è la stagione più crudele della vita: il corpo ti tradisce, i ricordi ti tormentano, ogni giorno diventa un tiro di dadi con il Fato. Ma è proprio in questo tramonto che si ritorna all’essenza, delle cose e di sé, e tutto appare più prezioso. Così, può capitare di rinnamorarsi, magari della stessa donna che hai incontrato e scelto più di mezzo secolo fa sotto un portico di Bologna. E può succedere di provare tenerezza per il cinema, che vive una stagione così difficile e che meriterebbe nuove passioni. Di certo si ritrovano volti e voci ormai sfumati nel tempo, le ragazze che illuminavano le feste dell’adolescenza, un antico corteggiamento a suon di balli lenti e singolari regali, le anziane parenti che ti portavano a baciare i morti: tutto ciò che si credeva perduto torna, e lo scopriamo vivo, come vivi ancora siamo noi.
Sul filo dei suoi giorni, in cui ricordi e affetti, successi e fallimenti coesistono in un eterno presente, Avati indaga i sentimenti alla base dell’esistenza umana, la saggezza che sta nel coltivarli e la difficoltà di conservarli di fronte alle minacce del mondo contemporaneo. Un racconto poetico e ironico, attraversato da una misteriosa e solida energia, che ha al cuore la dichiarazione d’amore verso una donna ma si allarga a includere la vita e l’arte tutte intere.
Il tempo per alcuni è una corsa incessante, per altri un passo lento e incerto. Per qualcuno, invece, si è arrestato per sempre. E la storia d’Italia è un filo spezzato: un orologio fermo alla stagione del piombo e del sangue. In questo silenzio immobile sono immersi Vera Coen e Andrea Malchiodi, i protagonisti di 'L'orologiaio di Brest', l'ultima opera di Maurizio de Giovanni sugli scaffali dal 21 ottobre con Feltrinelli.
Ha il destino scritto nel nome, Vera. Lavora come giornalista per un quotidiano locale e considera la ricerca della verità una missione. Ma a quarant’anni si ritrova con un lavoro insoddisfacente e precario, i dubbi di aver sbagliato tutto ad affollarle la mente e una scoperta sconvolgente con cui fare i conti…Il professor Andrea Malchiodi di anni ne ha quarantatré e ha incassato le delusioni di una carriera accademica spezzata da uno scandalo, in cui è stato ingiustamente coinvolto, insieme all’amarezza per un matrimonio finito. A separarlo dalla moglie e dalla figlia c’è un oceano di incomprensione. Ad affliggerlo, il dolore per la malattia della madre che lo ha cresciuto da sola, dopo averlo concepito in una notte nei primi anni Settanta, gli anni della rivolta. Un giorno come tanti, Andrea si trova davanti Vera. La giornalista lo mette a parte di un’incredibile rivelazione. C’è qualcosa che li lega. Un fatto di sangue accaduto quattro decenni prima. Una ferita nel lontano passato di lei che riscrive il passato di lui. E da quel momento per Andrea tutto cambia.
Comincia così un’indagine nelle tenebre più fitte della notte della Repubblica, a caccia del misterioso “uomo degli ingranaggi”, l’esperto di armi ed esplosivi, militante di un’organizzazione combattente, poi primula rossa e custode di segreti inconfessabili. Il nastro si riavvolge fino al principio degli anni Ottanta, sospesi tra gli ultimi fuochi della lotta armata e le prime luci di un’età che si presenta come nuova e invece è dominata dai Gattopardi di sempre. L’orologiaio di Brest è una vecchia foto dimenticata, rimasta fuori dall’album di famiglia, è il ricordo rimosso che la risacca della memoria riporta alla coscienza, la verità celata che sconvolge le vite rimettendole in prospettiva. Maurizio de Giovanni scrive il romanzo che non aveva mai scritto: una storia che interroga il rapporto tra colpa e innocenza, memoria e oblio, verità e segreti, ma soprattutto che indaga il più indecifrabile dei legami: quello tra padri e figli. “Ha colpa il coltello di essere affilato? Ha colpa di tagliare il pane, o di affondare nella carne, quale che sia la carne, viva o morta, giovane o decrepita? Il coltello non ha colpa, e può essere soltanto felice di sé, qualora la mano che lo utilizza sia la più alta e nobile".
'Il romanzo inglese del ‘900' di Paolo Bertinetti è sugli scaffali con La Nave di Teseo. Da uno dei più autorevoli anglisti italiani, una galleria di ritratti dei maggiori romanzieri inglesi del Novecento: da Banville a Beckett, da Agatha Christie a Chatwin, da Conrad a Fleming, da Greene a Huxley, da le Carré a McEwan, da Zadie Smith a Virginia Woolf, senza trascurare le letterature inglesi dal mondo.
Con una selezione mirata, il libro esplora le opere che hanno segnato il secolo, concentrandosi su due o tre romanzi chiave per ogni autore, quelli che ancora oggi occupano un posto di rilievo nelle librerie e nella memoria collettiva. I lettori troveranno una guida a quei testi che, al di là delle 'punte di diamante', hanno saputo influenzare il gusto del pubblico e resistere alla prova del tempo, sulla scia della riflessione di Ezra Pound, secondo il quale “il solo modo di mantenere la buona letteratura in circolazione consiste nella drastica separazione delle opere maggiori da tutta quella zavorra che è stata a lungo tenuta per valida e che è responsabile di avere diffuso la perniciosa idea corrente secondo la quale un buon libro deve essere per forza noioso”. Una lettura imprescindibile per chi desidera comprendere l’essenza di un’epoca attraverso le parole dei suoi protagonisti più influenti.
1910, Piemonte. Con le sue mani piccole e fredde, Giulia può incartare i cioccolatini senza farli sciogliere. È un dono prezioso. Ha soltanto quindici anni, è appena arrivata a Torino insieme a sua madre, Caterina, e ai fratelli, Angelo e Franco, alla ricerca di un futuro migliore. Inizia così 'La fabbrica dei desideri' (Piemme) di Valeria Gallina.
Il primo giorno alla Moriondo e Gariglio, una fabbrica di cioccolato, le operaie possono mangiare gianduiotti, cremini e praline a volontà, senza subire un richiamo disciplinare. Tutte le dipendenti fanno indigestione e passa loro la voglia di sgraffignare i preziosi frutti del lavoro in azienda. Ma per Giulia è diverso. È sempre stata la ragazza più cocciuta, la più determinata, e dopo aver conosciuto la vera povertà guarda quei dolcetti come gioielli di cui non ci si può stancare. Col tempo, la famiglia inizia ad ambientarsi in città. Caterina lavora con Adele, rinomata sarta sabauda, e Giulia riprende gli studi interrotti troppo presto. La vita scorre serena ai Glicini, cascina sulla collina torinese con un bellissimo pergolato fiorito. Ma la Grande Guerra è alle porte.
Gli uomini saranno chiamati uno dopo l'altro, torneranno stravolti o non torneranno mai, e le donne scopriranno una libertà nuova a cui non vorranno più rinunciare. Con un'eleganza narrativa da grande romanziera, Valeria Gallina parte dalla storia della sua famiglia e racconta un'Italia operaia, volenterosa, vitale. Giulia e i suoi fratelli si rincorrono nella Torino di un secolo fa, trascinando il lettore in una travolgente avventura d'altri tempi.
Maria Grazia Calandrone firma 'Dimmi che sei stata felice', in libreria con Einaudi il 21 ottobre. Aurora nasce in un appartamento popolare a Roma Sud, mentre il Paese si prepara ad attraversare gli anni Settanta e il loro spegnersi nella strategia della tensione. Fin da ragazza accoglie il destino di una madre segnata dall’abbandono e il vuoto di un padre mai conosciuto. Del resto il passato sembra aver lavorato per lei da prima che nascesse: la nonna, con la quale Aurora ha un rapporto d’amore profondo e privilegiato, era scampata per miracolo al bombardamento di San Lorenzo. E anche Aurora crede di essere viva grazie alla forza della propria madre. Tutt’intorno, nel frattempo, la città respira come un organismo: abbraccia, tradisce, intreccia destini senza mostrarli. Tanto che, per una di quelle casualità che la vita a volte ci riserva, un giorno Aurora ritrova fugacemente il padre e, poco dopo, s’innamora di un giovane poeta venuto da lontano.
In cerca di pace, Aurora si trasferisce a Nuova Ostia, un luogo che sa essere anche feroce. Eppure è proprio lí che incontra la magnificenza del mare e Viola. Le due donne sono quasi coetanee, e una naturalezza istintiva le avvicina. La loro storia è totalizzante, ma dove Viola si abbandona, Aurora si ritrae. I sentimenti, però, sono una terra che si può abitare solo senza difese. Maria Grazia Calandrone attraversa ancora una volta la materia viva della memoria e della Storia, fino a una conclusione vertiginosamente lirica. Stavolta la voce levigata e diretta dell’autrice trova le parole per dire che essere fedeli a noi stessi può essere un vincolo troppo stretto. Soprattutto per le donne, che nei libri di Calandrone si trovano sempre davanti a una scelta da cui è impossibile tornare indietro.
Quando Jens Stoltenberg ha assunto l’incarico di segretario generale della Nato, nel 2014, non poteva immaginare che il decennio che avrebbe avuto davanti sarebbe stato segnato da guerre, crisi diplomatiche e un drastico riassetto dell’ordine mondiale. Nel memoir 'Nella stanza dei bottoni', in libreria con Laterza, Stoltenberg ci porta dentro la stanza dei bottoni della più potente alleanza militare del mondo, facendoci rivivere le scelte difficili che si devono compiere quando a essere in gioco è la pace globale.Jens Stoltenberg ci porta dietro le quinte delle decisioni che hanno plasmato il panorama della sicurezza globale nell’ultimo decennio. Questo libro non è solo un memoir politico, ma una testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare crisi internazionali, tensioni diplomatiche e minacce alla pace mondiale con determinazione e visione strategica.
Stoltenberg racconta i momenti cruciali del suo mandato: la guerra in Ucraina, il ritiro della Nato dall’Afghanistan, le tensioni crescenti con Russia e Cina, il complesso rapporto con le amministrazioni americane e la sfida di mantenere unita l’alleanza più potente del mondo. Con uno stile incisivo e rivelazioni inedite, offre al lettore uno sguardo privilegiato su negoziati delicati e decisioni difficili prese nei corridoi del potere. Su tutto si stagliano gli incontri e i confronti con Vladimir Putin, le discussioni accese con Donald Trump, la solidarietà con Volodymyr Zelens’kyj, l’amicizia con Barack Obama e Angela Merkel. Un racconto che illumina le dinamiche della diplomazia internazionale contemporanea e riflette sulle sfide che attendono l’Occidente.
Jens Stoltenberg (1959) è un politico ed economista norvegese. È stato primo ministro della Norvegia per due mandati (2000-2001, 2005-2013) per il Partito laburista e segretario generale della Nato dal 2014 al 2024 – un periodo caratterizzato da importanti sfide di politica di sicurezza globale. È noto per il suo approccio pragmatico, le sue abilità diplomatiche e la capacità di costruire ponti tra diversi alleati.

(Adnkronos) - Quanto guadagna Jannik Sinner se vince il Six Kings Slam? Il tennista azzurro sfida oggi, sabato 18 ottobre, Carlos Alcaraz nella finale del ricchissimo torneo esibizione di Riad a cui arriva da campione in carica dopo aver battuto proprio lo spagnolo nell'ultimo atto dello scorso anno. Nonostante non appartenga al calendario ufficiale Atp, il torneo di Riad ha un'attrattiva particolare per i migliori tennisti del mondo, e cioè il montepremi record, il più alto mai messo in palio da un torneo di tennis.
Oltre a Sinner e Alcaraz, hanno partecipato al torneo anche Novak Djokovic, Taylor Fritz, Alexander Zverev e Stefanos Tsitsipas. Ognuno di loro ha ricevuto un 'gettone' da 1,5 milioni di dollari solamente per la propria presenza a Riad, mentre al vincitore andranno ulteriori 4,5 milioni. In caso di vittoria contro Alcaraz quindi, Sinner guadagnerebbe un totale di ben 6 milioni di dollari.
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(Adnkronos) - "Investire sulle periferie della nostra Nazione, non solo quelle urbane, vuol dire investire nella coesione sociale, nel decoro dei luoghi e nelle relazioni tra le persone, offrendo opportunità, restituendo dignità e rafforzando il senso di comunità. Questo impegno di governo lo stiamo declinando riconoscendo, per la prima volta nella storia della Repubblica, la centralità degli investimenti per lo sport sociale, attraverso la rigenerazione e la ricostruzione di luoghi sportivi abbandonati o incompiuti, ma anche sviluppando progetti educativi e alleanze tra istituzioni, a partire da quello tra la scuola e le associazioni e le società sportive dilettantistiche, che possono trasformare le periferie in veri e propri laboratori di coesione sociale e cittadinanza attiva". Così Andrea Abodi, ministro per lo Sport e i Giovani in un'intervista al Secolo d'Italia. "L’esecutivo, su indirizzo del presidente Meloni, si è mosso in questa direzione e il progetto di sviluppo a Caivano rappresenta un primo e straordinario esempio che stiamo replicando, con le necessarie contestualizzazioni, in altre otto città. E poi, continueremo".
"Abbiamo stanziato 180 milioni in tre anni, dei quali 100 milioni solo per il 2025, dal Fondo per lo sviluppo e la coesione per replicare questo modello a Rozzano (MI), Orta Nova (FG), Rosarno e San Ferdinando (RC), e nel quartiere San Cristoforo di Catania, Alessandrino-Quarticciolo di Roma, Scampia-Secondigliano di Napoli e Borgo Nuovo di Palermo. A Caivano la ricostruzione del centro sportivo, al quale abbiamo dato il nome di Pino Daniele, è stata la prima risposta voluta dal Presidente del Consiglio dopo la denuncia dei familiari di due bambine ripetutamente 'violate' da un branco di piccoli criminali. Con lo stesso spirito abbiamo realizzato un playground al Parco Verde, davanti ai due balconi dai quali sono stati lanciati due bambini, Fortuna e Antonio, ai quali abbiamo dedicato l’impianto", ha spiegato Abodi.
"Garantire lo sport per tutti è uno degli impegni centrali di questo governo. Con il bonus Dote Famiglia abbiamo iniziato e continueremo a sostenere le famiglie con un reddito ISEE sotto i 15 mila euro, per ridurre le disuguaglianze e promuovere lo sport come strumento educativo e sociale. Allo stesso tempo abbiamo confermato una misura – pari a 1,5 milioni di euro annui – dedicata agli ausili sportivi per atlete e atleti paralimpici, testimoniando la volontà di assicurare pari opportunità, sostenendo il diritto di ciascuno a esprimersi attraverso l’attività sportiva. Inoltre, con il Parlamento, a partire dalla senatrice Giusy Versace, stiamo lavorando, di concerto con il ministro Schillaci, per consentire un più facile e meno oneroso accesso allo sport da parte delle persone con disabilità che ancora non lo praticano".
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(Adnkronos) - Nella notte tra sabato 25 e domenica 26 ottobre gli italiani dovranno dire addio all’ora legale, con le lancette che dovranno essere spostate indietro di un’ora. Un passaggio quello da ora legale a ora solare e viceversa non indolore, e che ha effetti negativi su salute, energia, bollette, ambiente e tasche dei cittadini, al punto che già oltre 350mila italiani hanno firmato la petizione online per rendere permanente l’ora legale tutto l’anno. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) che assieme a Consumerismo No Profit ha avviato una raccolta firme per chiedere al governo l’ora legale permanente.
Sul fronte energetico - spiega Sima - l’adozione dell’ora legale ha consentito in 10 anni, dal 2004 al 2024, un risparmio pari a 11,7 miliardi di kWh che, in termini economici, equivalgono a una minore spesa sulle bollette dei cittadini per circa 2,2 miliardi di euro, cui si aggiungono circa 100 milioni di euro e 330 milioni di kWh di risparmio nei sette mesi di adozione dell’ora legale nel 2025 (dati Terna). Ciò equivale a un taglio alle emissioni climalteranti tra le 160.000 e le 200.000 tonnellate di CO2 in meno all’anno, pari a quella assorbita piantando dai 2 ai 6 milioni di nuovi alberi.
“Il passaggio ora legale/ora solare e viceversa determina ripercussioni negative sulla salute umana - spiega il presidente Sima, Alessandro Miani - Si altera la ritmicità circadiana, ossia l’orologio biologico del nostro organismo che, in assenza di segnali provenienti dall’ambiente esterno, completa il proprio ciclo in circa 24 ore. Il mancato rispetto di questi ritmi naturali ha effetti sulla pressione arteriosa e la frequenza cardiaca: diversi studi hanno attestato una correlazione tra cambio di orario e patologie cardiache, con l’Università di Stoccolma che ha riportato un'incidenza del +4% di attacchi cardiaci nella settimana successiva all’introduzione dell’ora solare".
"Si registrano poi problemi del sonno in una consistente fetta di popolazione, con conseguenze negative su concentrazione e umore e quindi su rendimento scolastico, efficienza sul lavoro, relazioni personali, ecc. Altri studi hanno poi certificato una correlazione tra il passaggio da ora legale a ora solare e l’incremento di incidentalità stradale e sul lavoro: ad esempio nei periodi di ora legale è stata registrata una diminuzione fino al -13% degli incidenti a danno di pedoni connessa all’aumento della visibilità lungo le strade nelle ore serali. Mentre una ricerca condotta in Australia ha perfino riscontrato un aumento dei suicidi nelle prime settimane di cambiamento dell’orario. Senza parlare delle possibili conseguenze sulla criminalità: con l’ora solare si allungano le ore di buio serali, quelle in cui si concentrano furti, rapine e altri reati”.
“Per tali motivi chiediamo al governo Meloni di impegnarsi per arrivare in Italia all’abbandono definitivo dell’ora solare adottando l’orario legale tutto l’anno. Una possibilità prevista dall’Unione Europea che già nel 2019 ha approvato una Direttiva che lascia ampia discrezionalità agli Stati Membri, auspicando un coordinamento tra le varie nazioni per evitare ripercussioni sugli scambi commerciali e i movimenti transfrontalieri”, conclude il presidente di Consumerismo, Luigi Gabriele.
Leggi tutto: Torna l'ora solare, fra 7 giorni lancette indietro: gli effetti su salute e bollette

(Adnkronos) - L’allarme arriva dagli esperti di Lilac-Centro Dca che hanno intercettato un pericoloso trend che negli ultimi mesi sta prendendo piede su TikTok e Instagram, ovvero l’invasione di post con testimonianze del 'prima e dopo' dell’uso di psicofarmaci. "Una pratica potenzialmente molto pericolosa per il modo in cui questi video e immagini social vengono percepiti da chi soffre di disturbi alimentari e che possono generare un nuovo tipo di stigma, ovvero la paura di curarsi per la paura di ingrassare - avverte Lilac -Tutto questo con il risultato finale di non mantenersi aderenti alla terapia o addirittura una sua interruzione anticipata, compromettendo così l'efficacia del trattamento e aumentando il rischio di ricadute o peggioramento dei sintomi". Lilac-Centro Dca è una digital health tech startup prima realtà in Italia nata con l’obiettivo di creare un modello innovativo per il trattamento dei disturbi alimentari.
“Da una nostra analisi sui social, abbiamo visto come la paura degli psicofarmaci è diventata ormai un pericoloso trend – spiega Giuseppe Magistrale, psicoterapeuta e co-founder e Ceo di Lilac-Centro Dca – Ma dietro quella paura c’è un timore più grande: chi ha bisogno di curarsi rinuncia a farlo. Nelle persone con disturbi alimentari, infatti, la paura dell’aumento di peso è una delle principali cause di rifiuto dei trattamenti farmacologici, più del timore degli effetti collaterali in sé.” Una survey internazionale ('Jama Netw Open', 2025) ha evidenziato come gli antidepressivi siano percepiti 'poco utili' per i sintomi alimentari, ma in realtà possono supportare la stabilizzazione emotiva e ridurre il rischio di ricaduta. Inoltre, una meta-analisi su oltre 18 antipsicotici ha mostrato come solo alcuni di questi (olanzapina, clozapina) comportano degli aumenti medi di peso, mentre gli altri non differiscono dal placebo.
“Parlare di salute mentale oggi significa anche insegnare a leggere i contenuti digitali che coinvolgono il corpo – sottolinea Giuseppe Magistrale di Lilac-Centro Dca – e per farlo bisogna lavorare su tre aspetti: il vissuto soggettivo delle persone che soffrono di disturbi alimentari dove anche un lieve cambiamento corporeo può riattivare paure profonde; portare a conoscenza i dati reali sui psicofarmaci, molti, infatti non modificano significativamente il peso, e l’aumento, quando c’è, è spesso modesto e gestibile. In ultimo, ma non meno importante contrastare la disinformazione virale che coinvolge tutti quei contenuti che associano i farmaci alla perdita del controllo del corpo.”
“Ogni storia, poi, è personale per cui occorre che ognuno di noi impari ad abitare i social in maniera più consapevole, traendo i benefici della divulgazione, ma mantenendo uno spirito critico che ci permetta di distinguere il ‘generico’ dall’’individuale’ – aggiunge Marco Papalino, psichiatra di Lilac-Centro Dca – Parlare di psicofarmaci con rispetto e competenza significa restituire alla cura il suo valore originario: guardare la persona, senza giudicarla, alleviandone i sintomi, e supportandola in ogni fase del percorso”.

(Adnkronos) - “La nuova legge italiana sull’intelligenza artificiale rappresenta un passo storico: siamo il primo Paese in Europa a dotarci di una normativa organica che integra la visione europea dell’AI Act con misure nazionali concrete”, ha dichiarato Alberto Barachini, sottosegretario di Stato con delega all’editoria e all’informazione, in un'intervista video con l’Adnkronos durante la conferenza Comolake 2025. “La legge prevede un miliardo di euro di investimenti per startup e grandi player del settore, incentivi per il rientro dei talenti italiani all’estero e misure per sostenere l’ecosistema nazionale dell’innovazione”, ha spiegato. (VIDEO)
Barachini ha sottolineato che “sul fronte dell’informazione, la legge difende il copyright come fondamento economico dell’editoria e introduce per la prima volta nel panorama internazionale il reato di deepfake”. “È una norma necessaria – ha aggiunto – perché i cittadini devono potersi fidare di ciò che vedono e ascoltano. Senza fiducia nell’informazione, si indeboliscono la partecipazione democratica e la coscienza critica”.
“L’Italia non ha le risorse di Stati Uniti o Cina, ma può giocare un ruolo importante nell’intelligenza artificiale valorizzando il proprio capitale umano, la creatività e l’eccellenza accademica. Abbiamo università e centri di ricerca di altissimo livello, che formano specialisti e ricercatori capaci di sviluppare innovazione. Il problema è riuscire a trattenerli nel nostro Paese, offrendo opportunità concrete e un ecosistema favorevole”, ha spiegato.
Barachini ha aggiunto che “le startup italiane sono la vera frontiera dell’innovazione: hanno originalità e spirito creativo, ma hanno bisogno di sostegno per crescere e competere a livello internazionale”. “L’intelligenza artificiale non è solo una sfida tecnologica, ma anche culturale. Dobbiamo formare cittadini e professionisti in grado di usare questi strumenti con consapevolezza e responsabilità, per farne un fattore di crescita e non di esclusione”.
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