
(Adnkronos) - Prorettore per la Sostenibilità all’Università Sapienza di Roma, dove è anche presidente del Corso di Laurea in Ingegneria Energetica, Livio De Santoli è una delle voci più autorevoli in Italia sui temi della transizione energetica, dell’efficienza e dell’economia circolare. In questa intervista all’Adnkronos, parla del ruolo delle università come laboratori di sostenibilità, delle sfide del Green Deal europeo, del costo dell’energia e delle opportunità legate alle rinnovabili e alla manifattura verde. Ma soprattutto insiste su un concetto: l’economia circolare non è una tecnica, è una cultura.
Professore, cosa significa oggi per un’università come la Sapienza essere sostenibile?
La nostra esperienza è quella di un grande ateneo – più di 100 mila studenti – che sperimenta un nuovo modo di affrontare i temi della sostenibilità. Il primo passo è stato coinvolgere tutti i settori disciplinari: dalla medicina all’ingegneria, dall’architettura alla sociologia, fino all’economia. Solo con un approccio transdisciplinare possiamo capire limiti e potenzialità di questa trasformazione. Ogni corso ora riporta accanto all’insegnamento il “goal” dell’Agenda 2030 a cui contribuisce: così lo studente percepisce la connessione tra la propria disciplina e gli obiettivi globali. La sostenibilità, prima di tutto, è una questione culturale.
In Europa si discute del pacchetto “omnibus” ambientale e industriale. Come giudica l’evoluzione del Green Deal?
Mi auguro che si trovi un equilibrio, perché non si può cancellare un lavoro di cinque anni che ha dato all’Europa una leadership mondiale nella decarbonizzazione. Siamo vicini al traguardo 2030 e dobbiamo continuare fino al 2050. Alcuni Paesi sono sulla buona strada, l’Italia un po’ meno, ma non ha alternative: seguire la transizione energetica e digitale è l’unico modo per garantire sviluppo industriale, riduzione dei costi e nuova occupazione.
Il costo dell’energia resta però un freno per le imprese europee. Come ridurlo?
L’unica via, anche con l’attuale mercato dell’energia, è sviluppare massicciamente le rinnovabili. Le nuove aste stanno fissando prezzi intorno ai 60 euro per megawattora, poco più della metà della media 2024. Lo sviluppo delle rinnovabili, anche senza riforme di mercato, riduce l’impatto del gas sul prezzo finale. La Spagna, per esempio, ha costi dell’energia inferiori del 40% rispetto all’Italia. E noi abbiamo i costi più alti d’Europa, che a loro volta sono i più alti del mondo. Il problema non è il costo del solare o dell’eolico, ma la lentezza con cui li integriamo nel sistema. Se raggiungiamo il 60% di penetrazione elettrica al 2030, i benefici saranno immediati per famiglie e imprese.
I data center, che consumano molta energia, stanno nascendo soprattutto al Nord mentre le rinnovabili si concentrano al Sud. Come conciliare le due tendenze?
Il tema dei data center sarà cruciale. Oggi assorbono circa il 3% dei consumi globali e raddoppieranno entro dieci anni. Concentrano energia laddove le rinnovabili, invece, sono distribuite. Dobbiamo ripensare il modello: la rete va resa più flessibile, con accumuli diffusi e logiche di prossimità energetica. L’intelligenza artificiale può aiutarci a ottimizzare il sistema, ma serve pianificazione: i data center dovranno essere costruiti dove esiste un mix energetico sostenibile, o dotati di fonti rinnovabili proprie.
L’Italia viene spesso citata come eccellenza nell’economia circolare. È un modello esportabile?
Sì, e va chiarito che l’economia circolare non è solo gestione dei rifiuti. È un modo di pensare, una cultura che riguarda l’intero ciclo di vita dei prodotti. Certo, abbiamo risultati notevoli nel riciclo di carta, vetro e materiali, ma la vera sfida è cambiare mentalità, a partire dai decisori. L’Italia ha già una tradizione industriale e artigianale che favorisce l’efficienza, e questo può diventare un vantaggio competitivo. Come Paese siamo stati anche pionieri dell’efficienza energetica: già dagli anni ’70 avevamo politiche avanzate. Oggi abbiamo una delle intensità energetiche più basse d’Europa, segno che si può crescere consumando meno energia.
La disponibilità di materie prime critiche è ormai una questione geopolitica. Come può l’Europa rendersi autonoma? Attraverso un’industria del riciclo di questi elementi?
Questa è la vera sfida. Possiamo creare una filiera europea delle terre rare e dei materiali critici. Con il gas e il petrolio eravamo totalmente dipendenti; con i nuovi materiali possiamo cambiare paradigma, perché non si “bruciano”: si riutilizzano. L’Italia, grazie alla sua esperienza nel riciclo, può diventare un hub del riuso di componenti strategici. È un’occasione unica per un’industria autonoma e competitiva, che crei valore e occupazione.
Lei cita spesso le opportunità industriali della transizione. Quali sono i settori su cui puntare ora?
Abbiamo due grandi fronti: l’eolico offshore e l’idrogeno. Siamo ancora indietro, ma dobbiamo arrivare a 2,1 GW entro il 2030. Le nostre coste profonde richiedono piattaforme galleggianti, una tecnologia che possiamo sviluppare in Italia. Anche la Danimarca sta investendo qui: perché non farlo noi per primi? E poi ci sono le gigafactory per le batterie: Enel, Eni e persino la cinese Byd stanno valutando l’Italia come base produttiva. Questo significherebbe creare occupazione, tecnologia e una vera filiera europea dell’energia.
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(Adnkronos) - Influenza 2025, arriva il primo bollettino. "Sono 427mila i casi stimati di infezioni respiratorie acute nella settimana dal 20 al 26 ottobre", indica il primo bollettino di stagione della sorveglianza RespiVirNet pubblicato dall'Istituto superiore di sanità, da quest'anno in forma interattiva.
"L'incidenza totale nella settimana analizzata è pari a 7,36 casi per 1.000 assistiti, leggermente più alto, ma sostanzialmente in linea con le stagioni precedenti", si legge nel report. "L'incidenza più elevata si osserva nella fascia di età 0-4 anni, con circa 18 casi per 1.000 assistiti. L'intensità è bassa o al livello basale per tutte le regioni tranne la Basilicata, dove invece è media".
Per quanto riguarda la sorveglianza virologica, approfondisce l'Iss, "si registra ancora un basso tasso di positività per i virus influenzali e per il virus respiratorio sinciziale" Rsv o Vrs. "Tra i virus respiratori circolanti, i valori di positività più elevati sono stati rilevati per i rhinovirus, per Sars-CoV-2 e per i virus parainfluenzali".
Nel dettaglio, durante la settimana" esaminata "il 2% del campione è risultato positivo al virus influenzale, quasi totalmente di tipo A; il 10% al Sars-CoV-2, lo 0,6% al virus respiratorio sinciziale e i rimanenti sono risultati positivi per altri virus respiratori: 237 (21,1%) rhinovirus, 48 (4,3%) virus parainfluenzali, 42 adenovirus, 9 coronavirus umani diversi da Sars-CoV-2, 1 bocavirus e 1 metapneumovirus".
"Anche nel flusso ospedaliero i tassi di positività più elevati nei campioni di pazienti ricoverati sono stati rilevati per i rhinovirus, seguiti dal Sars-CoV-2", si precisa nel rapporto.
Il numero di casi di infezioni respiratorie acute in Italia "al momento si può considerare in linea con quello della scorsa stagione, nonostante la nuova definizione di caso più ampia renda difficile fare un confronto diretto. E' presto per stimare quale sarà l'andamento della stagione, ma ricordiamo che questo è il momento più adatto per vaccinarsi, per avere la massima protezione quando il numero di casi inizierà a salire, soprattutto per le persone più fragili", è l'invito di Anna Teresa Palamara, a capo del Dipartimento di Malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità.

(Adnkronos) - Il partito centrista D66, guidato da Rob Jetten, ha vinto le elezioni in Olanda. Lo hanno confermato le proiezioni dell'agenzia di stampa Anp, secondo la quali il Partito della libertà di estrema destra di Geert Wilders non può colmare più il divario di voti che lo separa dal D66.
Il 38enne Jeteen è ben posizionato per diventare il più giovane leader della quinta economia dell'Unione Europea, ma le trattative per la formazione della coalizione di governo si preannunciano lunghe.
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(Adnkronos) - Della vicenda dei cori fascisti e degli inni a Mussolini nella sede di Fratelli d'Italia di Parma "non conosco i particolari, ma ho letto solo i titoli di stampa, in genere non vado a origliare in casa d'altri cosa si canti o di cosa si discuta". Lo dice all'AdnKronos Roberto Vannacci, vicesegretario della Lega, sul caso che sta tenendo banco questa mattina, con la richiesta del Partito democratico alla premier Giorgia Meloni di dissociarsi e l'intervento del responsabile dei giovani di Fdi, Fabio Roscani, che ha fatto sapere come la sezione sia stata già commissariata, dissociandosi da quanto avvenuto.
Vannacci, più volte finito nelle polemiche per il suo richiamo a simboli del passato, come la X Mas, entra poi nel merito del tema della possibile apologia di fascismo: "Se l'evento non costituisce reato, come non dovrebbe costituirlo ai sensi della sentenza della corte di Cassazione del 19 gennaio 2024, ma lascio ai magistrati la decisione, sempre che siano interpellati, e se la cosa non limita la libertà altrui, come effettivamente non la limita, la vicenda ha poco di interessante".
"Magari -aggiunge- interessa a chi da tre anni urla al pericolo fascista e contestualmente inneggia alla rivolta sociale, si schiera dalla parte dei delinquenti e giustifica la violenza e le prevaricazioni nelle manifestazioni e nella vita sociale, invocando il pretesto del disagio giovanile, dell'iniqua distribuzione della ricchezza, della Palestina e della deriva autoritaria del governo". "A me interessa lavorare per un futuro migliore per gli italiani e per i nostri figli... . Canti e cori li lascio dissertare a chi a tempo da dedicarvi e a chi si intende di musica e vocalità", conclude l'ex capo dei parà.
Leggi tutto: Vannacci: "Inni al Duce in sede FdI a Parma? Non vado a origliare in casa d'altri"
Oltre 1 milione di libretti e circa 700 mila buoni fruttiferi... 
(Adnkronos) - "Per garantire accesso e qualità alle cure su tutto il territorio nazionale le società scientifiche svolgono un ruolo fondamentale. Grazie alla collaborazione tra specialisti nelle diverse reti i pazienti possono essere accolti e accogliere nel concetto di rete significa non perdere alcun paziente. In questo modo si potrà avere la competenza per offrire le cure più adeguate e innovative". Lo ha detto Angela Mastronuzzi, presidente Aieop, Associazione italiana di ematologia e oncologia pediatrica, ieri alla presentazione del documento 'Strategie e proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie in Italia', che illustra le 10 proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie nel Paese, realizzato da The European House - Ambrosetti con il contributo non condizionante di Vertex Pharmaceuticals.
"La proposta della Rete nazionale della talassemia e delle emoglobinopatie è un valore aggiunto per i nostri pazienti, sia in età pediatrica che in età adulta - ha sottolineato - La messa in pratica ora consiste nel coinvolgimento dei centri pediatrici e per adulti con la finalità di trattare a 360 gradi i pazienti affetti da emoglobinopatie, siano esse talassemie o drepanocitosi".
L'intervento in età pediatrica, ha precisato Mastronuzzi, "è fondamentale per mantenere quanto più possibile il benessere di un paziente così complesso, come il paziente con emoglobinopatia, che può sviluppare nel corso del tempo una serie di complicanze capaci di essere la causa non soltanto di comorbidità ma anche di morte. E' stato fatto e tanto dobbiamo fare. E' importante il dialogo tra noi medici che deve favorire la cura e la presa in carico del paziente a 360 gradi".
Leggi tutto: Aieop: "Società scientifiche fondamentali per pazienti con emoglobinopatie"

(Adnkronos) - "Sono convinta che sia fondamentale fare cultura sul tema delle emoglobinopatie, anche tra gli stessi operatori. Sappiamo che i pazienti in Italia sono seguiti in realtà diverse e in modi diversi e che, dunque, non hanno gli stessi diritti. La prima necessità è quindi la creazione di linee guida nazionali per la gestione efficace delle emoglobinopatie, speriamo che la Rete ci aiuti in questo". Lo ha detto Raffaella Origa, presidente Site (Società italiana talassemie ed emoglobinopatie), ieri alla presentazione del documento 'Strategie e proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie in Italia', con 10 proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie nel nostro Paese, realizzato da The European House - Ambrosetti con il contributo non condizionante di Vertex Pharmaceuticals.
Il fatto che il Registro nazionale delle talassemie e delle emoglobinopatie, istituito nel 2017, "non sia ancora attivo è probabilmente da imputare al fatto che si tratta di un registro voluto da una parte degli attori coinvolti nel mondo dell'emoglobina, ma non da tutti - ha puntualizzato Origa - Ciò ha portato a questo ritardo nell'attivazione. Adesso però sappiamo che il registro, e la sua piena implementazione operativa, è uno degli obiettivi della rete. Parallelamente alla piena operatività della rete, dovrebbe esserci infatti anche quella del registro - ha sottolineato - Certo, attualmente è una 'scatola vuota' alla quale stiamo lavorando, quindi c'è ancora molto da fare da questo punto di vista. Ma si tratta comunque di uno strumento fondamentale, perché senza registro non sappiamo esattamente quanti siano i pazienti con emoglobinopatia, rendendo così impossibile anche una corretta allocazione delle risorse. "Come Site - ha proseguito la presidente - abbiamo effettuato un censimento, che è il meglio che si possa avere attualmente, rispetto al numero dei pazienti in Italia con anemia falciforme e talassemia, ma non vorremmo doverci più sostituire al registro, che vogliamo assolutamente diventi una realtà pienamente operativa. Le società scientifiche possono agire mettendo a disposizione i tanti documenti che hanno già prodotto, che possono diventare la base per documenti comuni. Penso che il passo ulteriore debba essere necessariamente mettersi insieme, superando eventuali particolarismi, per supportare la rete, ma soprattutto i clinici e i pazienti".
Le terapie "geniche innovative sono un'enorme rivoluzione che cambierà il mondo dell'emoglobinopatia - ha prospettato Origa - Si avvera così un sogno che è stato accarezzato per tanti decenni. I pazienti più giovani avranno la possibilità di guarire. Dobbiamo però considerare tutti i pazienti: quelli che avranno la grande fortuna di guarire e quelli che, per età o storia clinica, non avranno questa chance. A loro sono indirizzate le terapie innovative non curative e, soprattutto, tutta la nostra attenzione perché pazienti più fragili, più grandi come età e dunque più complessi".
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(Adnkronos) - "Le 10 proposte presentate contengono molti spunti interessanti. E' molto importante insistere ulteriormente sullo screening neonatale e prenatale perché è quello che ci dà maggiori risultati, specialmente in un'epoca di grandi movimenti migratori". Così Francesco Zaffini, presidente Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato, ieri alla presentazione del documento 'Strategie e proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie in Italia', che illustra le 10 proposte per migliorare la gestione delle emoglobinopatie nel Paese, realizzato da The European House - Ambrosetti con il contributo non condizionante di Vertex Pharmaceuticals.
Per Zaffini lo step successivo è l'organizzazione del registro del Registro nazionale delle talassemie e delle emoglobinopatie: "Un registro implementato correttamente dai centri regionali a cui i pazienti si rivolgono è il punto di partenza per qualunque tipo di terapia, trattamento, percorso clinico, rete clinica, presa in carico più o meno precoce della patologia", ha sottolineato.
"Abbiamo grande sensibilità per queste patologie - ha aggiunto - perché pensiamo che sulle malattie rare si misura il grado di civiltà del nostro sistema sanitario nazionale. Un sistema che cura le grandi patologie meglio di qualsiasi altro in Europa, ma sulle malattie rare dobbiamo recuperare terreno. Per questo serve l'aiuto della ricerca, anche quella profit, e dobbiamo continuare a investire sulla copertura di questi pazienti che rischiano di essere lasciati ai margini", ha rimarcato il senatore. "Se una patologia è rara - ha concluso Zaffini - non possiamo garantire il massimo della presa in carico ovunque, possiamo però creare centri di grande rilevanza e di grande capacità di trattamento e tramite questi garantire la presa in carico dei pazienti anche attraverso telemedicina e teleconsulto".
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(Adnkronos) - Sanità ed edilizia sociale sono al centro dei due protocolli firmati oggi dalla Repubblica Gabonese, rappresentata dal ministro degli Esteri Régis Onanga Ndiaye, e Gksd Holding, rappresentata dal presidente Kamel Ghribi, alla presenza del Presidente della Repubblica del Gabon, Brice Clotaire Oligui Nguema. Due intese dunque e per entrambe la parola d’ordine è sostenibilità. Il primo accordo prevede, infatti, lo sviluppo di un ospedale modulare in Gabon, parte di una strategia nazionale per rafforzare il sistema sanitario.
Si tratta di una struttura sostenibile e replicabile in più aree del Paese, con servizi completi quali urgenze, diagnostica, rianimazione, blocchi operatori, dialisi, farmacia, endoscopia, fisioterapia, spazi supporto. Non solo: c’è un forte focus sulla cooperazione sanitaria con programmi di formazione per medici gabonesi in Italia e in loco, programmi di medici visitatori, accesso a servizi medici avanzati presso il gruppo San Donato in Italia, lo sviluppo della telemedicina e della consulenza strategica e di modelli innovativi di cura.
Ancora, il Gabon e Gksd collaboreranno sulla progettazione, la costruzione e la logistica (strade, energia, acqua reti digitali), su energia e ambiente, con l’impegno a garantire sostenibilità tramite energie rinnovabili, efficienza energetica, gestione ecologica dei rifiuti e certificazioni ambientali, e sul fronte degli approvvigionamenti, collaborando nella fornitura di beni e servizi necessari al progetto.
Entro 30 giorni sarà creata una task force congiunta per definire piani, calendari e modalità operativa. La durata dell’intesa è di tre mesi che però possono essere prorogati. Il secondo accordo, invece, mira a esplorare la realizzazione di un grande progetto di edilizia sociale a Libreville, allineato con la strategia nazionale urbanistica del Gabon e gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
Il progetto principale prevede la costruzione di un quartiere urbano per circa 25.000 abitanti su un’area di 110 ettari. Comprenderà scuole, impianti sportivi, luoghi di culto, spazi commerciali, clinica smart, aree culturali, reti viarie, spazi verdi e parchi pubblici. Il progetto è concepito nell’ottica della flessibilità realizzabile dunque per fasi. Gli ambiti di cooperazione sono diversi, a partire da quello infrastrutturale, quindi strade, trasporti, acqua, energia, illuminazione pubblica e connettività digitale fino a energia e ambiente con un focus su rinnovabili, idrogeno verde, efficienza energetica, gestione dei rifiuti e progetti di sostenibilità, e agli approvvigionamenti necessari.
Anche in questo caso, entro 30 giorni sarà creata un’unità di coordinamento congiunta tra le parti, per una durata complessiva del protocollo pari a tre mesi, prorogabili.
Leggi tutto: Italia-Gabon, Gksd firma due protocolli: focus su sanità ed edilizia sociale
Ad Alghero, il 14 e 15 novembre, il congresso sulla specialità... 
(Adnkronos) - Achille Costacurta, figlio dell’ex calciatore Billy Costacurta e dell’attrice Martina Colombari, è l’ospite di questa settimana di Luca Casadei nel nuovo episodio del podcast “One More Time”. Nel racconto del 21enne, un’adolescenza complicata tra detenzione, TSO, droghe, rabbia e la diagnosi di ADHD, ma anche il tentativo di suicidio, un rapporto difficile con i genitori che da sempre lottano per aiutarlo e la sua voglia di riscatto oggi lontano dal caos di Milano.
Achille Costacurta ripercorre con Luca Casadei - nella puntata disponibile da oggi, venerdì 31 ottobre, in formato audio su OnePodcast e su tutte le piattaforme streaming e da martedì 4 novembre in versione video su Spotify e YouTube - quelli che sono stati i momenti più bui del suo passato soffermandosi su come è riuscito ad allontanarsi da quel vortice e a riprendere in mano la sua vita.
Sulla diagnosi dell’ADHD, il 21enne spiega: «In terza media non mi ammettono all’esame per il comportamento. Al liceo dopo 3 mesi mi sbattono fuori. Non mi avevano ancora diagnosticato l’ADHD, lo scopro a maggio dell’anno scorso perché andando in questa clinica in Svizzera, dopo aver esagerato con le sostanze, loro avevano già capito tutto senza farmi fare i test: 'tu ti volevi autocurare con la droga'. Il fatto che ho la fissa con il numero 5 e col numero 9, ho 500 progetti in testa che voglio fare. Il mio cervello non produce abbastanza dopamina. Io adesso prendo il Ritalin, nel primo mese che l’ho preso leggevo un libro in due, tre ore, scrivevo 40/50 pagine al computer in tre ore, robe che non riuscivo a fare prima. Da quando i miei genitori hanno fatto anche loro un corso genitoriale per l’ADHD, il nostro rapporto è cambiato da così a così. Prima in casa quando litigavamo, io andavo fuori, spaccavo porte. Da lì non è mai più successo perché loro ora sanno come dirmi un “no”».
Per quanto riguarda la droga e i TSO, Achille spiega: «Ho iniziato a fumare a 13 anni. Al compleanno dei miei 18 anni ho provato la mescalina. Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7. Il problema era che, quando me l’hanno fatto a Padova, perfetti, gentilissimi, a Milano mi hanno legato al letto per tre giorni perché gli ho dato un colpo sulla spalla. Urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato, mani e piedi, tutto, e mi dovevo fare la pipì addosso. Quando sono andato in clinica in Svizzera mi hanno detto: “se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto” perché hai il cuore a riposo a 150 battiti (..). La Svizzera da così a così, ti dicono: “Tu sei qua e puoi scegliere, se ti vuoi drogare c’è la strada, puoi andare e puoi fare quello che vuoi, vai. Se tu invece hai bisogno di una mano, vieni qua e noi ti aiutiamo”. Mi hanno fatto cambiar vita, grazie a loro io non mi drogo più. Il loro approccio ti fa capire veramente le cose importanti. Li ringrazierò per tutta la vita».
E sul suo tentativo di suicidio, il 21enne racconta: «Ho iniziato a spacciare fumo. Arrivata la quarantena, tutti chiusi in casa, fumo non ce n’è. A me riusciva ad arrivare comunque tramite dei canali, avevo creato una rete e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. Quindi faccio il mio primo compleanno dei 16 anni lì, centro penale comunità terapeutica. Non ce la facevo più, aspetto la notte quando c’è un solo operatore ed entro in ufficio, lo distraggo e prendo le chiavi dell’infermeria. Lo chiudo dentro l’ufficio, lui con le sue chiavi riesce a uscire. Io però nel frattempo ero già in infermeria e prendo tutto il metadone che c’era, sette boccettine, mi chiudo in bagno e le bevo tutte, volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta, poi l’ambulanza. Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo perché l’equivalente di sette boccettine di metadone sono sui 35, 42 grammi di eroina. La gente muore con un grammo»
Poi le parole sulla sofferenza dei suoi genitori: «Mia mamma ha pianto tanto. Mio papà l’unica volta che gli ho visto scendere una lacrima è stato quando mi hanno proprio portato via. Quando mi avevano fatto il depot, io tutti i giorni chiedevo di andare a fare l’eutanasia perché non avevo più emozioni e volevo morire. E lì l’ho visto piangere».
E ancora: «Il giorno che esco dalla clinica mi viene a prendere mio papà. C’era un doppio arcobaleno. Io li scoppio a piangere dalla gioia, dalla felicità, abbraccio fortissimo mio papà e gli dico: 'hai visto che ce l’abbiamo fatta, ho smesso, e ce la farò e continuerò. Ce lo sta dicendo pure il cielo. C’è il doppio arcobaleno ti rendi conto?”. È stato uno dei momenti più fighi. Anzi, dopo chiamerò mio padre per ricordarglielo».
Sulla sua vita oggi e sui suoi sogni futuri Achille è chiaro: «Sono fiero di me, del fatto che sono riuscito ad avere una certa consapevolezza. Tutti i miei traumi sono riuscito a buttarli giù. Non ho filtri, non mi vergogno di quello che mi è successo perché alla fine sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi ma a farne tesoro. Avendo provato gli eccessi, ora ci sono poche cose che mi fanno veramente felice. Perché le sostanze stupefacenti ti fanno provare queste emozioni che non ritrovi. L’unica cosa che mi fa avere le farfalle nello stomaco come l’amore sono i ragazzi con la sindrome di down. Perché non l’hanno scelto loro. Non è una persona che si è drogata e adesso è in mezzo alla strada. È una persona che non ha scelto di nascere così. Io li devo aiutare. È una delle poche cose che mi fa essere troppo felice, Il mio obiettivo è creare centri con i miei ideali, con i cavalli per fare ippoterapia, viaggi che voglio far fare, day hospital che voglio creare, devono essere davanti al mare, ogni ragazzo deve avere il suo labrador che lo porta a fare il bagno, farli venire anche dall’Africa perché nella religione vudù se sei albino, se sei autistico, se sei down ti ammazzano».

(Adnkronos) - Dai controlli per le persone fragili assistite dalla Caritas diocesana di Roma ai pacchetti di prevenzione gratuita con ecografia, passando per il numero verde dedicato per ricevere informazioni e prenotare le visite. Sono alcune delle iniziative promosse dalla Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma con la campagna 'Novembre azzurro: la prevenzione è la tua mossa vincente'. Nel mese internazionale dedicato alla salute maschile la Fondazione ha messo a punto un ampio programma di screening, attività di informazione e iniziative solidali rivolte al benessere maschile. L'obiettivo è invitare a tenere un approccio più consapevole alla propria salute e diffondere la cultura della prevenzione, ancora troppo spesso trascurata dagli uomini.
Nello specifico la Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico metterà a disposizione 50 esami del Psa ed eventuale visita urologica, qualora necessaria, per gli assistiti dalla Caritas diocesana di Roma presso l'Hotel Divino Amore Casa del Pellegrino. Un modo per favorire l'accesso alla prevenzione da parte di alcune persone più vulnerabili e in condizioni di difficoltà economica segnalate dall'As Roma - di cui il policlinico è Official Medical Partner - parte della community coinvolta in via continuativa nei programmi di sostenibilità sociale del club giallorosso. Presso la sede centrale del policlinico a Trigoria sarà invece disponibile fino a esaurimento posti il pacchetto di prevenzione del tumore del rene con 50 ecografie renali gratuite, mentre al Campus Medical Center Porta Pinciana, in centro a Roma, si potrà aderire al programma di prevenzione del tumore della prostata che prevede 500 esami gratis del Psa e, anche in questa circostanza, visita urologica gratuita in caso di valori alterati.
Oltre a questi screening a costo zero, il Campus Bio-Medico
offre anche prestazioni ulteriormente scontate in 'Tariffa amica',
l'iniziativa di privato sociale che consente di accedere a visite e
prestazioni specialistiche a costi calmierati, in diverse
specialità tra cui cardiologia, tricologia, medicina dello sport,
ortopedia e odontoiatria, insieme a esami diagnostici come
l'ecografia addominale. Per tutto novembre, inoltre, sarà attivo il
numero verde 800.93.13.43, a cui potersi rivolgere per ricevere le
informazioni e prenotare le visite. Uno strumento molto semplice
pensato per rendere più accessibili le iniziative dedicate alla
salute maschile. Disponibili anche l'indirizzo e-mail
"Negli ultimi anni abbiamo visto come la prevenzione maschile venga troppo spesso trascurata - afferma l'amministratore delegato e direttore generale della Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico, Paolo Sormani - Con la campagna Novembre azzurro vogliamo rendere più facile questo passo, incoraggiando gli uomini a sottoporsi a controlli periodici grazie all'offerta di percorsi dedicati seguiti dai nostri professionisti e disponibili nei nostri diversi centri sul territorio. Il nostro impegno è fare in modo che ogni persona trovi nel Policlinico un luogo accogliente nel quale si possa sentire accompagnata con competenza in un gesto semplice ma decisivo per la propria salute".
"Nel nostro policlinico - ha aggiunto il direttore dell'Unità operativa complessa di Urologia, Rocco Papalia - la prevenzione è parte integrante della cura. Lavoriamo ogni giorno per garantire diagnosi precoci e terapie personalizzate, con l'utilizzo di tecnologie d'avanguardia e approcci mini-invasivi in grado di ridurre il dolore e migliorare la qualità di vita del paziente. Ma tutto parte da un gesto semplice: una visita urologica".
Accanto all'attività sanitaria, l'11 novembre torna l'incontro formativo sul tumore della prostata nell'ambito degli Education Box, il progetto del Policlinico Campus Bio-Medico che mette a disposizione spazi di confronto aperti a pazienti, familiari e caregiver. Con questo appuntamento medici e specialisti del policlinico approfondiranno temi legati alla prevenzione, alla diagnosi precoce e agli stili di vita salutari, fornendo informazioni pratiche su come favorire il benessere maschile anche attraverso comportamenti consapevoli e stili di vita corretti. Per l'intero mese tutte le varie strutture della Fondazione saranno anche allestite con il colore azzurro, simbolo della campagna, per invitare gli uomini a fare la propria 'mossa vincente' e a non rimandare.
Leggi tutto: 'Novembre azzurro', al Campus Bio-Medico Roma esami e visite per 'lui'

(Adnkronos) - "Un over 65 su cinque ha avuto almeno una caduta nell’ultimo anno, che nel 18% dei casi ha portato a una frattura e nel 16% a un ricovero ospedaliero". Lo affermano i dati della sorveglianza Passi d’Argento dell'Istituto superiore di sanità (Iss), relativi al biennio 2023-2024, secondo cui però "una quota rilevante di anziani, uno su tre, non utilizza presidi anticaduta come il tappetino in bagno, nonostante sia proprio la casa il luogo dove gli incidenti si verificano di più". Le cadute fra gli ultra 65enni sono avvenute per lo più all’interno della casa (54%) e meno frequentemente in strada (20%), in giardino (21%) o altrove (5%). Nel biennio 2023-2024 "il 20% degli intervistati ultra 65enni ha dichiarato di essere caduto nei 12 mesi precedenti l’intervista, di cui il 14% una sola volta e il 6% due o più volte. Nel 18% dei casi le cadute hanno causato una frattura e nel 16% dei casi è stato necessario il ricovero ospedaliero di almeno un giorno".
“Passi d'Argento – spiegano le responsabili della sorveglianza - rileva le cadute avvenute nei 12 mesi precedenti l'intervista, permettendo di monitorare anche eventuali eventi ripetuti che, oltre ad aumentare il rischio di fratture multiple, possono creare un circolo vizioso che indebolisce ulteriormente il fisico e la mobilità dell’individuo, riducendo gradualmente l’autonomia delle persone anziane”.
Le cadute fra gli ultra 65enni sono più frequenti con l’avanzare dell’età (le riferiscono il 15% dei 65-74enni e il 31% degli ultra 85enni), fra le donne (24% contro 15% negli uomini) e fra le persone con molte difficoltà economiche (29% contro 18% di chi non ne ha). Il 34% degli intervistati riferisce di avere paura di cadere, ma questa quota quasi raddoppia fra chi ha già vissuto questo evento. La paura di cadere cresce con l’età (è riferita dal 53% degli ultra 85enni), è maggiore fra le donne (43%), fra chi ha molte difficoltà economiche (50%) o bassa istruzione (45%) e fra chi vive solo (42%). La caduta è anche associata al malessere psicologico: la prevalenza di persone con sintomi depressivi fra le persone che hanno subito una caduta negli ultimi 12 mesi è del 17% (contro 7% del campione totale)".
La casa "non è percepita dagli anziani come un luogo a rischio di cadute: solo il 29% la reputa un luogo in cui la probabilità di avere un infortunio è alta o molto alta. Questa consapevolezza cresce con l’età (41% fra gli ultra 85enni), è maggiore fra le donne (34% contro 22% fra gli uomini) e fra le persone con molte difficoltà economiche (46%) o una bassa istruzione (34%)", si legge nel report.
Il 62% degli ultra 65enni riferisce di adottare il tappetino come presidio anticaduta nell’uso della vasca da bagno o della doccia, mentre è minore il ricorso ai maniglioni (22%) o ai seggiolini (17%). Tuttavia, complessivamente, solo il 67% degli intervistati ricorre all’uso di almeno uno di questi presidi anticaduta in bagno, mentre il restante 33% non li utilizza. L’uso di questi presidi è più frequente al crescere dell’età (tra gli ultra 85enni raggiunge l’81%), tra le donne (71%), fra le persone con maggiori difficoltà economiche (75%) e fra chi ha un basso livello di istruzione (76%).
"Ancora troppo bassa sembra l’attenzione degli operatori sanitari al problema delle cadute fra gli anziani: solo l’11% dichiara di aver ricevuto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, il consiglio dal medico o da un operatore sanitario su come evitare le cadute - rimarca il report - L’analisi temporale delle cadute negli ultimi 12 mesi fra gli ultra 65enni, che nel biennio 2020-2021 aveva registrato una riduzione significativa seppur di piccola entità, torna ai livelli pre-pandemici negli anni successivi e nel 2024, la prevalenza delle cadute nei 12 mesi precedenti l’intervista è analoga a quella osservata nel 2016".
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(Adnkronos) - "Solo metà dei centri oncologici italiani dispone di percorsi nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme, con forti differenze territoriali: sono soprattutto i centri del Nord a esserne dotati. E nella metà dei casi la valutazione nutrizionale alla diagnosi non viene effettuata regolarmente e spesso è riservata solo ai pazienti con calo ponderale evidente, con neoplasie che compromettono l’alimentazione o in regime di ricovero. In quattro centri su dieci, inoltre, non vengono raccolte neppure le abitudini alimentari dei pazienti". Sono questi i principali risultati della survey 'Percorsi di screening nutrizionali in oncologia', che ha coinvolto un campione di 100 strutture oncologiche ospedaliere italiane e che sarà presentata al congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, che si svolgerà a Roma dal 7 al 9 novembre prossimo. Inoltre, il 52% delle risposte proviene dai centri del Nord, il 29% dal Centro e il 19% dal Sud Italia: e anche questo è un segnale delle differenze territoriali che emergono dalla survey e che dipende dalla diversa concentrazione delle strutture oncologiche nel Paese. Promossa dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo), su proposta del Comitato Scientifico, l’indagine ha fotografato la presenza di percorsi nutrizionali, le modalità di valutazione dello stato nutrizionale e l’integrazione delle raccomandazioni nutrizionali nei servizi oncologici.
“Questi dati confermano che la nutrizione resta una delle aree più trascurate in oncologia, pur avendo un impatto diretto sugli esiti clinici – commenta Paolo Tralongo, presidente Cipomo e direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale di Siracusa –. Come Collegio riteniamo prioritario uniformare l’accesso a percorsi nutrizionali dedicati, perché non può esserci una qualità di cura diversa a seconda del territorio. È un tema di equità e di diritto per tutti i pazienti oncologici”. “La malnutrizione, per difetto o per eccesso, rappresenta una delle sfide più rilevanti nella gestione del paziente oncologico – aggiunge Federica Grosso, responsabile scientifica della survey e oncologa presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Alessandria –. Uno stato nutrizionale non adeguato, infatti, incide negativamente sulla qualità di vita, sulla tolleranza ai trattamenti, sulla prognosi e sui costi sanitari. Per questo abbiamo voluto realizzare questo lavoro: fotografare e misurare il problema significa renderlo evidente, sensibilizzare la comunità oncologica e promuovere interventi concreti per il futuro”.
Solo nella metà dei centri le indicazioni sulla corretta alimentazione vengono fornite in maniera sistematica, prevalentemente ai pazienti in terapia attiva o affetti da patologie che interferiscono con l’alimentazione. L’impiego di strumenti validati di screening (come Nrs-2002, Mna-Sf, Must, Mst), raccomandati dalle linee guida Espen e richiamati anche da Aiom, non è ancora diffuso in modo omogeneo. Inoltre, nella metà dei casi sono oncologi o infermieri a occuparsi dell’inquadramento nutrizionale, mentre la presenza di nutrizionisti e dietisti non è ancora garantita ovunque. La survey evidenzia inoltre che "la quasi totalità dei rispondenti ritiene utile disporre di materiale informativo esaustivo da fornire ai pazienti e avviare una presa in carico ambulatoriale dietologica con monitoraggio dello stato nutrizionale e prescrizioni personalizzate almeno per i pazienti a rischio".
“La valutazione nutrizionale precoce alla diagnosi non è ancora sistematicamente integrata nei percorsi oncologici italiani – spiega Grosso –. Tuttavia, un segnale positivo arriva dal consenso quasi unanime degli oncologi: il 99% dei partecipanti ritiene fondamentali progetti educazionali che integrino corretta alimentazione e attività fisica, un binomio complementare e interconnesso, due pilastri inscindibili della prevenzione e della cura, considerati una protezione contro sarcopenia, cachessia, depressione e deficit immunitario. È necessario rendere omogenee le pratiche e avviare una presa in carico dietologica strutturata, con monitoraggio e prescrizioni personalizzate almeno per i pazienti a rischio”.
“La realizzazione di ambulatori e percorsi nutrizionali dedicati – conclude Luisa Fioretto, past president Cipomo e direttore Dipartimento Oncologico Azienda USL Toscana Centro – rappresenta uno degli aspetti nodali affrontati partendo con le survey nell’ambito del Laboratorio Cipomo avviato nel precedente mandato. Un Laboratorio che a seguire della pubblicazione del Manifesto sul profilo delle nuove competenze dei primari di Oncologia, ha avviato un articolato processo di riconfigurazione dei nodi e percorsi organizzativi dei reparti di oncologia ospedaliera. Tutto ciò al fine di costruire nel Paese una offerta sanitaria oncologica al passo con una domanda sempre più complessa”.
“Questa survey indica con chiarezza la direzione da seguire – precisa Tralongo –: l’integrazione della valutazione e del supporto nutrizionale non può più essere considerata accessoria, ma parte integrante e sistematica del percorso oncologico. Per questo Cipomo, oltre a rafforzare la formazione degli oncologi e promuovere la creazione di ambulatori nutrizionali dedicati, intende farsi promotore di un impegno condiviso con Istituzioni, società scientifiche e associazioni di pazienti, per sviluppare modelli organizzativi omogenei, ambulatori nutrizionali dedicati e programmi formativi che tengano conto delle risorse disponibili”. “L’obiettivo è duplice – conclude Grosso –: garantire equità di accesso a tutti i pazienti sul territorio nazionale e rafforzare una cultura della prevenzione e della cura che riconosca nella nutrizione e nello stile di vita due alleati indispensabili contro la malattia oncologica”.
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(Adnkronos) - I tumori ginecologici impattano fortemente non solo sulla vita delle pazienti, ma anche su quella degli operatori sanitari. Difficoltà psicoemotiva e burnout colpiscono 4 professionisti su 10 che si devono occupare di queste neoplasie. Sono malattie che richiedono un impegno significativo e continuo sul piano sia clinico che psicologico. Per prevenire e contrastare tra i professionisti sintomi di esaurimento emotivo o di depersonalizzazione, Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) ha lanciato il primo progetto nazionale di educazione. Nelle scorse settimane sono state organizzate 5 lezioni online di formazione e sensibilizzazione rivolte ai clinici. Gli incontri hanno avuto l'obiettivo di riconoscere le diverse forme di disagio psicologico, fornire conoscenze della sindrome del burnout e proporre strategie per fronteggiare le problematiche. L'iniziativa 'Tumori ginecologici e burnout negli operatori sanitari' è stata realizzata grazie al contributo non condizionante di AbbVie e viene presentata oggi in una conferenza stampa online.
"Tra le varie sfide che l'oncologia moderna deve affrontare, vi è anche la tutela della salute psico-fisica di tutti coloro che assistono i pazienti - sottolinea Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom - Le neoplasie ginecologiche rappresentano un esempio emblematico di quanto sia difficile per un clinico trattare certe gravi malattie. Spesso le diagnosi sono tardive e quindi anche le possibilità di successo delle terapie si riducono notevolmente. Ciò è particolarmente valido nel carcinoma ovarico che colpisce in oltre il 90% dei casi donne over 40. Vi è poi un'alta mortalità che si riscontra ancora tra le pazienti e che porta costantemente gli operatori ad interfacciarsi con fonti di stress emotivo. Con le nostre lezioni online abbiamo voluto dare a tutti i professionisti uno strumento concreto d'aiuto".
"Tra le maggiori difficoltà riscontrate, vi è la costante necessità di dover comunicare notizie infauste a pazienti e caregiver - prosegue Gabriella Pravettoni, direttrice Divisione di Psiconcologia dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e professoressa di Psicologia delle decisioni all'università Statale del capoluogo lombardo - L'esposizione continua alla sofferenza può determinare un esaurimento emotivo che è una delle componenti chiave del burnout. Lo stress determina inoltre conseguenze negative a molti medici. Tra le più frequenti vi sono l'abuso di alcol o la tendenza ad altri comportamenti non salutari, l'aumento di sintomi ansiosi e depressivi e più in generale una peggiore qualità di vita. Se non viene affrontato correttamente, e da professionisti preparati in modo adeguato, il burnout può influire negativamente anche sulle scelte terapeutiche dei clinici".
"Nel complesso le neoplasie ginecologiche fanno registrare nel nostro Paese ogni anno oltre 11mila nuovi casi - aggiunge Domenica Lorusso, professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e direttore del Programma di Ginecologia oncologica Humanitas San Pio X di Milano - Nel tumore ovarico i tassi di sopravvivenza sono al momento inferiori rispetto a quelli registrati in altri carcinomi femminili. Esistono alcuni fattori di rischio conclamati come la nulliparità, l'infertilità, l'obesità o altre neoplasie come quella mammaria. E' stato anche dimostrato un maggiore rischio di malattia in donne Hiv positive o colpite da lupus eritematoso sistemico. Negli ultimi anni sono state messe a punto terapie con meccanismi d'azione molto innovativi. Si tratta di una patologia che presenta dei profili molecolari diversi e non è sempre perciò facile trovare percorsi di cura appropriati. E' anche una forma di cancro che tende a ripresentarsi dopo essere già stata trattata con successo. La ricerca medico-scientifica deve trovare nuovi strumenti diagnostici-terapeutici per un tumore molto infido".
"Il burnout è un grave e sottovalutato fenomeno che interessa un numero crescente di professionisti sanitari - rimarca Cinieri - Tra i più esposti ai suoi gravi pericoli vi sono i giovani oncologi medici. Sono colleghi che vivono situazioni di grande disagio anche a causa della loro minore esperienza. A complicare la situazione vi sono poi le molte problematiche che affliggono l'intera sanità italiana, come i grandi carichi di lavoro o l'eccessiva burocrazia. Tutto ciò può compromettere il dialogo e la fiducia tra medici e pazienti che invece devono essere alla base di una buona assistenza socio-sanitaria. Per sconfiggere il cancro è importante anche contrastare tra gli oncologi lo scarso entusiasmo per l'attività lavorativa, lo scetticismo o la sfiducia verso le proprie competenze. E' questo l'obiettivo che ci siamo posti con il nostro progetto e proseguiremo con attività simili anche in altre neoplasie".
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Infortunio sul lavoro a Villacidro, nel sud Sardegna... 
(Adnkronos) - "Prevale la voglia di riportare questo club ad alti livelli". Si presenta così il nuovo allenatore della Juve Luciano Spalletti, alla vigilia del debutto in campionato contro la Cremonese. "Ho grande rispetto del lavoro di Tudor, che saluto caramente perché è una persona splendida. Sono sicuro di trovare una squadra allenata bene grazie all professionalità di Igor. Ovviamente dobbiamo lavorare in maniera importante per raggiungere le nostre ambizioni". Ambizioni chiare: "Spero di poter rientrare nel giro scudetto, se ne parlava ieri in spogliatoio. Dobbiamo puntare al massimo. Mancano 29 partite, sono tante e ne ho viste di tutti i colori in 30 anni di professione. Ora che sono quasi in fondo, perché sono una persona anziana, non vedo perché dovrei accontentarmi".
Spalletti fa anche alcune considerazioni sul livello della squadra: "Il valore della rosa a disposizione? Sta nel motivo per cui ho accettato di venire. Se non avessi creduto nelle potenzialità, perché avrei dovuto accettare un contratto di 8 mesi?". Il tecnico parla poi del suo staff: "Ci saranno con me Domenichini, Martusciello, Russo e Sinatti. Voglio spendere due parole per Daniele Baldini che ha deciso di terminare il suo rapporto di lavoro e sono rimasto un po' sorpreso. Lui è uno sveglio e mi dispiace ma devo accettare la sua volontà".

(Adnkronos) - La Corte di Appello di Roma, in merito al procedimento sull’estradizione del cittadino libico Almasri, ha emesso ieri un’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale in merito alla legittimità costituzionale della normativa che disciplina l’adeguamento dell’ordinamento italiano allo statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale. L’ordinanza si riferisce alla parte della normativa che prevede che il procuratore generale debba attendere il parere del ministro della Giustizia prima di dare seguito alla Corte Penale internazionale. Insomma la Corte di Appello chiede alla Consulta se invece non sia più corretto che l’interlocuzione tra la Corte Penale e la procura avvenga senza l’intermediazione del Ministro, quindi del Governo.
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