(Adnkronos) - "Questi primi mesi di attività ci hanno portato a raggiungere quasi 4mila persone, circa 3.500 esattamente in target e altre più giovani o non consumatori di sostanze o italiane che si trovavano nei contesti di offerta del test". Così Paolo Meli, pedagogista, presidente della Società Cooperativa Sociale Don Giuseppe Monticelli di Bergamo e coordinatore nazionale di 'Test in the City', in occasione della Giornata mondiale delle epatiti, che si celebra oggi, 28 luglio, commenta i risultati del progetto promosso da Gilead in collaborazione con Relab, che coinvolge "la rete delle Fast Track Cities italiane. Queste - continua Meli - sono città già impegnate su fronte" della prevenzione "delle infezioni sessualmente trasmissibili, delle epatiti, dell’Hiv per raggiungere le popolazioni altoprevalenti, tra cui migranti e consumatori di sostanze". Nel concreto sono state realizzate "una serie di azioni e di interventi e individuati contesti, luoghi e spazi" dove poter incontrare "le popolazioni target e avviare una serie di attività". Oltre alla proposta dei test per queste patologie, è stato quindi predisposto "un sito dedicato", si è curata "la diffusione, attraverso i canali social, delle realtà coinvolte" e si è dimostrato che "questa modalità di informazione funziona".
I risultati mostrano che, in queste popolazioni, "abbiamo prevalenze significative" per le "infezioni che siamo andati a indagare e per cui abbiamo proposto i test e screening. Complessivamente - precisa Meli - il 2,48% circa delle persone testate ha ricevuto una diagnosi rispetto alle 3 infezioni. Particolarmente importante è il fatto che tutte le persone testate positive sono state accompagnate al test di conferma. L’azione delle organizzazioni di terzo settore – sottolinea – è fondamentale per accompagnare in modo adeguato le persone".
I test preliminari, "nella stragrande maggioranza dei casi, sono stati confermati, e tutte le persone sono ancora accompagnate nei percorsi di presa in carico, per la terapia o per il follow-up - assicura Meli - Rispetto alle questioni di diagnosi, di ingaggio ‘to care’ tempestivo, di infezioni come l’epatite e come l’Hiv - riflette - certamente contano e pesano le barriere linguistiche, culturali, di stile di vita, di accessibilità ai servizi sanitari, ma anche di avere o no avere casa: sono tutte condizioni che rendono estremamente difficile l’accesso ai servizi sanitari". A partire da questi risultati, "credo che il progetto - conclude Meli - evidenzi la necessità di politiche sanitarie in questa direzione, perché tra i meriti di questo progetto c’è quello di aver dato concretezza e dati a percezioni che le organizzazioni di terzo settore avevano molto chiare già, ma che ora, alla luce dei dati, diventano ancora più significative e importanti da affrontare".
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(Adnkronos) - In casa Juventus scoppia il caso Timothy Weah. Badou Sambague, agente del giocatore americano, ha parlato così della situazione del suo assistito a Rmc Sport: "La Juventus è un club fantastico. Il reparto sportivo è gestito da tre persone, due hanno classe e un altro sta ancora cercando la sua strada. Non gliene faremo una colpa. Due cercano soluzioni e uno sta creando problemi, e non possiamo permettercelo". Un attacco lanciato senza fare nomi, forse nemmeno troppo nascosto al nuovo dg bianconero Damien Comolli.
L'agente di Weah ha continuato: "Tim, un professionista da sempre, è stato escluso durante il Mondiale per Club, gli è stato rovinato. Questa persona voleva costringerlo ad andare dove voleva lui. Oggi, per vendetta, chiede una fortuna per il suo cartellino e aspetta un'offerta dalla Premier che non arriverà e che non accetteremo mai". Badou Sambague ha poi rincarato la dose: "Non sono abituato a parlare apertamente, ma non farlo oggi significherebbe accettare l'inaccettabile e una mancanza di rispetto. La classe non si compra, ma è sempre stata parte della storia della Juventus e c'è qualcuno che la sta minando".
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(Adnkronos) - Pianificare un trattamento adiuvante personalizzato, calibrato sulle caratteristiche specifiche del tumore e della paziente, "anche quando il cancro al seno viene diagnosticato in fase precoce e asportato chirurgicamente". È la strategia descritta da Angela Toss, oncologa al Centro Oncologico di Modena e docente di Oncologia medica all’Università di Modena e Reggio Emilia, in un articolo pubblicato su 'è tempo di vita' (etempodivita.it), progetto editoriale promosso da Novartis, per ridurre il rischio che la malattia, dopo l’asportazione chirurgica, si ripresenti, anche a distanza di anni. "Il follow-up - spiega - ha un duplice obiettivo: prevenire le recidive e aiutare la paziente a riprendere una vita il più possibile normale".
La crescente disponibilità di trattamenti efficaci rappresenta una grande opportunità per il clinico e per la paziente. "Tuttavia - osserva Toss - proprio la complessità delle opzioni richiede un approccio di decisione condivisa (shared decision making). È fondamentale che medico e paziente discutano insieme le possibili terapie, tenendo conto non solo dell’efficacia clinica ma anche degli obiettivi e delle priorità personali della donna, in un equilibrio continuo tra efficacia terapeutica e qualità della vita". Un aspetto essenziale, ricorda Toss, è che "ogni tumore e ogni paziente sono unici. Non esistono 2 tumori identici, perché diversa è la biologia delle cellule tumorali e differente è il contesto clinico e personale di ogni donna".
Il trattamento adiuvante del tumore della mammella, chiarisce Toss nell’articolo online, ci si riferisce a "pazienti che hanno subito l’asportazione del tumore, con o senza coinvolgimento dei linfonodi locoregionali. Per ridurre il rischio di recidiva, le strategie terapeutiche si sono evolute nel tempo", dalla sola terapia endocrina, si è passati a trattamenti più complessi, "prolungando i tempi di somministrazione nelle pazienti a più alto rischio e introducendo nuove molecole". Tra le nuove terapie che hanno cambiato la gestione del tumore mammario localizzato, Toss evidenzia il ruolo degli "inibitori delle chinasi ciclino-dipendenti (Cdk4/6), che hanno trasformato la pratica clinica", contribuendo a ridurre il rischio di recidiva invasiva e a distanza, migliorando significativamente i risultati clinici. Inoltre, nelle donne portatrici di mutazioni germinali nei geni Brca1 e Brca2, l’utilizzo dei Parp inibitori ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza globale (overall survival) se assunti per un anno dopo l’intervento.
Per stimare il rischio di recidiva - si legge nel sito ‘è tempo di vita’ - si prendono in considerazione i fattori anatomici, legati all’estensione della malattia alla diagnosi, e quelli biologici, relativi all’aggressività intrinseca del tumore. Alcuni tumori, pur essendo di piccole dimensioni, hanno caratteristiche genetiche e molecolari tali da renderli particolarmente aggressivi. Anche se esistono software in grado di combinare questi fattori e fornire una stima del rischio, Toss avverte che "questi strumenti sono solo un supporto, non possono sostituire l’esperienza e il giudizio clinico, perché né i tumori né le pazienti possono essere ridotti a semplici numeri".
Il tumore della mammella - informa l’articolo - resta la neoplasia più frequente nella popolazione femminile e, considerando entrambi i sessi, nella popolazione generale. I dati Airtum (Associazione italiana registri tumori) stimano che 1 donna su 8 possa sviluppare un tumore al seno nel corso della vita. Nonostante l’elevata incidenza, la prognosi è fortunatamente migliorata molto negli ultimi decenni: oggi, circa l’87% delle donne è viva a 5 anni dalla diagnosi, anche se permangono differenze tra le diverse aree geografiche italiane. Se ci concentriamo sulle forme più precoci, ovvero quelle localizzate alla sola ghiandola mammaria e senza coinvolgimento linfonodale, la sopravvivenza a 5 anni supera il 96-97%.
Nonostante i progressi, il rischio di recidiva, soprattutto nelle forme biologicamente più aggressive, "può persistere anche molti anni dopo la fine dei trattamenti - rimarca Toss - Per questo motivo il follow-up oncologico dura in genere dai 5 ai 10 anni e consente di monitorare la situazione clinica, intervenendo tempestivamente se necessario. Il rischio di recidiva tende a diminuire progressivamente nel tempo, soprattutto grazie ai miglioramenti nella diagnosi precoce e all’efficacia dei trattamenti adiuvanti", ricorda l’oncologa citando uno studio pubblicato nel 2024 su The Lancet, che ha evidenziato una riduzione significativa delle recidive nelle pazienti diagnosticate negli anni 2000 rispetto a quelle degli anni ’90. E i dati più recenti fanno ipotizzare che le donne diagnosticate dopo il 2010 potranno beneficiare di un ulteriore calo delle recidive, grazie a terapie ancora più mirate ed efficaci. L’articolo completo e ulteriori approfondimenti sono disponibili su etempodivita.it
(Adnkronos) - "Donald Trump non ha raggiunto un accordo con Ursula von der Leyen, ma piuttosto si è mangiato la presidente della Commissione europea per colazione". Così Viktor Orban commenta l'annuncio fatto ieri in Scozia dell'accordo commerciale con il quale la Ue ha evitato di andare allo scontro frontale con gli Stati Uniti del tycoon accettando dazi al 15%.
In un uno streaming live su Facebook, il premier sovranista ungherese, di cui sono note le posizioni critiche nei confronti di Bruxelles e la grande amicizia e intesa ideologica con Trump, ha affermato che l'accordo raggiunto dai negoziatori europei è "peggiore" di quello ottenuto dal Regno Unito.
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(Adnkronos) - Un cadavere è stato trovato questa mattina sulla spiaggia a Maccarese, nel comune di Fiumicino. A scoprire il cadavere è stato un uomo che ha avvertito i carabinieri che hanno avviato subito le indagini per identificare il corpo.
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(Adnkronos) - Abbattere le barriere finanziarie, sociali e sistemiche, inclusa la stigmatizzazione, che ostacolano l'eliminazione delle epatiti virali e la prevenzione dei casi di tumore al fegato causati da queste infezioni. È questo il senso di 'Hepatitis: Let’s Break It Down', il messaggio scelto dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) per l’edizione 2025 della Giornata mondiale delle epatiti che si celebra ogni anno il 28 luglio. Sebbene prevenibili, trattabili e, nel caso dell'epatite C, curabili, le epatiti virali - che si stima causino 1,3 milioni di morti nel mondo l’anno - sono ampiamente sottostimate e causano silenziosamente danni al fegato, aumentando così il rischio di sviluppare scompenso epatico, cirrosi e cancro.
L’Italia - informa una nota - è uno dei pochi paesi al mondo che ha stanziato un fondo dedicato allo screening gratuito dell’infezione da Hcv (il virus dell’epatite C), focalizzato sulle persone che vengono seguite dai servizi delle dipendenze, sui detenuti e sulla popolazione generale nata tra il 1969 e il 1989. I dati sull’andamento dello screening fanno emergere una realtà con luci e ombre: al 30 giugno 2024, sono state testate oltre 2 milioni di persone e rilevate quasi 15mila infezioni attive da epatite C. Solo però il 12% della popolazione generale target ha effettuato il test dell’epatite C di primo livello. Tra le Regioni che, a oggi, hanno attivato lo screening, è l’Emilia-Romagna a registrare la copertura più alta (40,3% della popolazione generale target). Rimangono quindi ancora ampie fasce di popolazione, soprattutto quelle più fragili o che hanno difficoltà a essere raggiunte dal Servizio sanitario nazionale, ma anche quelle dove si stima una più alta prevalenza di infezione, che sono escluse dalla possibilità di essere diagnosticate e curate.
"Un focus particolare va fatto sullo screening per l’epatite C, capace di individuare questa infezione asintomatica che dovrebbe essere curata precocemente così riducendo le possibilità di trasmissione del virus e la progressione della malattia -spiega Antonio Gasbarrini, professore ordinario di Medicina Interna Università Cattolica e direttore scientifico della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli Irccs di Roma - In Italia si stimano ancora oltre 300mila persone infette da epatite C, asintomatiche e pertanto non diagnosticate. Uno screening allargato della popolazione generale porterebbe a una riduzione in 10 anni di circa 5.600 decessi, 3.500 epatocarcinomi e/o oltre 3mila scompensi epatici, rispetto a uno screening meno efficiente o semplicemente a una diagnosi tardiva".
Nell’ottica di allargare lo screening e di raggiungere alcune di queste popolazioni - continua la nota - è nato il progetto ‘Test in the city’, iniziativa di screening e linkage to care promossa da Gilead Sciences in collaborazione con la Rete Fast Track Cities italiane e Relab che, a oggi, coinvolge 14 città ed è rivolta alle popolazioni migranti e a persone che utilizzano sostanze.
"L’idea nasce dalla necessità di avvicinare queste persone nei luoghi che frequentano, così da rendere più agevole l’esecuzione dei test rapidi per epatite C e B, e quindi anche delta, e Hiv - chiarisce Paolo Meli, pedagogista, presidente della Società Cooperativa Sociale don Giuseppe Monticelli di Bergamo e coordinatore nazionale di ‘Test in the City’ - Ognuna delle città aderenti al progetto offre test gratuiti nei più svariati contesti: ambasciate e consolati, eventi sportivi, luoghi di culto, nei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, nei centri di accoglienza straordinaria. Le attività portate avanti finora sono state un successo: le persone si sono avvicinate con fiducia e abbiamo potuto intercettare situazioni che altrimenti sarebbero rimaste sommerse, garantendo loro un percorso di salute. Un risultato che conferma le ipotesi alla base del progetto e cioè che se vogliamo occuparci della sanità pubblica dobbiamo avere attenzione per le popolazioni più vulnerabili. Un ruolo chiave - aggiunge - può essere giocato dal terzo settore capace di sviluppare azioni di prossimità in grado di raggiungere chi vive in condizioni di fragilità o affronta barriere nell’accesso ai servizi".
Grazie al progetto sono stati eseguiti finora circa 4mila test per Hiv, Hcv ed Hbv. Il 2,48% circa delle persone testate è risultato positivo a una o più infezioni; circa il 60% delle persone testate avevano tra i 20 e i 40 anni e quasi i due terzi erano di sesso maschile - dettaglia la nota - Nei casi di positività, le persone sono state accompagnate a un centro di cura per effettuare un esame più specifico e, una volta confermato l’esito, in quasi tutti i casi è stato attivato un percorso di presa in carico. Per coloro che sono risultati positivi all’Hbv sono stati effettuati o si stanno tutt’ora effettuando test per l’Hdv (epatite delta).
"Il progetto - sottolinea Miriam Lichtner, professore ordinario di malattie infettive dell'Università Sapienza di Roma - ha consentito anche di validare dei percorsi di assistenza innovativi. È infatti necessario collaborare con le comunità che vivono nei territori per capire quali possono essere le modalità e i luoghi più adatti per proporre lo screening, uno screening partecipativo che miri alla presa in carico e alla lotta allo stigma. Grazie alla provata efficacia dei test rapidi - osserva - oggi possiamo organizzare l’attività anche fuori dai contesti sanitari e, sempre insieme a mediatori culturali o a rappresentanti della comunità, garantire il counseling immediato e quindi favorire la presa in carico nei centri di cura di coloro che risultano positivi, abbattendo le barriere e facilitando l'accesso al Sistema sanitario nazionale".
Grazie al finanziamento della campagna di screening, l'Italia è stata uno dei primi Paesi a pianificare una strategia per raggiungere l’obiettivo di eradicare l’infezione entro il 2030 secondo quanto indicato dall’Oms, "ma, data la situazione attuale è impensabile raggiungerlo - evidenzia Stefano Fagiuoli, direttore dell’Unità complessa di Gastroenterologia, epatologia e trapiantologia, Asst Papa Giovanni XXIII di Bergamo e professore di Gastroenterologia presso il dipartimento di Medicina e chirurgia dell’Università Milano Bicocca - È evidente che si deve fare di più: sappiamo che nei Serd e nelle carceri la prevalenza è maggiore: è quindi lì che dobbiamo continuare a effettuare i test e a estenderli su tutto il territorio nazionale. È però importante anche favorire i test opportunistici negli ospedali - precisa - proponendo il test ai pazienti ricoverati anche in reparti diversi dalla gastroenterologia o dall’infettivologia o, ancora, coinvolgere i medici di medicina generale per capire quanti dei loro assistiti hanno aderito allo screening e proporlo a quelli che non hanno ancora aderito o non hanno mai effettuato il test. Sono azioni urgenti - rimarca - perché là dove sono già state implementate, hanno rivelato che un terzo dei positivi non aveva solo l’infezione ma già una malattia di fegato in fase avanzata. L’auspicio è che lo screening non solo venga rifinanziato, visto anche che non tutti i fondi messi a disposizione sono stati spesi, ma ne vengano ampliati i criteri di inclusione e le strategie di attuazione".
In questo contesto - conclude la nota - l’impegno di Gilead nel rendere lo screening per le epatiti virali accessibile alle popolazioni non coperte dalla campagna nazionale si concretizza anche nel supporto di progetti di testing in diversi centri italiani tra ospedali e residenze sanitarie assistite.
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(Adnkronos) - Spari da un'auto in corsa nella notte ad Acilia in Roma. Intorno alle 2 sono stati segnalati al 112 alcuni colpi di arma da fuoco esplosi in via Giuseppe Beduschi, contro un palazzo. Una ragazza di 19 anni, affacciata al balcone di un’abitazione, è stata colpita al ginocchio da un proiettile. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Stazione di Acilia e della Sezione Operativa della Compagnia di Ostia.
Dalle prime ricostruzioni, i colpi sarebbero stati esplosi da un’autovettura in transito. La giovane, una egiziana in vacanza a casa del padre, è stata soccorsa dal personale del 118 e trasportata all’ospedale Sant’Eugenio, non in pericolo di vita. Rilievi a cura dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Ostia.
(Adnkronos) - Colpi d'arma da fuoco questa mattina verso le 5 a Roma, in via Libero Leonardi, a Cinecittà est. I carabinieri della Stazione Appia e del Nucleo Radiomobile sono intervenuti sul posto dove hanno rinvenuto tracce ematiche e alcuni bossoli. Testimoni hanno riferito che, dopo aver sentito gli spari, hanno notato un uomo a terra che era stato soccorso da altri due e caricato in auto. I carabinieri si sono immediatamente attivati alla ricerca della persona ferita ed hanno accertato che era giunto al policlinico Casilino, poco prima, un uomo straniero con ferite da colpi di arma da fuoco, non grave. Sul posto sono intervenuti gli specialisti della sezione rilievi tecnico scientifici di via in Selci. Approfondimenti investigativi in corso da parte dei carabinieri della Compagnia di Roma Casilina.
(Adnkronos) - Celso Valli, compositore, direttore d'orchestra, arrangiatore e produttore discografico che ha segnato la storia della musica leggera italiana degli ultimi decenni, è morto all'età di 75 anni a Bologna, la città dove era nato il 14 maggio 1950. La notizia della scomparsa è stata diffusa sui social da Eros Ramazzotti, che ha postato la storia "Mi mancherai maestro".
Dopo gli studi al Conservatorio Giovanni Battista Martini di Bologna, Valli ha fatto il suo debutto ufficiale collaborando con Drupi nel suo album del 1978 "Provincia". Negli stessi anni ha iniziato a produrre, arrangiare e occasionalmente lavorare come compositore in diversi progetti "Italo disco", tra cui "Tantra", "Azoto" e "Passeggeri". Dal 1979 inizia a collaborare con Mina; la carriera come produttore ed arrangiatore include alcuni degli artisti italiani di maggior successo tra gli anni Ottanta e Duemila. Ha lavorato con Claudio Baglioni, Gianni Morandi, Fiorella Mannoia, Miguel Bosé, Marcella Bella, Matia Bazar, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, Andrea Bocelli, Giorgia, Patty Pravo, Il Volo, Laura Pausini, Filippa Giordano, Mango, Raf, Renato Zero, Biagio Antonacci e Gerardina Trovato solo per citarne alcuni.
Nel corso della propria attività ha ottenuto dischi d'oro e dischi di platino, e il Latin Grammy Award per il disco "Primavera Anticipada" di Laura Pausini. Nel 2006 è stato premiato con il Leone d'oro alla carriera. Nel 2011 riceve il disco di diamante con Vasco Rossi, per l'album "Vivere o niente". È sua la produzione del disco italiano più venduto di sempre, "La vita è adesso" di Claudio Baglioni, e ha curato brani come "Self Control", "Ti sento", "Quello che le donne non dicono" e "Un senso". Valli è stato per decenni protagonista anche del Festival di Sanremo, dove ha diretto l'orchestra per molti artisti, spesso contribuendo a vittorie storiche. L'ultima sua apparizione all'Ariston risale al 2023, al fianco di Ultimo ed Eros Ramazzotti in un medley emozionante dei grandi successi del cantautore romano.
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