
(Adnkronos) - Un risultato per la diabetologia emozionante: per la prima volta, un paziente con diabete di tipo 1 da oltre trent’anni ha ricevuto un trapianto di isole pancreatiche allogeniche senza dover assumere farmaci immunosoppressivi. Le cellule, impiantate nel muscolo dell’avambraccio, hanno mostrato una limitata ma rilevabile attività funzionale, iniziando a produrre insulina.
Il caso, che rappresenta una prova di principio di 'immunoescape' cellulare nell’uomo, è stato descritto in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine da un team dell’Università di Uppsala, in Svezia. Le cellule utilizzate nel trapianto fanno parte di una nuova terapia sperimentale chiamata UP421. Si tratta di cellule pancreatiche ottenute da un donatore, poi modificate geneticamente per sfuggire al sistema immunitario del paziente. Questo approccio - fanno sapere dalla Società italiana di diabetologia - nasce da una lunga fase di ricerca preclinica, condotta in particolare dalla professoressa Sonia Schrepfer, che in studi su modelli animali aveva già dimostrato come cellule così modificate potessero sopravvivere senza essere rigettate. Nell’uomo, è la prima volta che questa strategia viene testata.
Per ottenere questo effetto, i ricercatori hanno eliminato dalle cellule due segnali chiave (Hla di classe I e II) che normalmente permettono al sistema immunitario di riconoscere ciò che è "estraneo". In parallelo, è stata aggiunta una proteina protettiva chiamata CD47, che agisce come una sorta di "segnale di non attaccare" rivolto alle cellule del sistema immunitario innato, come i macrofagi. Le cellule sono state ingegnerizzate nel laboratorio Gmp di Oslo, in Norvegia, sotto la guida della ricercatrice Hanne Scholz, utilizzando una piattaforma tecnologica sviluppata dall’azienda Sana Biotechnology. L’intervento è stato poi eseguito in Svezia, presso il centro clinico dell’Università di Uppsala, sotto la direzione del professor Per-Ola Carlsson, che coordina lo studio clinico.
"Questo studio rappresenta un primo passo concreto verso una nuova generazione di terapie cellulari per il diabete - spiega Lorenzo Piemonti, direttore del Diabetes Research Institute di Milano e primario dell’uo Medicina rigenerativa e dei trapianti dell’Irccs Ospedale San Raffaele di Milano -. Per la prima volta, abbiamo evidenze che cellule pancreatiche geneticamente modificate possono sopravvivere nell’uomo senza la necessità di farmaci immunosoppressivi. È importante ricordare che si tratta di una prova di principio, non di una terapia efficace: la quantità di cellule trapiantate era molto bassa e i livelli di insulina prodotti sono minimi. Ma il fatto che queste cellule siano ancora lì, funzionanti e non rigettate, apre una prospettiva completamente nuova. La vera sfida sarà ora trasferire questo approccio alle cellule staminali, in modo sicuro e standardizzato, per renderlo davvero disponibile ai pazienti".
Lo studio - si legge - è stato concepito come una prova di principio clinica, con l’obiettivo principale di valutare la sicurezza del trapianto e la possibilità che cellule geneticamente modificate sopravvivano in un ospite immunocompetente senza immunosoppressione. Il trattamento ha coinvolto un solo paziente e ha previsto l’impianto di una dose molto bassa di isole pancreatiche — inferiore al 10% della quantità normalmente necessaria per ottenere un controllo glicemico significativo o l’indipendenza dall’insulina. Dopo 12 settimane, è stata rilevata una secrezione endogena minima di C-peptide, indicativa di una attività funzionale delle cellule impiantate. Tuttavia, non sono emersi benefici clinici attribuibili al trapianto: se da un lato si è osservata una riduzione dell’emoglobina glicata del 42%, dall’altro il fabbisogno insulinico è aumentato dell’80% rispetto al basale, indicando che il miglioramento del controllo glicemico è verosimilmente legato a una gestione terapeutica più intensiva. Un risultato in linea con le aspettative, considerata la quantità molto limitata di cellule infuse e i valori assoluti di C-peptide estremamente bassi, clinicamente non significativi
Il trapianto è stato eseguito nel muscolo dell’avambraccio, una sede scelta per ragioni tecniche, non terapeutiche. Questo sito consente un monitoraggio accurato tramite imaging e, se necessario, il recupero delle cellule, rendendolo particolarmente adatto negli studi clinici precoci. "Ridurre o eliminare l’uso di farmaci immunosoppressivi è da sempre uno degli obiettivi più importanti nel campo del trapianto cellulare - sottolinea Raffaella Buzzetti, presidente della Società italiana di diabetologia - Se questo approccio verrà confermato, potrà rendere il trapianto di isole o di cellule pancreatiche una possibilità concreta per un numero molto più ampio di pazienti, migliorando la sicurezza e la qualità della vita, grazie all’eliminazione dei rischi legati all’immunosoppressione e alla possibilità di liberarsi dalle iniezioni quotidiane di insulina".
I ricercatori sottolineano che saranno necessari ulteriori studi, su un numero maggiore di pazienti e con un follow-up più lungo, per valutarne stabilità ed efficacia nel tempo. La vera sfida dei prossimi anni sarà trasferire questo approccio a cellule derivate da staminali, così da superare la dipendenza da donatori e rendere la terapia riproducibile, sicura e accessibile su larga scala.
Leggi tutto: Diabete di tipo 1, in Svezia primo trapianto di cellule produttrici di insulina

(Adnkronos) - L’imperativo del presente è disegnato sulla pelle. “È la frase ‘Proteggi la tua pace’. Me la sono tatuata, perché negli anni ho capito quanto sia importante mettere la serenità davanti a tutto”. Chiara Pellacani, 22 anni, lo racconta all’Adnkronos dopo i Mondiali di nuoto di Singapore. La stella azzurra dei tuffi ha chiuso la rassegna continentale mettendosi al collo tre medaglie. Due bronzi, nel trampolino da un metro e da tre metri, e un oro storico nel sincro misto con Matteo Santoro. Tutto dopo due quarti posti alle Olimpiadi di Parigi. “Il segreto per questa ripartenza? La tranquillità. Se non ce l’hai, diventa complicato. Nello sport e nella vita”.
Hai ripensato alle imprese di Singapore?
“Sono contentissima. Avevo fatto una bella preparazione, ma non speravo di vincere tutte queste medaglie. Forse quella con Matti (Matteo Santoro, ndr) nel sincro misto è la più inaspettata. Non immaginavamo il gradino più alto del podio”.
Sei tornata a casa con tre medaglie. Prima di te, ai Mondiali, ci era riuscita una leggenda dello sport italiano come Tania Cagnotto.
“Raccontano emozioni diverse. Quella da un metro, è stata la prima individuale e la inseguivo da un po’. L'oro con Matti è stato incredibile, mentre dai tre metri volevo il podio con tutta me stessa dopo il quarto posto alle Olimpiadi. È la mia gara”.
Cos’è cambiato negli ultimi mesi dopo la delusione di Parigi?
“Nello sport si vince e si perde e spesso tra le due cose passa un niente. Dopo i Giochi ho avuto bisogno di una pausa, dovevo riprendermi a livello mentale. Per un periodo mi sono anche data alla boxe. Poi ho ricominciato gli allenamenti e mi sono detta: ‘Chiara, vivitela’. Senza pensare ai risultati. Quelli sono arrivati grazie alla serenità”.
Al Corriere della Sera hai raccontato di aver chiesto aiuto a diverse persone. Quando si capisce di aver bisogno di supporto?
“Mi ero resa conto di non riuscire ad affrontare troppe cose da sola. Non è facile capirlo. Ammetterlo è però il primo passo per uscire da un periodo no. Io poi sono stata fortunata. Sono tornata a casa per un po' e ho passato tanto tempo con la mia famiglia. Mi hanno supportato in ogni decisione”.
Vinci medaglie da quando eri adolescente e da anni ti definiscono l’erede di Tania Cagnotto. Nelle difficoltà ha pesato l’eccessiva pressione?
"C’erano aspettative, ma più da parte mia. Pretendo tanto da me, a volte troppo. È stata una lezione di vita, ho capito che spesso la cosa migliore è affrontare le sfide con basso profilo. Altrimenti diventa controproducente”.
Tania ti ha scritto dopo i Mondiali?
"Mi ha mandato un messaggio dopo l’oro vinto nel sincro. Si è complimentata per la bella gara”.
La prima volta in cui, dopo 99 gare nei tuffi sincronizzati tra Olimpiadi e Mondiali, l’Italia è arrivata davanti alla Cina.
“Non avevo letto questa statistica”. E se la ride. “Siamo stati impeccabili. Il bello è che ci aspettavamo qualcosa, ma non avevamo osato così tanto nemmeno nei sogni”.
Da qualche anno vivi in America e frequenti il college. Che esperienza è?
“Questa svolta mi ha dato tanto, in primis a livello personale. Vivo da sola, ora sono molto più indipendente e autonoma. Mi prendo responsabilità e sono cresciuta anche nei tuffi, le tante prove fatte al college mi hanno preparata al meglio per le gare internazionali. E poi ho avuto modo di studiare psicologia, a dicembre mi laureo”.
Perché hai scelto questo percorso?
"Era l'unica opzione per continuare ad allenarmi, facendo coincidere una preparazione di alto livello con la mia formazione. La psicologia mi appassiona da anni, volevo saperne di più ed è stata la scelta giusta. Poi farò un master in comunicazione”.
In futuro avremo una nuova collega?
“Chissà”.
In questa passione c’'è lo zampino di mamma Francesca, insegnante, e papà Giampaolo, giornalista sportivo?
“Diciamo di sì. Mi hanno fatto avvicinare fin da bambina a questo mondo e non lo nascondo, mi interessa. Può aprire diverse porte per il futuro. Vedremo...”.
Da un po’ di tempo, non a caso, racconti sui social la sua vita da atleta e tieni una sorta di diario in reel...
"Mi diverte e penso sia un bel modo per far conoscere il mondo dei tuffi ai meno appassionati. Cerco di portare chi mi segue dentro al mio stile di vita, mi piace condividere le mie emozioni”.
Tante, nella tua vita, sono diventati tatuaggi.
“Ne ho 21, la regola vuole che siano dispari”.
A quale sei più legata?
"Mio nonno Sandro dipingeva. Mi sono tatuata uno dei suoi quadri con una dedica, c’è scritto ‘Alla mia piccola e dolcissima Chiara’. È quello a cui tengo di più”. (di Michele Antonelli)
Angioni, 'manca personale e liste d'attesa sempre più lunghe'.... 
(Adnkronos) - In Anatolia centrale, nell'attuale Turchia, riemerge un passato misterioso e struggente grazie alla scoperta di quello che è già stato ribattezzato "il cerchio dei bambini perduti". Durante la diciottesima campagna di scavo nel sito di Uşaklı Höyük, condotta dalla Missione Archeologica Italiana e coordinata dall'Università di Pisa, sono stati rinvenuti i resti di sette bambini in un contesto che suggerisce pratiche rituali risalenti all'epoca degli Ittiti, nell'età del Bronzo, principalmente tra il XVII e il XII secolo a.C.
La scoperta, avvenuta nella cosiddetta 'Struttura Circolare', un enigmatico edificio in pietra già oggetto di attenzione scientifica negli ultimi anni, getta nuova luce sui rituali comunitari delle popolazioni del Tardo Bronzo. Le ossa degli infanti non si trovavano in tombe vere e proprie, ma sparse tra frammenti ceramici, resti animali e ceneri: un insieme che lascia ipotizzare riti sacri, forse simili a quelli che avvenivano nei tofet delle antiche città fenicie.
"Il legame tra i resti e l'architettura monumentale è ormai evidente", spiega il professor Anacleto D'Agostino, archeologo dell'Università di Pisa e responsabile dello scavo. "Siamo davanti a uno spazio con funzione rituale, legato a pratiche comunitarie e ai valori simbolici della società ittita".
Uno degli elementi più rilevanti emersi dallo scavo è il dente di un infante, in condizioni straordinariamente buone. Oltre a permettere una datazione assoluta, potrà offrire attraverso le analisi del Dna informazioni genetiche cruciali sulla popolazione che abitava il sito, oggi identificato da molti studiosi con la città santa di Zippalanda, dedicata al culto del Dio della Tempesta.
Il sito di Uşaklı Höyük si trova sull'altopiano anatolico centrale e rappresenta uno dei principali insediamenti ittiti studiati in Anatolia. La campagna 2025, condotta dall'Ateneo pisano in collaborazione con università turche e internazionali, ha interessato diverse aree strategiche.
Nell'Area F del sito, gli archeologi hanno identificato nuove murature relative a una fase avanzata dell'occupazione ittita. Le strutture rispettano la presenza della 'Struttura Circolare', suggerendone una continuità d’uso nel tempo, probabilmente con una funzione cultuale. Lastricati e stratificazioni orientali indicano una frequentazione prolungata, rafforzando l'ipotesi che questo spazio rappresentasse il centro sacro dell'insediamento.
Nell'acropoli, gli scavi hanno documentato per la prima volta una sequenza di abitazioni e spazi pubblici che coprono un arco cronologico dall’età del Ferro fino al periodo ellenistico. Un deposito di distruzione, rinvenuto a quattro metri di profondità, ha restituito pietre bruciate e ceneri che potrebbero rivelare nuovi dettagli su una fase ancora poco conosciuta della regione.
Parallelamente, nell'Area G, prosegue lo studio della necropoli medievale, con analisi genetiche su una famiglia sepolta che potrebbero offrire nuovi indizi sulla ricomposizione demografica dell'Anatolia dopo la storica battaglia di Manzikert (1071 d.C.).
Accanto agli elementi strutturali e umani, la Missione Archeologica Italiana ha raccolto una ricca documentazione materiale: ceramiche, resti animali, semi e carboni che raccontano un’economia mista di allevamento, caccia e pratiche rituali. In Area F, una fossa contenente resti interi di cavalli, bovini, caprovini, asini e persino una lepre, potrebbe testimoniare cerimonie collettive o offerte sacrificali.
Gli studi archeobotanici e genetici sono ancora in corso, con l’obiettivo di ricostruire l’ambiente agricolo e la composizione biologica delle antiche popolazioni anatoliche. Le analisi del Dna umano e animale, condotte presso il laboratorio Human_G dell’Università Hacettepe di Ankara, promettono risultati innovativi per la comprensione delle dinamiche sociali e culturali della regione.
Il progetto è l'unica Missione Archeologica Italiana attiva in un sito ittita della madrepatria e si avvale della cooperazione con numerose istituzioni turche ed europee, tra cui le università di Koç, Ucl, Firenze, Siena, Roma Sapienza e Hacettepe. È finanziato dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale italiano, dalla Fondazione per l'Oriente Mediterraneo, dal Progetto Prin AlandAcon con fondi Next Generation Eu e dall'Università di Oxford.
Un'esperienza che unisce ricerca scientifica, formazione e diplomazia culturale, contribuendo alla riscoperta di una civiltà millenaria e dei suoi enigmi ancora irrisolti.
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(Adnkronos) - Sesto caso di morte per il virus della West Nile accertato nel Lazio. È morta oggi, all’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, una donna di 83 anni di Pontinia. "La paziente - comunica la regione Lazio - era arrivata in pronto soccorso il 24 luglio scorso. Ricoverata in rianimazione in gravi condizioni per la presenza di pluripatologie concomitanti, è deceduta nel reparto di terapia intensiva".
Il ministro Orazio Schillaci aveva fatto sapere due giorni fa che "il ministero della Salute assicura il pieno supporto alla rete dei servizi sanitari e territoriali. Proprio con questo approccio di dialogo e collaborazione costruttiva, il 12 agosto una delegazione di esperti del ministero sarà a Latina e a Caserta per un incontro con le autorità regionali, locali e sanitarie" sui casi di West Nile che si stanno registrando nell'area.
Schillaci aveva anche invitato ad evitare allarmi mediatici per i casi di West Nile in Italia. "Ad oggi, - ha dichiarato martedì - secondo i casi notificati sulla piattaforma nazionale coordinata dall'Istituto superiore di sanità (Iss), l'Italia ha registrato 145 casi confermati di infezione da West Nile Virus nell'uomo. Nel 2018, anno con un inizio stagionale precoce, sono stati registrati sulla piattaforma nazionale 618 casi e 49 decessi. Nel 2022, si sono registrati 728 casi confermati e 51 decessi". Ma "non ricordo allarmi mediatici nel 2018 e nel 2022, nonostante ad oggi siano gli anni con il numero più alto di contagi e purtroppo anche di decessi".
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(Adnkronos) - Il ciclista romagnolo Filippo Baroncini ha riportato la frattura di una vertebra cervicale, ma senza conseguenze neurologiche, fratture della clavicola e altre lesioni facciali a causa di una caduta ieri, durante il Giro di Polonia. Lo ha annunciato oggi la sua squadra, l'Uae Emirates-Xrg.
Il 24enne di Massa Lombarda, nel Ravennate, è stato la principale vittima dell'incidente che ha caratterizzato la terza tappa del Giro di Polonia ieri. Tra le sue due vittorie da professionista in carriera, Baroncini ha vinto la classifica finale del Giro del Belgio, il Baloise Belgium Tour di quest'anno. Anche la Super 8 Classic di Haacht è nell'elenco dei successi del campione del mondo su strada Under 21 del 2021.
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L'uomo, un piemontese, fermato all'esterno dell'aeroporto...
Scia di atti intimidatori, l'ultimo il 7 luglio... 
(Adnkronos) - È morto Terry Reid, cantante e chitarrista britannico dalla voce potente e inconfondibile. Aveva 75 anni. A darne notizia è il quotidiano londinese 'The Guardian', citando un portavoce del musicista. Reid si è spento martedì 5 agosto, dopo una lunga malattia. Negli ultimi anni aveva lottato contro il cancro e altri problemi di salute.
Terry Reid è stato una figura cult della scena rock degli anni '60 e '70, noto tanto per il suo talento quanto per le occasioni mancate che lo hanno reso una leggenda a modo suo. Fu lui, infatti, a rifiutare l'invito di Jimmy Page a entrare nei futuri Led Zeppelin, suggerendo al suo posto due allora sconosciuti: Robert Plant e John Bonham. Anche Ritchie Blackmore dei Deep Purple gli offrì un posto da frontman, che Reid declinò. 'Ho contribuito a metà della band, mi sembrava abbastanza', dichiarò ironicamente in un'intervista nel 2024.
Soprannominato 'Superlungs' (superpolmoni) per la potenza della sua voce, Reid iniziò la carriera giovanissimo. A 18 anni pubblicò il suo primo album 'Bang, Bang You're Terry Reid', con il supporto di Jimi Hendrix. Seguì una serie di dischi che, pur non ottenendo grandi successi commerciali, ricevettero elogi dalla critica: 'Terry Reid' (1969), 'River' (1973), 'Seed of Memory' (1976) e 'Rogue Waves' (1979). 'River' è oggi considerato un piccolo classico del rock alternativo. Acclamato da artisti come Aretha Franklin e Mick Jagger, Reid fu opening act per i Rolling Stones e i Cream, ma preferì sempre restare indipendente, fedele al proprio stile e alle proprie scelte artistiche.
Negli anni '80 Reid lavorò come turnista per artisti del calibro di Don Henley, Bonnie Raitt e Jackson Browne. Il tentativo di rilancio con l'album 'The Driver' nel 1991 non ebbe fortuna: lo definì lui stesso 'inascoltabile'. Dagli anni 2000 Reid tornò saltuariamente sulle scene con concerti e partecipazioni a festival, spesso esibendosi nel suo locale preferito, il Ronnie Scott's Jazz Club di Londra. Negli ultimi anni si era ritirato dalla scena pubblica a causa delle sue condizioni di salute, annullando diversi concerti.
"L’entusiasmo e l’incoraggiamento di Terry Reid erano incredibili, allora", ha dichiarato Robert Plant in un post sui social: "Eravamo ancora adolescenti, ci imbucavamo ai rispettivi concerti e ci scatenavamo su 'Season of the witch' più e più volte. Che divertimento. Eravamo a mille. Lui era tutto. Un carisma pazzesco". "La sua voce, la sua estensione. Le sue canzoni, che catturavano alla perfezione quell’epoca spensierata. 'Superlungs', davvero. Mi ha catapultato in un mondo nuovo e intenso che lui ha scelto di rifiutare. Ora riascolto il suo album 'The river' e verso una lacrima per il mio fratello d’armi", si legge ancora.
Leggi tutto: Addio a Terry Reid, il cantante che disse 'no' a Led Zeppelin e Deep Purple

(Adnkronos) - Matteo Salvini difende il Ponte sullo Stretto di Messina dalle critiche e lo paragona alla cupola del Duomo di Firenze. "Ricordiamo nel '400 Brunelleschi, la cupola di Firenze. Anche allora c'erano i 'no cupola', c'erano quelli che dicevano 'non starà mai in piedi'. Anche allora dicevano 'prima della cupola, facciamo altro'", dice il vicepremier ospite ad Agorà estate su RaiTre. "Adoro la critica, se è fondata, qui hanno detto che il Ponte non si può fare per via dei terremoti ma, qualora ci fosse un terremoto, l’unica struttura che regge è proprio il Ponte", afferma. E incalza: "Non si può fare per la mafia, la camorra, l’'ndrangheta? Dovremo vigilare, certo, ma se non posso fare opere pubbliche in Italia per colpa della criminalità organizzata, allora non potrei più costruire nemmeno scuole o ospedali".
Salvini ha ricordato che si tratterà del ponte sospeso più lungo del mondo, dal momento che con i suoi tre chilometri di 'aria' batterà il ponte in Turchia che al momento detiene il record. Questo ponte "è un acceleratore di sviluppo. Mettere l'Italia al centro del mondo è per me motivo di orgoglio", ha aggiunto il ministro delle Infrastrutture.
Quando gli viene fatta una domanda sull'ipotesi di intitolare il Ponte sullo Stretto a Silvio Berlusconi, Salvini spiega che "avremo modo di parlarne", ma che comunque all'ex premier "abbiamo con merito e orgoglio intitolato l'aeroporto di Malpensa".
"Gli espropri ci sono ovunque quando si fa una grande opera e in Sicilia e in Calabria gli espropriati saranno indennizzati più generosamente rispetto ad altri casi", così il vicepremier intervistato ad ‘Agorà Estate’ su Rai3.
Leggi tutto: Ponte Messina, Salvini: "Anche all'epoca di Brunelleschi c'erano i 'no cupola'"

(Adnkronos) - Una donna di 47 anni è stata uccisa la notte scorsa a coltellate in una strada del centro storico di Foggia. La vittima, di origine marocchina, a quanto si apprende aveva presentato una denuncia nei confronti dell'ex compagno tunisino di 47 anni e nei suoi confronti era stato disposto il divieto di avvicinamento.
Secondo quanto ricostruito finora, la donna quando si è accorta del pericolo ha contattato le forze dell'ordine ma l'aggressore l'ha subito colpita con un coltello ed è poi scappato. Sul posto è arrivata la Polizia che ha avviato le indagini e le ricerche dell'assassino.
Leggi tutto: Foggia, donna uccisa a coltellate in strada: aveva denunciato l'ex. E' caccia al killer
Prima dell'alba distrutta dalle fiamme una veranda del locale... 
(Adnkronos) - ''Leggo che alcuni esponenti della sinistra – come Bonelli, Fratoianni e compagnia – vorrebbero segnalare il Governo italiano alla Corte Penale Internazionale. Gli stessi che, giusto qualche tempo fa, chiedevano a Bruxelles di aprire una procedura di infrazione contro l’Italia. Ora puntano addirittura a un processo internazionale, tirando in ballo il dramma umanitario a Gaza in modo del tutto strumentale, come se perfino questo fosse colpa nostra''. Così su Facebook la premier Giorgia Meloni dopo l'annuncio ieri dell'iniziativa di Avs nel corso della conferenza stampa sulla denuncia alla Cpi contro il governo italiano per complicità sui crimini internazionali commessi nella Striscia.
''Tre cose sono ormai chiare a tutti: la prima è che, non riuscendo a batterci in patria, la sinistra cerca sempre il soccorso esterno. La seconda è che dell’immagine dell’Italia e della sua reputazione nel mondo, a loro, non importa assolutamente nulla.La terza è che ormai hanno un’unica strategia e speranza: provare a liberarsi degli avversari per via giudiziaria, perché alla via democratica hanno rinunciato da un pezzo. Non riusciranno''.
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