(Adnkronos) - "Mr President, cambi la legge sulla marijuana". Un gruppo di celebrità dello sport e dello showbiz americano ha scritto una lettera aperta alla Casa Bianca per sollecitare il presidente Donald Trump a intervenire con decisione sulla riforma della legge sulla cannabis.
Tra i firmatari della missiva figurano il campione Nba Kevin Durant, la leggenda del pugilato Mike Tyson, e altre leggende dello sport a stelle e strisce come Allen Iverson, Roy Jones Jr., Dez Bryant e Ricky Williams, oltre a nomi noti della musica come Lil Pump, Ralo e Wyclef Jean. Il gruppo si presenta come la "Coalizione di Atleti e Artisti a Sostegno degli Obiettivi Politici del Presidente Trump" e chiede clemenza per i reati non violenti legati alla marijuana, una nuova classificazione della sostanza e la fine delle discriminazioni nel settore bancario verso le imprese della cannabis.
La lettera, resa pubblica da Fox News, accusa duramente l'ex presidente Joe Biden di aver ignorato le promesse fatte agli elettori sulla giustizia penale. "Ci sono persone che stanno ancora scontando lunghe pene federali per condotte oggi legali in molti stati: un'incarcerazione che è non solo crudele, ma anche assurda", si legge nel testo.
I firmatari ricordano l'indulto concesso da Trump nel 2020 al produttore musicale Weldon Angelos, condannato a 55 anni per reati legati alla marijuana. E rilanciano: "La mancata azione dell'amministrazione Biden rafforza l'urgenza di una leadership coraggiosa".
Oltre alla richiesta di clemenza, il gruppo propone la riclassificazione della marijuana da sostanza di "classe I" – la più severa, riservata a droghe come l'eroina – a "classe III", che ne riconoscerebbe l'uso medico e ridurrebbe le barriere economiche e scientifiche.
Viene inoltre denunciato il persistere di pratiche bancarie discriminatorie contro le imprese che operano legalmente nel settore: "Nonostante generino oltre 35 miliardi di dollari l'anno e impieghino più di 450mila persone, queste aziende non hanno accesso ai normali servizi finanziari e subiscono aliquote fiscali superiori all'85%", si legge nel documento. La coalizione conclude esprimendo pieno sostegno agli sforzi di Trump per una riforma legislativa che garantisca "pari opportunità economiche e accesso al credito per tutte le imprese americane".
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(Adnkronos) - "Sei una meraviglia". È stato questo il primo sussurro di Jeff Bezos rivolto alla sua sposa, Lauren Sanchez, nel momento in cui l'ha vista apparire nel suo abito da sogno firmato Dolce & Gabbana. Un vestito di pizzo bianco, raffinato, corsettato, con collo alto in stile anni '50, ispirato all'eleganza senza tempo di Sophia Loren. Ma in quella frase, semplice e potentissima, c'era ben più del solo stupore per l'abito.
Un complimento nato in intimità - sussurrato tra i due prima della cerimonia - e poi ripetuto, con orgoglio, dolcezza e fierezza, come hanno riferito insider all'Adnkronos, mentre gli sposi facevano il loro giro tra i tavoli dei 200 ospiti vip nel suggestivo Teatro Verde dell'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia. Lì, tra celebrità, personalità del jet set internazionale e amici stretti, Bezos ha guardato sua moglie negli occhi e ha detto di nuovo, a voce alta: "Sei una meraviglia".
Niente microfoni, niente discorsi preparati: solo un momento spontaneo, capace però di rubare la scena. Gli ospiti si sono commossi, alcuni hanno applaudito, altri hanno sorriso, consapevoli di assistere non solo a un matrimonio sontuoso, ma anche a una dichiarazione d’amore in tempo reale. Uno dei tanti vip ha raccontato: "È stato come in un film, ma senza copione. Jeff era visibilmente emozionato. Non guardava solo l'abito, guardava Lauren come se fosse la prima volta".
Il matrimonio tra Lauren Sanchez e Jeff Bezos sull'isola di San Giorgio Maggiore a Venezia è stato immortalato subito, in esclusiva, nella cover digitale di 'Vogue', che ha svelato in anteprima il sontuoso abito da sposa firmato Dolce & Gabbana . Anche lo smoking nero impeccabile indossato dal fondatore di Amazon è stato disegnato dalla coppia di stilisti.
In un'intervista esclusiva, la giornalista e conduttrice 55enne ha raccontato il dietro le quinte della creazione del suo abito, rivelando l'inattesa musa ispiratrice: Sophia Loren nel film 'Un marito per Cinzia' (1958) di Melville Shavelson. "Cercavo foto di spose anni '50. Ho visto Sophia Loren con le mani giunte e quel pizzo alto fino al collo…Ho capito subito: quello era l'abito", ha raccontato Lauren. Il risultato? Un capolavoro sartoriale: bustino corsettato, collo alto in pizzo e una fila di 180 bottoni rivestiti in chiffon di seta, che correvano dalla scollatura fino allo strascico. "Era come vivere in un sogno", ha detto Sanchez. E in effetti, sembrava uscita da un film.
Conosciuta per i suoi look audaci - come il bustier in pizzo sotto la giacca sfoggiato all'inaugurazione di Trump - Sanchez ha sorpreso tutti con una scelta elegante e 'coprente'. "È diverso da ciò che la gente si aspetta da me. Ma è profondamente mio", ha confidato a "Vogue".
Anche i dettagli più simbolici del rito non sono stati trascurati. Lauren ha rispettato la tradizione del "qualcosa di vecchio, nuovo, prestato e blu": per quest'ultimo, ha portato con sé un oggetto del suo storico volo nello spazio con Blue Origin ad aprile, dove era parte dell'equipaggio femminile del razzo New Shepard. "Vedere la Terra dallo spazio è stato indescrivibile. Jeff mi aveva detto: 'Ti cambierà più di quanto pensi'. E così è stato".
Un'esperienza trasformativa che ha ispirato anche il suo look: "All'inizio volevo un abito semplice e moderno, ma poi ho capito che volevo qualcosa che evocasse un momento. Io non sono più la stessa persona di cinque anni fa". Sanchez ha parlato apertamente del cambiamento interiore affrontato grazie all'amore: "Jeff non mi ha cambiata, mi ha rivelata. Mi sento al sicuro, vista, libera. Come Sophia Loren, posso essere me stessa senza chiedere scusa". Dopo le nozze sull'isola di San Giorgio, Lauren ha cambiato il suo nome su Instagram in @laurensanchezbezos, cancellando i vecchi post e condividendo solo due immagini della cerimonia. Una di queste mostra l'abito in tutta la sua poesia. "Non solo un vestito, ma una poesia cucita su misura. Grazie @dolcegabbana per la magia".
Per entrambi è stato il secondo matrimonio. Sanchez ha tre figli: Nikko, 24 anni (con l'ex Tony Gonzalez), Evan, 19, ed Ella, 17 (dal matrimonio con Patrick Whitesell). Bezos è padre di quattro figli, nati dal matrimonio con Mackenzie Scott.
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(Adnkronos) - Un motociclista è morto venerdì sera in un incidente stradale avvenuto in via Trionfale, a Roma. Sul posto sono intervenute le pattuglie della polizia locale di Roma Capitale del XIV Gruppo Montemario. Dai primi accertamenti risulterebbe coinvolto un unico mezzo, una moto Honda 1000, condotta da un uomo di 56 anni che, per cause in fase di accertamento, ha perso il controllo del mezzo. L'uomo è morto sul posto. Sono in corso le indagini della polizia locale per ricostruire l'esatta dinamica di quanto accaduto. Il mezzo è stato posto sotto sequestro dagli agenti.
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(Adnkronos) - Vasta operazione in corso nel carcere 'La Dogaia' di Prato contro l'ingresso di telefoni cellulari e droga ai detenuti dei reparti Alta sicurezza e Media sicurezza, ristretti anche per reati mafiosi. L'inchiesta, coordinata dalla Procura diretta da Luca Tescaroli, ha portato a indagare quattro agenti penitenziari per corruzione e anomali contatti tra altri quattro agenti e addetti alle pulizie del carcere.
Oltre 260 agenti sono stati mobilitati per le perquisizioni ai detenuti e sono stati schierati 60 poliziotti in assetto antisommossa intorno al carcere. Le forze dell’ordine hanno sottoposto a perquisizione 127 detenuti. Di questi, 27 sono indagati formalmente per reati legati alla detenzione e all’utilizzo illecito di apparecchi di comunicazione e, in alcuni casi, per legami con il traffico di droga. I restanti 100 sono stati oggetto di sequestro e ispezione in quanto presunti beneficiari di favori o strumenti illeciti, seppur non ancora formalmente imputati.
In particolare, 111 detenuti dell’area Alta aicurezza sono stati oggetto di attenzione: 14 risultano indagati, tutti cittadini italiani, molti con condanne o in attesa di giudizio per associazione di stampo mafioso o traffico internazionale di stupefacenti. Gli altri 97, pur non indagati, avrebbero comunque usufruito di libertà e mezzi vietati. Anche la sezione Media Sicurezza è stata coinvolta: 16 detenuti sono stati perquisiti, 13 dei quali indagati (8 italiani e 5 stranieri), mentre 3 risultano terzi non indagati (2 italiani e 1 straniero).
L’inchiesta tocca direttamente anche la polizia penitenziaria. Tre agenti, di età compresa tra i 29 e i 32 anni, sono formalmente indiziati di corruzione: secondo le indagini, avrebbero facilitato l’ingresso di telefoni e droga in cambio di compensi economici. Spazi in uso a questi agenti sono stati perquisiti all’interno dell’istituto. Oltre a loro, altri quattro agenti risultano coinvolti in rapporti anomali con detenuti e con personale addetto alle pulizie, elemento che – secondo la Procura – rafforza l’ipotesi di un sistema collusivo diffuso.
L’operazione ha superato i confini regionali. Sono state disposte 10 ulteriori perquisizioni domiciliari nei confronti di 9 indagati e di un soggetto terzo nelle province di Prato, Napoli, Arezzo, Roma, Firenze e Pistoia, con l’impiego di oltre 30 agenti. In particolare, le procure di Napoli e Roma risultano coinvolte per l’attivazione di schede telefoniche fittizie in negozi di telefonia, intestate a soggetti non collegati ai detenuti, ma utilizzate per aggirare i controlli.
Dal luglio 2024, quando l'indagine è iniziata, a oggi, le forze dell’ordine hanno sequestrato: 34 apparecchi telefonici, inclusi smartphone di ultima generazione; 2 sim card, utilizzate illegalmente; ingenti quantità di hashish e cocaina, rinvenuti in pacchi postali, all’interno di indumenti, e nelle cavità intime di familiari in visita. Solo nella giornata dell’11 gennaio 2025 sono stati trovati 10 smartphone in possesso di detenuti.
I canali d’ingresso per i materiali illeciti sono molteplici e ingegnosi: colloqui con familiari che consegnavano pacchi con telefoni o droga; utilizzo di fionde o palloni lanciati dall’esterno da soggetti provenienti da Napoli; coinvolgimento di agenti penitenziari corrotti, pagati con somme anche di migliaia di euro; impiego di lavoranti interni con maggiore libertà di movimento, incaricati di recuperare i pacchi lanciati dall’esterno. I telefoni erano abilmente nascosti: dentro pentole modificate, nei sanitari, sotto i wc, in cartelline portadocumenti con doppifondo, perfino nella cavità anale.
Il comunicato della Procura ha puntato il dito anche contro la mancata protezione del detenuto romeno Vasile Frumuzache, aggredito brutalmente con olio bollente da un altro recluso poche ore dopo il suo ingresso in carcere, il 6 giugno 2025, accusato del duplice delitto di due escort connazionali. L’attacco – secondo la ricostruzione – è avvenuto nonostante le direttive specifiche impartite dalla Procura stessa per garantirne l’incolumità. Per questo episodio, tre agenti (originari di Caserta, Cosenza e Napoli, rispettivamente di 24, 40 e 45 anni) sono indagati per rifiuto d’atti d’ufficio e lesioni colpose.
Con 596 detenuti attualmente presenti, 'La Dogaia' è una struttura sotto stress. Ospita 285 italiani, ma anche numerosi stranieri: 102 marocchini, 40 albanesi, 32 cinesi, 28 tunisini, 20 nigeriani, 17 rumeni e altri. La mancanza di stabilità nella dirigenza e una carenza organica tra ispettori e sovrintendenti (rispettivamente -47% e -56,5%) aggravano la gestione quotidiana. Alla cronica mancanza di controlli, accusa il procuratore Tescaroli, si aggiungono problemi strutturali: scanner non funzionanti, assenza di locali per le intercettazioni, libertà di movimento dei detenuti e numerosi casi di malattia psichiatrica, suicidi (due solo nel secondo semestre del 2024) e scarse opportunità lavorative.
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(Adnkronos) - Tommy Hilfiger è stato a un passo dal rubare la scena agli sposi Jeff Bezos e Lauren Sanchez. Ieri lo stilista, uscito dal Gritti Palace per dirigersi sul taxi acquatico condiviso con Orlando Bloom, ha sfiorato la caduta in acqua. Hilfiger, nell’allungare la gamba sul gradino della barca, ha perso l’equilibrio. Un contrattempo che gli avrebbe fatto rischiare di perdere la cerimonia sull’Isola di San Giorgio.
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(Adnkronos) - Alessandro Cattelan non è presente nei nuovi palinsesti Rai. Viale Mazzini ha presentato ieri le novità della stagione 2025-2026 tra conferme, rinnovi, colpi di scena, proteste e un bel po’ di tagli.
"Per Alessandro Cattelan, che ho riportato in Rai anni fa, è finito lo show su Rai 2 e nelle decisioni del direttore Prime Time non c’è spazio per lui. Alessandro è talento complicato per tv generalista, ma penso che tutti noi dobbiamo pensare a scenari futuri in cui non possiamo non pensare di mettere nuovi volti, facce giovani. E' complicato il suo innesto in una Tv generalista. Spero la sua strada in Rai possa proseguire, il suo impatto commerciale è conosciuto". Ha risposto così Stefano Coletta, direttore del Coordinamento dei Generi Rai, a proposito dell'assenza di Alessandro Cattelan dai palinsesti 2025-26
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(Adnkronos) - Le sirene dell'allarme antiaereo sono tornate a suonare oggi sabato 28 giugno nel sud di Israele, anche a Be'er Sheva e Dimona, per un missile lanciato dallo Yemen. Lo riportano i media locali. Secondo le forze israeliane (Idf) il missile sarebbe "stato intercettato con successo".
In Iran è il giorno dell'ultimo saluto ai "martiri" dei 12 giorni di conflitto iniziati con l'operazione israeliana contro obiettivi militari nella Repubblica Islamica avviata il 13 giugno e a cui Teheran non ha mancato di rispondere. Secondo l'agenzia iraniana Mehr, sono "migliaia" le persone radunate nel centro di Teheran, nella zona di piazza Enghelab e dell'Università di Teheran, per l'addio anche agli ufficiali di alto grado e agli scienziati morti. I media iraniani hanno diffuso immagini della folla armata di bandiere iraniane e delle bare avvolte nella bandiera.
Secondo l'agenzia iraniana Tasnim, non mancano slogan contro Usa e Israele. Tra le persone radunate c'è anche chi espone immagini della Guida Suprema dell'Iran, Ali Khamenei. L'agenzia Mehr ha diffuso immagini che mostrano il presidente iraniano, Masoud Pezeshkian, tra la folla. La cerimonia si tiene dopo che nelle scorse ore Iran International ha riferito - sulla base di testimonianze - di "esplosioni" che sarebbero state udite nella zona di Eslamshahr, a ovest di Teheran, e della "attivazione della contraerea".
"Se il presidente Trump vuole davvero un accordo, dovrebbe mettere da parte il tono irrispettoso e inaccettabile nei confronti della Guida Suprema dell'Iran, l'ayatollah Ali Khamenei, e smettere di ferire i suoi milioni di seguaci". Ha scritto così in un post su X nella notte il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, dopo che ieri Donald Trump su Truth ha sostenuto di aver "salvato" Khamenei "da una morte molto brutta e obbrobriosa".
Nella notte tra il 21 e il 22 giugno raid Usa hanno colpito tre siti del controverso programma nucleare della Repubblica Islamica, nel mezzo dell'offensiva avviata il 13 giugno da Israele contro obiettivi militari in Iran. Teheran non ha mancato di rispondere fin quando non è arrivato il cessate il fuoco annunciato da Trump dopo 12 giorni di escalation militare.
Nel post Araghchi insiste sulla "tenacia" degli "iraniani" e aggiunge: "Il grande e potente popolo iraniano, che ha dimostrato al mondo che il regime israeliano non aveva altra scelta che ricorrere a 'paparino' per evitare di essere annientato dai nostri missili, non gradisce minacce e insulti". "Se le illusioni portassero a errori peggiori, l'Iran non esiterebbe a svelare le sue capacità reali", afferma, aggiungendo che "buona volontà genera buona volontà e rispetto genera rispetto".
Almeno 14 persone sono rimaste uccise dalle prime ore di oggi nella Striscia di Gaza. Lo riferisce la tv satellitare al-Jazeera, che cita fonti mediche dell'enclave palestinese che nel 2007 finì in mano a Hamas e che è teatro di operazioni militari delle forze israeliane dall'attacco del 7 ottobre 2023 in Israele.
Tra le vittime ci sono sei persone morte nel sud della Striscia. Qui, secondo le notizie della tv, le forze israeliane avrebbero colpito tende di sfollati nella zona di al-Mawasi, a ovest di Khan Yunis.
Stando ai reporter dell'emittente, almeno altre otto persone - tra le quali ci sarebbero una donna e due minori - sono morte a Saftawi, a nord di Gaza City, in un raid israeliano che ha colpito la Osama Bin Zaid School, dove hanno trovato rifugio molti sfollati.
(Adnkronos) - Iniziano gli ottavi di finale del Mondiale per Club 2025. Oggi, sabato 28 giugno, il Chelsea sfida il Benfica nella fase a eliminazione diretta del nuovo, e ricchissimo, torneo voluto dal presidente della Fifa Gianni Infantino. I Blues, vincitori dell'ultima edizione della Conference League, hanno chiuso il girone al secondo posto raccogliendo due successi, contro Los Angeles Fc ed Esperance Tunisi, e una sconfitta con il Flamengo, che ha chiuso così al primo posto il gruppo D.
Il Benfica invece ha vinto il proprio girone, chiudendo al primo posto nel gruppo C. I portoghesi hanno pareggiato all'esordio con il Boca Juniors e sono poi riusciti a bettere l'Auckland City e il Bayern Monaco, conquistando così gli ottavi di finale.
La sfida tra Benfica e Chelsea è in programma oggi, venerdì 27 giugno, alle ore 22. Ecco le probabili formazioni:
Benfica (4-2-3-1): Trubin; Aursnes, Antonio Silva, Otamendi, Dahl; Sanches, Barreiro; Di Maria, Kokcu, Akturkoglu; Pavlidis. All. Lage
Chelsea (4-2-3-1): Sanchez; James, Adarabioyo, Colwill, Cucurella; Caicedo, Fernandez; Pedro Neto, Palmer, Madueke; Delap. All. Maresca
Benfica-Chelsea sarà trasmessa in diretta, come tutto il Mondiale per Club 2025, da Dazn e visibile in chiaro su Canale 5. Il match si potrà seguire anche in streaming sulla piattaforma Dazn, sul sito Sportmediaset.it e su Mediaset Infinity.
Leggi tutto: Benfica-Chelsea: orario, probabili formazioni e dove vederla in tv (in chiaro)
(Adnkronos) - Documenti falsi per fare le badanti in Italia. Settanta perquisizioni delegate dall'autorità giudiziaria in tutta Italia a carico di cittadine georgiane, sette persone arrestate e 22 denunciate in stato di libertà. E' il bilancio di un'indagine della squadra mobile della Questura di Udine contro il soggiorno illegale sul territorio nazionale di decine di badanti georgiane che arriva dopo un'analoga operazione avvenuta a gennaio scorso.
L’attività investigativa, coordinata dalla procura della Repubblica di Udine, è stata avviata in questo caso dopo la presentazione in questura di una lista di decine di nominativi di donne, fornita agli investigatori dal responsabile di una società cooperativa di badanti con sede a Udine, che, appresi i risultati della precedente indagine, si era insospettito. L’indagine riguarda cittadine georgiane, di età compresa tra i 24 e i 66 anni, che avevano fatto richiesta di lavoro come badanti in provincia di Udine, ma dichiarandosi comunitarie, esibendo documenti d’identità, validi per l’espatrio, di Paesi come la Slovacchia, la Polonia e la Bulgaria.
Come spiega la polizia in una nota, infatti, la presentazione di tali documenti ai fini del rilascio del relativo codice fiscale comunitario consentiva loro, nell’immediato, di poter accedere al mondo del lavoro nel circuito delle agenzie delle badanti e godere di benefici giuridici, fiscali e sanitari, aggirando le norme che regolano l’ingresso e la permanenza nel territorio nazionale dei cittadini extracomunitari, in virtù di un vero e proprio “lasciapassare”.
Le straniere si erano successivamente spostate in diverse province d’Italia. Al termine delle operazioni sono stati sequestrati 21 documenti comunitari falsi, codici fiscali o attestazioni di rilascio degli stessi e copie di contratti di lavoro sottoscritti, con quei falsi documenti, dalle indagate.
L’attività di indagine ha portato all’esecuzione delle perquisizioni delegate su tutto il territorio nazionale, la maggior parte in questa regione ma anche nelle province di Padova, Treviso, Trento, Bolzano, Milano, Aosta, Firenze, Prato, Macerata, Roma e Napoli.
Sette donne (tre a Bolzano, una a Udine, una a Milano, una a Treviso ed una a Macerata) sono state arrestate in flagranza per possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, mentre altre 22 sono state denunciate in stato di libertà all’autorità giudiziaria per lo stesso reato. Come fa sapere la polizia al termine degli accertamenti degli Uffici Immigrazione, dove permanesse l’insussistenza dei requisiti per il regolare soggiorno sul territorio nazionale, tutte le straniere denunciate saranno espulse.
Sono in corso ulteriori indagini per individuare i soggetti che hanno procurato alle donne i documenti falsi, dietro il corrispettivo di una somma di denaro che va dai 300 ai 600 euro.
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(Adnkronos) - Saranno almeno 70 i parlamentari da tutta Europa che sfileranno oggi sabato 28 giugno al Pride di Budapest. Compresa una nutrita delegazione italiana. Ci saranno esponenti di tutte le forze di opposizione, un campo extra large. Il Pd con la segretaria Elly Schlein e poi Carlo Calenda di Azione, parlamentari di M5S, Avs e Più Europa.
Anche Ivan Scalfarotto di Italia Viva, già arrivato ieri pomeriggio nella capitale ungherese per vedere il sindaco di Budapest, Gergely Karancsony, l'uomo che ha reso possibile la sfilata del Pride sfidando il divieto del governo di Victor Orban: ha organizzato la manifestazione in quanto Comune, aggirando così la necessità di ricevere l'autorizzazione da parte dell'esecutivo.
Gli occhi dell'Europa sono ora puntati su quale sarà la reazione del premier ungherese. Ci saranno "conseguenze legali", ha detto ieri, per chi parteciperà al Budapest Pride. Una minaccia che Calenda respinge al mittente. "Le uniche conseguenze legali le dovrebbe avere Orban per violazione dello stato di diritto e per essere un servo sciocco di Putin", è la replica del leader di Azione all'Adnkronos.
Il dem Brando Benifei, che è a Budapest con la delegazione Pd, aggiunge che proprio la presenza di tanti parlamentari sarà una forma di tutela per i partecipanti: "Esserci è un dovere: l’Europa non deve tornare indietro sui diritti e i silenzi di certi governi, a partire da quello italiano, ci dicono che è importante reagire subito a questa torsione autoritaria. Non abbiamo paura della prepotenza di Orban perché sappiamo che la Carta Europea dei Diritti Fondamentali tutela la libertà e la sicurezza dei partecipanti, a maggior ragione in presenza di decine di parlamentari che proveranno a essere per loro un 'cordone di sicurezza'".
Ieri, l'atmosfera della vigilia a Budapest non era delle migliori, come denunciato da Più Europa. C'è "un clima intimidatorio che i nostri attivisti appena arrivati in Ungheria hanno potuto subito respirare: controlli a tappeto all’aeroporto da parte dell’autorità per scovare qualche pericolosa bandiera arcobaleno. Orban può schierare anche l’esercito ma non fermerà mai la marcia dei diritti”, hanno spiegato Riccardo Magi e Matteo Hallissey.
Per il Movimento 5 Stelle sarà presente una delegazione con i parlamentari Alessandra Maiorino, Marco Croatti, Gabriella Di Girolamo, Elisa Pirro e l'europarlamentare Carolina Morace. "La deriva ungherese non è lontana da noi: le politiche del governo Meloni seguono pericolosamente la stessa scia, tra attacchi alle famiglie arcobaleno, censura, e tentativi di riportare l'Italia indietro di decenni sul fronte dei diritti. Per questo la nostra presenza è un atto politico di resistenza ma anche di speranza", sottolineano i parlamentari pentastellati.
L'europarlamentare Benedetta Scuderi e assessore comune di Torino Jacopo Rosatelli saranno presenti per Alleanza Verdi e Sinistra. Non è tornata invece in Ungheria Ilaria Salis. Presente anche una delegazione della Cgil.
Ma anche dalle parti della maggioranza, si segnala attenzione per l'evento. Da parte di Forza Italia. Già Antonio Tajani era intervenuto: "La manifestazione delle proprie idee è il sale della democrazia". Poi altri parlamentari azzurri come Isabella De Monte che cita le parole di Ursula Von der Leyen (a cui Orban ha replicato con durezza): "L''Europa è la patria dei diritti. Il clima intimidatorio che si respira a Budapest è inaccettabile".
(Adnkronos) - 'Nozze Rosse' e 'Operazione Narnia'. Questi i nomi in codice due sotto-operazioni portate a termine da Israele nell'attacco all'Iran che hanno portato all’eliminazione di comandanti militari e scienziati nucleari iraniani. Portare a termine questi attacchi richiese elaborati stratagemmi per garantire l'effetto sorpresa, come evidenzia il Wall Street Journal in un lungo articolo in cui ha ricostruito tutte le tappe che portarono all'inizio della guerra dei 12 giorni.
Secondo il giornale a mezzanotte del 13 giugno, i generali israeliani si riunirono in un bunker sotto il quartier generale dell'Aeronautica militare e osservarono i caccia scendere su Teheran nell'operazione da loro ribattezzata 'Nozze Rosse'. Alcune ore dopo gran parte della gerarchia militare iraniana era stata eliminata: un massacro che ha ricordato la famosa scena del matrimonio della serie 'Il Trono di Spade'.
La combinazione di informazioni di intelligence e precisione militare sorprese il mondo intero. Ma non fu l'unico successo colto da Israele all'inizio della guerra. Un altro passaggio chiave dell'attacco iniziale - considerato così fantasioso persino dai suoi ideatori da essere ribattezzato 'Operazione Narnia', dal nome della serie di fantascienza di C.S. Lewis - portò all'uccisione di nove scienziati nucleari iraniani quasi contemporaneamente nelle loro case a Teheran.
Il piano risale alla metà degli anni Novanta, quando l'intelligence israeliana identificò per la prima volta quelli che considerava i primi tentativi iraniani di sviluppare un programma di armi nucleari. I successivi atti di sabotaggio del Mossad, dalle esplosioni in uno dei principali siti per l'arricchimento dell'uranio agli omicidi mirati di alcuni scienziati, non vennero ritenuti sufficienti per fermare il programma nucleare dell'Iran e finirono per rafforzare la convinzione che solo un attacco dall'alto avrebbe raggiunto l'obiettivo.
Farlo, tuttavia, era estremamente difficile. I siti da colpire si trovavano ad oltre 1.600 chilometri da Israele: i piloti dei caccia avrebbero dovuto imparare a volare in formazioni da sei a dieci velivoli attorno a un singolo aereo cisterna, alternandosi per il rifornimento durante il viaggio. Avrebbero anche dovuto imparare a posizionare perfettamente i loro aerei in modo che i missili, una volta sganciati, atterrassero entro 15-20 secondi l'uno dall'altro per la massima efficacia.
Un simile addestramento non era possibile in un paese piccolo come Israele, che si estende per appena 470 chilometri da nord a sud. Nel 2008, nell'ambito della cosiddetta Operazione 'Glorious Spartan', più di 100 F-15 e F-16 israeliani percorsero oltre 1.600 chilometri fino alla Grecia, testando la loro capacità di volare a una distanza sufficiente a colpire gli impianti nucleari iraniani. Tali esercitazioni sarebbero diventate sempre più frequenti. Negli anni seguenti, Israele fu più volte vicino al lancio di un attacco aereo, ma ogni volta venne bloccato per il timore di scatenare una guerra con l'Iran o di irritare Washington, che all'epoca preferiva un approccio diplomatico.
Gli attacchi dei mesi scorsi contro gli Houthi in Yemen permisero a Israele di testare ulteriormente le sue capacità di attacco a lungo raggio. I sistemi di difesa aerea più avanzati di Teheran, gli S-300 russi, vennero invece distrutti nei raid condotti sulla Repubblica islamica nell'aprile e nell'ottobre del 2024.
Nel novembre dello scorso anno, l'esercito radunò 120 funzionari dell'intelligence e dell'Aeronautica per decidere chi e cosa sarebbe stato nel mirino all'inizio dei combattimenti. Da quella sorta di 'Brainstorming' uscì una lista di oltre 250 obiettivi che includeva scienziati, generali, siti nucleari e lanciamissili.
Fu coinvolto il Mossad. I suoi agenti per mesi contrabbandarono componenti per centinaia di droni quadricotteri equipaggiati con esplosivo in valigie, camion e container. Piccole squadre armate furono dispiegate vicino alle postazioni di difesa aerea e ai siti di lancio missilistici dell'Iran, pronte a neutralizzarli una volta lanciato l'attacco.
Secondo un funzionario della sicurezza israeliano, Netanyahu e i suoi consiglieri militari presero la decisione definitiva di attaccare il 9 giugno. Il team del primo ministro sapeva che avrebbe dovuto mascherare i propri piani fino all'ultimo per evitare che Teheran avesse reagito, nascondendo ad esempio i propri scienziati e generali.
Per questo l'ufficio di Netanyahu annunciò un weekend di ferie a cui avrebbe fatto seguito lunedì 16 giugno il matrimonio del figlio maggiore del premier, Avner. Nessuno, compresi lo stesso Avner e la moglie di Netanyahu, Sarah, però sapeva che il primo ministro intendeva rinviare le nozze.
Nel frattempo, funzionari israeliani avevano fatto trapelare ai media notizie che suggerivano una divergenza tra Netanyahu e il presidente Trump sull'opportunità di lanciare un attacco. Le fughe di notizie includevano i dettagli di una telefonata tra i due quattro giorni prima dell'inizio dell'operazione in cui Trump aveva detto al leader israeliano di volere che la diplomazia facesse il suo corso prima di passare alle opzioni militari.
Anche il giorno degli attacchi, Trump aveva dichiarato ai giornalisti che Stati Uniti e Iran erano "abbastanza vicini a un accordo" e che non voleva che gli israeliani "entrassero". Funzionari israeliani avevano confermato che prima di attaccare avrebbero aspettato di vedere l'esito del sesto round di colloqui sul nucleare tra Washington e Teheran, previsto per quella domenica in Oman. In realtà, i generali stavano già preparando l'attacco.
Un funzionario della sicurezza a conoscenza della pianificazione dell'operazione ha spiegato che la chiave dell'attacco era instillare nella mente degli iraniani che Israele non avrebbe colpito senza l'autorizzazione e la partecipazione degli Stati Uniti. Finché gli Stati Uniti non avessero mobilitato le proprie forze, Israele avrebbe potuto minacciare di attaccare e persino mobilitare le proprie risorse senza perdere l'elemento sorpresa. Mentre gli aerei israeliani si alzavano in volo, Trump aveva scritto su Truth: "Rimaniamo impegnati per una risoluzione diplomatica della questione nucleare iraniana!".
Un altro elemento chiave del piano finale era quello di eliminare immediatamente la leadership delle forze armate iraniane, un'operazione nota come 'Nozze Rosse'. Questa mossa avrebbe impedito qualsiasi rappresaglia immediata, dando il tempo ai caccia e ai droni israeliani di neutralizzare i lanciamissili iraniani, attenuando l'inevitabile risposta dell'Iran. Ma con grande stupore dell'alto comando israeliano, anziché disperdersi, i vertici dell'Aeronautica iraniana si riunirono in un unico luogo, segnando inevitabilmente il loro destino.
Leggi tutto: 'Nozze Rosse' e 'Operazione Narnia', così Israele ha colto di sorpresa l'Iran
(Adnkronos) - Giornata cruciale per la Formula 1 in Austria. Oggi, sabato 28 giugno, tocca alla terza sessione di prove libere e alle qualifiche del Gp di Spielberg, undicesimo appuntamento del Mondiale. Sul circuito del Red Bull Ring si riparte dal dominio della Mercedes di George Russell in Canada. Ecco il programma del sabato, gli orari e dove vedere in tv e streaming le varie sessioni.
Ecco il programma di oggi, sabato 28 giugno, del Gp d'Austria:
12.30 Prove Libere 3
16 Qualifiche
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(Adnkronos) - Dirigente politico, uomo delle istituzioni, presidente della Repubblica. Una parabola politica lunga 70 anni, quella di Giorgio Napolitano, del quale domani, domenica 29 giugno 2025, ricorreranno i 100 anni dalla nascita. Un anniversario che lunedì e martedì prossimi verrà celebrato al Senato con un convegno organizzato nella sala Capitolare dalla Fondazione Gramsci, dall'Istituto per gli studi storici e dall'Associazione Giorgio Napolitano, durante il quale, presente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, storici e studiosi ripercorreranno le varie tappe che hanno contrassegnato l'attività dell'ex capo dello Stato nel partito, nel Parlamento italiano ed europeo, nel Governo, fino a ricoprire la più alta carica istituzionale.
Un approdo avvenuto nel 2006, seguito dalla prima riconferma della storia dopo il settennato, avvenuta per una serie di contingenze che resero necessaria una rielezione che portò ad un prolungamento del mandato di altri due anni. Ma non è stata la sola prima volta che può vantare nel suo curriculum. Napolitano, scomparso il 22 settembre del 2023 all'età di 98 anni, è stato infatti il primo ex comunista a diventare Presidente della Repubblica; ma anche il primo ex comunista nominato ministro dell'Interno; il primo dirigente comunista inviato negli Stati Uniti.
Nasce a Napoli il 29 giugno del 1925 e si laurea in Giurisprudenza nel dicembre del 1947 presso l'Università del capoluogo campano con una tesi in economia politica. Da studente universitario è impegnato con i giovani antifascisti e a vent'anni si iscrive al Partito comunista. Nel 1953 viene eletto per la prima volta alla Camera, dove verrà sempre riconfermato, tranne che nella quarta legislatura, nella circoscrizione di Napoli, rimanendovi fino al 1996. Nel 1992 ne diverrà presidente, dopo l'elezione a capo dello Stato di Oscar Luigi Scalfaro, e sarà chiamato a governare l'Assemblea di Montecitorio al culmine di Tangentopoli, sempre geloso custode delle prerogative parlamentari.
Così, di fronte alla richiesta "irrituale agli uffici della Camera, da parte di un ufficiale della Guardia di Finanza, su invito della Procura della Repubblica di Milano, di atti peraltro già pubblicati per obbligo di legge sulla Gazzetta ufficiale", Napolitano ribadisce "i principi inderogabili cui si deve ispirare una corretta collaborazione tra il Parlamento ed il potere giudiziario", esprimendo "viva preoccupazione per il verificarsi di casi che toccano questi principi'', ottenendo dal Procuratore di Milano, Francesco Saverio Borrelli, "formali scuse" dopo avergli manifestato "stupore e disappunto".
Mentre il suicidio del deputato socialista, Sergio Moroni, il 2 settembre del 1992, "fu il momento umanamente e moralmente più angoscioso che vissi da presidente della Camera", confesserà alcuni anni dopo Napolitano, destinatario di una lettera da parte dello stesso parlamentare prima di compiere il tragico gesto.
Dopo quel biennio, scocca l'ora del maggioritario e della vittoria del centrodestra e di fronte alle attese e agli interrogativi che suscita l'avvento del Governo di Silvio Berlusconi, durante il dibattito sulla fiducia l'ormai ex presidente della Camera disegna il perimetro di quello che dovrebbe essere il terreno di un corretto rapporto tra maggioranza e opposizione.
Un discorso rimasto celebre, che spinge il nuovo premier a lasciare i banchi del governo per congratularsi con Napolitano. "Non ho dimenticato quella stretta di mano -affermerà Gianni Letta durante il funerale laico dell'ex capo dello Stato- orgoglioso di esserne stato, con Giuliano Ferrara, testimone diretto, anche perché sembrò segnare la nascita di un bipolarismo mite, garbato nei toni e costruttivo negli intenti, nel quale il presidente Napolitano forse non ha mai rinunciato a sperare".
"L'opposizione -disse tra l'altro Napolitano- non deve impedire che si deliberi in Parlamento, ma ha ragione di esigere misura e correttezza, riconoscimento e rispetto dei propri diritti. L'opposizione non deve impedire che questo Governo governi; anzi, ha interesse a che non ci siano alibi per ogni possibile inazione o contraddizione da parte del Governo. Quel che sollecitiamo è il linguaggio di un serio confronto istituzionale, di un confronto in quest'Aula sulla complessità ineludibile dei problemi e delle scelte di governo. È anche così che si rispetta sul serio il Parlamento ed il suo ruolo insostituibile nel sistema democratico, in una democrazia dell'alternanza: e non c'è nulla che prema di più a chi vi parla, nulla che dovrebbe premere di più a tutti noi".
I primi incarichi nel Partito comunista, vedono Napolitano nominato segretario delle federazioni di Napoli e Caserta, mentre dal 1956 diviene membro del Comitato centrale, dove assume l'incarico di responsabile della commissione meridionale. Entrato a far parte della Direzione, nel triennio 1976-79, gli anni della solidarietà nazionale, è responsabile della politica economica del partito, mentre dal 1986 dirige la commissione per la Politica estera e le relazioni internazionali. E quando nel 1989 Achille Occhetto darà vita al 'governo ombra' ne sarà nominato ministro degli Esteri.
Allievo di Giorgio Amendola, con Gerardo Chiaromonte ed Emanuele Macaluso è uno degli esponenti di spicco della corrente migliorista, quella più moderata del partito, che lo vede sempre impegnato a tenere aperti i canali di dialogo con il Psi, anche negli anni del duro scontro tra Enrico Berlinguer e Bettino Craxi.
Sia per la sua linea politica che per gli incarichi ricoperti, Napolitano cura i rapporti con i Laburisti inglesi, i Socialisti francesi, i Socialdemocratici tedeschi, i Democratici statunitensi. E dopo un iniziale rifiuto del visto da parte del segretario di Stato Henry Kissinger nel 1975, tre anni dopo sarà il primo dirigente comunista a recarsi negli Usa, nel pieno della stagione del compromesso storico. Un viaggio reso possibile grazie anche ai buoni uffici del presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, come ricorderà anni dopo Napolitano in una lettera al leader democristiano: "Non dimentico come ti adoperasti per il buon esito di quella mia prima missione negli Stati Uniti".
Kissinger invece si farà perdonare con gli interessi 40 anni dopo, quando nel 2015 gli consegnerà di persona l'omonimo premio all’American Academy a Berlino. "Ha salvato la democrazia Italia nel bel mezzo della crisi economica globale. Per me -dirà l'ex capo della diplomazia americana- ha un grande significato celebrare Napolitano: vero leader democratico, amico delle relazioni atlantiche e difensore della dignità degli esseri umani".
"Prima che divenisse presidente della Repubblica, Kissinger ebbe occasione di dire a mio padre: ecco qui my favorite communist, il mio comunista preferito", racconterà Giulio, uno dei due figli di Napolitano, quando due mesi dopo la scomparsa del padre morirà anche l'ex capo della diplomazia Usa. "E una volta eletto al Quirinale Kissinger fu spesso ricevuto per scambi di opinione sulla politica internazionale e hanno sempre condiviso l'idea di un equilibrio internazionale multipolare basato sul riconoscimento e sul rispetto reciproco tra le maggiori potenze".
"Mio padre -dirà sempre Giulio Napolitano con un ulteriore ricordo di carattere personale- ha letto e studiato con grande attenzione tutti i libri di Kissinger ed ero riuscito a leggergli alcuni brani del suo ultimo libro sulla leadership, con il ricordo di grandi personaggi e mio padre aveva apprezzato e gustato quelle pagine che avevo avuto modo di leggergli".
Tornando alla sua attività all'interno del Pci, Napolitano alla morte di Berlinguer sfiora la segreteria, spinto da un altro esponente migliorista come il segretario della Cgil Luciano Lama, ma alla fine prevarrà Alessandro Natta. In quegli anni, esattamente tra il 1981 e il 1986, sarà comunque capogruppo alla Camera.
Dopo aver lasciato l'assemblea di Montecitorio, nel 1996 viene nominato ministro dell'Interno nel primo Governo di Romano Prodi e con la ministra della Solidarietà sociale, Livia Turco, terrà a battesimo la legge sull'immigrazione che tra l'altro istituisce i Cpt, Centri di permanenza temporanea.
Chiusa anche quell'esperienza quando a palazzo Chigi approda Massimo D'Alema, dal 1999 al 2004 Napolitano è parlamentare europeo, esperienza vissuta anche nel triennio 1989-1992. Come ex presidente della Camera, nel 2003 viene nominato a guida dell'omonima Fondazione, nata per favorire la conoscenza e la divulgazione del patrimonio storico e del ruolo istituzionale dell'Assemblea di Montecitorio.
Il 23 settembre del 2005 il ritorno nel Parlamento italiano, quando Carlo Azeglio Ciampi lo nomina senatore a vita. Sarà una parentesi di pochi mesi, perchè il 10 maggio 2006 viene eletto Presidente della Repubblica con 543 voti, quelli della maggioranza di centrosinistra. 'The quiet power broker', il posato mediatore, lo definirà il 'New York Times', con espressione che sintetizza un settennato durante il quale la funzione di garante si concretizza in un'attività in grado di assicurare il costante equilibrio del sistema istituzionale, soprattutto nei momenti più critici e delicati.
Come nell'autunno del 2011, l'anno in cui si celebrano i 150 anni dell'unità d'Italia, quando la crisi del Governo Berlusconi e la preoccupante situazione economica legata all'elevato livello raggiunto dallo spread, portano alla nascita dell'Esecutivo tecnico guidato da Mario Monti, nominato senatore a vita una settimana prima di assumere l'incarico di premier e sostenuto da un'ampia maggioranza parlamentare.
"Dopo Berlusconi, Napolitano, a tre mesi l'uno dall'altro. Mi piace immaginare -afferma sempre Gianni Letta durante il funerale laico dell'ex Presidente della Repubblica- che incontrandosi lassù, possano dirsi quello che forse non si dissero quaggiù e, placata ogni polemica, possano anche chiarirsi e ritrovarsi nella luce".
"Due persone così lontane, due storie così distanti, due mondi opposti, due figure così diverse chiamate a lavorare insieme e a condividere le massime responsabilità dello Stato. Poteva essere difficile quella convivenza e non fu sempre facile, non mancarono i momenti di tensione, e neppure le polemiche, anche se quelle più aspre sarebbero venute dopo. Ma da tutte due le parti -assicura colui che di Berlusconi fu sottosegretario alla presidenza del Consiglio- non vennero mai meno la volontà e la forza di mantenere il rapporto nei binari della correttezza istituzionale. Lo posso dire in coscienza perchè ne sono personalmente testimone".
La stessa maggioranza parlamentare che fino a dicembre del 2012 ha sostenuto il Governo Monti, nella primavera del 2013, all'indomani delle elezioni politiche ricordate come quelle della 'non vittoria di Bersani', dopo la bocciatura di Franco Marini e di Romano Prodi ad opera dei franchi tiratori, chiederà a Napolitano di restare al Quirinale al termine del suo settennato. Accetta e il 20 aprile arriva la sua rielezione con 738 voti. La prima ma non l'ultima volta nella storia repubblicana di una conferma al Quirinale dopo il settennato, visto che la stessa cosa accadrà nel 2022 con Sergio Mattarella, anche in questo caso per superare uno stallo parlamentare che sembra senza via d'uscita.
Giurando davanti al Parlamento riunito in seduta comune, Napolitano, denuncia l'"imperdonabile nulla di fatto in materia di sia pur limitate e mirate riforme della seconda parte della Costituzione". Per questo, è il suo appello "non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione praticabile, alla decisione netta e tempestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per sopravvivere e progredire la democrazia e la società italiana".
Un obiettivo che porta alla formazione del Governo di larghe intese guidato da Enrico Letta e un impegno che non cessa anche quando l'ex Capo dello Stato decide che è arrivato il momento di lasciare il Quirinale, il 14 gennaio 2015.
Nove anni durante i quali si ricordano anche l'impegno europeista, suggellato da momenti dalla forte valenza simbolica, come la storica visita il 23 marzo 2013 insieme al Presidente tedesco Joachim Gauck a Sant'Anna di Stazzema per commemorare le vittime dell'eccidio compiuto dai nazisti.
Restano poi scolpite nella memoria le immagini che testimoniano lo speciale e intenso rapporto con Benedetto XVI, culminato nel concerto in Vaticano del 4 febbraio 2013 organizzato in occasione dell'anniversario dei Patti lateranensi. Napolitano, con commozione, ricorda "la memoria dei nostri incontri e colloqui, in molteplici occasioni, nel corso di questi sette difficili anni". Parole che vengono lette come un commiato in vista della fine del settennato, che invece verrà prolungato ancora di due anni, mentre una settimana dopo sarà Ratzinger a lasciare sorpresa il Soglio di Pietro.
“Non esito a confessare –aveva scritto l'allora Capo dello Stato nel luglio 2012, in un articolo per l’Osservatore Romano dal titolo ‘Il mio amico Benedetto XVI’- che una delle componenti più belle che hanno caratterizzato la mia esperienza è stato proprio il rapporto con Benedetto XVI. Abbiamo scoperto insieme una grande affinità, abbiamo vissuto un sentimento di grande e reciproco rispetto”.
E nonostante siano pochi i mesi durante i quali si troveranno contemporaneamente l'uno al vertice dello Stato italiano e l'altro sul Soglio di Pietro, anche il rapporto tra Napolitano e Papa Francesco sarà intenso e profondo. Tanto che Bergoglio quando le condizioni dell'ex Presidente si sono irrimediabilmente aggravate, non mancherà di rivolgere una preghiera per lui durante l'udienza generale del mercoledì, affinchè “abbia conforto, questo servitore della patria”. E a sorpresa si recherà alla camera ardente allestita in Senato per rendere omaggio alla salma del Presidente emerito, fermandosi a lungo in piedi, davanti al feretro.
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