(Adnkronos) - Rilanciare il tema della prevenzione vaccinale come strumento centrale per un invecchiamento attivo e in salute, in linea con le indicazioni del Piano nazionale prevenzione vaccinale (Pnpv) e con le priorità emergenti nella gestione delle cronicità e della fragilità. E' l'obiettivo del convegno 'La prevenzione vaccinale nell'adulto come motore di longevità', promosso dalla Fondazione Longevitas in collaborazione con esperti, istituzioni sanitarie e rappresentanti delle categorie professionali, che si è svolto al Consiglio regionale del Lazio. L'evento è stato realizzato con il contributo non condizionante di Gsk e A casa tua.
Nel ringraziare la Fondazione Longevitas, il presidente del Consiglio regionale Antonello Aurigemma ha evidenziato che l'aumento dell'età media della popolazione "dimostra l'importanza della ricerca in ambito scientifico, ma anche e soprattutto il ruolo fondamentale della prevenzione. In tal senso, ha una grande rilevanza anche la vaccinazione in età adulta. Per questo - ha sottolineato - è importante fare rete, in un'ottica di collaborazione sinergica, coinvolgendo tutti gli attori protagonisti: pensiamo ai medici di medicina generale, alle farmacie". Invitando ciascuno a "fare la propria parte", Aurigemma ha ricordato che "le farmacie hanno effettuato un grande lavoro per la vaccinazione ai tempi del Covid. Con la loro diffusione capillare, hanno fornito un prezioso contributo in termini di prevenzione" e rappresentano "un vero presidio sanitario: basti pensare alle aree più interne o ai piccoli Comuni. Per tutti questi motivi, è fondamentale - ha rimarcato - una giusta sinergia tra tutte le parti coinvolte".
Al centro del dibattito il ruolo dei vaccini per adulti e fragili, in particolare per patologie come l'Herpes zoster, le opportunità offerte dalla vaccinazione in farmacia e la necessità di un approccio proattivo da parte della medicina generale. Sono stati discussi i dati della survey condotta da Cittadinanzattiva Lazio su cittadini e operatori, che ha evidenziato carenze importanti in termini di informazione, accessibilità e fiducia verso la prevenzione vaccinale. "Nel Lazio si sta finalmente parlando in modo più serio di prevenzione vaccinale in età adulta - ha osservato Eleonora Selvi, presidente della Fondazione Longevitas - ma i numeri ci dicono che c'è ancora moltissimo da fare. Serve una maggiore integrazione tra medicina di base, farmacie, sanità pubblica e cittadinanza attiva, con l'obiettivo di costruire un vero e proprio ecosistema della prevenzione nel territorio regionale. Abbiamo tutte le competenze e gli strumenti per fare meglio: è il momento di passare dall'intenzione all'attuazione".
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(Adnkronos) - Ismea rafforza il suo impegno nella modernizzazione e nell’innovazione dell’agricoltura italiana, con un articolato programma di attività informative, formative e pratiche dedicate all’impiego delle applicazioni di osservazione della Terra. L’Istituto mira a supportare imprenditori agricoli, consulenti e operatori - pubblici e privati - nella transizione verso modelli di gestione aziendale e territoriale più sostenibili e innovativi, favorendo l’integrazione dei dati satellitari nei processi decisionali e operativi e diffondendo la conoscenza di tecnologie che permettono di migliorare l’efficacia e l’efficienza sia dei processi amministrativi sia della gestione quotidiana delle imprese agricole.
In un’ottica di cooperazione interistituzionale, Ismea ha attivato le prime collaborazioni con Regioni, mondo accademico, enti pubblici e privati competenti in materia agricola, nonché con imprese specializzate nei servizi satellitari applicati all’agricoltura. Tali sinergie hanno portato alla sperimentazione di percorsi formativi e di addestramento per i consulenti del settore e alla definizione di schemi di cooperazione tra istituzioni. Le proposte progettuali si sono finora concretizzate in 3 corsi di formazione in altrettante regioni italiane, che hanno visto la partecipazione di circa 150 utenti, affiancati da 25 esperti e relatori e 4 università. Il progetto ha coinvolto 15 realtà, tra pubbliche amministrazioni ed enti territoriali, e 3 aziende specializzate in tecnologie satellitari.
Ismea ha inoltre rappresentato l'esperienza acquisita in occasione della general assembly degli EU Space Network organizzata lo scorso aprile a Venezia ed ha promosso un’attività di reskilling e upskilling per i professionisti e in ambiti formativi specifici finalizzati a colmare i gap di competenze individuati in materia di osservazione della Terra. Per il suo ruolo proattivo su queste tematiche, Ismea, già Copernicus academy, è entrata a far parte della più ampia famiglia dei Copernicus ambassador, un attestato che lo conferma come punto di riferimento per le comunità di utenti e promotore della diffusione delle applicazioni satellitari nel settore agricolo e rurale. “L'impegno di Ismea attraverso le competenze - spiega il direttore generale Sergio Marchi - punta a rafforzare la competitività e la sostenibilità economica e ambientale del settore primario. L’obiettivo è anche quello di migliorare la qualità dei processi, ottimizzare i consumi irrigui e l’impiego dei mezzi tecnici e, non ultimo, di diffondere la cultura della gestione integrale dei rischi”.
(Adnkronos) - "Il carcinoma uroteliale, noto anche come tumore alla vescica, è il quinto tumore più frequente in generale e il quarto più frequente negli uomini, ma, purtroppo, ancora troppo poco conosciuto dalla popolazione". Così Edoardo Fiorini, presidente Associazione Palinuro, Pazienti liberi dalle neoplasie uroteliali, in occasione del tour di sensibilizzazione sul tumore uroteliale 'Non girarci intorno', promosso da Merck. L'iniziativa, pensata per il Bladder Cancer Awareness Month, si lega al Giro d'Italia, uno degli eventi sportivi più seguiti nel nostro Paese, di cui la farmaceutica è official partner e del quale segue le tappe, proponendo al villaggio del Giro uno stand dove il pubblico riceve materiali divulgativi sulla patologia e partecipa a momenti di 'edutainment'.
Il carcinoma uroteliale è una patologia con sintomi aspecifici. "Molti - spiega Fiorini - sono simili a quelli di una cistite, pertanto i medici di medicina generale tendono a curarla come tale per mesi, se non per anni, con la conseguenza che quando si scopre che è un tumore della vescica magari è un po' troppo tardi. Sicuramente è una patologia che ha diverse implicazioni soprattutto perché, al di là degli aspetti clinici, ci sono anche degli aspetti sociali e psicologici che affliggono purtroppo il paziente". Difficile anche la prevenzione. "Sfortunatamente si tratta di una patologia che non ha possibilità di screening - evidenzia il presidente di Palinuro - ed ecco perché noi sensibilizziamo la popolazione affinché cerchi di cogliere un potenziale segnale che si evidenzia durante la minzione: il sangue nelle urine". In presenza di questo segno clinico "è fondamentale correre dal medico - avverte - Bisogna vincere una certa resistenza: abbiamo visto in più di un'occasione che, quando si parla a una persona sana di tumore, questa tende normalmente a girare la testa dall'altra parte".
Tra i fattori di rischio c'è il fumo. Il 50% di chi ha una diagnosi di tumore della vescica è fumatore, "ecco perché le persone vanno sensibilizzate anche attraverso campagne di informazione - afferma Fiorini - Occasioni come 'Non girarci intorno' sono importanti perché toccano un pubblico molto ampio e sensibilizzano verso la prevenzione, la corretta alimentazione e lo sport anche le persone sane. A questa iniziativa partecipa anche uno dei nostri volontari, una persona che purtroppo non ha avuto una diagnosi precoce, è stato operato e dopo ha ripreso in mano la sua vita, ricominciando a fare le cose che fanno tutte le persone in salute, compreso andare in bicicletta. Questa è una bellissima testimonianza a favore della prevenzione della malattia che, come associazione, vogliamo dare, con la consapevolezza che oggi la ricerca aiuta sempre di più i pazienti a superare la patologia, riprendendo in mano la vita".
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(Adnkronos) - La variante Nimbus sotto i riflettori, mentre il Covid torna ai livelli di un anno fa. E' il quadro delineato dall'Oms nell'alert di oggi, 28 maggio 2025. "Da metà febbraio 2025, secondo i dati disponibili dai siti sentinella, l'attività globale di Sars-CoV-2 è in aumento, con un tasso di positività ai test che ha raggiunto l'11%, livelli che non si osservavano da luglio 2024", segnala l'Organizzazione mondiale della sanità nell'alert pubblicato per fare il punto sull'andamento di Covid-19 in queste ultime settimane e su un quadro che sta cambiando, con l'ascesa di una nuova variante che si affaccia sulla scena globale, NB.1.8.1.
L'aumento, spiega l'Oms, si osserva principalmente nei Paesi del Mediterraneo orientale, del Sudest asiatico e delle regioni del Pacifico occidentale. E per quanto riguarda le varianti in circolazione, dall'inizio del 2025 l'andamento globale - segnala l'agenzia Onu per la salute - ha subito una leggera variazione: la circolazione di LP.8.1, che era ormai diventata dominante in vari Paesi del mondo, Stati Uniti compresi (è anche la variante a cui si raccomanda di mirare i vaccini per le prossime campagna vaccinali, per esempio in Europa), adesso è in calo e c'è invece la segnalazione di NB.1.8.1, classificata come variante sotto monitoraggio (Vum) per l'Oms.
Questa variante, già ribattezzata 'Nimbus' dai cacciatori di varianti e dagli esperti sui social, è in aumento, e ha raggiunto il 10,7% delle sequenze globali segnalate a metà maggio.
I recenti aumenti dell'attività di Sars-CoV-2 "sono sostanzialmente in linea con i livelli osservati nello stesso periodo dell'anno scorso", puntualizza l'Oms. Tuttavia, "manca ancora una chiara stagionalità nella circolazione del Sars-CoV-2 e la sorveglianza è limitata. Un monitoraggio continuo è essenziale", ammonisce l'agenzia.
L'Oms raccomanda a tutti gli Stati membri di "continuare ad applicare un approccio integrato e basato sul rischio alla gestione del Covid-19, come delineato nelle raccomandazioni permanenti del direttore generale. Nell'ambito di programmi completi di controllo del Covid, la vaccinazione rimane un intervento chiave per prevenire la malattia grave e i decessi dovuti al Covid, in particolare tra i gruppi a rischio".
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(Adnkronos) - "Per anni abbiamo trattato i pazienti con ipoparatiroidismo in modo arrangiato, tanto che gli stessi si rassegnavano e, in alcuni casi, arrivavano a far uso di psicofarmaci. Ecco perché c'è davvero bisogno di fare chiarezza su una patologia che colpisce 4 persone su 15mila. Questa è una malattia trascurata, che abbiamo trattato a lungo con quella che definisco terapia adiuvante, a base di calcio e vitamina D. Ma per la quale oggi esiste un ormone con effetto long term, che però non è ancora a disposizione dei pazienti italiani". Lo ha detto Maria Luisa Brandi, specialista in Endocrinologia e Malattie del metabolismo, direttore della Donatello Bone Clinic e presidente della Fondazione Firmo, nel corso di un evento istituzionale promosso da Appi (Associazione pazienti con ipoparatiroidismo) con il contributo non condizionante di Ascendis Pharma, che si è svolto a Roma presso Palazzo Baldassini in vista della Giornata internazionale dell'ipoparatiroidismo che si celebra il 1 giugno. Obiettivo di Appi: accendere i riflettori sulle sfide quotidiane e sulle novità in vista per i pazienti.
L'ipoparatiroidismo è una malattia endocrina causata da livelli insufficienti di ormone paratiroideo (Pth), il principale regolatore dell'equilibrio di calcio e fosforo nel corpo, che agisce direttamente su ossa e reni e indirettamente sull'intestino. "Quando pensiamo al calcio - spiega Brandi - sappiamo che è indispensabile per la salute delle ossa, ma in realtà questa sostanza è fondamentale per la funzione del sistema nervoso centrale e per le cellule muscolari, anche quelle del cuore". I pazienti possono manifestare una serie di complicanze gravi e potenzialmente letali, sia a breve che a lungo termine, tra cui irritabilità neuromuscolare, complicanze renali, calcificazioni extra-scheletriche e compromissione cognitiva. Spesso la malattia si manifesta dopo un intervento, magari a causa di un tumore. La forma post-chirurgica rappresenta la maggior parte dei casi (70-80%), ma ci sono anche forme autoimmuni e idiopatiche. "L'impatto sulla qualità della vita può essere profondo ed è spesso sottovalutato, a volte dagli stessi medici", conclude la specialista.
(Adnkronos) - Rara, poco conosciuta, progressiva e fortemente invalidante. Chi soffre di ipoparatiroidismo - che in Italia colpisce circa 10mila persone - vede la propria vita trasformarsi completamente. Tuttavia, l'impatto della patologia non è ancora correttamente considerato dal punto di vista diagnostico, terapeutico e assistenziale. Tra le richieste dei pazienti, attualmente trattati con calcio e vitamina D attiva, una terapia e una maggiore preparazione di medici e specialisti che spesso non conoscono o non sanno riconoscere l'ipoparatiroidismo.
"L'Associazione medici endocrinologi ha sempre lavorato sulla formazione e l'informazione di medici di medicina generale e di specialisti, oltre a realizzare documenti informativi e divulgativi. Inoltre, stiamo producendo le linee guida da depositare presso l'Istituto superiore di sanità insieme ad altre società scientifiche". Lo ha detto Agnese Persichetti, medico endocrinologo dell'Associazione medici endocrinologi (Ame), intervenuta nel corso di un evento istituzionale promosso da Appi (Associazione pazienti con ipoparatiroidismo) con il contributo non condizionante di Ascendis Pharma che si è svolto a Roma presso Palazzo Baldassini in vista della Giornata internazionale dell'ipoparatiroidismo che si celebra il 1 giugno.
Leggi tutto: Malattie rare, endocrinologa: "Presto nuove linee guida su ipoparatiroidismo"
(Adnkronos) - Nei prossimi vent’anni, un italiano su tre avrà più di 65 anni. E' un dato che racconta una trasformazione profonda, che già oggi si riflette nelle aziende: quasi un lavoratore su cinque ha più di 55 anni. Eppure, molte organizzazioni sembrano impreparate a gestire questa evoluzione. Lo conferma la ricerca 'La sfida della longevity', realizzata da Intoo e Wyser, entrambe realtà di Gi Group holding, la prima è leader in Italia nel settore dell’employability, sviluppo e transizione di carriera, la seconda è il brand globale del Gruppo che si occupa di ricerca e selezione di profili manageriali ed executive. Secondo lo studio, il 62% dei manager italiani ritiene che le aziende non siano ancora pronte ad affrontare una forza lavoro sempre più matura.
E anche i lavoratori lo percepiscono chiaramente: più di uno su tre ritiene che la propria azienda non ponga sufficiente attenzione alle esigenze dei dipendenti più anziani. Le principali richieste? Maggiore equilibrio tra vita e lavoro, ritmi sostenibili, stabilità e sicurezza.
Le iniziative esistono, ma restano frammentarie. Qualcosa si sta muovendo, ma in modo disomogeneo. Secondo la ricerca, solo il 20% dei lavoratori over 50 è a conoscenza di iniziative aziendali a loro dedicate, e appena il 12% vi ha preso parte. Quando ci sono, le misure puntano soprattutto sul prepensionamento, segnalato dal 50% dei manager. Accanto a questo, si registrano interventi di formazione, flessibilità oraria, mappatura delle competenze e benessere organizzativo.
"La longevità - commenta Alessandra Giordano, direttrice employability e career development di Intoo (Gi Group Holding) - è un concetto che riguarda tutte le generazioni. Con l’aumento della vita media e il progressivo innalzamento dell’età pensionabile assistiamo alla compresenza in azienda di 4 se non 5 generazioni, questo comporta ridisegnare le politiche gestionali e di sviluppo, dare una lettura più ampia al concetto di wellbeing, interpretare il dialogo tra le generazioni in senso esteso, senza cadere negli stereotipi se vogliamo garantire la sostenibilità complessiva del business".
"Affrontare la longevità in modo strategico - spiega - con un approccio centrato sulle persone e che abbracci l’intera popolazione aziendale, significa creare le condizioni affinché le competenze strategiche possano essere trattenute, trasferite e fatte evolvere, mantenere alto l’ingaggio dei singoli indipendentemente dall’anzianità e quindi rendere l’organizzazione sostenibile e competitiva. Finora abbiamo visto solo iniziative sporadiche, mirate a singoli gruppi. Serve invece una prospettiva più larga e integrata che possa rispondere ai bisogni e alle specificità di ognuno e allo stesso tempo metta le persone in condizioni di lavorare insieme per uno stesso obiettivo con un approccio di continuo scambio e integrazione. Questa è la vera sfida per le aziende, che riguarda non solo le risorse umane, ma anche il top management".
Lo studio rileva un tema culturale ancora forte: il 69% dei lavoratori senior e il 78% dei manager riconoscono la presenza di discriminazioni legate all’età nei luoghi di lavoro. Uno su cinque si è sentito escluso o penalizzato. E 8 manager su 10 ammettono che l’età rappresenta un ostacolo nella selezione di figure manageriali. Tuttavia, un dato interessante emerge con chiarezza: il 70% dei lavoratori over 50 considera l’età un valore, grazie all’esperienza acquisita. E questo si riscontra anche guardando a manager e dirigenti di oggi. "L’attenzione del dibattito pubblico e aziendale è oggi concentrata sulle due grandi transizioni, quella digitale e quella ambientale, mentre si tende a sottovalutare una trasformazione strutturale ben più profonda: l’invecchiamento della popolazione e l’impatto della longevità sul lavoro e sulla società", commenta Marinella Sartori, amministratrice delegata di Wyser.
"Come evidenziato dallo studio condotto e dal confronto quotidiano con manager e dirigenti - fa notare - il livello di consapevolezza e maturità organizzativa non è ancora tale da tradursi in politiche e iniziative concrete in grado di affrontare questa evoluzione. Il ritardo si manifesta non solo nella gestione delle persone e nei percorsi di sviluppo, ma anche su temi strategici come il passaggio generazionale, che coinvolge la maggior parte del tessuto produttivo italiano, basti pensare che un imprenditore su due ha oggi più di cinquant’anni. La longevità impone una rilettura della leadership e della governance in chiave intergenerazionale, più aperta e adattiva, capace di accompagnare il cambiamento continuo ripensando modelli di business e orizzonti industriali. In questo scenario, il valore della seniority rappresenta un presidio fondamentale. Lo rileviamo quotidianamente, le aziende continuano ad avere bisogno di figure in grado di offrire visione, esperienza e una capacità decisionale maturata nella gestione della complessità. Integrare queste competenze con lo slancio dell’innovazione è una delle sfide chiave per garantire equilibrio, continuità e competitività".
Se è vero che ai manager più giovani viene riconosciuto un vantaggio competitivo in ambito tecnologico - tre decision maker su quattro (76%) sostengono che questi siano favoriti per la loro maggiore padronanza degli strumenti digitali - proprio nella relazione con la tecnologia si apre una delle traiettorie più promettenti per ridisegnare il ruolo dei lavoratori più anziani. Dallo studio, infatti, emerge che la tecnologia non rappresenta una barriera generazionale: sette over50 su dieci la considerano una risorsa fondamentale, e il 76% chiede percorsi di formazione per restare aggiornato. Anche l’intelligenza artificiale viene percepita come un’opportunità, sia dai manager (69%) sia dalla metà dei lavoratori senior. E' un cambio di paradigma importante e profondo rispetto a dei pregiudizi radicati.
Nonostante le difficoltà, il 65% dei lavoratori over50 si dice soddisfatto del proprio lavoro, soprattutto per l’autonomia e la responsabilità acquisita nel tempo. Tuttavia, il 36% è aperto a nuove opportunità, e tra i manager di alto livello, il 13% è già attivamente alla ricerca di un nuovo impiego. Guardando al futuro, circa la metà degli over50 si immagina ancora nella propria azienda, mentre il 30% spera di andare in pensione o accedere a politiche di prepensionamento. Interessanti i dati sul lavoro dopo la pensione: nel 2023, più di 260.000 pensionati del settore privato risultano ancora attivi – un aumento del 90% rispetto al 2014. Anche 1 over 50 su 10, secondo Istat, ha già avuto un’esperienza lavorativa dopo la pensione
(Adnkronos) - "Federmanager accoglie con favore la nomina di Antonio Filosa a nuovo ceo di Stellantis, una scelta che testimonia l’attenzione del Gruppo verso il nostro Paese e verso le competenze manageriali d’eccellenza che è in grado di esprimere". Così il presidente di Federmanager, Valter Quercioli.
"Filosa - spiega - già impegnato da anni ai vertici del Gruppo e attualmente come chief operating officer per le Americhe e chief quality officer, è infatti un manager italiano dalla solida esperienza internazionale e siamo certi che, grazie alla profonda conoscenza delle capacità e delle potenzialità del Gruppo Stellantis, possa condurlo verso orizzonti di crescita nel segno dell’innovazione e della sostenibilità. La sua nomina valorizza il talento della managerialità italiana alla guida di un player globale dell’automotive, settore strategico per l’economia mondiale e pilastro della storia industriale del nostro Paese".
"Una storia - sottolinea il presidente Quercioli - che deve oggi proseguire guardando oltre le molteplici complessità congiunturali e come Federmanager, attraverso la nostra rappresentanza manageriale nel Gruppo e le Commissioni di settore competenti - come quella sull’automotive coordinata da Luciano Massone, dirigente di grande esperienza e prestigio in materia - siamo da subito a disposizione del nuovo Ceo per lavorare insieme a sfidanti obiettivi di rilancio e sviluppo. Confidiamo che il nuovo modello di leadership che Filosa sarà in grado di esprimere porterà Stellantis a raggiungere nuovi successi in Italia e nel mondo".
(Adnkronos) - Le truffe con bonifico bancario sono diventate sempre più frequenti. Un bonifico falso può essere un chiaro segnale di frode finanziaria ai danni di un’azienda. Questa situazione può derivare da truffe sofisticate, phishing o errori deliberati da parte di malintenzionati. La fintech Sis Id, che dal 2016 supporta imprese e realtà di ogni dimensione per fronteggiare al meglio ogni tipo di frode finanziaria, ha identificato sette consigli e step utili nel caso in cui si sospetti di bonifici falsi.
1) Verificare le coordinate bancarie: controllate se le coordinate bancarie del beneficiario corrispondono a quelle registrate nei vostri sistemi.
2) Confermare con il mittente: contattate direttamente il mittente per confermare l’autenticità del bonifico. 3) Informare la banca: notificate immediatamente la vostra banca dell’accaduto; potrebbero essere in grado di bloccare o recuperare i fondi. 4) Denunciare alle forze dell’ordine: presentate una denuncia alle autorità competenti per avviare un’indagine ufficiale.
5) Sospendere ordini di trasferimento: bloccare transazioni future. Interrompete eventuali ordini di trasferimento collegati al bonifico sospetto per evitare ulteriori perdite. 6) Conservare le prove: raccogliere documentazione. Conservate tutte le comunicazioni, e-mail e documenti relativi al bonifico per facilitare le indagini. 7) Aggiornare credenziali di accesso: cambiate le password e rafforzate le misure di sicurezza per prevenire accessi non autorizzati.
Se, nonostante tutto, ci si trova a essere vittime di una frode con bonifico bancario, è fondamentale reagire rapidamente e denunciare l’accaduto alla propria banca e alle autorità. In caso di indagini, conservare le e-mail, i messaggi e i numeri di telefono utilizzati dal truffatore può aiutare le autorità. Se il pagamento è in corso, urge contattare l’ufficio finanziario o la banca responsabile dell’ordine di trasferimento per sospendere qualsiasi azione fraudolenta.
Per ridurre il rischio di future frodi, vanno considerate anche delle misure preventive, come in caso si tratti di un’azienda, la sensibilizzazione dei dipendenti attraverso una formazione sui rischi e sulle procedure da seguire in casi sospetti. Vanno dunque implementati protocolli rigorosi per la verifica delle transazioni finanziarie, inclusa la doppia verifica delle coordinate bancarie dei beneficiari. Così come vanno adottate politiche di gestione delle password che prevedano l’uso di credenziali robuste e l’aggiornamento periodico delle stesse. Al tempo stesso bisogna evitare pagamenti affrettati: non si devono effettuare trasferimenti sotto pressione o senza le dovute verifiche, specialmente in situazioni che richiedono urgenza o segretezza. È consigliabile, infine anche la totale digitalizzazione delle procedure di pagamento per ridurre l’errore umano e aumentare la tracciabilità delle operazioni.
Afferma Anna Ongaro, country manager Italy di Sis Id: "In un mondo in cui la frode diventa sempre più sofisticata, è cruciale per le aziende adottare pratiche rigorose di protezione. Collaborare con esperti, come Sis Id, non solo rafforza la sicurezza, ma permette anche di beneficiare di soluzioni innovative e su misura. Insieme, possiamo creare un ambiente più sicuro e proteggere i nostri pagamenti".
Leggi tutto: Bonifico falso o sospetto? Come prevenire e agire per non essere truffati
(Adnkronos) - Dopo il successo delle precedenti edizioni di Expo Milano 2015 e Dubai 2020, il pastificio Spinosi è pronto a rappresentare ancora una volta l’eccellenza italiana a Expo 2025 Osaka, nella cornice del Padiglione Italia, in occasione della Settimana della Regione Marche (1-7 giugno 2025). L’evento si svolge all’interno della mostra 'Ars: tradition and innovation', un viaggio tra cultura, maestria artigianale e innovazione tecnologica. L’allestimento, curato da Progetto Zenone e Elleemme Studio, presenta una simbolica casa giapponese poggiata su un territorio marchigiano, a rappresentare l’armonia tra due culture profondamente legate da valori condivisi: rispetto per la tradizione, equilibrio con la natura e arte del 'saper fare'.
Tra i protagonisti selezionati per rappresentare la bellezza marchigiana vi sono simboli iconici come le calzature artigianali, il cappello di Montappone, la poltrona Frau, e i Maccheroncini di Campofilone Igp - Spinosi, fino alla tuta spaziale dell’astronauta italiano Walter Villadei. Spinosi si inserisce in questo racconto con una proposta esperienziale pensata per esprimere il perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, con uno sguardo orientato al mercato giapponese e del Sud-Est asiatico.
All’interno della bottega espositiva dedicata al food, infatti, Spinosi presenterà: video dimostrativi sottotitolati in giapponese e inglese che illustrano il processo artigianale di produzione della pasta, dalla sgusciatura manuale delle uova fino alla 'pettinatura' dei Maccheroncini di Campofilone Igp; dimostrazioni pratiche dal vivo con Marco Spinosi, rappresentante della terza generazione dell’azienda, che mostrerà la lavorazione tradizionale della pasta marchigiana; focus sull’innovazione di prodotto, con la presentazione degli Spinosini Zero+ alla spirulina, pensati per ricette fusion come il ramen, a testimonianza del dialogo tra la cultura alimentare italiana e quella giapponese.
Spinosi porterà a Expo 2025 anche la sua linea innovativa Spinosini Zero+, una pasta all’uovo biologica senza glutine a base di farina di ceci e alga spirulina 100% italiane. Gli Spinosini Zero+ sono pensati per sportivi, celiaci e persone con diabete, grazie al loro alto contenuto di proteine e fibre (+30% rispetto alla pasta tradizionale). L’alga spirulina, superfood ricco di nutrienti, apporta benefici in termini di energia, equilibrio nutrizionale e benessere generale.
Dal 1933, Spinosi rappresenta la tradizione pastaia di Campofilone, tramandata attraverso tre generazioni. A Expo 2025, l’azienda intende valorizzare questo patrimonio di competenze con uno storytelling che esalti il ruolo del maestro artigiano e la trasmissione dei saperi alle nuove generazioni.
Un’iniziativa che si sposa pienamente con il tema del Padiglione Italia: 'La Bellezza unisce le persone', dove la bellezza è intesa come tensione creativa capace di armonizzare cultura, innovazione e benessere. Proprio come fa la pasta di Campofilone, simbolo di una tradizione che guarda lontano.
(Adnkronos) - BeOne Medicines, azienda oncologica a livello globale nota come BeiGene, ha annunciato oggi che il nuovo nome e la ridomiciliazione in Svizzera sono ufficialmente in vigore, segnando una tappa significativa nell'evoluzione dell'azienda. "BeOne rappresenta ben di più di un cambiamento di nome - afferma John V. Oyler, co-fondatore, presidente e Ceo di BeOne - Non è solo un riflesso di chi siamo oggi come azienda oncologica leader a livello mondiale, ma anche la nostra ambizione di ridefinire ciò che è possibile in oncologia, unendo pazienti, famiglie, scienziati, medici, governi e tutti gli interessati alla salute pubblica in campo oncologico in tutto il mondo nella nostra missione condivisa contro il cancro. Pur sapendo che il nostro lavoro non è completato - aggiunge - sono estremamente orgoglioso dei progressi fatti con la crescita esplosiva di zanubrutinib come colonna portante del nostro franchise ematologico, con l'espansione del nostro inibitore di Pd-1, tislelizumab, e con la nostra pipeline oncologica potenzialmente trasformativa con più di 50 molecole in fase di sperimentazione, una delle più ricche del settore. Dopo 15 anni di incessante innovazione e investimenti strategici per potenziare le nostre capacità globali interne, siamo solo all'inizio e non vedo l’ora di lavorare insieme come BeOne".
Il nuovo nome e la ridomiciliazione in Svizzera - informa una nota - sono stati approvati dagli azionisti il 28 aprile. La transizione al nome BeOne in tutte le attività mondiali della società in 6 continenti avverrà in fasi. La nuova domiciliazione in Svizzera rafforza la presenza di BeOne e mette le radici in un hub biofarmaceutico globale, favorendo ulteriormente la sua strategia di crescita volta a portare farmaci innovativi ai pazienti di tutto il mondo.
L'azienda ha costruito un vantaggio differenziato e sostenibile attraverso investimenti strategici per rafforzare la sua ricerca interna, lo sviluppo clinico e le capacità di produzione. Questo modello unico sfrutta l'efficienza in termini di tempo e costi per migliorare l'accesso dei pazienti, consente una supervisione attenta per applicare standard elevati in ricerca e sviluppo e produzione e salvaguarda la nostra resilienza operativa per una crescita a lungo termine. Zanubrutinib - sottolinea la farmaceutica - ha le indicazioni più ampie nella sua classe di farmaci ed è leader nell'avvio alla terapia di nuovi pazienti in tutte le indicazioni approvate negli Stati Uniti. E' anche la pietra miliare del franchising ematologico di BeOne come terapia di base insieme a sonrotoclax, inibitore Bcl2 in fase avanzata, e al potenziale degradatore proteico di Btk, primo nella sua classe, Bgb-16673, sviluppato dalla piattaforma Cdac di proprietà dell'azienda. BeOne si concentra inoltre sulla creazione di franchising per il trattamento dei tumori solidi nel seno, polmone e tratto gastrointestinale. Sfruttando le sue piattaforme di anticorpi multispecifici, degradatori proteici e anticorpi farmaco-coniugati, l'azienda si dice pronta a trasformare il futuro del trattamento oncologico.
Il team di ricerca di BeOne, composto da oltre 1.100 persone - riporta la nota - ha avviato alla pratica clinica 13 nuove molecole solo nel 2024, superando anche le più grandi aziende farmaceutiche. Inoltre, il suo team di sviluppo clinico, composto da circa 3.700 persone, ha sperimentazioni in corso o pianificate in più di 45 Paesi e regioni, accelerando l'innovazione in fase precoce attraverso il suo approccio 'Fast to Proof-of-Concept', arruolando più di 25mila pazienti in oltre 170 studi clinici.
Inoltre, BeOne continua ad espandere la sua rete di produzione globale con il sito di ricerca, sviluppo clinico e produzione di Hopewell, N.J (Usa) da 800 milioni di dollari. Questo centro all'avanguardia consente una capacità produttiva espandibile per supportare la pipeline in rapida crescita, la resilienza operativa e le ambizioni globali dell'azienda.
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(Adnkronos) - “Il Coni, lo sport e il mondo delle Federazioni possono sembrare solo legate al primato agonistico ma non è così: siamo una grandissima agenzia formativa, la terza dopo la famiglia e la scuola. Per questo lo sport organizzato che si riconduce al Coni è consapevole della grandissima responsabilità che la società civile ci attribuisce”. Così il presidente Federazione sport equestri Marco Di Paola, intervenendo alla Maratona Bullismo, durante cui è stato presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile, al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma.
“Porto il messaggio de Presidente Malagò che è sempre sensibile a queste tematiche. In giunta spesso affrontiamo queste tematiche perché l’agonismo promuove quella filiera di valori che si acquisiscono facendo sport e che rimangono per la vita, come la lealtà e la correttezza. A settembre 2023 - spiega Di Paola - con un articolo della Costituzione è stato introdotto lo sport come atto fondamentale nella nostra organizzazione sociale. Lo sport quindi ha ricevuto alcuni compiti da portare a termine: il benessere psicofisico dei ragazzi, ma anche la loro formazione e la loro inclusione sociale, tutti temi della società, non certo delle Olimpiadi”, afferma il presidente.
“I nostri istruttori non sono solo maestri di sport ma anche di vita, per questo la loro formazione è fondamentale. L’istruttore è un esempio positivo perché il ragazzo che pratica sport si confida con lui, lo prende a esempio, diventando una figura fondamentale”. Così il presidente Federazione sport equestri Marco Di Paola, intervenendo alla Maratona Bullismo, durante cui è stato presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile, al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma.
“L’istruttore però ha a che fare con problemi molto gravi e spesso non sa come reagire, non ha nemmeno gli strumenti per reagire. Ovviamente quando capitano situazioni gravi diciamo sempre di rivolgersi alle forze dell’ordine ma secondo me - afferma Di Paola - questo è un aspetto importante su cui potersi muovere nel futuro. Formare i nostri maestri di sport e di vita su tematiche importanti e su come affrontarle credo sia necessario per migliorare il rapporto con i ragazzi. Dopo la giornata di oggi la mia speranza è che la prossima volta si possano vedere proprio tutte le Federazioni sportive perché lo sport è fondamentale per combattere situazioni di disagio. Ma è anche vero che bisogna dare attenzioni ai maestri di sport perché hanno un compito importante”, sottolinea Di Paola.
(Adnkronos) - Proteine che passione. Basta uno sguardo agli scaffali del supermarket per accorgersene: sono presenti (o almeno dichiarate) un po' ovunque, persino sulla confezione di alimenti tradizionalmente 'carb', grassi o zuccherini.
Un'analisi condotta dalla sezione Nutrizione umana dell'università Statale di Milano, coordinata da Daniela Martini, conferma l'impressione. Esaminando oltre 400 prodotti in commercio, l'indagine fotografa la varietà di cibi con diciture tipo 'fonte di proteine' e 'ad alto contenuto di proteine': sono "soprattutto barrette e yogurt", ma "anche tantissime altre categorie merceologiche quali latte, bevande vegetali, fino a sostituti del pane e ai pancake, passando per gelati, creme spalmabili, salumi e formaggi". Una specie di invasione che attira l'attenzione. Gli italiani sembrano impazziti per le proteine. Ma perché? E questa moda farà davvero bene?
All'argomento la Società italiana di nutrizione umana (Sinu), in occasione del suo 45esimo Congresso nazionale in corso a Salerno da oggi 28 maggio a venerdì 30, dedica la tavola rotonda 'Proteine: non è solo questione di quantità'. Conta soprattutto la qualità, avvertono gli esperti che invitano a "fare attenzione alle etichette, alle fake news e ai limiti metodologici" di alcuni studi in materia. Il messaggio finale è che "in Italia non esiste un'emergenza legata a una carenza proteica" nella popolazione, e che "la ridotta mortalità in coloro che hanno un alto consumo di proteine vegetali sembra dovuta più all'effetto di sostituzione delle fonti animali (carni rosse o conservate) o anche alle proprietà dei vegetali stessi". Quindi "non dovrebbe derivarne un'indicazione ad aumentare le proteine totali della dieta. Piccole modifiche" nell'alimentazione, "come l'incremento del consumo di legumi, noci e cereali integrali - suggeriscono gli specialisti - possono avere effetti positivi significativi".
La Sinu comincia col chiarire che, secondo il Regolamento (CE) n.1924/2006, i termini 'fonte di proteine' e 'ad alto contenuto di proteine' possono essere utilizzati solo se almeno il 12% o il 20% rispettivamente del valore energetico del prodotto viene fornito dalle proteine. Gli italiani sembrano sempre più avvezzi a queste diciture - osservano gli esperti - visto che statistiche recenti indicano che l'interesse dei consumatori per questi alimenti è in aumento: nel 2024 il 4% degli oltre 3.300 prodotti analizzati nell'Osservatorio Immagino (studio semestrale dell'organizzazione no profit GS1 Italy, dedicato ai consumi degli italiani) presenta diciture relative alle proteine, generando un fatturato di 1,9 miliardi di euro, in progressione del 4,5% rispetto al 2023. Numeri importanti, anche se trend di crescita del giro d'affari di questi prodotti sembra comunque rallentare, dato che solo nel 2023 si registrava un incremento di quasi il 20% su scala nazionale rispetto al 2022.
"Non è facile comprendere il crescente interesse per alimenti ricchi di proteine, non solo da parte di atleti e persone che seguono regimi alimentari speciali, ma anche da parte di individui che desiderano migliorare la propria forma fisica e perdere peso - afferma Martini, membro del comitato scientifico della Sinu - Questa tendenza è spesso alimentata dalla convinzione errata che ridurre l'apporto di carboidrati e lipidi sia una strategia efficace per dimagrire. E' fondamentale monitorare le vendite e il consumo di questi prodotti, oltre a educare i consumatori sull'importanza di leggere attentamente le etichette. Ciò è essenziale per fare scelte consapevoli e salutari, evitando di eccedere nell'apporto proteico, già sufficiente nella dieta media italiana, se confrontato ai livelli di assunzione di riferimento per le proteine indicati nella nuova edizione dei Larn della Sinu". In altre parole, il Paese non ha bisogno di un''overdose proteica' collettiva.
Per gli specialisti "è importante inoltre riflettere sulla qualità proteica degli alimenti consumati, prendendo in considerazione la composizione in aminoacidi essenziali. Le evidenze scientifiche riportate nell'ultima versione dei Larn hanno mostrato che l'assunzione eccessiva di proteine animali, ad esempio quelle contenute nelle carni rosse e lavorate, è associata a un aumento della mortalità per tutte le cause. Al contrario, un maggiore apporto di proteine vegetali sembra essere legato a una diminuzione della mortalità".
"Dato che all'aumentare del consumo di un alimento o di una fonte di proteine corrisponde una diminuzione di altre fonti - illustra la Sinu - in epidemiologia nutrizionale sono stati sviluppati diversi modelli statistici per analizzare gli effetti della sostituzione di proteine animali con quelle vegetali. Recenti studi che hanno utilizzato questi modelli hanno mostrato che tale sostituzione è associata a una riduzione significativa della mortalità per tutte le cause e per malattie cardiovascolari. Tuttavia, è fondamentale ricordare che si tratta di modelli di sostituzione teorici che approssimano la realtà, non sufficienti per definire una relazione causale. I benefici osservati potrebbero infatti derivare da altri componenti presenti nei cibi vegetali, come fibre, antiossidanti e composti bioattivi", precisano gli esperti. "Allo stesso modo, il rischio legato al consumo di proteine animali potrebbe essere attribuito ad altri elementi, come i grassi saturi o l'elevato contenuto di sale tipico delle carni trasformate, o ancora ai diversi additivi per migliorarne la conservazione, il sapore, l'aspetto e la consistenza".
"L'interesse per le proteine vegetali è in crescita, ma è importante che i consumatori ricevano informazioni corrette e complete per compiere scelte consapevoli - dichiara Sabina Sieri, direttore ad interim della Struttura complessa di Epidemiologia e Prevenzione della Fondazione Irccs Istituto nazionale tumori di Milano e socio Sinu - Ad esempio, un indicatore della qualità proteica potrebbe essere utile; anche il livello di processamento è un importante dato, visto che in alcuni alimenti può ridurre la biodisponibilità delle proteine, mentre in altri, come i legumi, può aumentarla". Conclude la specialista: "Il vecchio consiglio di abbinare cereali e legumi è sempre valido per poter ottenere un profilo aminoacidico più completo, in particolare per garantire un adeguato apporto di lisina e metionina, aumentando così il valore biologico e nutrizionale del pasto".
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(Adnkronos) - "Stiamo parlando di un fenomeno significativo e pervasivo. Abbiamo bisogno di osservarlo e studiarlo per cercare di intervenire nel modo più efficace possibile. Per questo vi offro tre riflessioni sui temi cardinali nel nostro modo di affrontare il tema: il primo è che il tema del bullismo e del cyber bullismo riguarda tutti noi, e riguarda tanto le vittime quanto i carnefici: se vediamo questo fenomeno come qualcosa di completamente distante da noi, se pensiamo che il bullo sia il mostro, l'imprevisto, l'estraneo, non capiamo le dinamiche sociali e reali. Nella dinamica del bullismo c'è qualcuno che lo esercita, qualcuno che lo subisce, tanti altri che partecipano o non prendono parte. Tutta questa dinamica va osservata e presa in carico: esiste un livello di sofferenza e problematicità, e di responsabilità nostra, non solo nei confronti di chi subisce ma anche nei confronti di coloro che la esercitano. Così come tanto importante è intervenire su coloro che potrebbero prendere parte e non lo fanno. Il tema ci riguarda, siamo coinvolti". Così l'assessora all'Istruzione di Roma Capitale Claudia Pratelli, intervenendo alla Maratona Bullismo in corso al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma, in cui viene presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile.
Il secondo tema, secondo Pratelli, riguarda "questi comportamenti che non cadono dal cielo. Sono frutto di cose osservate, di esempi: c'è quindi un tema di responsabilità educativa degli adulti. Serve stretta alleanza fra famiglia, scuola, mondo sport, ma dobbiamo proporre agli adulti il tema della responsabilità educativa. Se per esempio insultiamo nel traffico, o insultiamo per le caratteristiche fisiche, di provenienza, di identità di genere, che esempio diamo? Il problema è dentro di noi, dobbiamo assumercene la responsabilità".
Infine, per Pratelli, l'ultimo punto riguarda "la dimensione digitale che in questa società è così presente e non si spegne mai. Per i ragazzi è come se non esistesse più un posto sicuro, al protetto. Ciascuno ha vissuto momenti di disagio, però non abitava una dimensione pubblica così pervasiva e costante come quella che esiste con terreno digitale. Essere oggetto di discriminazioni, prese in giro costanti, e che tutti lo sappiano, senza riuscire a scapparne mai, questo amplifica in modo gigantesco il tema della vergogna. E il tema della vergogna è centrale in questo momento storico".
“Abbiamo tanti progetti costruiti in questi anni proprio per dare una risposta ai fenomeni di violenza, di bullismo e di discriminazione nelle nostre scuole. Abbiamo cominciato con un progetto che dura da 3 anni, si chiama ‘Roma scuola aperta’ e favorisce l'apertura delle scuole in orario extracurricolari con occasioni educative e formative assolutamente gratuite, ma di qualità. L’obiettivo è migliorare il clima scolastico, dare a tutti e tutte uguali opportunità e soprattutto costruire una relazione importante fra ragazzi e ragazze e adulti. Ancora, stiamo promuovendo, ed è proprio una novità, un percorso di educazione all'affettività e alle relazioni nelle scuole medie della città. Con l’obiettivo di prevenire e contrastare la violenza di genere, la violenza omolesbo-transfobica e i fenomeni di bullismo online, ma soprattutto di aiutare i ragazzi e le ragazze in una fase così delicata della propria vita a fare i conti con le proprie emozioni, riconoscerle, nominarle, saperle gestire, in qualche modo saper stare meglio nella relazione con l'altro”.
“Infine, - ha concluso l’assessore - dallo scorso anno abbiamo attivato un tavolo interistituzionale per il contrasto al bullismo e al cyberbullismo che ha già lavorato in sette municipi di Roma facendo un progetto di educazione, formazione ai formatori, non soltanto tanto nel mondo della scuola, ma anche nel mondo dello sport, grazie al coordinamento del professor Grauso e grazie all'impegno del consiglio comunale di Roma per costruire degli strumenti che aiutino i formatori e gli educatori ad accompagnare i ragazzi e le ragazze in una fase così importante e delicata della loro vita, perché il tema della violenza, della discriminazione, del bullismo a scuola riguarda tutte e tutti noi, riguarda molto gli adulti e chiede una responsabilità da parte degli adulti. È nostra responsabilità dare risposte molto forti”.
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(Adnkronos) - "Il bullismo e il cyberbullismo non sono problemi recenti. Già nel 2007 abbiamo costituito a livello regionale un primo osservatorio sul bullismo, ovvero un prima risposta sistemica a questo fenomeno. Tuttavia il problema è ancora evidente, come abbiamo visto dai dati emersi oggi: uno studente su tre ha subito atti di bullismo quindi c'è ancora tanto da fare. I dati raffigurano una generazione sola e che ha bisogno di ascolto, questo ascolto dovrebbe arrivare non solo nelle scuole ma anche dalle famiglie", così Angelo Lacovara, Capo Struttura Ufficio Scolastico Lazio, intervenendo alla Maratona Bullismo, durante il quale è stato presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile, al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma.
"Bisogna avere un approccio sistemico - spiega Lacovara-, i tentativi isolati di dare delle risposte lasciano il tempo che trovano. Come scuola dovremmo favorire un approccio educativo integrato per coniugare la prevenzione, la formazione e l'intervento stesso su queste tipologie di azione. Una grossa mano ci è stata data dalla legge 24 che a livello organizzativo ci ha permesso di dare una definizione e un'organizzazione maggiore anche a livello di istituzione scolastica. Noi, come ufficio scolastico regionale per il Lazio, siamo impegnati in un'opera di sostegno e supporto alle scuole per debellare questo problema. Non a caso, da noi è già operativo un nucleo regionale per la prevenzione e il contrasto dei fenomeni di bullismo e cyberbullismo, supportato anche da un tavolo tecnico interistituzionale e regionale".
"Ormai le scuole sono consapevoli di tutto questo. Però, come capo struttura della segreteria - conclude -, ogni giorno ci arrivano sollecitazioni e segnalazioni da parte delle scuole. È necessario che si attrezzino per poter dare delle risposte concrete. In ogni scuola è stato definito un referente d'istituto in grado di coordinare tutte le attività e, laddove ci siano più plessi, anche diversi referenti. Tutto questo fa parte di un team antibullismo a cui partecipano il dirigente scolastico e referenti ma anche tutte le altre professionalità all'interno dell'istituto. In tanti casi, nelle scuole sono presenti anche dei team per l'emergenza. Ci sono dei tavoli permanenti di monitoraggio all'interno di ogni singola scuola di cui fanno parte rappresentanti degli studenti e insegnanti esperti del settore. Ogni scuola adotta un codice interno per poter dare una risposta e contrastare qualunque caso di bullismo. Tutto ciò si integra nel piano triennale dell'offerta formativa per dare la possibilità di strutturare dei percorsi formativi a 360 gradi e che tocchino tutte le componenti scolastiche, sia gli studenti sia i docenti sia le famiglie".
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(Adnkronos) - Il Tribunale di Cagliari ha respinto il ricorso di Alessandra Todde contro la richiesta di decadenza e sottolinea che "la competenza è rimessa dalla legge al Consiglio regionale". Il collegio della prima sezione civile del Tribunale presieduto da Gaetano Savona ha respinto il ricordo contro l'ordinanza-ingiunzione del Collegio di garanzia.
Sottolineando che "il provvedimento contestato non ha disposto la decadenza, ma, ritenendo che le violazioni accertate comportassero detta conseguenza, ha disposto la trasmissione degli atti al Presidente del Consiglio regionale". I giudici ribadiscono che la palla sul futuro di Alessandra Todde torna al palazzo di via Roma a Cagliari.
"Deve confermarsi in questa sede che non rientra nella competenza del Collegio di Garanzia né in quella del Tribunale adito per l'impugnazione dell'ordinanza-ingiunzione, pronunciare l'eventuale decadenza della ricorrente - si legge nel dispositivo -. La competenza è rimessa dalla legge al Consiglio regionale. All'organo amministrativo di controllo e poi a quello giurisdizionale, che non intende esondare dall'alveo delle proprie competenze, è rimesso esclusivamente l'accertamento della violazione delle norme in materia di spese elettorali. Effettuato detto vaglio, che rimane insindacabile dal Consiglio regionale, quest'ultimo assumerà le sue determinazioni sulla decadenza, tenendo fermo quanto accertato in questa sede. Null'altro si deve quindi dire sul punto".
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(Adnkronos) - "Una legge con molti se e molti ma che dà attuazione alla norma di cui all’articolo 46 della Costituzione che, pur prevedendo 'il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende', era di fatto rimasta lettera morta non essendo mai stata emanata una legge che definisse un quadro normativo in materia. La legge prevede quattro forme di partecipazione dei lavoratori: gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva. La partecipazione gestionale passa dagli statuti delle società, i quali, in conformità alle previsioni dei contratti collettivi, potranno prevedere la partecipazione di uno o più rappresentanti dei lavoratori agli organi di amministrazione e controllo della società. È bene, tuttavia, precisare che la partecipazione dei lavoratori non sarà né obbligatoria, né automatica". Così, con Adnkronos/Labitalia, l’avvocato Giuseppe Merola, associate partner Pirola Pennuto Zei & Associati, sull'approvazione, in via definitiva, della nuova legge sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese.
Secondo l'esperto "anche in questo caso, infatti, saranno i contratti collettivi - non tutti, ma quelli stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi - a dettare le regole del gioco stabilendo le modalità attraverso le quali i lavoratori potranno in concreto partecipare alla gestione dell’impresa. Occorre, quindi, attendere che i contratti collettivi disciplinino la materia e, solo dopo che tale disciplina sarà stata emanata, le società potranno iniziare a prevedere nei relativi statuti la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori ai propri organi di amministrazione e controllo", sottolinea.
Per il giuslavorista "il che significa che, in assenza di disciplina da parte della contrattazione collettiva, nessuna partecipazione gestionale dei lavoratori potrà concretamente essere attuata. Così facendo, il legislatore ha optato per un modello ispirato alla volontarietà della partecipazione dei lavoratori alla gestione dell’impresa, non alla sua obbligatorietà. I lavoratori non vantano, quindi, un diritto immediato alla partecipazione gestionale nell’impresa, ma un diritto condizionato alle previsioni degli statuti societari, i quali, a loro volta, potranno intervenire solo se i contratti collettivi lo avranno disciplinato".
E il giuslavorista aggiunge che "ciò vale non solo per la partecipazione gestionale ma anche per quella organizzativa. Anche in relazione a tale forma di partecipazione, la legge non ha infatti introdotto obblighi a carico delle aziende, ma solo la facoltà di attuare talune misure tese a renderla concretamente possibile. Le misure sono in particolare due: la prima, la possibilità di istituire specifiche commissioni paritetiche (composte, cioè, in egual misura da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori) finalizzate all’elaborazione di piani di innovazione e miglioramento dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro; la seconda, la possibilità di individuare, in sede di contrattazione collettiva aziendale, le figure dei referenti su determinate materie di interesse collettivo, come la formazione, i piani di welfare, le politiche retributive, la qualità dei luoghi di lavoro, la conciliazione e la genitorialità, nonché quelle dei responsabili della diversità e dell’inclusione dei disabili. Nessun obbligo anche per quanto riguarda la partecipazione consultiva dei lavoratori", sottolinea.
"Al riguardo, la legge -continua Merola- si limita infatti a prevedere che le commissioni paritetiche sopracitate possano preventivamente consultare le rappresentanze sindacali aziendali (rsa o rsu) in merito alle scelte aziendali (l’oggetto della consultazione è quindi molto ampio e non sono previste limitazioni su determinate materie). Tale consultazione, peraltro, dovrà avvenire conformemente ai contratti collettivi che, anche su tale materia, dovranno adottare specifiche regole. Queste le principali novità introdotte dalla legge. Vi è da chiedersi se siano davvero sufficienti a garantire la partecipazione dei lavoratori nell’impresa e quali siano gli effettivi cambiamenti. La sensazione è che, quanto meno nell’immediato, le cose non cambino", sottolinea l'esperto.
"Al di là delle modalità e tempi con i quali la contrattazione collettiva dovrà disciplinare la materia, tutto l’impianto normativo sembra ancorato al principio per cui la partecipazione dei lavoratori intanto può essere attuata in quanto l’azienda intenda avvalersene. Per come la norma è stata scritta, è come se il coinvolgimento dei lavoratori nella vita dell’impresa rappresenti un’opportunità per le aziende, non un onere. Pertanto, gli strumenti partecipativi previsti dalla legge potranno essere colti dall’impresa che voglia effettivamente operare secondo logiche inclusive e che cerchi di sfruttare le opportunità derivanti dalla partecipazione di coloro (i lavoratori) che l’impresa la vivono da un’altra prospettiva, anch’essa portatrice di idee e innovazione", conclude.
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(Adnkronos) - "I dati presentati oggi non fanno altro che confermare le nostre statistiche: vediamo dati crescenti, che confermano aumento dei casi, soprattutto nella fascia dai 10 ai 17 anni di età. Quasi sempre il fenomeno online attiva i processi di de-responsabilizzazione e de-umanizzazione. Quasi sempre troviamo dei genitori inconsapevoli del coinvolgimento in queste vicende dei loro figli. Questo ci sprona a una maggiore azione di prevenzione nel contesto non solo scolastico. Non è colpa dell'insegnante o del genitore, ma di tutti noi. Dovremmo avere capacità di carpire i sensori di questo agire: nel momento in cui vengono a denunciare è già un fallimento. Dovremmo fornire strumenti di risoluzione, che non devono fermarsi alla parte offesa, ma anche all'offender". Così la direttrice della II divisione della Polizia Postale Maria Rosaria Romano intervenendo alla Maratona Bullismo in corso al Palazzo dell'Informazione dell'Adnkronos a Roma, in cui viene presentato il primo rapporto dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile.
"Questi temi non possono essere risolti con un indagato, ma dobbiamo fare rete, cercando di concertare azioni in maniera costruttiva. Parlare con i ragazzi non si può improvvisare: bisogna fare un'azione preventiva che insegni, in primis ai nostri operatori, a parlare il loro stesso linguaggio". Secondo il direttore Romano "i genitori spesso sono assenti, non si sentono parte del problema".
"Oggi dire quali sono i rischi, far capire a un ragazzo che la condivisione dei dati personali, ciò che inserisco nei social, ciò che condividiamo della nostra sfera intima diventa un elemento di grande pericolosità che riscontriamo nei reati non di cyber bullismo ma di divulgazione sessualmente esplicita. Abbiamo bisogno di ascoltare i ragazzi, e deve avvenire in tutte le sedi sociali. Come genitori dobbiamo saper ascoltare".