
(Adnkronos) - Venti Paesi europei, in testa Germania e Belgio ma anche Italia, hanno chiesto all'Ue di accelerare le procedure di espulsione dei cittadini afghani senza permesso di soggiorno, nonostante gli avvertimenti delle Nazioni Unite sul grave pericolo a cui vanno incontro al loro ritorno sotto il regime dei Talebani.
L'appello è stato lanciato in particolare dalla ministra belga per l'Asilo e la Migrazione, Anneleen Van Bossuyt, incaricata di presentare una lettera al suo omologo nell'Unione Europea, il commissario Magnus Brunner, in cui i Paesi firmatari esortano la Commissione ad adottare "misure concrete per facilitare il ritorno volontario e forzato dei cittadini afghani che non hanno diritto legale di soggiorno nell'Ue, e in particolare di quelli che rappresentano una minaccia per l'ordine pubblico".
Gli altri Paesi firmatari sono Bulgaria, Cipro, Estonia, Finlandia, Germania, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Austria, Polonia, Slovacchia, Svezia, Repubblica Ceca e Paesi Bassi. Anche la Norvegia, che non è membro dell'Ue ma appartiene allo spazio Schengen e collabora con l'agenzia dell'Ue per l'asilo, ha firmato il documento.
"I Paesi da nord a sud, da est a ovest, si trovano ad affrontare lo stesso ostacolo: non possiamo espellere gli afghani illegali o i criminali, nemmeno se sono stati condannati - ha sostenuto Van Bossuyt - È ora di andare avanti insieme". La ministra ha dunque proposto di conferire a Frontex, l'agenzia europea per il controllo delle frontiere, un ruolo più importante nel coordinamento dei rimpatri volontari e delle iniziative di reinserimento e ha suggerito alla Commissione di valutare la possibilità di rimpatri forzati, in particolare per le persone considerate una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza.
Questa richiesta fa seguito a un'iniziativa promossa dalla Germania, che attualmente sta negoziando con il regime dei Talebani, come ha ammesso il ministro dell'Interno tedesco Alexander Dobrindt, per facilitare queste espulsioni. Nessun Paese, tranne la Russia, riconosce formalmente il governo di Kabul. A luglio, il governo tedesco ha organizzato un volo con cui ha espulso 81 afghani tra le critiche dell'agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, la cui portavoce, Ravina Shamdasani, ha avvertito Berlino che l'Afghanistan rimane un Paese sotto “avviso di non ritorno”.
Secondo la ministra belga, nonostante i pericoli a cui sono esposti i deportati, "la necessità di agire è urgente" dato che "esistono problemi di sicurezza con alcuni che si trovano nei nostri centri di accoglienza federali". "Nel 2024, gli afghani erano al secondo posto per probabilità di commettere incidenti gravi nei nostri centri di accoglienza, ed è qualcosa che non possiamo più tollerare", ha affermato ancora Van Bossuyt. Che ha poi concluso: "Abbiamo inviato un messaggio chiaro e forte alla Commissione europea, non possiamo permetterci di continuare a stare a guardare. È ora di adottare un approccio deciso e congiunto affinché l'Europa riprenda il controllo sulla migrazione e sulla sicurezza".

(Adnkronos) - Nuovo sopralluogo dei carabinieri a Campo Ascolano, frazione di Pomezia, alle porte della Capitale, dove giovedì sera, alle 22.17, un ordigno rudimentale è esploso davanti casa del giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci, distruggendo la sua auto. Gli investigatori sono alla ricerca di telecamere, anche nelle zone limitrofe, che possano aver immortalato gli spostamenti di chi ha posizionato il materiale esplosivo tra due vasi esterni all'abitazione del giornalista che poi ha fatto esplodere accendendo la miccia. Un passante avrebbe visto la sera dell'attentato un uomo incappucciato nelle vicinanze e non è escluso l'autore abbia studiato gli spostamenti del giornalista e il percorso seguito per rientrare a casa. Sempre nei dintorni dell'abitazione è stata ritrovata un'auto, una 500, risultata rubata e anche su questo gli investigatori sono al lavoro. Analisi, intanto, sono in corso da parte gli esperti del Ris sui reperti dell'ordigno, composto da un chilogrammo di esplosivo.
Nell’inchiesta, coordinata dal pm della Dda Carlo Villani che ha delegato le indagini ai carabinieri dei nuclei investigativi di Roma e Frascati, si procede per i reati di danneggiamento e violazione della legge sulle armi in relazioni all'ordigno esploso, entrambi aggravati dal metodo mafioso. Un'indagine che non tralascia al momento alcuna pista alla luce del lavoro d'inchiesta su più fronti portato avanti dal giornalista da anni. Ieri lo stesso Ranucci, al termine dell'audizione in procura davanti al pm titolare del fascicolo e al procuratore capo Francesco Lo Voi, ha spiegato di aver “delineato con i magistrati un contesto. Ci sono quattro-cinque tracce importanti - ha detto lasciando piazzale Clodio - che però per coincidenza alla fine riconducono sempre agli stessi ambiti”.
Un attentato che il giornalista, per il quale è stato innalzato il livello di sicurezza, ha definito "un salto di qualità" dopo le minacce già ricevute dal 2021. “Quattro in particolare quelle più pesanti”, ha spiegato ieri il cronista. Fatti sempre denunciati.

(Adnkronos) - Domani, domenica 19 ottobre, bomba day a Verona. Autostrada e tangenziale chiuse per almeno quattro ore e residenti della zona che dovranno lasciare le proprie abitazioni entro e non oltre le 7.30, secondo il piano che scatterà domani in città, dove nell’area di via Apollo, a sud del capoluogo, è stata rinvenuta una bomba della Seconda Guerra mondiale che sarà disinnescata.
È stata individuata una 'zona rossa', all’interno della quale è vietato sostare e transitare, anche a piedi, entro il raggio di 755 metri dal luogo del rinvenimento. In particolare sono interessate Piazza Gianfranco Sforni, Piazzale Europa, Strada Ca’ Brusà, Strada Della Genovesa, Via Cefeo, Via Dell’Esperanto, Via Enrico Fermi, Via Flavio Gioia, Via Giove, Via Mercurio, Via Mezzacampagna, Via Sacra Famiglia, Via Saturno, Via Selenia, Via Vigasio, Viale Delle Nazioni. L’operazione comporterà anche la completa chiusura dell’Autostrada A4 Brescia-Padova e della Tangenziale Sud, le operazioni inizieranno subito dopo l’uscita di tutti i residenti. In tutta la zona rossa sarà vietata la circolazione di persone e mezzi, ed è consigliato lo spostamento dei veicoli in zona esterna all’area da evacuare.
È stato allestito un Centro di accoglienza per la popolazione alla Sala San Giacomo, in via delle Menegone, vicino all’ospedale di Borgo Roma, aperto dalle 7 e raggiungibile anche con bus navetta messo a disposizione da ATV. “La Polizia locale - spiega il Comandante Luigi Altamura - sarà impegnata per il disinnesco dell'ordigno bellico con oltre 40 agenti, e avremo a disposizione anche 40 volontari della Protezione Civile per dare assistenza alla popolazione e, soprattutto, dare supporto agli automobilisti in transito se dovessero esserci dei blocchi alla circolazione”.
Le attività di bonifica complessa, sulla base dell'impianto organizzativo generale definito dal prefetto Martino con l'allegata ordinanza del 30 settembre, saranno effettuate a cura dell’8° Reggimento Guastatori della Folgore di Legnago.
Nell’area di cantiere, già interdetta con l’ordinanza prefettizia dello scorso 16 settembre, la struttura campale di contenimento, realizzata dal Genio militare, consentirà di ridurre a 755 metri dal punto di rinvenimento dell’ordigno il raggio della zona di rischio, che andrà completamente evacuata, con temporanea interruzione della circolazione stradale e aerea, fino al termine dell’attività di disinnesco e rimozione della bomba. Non sarà invece prevista alcuna interruzione del traffico ferroviario né dell’erogazione di corrente elettrica, mentre sarà temporaneamente sospesa l’erogazione di gas nell’area in questione.
Conclusa la fase di messa in sicurezza, l’ordigno verrà trasportato presso una cava nel territorio comunale di Sommacampagna per le attività di brillamento, che avranno luogo a partire dall'una di lunedì 20 ottobre in modo da ridurre al minimo l’impatto sul traffico aereo. In Prefettura, dalle 7 di domani e fino a cessate esigenze, sarà attivo il Centro di Coordinamento Soccorsi.
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(Adnkronos) - Lacrime in campo per Holger Rune. Il tennista danese, impegnato oggi sabato 18 ottobre nell'Atp 250 di Stoccolma, si è fermato a metà del secondo set (6-4 2-2 il punteggio) della semifinale con il francese Ugo Humbert iniziando a zoppicare. Rune, in campo con la coscia sinistra fasciata, ha chiamato in campo il fisioterapista, spiegando di aver sentito tirare in maniera forte il tendine d'Achille.
Il giocatore, assistito poi dallo specialista, ha lasciato il campo con le mani sul volto per coprire le lacrime.
Come spiegato dalla madre del giocatore al quotidiano danese Ekstra Bladet, per il numero 11 del ranking Atp si tratterebbe proprio di rottura del tendine d'Achille. Un problema che terrà il giocatore lontano dai campi almeno per sei mesi.
Leggi tutto: Rune, lacrime a Stoccolma: abbandona il campo per la rottura del tendine d'Achille


(Adnkronos) - Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha ordinato oggi, sabato 18 ottobre, che il valico di Rafah, al confine tra la Striscia di Gaza e l'Egitto, "resti chiuso fino a nuovo avviso". Lo rende noto l'ufficio del primo ministro, come riporta il giornale israeliano Haaretz, che poco prima riferiva di aver avuto conferma dall'Organizzazione mondiale della sanità che il valico sarebbe stato aperto lunedì per il trasferimento di malati e feriti. Anche l'ambasciata palestinese al Cairo aveva informato questo pomeriggio dell'apertura di Rafah lunedì per consentire ai gazawi che si trovano in Egitto e che vogliono tornare a Gaza di entrare nella Striscia.
"La riapertura" di Rafah "verrà presa in considerazione in base al modo in cui Hamas farà la sua parte per la restituzione delle salme degli ostaggi deceduti e l'attuazione del quadro concordato", comunicano via X dall'ufficio del premier israeliano.
Il vicepresidente degli Stati Uniti, Jd Vance, si recherà in visita in Israele da lunedì per discutere dei progressi sul ritorno degli ostaggi uccisi a Gaza e sul termine del conflitto, secondo quanto riportato dall'emittente Channel 12. Durante la visita, che avverin cui sarà accompagnato dall'inviato speciale Steve Witkoff, Vance affronterà anche il passaggio alla seconda fase del piano di pace del presidente Donald Trump, che prevede lo smantellamento del gruppo terroristico Hamas e l’istituzione di un’autorità alternativa per l’amministrazione della Striscia di Gaza.
L'Azerbaigian sarebbe pronto a contribuire alla forza di stabilizzazione a Gaza. L'Azerbaigian ha acconsentito a partecipare con sue truppe, affermano tre funzionari governativi interpellati dal Times of Israel, secondo cui gli Stati Uniti hanno ottenuto, per ora dietro le quinte, l'impegno dell'Azerbaigian.
Due fonti informate sul dossier, citate dal giornale israeliano, hanno anche confermato che durante un incontro multilaterale che si è tenuto a settembre a margine dei lavori dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York il leader turco Recep Tayyip Erdogan ha confermato a Donald Trump che Ankara è pronta all'invio di forze a Gaza. Ma, osservano da Israele, non è chiaro se si tratti di una disponibilità gradita al governo di Benjamin Netanyahu.
Sino ad oggi l'Indonesia è l'unico Paese che si è impegnato pubblicamente a contribuire, nel quadro di una missione sotto mandato Onu, alla forza internazionale di stabilizzazione per il dopoguerra a Gaza. "Se e quando il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e questa Assemblea decideranno, l'Indonesia è pronta a dispiegare 20.000" truppe, "o anche più", per "contribuire a garantire la sicurezza a Gaza", ha detto il presidente Prabowo Subianto a settembre nel suo intervento all'Assemblea generale Onu.
Intanto, secondo rivelazioni di fonti diplomatiche al Guardian, potrebbe essere l'Egitto a guidare la forza di stabilizzazione prevista dal piano Trump in 20 punti per "la fine del conflitto a Gaza".

(Adnkronos) - “La pubblica amministrazione è immersa in questa rivoluzione del digitale e dell'intelligenza artificiale. Di conseguenza, deve sapersi attrezzare puntando sulla formazione delle sue persone per restare al passo di questa realtà che cambia”. Lo ha detto Michele Camisasca, direttore generale dell'Istat, alla nuova edizione di StatisticAll2025, il festival della statistica e della demografia che si sta svolgendo a Treviso.
“Il fattore umano è decisivo e in questo momento si sta insistendo sulla formazione: sono aumentate anche le giornate di formazione per ogni singolo dipendente - spiega il direttore generale dell’Istat - e sono proprio gli elementi che consentono di stare al passo di questa realtà che cambia. La pubblica amministrazione oggi è qualcosa di grande: stiamo parlando di 3 milioni di dipendenti, di quasi 13mila enti e di circa 104mila luoghi di lavoro, che devono essere in grado di mettere nelle condizioni migliori possibili i lavoratori per dare un contributo alla realtà che cambia e che deve essere interpretata ed eletta per rispondere ai bisogni dei cittadini”.
“Lavorare per la pubblica amministrazione significa partecipare al bene comune e questa è una sensibilità che oggi hanno anche molti giovani, che devono essere la risorsa fondamentale a cui guardare. Noi siamo in una pubblica amministrazione tendenzialmente vecchia e, invece, per guardare al futuro, è necessario essere in grado di attrarre le giovani generazioni e in questo non possiamo non riferirci al fatto che siamo nell'era della post pandemia, che ci ha fatto fare dei salti importanti nella digitalizzazione dei servizi della pubblica amministrazione - sottolinea Camisasca - anche grazie alle tecnologie la possibilità di utilizzare il lavoro a distanza, lo smart working, che è una modalità attraverso cui si cercano di conciliare più esigenze delle persone”.
“Pertanto, è importante essere in grado di fornire ai giovani, che guardano al pubblico, un'istruzione come un luogo per la propria realizzazione e per quella della propria carriera con l'attenzione al bene comune, di renderla il più accogliente e attraente possibile. Insistere anche sul fattore umano come formazione di competenze che sappiano rispondere ai bisogni dei cittadini è sicuramente la chiave attraverso cui dobbiamo costruire questo percorso”, conclude.


(Adnkronos) - Caterina Balivo nel mirino di Selvaggia Lucarelli. La giornalista e giudice di Ballando con le stelle ha acceso i riflettori sul profilo Vinted di Caterina Balivo, dove la conduttrice ha messo in vendita alcune sue scarpe usate e di vecchia data.
Lucarelli ha sollevato dubbi sull'igiene degli articoli messi in vendita ma anche sulle reali ragioni dietro la scelta di metterli in vendita sulla piattaforma di seconda mano: “Queste sono alcune delle scarpe sporche e/consumate che la milionaria Caterina Balivo vende su Vinted. Ma perché lo fa? E come è possibile che Balivo non passi almeno uno straccetto umido sulle solette interne prima di fotografare le scarpe? Non è che sa di avere un pubblico particolare - quello dei feticisti dei piedi - e si rivolge proprio a loro, che amano particolarmente le scarpe USATE, usatissime, delle loro dei piedi? E perché vende anche altri oggetti così miseri?”, scrive Selvaggia Lucarelli che ha dedicato al tema un articolo nella sua newsletter ‘Valetutto’.
Non si è fatta attendere quella che è sembrata essere una risposta indiretta di Caterina Balivo, pubblicata sul suo profilo Instagram privato: “Sono andata a vedere le prime due puntate di Sandokan ed è pazzesco! Tutti bravissimi. Sono uscita contenta di aver visto queste due puntate, bravi tutti. Bello vedere persone talentuose fare bene il loro lavoro e ognuno di loro che risplende in base alla propria luce e non della luce riflessa degli altri”. Un commento che molti hanno interpretato come una velata frecciatina.
Selvaggia ha replicato sulle sue storie Instagram riportando il video della conduttrice: “Dai Caterì, non rosicare troppo. Fai un programma che campa sulla luce riflessa degli altri, compresa la mia. Che poi la luce riflessa in questo caso sarebbero le tue scarpe zozze? E daje, fatti due risate, sei libera di strizzare l'occhio ai feticisti, poi però stacce”.
Leggi tutto: Balivo, il caso delle scarpe usate su vinted. Lucarelli: "Vendute ai feticisti"

(Adnkronos) - "Per la prima volta in Italia, presso la Clinica Urologica dell’ospedale Molinette della Città della salute e della Scienza di Torino, è stato eseguito un intervento di prostatectomia radicale robotica con il nuovo robot single-port su un paziente sveglio, in anestesia locoregionale. L’intervento è stato eseguito dal professor Paolo Gontero, coadiuvato dal dottor Giorgio Calleris, per rimuovere un tumore prostatico localizzato, utilizzando la nuova piattaforma robotica single-port recentemente donata dalla Fondazione Crt". Lo sottolinea una nota dell'ospedale.
"L’operazione rappresenta un traguardo pionieristico nella chirurgia urologica robotica, sotto diversi aspetti: sposta la frontiera della mini-invasività, consentendo l’asportazione della prostata mediante un’incisione di soli 3,5 cm senza entrare nella cavità peritoneale; massimizza la preservazione delle strutture anatomiche importanti per la continenza urinaria e la potenza sessuale, grazie a strumenti miniaturizzati e flessibili; consente l’intervento robotico in anestesia locoregionale, evitando l’anestesia generale che alcuni pazienti non tollerano", prosegue l'ospedale.
"La tecnica anestesiologica di anestesia combinata spinale e peridurale, con il posizionamento di un cateterino peridurale, è stata perfezionata dal dottor Giulio Rosboch dell’Anestesia e Rianimazione universitaria (diretta dal professor Luca Brazzi), con l’esperienza maturata in campo mini-invasivo. Talvolta i pazienti per i quali è indicato un intervento chirurgico presentano un elevatissimo rischio anestesiologico legato a problemi polmonari, neurologici o cardiocircolatori. Nel caso in questione, il paziente di 72 anni era molto preoccupato delle potenziali conseguenze di un’anestesia generale, che anni prima - in occasione di un altro intervento - gli aveva causato un episodio di delirium. Queste controindicazioni all’anestesia generale, assolute o relative, possono ora essere aggirate, con sicurezza ed efficacia, grazie a questo nuovo approccio", precisa l'ospedale
Per migliorare il comfort psicologico del paziente e ridurre l’ansia durante l’intervento, è stato anche utilizzato il visore di realtà virtuale già sperimentato durante gli interventi di terapia focale. Questa innovazione permette al paziente di isolarsi dall’ambiente della sala operatoria, esplorando diverse ambientazioni rilassanti e vivendo un’esperienza immersiva mentre viene svolto l’intervento chirurgico. Il tutto sotto il vigile monitoraggio anestesiologico.
L’intervento "si è svolto regolarmente, senza sostanziali differenze tecniche rispetto a quanto ottenibile in anestesia generale, e si è concluso con ottimi esiti chirurgici, senza complicanze, con un particolare apprezzamento da parte del paziente ed una dimissione rapida. Il successo dell’operazione apre nuove prospettive per la chirurgia robotica single-port in anestesia locoregionale, con potenziali benefici in termini di recupero post-operatorio e qualità dell’esperienza del paziente".
“Questo intervento innovativo dimostra ancora una volta l’eccellenza sanitaria della Città della Salute e della Scienza di Torino (Cdss). I nostri professionisti e le tecnologie all’avanguardia ci permettono di compiere interventi pionieristici di questo tipo", evidenzia Livio Tranchida (direttore generale Cdss). "Ancora una volta l’Azienda ospedaliero – universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino si conferma un’eccellenza a livello nazionale, dimostrando come innovazione, ricerca e nuove tecnologie siano alla base per una sanità pubblica al servizio del cittadino", sottolinea l’assessore alla Sanità della Regione Piemonte Federico Riboldi.

(Adnkronos) - Carolina Marconi ospite oggi, sabato 18 ottobre, a Verissimo è tornata a parlare della malattia che ha segnato la sua vita e del desiderio ancora vivo di diventare mamma. L'attrice e showgirl, alla quale nel 2021 è stato diagnosticato un tumore al seno, ha condiviso con il pubblico la gioia di essere in buona salute: "Sto bene, i controlli vanno benissimo. Sono passati 4 anni, sto facendo ora la cura ormonale".
Carolina ha affrontato un percorso complesso e doloroso negli ultimi mesi, quello della maternità. Con il compagno Alessandro ha tentato di diventare mamma attraverso la fecondazione assistita: "La prima volta che l'ho fatto sono rimasta incinta è stato bellissimo, il primo tentativo è sempre il più difficile. Quando ho fatto il test di gravidanza mi sentivo piena di gioia, però è stato breve perché l'ho perso. È stata dura. Ho riprovato la seconda volta, avevo paura perché è un percorso molto difficile. Sono rimasta incinta un'altra volta, l'ho perso e non mi hanno dato un terzo tentativo a causa degli ormoni".
Carolina ha paragonato il dolore degli aborti al percorso della chemioterapia: "Durante la chemio aveva voglia di combattere, questi mesi sono stati davvero duri. L'ho sentito come un fallimento. Piano piano mi sono rialzata di nuovo". Poi, il terzo tentativo, stavolta in modo naturale: "Sono rimasta incinta in modo naturale, però avevo tanta paura e l'ho perso anche la terza volta. È stato un calvario. Le donne quando affrontano la fecondazione assistita è tosta. Ti senti vuota".
Marconi ha parlato del dispiacere che prova nei confronti del suo compagno: "Provo un senso di colpa nei confronti di Alessandro, mi dispiace anche per lui. Si merita una famiglia. Sono arrivata a dirgli di lasciarmi". Non escludono entrambi la possibilità dell'adozione: "Ci stiamo pensando. Io ho ripreso a fare la cura ormonale, mi mancano altri due anni. E non voglio aspettare altri due anni per una fecondazione assistita, sarei molto più contenta di far felice un bambino. Ma adesso sono molto scottata".
Ma Carolina e Alessandro non possono sposarsi al momento: "Non possiamo sposarci per problemi burocratici. In Italia per adottare una bambino devi essere sposata e aspettare almeno tre anni".
Poi, Carolina lancia un messaggio importante: "Fate prevenzione perchè la fertilità non dura per sempre".
Leggi tutto: Carolina Marconi: "Tre aborti, il percorso con la chemio è stato meno sofferente"

(Adnkronos) - Sul fronte delle indagini in merito all'attentato subito "è presto, ancora non sono a conoscenza di sviluppi". Risponde così Sigfrido Ranucci all'Adnkronos, a poco più di ventiquattr'ore dall'esplosione di una bomba che ha distrutto la sua auto e quella di sua figlia davanti alla casa appena fuori Roma dove il conduttore di 'Report' abita con la famiglia.
"C'è stata una grande manifestazione di sostegno, oggi davanti casa c'erano 400 persone - dice il giornalista - Ho ricevuto solidarietà in tutta Italia e anche nel mondo, ne hanno parlato le tv pubbliche francesi, il The Guardian, in Spagna, in Canada, sto ricevendo richieste di interviste da ovunque". Ranucci appare sereno, anche se con una voce leggermente più fioca del solito: "Come sto io? Con pochissime ore di sonno - sorride - tra le quali sto cercando contemporaneamente di rispondere a tutti i messaggi che mi sono arrivati, anche da molti esponenti del governo, dall'Associazione Nazionale Magistrati, da quella dei Contabili, da tantissime maestranze della Rai e da molti colleghi Rai".
La partecipazione dei colleghi della tv di Stato lo tocca particolarmente. "E' un'emozione molto forte - chiosa Ranucci - Questa partecipazione in Rai io, essendoci da trent'anni, l'ho riscontrata solo in tempi molto più funesti. Era il caso di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, negli anni Novanta".

(Adnkronos) - È morto Giovanni Cucchi, il padre di Stefano, scomparso nel 2009, e di Ilaria, senatrice di Avs. La notizia è stata data via social dall'avvocato Fabio Anselmo, da anni compagno della senatrice: "Ci sono parole che non si dimenticano, che restano incise anche quando le voci che le hanno pronunciate si spengono. Da oggi purtroppo Giovanni Cucchi, padre di Stefano, non c'è più. Molti, troppi, hanno scritto e detto che a Giovanni non fregava nulla di suo figlio, che lo avesse abbandonato, che Stefano fosse solo. Lo hanno fatto per anni, per giustificare l’ingiustificabile, per infangare una famiglia già distrutta dal dolore".
"Eppure - prosegue Anselmo - quella verità costruita a tavolino è crollata davanti a un’aula di tribunale, quando Giovanni ha letto la lettera che Stefano gli aveva scritto due anni prima di morire. Era il 26 agosto 2006. Stefano scriveva da un treno per Tarquinia, dove stava andando a festeggiare il compleanno del padre: 'Caro papà, ti sto scrivendo sul treno, quel treno che tante volte ho preso per la disperazione e non mi portava mai a destinazione. Beh, adesso questo treno mi porta da te, forse la persona più importante della mia vita'. E ancora: 'Dopo tante battaglie e scontri, finalmente ci siamo ritrovati, io con una nuova e inaspettata voglia di vivere e di fare grandi cose, come neanche immaginavo mesi fa. Tu che sei così grande, un costante punto di riferimento, un uomo che forse non ha mai smesso di credere in me, forse l’unico. Un padre che amo, che ha sofferto, e che io ora non voglio più che stia male. Capisci? La vita comincia ora. La nostra'".
Il post dell'avvocato Anselmo prosegue: "Giovanni, mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava. La voce si spezzava, ma non si fermava. In quell’aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia. Quelle parole, semplici, umane, limpide, hanno distrutto anni di odio, menzogne e depistaggi. A chi ha scritto che Giovanni 'non c’era', a chi ha detto che 'se lo meritava', a chi ancora oggi commenta senza sapere: leggete questa lettera. È la voce di un figlio che amava suo padre. Di un ragazzo che voleva vivere, non morire in una cella. Di una famiglia che non ha mai smesso di esserci. Giovanni - conclude Anselmo - con la tua voce hai dato voce a tuo figlio. Grazie per la tua forza".
Leggi tutto: E' morto Giovanni Cucchi, padre di Stefano e Ilaria

(Adnkronos) - Il cancro al seno è il secondo tumore più comune e una delle principali cause di morte per neoplasia in tutto il mondo. Nel 2022 sono stati diagnosticati più di due milioni di casi di tumore al seno, con oltre 665.000 decessi a livello globale. In Italia nel 2024 sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella (nel 2014 erano stati 48.000). Nei carcinomi mammari in fase iniziale che esprimono la proteina Her2+, è possibile ridurre il rischio di recidiva di malattia invasiva o di morte del 53% grazie ad un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato, trastuzumab deruxtecan, rispetto a T-DM1 come trattamento post-neoadiuvante. E' quanto emerge dai risultati positivi dello studio di Fase 3 Destiny-Breast05 presentati oggi al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) a Berlino e contemporaneamente pubblicati su Annals of Oncology.
Le evidenze dello studio di Fase 3 Destiny-Breast05 - secondo gli esperti - hanno mostrato un miglioramento altamente significativo da un punto di vista statistico e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da malattia invasiva (Idfs) con trastuzumab deruxtecan nei pazienti ad alto rischio di recidiva. Lo studio ha paragonato trastuzumab deruxtecan con trastuzumab emtansine (T-DM1) come trattamento post-neoadiuvante (dopo la chirurgia) nei pazienti con tumore del seno precoce Her2+ con malattia invasiva residua nella mammella e/o nei linfonodi ascellari dopo il trattamento neoadiuvante. Inoltre, a tre anni il 92,4% dei pazienti nel braccio trastuzumab deruxtecan era in vita e libero da malattia invasiva, rispetto all’83,7% di quelli nel braccio T-DM1. In aggiunta, trastuzumab deruxtecan - si legge nello studio - ha abbassato il rischio di recidiva a distanza (intervallo libero da recidiva) del 51% e il rischio di metastasi cerebrali del 36% rispetto a T-DM1. La sopravvivenza globale (overall survival, Os) non era matura al momento dell’analisi ad interim pianificata (maturità 2,9% al cut-off dei dati) e verrà valutata nelle analisi future.
"Nel 2024, in Italia, sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione – afferma Giampaolo Bianchini, professore associato e responsabile del Gruppo mammella dell’Irccs Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. Per le pazienti con malattia residua dopo il trattamento neoadiuvante, il setting post neoadiuvante rappresenta una seconda opportunità cruciale di ridurre il rischio di recidiva. Nello studio Destiny-Breast05 trastuzumab deruxtecan ha ridotto il rischio di recidiva e di morte del 53% rispetto all’attuale standard con T-DM1. Questi risultati, insieme ai dati sulla sicurezza emersi dallo studio, hanno il potenziale per trasformare la pratica clinica nel setting post-neoadiuvante per le pazienti con malattia ad alto rischio, con la possibilità che trastuzumab deruxtecan stabilisca un nuovo standard di cura".
Destiny-Breast05 è stato condotto in collaborazione con NSABP (National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project), German Breast Group (GBG), Arbeitsgemeinschaft Gynäkologische Onkologie (AGO-B) e Solti Breast Cancer Research Group. All'Esmo sono stati presentati anche i risultati positivi dello studio di Fase 3 Destiny-Breast11 che mostrano che trastuzumab deruxtecan seguito da paclitaxel, trastuzumab e pertuzumab (THP) nel setting neoadiuvante (prima della chirurgia) ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante del tasso di risposta patologica completa (pathologic complete response, pCR). Lo studio ha paragonato trastuzumab deruxtecan seguito da THP con doxorubicina e ciclofosfamide dose-dense seguito da THP (ddAC-THP) nei pazienti con tumore al seno in fase iniziale localmente avanzato Her2+ ad alto rischio. La risposta patologica completa è definita come nessuna evidenza di cellule tumorali invasive nel tessuto mammario asportato con l’intervento chirurgico e nei linfonodi dopo il trattamento neoadiuvante.
"Per le pazienti con tumore al seno precoce ad alto rischio di recidiva di malattia, utilizzare l’opzione terapeutica più efficace prima possibile è fondamentale per prevenire la recidiva, ottimizzare la sicurezza e migliorare il potenziale di cura – spiega Alessandra Fabi, responsabile Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli Irccs di Roma -. Sebbene il raggiungimento di una risposta patologica completa nel tumore al seno Her2+ in stadio precoce sia fondamentale per ridurre la recidiva della malattia e migliorare la prognosi a lungo termine, circa la metà delle pazienti continua a mostrare segni di malattia residua dopo l'intervento chirurgico con le opzioni terapeutiche neoadiuvanti attualmente disponibili. Nello studio Destiny-Breast11, più dei due terzi delle pazienti hanno mostrato una risposta patologica completa con trastuzumab deruxtecan seguito da THP, indicando un potenziale nuovo standard di cura nel setting neoadiuvante per le pazienti con tumore al seno precoce Her2+ ad alto rischio”.
"Trastuzumab deruxtecan ha già cambiato la storia naturale del carcinoma mammario metastatico – sottolinea Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo (Società europea di oncologia medica), professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo Ieo di Milano -. Gli importanti risultati degli studi Destiny-Breast05 e Destiny-Breast11 evidenziano l’efficacia di questo anticorpo farmaco-coniugato anche nella malattia in stadio precoce. Infatti, l'obiettivo del trattamento nel tumore al seno in fase iniziale è offrire alle pazienti le migliori possibilità di guarigione, ottimizzando al contempo la tollerabilità delle cure. I risultati dello studio Destiny-Breast05 dimostrano un chiaro beneficio di trastuzumab deruxtecan rispetto all'attuale standard terapeutico nelle pazienti con tumore al seno in fase iniziale Her2+ ad alto rischio dopo l’intervento chirurgico, migliorando la possibilità di ottenere benefici a lungo termine. Dall’altro lato, i risultati dello studio Destiny-Breast11 dimostrano che il trattamento con trastuzumab deruxtecan seguito da Thp, prima dell'intervento chirurgico, non ha evidenziato alcuna traccia di malattia invasiva residua in due terzi delle pazienti. Si tratta del primo regime in oltre un decennio in grado di migliorare significativamente i risultati nel setting terapeutico precoce del tumore al seno Her2+".
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (antibody drug-conjugate, Adc) specifico per il recettore Her2. Realizzato con l’impiego della tecnologia DXd (deruxtecan) brevettata da Daiichi Sankyo, trastuzumab deruxtecan è l’Adc leader del portfolio oncologico di Daiichi Sankyo e il programma più avanzato nella piattaforma scientifica degli Adc di AstraZeneca. È costituito da un anticorpo monoclonale diretto contro Her2, coniugato a diverse molecole di un inibitore della topoisomerasi I (un derivato dell’exatecano, DXd), tramite un linker tetrapeptidico clivabile in maniera selettiva all’interno della cellula tumorale.
Leggi tutto: Cancro seno iniziale Her2+, con anticorpo farmaco-coniugato -53% recidiva

(Adnkronos) - Il microbiota intestinale è ormai un tema centrale per la medicina del futuro, grazie al suo ruolo sempre più riconosciuto anche nelle dinamiche dell’invecchiamento attivo e in salute. La seconda edizione di BIoMA, l’appuntamento annuale dedicato alla scienza del microbiota quest’anno tenutosi alla Camera, ha offerto un’occasione di scambio tra i maggiori esperti italiani che, su invito dell’immunologo Mauro Minelli tra i pionieri in Italia dello studio del microbiota, si sono confrontati su scienza, salute e innovazione, offrendo ad un’ampia platea intervenuta all’evento, una visione integrata del microbiota come regolatore di immunità, metabolismo e benessere.
Si è partiti da un assunto ormai consolidato: numerosi studi su popolazioni di centenari in tutto il mondo dimostrano che il denominatore comune dell’invecchiamento sano è un microbiota intestinale caratterizzato da una predominanza di batteri “amici” con proprietà antinfiammatorie. La disbiosi intestinale, ovvero la compromissione dell’equilibrio microbico, rappresenta un fattore di rischio scientificamente provato per patologie legate all’invecchiamento, incluse malattie neurodegenerative, patologie cardiovascolari e fragilità tipiche della terza età. A inaugurare i lavori è stato Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, che ha rinnovato l’impegno di completare il percorso della 'Legge per l’Equilibrio Biologico', con l’obiettivo di facilitare l’accesso alle cure per pazienti con disbiosi intestinale. “L’Italia deve avanzare, prima tra tutti i Paesi, per favorire una sanità sempre più basata sulla prevenzione - ha detto Mulè - Prendersi cura del microbiota intestinale significa non solo riconoscere dignità ai pazienti con turbe microbiche, ma anche ridurre l’incidenza delle malattie croniche degenerative che da quegli squilibri possono derivare, contenere i costi sanitari futuri e garantire una strategia lungimirante di salute pubblica”.
Le proposte principali sono: integrare la diagnostica del microbiota (test genetici e metabolomici) nel Ssn per pazienti con patologie specifiche (Ibd, diabete, obesità). Riconoscere le terapie scientificamente impostate per la disbiosi nei Lea, includendo la consulenza nutrizionale rimborsabile e creando un Registro Nazionale dei probiotici efficaci. Investire in formazione e ricerca sulla medicina del microbiota e sul legame intestino-cervello. A seguire, Mauro Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina Personalizzata, l’oncologo Paolo Marchetti, direttore scientifico dell’IDI e presidente della stessa Fondazione e Alessandro Sannino, direttore del Dipartimento di Medicina sperimentale di Unisalento, hanno introdotto i temi principali del seminario scientifico.
Silvia Turroni, professore associato di Chimica e Biotecnologia delle Fermentazioni presso l’Università di Bologna, ha evidenziato come il microbiota rappresenti una 'firma biologica' dello stato di salute: maggiore diversità microbica significa resilienza e benessere, mentre un impoverimento e, dunque, una ridotta biodiversità del microbiota è associata a malattie croniche. Mauro Minelli, docente di Nutrizione Umana e Nutraceutica presso Lum, ha illustrato l’uso dei probiotici nelle allergie IgE-mediate, mostrando come specifici ceppi possano modulare la risposta immunitaria e ridurre l’immunoflogosi allergica, aprendo la strada a terapie personalizzate. Giacomo Rossi, professore ordinario di Patologia Generale, Fisiopatologia e Immunopatologia Veterinaria all’Università di Camerino, ha presentato il concetto di One Health, evidenziando come lo scambio microbico tra uomo e animale possa rafforzare il microbiota umano e il sistema immunitario, favorendo salute e longevità. Aurelia Santoro, professore associato di Patologia Generale presso l’Università di Bologna, ha spiegato come dieta, attività fisica, sonno e gestione dello stress possano contrastare l’inflammaging. I nuovi “orologi infiammatori” permettono di stimare l’età biologica legata all’infiammazione, che può essere rallentata con stili di vita equilibrati.
Gabriella Marcon, docente di Neurologia all’Università di Trieste, ha mostrato che i centenari con microbiota stabile e diversificato presentano minore decadimento cognitivo e maggiore longevità cerebrale. Stefano Santori, formatore, coach e biohacker, ha concluso sottolineando che la longevità – e soprattutto la longevità in salute – è strettamente correlata alla qualità della vita: monitorare parametri vitali e modificare le abitudini quotidiane è essenziale per ottimizzare salute, metabolismo e funzioni cognitive. In conclusione, come ribadito da Paolo Marchetti e Alessandro Sannino, l'evento BIoMA 2025 ha rafforzato il messaggio che investire nella salute del microbiota significa puntare sul benessere collettivo fino all'età più avanzata.

(Adnkronos) - È partito il 3 ottobre dalla città di Brașov in Romania per concludersi l'11 dicembre in Russia il programma di formazione avanzato pensato da Sensor Medica per medici, fisioterapisti, osteopati e ricercatori desiderosi di approfondire le novità in ambito tecnologico, per la valutazione del movimento del corpo umano. L'azienda, fondata nel 2010 da Andrea Olivi e con sede a Guidonia, è specializzata nello sviluppo e produzione di dispositivi medici innovativi, con un focus particolare sulla tecnologia di sensori e sistemi di monitoraggio, che permettono allo specialista di analizzare a tutto tondo la postura del paziente. Sensor Medica, presente con sedi in Italia, Germania, Russia, Florida e Hong Kong, collabora con università e centri di ricerca per sviluppare soluzioni innovative che integrano competenze provenienti da informatica, elettronica e altri settori tecnologici.
Il tour internazionale, strutturato in sette tappe presso le sedi di centri partner, vede la partecipazione di esperti di fama mondiale che hanno dedicato la loro carriera allo studio della salute della colonna vertebrale e della postura: 20-24 ottobre 2025 - Cina, Changsha (Hunan), Foshan (Guangdong), Dongguan (Guangdong), Hangzhou (Zhejiang); 23-25 ottobre - Colonia - appuntamenti formativi in occasione della fiera internazionale Ost Messe; 31 ottobre - Francia; 14-15 novembre Italia, Catania; 22 Novembre - Italia, Roma; 8-11 dicembre- Russia, Mosca Protagonista delle sessioni formative sarà lo studio delle funzionalità di Spine 3D, prodotto di punta dell'azienda laziale. Spine 3d è un sistema di analisi posturale completamente non invasiva, progettato per valutare l'assetto posturale della colonna vertebrale, del tratto cervicale, e dell'inclinazione del bacino.
Spine3D utilizza un sistema di rilevamento ottico markerless, basato su tecnologia Lidar ToF (Time of Flight), che proietta impulsi luminosi e ne calcola il tempo di ritorno per ricostruire la superficie tridimensionale della schiena. L'acquisizione avviene in pochi istanti, senza radiazioni ionizzanti, ed è sicura e confortevole per il paziente. Il sistema non richiede marker fisici: attraverso l'uso di algoritmi di intelligenza artificiale, Spine3D analizza la topografia del dorso e riconosce automaticamente i punti di repere anatomici, garantendo precisione e ripetibilità nell'analisi posturale e nella ricostruzione tridimensionale della colonna vertebrale. Il sistema elabora un modello digitale 3D dettagliato, fornendo una misurazione precisa di parametri cruciali come la cifosi, la lordosi, la rotazione vertebrale e l'allineamento pelvico. La possibilità di ottenere risultati in tempo reale consente ai medici di fornire un referto immediato e di discutere direttamente con il paziente le strategie preventive o terapeutiche più adeguate. L'assenza di radiazioni rende la tecnologia ideale per screening ripetuti nel tempo, particolarmente preziosi per monitorare la crescita dei bambini e degli adolescenti o per seguire l'evoluzione di un percorso riabilitativo in atleti e pazienti.
Oltre allo Spine 3D, Sensor Medica annovera tra le sue soluzioni pedane e treadmill baropodometrici, solette sensorizzate, sensori inerziali e tecnologie avanzate per la progettazione e sviluppo di plantari. In occasione di alcuni appuntamenti formativi su mercati particolarmente interessati a conoscere le potenzialità di una nuova generazione di sistemi baropotometrici, come Francia, Russia e Cina, verranno illustrate le potenzialità della pedana Freemed Hdre del software di modellazione 3d per la produzione di plantari Easycad2: "Con Freemed Hdr abbiamo messo a punto un sistema in grado non solo di restituire la mappa pressoria del piede come siamo abituati a leggere, ma in grado di valutare il peso e quindi misurare l'effettiva pressione podalica del nostro soggetto. - afferma Andrea Olivi Ceo Sensor Medica - questo ci permette di unire le informazioni che misura una pedana di forza con quella che è la baropotometria. Un unico sensore estremamente lineare in grado di misurare con estrema precisione la pressione di ogni singolo punto di appoggio della mappa podalica".
La quotidiana interazione con gli utenti che si rivolgono ai centri Sensor Medica, più di 100 in Italia, ha permesso all'azienda di raggiungere la massima espressione per quanto riguarda il disegno Cad su portesi plantare:
"EasyCad2 è un prodotto molto giovane con altissime potenzialità. È un software estremamente innovativo, con un'interfaccia utente estremamente semplificata in grado di interfacciarsi non solo a sistemi Cad di ultima generazione ma anche a processi di stampa tridimensionale. Basandosi su misure precise del piede, come impronte o scansioni 3D, il software genera i file necessari per produrre la soletta, che possono essere utilizzati da macchine a controllo numerico computerizzato (CNC), stampanti 3D o altre tecnologie di produzione digitale. Automatizzando parte del processo di progettazione e produzione, si riducono i tempi e i costi associati alla produzione delle solette, migliorando al contempo la precisione del prodotto finale", conclude Olivi.

(Adnkronos) - Si chiamava Hekuran Cumani il 23enne italiano di origini albanesi, accoltellato a morte alle 4.30 di questa notte nel parcheggio dell'università di Matematica, a Perugia, dove era stata segnalata una lite tra più persone. Dai primi accertamenti e dalle parole dei testimoni, è emerso che a seguito di una rissa per futili motivi un ragazzo, al momento non ancora identificato, lo avrebbe accoltellato colpendolo al torace. Il 23enne è morto poco dopo.
Cumani era nato e viveva a Fabriano ed era andato a Perugia con gli amici, come già tante volte in precedenza, per passare la serata, chiusa a quanto pare al caffè che si affaccia sul parcheggio dell'ateneo, dove si è consumata la tragedia. Un bravo ragazzo con la passione per la palestra e i tatuaggi: un ragazzo "tranquillo e dal cuore d’oro, che non cercava casini", lo descrive il cugino a Umbria24.
Secondo quanto raccontato dal familiare, il 23enne passava spesso le serate a Perugia, di frequente in compagnia di amici. "Venivano a divertirsi, è sempre andato a Perugia ma non è mai successo niente, perché appunto non era uno che andava a cercare rogna". Al momento non aveva un’occupazione stabile, ma d'estate lavorava per la stagione turistica a Senigallia in un ristorante di famiglia.
Leggi tutto: Hekuran Cumani, chi era il 23enne accoltellato a morte a Perugia

(Adnkronos) - “A Trento siamo riusciti a costruire un'alleanza vera tra il privato sociale e le istituzioni, partendo dalla necessità e l'urgenza di dare una risposta al bisogno di chi vive una malattia neuromuscolare”. Con queste parole Alberto Fontana, segretario nazionale dei centri clinici NeMo ha raccontato come la comunicazione scientifica e la collaborazione pubblico-privato siano riuscite a trasformare innovazione e conoscenza in un linguaggio condiviso della cura. Intervenendo al seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con Arisla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla), Fontana ha spiegato come il dialogo tra scienza e comunità si è concretizzato nell'esperienza dei centri clinici NeMo.
“In questi 5 anni di collaborazione con la Provincia di Trento – ha aggiunto il segretario nazionale dei centri clinici NeMo – il centro clinico NeMo dell'ospedale Villa Rosa di Pergine Valsugana ha accolto migliaia di persone, alle quali abbiamo raccontato come si sarebbe evoluta la malattia ma anche il messaggio più importante, e cioè che non li avremmo lasciati soli, ma accompagnati e supportati”.
“Abbiamo insegnato a tutti che la malattia – ha concluso Fontana – non va considerata come la parte centrale della propria esistenza ma come un momento di attraversamento, una fase che fa parte della vita”.
Leggi tutto: Malattie rare, Fontana (NeMo): "Alleanza pubblico-privato è stata efficace"

(Adnkronos) - “La comunicazione corretta è ancora più importante nelle malattie rare, dove la ricerca ha ancora tanto da fare e nelle quali la sensibilizzazione sul territorio, ma anche la consapevolezza dell'ambiente intorno a pazienti e familiari è fondamentale”. Così Francesca Demichelis, prorettrice vicaria dell'Università di Trento, ha spiegato le potenzialità dell’alleanza tra Fondazione Arisla, Università di Trento e Aisla come modello di responsabilità condivisa e innovazione etica durante il seminario “Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme”, in corso all'Itas Forum di Trento.
“L'università deve promuovere il dialogo, analitico e partecipato, ma il ruolo degli accademici è portare oltre alla conoscenza anche linguaggi adatti e ricordarsi della centralità dell'etica, che è fondamentale anche nella comunicazione, perché solo così è possibile sentirsi accolti a andare avanti", ha concluso l'accademica.
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