
(Adnkronos) - Il cancro al seno è il secondo tumore più comune e una delle principali cause di morte per neoplasia in tutto il mondo. Nel 2022 sono stati diagnosticati più di due milioni di casi di tumore al seno, con oltre 665.000 decessi a livello globale. In Italia nel 2024 sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella (nel 2014 erano stati 48.000). Nei carcinomi mammari in fase iniziale che esprimono la proteina Her2+, è possibile ridurre il rischio di recidiva di malattia invasiva o di morte del 53% grazie ad un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato, trastuzumab deruxtecan, rispetto a T-DM1 come trattamento post-neoadiuvante. E' quanto emerge dai risultati positivi dello studio di Fase 3 Destiny-Breast05 presentati oggi al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) a Berlino e contemporaneamente pubblicati su Annals of Oncology.
Le evidenze dello studio di Fase 3 Destiny-Breast05 - secondo gli esperti - hanno mostrato un miglioramento altamente significativo da un punto di vista statistico e clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da malattia invasiva (Idfs) con trastuzumab deruxtecan nei pazienti ad alto rischio di recidiva. Lo studio ha paragonato trastuzumab deruxtecan con trastuzumab emtansine (T-DM1) come trattamento post-neoadiuvante (dopo la chirurgia) nei pazienti con tumore del seno precoce Her2+ con malattia invasiva residua nella mammella e/o nei linfonodi ascellari dopo il trattamento neoadiuvante. Inoltre, a tre anni il 92,4% dei pazienti nel braccio trastuzumab deruxtecan era in vita e libero da malattia invasiva, rispetto all’83,7% di quelli nel braccio T-DM1. In aggiunta, trastuzumab deruxtecan - si legge nello studio - ha abbassato il rischio di recidiva a distanza (intervallo libero da recidiva) del 51% e il rischio di metastasi cerebrali del 36% rispetto a T-DM1. La sopravvivenza globale (overall survival, Os) non era matura al momento dell’analisi ad interim pianificata (maturità 2,9% al cut-off dei dati) e verrà valutata nelle analisi future.
"Nel 2024, in Italia, sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella, il più frequente in tutta la popolazione – afferma Giampaolo Bianchini, professore associato e responsabile del Gruppo mammella dell’Irccs Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. Per le pazienti con malattia residua dopo il trattamento neoadiuvante, il setting post neoadiuvante rappresenta una seconda opportunità cruciale di ridurre il rischio di recidiva. Nello studio Destiny-Breast05 trastuzumab deruxtecan ha ridotto il rischio di recidiva e di morte del 53% rispetto all’attuale standard con T-DM1. Questi risultati, insieme ai dati sulla sicurezza emersi dallo studio, hanno il potenziale per trasformare la pratica clinica nel setting post-neoadiuvante per le pazienti con malattia ad alto rischio, con la possibilità che trastuzumab deruxtecan stabilisca un nuovo standard di cura".
Destiny-Breast05 è stato condotto in collaborazione con NSABP (National Surgical Adjuvant Breast and Bowel Project), German Breast Group (GBG), Arbeitsgemeinschaft Gynäkologische Onkologie (AGO-B) e Solti Breast Cancer Research Group. All'Esmo sono stati presentati anche i risultati positivi dello studio di Fase 3 Destiny-Breast11 che mostrano che trastuzumab deruxtecan seguito da paclitaxel, trastuzumab e pertuzumab (THP) nel setting neoadiuvante (prima della chirurgia) ha prodotto un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante del tasso di risposta patologica completa (pathologic complete response, pCR). Lo studio ha paragonato trastuzumab deruxtecan seguito da THP con doxorubicina e ciclofosfamide dose-dense seguito da THP (ddAC-THP) nei pazienti con tumore al seno in fase iniziale localmente avanzato Her2+ ad alto rischio. La risposta patologica completa è definita come nessuna evidenza di cellule tumorali invasive nel tessuto mammario asportato con l’intervento chirurgico e nei linfonodi dopo il trattamento neoadiuvante.
"Per le pazienti con tumore al seno precoce ad alto rischio di recidiva di malattia, utilizzare l’opzione terapeutica più efficace prima possibile è fondamentale per prevenire la recidiva, ottimizzare la sicurezza e migliorare il potenziale di cura – spiega Alessandra Fabi, responsabile Medicina di Precisione in Senologia, Fondazione Policlinico Universitario A.Gemelli Irccs di Roma -. Sebbene il raggiungimento di una risposta patologica completa nel tumore al seno Her2+ in stadio precoce sia fondamentale per ridurre la recidiva della malattia e migliorare la prognosi a lungo termine, circa la metà delle pazienti continua a mostrare segni di malattia residua dopo l'intervento chirurgico con le opzioni terapeutiche neoadiuvanti attualmente disponibili. Nello studio Destiny-Breast11, più dei due terzi delle pazienti hanno mostrato una risposta patologica completa con trastuzumab deruxtecan seguito da THP, indicando un potenziale nuovo standard di cura nel setting neoadiuvante per le pazienti con tumore al seno precoce Her2+ ad alto rischio”.
"Trastuzumab deruxtecan ha già cambiato la storia naturale del carcinoma mammario metastatico – sottolinea Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo (Società europea di oncologia medica), professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo Ieo di Milano -. Gli importanti risultati degli studi Destiny-Breast05 e Destiny-Breast11 evidenziano l’efficacia di questo anticorpo farmaco-coniugato anche nella malattia in stadio precoce. Infatti, l'obiettivo del trattamento nel tumore al seno in fase iniziale è offrire alle pazienti le migliori possibilità di guarigione, ottimizzando al contempo la tollerabilità delle cure. I risultati dello studio Destiny-Breast05 dimostrano un chiaro beneficio di trastuzumab deruxtecan rispetto all'attuale standard terapeutico nelle pazienti con tumore al seno in fase iniziale Her2+ ad alto rischio dopo l’intervento chirurgico, migliorando la possibilità di ottenere benefici a lungo termine. Dall’altro lato, i risultati dello studio Destiny-Breast11 dimostrano che il trattamento con trastuzumab deruxtecan seguito da Thp, prima dell'intervento chirurgico, non ha evidenziato alcuna traccia di malattia invasiva residua in due terzi delle pazienti. Si tratta del primo regime in oltre un decennio in grado di migliorare significativamente i risultati nel setting terapeutico precoce del tumore al seno Her2+".
Trastuzumab deruxtecan è un anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (antibody drug-conjugate, Adc) specifico per il recettore Her2. Realizzato con l’impiego della tecnologia DXd (deruxtecan) brevettata da Daiichi Sankyo, trastuzumab deruxtecan è l’Adc leader del portfolio oncologico di Daiichi Sankyo e il programma più avanzato nella piattaforma scientifica degli Adc di AstraZeneca. È costituito da un anticorpo monoclonale diretto contro Her2, coniugato a diverse molecole di un inibitore della topoisomerasi I (un derivato dell’exatecano, DXd), tramite un linker tetrapeptidico clivabile in maniera selettiva all’interno della cellula tumorale.
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(Adnkronos) - Il microbiota intestinale è ormai un tema centrale per la medicina del futuro, grazie al suo ruolo sempre più riconosciuto anche nelle dinamiche dell’invecchiamento attivo e in salute. La seconda edizione di BIoMA, l’appuntamento annuale dedicato alla scienza del microbiota quest’anno tenutosi alla Camera, ha offerto un’occasione di scambio tra i maggiori esperti italiani che, su invito dell’immunologo Mauro Minelli tra i pionieri in Italia dello studio del microbiota, si sono confrontati su scienza, salute e innovazione, offrendo ad un’ampia platea intervenuta all’evento, una visione integrata del microbiota come regolatore di immunità, metabolismo e benessere.
Si è partiti da un assunto ormai consolidato: numerosi studi su popolazioni di centenari in tutto il mondo dimostrano che il denominatore comune dell’invecchiamento sano è un microbiota intestinale caratterizzato da una predominanza di batteri “amici” con proprietà antinfiammatorie. La disbiosi intestinale, ovvero la compromissione dell’equilibrio microbico, rappresenta un fattore di rischio scientificamente provato per patologie legate all’invecchiamento, incluse malattie neurodegenerative, patologie cardiovascolari e fragilità tipiche della terza età. A inaugurare i lavori è stato Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera, che ha rinnovato l’impegno di completare il percorso della 'Legge per l’Equilibrio Biologico', con l’obiettivo di facilitare l’accesso alle cure per pazienti con disbiosi intestinale. “L’Italia deve avanzare, prima tra tutti i Paesi, per favorire una sanità sempre più basata sulla prevenzione - ha detto Mulè - Prendersi cura del microbiota intestinale significa non solo riconoscere dignità ai pazienti con turbe microbiche, ma anche ridurre l’incidenza delle malattie croniche degenerative che da quegli squilibri possono derivare, contenere i costi sanitari futuri e garantire una strategia lungimirante di salute pubblica”.
Le proposte principali sono: integrare la diagnostica del microbiota (test genetici e metabolomici) nel Ssn per pazienti con patologie specifiche (Ibd, diabete, obesità). Riconoscere le terapie scientificamente impostate per la disbiosi nei Lea, includendo la consulenza nutrizionale rimborsabile e creando un Registro Nazionale dei probiotici efficaci. Investire in formazione e ricerca sulla medicina del microbiota e sul legame intestino-cervello. A seguire, Mauro Minelli, coordinatore per il Sud Italia della Fondazione per la Medicina Personalizzata, l’oncologo Paolo Marchetti, direttore scientifico dell’IDI e presidente della stessa Fondazione e Alessandro Sannino, direttore del Dipartimento di Medicina sperimentale di Unisalento, hanno introdotto i temi principali del seminario scientifico.
Silvia Turroni, professore associato di Chimica e Biotecnologia delle Fermentazioni presso l’Università di Bologna, ha evidenziato come il microbiota rappresenti una 'firma biologica' dello stato di salute: maggiore diversità microbica significa resilienza e benessere, mentre un impoverimento e, dunque, una ridotta biodiversità del microbiota è associata a malattie croniche. Mauro Minelli, docente di Nutrizione Umana e Nutraceutica presso Lum, ha illustrato l’uso dei probiotici nelle allergie IgE-mediate, mostrando come specifici ceppi possano modulare la risposta immunitaria e ridurre l’immunoflogosi allergica, aprendo la strada a terapie personalizzate. Giacomo Rossi, professore ordinario di Patologia Generale, Fisiopatologia e Immunopatologia Veterinaria all’Università di Camerino, ha presentato il concetto di One Health, evidenziando come lo scambio microbico tra uomo e animale possa rafforzare il microbiota umano e il sistema immunitario, favorendo salute e longevità. Aurelia Santoro, professore associato di Patologia Generale presso l’Università di Bologna, ha spiegato come dieta, attività fisica, sonno e gestione dello stress possano contrastare l’inflammaging. I nuovi “orologi infiammatori” permettono di stimare l’età biologica legata all’infiammazione, che può essere rallentata con stili di vita equilibrati.
Gabriella Marcon, docente di Neurologia all’Università di Trieste, ha mostrato che i centenari con microbiota stabile e diversificato presentano minore decadimento cognitivo e maggiore longevità cerebrale. Stefano Santori, formatore, coach e biohacker, ha concluso sottolineando che la longevità – e soprattutto la longevità in salute – è strettamente correlata alla qualità della vita: monitorare parametri vitali e modificare le abitudini quotidiane è essenziale per ottimizzare salute, metabolismo e funzioni cognitive. In conclusione, come ribadito da Paolo Marchetti e Alessandro Sannino, l'evento BIoMA 2025 ha rafforzato il messaggio che investire nella salute del microbiota significa puntare sul benessere collettivo fino all'età più avanzata.

(Adnkronos) - È partito il 3 ottobre dalla città di Brașov in Romania per concludersi l'11 dicembre in Russia il programma di formazione avanzato pensato da Sensor Medica per medici, fisioterapisti, osteopati e ricercatori desiderosi di approfondire le novità in ambito tecnologico, per la valutazione del movimento del corpo umano. L'azienda, fondata nel 2010 da Andrea Olivi e con sede a Guidonia, è specializzata nello sviluppo e produzione di dispositivi medici innovativi, con un focus particolare sulla tecnologia di sensori e sistemi di monitoraggio, che permettono allo specialista di analizzare a tutto tondo la postura del paziente. Sensor Medica, presente con sedi in Italia, Germania, Russia, Florida e Hong Kong, collabora con università e centri di ricerca per sviluppare soluzioni innovative che integrano competenze provenienti da informatica, elettronica e altri settori tecnologici.
Il tour internazionale, strutturato in sette tappe presso le sedi di centri partner, vede la partecipazione di esperti di fama mondiale che hanno dedicato la loro carriera allo studio della salute della colonna vertebrale e della postura: 20-24 ottobre 2025 - Cina, Changsha (Hunan), Foshan (Guangdong), Dongguan (Guangdong), Hangzhou (Zhejiang); 23-25 ottobre - Colonia - appuntamenti formativi in occasione della fiera internazionale Ost Messe; 31 ottobre - Francia; 14-15 novembre Italia, Catania; 22 Novembre - Italia, Roma; 8-11 dicembre- Russia, Mosca Protagonista delle sessioni formative sarà lo studio delle funzionalità di Spine 3D, prodotto di punta dell'azienda laziale. Spine 3d è un sistema di analisi posturale completamente non invasiva, progettato per valutare l'assetto posturale della colonna vertebrale, del tratto cervicale, e dell'inclinazione del bacino.
Spine3D utilizza un sistema di rilevamento ottico markerless, basato su tecnologia Lidar ToF (Time of Flight), che proietta impulsi luminosi e ne calcola il tempo di ritorno per ricostruire la superficie tridimensionale della schiena. L'acquisizione avviene in pochi istanti, senza radiazioni ionizzanti, ed è sicura e confortevole per il paziente. Il sistema non richiede marker fisici: attraverso l'uso di algoritmi di intelligenza artificiale, Spine3D analizza la topografia del dorso e riconosce automaticamente i punti di repere anatomici, garantendo precisione e ripetibilità nell'analisi posturale e nella ricostruzione tridimensionale della colonna vertebrale. Il sistema elabora un modello digitale 3D dettagliato, fornendo una misurazione precisa di parametri cruciali come la cifosi, la lordosi, la rotazione vertebrale e l'allineamento pelvico. La possibilità di ottenere risultati in tempo reale consente ai medici di fornire un referto immediato e di discutere direttamente con il paziente le strategie preventive o terapeutiche più adeguate. L'assenza di radiazioni rende la tecnologia ideale per screening ripetuti nel tempo, particolarmente preziosi per monitorare la crescita dei bambini e degli adolescenti o per seguire l'evoluzione di un percorso riabilitativo in atleti e pazienti.
Oltre allo Spine 3D, Sensor Medica annovera tra le sue soluzioni pedane e treadmill baropodometrici, solette sensorizzate, sensori inerziali e tecnologie avanzate per la progettazione e sviluppo di plantari. In occasione di alcuni appuntamenti formativi su mercati particolarmente interessati a conoscere le potenzialità di una nuova generazione di sistemi baropotometrici, come Francia, Russia e Cina, verranno illustrate le potenzialità della pedana Freemed Hdre del software di modellazione 3d per la produzione di plantari Easycad2: "Con Freemed Hdr abbiamo messo a punto un sistema in grado non solo di restituire la mappa pressoria del piede come siamo abituati a leggere, ma in grado di valutare il peso e quindi misurare l'effettiva pressione podalica del nostro soggetto. - afferma Andrea Olivi Ceo Sensor Medica - questo ci permette di unire le informazioni che misura una pedana di forza con quella che è la baropotometria. Un unico sensore estremamente lineare in grado di misurare con estrema precisione la pressione di ogni singolo punto di appoggio della mappa podalica".
La quotidiana interazione con gli utenti che si rivolgono ai centri Sensor Medica, più di 100 in Italia, ha permesso all'azienda di raggiungere la massima espressione per quanto riguarda il disegno Cad su portesi plantare:
"EasyCad2 è un prodotto molto giovane con altissime potenzialità. È un software estremamente innovativo, con un'interfaccia utente estremamente semplificata in grado di interfacciarsi non solo a sistemi Cad di ultima generazione ma anche a processi di stampa tridimensionale. Basandosi su misure precise del piede, come impronte o scansioni 3D, il software genera i file necessari per produrre la soletta, che possono essere utilizzati da macchine a controllo numerico computerizzato (CNC), stampanti 3D o altre tecnologie di produzione digitale. Automatizzando parte del processo di progettazione e produzione, si riducono i tempi e i costi associati alla produzione delle solette, migliorando al contempo la precisione del prodotto finale", conclude Olivi.

(Adnkronos) - Si chiamava Hekuran Cumani il 23enne italiano di origini albanesi, accoltellato a morte alle 4.30 di questa notte nel parcheggio dell'università di Matematica, a Perugia, dove era stata segnalata una lite tra più persone. Dai primi accertamenti e dalle parole dei testimoni, è emerso che a seguito di una rissa per futili motivi un ragazzo, al momento non ancora identificato, lo avrebbe accoltellato colpendolo al torace. Il 23enne è morto poco dopo.
Cumani era nato e viveva a Fabriano ed era andato a Perugia con gli amici, come già tante volte in precedenza, per passare la serata, chiusa a quanto pare al caffè che si affaccia sul parcheggio dell'ateneo, dove si è consumata la tragedia. Un bravo ragazzo con la passione per la palestra e i tatuaggi: un ragazzo "tranquillo e dal cuore d’oro, che non cercava casini", lo descrive il cugino a Umbria24.
Secondo quanto raccontato dal familiare, il 23enne passava spesso le serate a Perugia, di frequente in compagnia di amici. "Venivano a divertirsi, è sempre andato a Perugia ma non è mai successo niente, perché appunto non era uno che andava a cercare rogna". Al momento non aveva un’occupazione stabile, ma d'estate lavorava per la stagione turistica a Senigallia in un ristorante di famiglia.
Leggi tutto: Hekuran Cumani, chi era il 23enne accoltellato a morte a Perugia

(Adnkronos) - “A Trento siamo riusciti a costruire un'alleanza vera tra il privato sociale e le istituzioni, partendo dalla necessità e l'urgenza di dare una risposta al bisogno di chi vive una malattia neuromuscolare”. Con queste parole Alberto Fontana, segretario nazionale dei centri clinici NeMo ha raccontato come la comunicazione scientifica e la collaborazione pubblico-privato siano riuscite a trasformare innovazione e conoscenza in un linguaggio condiviso della cura. Intervenendo al seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con Arisla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla), Fontana ha spiegato come il dialogo tra scienza e comunità si è concretizzato nell'esperienza dei centri clinici NeMo.
“In questi 5 anni di collaborazione con la Provincia di Trento – ha aggiunto il segretario nazionale dei centri clinici NeMo – il centro clinico NeMo dell'ospedale Villa Rosa di Pergine Valsugana ha accolto migliaia di persone, alle quali abbiamo raccontato come si sarebbe evoluta la malattia ma anche il messaggio più importante, e cioè che non li avremmo lasciati soli, ma accompagnati e supportati”.
“Abbiamo insegnato a tutti che la malattia – ha concluso Fontana – non va considerata come la parte centrale della propria esistenza ma come un momento di attraversamento, una fase che fa parte della vita”.
Leggi tutto: Malattie rare, Fontana (NeMo): "Alleanza pubblico-privato è stata efficace"

(Adnkronos) - “La comunicazione corretta è ancora più importante nelle malattie rare, dove la ricerca ha ancora tanto da fare e nelle quali la sensibilizzazione sul territorio, ma anche la consapevolezza dell'ambiente intorno a pazienti e familiari è fondamentale”. Così Francesca Demichelis, prorettrice vicaria dell'Università di Trento, ha spiegato le potenzialità dell’alleanza tra Fondazione Arisla, Università di Trento e Aisla come modello di responsabilità condivisa e innovazione etica durante il seminario “Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme”, in corso all'Itas Forum di Trento.
“L'università deve promuovere il dialogo, analitico e partecipato, ma il ruolo degli accademici è portare oltre alla conoscenza anche linguaggi adatti e ricordarsi della centralità dell'etica, che è fondamentale anche nella comunicazione, perché solo così è possibile sentirsi accolti a andare avanti", ha concluso l'accademica.


(Adnkronos) - “La provincia di Trento vuole continuare il rapporto di collaborazione con il centro clinico NeMo attivo nell'ospedale riabilitativo 'Villa Rosa' di Pergine Valsugana”. Lo ha detto oggi Maurizio Fugatti, presidente della provincia di Trento, in occasione del seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con AriSla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
“E' chiaro che quando si rinnova un accordo bisogna fare tutte le valutazioni tecniche e amministrative – ha specificato Fugatti – doverose da parte di chi gestisce soldi pubblici, ma il valore aggiunto che il Centro NeMo ha dato e darà ci ha convinto della necessità di continuare questo rapporto”.
Il Centro Clinico NeMo Trento, operativo da marzo 2021 presso l’Ospedale riabilitativo 'Villa Rosa' di Pergine Valsugana, è uno dei pochi esempi in Italia di cogestione pubblico-privato nel campo della diagnosi, cura e ricerca sulle malattie neuromuscolari, grazie alla collaborazione tra Apss (Azienda sanitaria della Provincia di Trento) e Fondazione Serena Onlus. La scadenza dell'accordo di sperimentazione gestionale, della durata di cinque anni, è fissata a febbraio 2026. In pochi anni NeMo Trento ha raggiunto un riconosciuto livello di eccellenza ed è stato incluso nella rete internazionale dedicata alla ricerca e alla lotta contro la Sla.
Leggi tutto: Malattie rare, Fugatti (Provincia Trento): "Accordo per centro NeMo continua"

(Adnkronos) - "Siamo ormai entrati nel contesto di una rivoluzione che non è eccessivo definire epocale: è una rivoluzione che cambia pervasivamente i modi di produrre e la società stessa, nonché il modo di misurarla, in questo contesto. Nel mio libro 'Creatività o sottomissione? Il lavoro incontra la AI', consideriamo, ad esempio, la difficoltà di misurare la produttività grazie ai cambiamenti indotti dall'intelligenza artificiale. Di questa, a me piace una definizione, quella per cui se fino a ieri attraverso Google, avevamo a disposizione dei bibliotecari, che in tempo reale davano alcuni estratti da alcune fonti funzionali a un determinato contenuto, adesso disponiamo, a fianco di questi bibliotecari, un centro studi con tantissime persone, che in tempo reale elaborano quei contenuti”. Lo ha affermato da Maurizio Sacconi, ex ministro del lavoro e delle politiche sociali e presidente dell’Associazione Amici di Marco Biagi, durante il panel ‘Creatività o sottomissione? Il lavoro incontra la AI’, nell’ambito della nuova edizione di StatisticAll, il festival della statistica e della demografia che si sta svolgendo a Treviso.
“I problemi che si pongono da questo punto di vista sono infiniti, dal punto di vista dell'offerta di applicazioni dell'intelligenza artificiale. Io ne segnalo soprattutto uno, che è il problema prevalente: la trasparenza ai fini dell'affidabilità dei contenuti - spiega - Ci si affanna a voler regolare l’Ai, soprattutto in Europa, mentre, invece, nelle due grandi aree economiche del mondo, Stati Uniti e Cina, prevale la scelta di non frenare questo fenomeno attraverso la regolazione”.
“La Cina, per definizione è sregolata. Mi fanno sorridere gli scienziati che nei giorni scorsi hanno invocato una sorta di regolazione globale perché si dica almeno ciò che non può fare l'intelligenza artificiale e mi fa sorridere perché siamo reduci da una pandemia nella quale l'Organizzazione Mondiale della Sanità, appartenente al sistema Nazioni Unite, non ha potuto affatto entrare in Cina per cercare di comprendere le origini di quella pandemia - sottolinea Sacconi - quindi non ci sono le condizioni, a mio avviso, per una regolazione globale. Trump ha ritirato l'atto di Biden, che l'Europa addirittura considerava troppo morbido. L'Europa ha definito una disciplina molto incerta che determinerà molti problemi per le nostre imprese e per la loro competitività nel rapporto con quelle grandi aree”.
“Il tema che ci interessa affrontare nel mio libro, però, non è tanto quello dell'offerta di questi servizi, per i quali mi preoccupano soprattutto i profili di trasparenza, in modo da innescare anche competizione fra le officine di intelligenza che si propongono al mercato, ma mi preoccupa soprattutto considerare il problema dal lato della domanda, cioè dal lato dei fruitori dell'intelligenza artificiale - continua - in modo particolare di coloro che la usano per la loro prestazione lavorativa, dipendente o indipendente che sia. E in questo caso, il libro considera questa drastica alternativa, quella tra la creatività, che è la potenzialità che l'intelligenza artificiale offre, una stagione di straordinaria creatività e la sottomissione, che è peggio della sostituzione dei lavori”.
"Io e un collega accademico di pedagogia del lavoro abbiamo scritto un libro proprio sul lavoro e non abbiamo voluto nemmeno considerare il tema della sostituzione. La sostituzione c’è, come in tutte le trasformazioni, anche in quelle meno straordinarie come questa. Il problema è accompagnare il cambiamento e il fatto che muoiano dei lavori e ne sorgano altri - dichiara Sacconi - ma l'alternativa più drammatica è quella fra la possibilità di una bellissima stagione della creatività e l'altrettanto presente possibilità di un auto-annichilimento dell'uomo nel rapporto con le macchine intelligenti. La creatività si contrappone alla seconda rivoluzione industriale: l'ingegner Taylor, che ne fu il protagonista nel 1912 inventando le produzioni in serie, le catene di montaggio, assimilava le persone che realizzavano queste prestazioni, obbedendo a ordini gerarchicamente impartiti e le ripetevano continuamente, le assimilava a buoi, in quanto la postura, il modo di lavorare era quello dei buoi”.
“Siamo fuori, per fortuna, da quella seconda rivoluzione industriale, l'abbiamo praticamente definitivamente abbandonata anche se paradossalmente sopravvive qualche volta nei servizi. Vediamo, infatti, dei servizi ancora organizzati secondo il modello fordista, secondo il modello dell'ingegner Taylor delle produzioni in serie, ma in questa nuova dimensione l'uomo può assumere molta libertà nel lavoro”, conclude.
Leggi tutto: Ia, Sacconi: "Aiuta su contenuti ma resta problema trasparenza e affidabilità"

(Adnkronos) - "Io ho cominciato a occuparmi dell’impatto dell’intelligenza artificiale sulle nostre imprese, dal punto di vista lavorativo e organizzativo nel 1962, parliamo di 60 anni fa ed era un altro millennio, un altro mondo: era il periodo del boom e credevamo tutti, non solo chi era operativo, ma anche gli intellettuali, che il progresso sarebbe continuato senza fine, in modo lineare. Questa era un’idea che ci siamo tirati dietro per molto tempo, anche in questi ultimi periodi in cui, invece, la crescita è diventata stagnante. Il cambiamento c'è sempre stato, ma è così veloce che adesso facciamo fatica a starci dietro, lo dicevamo già nel 1990. Adesso, vedo, invece, che è veramente diverso”. Così, Tiziano Treu, professore emerito di diritto del lavoro all’Università Cattolica di Milano, già ministro del lavoro e della previdenza sociale e presidente del Cnel, intervenendo al panel 'Il lavoro che cambia: tra diritti, welfare e nuove generazioni', nell’ambito della nuova edizione di StatisticAll2025, il festival della statistica e della demografia che si sta svolgendo a Treviso.
“Do' un esempio che c'entra coi dati riferiti alla voce e alle persone: quando studiavo questi temi all'inizio - ricorda - si facevano previsioni sulle tendenze dell'occupazione prima a dieci, poi a cinque anni. Adesso, pensare di poter fare previsioni affidabili sulla qualità del lavoro, sulla tipologia e sulla quantità delle professioni, è assolutamente impossibile".
"Chi lo fa racconta storie - spiega Treu - Posso citare decine di ricerche internazionali, dall'Organizzazione internazionale del lavoro alla Commissione europea e sono in profondo disaccordo o di incertezza su questo perché la novità di questa tecnologia rispetto alle altre è che sappiamo che funziona in modo vertiginoso, ma non sappiamo come funziona ed è in grado di evolversi anche in modo autonomo, relativamente. Per la prima volta, siamo davanti a una tecnologia, a un fattore di progresso o anche di guai, che non comprendiamo e non riusciamo a controllare. Pertanto, siamo davanti a grandi opportunità, ma anche grandi incertezze".
"Mi ha colpito questo aspetto: mentre si chiedono previsioni future su quanto lavoro ci sarà ci sono divisioni tra ottimisti e pessimisti, chi dice che non ci sarà più lavoro e chi dice che non è vero, che si creerà nuovo lavoro, eccetera - sottolinea - Invece, è più sicura la previsione sulla qualità: si dice che cambierà profondamente la qualità del lavoro, che non è una grande sicurezza perché non sappiamo come, però sappiamo che occorrerà cambiare le nostre attitudini e le nostre capacità. La sfida è questa. Io però sono abbastanza ottimista: le ultime notizie riguardo questa incertezza dicono che non ci sono prove, a parte l'estrapolazione dei numeri, ma guardando indietro agli ultimi dieci anni in cui c'era già il digitale, la prima intelligenza artificiale, che siano stati più distrutti più lavori in misura maggiore di quelli distrutti rispetto a quelli creati dall’ai”.
"Abbiamo una ricerca fatta con la Cattolica e con l’Arel - Agenzia di Ricerche e Legislazione di Roma che, insieme a molte grandi aziende italiane, che riproduce un’indagine fatta dall'Ocse e tutte queste aziende, dicono che sono già sette, otto o dieci anni che utilizzano queste tecnologie e non vedono preoccupazioni perché non c'è più lavoro - continua l'ex ministro - ma vedono, però, che il lavoro è completamente diverso e sanno che devono investire di più nel prepararsi, bisogna investire di più nella ricerca".
"Purtroppo, uno dei problemi dell'Italia è che da anni investiamo nella ricerca molto meno rispetto ad altri Paesi, ma - osserva - la ricerca è fondamentale anche per cercare di capire e per trasferire queste conoscenze sia alle imprese e alle nuove generazioni. Quindi, credo che bisogna concentrarsi su questo". "Adesso l'Europa chiede l'analisi del rischio rispetto all'uso delle tecnologie. Ad esempio, in materia di sicurezza abbiamo un'altra indagine, che illustra come con l'intelligenza artificiale si possano fare delle cose magnifiche nel prevenire i rischi: immaginatevi una grande apparecchiatura industriale con l'intelligenza artificiale si possono fare delle diagnosi del funzionamento in profondità di queste o dei meccanismi o dei gruppi di persone e vedere in tempo reale se ci sono sfasature e lì c'è una grande opportunità" conclude Treu.
Leggi tutto: Lavoro, Treu: "Cambiamento c’è sempre stato ma non riusciamo a controllare IA"

(Adnkronos) - "Sto bene, mentalmente sono sempre stata bene, la mia gamba no. Ha bisogno di guarire e lavorare tanto, non ho mai perso la mia positività e la voglia di lavorare. Ho avuto periodi più facili, altri meno". Federica Brignone ha parlato così nel media day organizzato al Mind di Milano dalla Federazione Italiana Sport Invernali, in cui è stata premiata dalla Fisi come atleta dell’anno per l’ultima stagione.
“Fiducia per le Olimpiadi? Non lo so, sto vivendo nel qui e ora - ha detto Brignone - e non ho una risposta. È chiaro che sono fiduciosa, altrimenti non lavorerei come sto facendo adesso. Non sono queste Olimpiadi che mi cambiano la vita o la carriera, quello che ho fatto l'ho fatto. Anzi, ho fatto più di quello che avrei potuto sognare. Le Olimpiadi in casa mi piacerebbe farle, altrimenti avrei già smesso, questa positività mi servirà anche per tornare a una vita normale. Dopo l'infortunio non era scontato stare bene, ma non credo che riuscirò a tornare come prima”.
Due parole anche sul percorso di riabilitazione: "Come dico sempre non ho date precise, è molto complicato riuscire a darle. Lavoro settimana per settimana e miglioro tanto. Il mio programma? Dopodomani torno al J-Medical, questo è il mio programma. Mi sembra lontanissimo quanto accaduto, ma vedere queste immagini mi fa venire ancora più voglia".
Sul palco del Big Theatre del Mind, Brignone aveva commentato l'affetto ricevuto negli ultimi mesi: "Sono sorpresa dell’affetto ricevuto in generale, la cosa che mi ha fatto più piacere è come la mia famiglia e i miei amici si sono dedicati a me in un momento di bisogno. Tanti miei compagni mi hanno chiesto come sto. Quest’anno non ho la pressione di andare in gara tra una settimana, ma mi ha fatto piacere rivedere tutti".
Leggi tutto: Brignone: "Milano Cortina? Mi piacerebbe esserci, altrimenti avrei già smesso"

(Adnkronos) - Molti sono scettici sulla possibilità di un faccia a faccia tra Donald Trump e Kim Jong-un in occasione dell'attesa visita in Asia del presidente degli Stati Uniti, ma funzionari dell'Amministrazione Trump hanno parlato, in privato, dell'organizzazione di un possibile incontro. E' quanto rivela la Cnn. Non è stata ancora avviata la pianificazione logistica necessaria per un appuntamento del genere, dicono le fonti della rete americana che evidenziano le differenze con il primo mandato di Trump alla Casa Bianca.
Fu quello dei tre incontri fra il tycoon e il leader nordcoreano, a cominciare dal faccia a faccia a Singapore del 2018, passando per i colloqui di Hanoi dell'anno successivo, fino alla stretta di mano a Panmunjom, sempre nel 2019.
Tornato alla Casa Bianca Trump ha espresso sia in pubblico che in privato la volontà di incontrare Kim e i funzionari, riporta la rete americana, lasciano aperta la porta a un possibile incontro durante il viaggio del tycoon in Asia (a fine mese la Corea del Sud ospita il summit Apec). E, stando alle dichiarazioni riportate dai media di Pyongyang, anche Kim si è detto pronto a un incontro con Trump durante un discorso pronunciato il mese scorso di fronte al Parlamento nordcoreano.
In ogni caso, riporta la Cnn, secondo il ministero dell'Unificazione sudcoreano non ci sono contatti tra Seul e Pyongyang per un possibile summit Usa-Corea del Nord. E, ha detto una fonte governativa sudcoreana, nonostante ci siano state due missioni di team della sicurezza della Casa Bianca in Corea del Sud in vista dell'imminente visita di Trump, la zona di Panmunjom non è stata tra quelle dei sopralluoghi. All'epoca del primo mandato di Trump alla Casa Bianca furono tre gli incontri con Kim.
Cauta l'ambasciatrice sudcoreana negli Usa, Kang Kyung-wha. "Trump ha detto di essere aperto al dialogo e anche la Corea del Nord ha dato un segnale (in questo senso). Ma non ci sono sinora indicazioni che qualcosa del genere possa concretizzarsi in occasione del summit dell'Apec", ha affermato Kang in dichiarazioni riportate dalla stampa sudcoreana.
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(Adnkronos) - “L'ho visto in prima persona con la malattia di mio padre: l'ascolto migliora la cura del paziente ma anche quella di chi gli sta intorno, un approccio fondamentale per sopportare meglio il calvario di questa malattia". Lo ha detto Anna Borzaga, volontaria di Aisla Trentino e figlia dell'economista trentino Carlo Borzaga, intervenendo durante il seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con Arisla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
Raccontando con commozione la malattia del padre, ripercorrendo anche il ruolo di chi gli è stato vicino, dai medici agli amici, Borzaga ha ricordato che dietro la ricerca ci sono sempre persone. “L’esperienza individuale diventa gesto collettivo e costruisce fiducia, senso e prossimità”, ha spiegato.
Leggi tutto: Malattie rare, Borzaga: "Ascolto è la prima forma di cura"

(Adnkronos) - “La tecnologia migliora la risposta riabilitativa, il segreto è mettere al centro i pazienti, l'elemento chiave per permetterle di aiutarli concretamente nella vita di tutti i giorni”. Così Riccardo Zuccarino, fisiatra del NeMo Trento ed esperto del Centro di Ascolto Aisla ha sintetizzato il ruolo della tecnologia nella cura delle malattie rare durante il seminario 'Linguaggi della Cura: Solo Lavorando Assieme', in corso all'Itas Forum di Trento e promosso da Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica) in collaborazione con AriSla (Fondazione italiana di ricerca sulla Sla) e i centri clinici NeMo.
Zuccarino ha presentato una serie di innovazioni tecnologiche per medici e caregiver, con un workshop interattivo e dimostrazioni pratiche in collaborazione con la Fbk (Fondazione Bruno Kessler). "L'importanza del non farsi sentire le persone da sole è un bisogno condiviso a livello mondiale – ha spiegato l'esperto, che da un anno rappresenta Aisla anche nel board of directors dell’International Alliance – e anche nell'associazione proponiamo il modello dell'interdisciplinarità perché siamo certi che solo mettendosi in rete è possibili dare una risposta concreta di cura alle persone affette da Sla e alle loro famiglie".
Leggi tutto: Malattie rare, Zuccarino (NeMo): "Tecnologia è parte della cura"
'Back to life', Gsk sostiene il docufilm di Giovanni Allevi presentato alla Festa del Cinema di Roma

(Adnkronos) - "Un’azienda è fatta di persone, che non sono solo il loro lavoro, ma tutto ciò che le rende uniche: passioni, paure, sogni, fragilità. A volte anche una malattia oncologica". Così Fabio Landazabal, presidente e amministratore delegato di Gsk Italia spiega, in una nota, il motivo per cui la farmaceutica ha deciso di sostenere il progetto del docufilm 'Allevi Back to Life' del musicista Giovanni Allevi, che racconta il percorso di malattia e la rinascita dell’artista colpito da una patologia oncologica. La pellicola, per la regia Simone Valentini, presentata oggi, nella sezione ‘Special Screening', alla Festa del Cinema di Roma, sarà nelle sale cinematografiche il 17, 18 e 19 novembre prossimi.
“In Gsk abbiamo costruito un ambiente che accoglie e sostiene chi attraversa momenti difficili - aggiunge Landazabal - Lo facciamo con progetti concreti, ma anche con il senso di appartenenza, l’amicizia e la cura reciproca. La speranza è un filo che non deve mai spezzarsi, e noi abbiamo il privilegio e la responsabilità di alimentarla, anche attraverso storie come questa”.
Del resto, “il percorso di malattia di un paziente che riceve una diagnosi oncologica - afferma Barbara Grassi, vice president, direttore medico scientifico di Gsk Italia - ha un impatto enorme sulla persona e sui suoi affetti. A partire dalla diagnosi, che è un momento sconvolgente che segna un prima e un dopo. Un giorno non hai niente, quello dopo, tutto. Da quel momento diventano importanti gli attimi e le persone: i medici in primo luogo, ma anche la famiglia, gli amici, i colleghi di lavoro. Perché, per fortuna, il cancro non è più una sentenza senza appello - osserva - Per molte neoplasie la sopravvivenza è aumentata, ha raggiunto anni, e per alcune di queste - il tumore al seno, quello all’endometrio, il mieloma, per fare qualche esempio - gli oncologi e gli ematologi oggi si spingono dove mai erano arrivati: a parlare di guarigione. Il film non parla di guarigione ma ne è la grammatica, è un percorso che dimostra che si può fare: che al traguardo non mancano molti chilometri”.
“Per noi - sottolinea Landazabal - sostenere questo progetto significa credere nel potere dei linguaggi che emozionano, parlano al cuore prima che alla mente. Il cinema ha la straordinaria capacità di raccontare la ricerca, la prevenzione, la forza della medicina in modo universale. È un ponte tra la scienza e le persone. La storia di Giovanni Allevi è una testimonianza di rinascita: la cura è fatta di farmaci, ma anche di parole, di abbracci, di coraggio condiviso”. Un’azienda farmaceutica “studia, fa ricerca e produce soluzioni terapeutiche dove c’è un bisogno per migliorare gli outcome di salute - evidenzia Grassi - Lo fa in maniera etica, responsabile con persone che vi lavorano con grande passione, impegno e determinazione".
"Quello che mi conforta e mi rende orgogliosa di far parte di questa storia è la scelta di occuparci di mettere a punto soluzioni terapeutiche per tumori rari, quelli che oggi sono privi di risposta o non ne hanno ancora una adeguata. Ogni neoplasia - precisa Grassi - sono centinaia di volti che aspettano di tornare a sorridere. Negli ultimi anni ci siamo riusciti nel tumore dell’endometrio e nel mieloma e questa è la più grande soddisfazione professionale che si possa avere. Il sostegno al film prescinde la nostra attività. L’abbiamo sposato senza sapere nemmeno il contenuto, se non a grandi linee. Ci siamo solo assicurati che non si parlasse di alcun tipo di farmaco, perché in questa storia la cosa fondamentale è un’altra: la consapevolezza - conclude - che c’è un futuro, c’è una vita che ritorna e che non è mai finita, finchè non è finita”.

(Adnkronos) - Jannik Sinner tornerà in campo a Vienna. A poche ore dalla finale del Six Kings Slam, con l'azzurro che sfiderà Carlos Alcaraz nell'ultimo atto del ricchissimo torneo esibizione di Riad, il numero due del mondo ha scoperto il tabellone che lo attende nell'Atp 500 austriaco, in programma dal 20 al 26 ottobre. Oggi, sabato 18 ottobre, è andato infatti in scena il sorteggio: Sinner debutterà al primo turno con il tedesco Daniel Altmaier, numero 51 del mondo, appena affrontato, e battuto, nel primo turno del Masters 1000 di Shanghai.
Gli ottavi potrebbero riservare per Sinner il derby italiano con Flavio Cobolli, atteso al debutto dalla sfida con il ceco Tomas Machac, mentre ai quarti potrebbe trovare il kazako Alexander Bublik, lo statunitense Alex Michelsen o l'argentino Francisco Cerundolo.
I veri pericoli arrivano in semifinale con il possibile incrocio con l'australiano Alex De Minaur, numero sette del mondo e a caccia di punti preziosi per le Finals, o con il russo Andrej Rublev. Soltanto in finale invece la sfida con il numero tre del ranking Atp Alexander Zverev o con Lorenzo Musetti, anche lui in corsa nella Race per Torino. L'azzurro debutterà con il greco Stefanos Tsitsipas, mentre Matteo Berrettini esordirà con l'australiano Alexei Poporyn e Luciano Darderi con l'americano Brandon Nakashima.
Leggi tutto: Sinner, il tabellone di Vienna: debutto con Altmaier, finale con Zverev o Musetti

(Adnkronos) - Richiamo per mais per popcorn a marchio Cibon e Coal prodotti da Melandri Guadenzio Srl con sede dello stabilimento a Bagnocavallo (Ra). Secondo l'avviso sul sito del ministero della Salute c'è "la possibile presenza di alcaloidi del tropano oltre il limite di legge". I lotti di produzione - segnalati dal ministero - sono: 202/25 (25Kg) di Cibon, 184/25 (da 5 kg) di Coal e 170/25 (500 grammi) di Cibon. Conad e Sigma hanno richiamato alcuni lotti.
Gli alcaloidi tropanici sono composti naturali prodotti dal metabolismo secondario delle piante appartenenti alla famiglia delle Solanaceae, delle Erythroxylaceae e delle Convolvulaceae che possono essere presenti nelle coltivazioni di cereali. L'intossicazione da alcaloidi tropanici può avere effetti avversi sulla salute umana e animale quali secchezza delle mucose, arrossamento della pelle, dilatazione delle pupille, vertigini, disturbi della vista, palpitazioni e disorientamento.
Leggi tutto: Richiamo mais per popcorn, contaminazione da alcaloidi tropanici: cosa sono


(Adnkronos) - Ecco una selezione delle novità in libreria, tra romanzi, saggi, libri d'inchiesta e reportage, presentata questa settimana dall'AdnKronos.
E' da qualche giorno in libreria il nuovo libro dell'editorialista del 'Corriere della Sera' Federico Rampini, 'La lezione del Giappone', pubblicato da Mondadori nella collana 'Strade Blu'. Il mondo sta riscoprendo il Giappone. Un sintomo è il boom di visitatori, che sconvolge un paese poco abituato all’overtourism. È una riscoperta che ha molte facce. La rinascita dell’industria nipponica è quasi invisibile, nascosta in prodotti ad altissima tecnologia di cui nessuno può fare a meno. Più vistoso è invece il «soft power» di Tokyo, che dilaga da decenni nella cultura di massa: dai manga agli anime, dai videogame alla letteratura, dal cinema al J-pop, adolescenti e adulti occidentali assorbono influenze nipponiche talvolta senza neppure saperlo. Il sushi è ormai globale quanto la pizza. Se si elencano tutte le mode nate nel Sol Levante, colpisce un’analogia con quel che fu l’Inghilterra dei Beatles negli anni Sessanta. Persino la sua spiritualità, dallo shintoismo al buddismo zen, ha esercitato una presa potente su noi occidentali, anticipando l’ambientalismo e il culto della natura come 'divinità diffusa'. Il Giappone è soprattutto un laboratorio d’avanguardia per le massime sfide del nostro tempo: fu il primo a conoscere denatalità, decrescita demografica, aumento della longevità. Dentro le soluzioni che sperimenta per invecchiare bene c’è una lezione per tutti noi. Federico Rampini, che lo frequenta da oltre quarant’anni, ci guida in questo viaggio fra i misteri di una civiltà antichissima e affascinante, un paese che condensa modernità e rispetto della tradizione come nessun altro, e ciononostante deve far fronte a numerosi paradossi: il paradiso delle buone maniere può essere vissuto come una prigione di conformismo, tanto che alcuni decidono di scomparire, evaporando nel nulla.
E come conciliare i tassi di criminalità più bassi del mondo con l’esistenza della temuta mafia Yakuza? Anche la sua centralità geopolitica è fondamentale. Ottant’anni di dibattito sull’atomica acquistano una prospettiva nuova, quando li si ricostruisce da Hiroshima. Per non parlare del futuro della Cina e della sfida che essa lancia all’Occidente: nessuno è in grado di decifrarlo meglio dei giapponesi, che hanno millecinquecento anni di esperienza. Il Sol Levante, inoltre, è stato il primo a sperimentare i fulmini del protezionismo americano, fin dagli anni Settanta, ispirando Donald Trump. In un mondo in cui sempre più paesi riscoprono il capitalismo di Stato, le politiche industriali, la geoeconomia, la lezione del Giappone, preziosa quanto silenziosa, è la mappa di un futuro che riguarda tutti noi.
E' sugli scaffali da qualche giorno con Rizzoli 'Ne uccide più la gola che la sciarpa', autobiografia. Il libro è la storia rocambolesca di un ragazzo di campagna, colma di ricordi, incontri decisivi, aneddoti esilaranti, sullo sfondo immancabile della Milano del secondo dopoguerra: un periodo fiorente e pieno di speranza, con i suoi artisti, i circoli operai, le osterie anarchiche, i locali come il Derby, dove sono nati il teatro-canzone di Enzo Jannacci e Giorgio Gaber e la comicità surreale e giocosa che ha fatto scuola in tutta Italia. In questa città due amici d’infanzia cominciano a suonare la chitarra e a cantare canzoni popolari, dando vita al duo comico “Cochi e Renato” che diventerà una coppia indimenticabile della televisione e del cabaret. Abbandonato il duo, Pozzetto inizia una lunga e fortunata carriera cinematografica che lo porterà negli anni Ottanta a scrivere pagine di storia della commedia all’italiana. Ne uccide più la gola che la sciarpa è tutto questo e molto altro ancora: il racconto degli affetti familiari, delle passioni e degli incontri di un artista che è diventato un’icona della cultura popolare italiana.
Garzanti manda in libreria 'Un gatto per far tornare il sereno' di Tanya Guerrero con la traduzione di Elisabetta Valdré. Come ogni randagio che si rispetti, Gatto conosce alla perfezione il quartiere di Brooklyn in cui abita. Sonnecchia steso al sole sui muretti e osserva tutto con i suoi grandi occhi curiosi. Ma soprattutto, fiuta quello che le persone non dicono, e sente ciò che i cuori urlano quando le parole non bastano.
In quelle strade vivono anime fragili che hanno smarrito la rotta, con qualcosa da lasciarsi alle spalle o un desiderio da realizzare. E Gatto veglia su di loro. È il primo ad accorgersi dei misteriosi Post-it pieni di parole e complimenti timidi rivolti a Núria, volontaria dell’associazione per i randagi del quartiere. Da un po’ sembra aver perso la sua scintilla, ma il micio le resta vicino. Lui sa chi le lascia quei messaggi d’amore anonimi, ma è ancora presto per svelarlo. Poi c’è Collin, autore di bestseller che non riesce a scrivere neppure una riga alle prese con problemi di cuore; Bong, il fioraio dall’aria malinconica rimasto vedovo da poco che vive in una casa troppo silenziosa; e Omar, il postino gentile che ha rinunciato ai suoi sogni. E infine la dolce Lily, arrivata da poco con una valigia rossa e il cuore pieno di speranze. Il micio la vede cercare tra la gente gli occhi di una sorella che non ha mai conosciuto. Gatto ha un bel da fare con tutti questi umani e i loro pasticci. A modo suo, cerca di dare loro una spinta per trovare la felicità. Ma arriverà il momento in cui sarà lui ad avere bisogno di loro e i suoi amici gli restituiranno tutto l’affetto che ha donato. Perché a volte basta un gatto nero dal cuore grande per ricordarci quanto sia semplice volersi bene.
Tanya Guerrero ci regala una piccola via di fuga dalla realtà. Il suo micio dal cuore d’oro, un balzo dopo l’altro, ha conquistato i lettori, che hanno reso la sua storia un successo del passaparola. Ma quando Gatto ci mette la zampa non può che andare così. Un libro sui legami, sulla gentilezza, che parla di come si possa trovare una famiglia nei luoghi più inaspettati.
"Mi sono rinnamorato di mia moglie a ottantasei anni, ed è qualcosa che ha a che fare con l’ineffabile. O con la demenza senile". E' la 'confessione' con cui il regista Pupi Avati apre il suo ultimo libro, 'Rinnamorarsi', pubblicato da Solferino sugli scaffali dal 21 ottobre Non c’è dubbio, la vecchiaia è la stagione più crudele della vita: il corpo ti tradisce, i ricordi ti tormentano, ogni giorno diventa un tiro di dadi con il Fato. Ma è proprio in questo tramonto che si ritorna all’essenza, delle cose e di sé, e tutto appare più prezioso. Così, può capitare di rinnamorarsi, magari della stessa donna che hai incontrato e scelto più di mezzo secolo fa sotto un portico di Bologna. E può succedere di provare tenerezza per il cinema, che vive una stagione così difficile e che meriterebbe nuove passioni. Di certo si ritrovano volti e voci ormai sfumati nel tempo, le ragazze che illuminavano le feste dell’adolescenza, un antico corteggiamento a suon di balli lenti e singolari regali, le anziane parenti che ti portavano a baciare i morti: tutto ciò che si credeva perduto torna, e lo scopriamo vivo, come vivi ancora siamo noi.
Sul filo dei suoi giorni, in cui ricordi e affetti, successi e fallimenti coesistono in un eterno presente, Avati indaga i sentimenti alla base dell’esistenza umana, la saggezza che sta nel coltivarli e la difficoltà di conservarli di fronte alle minacce del mondo contemporaneo. Un racconto poetico e ironico, attraversato da una misteriosa e solida energia, che ha al cuore la dichiarazione d’amore verso una donna ma si allarga a includere la vita e l’arte tutte intere.
Il tempo per alcuni è una corsa incessante, per altri un passo lento e incerto. Per qualcuno, invece, si è arrestato per sempre. E la storia d’Italia è un filo spezzato: un orologio fermo alla stagione del piombo e del sangue. In questo silenzio immobile sono immersi Vera Coen e Andrea Malchiodi, i protagonisti di 'L'orologiaio di Brest', l'ultima opera di Maurizio de Giovanni sugli scaffali dal 21 ottobre con Feltrinelli.
Ha il destino scritto nel nome, Vera. Lavora come giornalista per un quotidiano locale e considera la ricerca della verità una missione. Ma a quarant’anni si ritrova con un lavoro insoddisfacente e precario, i dubbi di aver sbagliato tutto ad affollarle la mente e una scoperta sconvolgente con cui fare i conti…Il professor Andrea Malchiodi di anni ne ha quarantatré e ha incassato le delusioni di una carriera accademica spezzata da uno scandalo, in cui è stato ingiustamente coinvolto, insieme all’amarezza per un matrimonio finito. A separarlo dalla moglie e dalla figlia c’è un oceano di incomprensione. Ad affliggerlo, il dolore per la malattia della madre che lo ha cresciuto da sola, dopo averlo concepito in una notte nei primi anni Settanta, gli anni della rivolta. Un giorno come tanti, Andrea si trova davanti Vera. La giornalista lo mette a parte di un’incredibile rivelazione. C’è qualcosa che li lega. Un fatto di sangue accaduto quattro decenni prima. Una ferita nel lontano passato di lei che riscrive il passato di lui. E da quel momento per Andrea tutto cambia.
Comincia così un’indagine nelle tenebre più fitte della notte della Repubblica, a caccia del misterioso “uomo degli ingranaggi”, l’esperto di armi ed esplosivi, militante di un’organizzazione combattente, poi primula rossa e custode di segreti inconfessabili. Il nastro si riavvolge fino al principio degli anni Ottanta, sospesi tra gli ultimi fuochi della lotta armata e le prime luci di un’età che si presenta come nuova e invece è dominata dai Gattopardi di sempre. L’orologiaio di Brest è una vecchia foto dimenticata, rimasta fuori dall’album di famiglia, è il ricordo rimosso che la risacca della memoria riporta alla coscienza, la verità celata che sconvolge le vite rimettendole in prospettiva. Maurizio de Giovanni scrive il romanzo che non aveva mai scritto: una storia che interroga il rapporto tra colpa e innocenza, memoria e oblio, verità e segreti, ma soprattutto che indaga il più indecifrabile dei legami: quello tra padri e figli. “Ha colpa il coltello di essere affilato? Ha colpa di tagliare il pane, o di affondare nella carne, quale che sia la carne, viva o morta, giovane o decrepita? Il coltello non ha colpa, e può essere soltanto felice di sé, qualora la mano che lo utilizza sia la più alta e nobile".
'Il romanzo inglese del ‘900' di Paolo Bertinetti è sugli scaffali con La Nave di Teseo. Da uno dei più autorevoli anglisti italiani, una galleria di ritratti dei maggiori romanzieri inglesi del Novecento: da Banville a Beckett, da Agatha Christie a Chatwin, da Conrad a Fleming, da Greene a Huxley, da le Carré a McEwan, da Zadie Smith a Virginia Woolf, senza trascurare le letterature inglesi dal mondo.
Con una selezione mirata, il libro esplora le opere che hanno segnato il secolo, concentrandosi su due o tre romanzi chiave per ogni autore, quelli che ancora oggi occupano un posto di rilievo nelle librerie e nella memoria collettiva. I lettori troveranno una guida a quei testi che, al di là delle 'punte di diamante', hanno saputo influenzare il gusto del pubblico e resistere alla prova del tempo, sulla scia della riflessione di Ezra Pound, secondo il quale “il solo modo di mantenere la buona letteratura in circolazione consiste nella drastica separazione delle opere maggiori da tutta quella zavorra che è stata a lungo tenuta per valida e che è responsabile di avere diffuso la perniciosa idea corrente secondo la quale un buon libro deve essere per forza noioso”. Una lettura imprescindibile per chi desidera comprendere l’essenza di un’epoca attraverso le parole dei suoi protagonisti più influenti.
1910, Piemonte. Con le sue mani piccole e fredde, Giulia può incartare i cioccolatini senza farli sciogliere. È un dono prezioso. Ha soltanto quindici anni, è appena arrivata a Torino insieme a sua madre, Caterina, e ai fratelli, Angelo e Franco, alla ricerca di un futuro migliore. Inizia così 'La fabbrica dei desideri' (Piemme) di Valeria Gallina.
Il primo giorno alla Moriondo e Gariglio, una fabbrica di cioccolato, le operaie possono mangiare gianduiotti, cremini e praline a volontà, senza subire un richiamo disciplinare. Tutte le dipendenti fanno indigestione e passa loro la voglia di sgraffignare i preziosi frutti del lavoro in azienda. Ma per Giulia è diverso. È sempre stata la ragazza più cocciuta, la più determinata, e dopo aver conosciuto la vera povertà guarda quei dolcetti come gioielli di cui non ci si può stancare. Col tempo, la famiglia inizia ad ambientarsi in città. Caterina lavora con Adele, rinomata sarta sabauda, e Giulia riprende gli studi interrotti troppo presto. La vita scorre serena ai Glicini, cascina sulla collina torinese con un bellissimo pergolato fiorito. Ma la Grande Guerra è alle porte.
Gli uomini saranno chiamati uno dopo l'altro, torneranno stravolti o non torneranno mai, e le donne scopriranno una libertà nuova a cui non vorranno più rinunciare. Con un'eleganza narrativa da grande romanziera, Valeria Gallina parte dalla storia della sua famiglia e racconta un'Italia operaia, volenterosa, vitale. Giulia e i suoi fratelli si rincorrono nella Torino di un secolo fa, trascinando il lettore in una travolgente avventura d'altri tempi.
Maria Grazia Calandrone firma 'Dimmi che sei stata felice', in libreria con Einaudi il 21 ottobre. Aurora nasce in un appartamento popolare a Roma Sud, mentre il Paese si prepara ad attraversare gli anni Settanta e il loro spegnersi nella strategia della tensione. Fin da ragazza accoglie il destino di una madre segnata dall’abbandono e il vuoto di un padre mai conosciuto. Del resto il passato sembra aver lavorato per lei da prima che nascesse: la nonna, con la quale Aurora ha un rapporto d’amore profondo e privilegiato, era scampata per miracolo al bombardamento di San Lorenzo. E anche Aurora crede di essere viva grazie alla forza della propria madre. Tutt’intorno, nel frattempo, la città respira come un organismo: abbraccia, tradisce, intreccia destini senza mostrarli. Tanto che, per una di quelle casualità che la vita a volte ci riserva, un giorno Aurora ritrova fugacemente il padre e, poco dopo, s’innamora di un giovane poeta venuto da lontano.
In cerca di pace, Aurora si trasferisce a Nuova Ostia, un luogo che sa essere anche feroce. Eppure è proprio lí che incontra la magnificenza del mare e Viola. Le due donne sono quasi coetanee, e una naturalezza istintiva le avvicina. La loro storia è totalizzante, ma dove Viola si abbandona, Aurora si ritrae. I sentimenti, però, sono una terra che si può abitare solo senza difese. Maria Grazia Calandrone attraversa ancora una volta la materia viva della memoria e della Storia, fino a una conclusione vertiginosamente lirica. Stavolta la voce levigata e diretta dell’autrice trova le parole per dire che essere fedeli a noi stessi può essere un vincolo troppo stretto. Soprattutto per le donne, che nei libri di Calandrone si trovano sempre davanti a una scelta da cui è impossibile tornare indietro.
Quando Jens Stoltenberg ha assunto l’incarico di segretario generale della Nato, nel 2014, non poteva immaginare che il decennio che avrebbe avuto davanti sarebbe stato segnato da guerre, crisi diplomatiche e un drastico riassetto dell’ordine mondiale. Nel memoir 'Nella stanza dei bottoni', in libreria con Laterza, Stoltenberg ci porta dentro la stanza dei bottoni della più potente alleanza militare del mondo, facendoci rivivere le scelte difficili che si devono compiere quando a essere in gioco è la pace globale.Jens Stoltenberg ci porta dietro le quinte delle decisioni che hanno plasmato il panorama della sicurezza globale nell’ultimo decennio. Questo libro non è solo un memoir politico, ma una testimonianza diretta di chi ha dovuto affrontare crisi internazionali, tensioni diplomatiche e minacce alla pace mondiale con determinazione e visione strategica.
Stoltenberg racconta i momenti cruciali del suo mandato: la guerra in Ucraina, il ritiro della Nato dall’Afghanistan, le tensioni crescenti con Russia e Cina, il complesso rapporto con le amministrazioni americane e la sfida di mantenere unita l’alleanza più potente del mondo. Con uno stile incisivo e rivelazioni inedite, offre al lettore uno sguardo privilegiato su negoziati delicati e decisioni difficili prese nei corridoi del potere. Su tutto si stagliano gli incontri e i confronti con Vladimir Putin, le discussioni accese con Donald Trump, la solidarietà con Volodymyr Zelens’kyj, l’amicizia con Barack Obama e Angela Merkel. Un racconto che illumina le dinamiche della diplomazia internazionale contemporanea e riflette sulle sfide che attendono l’Occidente.
Jens Stoltenberg (1959) è un politico ed economista norvegese. È stato primo ministro della Norvegia per due mandati (2000-2001, 2005-2013) per il Partito laburista e segretario generale della Nato dal 2014 al 2024 – un periodo caratterizzato da importanti sfide di politica di sicurezza globale. È noto per il suo approccio pragmatico, le sue abilità diplomatiche e la capacità di costruire ponti tra diversi alleati.
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