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12.Dic

Usa, Natalizia: "Processi geopolitici ed economici in atto frutto di eventi occorsi anni fa"

Usa, Natalizia:

"L'alternanza politica al governo" nei diversi Paesi “molto difficilmente costruisce un turning point, ossia un momento in cui cambiano davvero le cose. Un presidente può imprimere un'accelerazione, ma i processi politici importanti sono solitamente dettati da quanto accade nel mondo e dai rapporti di forza tra Paesi”. Un concetto che si applica anche alla salita alla Casa Bianca “di Donald Trump” che spinge l’acceleratore su “processi che scaturiscono da eventi di 15 anni fa. Si possono infatti trovare linee di continuità importanti tra gli imperativi strategici che gli Stati Uniti seguono da ormai almeno tre o quattro amministrazioni, Obama, Trump e Biden”. È quanto affermato da Gabriele Natalizia, professore di Sicurezza e Politica internazionale e Scienza politica del Dipartimento di Scienze politiche di Sapienza Università di Roma, nel corso del suo intervento in occasione dell’Assemblea Soci di Confindustria Nautica, che si svolge annualmente presso la Camera dei Deputati a Roma, con un convegno dal titolo ‘Nautica: Nuovi Paradigmi Per L’industria Made In Italy: relazioni internazionali, economia, politica industriale e normative di una filiera che guida la manifattura italiana e guarda al mondo’.

I processi a cui fa riferimento il professore sono “la crescita del potere relativo di alcuni Paesi - che cominciano a dichiarare apertamente la volontà di rivedere le regole del gioco e i rapporti di potere” avuti in dote “dalla Guerra fredda, con particolare riferimento alla Repubblica Popolare Cinese - e a una crisi della volontà dell'utilizzo del potere militare da parte delle potenze occidentali. La crisi dei modelli occidentali comincia almeno nel 2005 almeno. Freedom House riporta infatti che da quella data in poi sono stati di più i Paesi che hanno perso qualità democratiche o che, addirittura, transitano alla non democrazia rispetto a quelli che invece fanno il percorso inverso, che era maggioritario negli anni ‘90”.

“Questo contesto ha portato gli ultimi presidenti americani a richiedere quello che viene definito ‘burden sharing’ (condivisione degli oneri), termine usato anche nell'ultima National Security Strategy pubblicata la scorsa settimana - aggiunge - Si tratta di una richiesta che viene fatta agli alleati più capaci, in particolare ai Paesi europei e ad alcuni Paesi del mondo Indopacifico, come Giappone, Australia e Corea del Sud”.

Tra le modalità con cui il burden sharing viene declinato: “il cost sharing, ossia la richiesta ai Paesi europei da parte degli Stati Uniti di partecipare di più alla difesa dello status quo scaturito dalla fine della Guerra fredda. Il problema del trade deficit (valore importazioni superiore a quello delle esportazioni) a sfavore degli Stati Uniti nei confronti delle economie europee non se lo è posto Trump oggi, ma Barack Obama già all'inizio della sua presidenza”. “Oggi Donald Trump da un lato mette dazi verso i prodotti europei, dall'altro scrive che uno degli obiettivi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti è la reindustrializzazione, che passa per il reshoring (ritorno in patria) del comparto delle produzioni più importanti”.

“La National Security Strategy del 2025, che contiene i punti principali sulla sicurezza economica - prosegue - spiega gli obiettivi da realizzare: ‘a balanced trade’, ossia un commercio più bilanciato e fondato sull’equità; l'accesso alle materie prime, soprattutto ai materiali critici; garantire la libertà e la protezione della supply chain, la reindustrializzazione, l’energy dominance - c’è infatti sostanzialmente un completo ritiro da tutte quelle politiche che il documento chiama ‘Net Zero’ - e la preservazione del primato del dollaro sul commercio internazionale e della finanza americana. La vicenda centrale per gli Stati Uniti di Donald Trump è quella della competizione tra grandi potenze, tutto viene letto alla luce della competizione tra Stati Uniti e, in particolare, la Repubblica Popolare Cinese, che ha come posta in gioco il primato internazionale. La parola primato ricorre ossessivamente in questo documento, ma lo potete trovare in tutti i documenti strategici pubblicati anche dai predecessori”.

“Dobbiamo abituarci all'idea che gli Stati Uniti degli anni ‘20 e ‘10 non sono gli stessi degli anni ‘80 o ‘90. In questa fase non sono più gli Stati Uniti impegnati a espandere la libertà dei commerci, ma nella competizione per il primato e per la loro sicurezza. Questo è l'obiettivo che devono raggiungere. Una volta finita questa partita, se l’esito sarà a loro favore, e a favore dei Paesi loro alleati, non escludo che possano tornare a portare avanti le politiche che oggi devono necessariamente mettere in secondo piano. Quella attuale è dunque una stabile instabilità”.

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