Tumori, ematologo Cuneo: "In Llc grandi vantaggi da acalabrutinib e venetoclax"

Su nuovi dati studio AMPLIFY in leucemia linfatica cornica, ‘combinazione orale a durata fissa si distingue per efficacia, maneggevolezza, tolleranza e sostenibilità’
“A tre anni dalla terapia, 9 pazienti su 10” con diagnosi di leucemia linfatica cronica sono “liberi da ulteriori trattamenti, con la malattia di fatto non più percepibile: un grande vantaggio per i pazienti perché ne migliora la qualità di vita”. Così Antonio Cuneo, direttore Unità operativa di Ematologia, Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara illustra i “risultati di grande interesse, presentati recentemente all’ASH, Congresso della Società americana di ematologia, che si è svolto a Orlando”, relativi “agli aggiornamenti dello studio AMPLIFY che ha paragonato l’efficacia della combinazione acalabrutinib e venetoclax”, nuovo regime completamente orale a durata fissa, “con o senza l’anticorpo monoclonale anti-CD20 obinutuzumab, con la migliore chemio-immunoterapia” in pazienti con LLC (leucemia linfatica cronica). “Un altro dato importante è quello della sicurezza - aggiunge l’esperto - perché la terapia è facilmente gestibile: la combinazione acalabrutinib e venetoclax si assume per via orale, non richiede frequenti accessi in ospedale, è ben tollerata e presenta pochissimi eventi avversi, sempre facilmente trattabili”. (VIDEO[1])
La leucemia linfatica cronica “è la leucemia più frequente nel mondo occidentale - spiega Cuneo -. Ogni anno, colpisce circa 2.500–3.000 pazienti in Italia. Si stima che, nel nostro Paese, a 10 anni dalla diagnosi siano vivi tra 30 mila e 40 mila persone con questa malattia”. La patologia si caratterizza per un accumulo anomalo di “linfociti B che nascono nel midollo e si riversano nel sangue periferico, nei linfonodi e nella milza, per cui il paziente si presenta con globuli bianchi elevati, linfonodi e milza ingrandita e talora sintomi che compromettono la qualità di vita. Quando sono presenti queste condizioni – in presenza di sintomi – il paziente può iniziare il trattamento”. La terapia di prima linea della leucemia linfatica cronica, attualmente “si avvale di due approcci - chiarisce l’esperto -, una terapia di durata definita – e in questo gruppo rientra a pieno titolo acalabrutinib e venetoclax con o senza obinutuzumab – oppure una terapia a durata continuativa con acalabrutinib, zanubrutinib o ibrutinib. Nei pazienti che non presentano una delezione del cromosoma 17 o una mutazione del gene TP53, certamente la terapia di durata fissa rappresenta un’opzione importante e, tra le varie disponibili, la combinazione acalabrutinib e venetoclax si distingue per efficacia, maneggevolezza e tolleranza”.
Su questa terapia a durata fissa, è stato portato all’attenzione della comunità scientifica anche l’aspetto della sostenibilità economica. “Istituti prestigiosi, che effettuano queste valutazioni con complessi modelli matematici, hanno documentato come la terapia biologica di durata fissa abbia un vantaggio in termini di sostenibilità - sottolinea Cuneo -. È infatti: più efficace della chemio-immunoterapia, che non dovrebbe più essere somministrata, e anche meno costosa, perché la chemio-immunoterapia produce un effetto di breve durata e richiede una terapia di seconda linea molto prima rispetto a queste terapie a bersaglio. Acalabrutinib e venetoclax - conclude - è quindi una delle numerose opzioni che potremo utilizzare nei pazienti che affrontano la terapia di prima linea per la leucemia linfatica cronica”.
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