(Adnkronos) - Tre carabinieri sono morti nell'esplosione avvenuta nel corso di uno sgombero in una casa rurale del comune di Castel D’Azzano (Verona) nel corso delle prime ore del mattino. L'esplosione ha provocato il crollo della struttura. Risultano feriti altri carabinieri e alcuni agenti della polizia di Stato.
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(Adnkronos) - Il segretario generale della Nato Mark Rutte torna a sfidare pubblicamente la Russia di Vladimir Putin. Se Mosca fosse "così idiota" da attaccarci, ha avvertito all'assemblea parlamentare dell'Alleanza atlantica a Lubiana, in Slovenia, la guerra aperta tra Russia e Nato che ne seguirebbe sarebbe "molto diversa" da quella che infuria da poco meno di quattro anni in Ucraina. Con il linguaggio franco che lo caratterizza l'olandese, politico ultra-navigato, è tornato a stuzzicare Mosca, impegnata in una sanguinosa guerra di aggressione all'Ucraina, che dura da poco meno di quattro anni senza che il fronte abbia registrato spostamenti significativi dalla fine del 2022.
"Speriamo che non accada mai - ha affermato - ma, se la Russia fosse così idiota da attaccarci, sarebbe guerra aperta tra la Russia e la Nato. Sarebbe diversa dalla guerra tra Russia e Ucraina, per molte ragioni che non posso approfondire ora, perché non vogliamo dare loro vantaggi informativi, ma sarebbe diversa". Anche perché, ma questo Rutte non l'ha detto, si confronterebbero direttamente almeno due potenze nucleari, se non quattro, con tutto quel che ne conseguirebbe. L'Ucraina, invece, ha riconsegnato alla Russia il suo arsenale atomico a metà degli anni Novanta, in cambio di garanzie di sicurezza che, alla prova dei fatti, si sono rivelate insufficienti.
Per Rutte, comunque, "siamo molto, molto più forti dei russi. E loro lo sanno". Tuttavia, Mosca si è riarmata con la guerra in Ucraina e la Nato deve evitare di perdere il passo, per evitare al Cremlino prendano piede strane idee. Di qui la spinta al riarmo e all'aumento delle spese nella difesa, non solo per "compiacere gli americani", i quali pure sanno bene che la sicurezza degli Usa passa per "un Atlantico, un'Europa e un Artico sicuri". Per Rutte, in ogni caso, la Russia non è così forte come finge di essere, come dimostra il sostanziale ritiro delle sue navi e dei suoi sommergibili dal Mediterraneo: "La task force del Mediterraneo - ha notato - era una volta un mix di navi di superficie, sottomarini e navi di supporto. Oggi non c'è quasi più alcuna presenza navale russa nel Mediterraneo".
Nel Mare Nostrum resta solo, ha continuato Rutte, "una lunga e frammentata presenza russa, che zoppica verso casa. Che cambiamento rispetto al romanzo di Tom Clancy del 1984. La caccia a Ottobre rosso oggi sembra più una caccia al meccanico più vicino", ha sferzato. Tuttavia, ha aggiunto, Mosca resta "profondamente pericolosa" e quindi è "essenziale" prepararsi ad affrontare le "minacce" che ne derivano. Per Rutte, "non dovremmo sottovalutare la minaccia della Russia", ma "non dovremmo nemmeno sopravvalutarne le capacità".
I missili ipersonici che la Russia ha sviluppato, ha ribadito Rutte, possono colpire le città europee nel giro di "qualche minuto". Si tratta di missili che viaggiano a velocità Mach 5, cinque volte quella del suono, e che sono difficili da intercettare. Non a caso, il segretario generale ha sottolineato che la Nato dovrà "quintuplicare" gli sforzi nella difesa aerea, che "sappiamo saranno costosi". Allo scopo, i ministri della Difesa dell'Alleanza si ritroveranno dopodomani a Bruxelles per discutere di "come rafforzare ulteriormente la nostra posizione di difesa e deterrenza, anche alla luce dei recenti incidenti", cioè i ripetuti sconfinamenti di aerei e droni, russi o di provenienza non accertata, nei cieli di diversi Paesi Nato.
I ministri, in particolare, "discuteranno - ha detto Rutte - dei piani per raggiungere il nuovo obiettivo di investimento nella difesa" fissato all'Aja, cioè una spesa nella difesa 'core' pari al 3,5% del Pil e nella sicurezza pari all'1,5%, entro il 2035, per raggiungere il quale occorreranno "percorsi credibili". I ministri parleranno anche degli "sforzi per aumentare la produzione nella difesa. Tutto ciò contribuisce a garantire che restiamo pronti e in grado di difendere i nostri cittadini".
Il segretario generale ha citato ancora una volta Roma, che per un missile russo ipersonico russo, ha sottolineato, dista appena "cinque minuti" da Kiev. E, rivolgendosi al deputato italiano Lorenzo Cesa, ha evidenziato il ruolo importantissimo del governo e del Parlamento italiani nel convincere l'opinione pubblica dell'asserita pericolosità di Mosca.
Il politico olandese sa bene che in Italia, come in Spagna e altri Paesi dell'Europa Occidentale e Meridionale, la Russia è vista da buona parte della popolazione in modo molto diverso da come viene vista nei Paesi che hanno provato sulla propria pelle cosa significhi vivere sotto il 'giogo russo', zarista o sovietico. In Italia, in più, c'era il Pci, il più grande partito comunista d'Occidente: i rapporti della Repubblica con l'Urss sono stati a lungo buoni, anche sul piano economico.
L'ex premier olandese ha lodato esplicitamente Giorgia Meloni, "amica" dell'Alleanza atlantica, che da destra ha ancorato saldamente il suo governo ad una posizione filoucraina. Quanto a Mosca, il segretario generale ha ricordato ancora una volta che la guerra in Ucraina ha comportato "un costo incredibile: più di milione di russi uccisi o gravemente feriti. Nel 2022 la Russia pensava di poter schiacciare l'Ucraina in pochi giorni: oggi ci troviamo nel quarto anno della sua brutale guerra". La Russia, oggi, "fatica ad avanzare. L'esercito russo è sottoposto ad una enorme tensione", in Ucraina e altrove, ha rimarcato.
Rutte ha ripetuto, con altri toni, gli avvertimenti già lanciati a Mosca dalla Polonia, che ha diffidato i russi dal "frignare" se uno dei loro aerei venisse abbattuto sui cieli polacchi. Se gli aerei o gli oggetti volanti russi che sorvolano lo spazio aereo della Nato "costituiscono una minaccia", ha detto il segretario generale, allora "possiamo attuare la soluzione definitiva", cioè abbatterli, altrimenti "li accompagneremo docilmente fuori dal nostro spazio aereo", come hanno fatto gli F35 italiani in Estonia, un modus operandi che, ha evidenziato, "credo sia stato molto saggio".
Il contrasto tra quanto sta avvenendo nel Medio Oriente e la guerra che continua a macinare vite in Ucraina non sfugge a Rutte, che ha definito una "grande notizia" la tregua raggiunta nella Striscia di Gaza, con la liberazione degli ostaggi ancora detenuti da Hamas. Una soluzione, ad una guerra scoppiata alle porte dell'Europa, in cui l'Europa non ha sostanzialmente toccato palla: alla guerra hanno posto fine gli Usa di Donald Trump, che appaiono sempre meno interessati ad un ruolo di primo piano nella gestione della guerra in Ucraina.
La gestione e gli oneri di quel conflitto, ad oggi, appaiono sempre più affidati agli europei, con il disimpegno progressivo degli Usa dal sostegno a Kiev. Per ora non si intravedono spiragli di pace: Secondo Rutte, "abbiamo ancora molto lavoro da fare in Europa", ma "possiamo costruire sul successo" ottenuto da Trump in Medio Oriente. (di Tommaso Gallavotti)
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(Adnkronos) - "Ci sono voluti tremila anni per arrivare fin qui". Quando Donald Trump posa la penna con cui ha appena firmato lo storico accordo di pace in Medio Oriente, la sala dell'International Conference Center di Sharm el-Sheikh, gremita da oltre venti leader internazionali, esplode in un applauso. La premier Giorgia Meloni sorride e ringrazia il presidente americano quando, passando in rassegna i capi di Stato e di governo giunti in Egitto per il vertice della possibile svolta, la omaggia con parole di stima: "Sta facendo un ottimo lavoro".
Gaza, firmato accordo a Sharm. Trump: "Tremila anni per arrivare alla pace"
In primo piano, la grande scritta a caratteri cubitali 'Peace 2025' incornicia la scena ma somiglia a un auspicio. Un augurio che Meloni e gli altri leader sperano possa tradursi in una pace duratura e solida. Il percorso, ammette Meloni, è ancora lungo, ma la prospettiva resta quella "dei due Stati". E il rispetto degli accordi siglati oggi, aggiunge, avvicina il riconoscimento dello Stato palestinese da parte dell'Italia, quando si verificheranno "le condizioni poste anche dal Parlamento" con l'ultima risoluzione della maggioranza.
Il summit egiziano, ospitato in una delle località turistiche più note al mondo, segna il magic moment internazionale di Trump. Il vertice - iniziato con oltre tre ore di ritardo a causa della visita del presidente americano in Israele, dove ha tenuto un lungo discorso davanti alla Knesset - ha visto l'ex tycoon dominare la scena insieme al padrone di casa, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, uno dei principali tessitori della trattativa che ha portato al cessate il fuoco tra Israele e Hamas e al rilascio completo degli ostaggi ancora nelle mani dei fondamentalisti palestinesi. Ma gli onori vanno anche allo sceicco del Qatar, Tamim bin Hamad Al Thani, e al presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, altri due protagonisti decisivi del negoziato. Saranno proprio loro, insieme a Trump e ad al-Sisi, a firmare gli accordi, seduti fianco a fianco in prima fila.
Trump è stato il primo a firmare l'accordo: "Ci sono voluti tremila anni per arrivare fin qui". "Questa è una giornata incredibile per il mondo, è una giornata incredibile per il Medio Oriente", ha dichiarato Trump, che. prima della firma, ha specificato che l'accordo sarà "molto complessivo" e "fisserà regole e procedure", ribadendo perentoriamente che "funzionerà". Questo "è il giorno per cui le persone in tutta la regione e in tutto il mondo hanno lavorato, lottato, sperato e pregato", ha aggiunto Donald Trump, secondo cui è stato "raggiunto ciò che tutti dicevano fosse impossibile: finalmente abbiamo la pace in Medio Oriente". "Per tanti decenni -ha dichiarato - si è detto che la terza guerra mondiale sarebbe scoppiata in Medio oriente, non accadrà. La terza guerra mondiale non scoppierà in Medio Oriente e auspicabilmente non ci sarà".
Il presidente americano ha quindi espresso la sua "enorme gratitudine alle nazioni arabe e musulmane" che, a suo dire, "hanno contribuito a rendere possibile questa incredibile svolta".
Giorgia Meloni sa bene che il difficile comincia ora. Cessate le ostilità, si apre quella che Trump ha definito la "fase 2 di Gaza". E l'Italia vuole esserci. La premier elogia l'impegno del presidente americano al termine di una giornata che definisce "storica", suggellata dalla liberazione degli ultimi ostaggi israeliani ancora vivi: "Credo che Trump abbia ragione nel dire che è il suo più grande successo diplomatico, anche se noi gli auguriamo di conseguirne altri, a partire dall'Ucraina". Aiuti umanitari, assistenza sanitaria, sicurezza e ricostruzione sono i cardini dell'impegno italiano per Gaza. "Sul piano della ricostruzione siamo pronti a fare la nostra parte", spiega Meloni, "sia attraverso la cooperazione allo sviluppo, sia coinvolgendo il nostro settore privato". Per quanto riguarda gli aiuti umanitari, l'Italia "andrà avanti con l'iniziativa 'Food for Gaza'", mentre sul fronte sanitario gli sforzi di Roma proseguiranno "non solo continuando a evacuare i bambini che necessitano di cure nei nostri ospedali, ma anche portando strutture mediche direttamente sul posto".
Quanto alla sicurezza, ricorda Meloni, "i nostri carabinieri da anni formano la polizia palestinese a Gerico e l'Italia partecipa alla missione europea a Rafah". Ma il governo è pronto anche "a rafforzare la propria presenza militare a Gaza, fino a valutare la partecipazione a una forza di stabilizzazione sotto mandato Onu". Un passo, precisa, che richiederebbe un voto parlamentare: "Spero che, per una volta, si possa votare all'unanimità".
Non si tratterebbe, puntualizza la premier, di una missione di "interposizione", ma di un "monitoraggio del cessate il fuoco". Il governo, aggiunge, condenserà tutte le proposte italiane in un paper da condividere con i partner internazionali: "Un documento che riassuma tutto ciò che l'Italia può fare e su cui può dare un contributo concreto. Ora bisogna procedere a passi spediti, dare il segnale della concretezza".
Dell'impegno italiano per la stabilizzazione e la ricostruzione di Gaza, Meloni ha parlato anche negli incontri bilaterali a margine del vertice. Durante il colloquio con al-Sisi, la premier ha ribadito il sostegno dell'Italia al rilancio di "un processo politico verso un quadro di pace, sicurezza e stabilità in Medio Oriente basato sulla soluzione dei due Stati", affrontando anche temi bilaterali come l'energia e i progetti legati al Piano Mattei. "È necessario creare le condizioni per una rapida ricostruzione della Striscia e fornire il quadro politico che porti alla nascita di uno Stato palestinese indipendente, in linea con la legalità internazionale", ha dichiarato al-Sisi, secondo quanto riferito dal suo portavoce.
A seguire, si è tenuto un incontro allargato con il primo ministro britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere tedesco Friedrich Merz, il presidente turco Erdogan, l'emiro del Qatar Al Thani, il primo ministro canadese Michael Carney, il re di Giordania Abdullah II e il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan Al Saud. Secondo fonti italiane, la riunione ha permesso di discutere i prossimi passi per la stabilizzazione e la ricostruzione di Gaza, "a partire dall'urgenza immediata di ampliare l'accesso umanitario per rispondere agli enormi bisogni della popolazione civile".
Nella foto di famiglia scattata prima del summit - dove Meloni è l'unica donna tra i leader presenti - spicca l'assenza di Benjamin Netanyahu. La partecipazione del primo ministro israeliano non era prevista, ma Trump aveva esercitato forti pressioni perché fosse presente in Egitto. Alla fine, però, Netanyahu ha dato forfait, complice l'inizio della festività ebraica di Simchat Torah, che ricorre in serata. È invece presente il presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas, che si intrattiene a lungo con Trump durante la stretta di mano sotto i flash e davanti alle telecamere. Spenti i riflettori, i leader lasciano Sharm el-Sheikh. I tempi più duri per Gaza, forse, sono alle spalle. Ora, ufficialmente, si apre la Fase 2.
(dall'inviato Antonio Atte)
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(Adnkronos) - Primo premier in carica ad essere incriminato in Israele nel 2019, Benjamin Netanyahu è accusato di corruzione, frode e abuso di ufficio in tre vicende distinte, ma collegate. Per tutti e tre i capi d'imputazione si è dichiarato ''non colpevole'', parlando di ''tentato golpe'' e di ''caccia alle streghe'' da parte della sinistra. E mercoledì dovrà testimoniare nel processo a suo carico presso il tribunale distrettuale di Gerusalemme, dopo che i giudici hanno respinto la sua richiesta di rinviare l'udienza per due ''incontri diplomatici e urgenti'', uno dei quali con il presidente cipriota Nikos Christodoulides. L'udienza era già stata spostata a mercoledì per via della festività di Sukkot e i giudici non hanno ritenuto fosse opportuno rinviare oltre.
Nel cosiddetto caso 1000, Netanyahu è accusato, insieme alla moglie Sara, di avere ricevuto regali sotto forma di casse di sigari e champagne per un valore di oltre 260mila dollari da miliardari in cambio di favori politici. Ed è questo il caso a cui ha fatto riferimento il presidente americano Donald Trump intervenendo alla Knesset e rivolgendosi al presidente israeliano Isaac Herzog. ''Ho un'idea. Signor presidente, perché non gli concede la grazia?'', ha detto Trump aggiungendo "sigari e un po' di champagne, chi se ne importa".
Nei mesi scorsi, quando il presidente americano aveva scritto su Truth social che il processo a Netanyahu andava ''annullato immediatamente o va concessa la grazia a un grande eroe'', il leader dell'opposizione Yair Lapid aveva detto che Trump "non dovrebbe interferire in un processo giudiziario in un paese indipendente".
Nel caso 4000, invece, l'accusa nei confronti di Netanyahu è quella di aver varato regolamenti favorevoli per centinaia di milioni di dollari alla compagnia di telecomunicazioni Bezeq, in cambio di una copertura a lui favorevole da parte del sito di informazione di Walla, il cui editore Shaul Elovitch era anche maggiore azionista della Bezeq. Infine, nel caso 2000, Netanyahu avrebbe chiesto una copertura giornalistica a lui favorevole sul quotidiano Yedioth Ahronot, in cambio di misure economicamente dannose per un giornale rivale.
Il processo, iniziato il 24 maggio del 2020, si è protratto per anni, in parte a causa delle ripetute tattiche dilatorie di Netanyahu. L'ex capo dell'agenzia per la sicurezza interna israeliana ha accusato il primo ministro di aver cercato di usare i poteri esecutivi per rallentare il caso. La legge israeliana non richiede che il premier incriminato si dimetta fino all'eventuale condanna.
Durante il suo attuale mandato, iniziato alla fine del 2022, Netanyahu ha promosso riforme giudiziarie di ampia portata, criticate da alcuni come un tentativo di indebolire il potere dei tribunali. Tali proposte hanno generato imponenti manifestazioni, interrotte solo dall'inizio del conflitto a Gaza. Il Primo Ministro israeliano è inoltre oggetto di un mandato d'arresto emesso dalla Corte Penale Internazionale (CPI) per sospetti crimini di guerra commessi durante l'offensiva governativa contro i militanti di Hamas a Gaza.
In un post sulla sua piattaforma social Truth Social a giugno, Trump ha descritto i processi a carico di Netanyahu come una "caccia alle streghe politica", paragonandola alla "caccia alle streghe che sono stato costretto a sopportare". Trump ha ripetutamente accusato i suoi oppositori politici di aver utilizzato il Dipartimento di Giustizia per perseguitarlo durante il suo periodo fuori dalla carica.

(Adnkronos) - A poche ore dall'approdo in Consiglio dei Ministri, la manovra finanziaria 2026 ancora non è chiusa. Ad assicurarlo alle imprese è stato proprio il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, nel corso degli incontri che hanno impegnato il governo e le associazioni datoriali ieri mattina a Palazzo Chigi. Quattro ore, due round, oltre trenta sigle ascoltate da una fitta pattuglia dell’esecutivo, con il sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano e, oltre a Giorgetti, i ministri degli Esteri e vicepremier Antonio Tajani, del Lavoro Marina Calderone, degli Affari europei Tommaso Foti e dell’Industria, Adolfo Urso, insieme al sottosegretario per le Politiche e il Sud, Luigi Sbarra, e il consulente per i rapporti con le parti sociali, Stefano Caledoro.
Al centro, le richieste del mondo imprenditoriale, tutte rivolte a stimolare i consumi e rinvigorire la produzione: una soglia più alta per il taglio dell’Irpef, la parziale defiscalizzazione degli aumenti contrattuali e delle tredicesime, più incentivi all’industria per sostenere la competitività, il nodo scorsoio del costo dell’energia.
Le risorse stimate per questa finanziaria, come prospettato nel documento programmatico di finanza pubblica, partono da un conto di circa 16 miliardi di euro (lo 0,7% del pil): tra le possibili voci di copertura non si esclude un contributo anche dalle banche con cui, a quanto si apprende, sembra proseguano i contatti bilaterali, continuando a ragionare su misure concordate che non abbiamo effetti negativi sui mercati.
L’esecutivo resta abbottonato, almeno per ora. “Giorgetti non ha dato numeri, ha parlato pochissimo e ascoltato, ci ha ribadito le linee generali che sono già nel documento e ci ha detto che la manovra non è chiusa”, spiega il presidente di Confedilizia, Giorgio Spaziani Testa. Ma questo non basta a rassicurare le aziende. ''Da gennaio terminano tutti gli incentivi e l'industria italiana è nuda, senza strumenti per competere in uno scenario dominato da incertezza, dazi e rischio delocalizzazione'', è il monito di Confindustria, che ''alla luce delle indicazioni fornite dal governo sul quadro generale della prossima manovra”, torna a esprimere “preoccupazione per la mancanza, al momento, di misure forti a sostegno degli investimenti”.
Viale dell'Astronomia incalza sulla “necessità” di attuare il piano straordinario da 8 miliardi l’anno proposto all’assemblea annuale di Bologna e mette in guardia dal “rischio stagnazione”. Bisogna puntare su “interventi concreti per rilanciare gli investimenti, rafforzare l'accesso al credito e valorizzare ed estendere il modello delle Zes” e rendere strutturale il Fondo di Garanzia con una dotazione finanziaria “adeguata”, prevedere “un'Ires premiale 2.0 realmente efficace, senza vincoli che ne limitino l'impatto". Accanto, i temi condivisi con i sindacati: la sterilizzazione del fiscal drag e il contrasto al dumping nella contrattazione, che “incidono direttamente sulla competitività del sistema produttivo''. Insomma, nello scheletro attuale della legge di bilancio “manca la parola crescita”, ha riassunto il numero uno degli industriali, Emanuele Orsini, dall’assemblea di Assolombarda.
Quello dell’Ires è un tema caro anche a Confcommercio, che infatti propone di renderla “strutturale” per quelle società “che investono in innovazione e creano nuova occupazione” e contestualmente “di avanzare nel processo di abolizione dell'Irap a cui sono ancora sottoposte le società di persone e quelle di capitali”. Sul fronte fiscale le associazioni chiedono di fare di più sul taglio dell’Irpef: “La pressione fiscale è troppo alta, lo stesso Dfp stima, per il 2025, 342 miliardi di gettito delle imposte dirette”, meno rispetto all’anno scorso, ma ancora “su livelli record”, fa presente Confesercenti.
Per questo, la sforbiciata dell’aliquota dal 35 al 33% deve essere allargata anche ai redditi fino a 60mila euro, altrimenti “rischia di non avere effetti percepibili sul potere d'acquisto e quindi sulla domanda interna per consumi” (su questo punto, il governo, nell’incontro di venerdì scorso con i sindacati, aveva ipotizzato qualche ‘margine’, di cui però non sono ancora chiari i contorni). Allo stesso modo, anche detassare i primi mille euro di 13esima potrebbe rivelarsi “un importante sostegno per le famiglie”. Anche Legacoop chiede “un deciso cambio di passo nelle politiche di crescita”, a partire dalla parziale defiscalizzazione degli aumenti contrattuali su cui potrebbe esserci “una possibilità reale: abbiamo iniziato a interloquire con il ministro del Lavoro già da tempo”, sostiene il presidente Simone Gamberini.
Ci sono poi le richieste di ‘categoria: gli edili, che da un lato apprezzano la conferma del bonus ristrutturazione al 50% per la prima casa, dall’altra chiedono “una rivisitazione di tutti gli incentivi” e “la cedolare secca sugli affitti commerciali” per evitare il fenomeno della desertificazione commerciale, l’Ance insiste per mettere subito a terra interventi sulle emergenze casa, rischio idrogeologico e costo dei materiali, gli agricoltori invocano il rafforzamento del credito agricolo e agevolazioni per l'ammodernamento delle aziende, insieme a misure per l'internazionalizzazione del settore.
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(Adnkronos) - Donald Trump protagonista assoluto della giornata che può segnare una svolta in Medio Oriente, con la liberazione di 20 ostaggi rapiti da Hamas in Israele il 7 ottobre e con la firma dell'accordo per la pace a Gaza. Il presidente degli Stati Uniti, primo regista dell'operazione diplomatica, trascorre una decina di ore tra Israele ed Egitto. Atterra a Tel Aviv, si sposta a Gerusalemme per intervenire alla Knesset e incontrare familiari degli ostaggi, poi vola a Sharm-el-Sheik per il vertice con una ventina di leader internazionali. Quindi, in serata, risale sull'Air Force One e torna negli Usa. Un tour de force per un 13 ottobre in primissima fila, in una giornata che - tra obiettivi centrati ed elogi unanimi - regala anche più di una perla, in pieno stile Trump.
Si comincia dalla Knesset, dove due deputati della sinistra protestano in maniera plateale interrompendo il presidente con riferimenti al genocidio a Gaza e al mancato riconoscimento della Palestina. I parlamentari vengono bloccati rapidamente ed espulsi. Trump, con un'espressione tra il sorpreso e l'irritato, attende che l'ordine venga ripristinato (Video). "E' stato molto efficiente...", dice elogiando l'intervento della security. "E ora torniamo a parlare di Steve...", dice riprendendo il filo del discorso, sospeso sugli elogi del suo inviato speciale Steve Witkoff.
Nel suo discorso di oltre un'ora davanti al Parlamento, Trump trova anche tempo e modo per perorare la causa del premier Benjamin Netanyahu. "E' un tipo tosto, è complicato trattare con lui. E' un vincente, ha fatto un ottimo lavoro", dice a più riprese il presidente americano prima di tirare fuori il jolly: Trump si rivolge direttamente al presidente israeliano Isaac Herzog e chiede pubblicamente un aiuto per l'amico Bibi. "Presidente, perché non gli concede la grazia?", chiede a bruciapelo. Dopo il discorso fiume, con un'agenda stravolta dal ritardo ("In Egitto non troviamo più nessuno"), Trump vola a Sharm. E lo show continua.
A Sharm-el-Sheik, il numero 1 della Casa Bianca è il padrone di casa del summit e accoglie i leader presenti. Arriva Emmanuel Macron e con il presidente francese va in scena il consueto match di braccio di ferro (Video). La stretta di mano, come già avvenuto in passato, è una prova di forza che dura mezzo minuto abbondante. Si parte con la presa tradizionale, poi si cambia 'impugnatura': Trump detta il ritmo, Macron fatica a liberarsi e alla fine, come evidenzia il 'Var', deve usare anche la mano sinistra per bloccare il braccio del 'collega'.
Davanti ai fotografi ecco lo sceicco Mansour, in rappresentanza degli Emirati Arabi Uniti e Trump mostra di apprezzare in particolare una qualità del paese. "Un sacco di soldi, soldi senza limiti", dice strappando un sorriso all'interlocutore. Nell'album del viaggio di Trump trova spazio anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "E' una giovane donna bellissima, di successo, è incredibile. In Italia è molto rispettata", dice Trump. "Non dovrei dirlo, se dici una cosa del genere in America la tua carriera politica è finita: correrò il rischio, è bellissima" (Video).
Trump calls Italian Prime Minister Meloni "beautiful" and says calling a woman beautiful in the U.S. is the "end of your political career."
— Daily Wire (@realDailyWire) October 13, 2025
"I'll take my chances."😂 pic.twitter.com/nNdpaIhfd9
Trattamento decisamente diverso viene riservato al premier britannico Keir Starmer. Trump non lo vede, non sa se ci sia. Lo cerca e lo chiama, il premier si fa avanti verso il microfono, pensa magari di dover offrire il suo contributo dal podio. Macché. "Tutto bene? Grazie per essere venuto", il messaggio di Donald che rimanda il povero Starmer, a dir poco perplesso, al proprio posto (Video).
Momento 'Paperissima' con il premier canadese Mark Carney. Trump, nei ringraziamenti, lo promuove a presidente. Alla fine dell'evento, Carney torna sul lapsus ma lo fa con il microfono aperto. "Mi hai promosso a presidente", dice il canadese. "Ho detto 'presidente'? Almeno non ho detto 'governatore'", replica subito Trump, con un ironico riferimento al sogno di vedere il Canada come 51esimo stato americano.
'Il veleno è nella coda' e non manca in chiusura la stoccata. "Conosco molti di voi da così tanto tempo -dice Trump rivolgendosi ai leader-. Amici miei, siete persone fantastiche. Ce ne sono un paio che non mi piacciono, ma non vi dirò chi sono. In realtà ce ne sono alcuni che non mi piacciono per niente, ma non scoprirete mai chi sono. Forse sì...". Si accettano scommesse.

(Adnkronos) - Non riesce a ribaltare i pronostici, come aveva auspicato Giorgia Meloni solo venerdì, Alessandro Tomasi. L'esponente di Fratelli d'Italia per la Toscana è il primo candidato del centrodestra che in questa tornata di elezioni regionali perde. Ma non l'animo. Arrivato al quartiere generale organizzato dal suo partito a risultato ormai acquisito, ma non ufficiale, il sindaco di Pistoia è il primo dei suoi a parlare, almeno da Firenze, in cui si intravedono solo tre esponenti nazionali di Fratelli d'Italia e l'ex candidata alla presidenza nel 2020, Susanna Ceccardi, della Lega.
Tomasi ammette la sconfitta e si congratula con Eugenio Giani: "Noi saremo disponibili a parlare, a discutere dei temi insieme a lui che riguardano il bene dei toscani" ma, avverte, se il primo atto del nuovo Consiglio regionale sarà il reddito di cittadinanza, "faremo la guerra". E la farà anche lui, perché la sua intenzione, dice, è quella di lasciare l'incarico a Pistoia per fare il consigliere regionale della minoranza, dopo tutto "le mie idee, la mia storia politica vale molto di più del mio sedere". "Ora inizia un'altra partita e dalle sconfitte si costruiscono le vittorie. Sono assolutamente determinato, siamo determinati ora vediamo che cosa iniziamo a fare quando costruiremo l'opposizione", avverte. Quanto alla battaglia, fatta con il cuore, sapeva che era "difficilissima e complessa, con avversari tosti, difficili, nella regione più difficile", e infatti "non è un caso" che il centrosinistra provi "qui un laboratorio politico per sfidare Giorgia Meloni alle nazionali".
E' soddisfatto, quasi contento per il risultato ottenuto, e nonostante il tempo a disposizione per la campagna elettorale sia stato poco - solo a fine agosto è arrivata l'investitura ufficiale per la sua corsa -, l'affluenza sia andato sotto il record negativo storico del 2015: "Le campagne elettorali corte, le regioni che votano in modo separato, secondo me non aiutano la democrazia, sia chi vince, sia chi perde", dice ancora. Ma soprattutto nonostante da parte degli altri partiti della maggioranza l'apporto alla causa non sia stato il massimo. "Non ho nulla da recriminare agli alleati", specifica, anche se "nella coalizione nessuno ha dato il massimo" per arrivare a quel 51% richiesto per sbaragliare la concorrenza. E la Lega? "Dovete chiedere a loro, faranno l'analisi loro di come hanno deciso di impostare la campagna elettorale, di come hanno deciso di comporre le liste", se la sbriga.

(Adnkronos) - Enrica Bonaccorti torna sui social dopo l'annuncio della sua malattia per ringraziare i fan e gli amici per l'affetto ricevuto. "Mi avete stravolta con il vostro affetto! Vorrei abbracciarvi tutti, dirvi grazie uno per uno, conoscere anche quelli che non conosco e che mi danno tanta forza con le parole più affettuose che potessi immaginare! Ho risposto e continuerò a rispondere a quanti più posso, ringraziandovi perché ho ripreso a respirare la vita quando ho smesso di nascondermi e l’ho detto", scrive.
"Intanto mi sono liberata del senso di colpa di non rispondere più a nessuno - spiega la Bonaccorti - di essere scomparsa anche coi più cari amici che hanno pensato che ce l’avessi con loro, o con il pubblico che mi accusava di non aver partecipato neppure al ricordo di Pippo Baudo e di essere rimasta in vacanza! Altro che vacanza…". "E poi sono abituata alla sincerità, sono a disagio altrimenti - prosegue la conduttrice - Dai vostri messaggi ho capito da quanto bene sono circondata e anche da quanti hanno attraversato lo stesso momento. Grazie per aver condiviso la vostra esperienza, anche questo mi ha dato forza e speranza, ho fatto bene ad aprirmi come tanti mi avete detto, grazie anche per questo".
Infine, un cenno alle sue condizioni attuali di salute: "Spero di potervi dare notizie belle appena ci saranno, in ogni caso non mi nasconderò più. Vi abbraccio forte forte", conclude la Bonaccorti.

(Adnkronos) - Taffo Funeral Services, impresa leader nel settore funerario e protagonista di una delle più innovative strategie di comunicazione del panorama italiano, cambia nome e diventa Tanuba. La decisione di abbandonare il nome Taffo nasce da motivi strategici e valoriali: proteggere e rafforzare l’identità di una community di oltre un milione di persone che nel tempo è diventata parte integrante del brand. L’obiettivo è evitare strumentalizzazioni legate a un cognome e trasformare un patrimonio di persone, idee e partecipazione in un’identità condivisa, solida e collettiva.
Il nuovo nome, Tanuba, fonde 'Taffo' con 'Anubi', l’antica divinità egizia protettrice dei defunti, evocando il legame con le origini e la proiezione verso il futuro. Accanto alla nuova identità nasce anche la mascotte Tanuba, una baretta in giacca e cravatta scelta direttamente dalla community, simbolo concreto di coinvolgimento e partecipazione collettiva.
Oggi il gruppo conta oltre quaranta sedi in Italia. Il modello di franchising centralizzato consente di mantenere coerenza nei valori e nella qualità del servizio, garantendo economie di scala e uniformità operativa. Il gruppo registra un fatturato annuo compreso tra i 15 e i 16 milioni di euro, confermando una crescita costante e una solidità economica che lo posizionano come riferimento nel mercato funerario nazionale e internazionale.
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(Adnkronos) - Donald Trump e lo 'scherzo' a Keir Starmer. Nel vertice di Sharm-el-Sheik, che sancisce la pace a Gaza, il presidente degli Stati Uniti è il mattatore assoluto. Trump è il 'padrone di casa' anche se il summit va in scena in Egitto. Nelle dichiarazioni alla fine dell'evento, il presidente americano parla dal podio mentre gli altri leader lo 'scortano' alle spalle.
"C'è il Regno Unito?", chiede Trump. Alle sue spalle avanza il premier britannico Keir Starmer, che si avvicina al microfono pensando probabilmente di dover pronunciare qualche parola. "Va tutto bene?", chiede Trump. "Benissimo", risponde Starmer. "E' bello che lei sia qui", chiosa il presidente americano: fine. Starmer rimane interdetto, ma non ha alternative. Il premier britannico torna al proprio posto.
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(Adnkronos) - Quella di oggi è "una giornata storica e sono ovviamente fiera che l'Italia ci sia. Mi piace pensare che sia anche un ringraziamento al lavoro che abbiamo fatto in questi mesi, in particolare sul piano umanitario ma anche sul piano politico, in un supporto costante e silenzioso a tutti gli sforzi che venivano fatti verso una cessazione delle ostilità". Così la premier Giorgia Meloni, al termine del summit di Sharm el-Sheikh dove è stato firmato l'accordo di pace per Gaza tra Israele e Hamas.
Quello avviato oggi "è un percorso molto lungo, noi oggi abbiamo una prima fase ma è anche un'occasione che non si vedeva da tantissimi anni per arrivare a una pace seria, giusta in Medio Oriente, che per me si fonda sempre sulla prospettiva dei due Stati". Se è più vicino il riconoscimento della Palestina da parte dell'Italia? "Se viene attuato il piano certo che è più vicino. Io punto ad avere uno Stato della Palestina e quindi, quando ci saranno le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento, certo".
Meloni riconosce che l'accordo "è un grande successo di Donald Trump, credo che abbia ragione nel dire che è il suo più grande successo diplomatico, anche se noi gli auguriamo di raggiungerne altri a partire dall'Ucraina, ma penso che dobbiamo anche ringraziare i mediatori che hanno lavorato per questo risultato".
"L'Italia è qui per dire che c'è, che è pronta a fare la sua parte su tutti gli aspetti" a partire da quello "umanitario", assicura la premier. "Noi andremo avanti con la nostra iniziativa 'Food for Gaza', ce n'è particolarmente bisogno oggi, ma penso che l'Italia possa fare la differenza anche sul piano sanitario, non soltanto continuando ad evacuare le persone, particolarmente bambini che hanno bisogno di essere curati nei nostri ospedali, ma anche portando strutture sanitarie sul posto", ha aggiunto. Sul piano della sicurezza, "voi sapete che i nostri carabinieri già da anni a Gerico formano la polizia palestinese. Siamo impegnati anche nella missione Ue a Rafah".
L'Italia è pronta "a implementare" la sua presenza militare a Gaza "fino ad arrivare alla partecipazione a una forza di stabilizzazione. Ciò richiede un passaggio parlamentare, sul quale spero che una volta si potrebbe anche votare all'unanimità".
"Sul piano della ricostruzione siamo pronti a fare la nostra parte" sia "con la cooperazione allo sviluppo" sia "coinvolgendo il nostro settore privato. Tutti sanno che la nostra è una nazione rispettata, ben voluta, che riesce a dialogare con tutti, che però lo fa con franchezza, guardando i risultati".
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(Adnkronos) - "Giovane e bellissima", con queste parole Donald Trump parla di Giorgia Meloni a margine del summit sulla pace in Medio Oriente. "Abbiamo qui una giovane donna. Non mi sarebbe permesso dirlo - negli Stati Uniti, di solito, è la fine della carriera se lo fai - ma correrò il rischio: è una donna giovane e bellissima. Voleva essere qui, è incredibile. In Italia è una politica di grande successo. Non ti dispiace se dico che sei bellissima? Perché lo sei davvero", dice il presidente americano mentre alle spalle ha la premier italiana e gli altri leader esteri.
Già prima di posare per la foto di rito il presidente aveva salutato Meloni con una calorosa stretta di mano davanti a flash e telecamere e le aveva detto: "Beautiful woman". La premier italiana era l'unica donna presente tra gli oltre venti leader internazionali riuniti a Sharm el-Sheikh per il vertice sulla pace in Medio Oriente.
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(Adnkronos) - Fratelli d'Italia non cresce ma aumenta il vantaggio su Pd e Movimento 5 Stelle. E' il podio definito oggi dal sondaggio Swg per il Tg La7 con le intenzioni di voto se si andasse alle elezioni il 13 ottobre 2025. Fratelli d'Italia non si sposta rispetto al rilevamento della scorsa settimana e si conferma ampiamente primo partito, con un incremento del margine sulla concorrenza. La formazione guidata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni rimane al 30,8% ma allunga rispetto a Pd e M5S. Il Partito Democratico della segretaria Elly Schlein cede lo 0,1% e scende al 21,8%. Il M5S di Giuseppe Conte perde lo 0,2% e si attesta al 13,4%.
Passo indietro anche per la Lega (-0,1%), ora all'8,7%, e per Forza Italia (-0,2%), scesa al 7,8%. Verdi e Sinistra non si spostano dal 6,8%. Staccate Azione (3,1%), Italia Viva (2,4%) e +Europa (1,9%), mentre le altre liste non rilevate singolarmente valgono nel complesso il 3,3%.
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(Adnkronos) - "La grande sfida oggi è coniugare sostenibilità ambientale, economica e sociale. A Bruxelles lo ripetiamo da anni, ma manca ancora un equilibrio vero tra questi tre elementi”. Lo ha affermato Paolo De Castro, presidente di Nomisma, intervenendo a Roma alla conferenza per i 40 anni di Assofertilizzanti. “Gli obiettivi ambientali dell’Unione Europea sono giusti – ha spiegato – ma se non vengono condivisi e applicati anche dai Paesi con cui commerciamo, si rischia di creare distorsioni di mercato e penalizzare i nostri agricoltori. L’Europa non è sola al mondo: continuare ad alzare gli standard senza reciprocità significa danneggiare la nostra agricoltura e, paradossalmente, ingannare i consumatori, che finiscono per acquistare prodotti extra-Ue realizzati senza le stesse regole”. De Castro ha invitato l’Europa “a prendere coscienza di non essere più quella degli anni Sessanta o Settanta, capace di dettare da sola la linea al resto del mondo”, e ha citato come esempio il rinvio del provvedimento sulla deforestazione. “Se il resto del mondo non ti segue – ha concluso – non puoi applicare regole solo in casa tua, lasciando a terra interi settori produttivi”.

(Adnkronos) - “Ci stiamo confrontando con Bruxelles su temi cruciali legati alla sostenibilità. Il Green Deal europeo è condizionante, e la nostra posizione è critica ma costruttiva. Ci preoccupa molto l’arrivo del Cbam e l’ipotesi di eliminare le agevolazioni IVA sui fertilizzanti, misure che colpirebbero soprattutto le aziende agricole più piccole”. Lo ha dichiarato Paolo Girelli, presidente di Assofertilizzanti, intervenendo alla conferenza per i 40 anni dell’associazione a Roma.
“Destano forte preoccupazione anche i possibili divieti all’uso dell’urea nelle aree sensibili, in particolare nella Pianura Padana – ha aggiunto –. Le nostre aziende dispongono di tecnologie in grado di ridurre l’impatto ambientale senza penalizzare la produttività. Rinunciare all’urea significherebbe compromettere rese e qualità, con un beneficio ambientale minimo, appena dello 0,1% in termini di emissioni clima-alteranti: sarebbe una follia”. Girelli ha ricordato che “l’industria italiana dei fertilizzanti ha già sviluppato prodotti innovativi e a basso impatto, dagli inibitori della nitrificazione ai concimi a rilascio controllato, fino agli organo-minerali e ai biostimolanti. Servono soluzioni condivise e comparabili con quelle di altri Paesi europei, come la Germania – ha concluso – dove è stato introdotto il concetto di ‘urea inibita’ e l’obbligo di interramento entro 48-72 ore. Chiediamo un confronto aperto e onesto per evitare scelte che penalizzino il nostro settore e la qualità del made in Italy agroalimentare”.

(Adnkronos) - “Abbiamo chiesto lo slittamento di un anno non per rinviare l’applicazione, ma per avere il tempo di ridiscutere la normativa a livello europeo, perché la visione ereditata dalla precedente Commissione, con Timmermans in testa, rischia di essere devastante per l’agricoltura e l’agroalimentare europeo”. Lo ha dichiarato Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, intervenendo a Roma alla conferenza per i 40 anni di Assofertilizzanti. “Le politiche di rinaturalizzazione, così come concepite, avrebbero provocato un disastro economico e sociale, riducendo fino al 60% l’uso di alcune molecole e la capacità produttiva interna – ha spiegato – costringendoci a importare da Paesi dove quelle stesse norme non valgono. È un paradosso ambientale ed economico che va assolutamente corretto”. Prandini ha sottolineato la necessità di “investire di più nella ricerca e nell’innovazione, dal digestato alle nuove molecole e alla concimazione chimica”, aggiungendo che “la riduzione degli strumenti a disposizione delle imprese agricole mette a rischio la sovranità alimentare e la sostenibilità stessa del sistema. Essere più sostenibili – ha concluso – significa investire in tecnologia, agricoltura di precisione, satelliti e droni. L’agricoltura italiana ed europea è la più sostenibile al mondo, ma se la indeboliamo, falliamo sia economicamente che ambientalmente. Dobbiamo dialogare con l’Europa e far valere il nostro modello, evitando visioni ideologiche che non conoscono la realtà produttiva”.

(Adnkronos) - “Dobbiamo continuare a produrre di più e meglio, con una sostenibilità anche economica e una reale reciprocità nelle regole, altrimenti rischiamo il paradosso agricolo: ci si chiede di fare cose che altrove non si fanno, con costi e limiti maggiori per le nostre imprese”. Lo ha dichiarato Giordano Emo Capodilista, vicepresidente di Confagricoltura, intervenendo a Roma alla conferenza per i 40 anni di Assofertilizzanti. “Non possiamo accettare – ha proseguito – di dover ridurre la qualità dei nostri prodotti e allo stesso tempo importare materie prime da Paesi dove non valgono le stesse norme ambientali. Questo non è solo un problema produttivo, ma anche sociale, perché mette a rischio la sopravvivenza delle imprese agricole e delle aree interne”. Capodilista ha sottolineato come “l’agricoltura sia un settore strategico” e che “gli agricoltori italiani stanno già andando nella direzione della sostenibilità, come dimostra la riduzione dell’uso di azoto e l’impiego di pratiche innovative come l’interramento, gli inibitori e i fertilizzanti a rilascio lento. Non dobbiamo buttare via il bambino con l’acqua sporca – ha aggiunto – fermando pratiche che stanno già migliorando l’impatto ambientale, ma che devono restare sostenibili anche economicamente. Serve continuità e collaborazione lungo tutta la filiera”. Il vicepresidente di Confagricoltura ha infine auspicato una revisione della direttiva nitrati “alla luce delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale” e ha sollecitato “chiarezza normativa sull’uso del digestato in agricoltura, che può rappresentare un’importante risorsa se regolata in modo corretto”.

(Adnkronos) - "Ha vinto la Toscana illuminata e riformista. Il risultato è stato chiaro fin dai primi scrutini. Ed è un voto che guarda al futuro. E' una soddisfazione straordinaria". Eugenio Giani è stato riconfermato presidente della Regione Toscana, conquistando il suo secondo mandato con "un risultato netto che, già dalle prime proiezioni, non ha lasciato spazio a dubbi".
Il campo largo di centrosinistra, ha spiegato Giani nella conferenza stampa nel suo comitato elettorale alla Casa della Cultura a Firenze, dove ha festeggiato la vittoria con i leader nazionali Elly Schlein, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, si è imposto "con un margine di circa sei punti percentuali in più rispetto al risultato di cinque anni fa e una differenza di circa quindici punti sul candidato del centrodestra, Alessandro Tommasi".
"Ringrazio tutti i toscani, è un’emozione vedere un risultato così evidente e chiaro già dalle prime battute degli scrutini", ha dichiarato Giani. "Questo voto indica una Toscana che decide con autonomia, con il proprio cervello, ispirata ai valori di libertà, democrazia e giustizia sociale. Una regione che guarda avanti con uno spirito progressista e illuminato".
Il presidente della Regione ha rivendicato il lavoro svolto nei cinque anni appena trascorsi, elencando alcune delle iniziative più significative della sua amministrazione: dagli asili nido gratuiti alla legge sul fine vita medicalmente assistito, fino all'investimento sulla sanità pubblica, definita "tra le eccellenze del Paese".
Giani non ha nascosto la difficoltà della campagna elettorale, soprattutto nella sua fase finale: "Nell'ultima settimana mi sono trovato contro la premier, i due Vicepremier, tutti i ministri... sembrava una mobilitazione quasi feudale, come accaduto in altre regioni. Ma alla fine ha vinto la Toscana, quella che pensa, che sceglie con autonomia, che non si fa trascinare".
Nonostante si trattasse di elezioni regionali singole, con una minore attenzione mediatica rispetto ad altri appuntamenti elettorali, l'affluenza – secondo Giani – è rimasta in linea con quella di dieci anni fa: "Il 48% dei votanti è un dato da leggere in quel contesto. E sono particolarmente fiero che la mia provincia, Firenze, abbia superato il 53% e che il mio comune, Sesto Fiorentino, abbia raggiunto quasi il 60%".
Giani ha espresso soddisfazione per tutte le quattro liste che lo hanno sostenuto: "il Partito Democratico che si attesta oltre il 35%, la lista Giani Presidente - Casa Riformista che supera l’8%, Alleanza Verdi-Sinistra (Avs), accreditata intorno al 6%, E infine il Movimento 5 Stelle, attorno al 5%, nonostante un percorso d’adesione non privo di frizioni. Un risultato plurale che dà forza a un progetto inclusivo e progressista, capace di interpretare la complessità della nostra regione", ha sottolineato Giani, che ha anche riconosciuto il buon risultato della candidata Antonella Bundu di Toscana Rossa, in rappresentanza delle forze alternative a sinistra.
Nel suo intervento, Giani ha voluto sottolineare la valenza nazionale del risultato: "Questo voto è un segnale che parte dalla Toscana e parla al Paese. Quando c’è un buon governo progressista, capace di rispondere ai bisogni delle persone, si crea consenso. Questo può essere il modello su cui costruire una coalizione vincente anche a livello nazionale".
Il presidente della Toscana ha voluto ringraziare la segretaria del Pd, Elly Schlein, definendola "sempre presente e vicina", dalla partenza della campagna elettorale all’evento finale di chiusura a Firenze. Ha poi espresso gratitudine anche a Emiliano Fossi, segretario regionale del Pd.
In conclusione, Giani ha voluto lanciare un messaggio di unità: "Da questo momento sarò il presidente di tutta la Toscana. Sarà fondamentale il dialogo, anche con Alessandro Tommasi, con cui il confronto è sempre stato rispettoso e costruttivo. Continueremo a lavorare per una Toscana che sia laboratorio di buon governo, esempio per il centrosinistra nazionale". (di Paolo Martini)
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