
La crisi demografica come sfida decisiva per il futuro dell’Italia e dell’Europa, ma anche come banco di prova della libertà, della coesione e della capacità di progettazione di un Paese. Questo il filo conduttore del lungo intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alla quinta edizione degli Stati generali della natalità, oggi a Roma.
Il Capo dello Stato ha richiamato con forza l’urgenza di un cambio di passo culturale, sociale e politico, in un contesto in cui la denatalità “non è una condanna”, ma un fenomeno che richiede consapevolezza e azioni concrete. "Occorre aiutare la vita a sbocciare e porre le persone al centro degli interessi della comunità. Per questo la vostra riflessione è importante: non siamo condannati al declino. Il nostro domani è nelle nostre mani. Il nostro futuro, quello delle nostre famiglie, della nostra società, è parte del nostro presente, perché il suo concretizzarsi è frutto delle scelte che compiamo oggi e una società consapevole che sa accogliere la vita, sa accogliere le persone, è fin d’ora una società più forte", ha affermato il presidente della Repubblic
“La continuità delle comunità è nel succedersi delle generazioni”
Mattarella ha sottolineato come il tema della natalità sia oggi “vitale per il nostro Paese e per l’intero continente europeo”. "La continuità di un popolo – ha spiegato – si esprime nella capacità di rinnovarsi attraverso le generazioni e il livello di sostituzione, di avvicendamento che le accompagna è conseguenza del modello di società che si sarà concorso a costruire".
Il Presidente ha osservato anche come, nelle società contemporanee, si sia spezzato lo storico legame tra benessere e incremento della popolazione. "Laddove i consumi privati appaiono più alti, si riscontra minore generatività. Una constatazione che induce a riflettere sui valori che possono caratterizzare i vari consorzi umani alle diverse longitudini".
Giovani “in ritardo” per cause non loro: lavoro, casa, autonomia
Tra i passaggi più forti, l’analisi delle condizioni dei giovani, sempre più lontani dalla possibilità di costruirsi una vita autonoma. "In una società centrata sulla velocità, sul tempo reale, i giovani -e non per loro responsabilità- vengono messi in condizione di rischiare di essere in costante ritardo". Ritardo nel trovare un’occupazione stabile, nel rendersi indipendenti dalla famiglia d’origine, nell’accedere a una casa, nel formare una famiglia e nel diventare genitori. "Una catena causata da precarietà, salari insufficienti, costi delle abitazioni e carenza di servizi che rendono difficile conciliare i tempi del lavoro con quelli della vita familiare e con la cura di familiari in età avanzata. La generatività ha valore umano e ha valore sociale. È la società nel suo insieme che deve comporre un ambiente favorevole e assicurare piena libertà di poter avere dei figli".
Il dovere delle istituzioni: l’Articolo 31 come guida
Mattarella ha richiamato esplicitamente la Costituzione, ricordando l’articolo 31, che impone alla Repubblica di favorire la formazione della famiglia e proteggere maternità, infanzia e gioventù: “La Repubblica agevola la famiglia con misure economiche e provvidenze… Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù”.
Il Presidente ha ribadito che il ruolo delle istituzioni pubbliche è “tutt’altro che indifferente”: servizi sociali adeguati, retribuzioni dignitose e politiche abitative e familiari incisive sono condizioni indispensabili per permettere ai cittadini di scegliere liberamente la genitorialità.
In un passaggio di forte valore civile, Mattarella ha voluto marcare la differenza tra un approccio democratico al tema e visioni strumentali o identitarie: “L’equilibrio demografico riflette il progetto di vita di un Paese. È immagine della libertà dei suoi cittadini”. E ha aggiunto: “Talvolta gli Stati assumono il popolo non come base costitutiva della comunità, ma come elemento di affermazione. In uno Stato democratico -come la nostra Repubblica- i temi della natalità, in altri termini, si caratterizzano come espressione alta del dovere delle strutture pubbliche di porre i cittadini nella condizione di esprimere in piena libertà la loro vocazione alla genitorialità, nell’interesse del bene comune".
Gli squilibri demografici pesano su welfare, economia e conti pubblici
La denatalità, ha ricordato il Presidente, ha effetti strutturali: squilibri nel sistema di welfare, carenza di forza lavoro, difficoltà nel sostenere i conti pubblici, rischi per la coesione intergenerazionale.
Mattarella ha apprezzato il lavoro della commissione parlamentare d’inchiesta sulla transizione demografica, auspicando che “possa essere utile a trasformare la consapevolezza in azione”.
L’intervento si è concluso con un richiamo alla responsabilità collettiva e alla possibilità di invertire la rotta: “Occorre aiutare la vita a sbocciare e porre le persone al centro degli interessi della comunità. Non siamo condannati al declino. Il nostro domani è nelle nostre mani”.
A Cagliari manifestazione in piazza del Carmine...
A Roma 3-14 dicembre Colpire al cuore rassegna celebrativa... 
Una delle domande più antiche della ricerca archeologica sarda sta finalmente trovando risposta: quanti sono i nuraghi dell’Isola? In Sardegna manca un censimento completo, ma oggi sta nascendo un progetto che unisce tecnologie avanzate, ricerca scientifica e partecipazione civica per colmare questa lacuna storica. Ha infatti preso ufficialmente il via il percorso che porterà alla realizzazione dell’Atlante della civiltà nuragica. Il punto di partenza è chiaro e viene sintetizzato in una frase da Pierpaolo Vargiu, presidente dell’Associazione La Sardegna verso l’Unesco: “Si apprezza soltanto ciò che si conosce”. L’impossibilità di definire il numero preciso dei nuraghi pone limiti alla protezione e alla valorizzazione del patrimonio, ed è per questo che la Sardegna ha deciso di cambiare passo.
Durante la “Settimana nuragica”, ospitata all’ex Manifattura Tabacchi di Cagliari, Regione, Università di Cagliari e Sassari, Crenos e CRS4 hanno presentato i primi esiti del progetto regionale sviluppato nell’ambito del Pnrr. Il cuore di questa nuova infrastruttura scientifica è il geoportale “NuragicReturn”, un contenitore di dati provenienti da droni, fotografie aeree, rilievi topografici, archivi storici e contributi locali. Una piattaforma dedicata alla ricognizione dei siti e dei rischi legati ad alluvioni, instabilità del suolo, terremoti e degrado ambientale che diventa così strumento di protezione del territorio.
Il censimento provvisorio registra 10.387 monumenti in 9.410 siti. Una cifra enorme, che dà l’idea della densità archeologica della Sardegna, ma che necessita ancora di perfezionamenti. Ed è qui che entra in gioco la svolta: l’Atlante sarà la prima piattaforma aperta e partecipata dedicata ai nuraghi. Entro il 2026 i cittadini potranno collaborare attivamente segnalando nuovi monumenti, caricando immagini, controllando la posizione dei siti e aiutando a costruire una memoria condivisa.
Parallelamente è nato da circa un anno l’AI Archeo-Hub, il primo polo italiano dedicato all’intelligenza artificiale per l’archeologia, creato con le università sarde e la Duke University. Una struttura che porterà analisi automatica delle immagini, ricostruzioni 3D e nuovi strumenti per la ricerca.
L’ iniziativa, insomma, è molto più di un progetto geografico-tecnologico: rappresenta una svolta culturale, identitaria ed economica. L’Atlante dei Nuraghi è destinato a ridefinire il modo in cui la Sardegna si racconta, restituendo all’Isola il ruolo che le spetta nella storia mediterranea. “Questo patrimonio non è solo un’eredità: è un’opportunità”, afferma Vargiu. “Il nostro patrimonio può diventare un motore di sviluppo culturale, economico e turistico. Un diamante prezioso rimasto troppo a lungo chiuso in cassaforte. L’Atlante dei Nuraghi non è soltanto un progetto tecnologico: è un gesto identitario. È il percorso con cui la Sardegna vuole finalmente raccontarsi al mondo, ma prima ancora a sé stessa. Perché si ama solo ciò che si conosce. E conoscere la civiltà nuragica significa restituire all’Isola il posto che le spetta nella storia del Mediterraneo e nell’immaginario globale”.
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Penny Italia annuncia la nomina di Arnd Riehl come nuovo Chief Executive Officer, a partire dal 1° febbraio 2026. Arnd Riehl porta con sé una consolidata esperienza nel Gruppo Rewe, dove è entrato nel 2016 come direttore Vendite Discount National (Penny) in Germania. Dal 2020 al 2023 ha ricoperto la carica di Ceo di Billa Slovacchia, prima di assumere il ruolo di Director People & Culture presso Rewe International AG nel gennaio 2024.
Questa nomina conferma l’impegno di Penny Italia nel rafforzare la propria leadership e nel proseguire il percorso di crescita e innovazione sul mercato italiano. Il piano strategico avviato nei mesi scorsi prosegue con determinazione, prevedendo investimenti significativi per la modernizzazione della rete, l’efficientamento dei processi e la valorizzazione delle leve fondamentali del business, in linea con le evoluzioni del mercato e le esigenze dei clienti.
Attraverso interventi mirati su logistica, assortimenti e patrimonio immobiliare, Penny Italia intende consolidare la propria competitività e assicurare continuità al progetto aziendale, con l’obiettivo di offrire un’esperienza di acquisto sempre più moderna e di qualità. Arnd Riehl succede a Nicola Pierdomenico, che l’azienda ringrazia per il contributo offerto durante il suo mandato e augurandogli ogni successo per il futuro.

“Le persone con BPCO (Broncopneumopatia cronica ostruttiva) sono pazienti che vanno al pronto soccorso, hanno peggioramenti e riacutizzazioni e vengono ospedalizzati. La grande sfida per il futuro è ridurre la sottodiagnosi e intercettare le persone che dopo i 40 anni iniziano ad avere i primi sintomi. Il vero problema è il paziente fumatore: abituato a convivere con la tosse e con le secrezioni, sa che la causa è il fumo e sta lontano dagli accertamenti. Ma il paziente che non fa diagnosi e non si cura, continuando a fumare, corre il rischio di progredire verso forme molto gravi”.
Sono le parole di Claudio Micheletto, Presidente dell’Associazione Italiana Pneumologi Ospedalieri (AIPO-ITS/ETS) e Direttore di Pneumologia presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Verona, intervenuto nell’ambito del XXVI Congresso Nazionale della Pneumologia Italiana – XLVIII AIPO-ITS svoltosi a Verona, città che ha ospitato anche la tappa conclusiva dell’ottava edizione di ‘Esci dal tunnel. Non bruciarti il futuro’, la campagna nazionale di prevenzione e informazione sui rischi legati al fumo e di sensibilizzazione sul tumore del polmone, promossa da Walce (Women against lung cancer in Europe) Aps e realizzata con il supporto non condizionato di AstraZeneca.
Un’iniziativa, collegata al XXVI Congresso Nazionale della Pneumologia Italiana – XLVIII AIPO-ITS: “Nell'ambito di questo congresso sono state messe a terra diverse iniziative - racconta Micheletto - Abbiamo donato alla città di Verona 180 alberi per creare un nuovo parco”, con l’iniziativa ‘Respiro e Ambiente…fuor di queste mura’ e la Festa della piantumazione, “e abbiamo supportato WALCE nell’installazione a forma di sigaretta in piazza Bra, dove sono state eseguite moltissime spirometrie. I cittadini che sono transitati nel tunnel hanno potuto ritirare materiale informativo, avere notizie sulla BPCO, e la spirometria. Un modo per promuovere l'esecuzione di questo test diagnostico nelle fasi iniziali della malattia”, illustra l’esperto.
“La BPCO identifica una malattia infiammatoria cronica che riguarda i bronchi e i polmoni - approfondisce lo pneumologo - Essendo una malattia infiammatoria, determina secrezioni, tosse produttiva e la cosiddetta dispnea ingravescente, cioè una difficoltà respiratoria progressiva nel tempo. Riguarda grossomodo il 6-8% della popolazione, ma è una malattia con problemi di sottodiagnosi, perché soprattutto nelle fasi iniziali, il fumatore sottostima i sintomi caratteristici”.
Poi lo specialista si sofferma sull’importanza della Giornata Mondiale della Bpco, che si celebra il 19 novembre: “Il primo intento è ricordare i fattori di rischio, invogliare a smettere di fumare e sottolineare gli aspetti nocivi del fumo. Purtroppo in Italia più del 20% della popolazione continua a fumare. È una battaglia che non siamo riusciti a vincere e abbiamo molti giovani che fumano, il ché presuppone un futuro di bronchiti croniche per molti di loro - avverte - Secondo intento è migliorare la prevenzione anche nell'ambito delle infezioni. Per chi ha la Bpco ogni bronchite è uno scalino verso il basso - spiega - Sono importanti il trattamento farmacologico regolare, la prevenzione e l'aspetto vaccinale, ma prima che la funzione respiratoria diventi pessima perché a quel punto ogni nostro intervento ha un'efficacia veramente minima - dice - Impostare il massimo della terapia e della prevenzione nella fase iniziale - conclude - può consentire degli ottimi risultati”.
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Restrizione calorica di nuovo sotto la lente della scienza. L'approccio che prevede di ridurre l'apporto totale che giornalmente viene introdotto con la dieta viene esplorato da un team di ricercatori in chiave protettiva per il cervello, rispetto ai cambiamenti dannosi che possono insorgere con l'età. Dal nuovo studio, a firma di esperti della Boston University Chobanian & Avedisian School of Medicine, emerge che consumare il 30% di calorie in meno rispetto al solito per più di 20 anni potrebbe rallentare l'invecchiamento cerebrale.
L’età e il ruolo della microglia nei danni cerebrali
Con l'avanzare del tempo, spiegano gli autori, le cellule del sistema nervoso centrale vanno incontro a disfunzioni metaboliche e un aumento del danno ossidativo. Questi problemi cellulari rischiano di compromettere la capacità di preservare la guaina mielinica (il rivestimento protettivo che circonda le fibre nervose), portando alla degradazione della sostanza bianca correlata all'età. La microglia è la principale cellula immunitaria del cervello e la sua attivazione è una normale risposta a lesioni o infezioni. In condizioni come l'invecchiamento o l'Alzheimer, la microglia può attivarsi cronicamente, portando a uno stato infiammatorio dannoso che impatta sui neuroni, ma le ragioni esatte di questo processo non sono ancora del tutto chiare.
Lo studio dei ricercatori Usa è stato condotto utilizzando un modello sperimentale strettamente correlato all'uomo. "Sebbene la restrizione calorica sia un intervento consolidato che può rallentare l'invecchiamento biologico e ridurre le alterazioni metaboliche legate all'età in modelli sperimentali di breve durata", il lavoro appena pubblicato su 'Aging Cell' "fornisce una rara prova a lungo termine che la restrizione calorica può anche proteggere dall'invecchiamento cerebrale in specie più complesse", illustra l'autrice corrispondente Ana Vitantonio, studentessa Phd al quinto anno del Dipartimento di farmacologia, fisiologia e biofisica.
Uno studio di oltre 40 anni
La ricerca si basa su uno studio avviato negli anni '80 in collaborazione con il National Institute on Aging coinvolgendo 2 gruppi: uno seguiva una dieta normale ed equilibrata, mentre l'altro assumeva circa il 30% di calorie in meno. L'obiettivo originale era determinare se un apporto calorico ridotto potesse prolungare la durata della vita. I partecipanti hanno vissuto la loro vita naturale e i loro cervelli sono stati analizzati post-mortem. I ricercatori hanno utilizzato una tecnica nota come sequenziamento dell'Rna a singolo nucleo, che ha permesso loro di valutare il profilo molecolare delle singole cellule cerebrali. Hanno confrontato le cellule cerebrali di chi seguiva una dieta normale con quelle delle persone sottoposte a dieta ipocalorica, il che ha permesso di osservare come un apporto calorico ridotto influisse sull'espressione dei geni e sull'attività dei percorsi legati all'invecchiamento nelle cellule cerebrali.
Risultati: cellule più “giovani” con meno calorie
Le cellule cerebrali sottoposte a restrizione calorica sono risultate metabolicamente più sane e più funzionali, esibendo una maggiore espressione dei geni correlati alla mielina e un'attività potenziata nei principali percorsi metabolici che sono cruciali per la produzione e il mantenimento della mielina.
Secondo gli autori, questi risultati supportano l'idea che interventi dietetici a lungo termine possano influenzare la traiettoria dell'invecchiamento cerebrale a livello cellulare.
Le implicazioni per memoria e apprendimento
"Ciò è importante perché queste alterazioni cellulari potrebbero avere implicazioni rilevanti per la cognizione e l'apprendimento - rimarca Tara L. Moore, Phd, professoressa di anatomia e neurobiologia - In altre parole, le abitudini alimentari possono influenzare la salute del cervello e un apporto calorico ridotto può rallentare alcuni aspetti dell'invecchiamento cerebrale se implementato a lungo termine".

Ci si sveglia, ci si alza e si controlla lo smartphone. A volte, non serve nemmeno lasciare il letto per dare la prima occhiata al cellulare. Lo 'swipe' per entrare nel telefono è un gesto abituale, che viene ripetuto decine di volte nel corso della giornata. L'automatismo rischia di diventare una pericolosa routine con effetti dannosi, come tutti gli eccessi. I più esposti sono giovani e giovanissimi.
In oltre otto anni di ricerca su adolescenti e millennial, come evidenzia il Washington Post, il professor Larry Rosen - professore emerito di psicologia alla California State University di Dominguez Hills - ha osservato che i ragazzi controllavano o sbloccavano i loro smartphone tra le 50 e le 100 volte al giorno, in media ogni 10-20 minuti da svegli.
Dove tieni il cellulare di notte?
Il WP ricorda un sondaggio condotto da YouGov a maggio sull'uso del telefono: 8 americani su 10 durante la notte tengono il cellulare in camera da letto, spesso a pochi centimetri dal cuscino. Nello stesso sondaggio, gli interpellati hanno spiegato di prendere in mano il proprio dispositivo circa 10 volte al giorno.
L'argomento è finito sotto i riflettori dei ricercatori Nottingham Trent University nel Regno Unito e della Keimyung University in Corea del Sud che si sono soffermati sulle conseguenze di un accesso continuo - o quasi - allo smartphone: controllare in continuazione il telefono, secondo i ricercatori, può determinare l'inizio della compromissione delle capacità cognitive. Qual è la linea rossa? Esiste un limite? A quanto pare, sì.
La linea rossa
I ricercatori hanno determinato che controllare il telefono circa 110 volte al giorno può segnalare un utilizzo ad alto rischio o problematico. A questo risultato, si aggiunge quello a cui è arrivata la Singapore Management University. Lo studio dell'ateneo asiatico ha evidenziato che le frequenti interruzioni di attività per controllare i nostri dispositivi portano a maggiori vuoti di attenzione e di memoria. A differenza del tempo totale trascorso davanti allo schermo, la frequenza con cui si controlla lo smartphone è un indicatore molto più forte di deficit cognitivi quotidiani. In sintesi, sbloccare continuamente il telefono costringe il cervello a passare rapidamente da un'attività all'altra compromettendo la capacità di concentrarsi su una sola azione.
In media, durante una riunione di mezz'ora, una persona su 4 controlla il telefono almeno una volta. Dopo ogni interruzione, possono servire anche 25 minuti per ritrovare la piena concentrazione secondo la professoressa Gloria Mark, ricercatrice alla University of California at Irvine.
Smartphone, alcol e droga: tutte dipendenze
"Gli smartphone attivano lo stesso sistema di 'ricompensa' di droghe e alcol. I telefoni creano un circolo vizioso compulsivo, controlliamo" il cellulare "senza pensarci e sperimentiamo l'astinenza quando non controlliamo o non abbiamo accesso al nostro telefono", dice Anna Lembke, professoressa di psichiatria e medicina delle dipendenze presso la Stanford University School of Medicine.
A integrare il quadro, i dati dei ricercatori tedeschi dell'Università di Heidelberg: dopo sole 72 ore senza utilizzare lo smartphone, l'attività cerebrale si sviluppa secondo i modelli tipici dell'astinenza da sostanze. La ricerca suggerisce che brevi pause dall'uso dello smartphone possono aiutare a ridurre le abitudini problematiche. La soluzione? Disattivare le notifiche, eliminare tutte le app non necessarie, spegnere il telefono tra un utilizzo e l'altro. E, magari, lasciarlo anche a casa ogni tanto.
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Approvato definitivamente l'accordo integrativo regionale... Leggi Tutte le Notizie di oggi in Sardegna
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