
Negli ultimi mesi su TikTok è tornata virale la 'bird theory', conosciuta anche come 'test dell'uccello', un modo divertente per mettere alla prova il coinvolgimento del partner nella relazione. Ma cosa c’è davvero dietro questa tendenza social? E soprattutto, funziona davvero per capire la salute della coppia?
Che cos’è la 'bird theory' e come funziona
A riaccendere il dibattito è stato un video pubblicato su TikTok dalla 30enne Layne Berthoud, che in appena cinque giorni ha superato i cinque milioni di visualizzazioni. Nel breve filmato, Layne dice semplicemente: "Oggi ho visto un uccello". Il marito, Alexandre, 30 anni, risponde curioso: "Ah sì?". E senza saperlo aveva appena "superato" l’ultimo test virale di coppia sui social: la bird theory.
Il test è quindi semplice e quasi buffo: basta indicare qualcosa di apparentemente insignificante, come un uccello, un murales o un cartellone pubblicitario, con grande entusiasmo, come se fosse qualcosa di straordinario. L’obiettivo? Osservare la reazione del partner.
Se il partner si gira, osserva e magari fa domande, dimostra attenzione e interesse. Se invece ignora, minimizza o si irrita, il test sembra suggerire una mancanza di coinvolgimento.
Il legame con gli studi del Gottman Institute
Sembra un gioco banale, ma in realtà si ispira a un concetto psicologico serio: le cosiddette 'bids for connection' (letteralmente 'offerte di connessione'), teorizzate dal ricercatore John Gottman e dalla dottoressa Julie Schwartz Gottman, due esperti di relazioni di coppia. Secondo le loro ricerche, le coppie destinate a durare rispondono positivamente a queste offerte l’86% delle volte, mentre quelle che si separano lo fanno solo nel 33% dei casi.
Un invito alla connessione non è necessariamente un uccello: può essere un sospiro, un tocco, un commento, una battuta, un "guarda che tramonto". L’importante è 'voltarsi verso' l’altro, cioè rispondere con attenzione, interesse o riconoscimento, anche se il gesto sembra piccolo o banale. La lezione principale dei Gottman è che la salute della coppia non si misura in un singolo momento, ma nel modello complessivo delle interazioni quotidiane.
Perché il test virale può essere pericoloso
Nonostante il carattere apparentemente innocuo, la bird theory può diventare tossica se interpretata come un test pass/fail. "Il concetto alla base è buono", spiega Carrie Cole, direttrice della ricerca al Gottman Institute. "Vogliamo che le persone si ascoltino e si connettano, anche con gesti minimi come ‘che bella macchina!’ o ‘guarda quell’uccello!’. Ma trasformare tutto in un test può essere pericoloso". Il rischio, dice Cole, è dare troppa importanza a una reazione isolata o "mettere alla prova" il partner con scenari costruiti.
Dall’orange peel theory' al 'princess treatment'
Il 'bird test' è solo l’ultimo di una lunga serie di “teorie relazionali” che spopolano su TikTok. Prima c’è stata la 'orange peel theory': chiedere al partner di sbucciare un’arancia (anche se potresti farlo da solo). Se accetta, è un segno positivo; se si rifiuta, bandiera rossa.
Poi è arrivato il dibattito sul 'princess treatment', ovvero se sia giusto o meno aspettarsi di essere trattati come una principessa.
Secondo Alexandra Solomon, psicologa clinica e conduttrice del podcast Reimagining Love, questi trend ricordano i test sulle relazioni che un tempo riempivano le riviste per adolescenti: un modo, più o meno consapevole, per chiedersi: "Stiamo bene insieme? Siamo ancora connessi?".
Il successo di questi video, dice Solomon, rivela quanto desideriamo capire cosa rende una relazione sana e trovare conferme nel comportamento del nostro partner. Se il test va bene, ci sentiamo validati. Se va male, possiamo riderci sopra e sentirci parte di una comunità che condivide le stesse frustrazioni.
In sintesi: la 'bird theory' può essere un gioco simpatico o un modo per riflettere sul proprio modo di comunicare, ma non sostituisce il dialogo reale. Come ricordano gli esperti, le relazioni non si misurano in un video da 30 secondi, ma nella costanza quotidiana con cui ci si sceglie a vicenda.

Lacrime e sangue, cuore che scoppia, inni cantati a squarciagola, gioia incontrollata, esultanza e disperazione. Che sia sugli spalti o seduto davanti a uno schermo con gli amici più cari, per un tifoso appassionato di calcio la partita della squadra del cuore è come un viaggio sulle montagne russe delle emozioni. E comincia fin da piccoli: l'amore per il pallone è una religione, una fede che nasce 'in culla', matura negli anni e si porta dentro la tomba. Questione di cervello, di circuiti che si formano nei primi anni di vita. A scoprirlo è stato un team di scienziati che ha studiato i modelli cerebrali dei tifosi di calcio e ha scoperto che alcune regioni si attivano durante la visione delle partite della loro squadra, innescando emozioni e comportamenti positivi e negativi. Lo studio è pubblicato sulla rivista 'Radiology' e gli autori sono convinti che questi stessi modelli potrebbero applicarsi anche ad altri tipi di fanatismo.
L'indagine su tifosi di squadre rivali
Perché partire proprio dal calcio? Perché, spiegano, è un fenomeno globale e gli 'addicted' di questo sport mostrano un ampio spettro di comportamenti, dall'essere spettatori a un intenso coinvolgimento emotivo, fornendo un modello utile per studiare l'identità sociale e l'elaborazione emotiva in situazioni competitive. Le rivalità, si sa, sono radicate nella storia dello sport e i tifosi possono essere molto protettivi nei confronti del team del cuore e dei propri giocatori preferiti. Osservandone successi e fallimenti, sperimentano sentimenti variegati, esultando quando segnano o infuriandosi per un fallo. Gli adepti del 'dio pallone' sono noti per la lealtà e l'entusiasmo, soprattutto in Europa e Sudamerica, continuano gli esperti. Da qui la genesi della ricerca.
"Il tifo calcistico fornisce un modello di fanatismo ad alta validità con conseguenze quantificabili sulla salute e sul comportamento collettivo", argomenta l'autore principale, Francisco Zamorano (caso vuole, in Italia cognome caro ai fan della 'pazza Inter'), biologo e professore associato dell'Universidad San Sebastián, Santiago del Cile. "I meccanismi neurobiologici dell'identità sociale in contesti competitivi non sono chiari, quindi abbiamo deciso di indagare le dinamiche cerebrali associate alle risposte emotive dei tifosi di calcio a vittorie e sconfitte delle loro squadre".
Per lo studio i ricercatori hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale, che misura l'attività cerebrale rilevando i cambiamenti nel flusso sanguigno, per esaminare 60 tifosi di calcio maschi sani (età 20-45 anni) di due storiche squadre rivali. Il livello di fanatismo è stato quantificato con la 'Football Supporters Fanaticism Scale', una scala di 13 punti che valuta due sottodimensioni: inclinazione alla violenza e senso di appartenenza. I dati di imaging cerebrale sono stati acquisiti, mentre i partecipanti guardavano 63 sequenze di gol di partite, che coinvolgevano la loro squadra del cuore, una squadra rivale o una squadra neutrale. E' stata, poi, condotta un'analisi dell'intero cervello per confrontare le risposte neurali quando i partecipanti guardavano la squadra del cuore segnare contro un rivale storico (vittoria significativa) rispetto a quando il rivale storico segnava contro la loro squadra (sconfitta significativa).
Come cambia il cervello in caso di vittoria o di sconfitta
I risultati della risonanza magnetica funzionale hanno mostrato che l'attività cerebrale cambiava a seconda che la squadra del tifoso vincesse o perdesse. "La rivalità riconfigura in pochi secondi l'equilibrio tra valutazione e controllo del cervello", spiega Zamorano.
Cosa succede, quindi, nella mente di un tifoso? "In caso di vittoria significativa il circuito di ricompensa nel cervello viene amplificato, mentre in caso di sconfitta significativa la corteccia cingolata anteriore dorsale, che svolge un ruolo importante nel controllo cognitivo, mostra una sopressione paradossale dei segnali di controllo". Questa soppressione paradossale si riferisce al tentativo di reprimere un pensiero, un sentimento o un comportamento, e produce il risultato opposto. Quando le squadre dei partecipanti allo studio segnavano contro rivali storici si osservava una maggiore attivazione nelle regioni del sistema di ricompensa rispetto ai gol 'neutrali', suggerendo un legame di gruppo e un rafforzamento dell'identità sociale. Zamorano osserva che l'effetto è più forte nei tifosi più fanatici, predicendo un momentaneo fallimento dell'autoregolazione proprio quando l'identità è minacciata e spiegando la sorprendente capacità di persone altrimenti razionali di "cambiare idea" improvvisamente durante le partite.
"Dal punto di vista clinico, il modello implica una vulnerabilità dipendente dallo stato, per cui un breve raffreddamento o la rimozione dei trigger", della scintilla che accende l'emozione, "potrebbe consentire al sistema di controllo di riprendersi", continua il ricercatore. "La stessa firma neurale - aumento ricompensa e controllo in calo in caso di rivalità - probabilmente si può generalizzare oltre lo sport, applicandola ai conflitti politici e settari".
Il meccanismo del fanatismo
Studiare il fanatismo, prosegue Zamorano, "è importante perché rivela meccanismi neurali generalizzabili che possono spaziare dalla passione da stadio alla violenza e ai danni alla salute pubblica a livello di popolazione. Ancora più importante, questi stessi circuiti si forgiano nella prima infanzia", plasmando "l'equilibrio valutazione-controllo che in seguito rende vulnerabili al fascino del fanatismo. Pertanto, proteggere l'infanzia è la strategia di prevenzione più efficace. Le società che trascurano lo sviluppo precoce non evitano il fanatismo; ne ereditano i danni". Affrontare questo aspetto è urgente per Zamorano, visti gli attuali conflitti globali e le narrazioni politiche. L'esperto cita come esempio l'assalto al Campidoglio Usa del 6 gennaio 2021, che ha dimostrato come il fanatismo politico possa prevalere sulle norme democratiche quando la fusione delle identità raggiunge una massa critica. "I partecipanti hanno mostrato i classici segni di compromissione del controllo cognitivo, esattamente ciò che il nostro studio ha riscontrato - conclude - Indagare sul fanatismo non è dunque un atto meramente descrittivo: è una forma di prevenzione che può proteggere la salute pubblica e rafforzare la coesione democratica".

Non sembra siano bastate le parole di Matteo Salvini - con l'invito a guardare al futuro, piuttosto che al Ventennio - a stoppare le polemiche in Lega sul vicesegretario Roberto Vannacci. Le posizioni di revisionismo storiografico sul fascismo espresse sabato sera, e poi confermate a più riprese, con una implicita difesa del regime mussoliniano e delle stesse leggi razziali, non vanno giù a tanti dirigenti del partito di Via Bellerio. Ma l'ordine che Salvini ha dato ai suoi è tassativo: evitare le polemiche finché non si chiude la tornata elettorale, non possiamo permetterci scontri interni a pochi giorni dal voto, è il ragionamento del capo che è arrivato ai leghisti.
La questione, in ogni caso, resta davanti agli occhi di tutti. Nessuno è però disposto a esporsi in prima persona. "Ma ormai lo dicono tutti, Salvini lo deve cacciare", dice a mezza bocca un parlamentare di primo piano del partito. Per ora a metterci la faccia sono stati due dei governatori in quota Lega. Lunedì Luca Zaia, impegnato da capolista in Veneto, ha detto no a qualsiasi revisionismo, ricordando la Shoah e la complicità di Mussolini nello sterminio con "le schifosissime leggi razziali".
Oggi, Massimiliano Fedriga, presidente in Friuli Venezia Giulia, attacca Vannacci. "Il fascismo è stato uno dei grandi mali del nostro Paese, le leggi razziali la più grande vergogna, e su questo bisogna usare parole nette, non giustificazioni o giochi di parole per cercare di mascherare questa vergogna" avverte, esprimendo poi "vicinanza alla comunità ebraica". Zaia a Fedriga non entrano nel merito di quello che potrebbe diventare - dopo il voto - il pressing su Salvini per allontanare l'ex capo dei parà. Ma le distanze sono assolute.
Qualcuno del partito starebbe intanto ripassando lo statuto approvato nell'ultimo congresso, in vista di possibili mosse a suon di regolamento contro Vannacci. Una ipotesi che per il momento resta tale. Particolare attenzione è rivolta all'art.34, dove vengono previsti i provvedimenti disciplinari, dal richiamo scritto fino "all'espulsione" nei confronti dei militanti, che ostacolino "l’attività della Lega per Salvini Premier o della articolazione territoriale regionale o ne compromettano l’immagine politica".
A fare richiesta di un intervento disciplinare può essere il consiglio direttivo provinciale di appartenenza del militante finito nel mirino, poi a decidere sarà il consiglio regionale che potrà delegare la questione al 'Comitato Disciplinare e di Garanzia'. A dire l'ultima parola in appello sarebbe lo stesso Consiglio federale, dove hanno posto Salvini, i suoi vice tra cui lo stesso Vannacci, i governatori delle regioni, capigruppo di Camera e Senato e segretari regionali. Questo se dovesse finire a carte bollate, ma lo scenario non sembra all'ordine del giorno.
Anche nelle chat dei militanti, si apprende, ci sarebbero interventi contro Vannacci, molti danno ragione a Zaia e Fedriga, qualcuno vorrebbe chiedere a Salvini di allontanare il generale, ritenuto incompatibile con i valori fondativi della Lega. La 'simpatia' di Vannacci per il fascismo, era già finita al centro di un burrascoso consiglio federale lo scorso settembre, alla vigilia del voto in Toscana. All'ex capo della Folgore, Susanna Ceccardi, pasionaria della Lega, nel parlamentino della Lega, aveva rimproverato a brutto muso la "svolta a destra" (che era pure lo slogan scelto da Vannacci per il voto regionale, finito con un solenne flop delle liste imposte da generale).
Già in quell'occasione, Salvini, aveva stoppato tutti, decidendo di chiudere il Federale anzitempo, per non dare spazio alla lite tra il suo vice e l'ex sindaca di Cascina. Dopo la sconfitta in Toscana, il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari aveva accusato Vannacci per la debacle, spiegando che prima la Lega prendeva voti da destra e sinistra, come da tradizione bossiana e ora invece "prevale l'ideologia" di destra. A Vannacci veniva contestato l'azzeramento dei leghisti doc nelle liste: "La Toscana è una regione che comunque aveva la sua classe dirigente che in questa campagna elettorale è stata estromessa...". Anche in quel caso fu il leader Salvini a cercare di calmare gli animi, spiegando che si vince e si perde tutti assieme, e che il generale era un valore aggiunto del partito.
Insomma, allora come oggi il leader del partito, cerca in tutti i modi di evitare che lo scontro deflagri, con conseguenze incontrollabili. Qualcuno dei suoi colonnelli ricorda che la cooptazione del generale, nacque anche per evitare che lo stesso Vannacci potesse dar vita a un partito personale, del suo 'mondo al contrario', che avrebbe creato non pochi problemi allo stesso Salvini, da tempo anche lui orientato verso una Lega nazionalista e sovranista, sbilanciata a destra.
Ma la convivenza nata dopo il congresso di Firenze, dello scorso aprile, con il generale che alla fine si mette in tasca la tessera della Lega, specie nei territori del nord viene oggi particolarmente sofferta, come a più riprese ha fatto notare lo stesso Attilio Fontana, che detiene il copyright della frase "col ca... ci facciamo vannaccizzare". A difesa del generale scendono in campo i team Vannacci, già finiti nel mirino dell'ultimo federale, lo scorso 21 ottobre, ribadendo la correttezza della lettura del fascismo da parte del loro leader. Che per Natale vuole lanciare il suo nuovo libro, proprio dedicato alle sue tesi sul ventennio, che potrebbe chiamarsi 'la storia al contrario'.

Lorenzo Musetti vince la battaglia contro Alex De Minaur alle Atp Finals e da tifoso bianconero esulta con il motto della Juve. L'azzurro si impone in 3 set contro l'australiano e tiene vivo il sogno di approdare in semifinale. Dopo 2h47' di lotta, il 23enne toscano si impone per 7-5, 3-6, 7-5 e regala alla telecamera un messaggio eloquente: "Fino alla fine", scrive il carrarino proponendo il motto della Juve, la sua squadra del cuore.
"Senza il vostro aiuto non sarei mai riuscito a vincere questa partita", dice poi nell'intervista in campo rivolgendosi agli spettatori. "La stanchezza, soprattutto a metà match, si è fatta sentire tanto. Le gambe non si muovevano più come all'inizio, sono riuscito a trovare le ultime energie rimaste", aggiunge.
"Gli ultimi 2 mesi sono stati molto impegnativi, sono molto contento e sono orgoglioso di aver raggiunto questo obiettivo, per me e per il mio team. E' un lavoro costante, tra alti e bassi, la gente a volte si scorda che siamo esseri umani. Ho 23 anni, non è sempre facile rendere al top. Quest'anno abbiamo fatto un bel salto di qualità, negli anni scorsi non sarei mai riuscito a portare a casa un match del genere". Ora bisogna vincere giovedì contro Carlos Alcaraz: "Un match facile...".

Simone Tartarini ha provato a scuotere Lorenzo Musetti durante il match contro Alex De Minaur. Dopo un set vinto e giocato benissimo, l'azzurro ha iniziato ad accusare la fatica, calando in maniera evidente e perdendo il secondo set: "Lo sa anche l'inserviente al bar che ti fanno male le gambe" dice il tecnico - intercettato dai microfoni Rai - al toscano.
Tartarini continua: "De Minaur ha cambiato marcia, risponde sempre. Devi mettere peso. Non puoi stare lì con il rovescio in back, rincorri sempre. Così sei perdente".

Si è concluso con un nulla di fatto la riunione, da oltre tre ore e mezza, riguardo l'ex Ilva andata in scena oggi, martedì 11 novembre tra governo e sindacati, con questi ultimi che hanno deciso di rompere il tavolo delle trattative. "Il governo esprime rammarico per il fatto che la proposta di proseguire il confronto sull’ex Ilva, anche relativamente agli aspetti tecnici emersi nel corso della discussione, non sia stata accettata dalle organizzazioni sindacali". Così in una nota di palazzo Chigi.
"L’esecutivo - aggiungono - conferma in ogni caso la disponibilità a proseguire l’approfondimento di tutti gli aspetti e anche dei rilievi più controversi, sollevati dalle stesse organizzazioni sindacali alle proposte avanzate dal governo per la gestione operativa dell’azienda in questa fase transizione".
A spiegare la decisione dei sindacati è stato Michele De Palma, segretario generale della Fiom: “Il governo ha presentato un piano di chiusura con migliaia di lavoratori in cassa integrazione, senza sostegno finanziario per il rilancio e la decarbonizzazione. Quindi, abbiamo deciso unitariamente come Fiom, Fim e Uilm di andare dai lavoratori e spiegare loro che la scelta del governo, per quanto ci riguarda, è una scelta che contrasteremo con tutti gli strumenti possibili”, ha dichiarato uscendo dall’incontro sindacati-governo sull’ex Ilva.
“È impensabile che il fallimento della gestione che c’è stata fino ad oggi sia scaricato sui lavoratori dell’ex Ilva - ha aggiunto - Abbiamo chiesto al governo di ritirare il testo che c’è stato presentato e che preveda addirittura la chiusura delle cockerie. Il governo ha deciso di non ritirare il testo presentato e noi di andare dai lavoratori per discutere con loro questa proposta che per noi deve essere ritirata”.
“Abbiamo avuto, in questo incontro, la ‘sorpresa’: il governo vuole mettere in cassa integrazione fra tre giorni 1200 lavoratori, più altri 400 a gennaio, con la prospettiva di fermare un’attività, quella delle batterie delle cokerie. E non ci sono neanche le condizioni per trovare un nuovo acquirente. Sì è deciso di fare cassa con il lavoratori”, ha dichiarato Ferdinando Uliano, segretario generale Fim Cisl, al termine dell’incontro sull’ex Ilva.
“È chiaro che non c’è più la disponibilità da parte del governo a mantenere le promesse fatte negli ultimi mesi - ha aggiunto - Ci presenteremo ai lavoratori illustrando la situazione drammatica che si sta prospettando e con loro decideremo quali iniziative mettere in campo”.
“Abbiamo deciso consapevolmente e con senso di responsabilità di interrompere il confronto e di ascoltare i lavoratori. È stato un confronto duro ci hanno presentato delle proposte inaccettabili perché partono da un presupposto: utilizzare i lavoratori per fare cassa”, ha detto Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, uscendo dall’incontro sindacati-governo sull’ex Ilva.
“Aumentano in maniera esponenziale il numero dei lavoratori in cassa integrazione fino ad arrivare a 6000, non c’è una spiegazione sulle gare aperte né un piano industriale - ha continuato - questo è un piano che punta a portare a chiusura l’ex Ilva e noi non vogliamo essere responsabili di questo. Condanna i lavoratori a una chiusura inesorabile. Domani vedremo i lavoratori e decideremo insieme le iniziative necessarie”.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha visitato questa sera il Centro radar Acc (Area control center) di Enav a Ciampino. Atterrato nello scalo romano, di ritorno dalla visita al Polo delle Nazioni Unite di Vienna, il Capo dello Stato ha raggiunto il Centro Radar, dove è stato accolto da Alessandra Bruni e Pasqualino Monti, rispettivamente presidente del Consiglio di amministrazione e amministratore delegato di Enav.
Mattarella è stato, poi, condotto nella visita della sala operativa da Maurizio Paggetti, direttore delle operazioni, e da Amedeo Belli, responsabile del Centro Radar, che gli hanno illustrato le modalità di gestione del traffico aereo. Il presidente della Repubblica ha potuto conoscere da vicino la struttura operativa incaricata della gestione e del controllo del 66% dello spazio aereo nazionale, che si estende dal nord della Toscana al centro-sud Italia, includendo la Sardegna, fino alla Sicilia.
Presso il Centro di Controllo d’Area di Roma, operano quasi 400 persone impegnate in attività tecnico operative, che garantiscono la sicurezza di oltre un milione di voli l’anno con picchi giornalieri che, in alta stagione, sfiorano i 4800 movimenti aerei giornalieri.

"De Laurentiis mi ha chiesto 600mila euro di danni". Mauro Corona, nella puntata di E' sempre Cartabianca dell'11 novembre, fa il punto sulla vicenda che lo coinvolge dopo una querela del presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis. Periodicamente, nel programma condotto da Bianca Berlinguer su Rete4, Corona fa riferimento al contenzioso, legato a quanto pare a parole pronunciate quando la trasmissione andava in onda su Rai3. "Mi è arrivata una comunicazione dal tribunale. Mi vengono chiesti 600mila euro di danni, andrò in galera e bòn...", dice lo scultore e scrittore. "Io lavoravo già con lei, ma i soldi li chiede solo a me?", dice Corona rivolgendosi a Berlinguer. "Pensavo che le cose si sarebbero fermate. Invece, effettivamente la vicenda va avanti. Vedremo come va a finire", dice la giornalista.

Oltre 9.700 eventi meteorologici estremi tra il 1995 e il 2024, con più di 830mila vittime e oltre 4.500 miliardi di dollari di danni diretti. E' quanto registra l'Indice di rischio climatico (Climate Risk Index, Cri) 2026, che l'organizzazione per l'ambiente e lo sviluppo Germanwatch ha presentato oggi alla Cop30 di Belém. Il paese più colpito è la Dominica. L'Italia è nella 'top 30' e occupa la 16esima posizione.
L'analisi
Secondo l'analisi, circa il 40% di tutte le persone nel mondo, oltre tre miliardi, vive attualmente negli undici Paesi che negli ultimi 30 anni sono stati più duramente colpiti da eventi climatici estremi come ondate di calore, tempeste e inondazioni. Tra questi Paesi figurano l'India (9° posto) e la Cina (11°), e altri come la Libia (4°), Haiti (5°) e le Filippine (7°). Allo stesso tempo, i Paesi dell'Ue e le nazioni industrializzate come la Francia (12° posto), l'Italia (16°) o gli Stati Uniti (18°) sono tra i 30 Paesi più colpiti da fenomeni meteorologici estremi.
"Le ondate di calore e le tempeste rappresentano la più grande minaccia per la vita umana quando si tratta di eventi meteorologici estremi - afferma Laura Schäfer, una delle autrici del Cri - Le tempeste hanno anche causato i danni monetari di gran lunga maggiori, mentre le inondazioni sono state responsabili del maggior numero di persone colpite da eventi meteorologici estremi".
Alcuni Paesi che si sono classificati molto in alto nell'indice hanno sofferto principalmente di singoli eventi meteorologici ma estremamente devastanti, mentre altri sono stati colpiti ripetutamente da condizioni climatiche estreme. "Paesi come Haiti, le Filippine e l'India, tutti tra i dieci Paesi più colpiti, devono affrontare sfide particolari. Sono colpiti da inondazioni, ondate di calore o tempeste con una tale regolarità che intere regioni riescono a malapena a riprendersi dagli impatti fino all'evento successivo", spiega Vera Künzel, coautrice dell'indice.
Dominica al top
In cima all'indice per il periodo 1995-2024 c'è la Dominica, una piccolissima nazione insulare caraibica che è stata colpita più volte da uragani devastanti. Nel 2017, il solo uragano Maria ha causato danni per 1,8 miliardi di dollari, quasi tre volte il prodotto interno lordo (Pil) del Paese. È stato il più distruttivo dei sette cicloni tropicali degli ultimi 30 anni.
Un altro esempio è il Myanmar, al secondo posto. Nel 2008, il ciclone Nargis ha ucciso quasi 140mila persone e ha causato danni per 5,8 miliardi di dollari. Le forti piogge e le conseguenti inondazioni hanno avuto gli effetti più devastanti. L'indice mostra che i Paesi del Sud globale sono particolarmente vulnerabili e hanno bisogno del sostegno dei Paesi ricchi. Tuttavia, anche queste nazioni sono sempre più colpite dagli impatti della crisi climatica.
"I risultati del Cri 2026 dimostrano chiaramente che la Cop30 deve trovare modi efficaci per colmare il divario di ambizione globale. Le emissioni globali devono essere ridotte immediatamente, altrimenti si rischia un aumento del numero di morti e un disastro economico in tutto il mondo. Allo stesso tempo, gli sforzi di adattamento devono essere accelerati. È necessario implementare soluzioni efficaci per le perdite e i danni e fornire finanziamenti adeguati per il clima", spiega David Eckstein, co-autore Cri.
Il Climate Risk Index ha condotto anche una valutazione dell'anno passato. L'arcipelago caraibico di St. Vincent e Grenadine e Grenada, devastati da un uragano di categoria 5 nell'estate del 2024, si posizionano al primo e al secondo posto di questa classifica. Il Ciad segue al terzo posto, colpito da devastanti inondazioni durate mesi.

"Osservando il cerchio tragico all’opera, non finisco mai di stupirmi di come si possa essere cinici, senza cuore e senza scrupoli". Così Evelina Sgarbi, figlia di Vittorio Sgarbi, in merito alle dichiarazioni del padre ospite oggi a 'Cinque Minuti' di Bruno Vespa, dove ha parlato anche delle polemiche relative al rapporto con la figlia. "Sapere che mio padre e’ stato trascinato nello studio Rai per registrare la puntata di Bruno Vespa, in condizioni di grande disagio, procurando anche imbarazzo fra gli stessi operatori Rai che lo immaginavano completamente diverso - camminava e respirava a fatica, sembrava un vecchio di 90 anni - mi provoca grandissimo dolore e mi fa sentire impotente - dice la 25enne - Perché ho avuto la riconferma che mio padre e’ completamente plagiato dal cerchio tragico. E’ un’altra persona".
"Capisco - prosegue Evelina - la necessità di fare la promozione del libro edito dalla Nave di Teseo, ma sarebbe stato meglio - magari anche un po’ prima - pensare alla salute di mio padre, anziché badare unicamente agli interessi della casa editrice". In merito all'ospitata del critico d'arte negli studi della Rai, la figlia Evelina sottolinea: "Lo spettacolo di cui sono testimoni dipendenti Rai, tecnici del suono e giornalisti e’ umiliante per mio padre e per la sua dignità. Vergognoso che venga utilizzato come il cavallo di Bertolt Brecht".
"La magistrata Scorza -aggiunge poi la figlia di Sgarbi alludendo al giudice che ha deciso di non nominare un assistente di sostegno per Vittorio Sgarbi- avrà sicuramente modo di vedere la trasmissione di questa sera, ma sarebbe interessante che chiedesse il parere di chi lo ha visto dal vivo. Sostenere che oggi mio padre stia bene e’ scandaloso. Ed e’ un falso clamoroso. E tutto questo viene fatto per amore? E sarei io la esosa e l’interessata?", scandisce Evelina. "Rimango esterrefatta che sua sorella Elisabetta Sgarbi - che ha sempre voluto bene a mio padre Vittorio - mantenga questo atteggiamento ponziopilatesco rispetto al cerchio tragico. L’ignavia e’ un peccato capitale, soprattutto nei confronti di un genio. E mentre mi ha raggelato il cuore questa sceneggiata fatta ad hoc per promuovere il libro, l’unica cosa positiva e’ stato il commento di mio padre alla mia iniziativa: mi ha scaldato il cuore. Ho capito che mi sta dicendo: vai avanti".

Estratta la combinazione vincente del concorso di oggi, martedì 11 novembre, del Superenalotto: 3, 37, 42, 59, 63, 84. Numero Jolly: 49. Numero SuperStar: 64. Nessun '6' né '5+1' al concorso di oggi del Superenalotto. Centrati nove '5' che vincono 19.041,84 euro ciascuno. Il jackpot per il prossimo concorso sale a 77.100.000 di euro.
Quanto costa una schedina
La schedina minima nel concorso del SuperEnalotto prevede 1 colonna (1 combinazione di 6 numeri). La giocata massima invece comprende 27.132 colonne ed è attuabile con i sistemi a caratura, in cui sono disponibili singole quote per 5 euro, con la partecipazione di un numero elevato di giocatori che hanno diritto a una quota dell'eventuale vincita. In ciascuna schedina, ogni combinazione costa 1 euro.L'opzione per aggiungere il numero Superstar costa 0,50 centesimi.La giocata minima della schedina è 1 colonna che con Superstar costa quindi 1,5 euro. Se si giocano più colonne basta moltiplicare il numero delle colonne per 1,5 per sapere quanto costa complessivamente la giocata.
I punteggi vincenti
Al SuperEnalotto si vince con punteggi da 2 a 6, passando anche per il 5+. L'entità dei premi è legata anche al jackpot complessivo. In linea di massima:
- con 2 numeri indovinati, si vincono orientativamente 5 euro;
- con 3 numeri indovinati, si vincono orientativamente 25 euro;
- con 4 numeri indovinati, si vincono orientativamente 300 euro;
- con 5 numeri indovinati, si vincono orientativamente 32mila euro;
- con 5 numeri indovinati + 1 si vincono orientativamente 620mila euro.
Come verificare la vincita
E' possibile verificare eventuali vincite attraverso l'App del SuperEnalotto. Per controllare eventuali schedine giocate in passato e non verificate, è disponibile on line un archivio con i numeri e i premi delle ultime 30 estrazioni.

"Il collegio del Garante non presenterà le proprie dimissioni". E' quanto ha detto al Tg1 il presidente del Garante della Privacy Pasquale Stanzione, secondo cui le accuse rivolte all'Autorità "sono totalmente infondate".
"Non vi è stata mai una decisione del Garante" che non sia stata presa "in piena indipendenza di giudizio", assicura Stanzione, secondo cui "la narrazione del Garante come subalterno alla maggioranza di governo è una mistificazione che mira a delegittimarne l'azione, specialmente quando le decisioni sono sgradite o scomode".
La questione, secondo il presidente dell'Autorità, è che "il garante assume delle decisioni talvolta contrarie al governo, talvolta favorevoli allo stesso. Ed è questa la vicenda dell'autonomia". E, dunque, quando la politica grida allo scioglimento, alle dimissioni "non è credibile".
Lorenzo Musetti torna in campo. Oggi, martedì 11 novembre, l'azzurro affronta Alex De Minaur alle Atp Finals. A Torino, è già un match da dentro o fuori per il numero 9 del ranking, che dovrà battere l'australiano per sperare nella qualificazione alle semifinali. Entrambi i giocatori hanno perso i rispettivi match d'esordio: Musetti contro Fritz e De Minaur contro Alcaraz. Musetti ha vinto il primo set 7-5, trovando il break decisivo nell'undicesimo game. De Minaur ha poi rimesso il match in equilibrio conquistando il secondo set 6-3.
Dove vedere Musetti-De Minaur? Il match è visibile in diretta su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e Sky Sport Mix. Match visibile anche in streaming su Sky Go, Now e Tennis Tv.
Nell'ultimo match del girone Lorenzo affronterà Carlos Alcaraz.
Lorenzo Musetti torna in campo. Oggi, martedì 11 novembre, l'azzurro affronta Alex De Minaur alle Atp Finals. A Torino, è già un match da dentro o fuori per il numero 9 del ranking, che dovrà battere l'australiano per sperare nella qualificazione alle semifinali. Entrambi i giocatori hanno perso i rispettivi match d'esordio: Musetti contro Fritz e De Minaur contro Alcaraz. Musetti ha vinto il primo set 7-5, trovando il break decisivo nell'undicesimo game.
Dove vedere Musetti-De Minaur? Il match è visibile in diretta su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e Sky Sport Mix. Match visibile anche in streaming su Sky Go, Now e Tennis Tv.
Nell'ultimo match del girone Lorenzo affronterà Carlos Alcaraz.
Lorenzo Musetti torna in campo. Oggi, martedì 11 novembre, l'azzurro affronta Alex De Minaur alle Atp Finals. A Torino, è già un match da dentro o fuori per il numero 9 del ranking, che dovrà battere l'australiano per sperare nella qualificazione alle semifinali. Entrambi i giocatori hanno perso i rispettivi match d'esordio: Musetti contro Fritz e De Minaur contro Alcaraz.
Dove vedere Musetti-De Minaur? Il match è visibile in diretta su Sky Sport Uno, Sky Sport Tennis e Sky Sport Mix. Match visibile anche in streaming su Sky Go, Now e Tennis Tv.
Nell'ultimo match del girone Lorenzo affronterà Carlos Alcaraz.

C'è anche Matteo Berrettini a Torino, nella settimana delle Atp Finals. L'azzurro, che nei prossimi giorni arriverà a Bologna per le altre Finals, quelle di Coppa Davis con l'Italia di capitan Volandri, si è allenato oggi, martedì 11 novembre, al Circolo della Stampa Sporting in via Agnelli. A due passi dalla Inalpi Arena e dallo Stadio Olimpico Grande Torino. Berrettini ha chiuso una tranquilla sessione sotto gli occhi di coach Alessandro Bega e, con ogni probabilità, la sua giornata si concluderà in tribuna per assistere al match tra il compagno di nazionale Lorenzo Musetti e Alex De Minaur.
Matteo (che le Atp Finals le ha giocate nel 2019 e nel 2021) si è palesato al centro sportivo con la classica canotta bianca, abbinata a cappellino e pantaloncini neri. Per una sessione di allenamento particolare, iniziata dopo quella di Jannik Sinner e all'insegna del... calcio tennis. L'azzurro si è divertito per qualche minuto calciando il pallone con l'allenatore, per riscaldarsi, prima di prendere la racchetta in mano e iniziare il lavoro tecnico.
Curiosità: a un certo punto Berrettini si è girato e ha raggiunto, corricchiando, un gruppetto di giornalisti per salutare Vincenzo Santopadre, suo storico coach fino a poco tempo fa, durante i preparativi per un collegamento tv. Due battute, un incrocio di sorrisi e poi via, di nuovo in campo. Tra pochi giorni c'è la Davis. Tra pochi giorni c'è l'Italia. (di Michele Antonelli, inviato a Torino)

"Sto bene". Risponde così Vittorio Sgarbi alla domanda di Bruno Vespa, che nella puntata di 'Cinque minuti', in onda questa sera su Rai1, alla fine dell'intervista - in occasione dell'uscita del suo nuovo libro 'Il cielo più vicino. La montagna nell'arte' - torna sulle vicende familiari che hanno visto protagonista il critico d'arte chiamato in causa dalla figlia Evelina. La ragazza è convinta che il padre stia male e per questo abbia bisogno di un amministratore di sostegno. La richiesta "la trovo fuori misura e fuori logica".
Quella di Evelina "mi è sembrata una richiesta che nasceva dal desiderio di ottenere un'attenzione che non aveva ottenuto prima - afferma Sgarbi - quindi di trovare un padre, quello che si era atteso e non si era trovato, per cui l'idea che io avessi dei problemi interiori, dei turbamenti e delle difficoltà o dei disagi è una forma di risposta, un modo con cui ha cercato di mettersi in evidenza e di far vedere quello che lei chiedeva e voleva. Quindi - conclude - capisco quello che ha fatto, ma lo trovo fuori misura e fuori logica".
E alla domanda di Vespa su come stia oggi (il critico d'arte era stato ricoverato al Policlinico Gemelli per una forte depressione nei primi mesi del 2025, ndr), Sgarbi risponde: "Sto bene. E' stato un lungo percorso per vedere cose interiori ed esteriori e ne sono uscito con questo libro che racconta l'esperienza della realtà, l'esperienza di quello che si vede, l'esperienza di quello che si ha dentro, che si sente, di cui si ha necessità".
Nel libro - prosegue - "c'è la storia dell'arte e la natura, c'è il rapporto con i grandi maestri, il rapporto con la realtà fisica, c'è il rapporto con la grandezza interiore e l'altezza esteriore che le montagne indicano andando verso il cielo".

Una "serie vera", realizzata con "garbo e rigore scientifico", capace di conquistare un pubblico trasversale, dai medici ai bambini. È questa, secondo il regista Riccardo Donna, la formula del successo di 'Cuori', il medical drama ambientato nella Torino degli anni '60. In un'intervista all'Adnkronos, Donna annuncia la data della terza attesissima stagione: la domenica dall'8 febbraio su Rai1, per sei prime serate. E non esclude una quarta: "La speranza è l'ultima a morire".
Il punto di forza della fiction, che vede protagonisti Pilar Fogliati e Matteo Martari, risiede nella sua autenticità. "Penso che, tutti insieme, l'abbiamo fatta bene. Siamo riusciti a ricreare un ospedale esattamente come era allora, usando le macchine autentiche dell'epoca", spiega Donna. Un realismo ottenuto grazie alla consulenza di "vecchi infermieri in pensione" e di "un'equipe di medici serissima". Un contesto credibile che fa da sfondo alle storie sentimentali, il tutto raccontato "con molto garbo, tenendo conto del pubblico familiare della domenica sera".
L'attenzione al dettaglio medico è stata maniacale. "Un po' sono diventato cardiochirurgo anch'io", scherza il regista, raccontando le "vere e proprie lezioni" a cui si sono sottoposti cast e troupe per imparare a maneggiare gli strumenti del mestiere. "Per rendere le operazioni a cuore aperto credibili, le mani che si vedono nei dettagli sono di veri chirurghi". Anche gli attori, come Matteo Martari, si sono immersi completamente nella parte: "Ha imparato perfettamente, la cosa che fa meglio è cucire, è bravissimo".
Pur non avendo la presunzione di "influenzare l'opinione pubblica" su temi come la donazione degli organi o il finanziamento alla ricerca, Riccardo Donna è convinto che la serie abbia un merito importante: "Facciamo vedere che cosa c'è dietro a tutta una macchina medica che non funziona da sola, ma perché nei decenni si è sperimentato". Una responsabilità sentita profondamente: "Noi entriamo senza bussare nelle case della gente, quindi se facciamo una serie sulla medicina non possiamo dire stupidaggini".
I fan possono, dunque, segnare la data sul calendario: la terza stagione di 'Cuori' arriverà su Rai1 l'8 febbraio, con sei serate (12 episodi). "È pronta, abbiamo fortemente voluto rimandarla rispetto a settembre per fare meglio la post-produzione", chiarisce il regista in merito ad alcune notizie circolate. La nuova stagione vedrà un salto temporale di alcuni anni, una scelta narrativa precisa: "È importante perché dà un senso alla ricerca, che ha bisogno di anni per mostrare i suoi sviluppi. Si vedrà che la medicina nell'ospedale è cambiata". Ma i sentimenti, assicura, non mancheranno: "Quelli, ce ne sono sempre di più".
Sarà l'ultima stagione? Il regista lascia uno spiraglio aperto. "Chi può dirlo? Io, se si facesse, ci sarei. E so che anche i nostri protagonisti sono tutti molto affezionati a 'Cuori'", afferma. E la chiosa finale è un vero e proprio messaggio ai fan: "La speranza è l'ultima a morire e noi siamo determinati". (di Loredana Errico)
Leggi Tutte le Notizie di oggi in Sardegna
Sarda News - Notizie in Sardegna
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità.
Per proporre i tuoi feed o un contenuto originale, scrivici a info@sardanews.it
Per tutti gli aggiornamenti seguici su TELEGRAM
o su Facebook https://www.facebook.com/sardanotizie




