(Adnkronos) - Rilevante, e meritevoli di una riflessione su equità ed efficienza del nostro sistema fiscale, anche i profili di distribuzione dei contribuenti che, sulla base di quanto dichiarato nel 2024, hanno corrisposto almeno 1 euro di Irpef nel 2023. Emerge dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, presentata oggi alla Camera dei Deputati insieme a Cida-Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità.
Nel dettaglio, da 0 a 7.500 euro lordi si collocano 7.288.399 soggetti, il 17,12% del totale, che pagano in media 26 euro di Irpef l’anno (19 se rapportati ai cittadini) e sono pertanto pressoché a carico dell’intera collettività. Nella fascia subito superiore, quella dei contribuenti che dichiarano redditi tra i 7.500 e i 15.000 euro lordi l’anno sono 7.696.479: in questo caso, al netto del tir, l’Irpef media annua pagata per contribuente è di 296 euro (214 euro per abitante), a fronte – a titolo esemplificativo – di una spesa sanitaria pro capite pari di circa 2.222 euro.
L’insieme di queste 3 fasce di contribuenti, vale a dire 16.169.510 soggetti versano solo 1,19% del totale Irpef: rapportato al numero di abitanti, questo significa 22,409 milioni di persone (l’equivalente di Lombardia, Lazio, Campania e oltre) pagano, al netto di deduzioni e detrazioni un’imposta media di 100 euro annui.
Tra 15.000 e 20.000 euro di reddito lordo dichiarato si trovano circa 5 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.817 euro, che si riduce a 1.311 euro per singolo abitante; seguono da 20.001 a 29.000 euro 9,7 milioni di contribuenti, con un’imposta media di 3.750 euro che scende a 2.706 se rapportata al totale abitanti: un importo che, come per la fascia successiva, basterebbe di per sé a coprire i costi della spesa sanitaria pro capite, ma che resterebbe comunque insufficiente guardando alle altre principali funzioni di welfare non coperte da contributi di scopo, tra cui appunto l’assistenza. Seguono quindi i redditi tra 29.001 e 35mila euro, fascia in cui si collocano 4.359.429 contribuenti pari a 6.041.664 abitanti: questi contribuenti, il 10,24%, pagano un’imposta media di 6.254 euro l’anno, 4.512 euro per abitante, e versano complessivamente il 13,16% delle imposte. Sommando tutte le fasce di reddito fino a 29mila euro, si evidenzia dunque che il 72,59% dei contribuenti italiani versa soltanto il 23,13%: di tutta l’Irpef.
"Una fotografia più vicina a quella di un Paese povero che di uno Stato membro del G7 e che parrebbe oltretutto poco veritiera guardando a consumi e abitudini di spesa degli italiani, che solo nel 2023 hanno destinato al gioco d’azzardo, slot machine e gioco online compreso, circa 150 miliardi di euro o che, ancora, figurano ai primi posti in Europa per possesso di abitazioni, moto e autoveicoli, smartphone e abbonamenti a pay-tv", commenta Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali.
Ma quindi chi paga davvero le tasse in Italia? A salire, la scomposizione per scaglione mostra quei poco più di 7 milioni di versanti con redditi superiori ai 35mila euro che, nella sostanza, si fanno carico del finanziamento del nostro welfare state. Più precisamente, esaminando le dichiarazioni relative agli scaglioni di reddito più elevato, sopra i 100mila euro, l’Osservatorio individua solo l’1,65% dei contribuenti (poco più di 700mila persone, meno degli abitanti della città di Torino, per fare un esempio) che, tuttavia, versano il 22,43% del totale Irpef.
Sommando i 1.776.374 ( il 4,17% del totale, paganti il 17,88% del totale delle imposte) titolari di redditi lordi da 55.000 a 100mila euro, si ottiene che il 5,82% paga il 40,31% dell’Irpef. Includendo anche i redditi dai 35.000 ai 55mila euro lordi, risulta pertanto che il 17,17% paga il 63,71% dell’imposta sui redditi delle persone fisiche. Ricomprendendo infine lo scaglione 29mila-35mila euro, 'autosufficiente' su quasi tutte le funzioni di welfare salvo una quota di assistenza, si ottiene che il 27,41% dei contribuenti corrisponde il 76,87% dell’Irpef complessiva e, si suppone, una quota altrettanto rilevante delle altre imposte.
Volendo esemplificare la poco efficace progressività nella ripartizione del carico fiscale, basti fare un esempio: considerando l’effetto tir: al 2023 le imposte pagate da un lavoratore dipendente con un reddito tra 35 e 55mila euro sono 34 volte quelle di un reddito tra 7.500 e 15mila euro, mentre tra 100.000 - che valgono al netto delle tasse circa 52mila euro - e 200.000 euro sono pari a 149 volte; con oltre 300mila euro di reddito, l’imposta equivale a 814 lavoratori tra 7.500 e 15mila euro (133 con redditi tra 15 e 20mila).
"Basta guardare questi numeri per capire dove sta la verità: meno di un terzo dei contribuenti sostiene da solo oltre tre quarti dell’Irpef. È una sproporzione che non possiamo ignorare. Non è un sistema progressivo, ma un meccanismo che concentra il peso fiscale su una minoranza e lascia il resto del Paese sulle spalle di pochi. Chi guadagna dai 60mila euro in su, di fatto, finisce sempre per pagare per due: per sé e per chi resta totalmente a carico della collettività. E' la trappola del ceto medio: molti ricevono senza dare, pochi danno senza ricevere. Ed è su questi pochi che regge l’intero welfare italiano", puntualizza Stefano Cuzzilla, presidente Cida.
(Adnkronos) - Non siamo un Paese 'strozzato' dalle tasse, ma un Paese in cui il peso del fisco è concentrato su una minoranza di contribuenti. E' la fotografia che emerge dalla dodicesima edizione dell’Osservatorio sulle entrate fiscali, a cura del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, presentata oggi alla Camera dei Deputati insieme a Cida - Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità, sostenitrice della ricerca, in occasione del convegno 'Il difficile finanziamento del welfare italiano'.
"Si dice spesso che l’Italia sia un Paese oppresso dalle tasse. Ma è davvero così? I numeri dicono di no. Il problema non è che tutti paghino troppo, ma che pochi paghino per tutti. Quasi un cittadino su due non versa nemmeno un euro di Irpef e così poco più di un quarto dei contribuenti si fa carico da solo di quasi l’80% dell’imposta. È come in una squadra di calcio: se solo tre giocatori corrono e gli altri otto guardano, non si vince nessuna partita. Questo squilibrio logora il ceto medio, scoraggia i giovani e mette a rischio il futuro del Paese. Per questo, alla vigilia della legge di bilancio, chiediamo alla politica scelte coraggiose: meno evasione, più equità, investimenti veri su lavoro e salari", dichiara Stefano Cuzzilla, presidente Cida.
Dalla rielaborazione dei dati Mef e Agenzia delle Entrate emerge infatti che, nel 2024, su una popolazione di 58.997.201 cittadini residenti sono stati 42.570.078 quanti hanno presentato una dichiarazione dei redditi (con riferimento all’anno di imposta precedente). A versare almeno 1 euro di Irpef, però, solo 33.540.428 residenti, vale a dire poco più della metà degli italiani; a ogni contribuente corrispondono quindi 1,386 abitanti. Dati che non sembrano riflettere la narrazione di una popolazione oppressa dalle tasse, ancora di più se incrociati con quelli relativi all’effettiva ripartizione del carico fiscale: su 42,6 milioni di dichiaranti, poi, il 76,87% dell’intera Irpef è pagato da circa 11,6 milioni di milioni di contribuenti, mentre i restanti 31 ne pagano solo il 23,13%.
"Il totale dei redditi prodotti nel 2023 e dichiarati nel 2024 ai fini Irpef è ammontato a 1.028 miliardi, per un gettito Irpef generato - al netto di tir (trattamento integrativo sui redditi da lavoro dipendente e assimilati) e detrazioni - di 207,15 miliardi (di cui 185,58 miliardi, l’89,9%, di Irpef ordinaria): valore in aumento del 9,43% rispetto all'anno precedente. Crescono sia i dichiaranti (42.570.078, numero addirittura superiore a quello record del 2008) sia i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano almeno 1 euro di Irpef, che toccano quota 33.540.428. Mentre salgono sia i contribuenti con redditi compresi tra i 20 e i 29mila euro (9,7 milioni) sia quelli con redditi medio-alti dai 29mila euro in su, diminuiscono i dichiaranti per tutte le fasce di reddito fino a 20mila euro, che calano da 22,356 a 21,241 milioni", documenta Alberto Brambilla, presidente del Centro studi e ricerche Itinerari previdenziali, nel corso della sua relazione, dalla quale è emerso un primo importante paradosso malgrado un trend complessivamente positivo.
L’Osservatorio evidenzia sì una riduzione dei dichiaranti con redditi bassi in favore di quelli medio-alti ma, anche per effetto di bonus e detrazioni, non ci sono variazioni sostanziali nella ripartizione del carico fiscale, che pesa soprattutto sulle spalle di uno sparuto ceto medio.
"Basti pensare - sottolinea - che, malgrado il miglioramento di Pil e occupazione il 43,15% degli italiani non ha redditi e, di conseguenza, vive a carico di qualcuno. Sono invece 1.184.272 i soggetti (in aumento di oltre 170mila unità sullo scorso anno) che denunciano un reddito nullo o negativo, non pagando quindi né tasse né contributi".
Leggi tutto: Fisco, Cida-Itinerari previdenziali: il peso è concentrato su minoranza di contribuenti
(Adnkronos) - "A fronte di una domanda di assistenza che cresce, l'Italia destina solo il 3% del Fondo sanitario nazionale alle politiche per la salute mentale, con una spesa pro-capite (69,8 euro) nettamente inferiore a Francia (510), Germania (499) e Regno Unito (344). La dotazione di personale (60 operatori ogni 100mila abitanti) è inferiore del 25% rispetto allo standard nazionale necessario definito da Agenas, sottoscritto da Regioni, ministero della Salute e Mef, di 83, con forti squilibri regionali (da oltre 100 operatori in Trentino a meno di 30 in Basilicata). E anche sulla salute del cervello si procede tra attenzione crescente, accompagnata da ritardi, e differenze territoriali come mette in evidenza l'Osservatorio Salutequità". Così in una nota Salutequità che lancia l'allarme "disuguaglianze regionali" e avverte: "Servono più personale e controllo dell'assistenza, più risorse e cure accessibili".
Aumentano i bisogni della popolazione con sofferenza mentale, "si contraggono i servizi sanitari dedicati" e persistono "ancora troppe disuguaglianze nell'accesso ai servizi - si legge - Nel 2023 i servizi di salute mentale hanno seguito 854.040 utenti (+10% rispetto al 2022), con un incremento dei casi di disturbi psichiatrici, ideazione suicidaria e autolesionismo in età adolescenziale. Ciò nonostante, nel 2022 si sono ridotte rispetto al 2020 le strutture per l'assistenza psichiatrica sul territorio, sebbene gli utenti in carico ai servizi siano tornati ai livelli pre-pandemia. Calano le dotazioni di personale e delle risorse disponibili, e si riducono le prestazioni erogate agli assistiti rispetto ai livelli precedenti alla pandemia, che hanno registrato una lieve ripresa solo nel 2023".
Durante le fasi acute dell'emergenza Covid, "moltissime prestazioni di salute mentale (psicoterapia, attività riabilitative, strutture semi-residenziali e day hospital) hanno registrato riduzioni comprese approssimativamente tra il ‑45% e il ‑95%, a seconda del tipo di servizio - riporta Salutequità - Il numero totale di utenti assistiti è diminuito da circa 826mila (2019) a circa 778.700 (2021), un calo di qualche decina di migliaia. Poi c'è stato il recupero che ha portato il numero nel 2023 a cica 854mila utenti". Non solo. "Persistono divari territoriali significativi: le prestazioni per utente variano da 33 in Friuli Venezia Giulia a meno di 9 in Molise, Campania e Sicilia (media Italia 13,6/utente). Le prestazioni sono terapeutiche nel 71,4% dei casi, socio-riabilitative nel 18,1%, assistenziali nell'8,4% e diagnostiche nel 2,1%. Veneto, Lombardia, Calabria, Umbria e Marche registrano le percentuali più alte di prestazioni socio-riabilitative". Ancora, "l'Italia ha uno dei tassi più bassi di posti letto per cure psichiatriche in Europa (8,1 ogni 100mila abitanti) e il numero di dimissioni ospedaliere per disturbi mentali è tra i più bassi".
In Italia si stimano circa 7 milioni di persone affette da emicrania, 12 milioni con disturbi del sonno, 1,2 milioni con demenza (720mila con Alzheimer), 800mila con esiti di ictus e 400mila con Parkinson. A ciò si aggiunge un quinto della popolazione con disturbi psichici, in prevalenza ansia e depressione, elenca Salutequità. "Negli ultimi anni - osserva - il quadro normativo e programmatorio del Ssn si è arricchito con provvedimenti che cercano di dare risposte come la legge n. 81/2020, che riconosce la cefalea primaria cronica come malattia sociale; il rifinanziamento del Fondo per Alzheimer e demenze (2024-2026); l'aggiornamento del Piano nazionale della cronicità con l'inclusione dell'epilessia; l'avvio del processo di definizione della nuova Strategia nazionale per la salute mentale, a oltre 10 anni dall'ultimo documento".
L'Osservatorio Salutequità ha analizzato gli effetti dei provvedimenti sulla cefalea e lo stato dei servizi per la salute mentale per contribuire a questa priorità. "Il decreto attuativo per finanziare con 10 milioni di euro progetti innovativi di presa in carico delle persone con cefalea primaria cronica è arrivato con 2 anni di ritardo, nel marzo 2023 anziché a febbraio 2021 - evidenzia - Per le Regioni meno di 2 anni per progettazione, implementazione e valutazione, con scadenze ravvicinate: presentazione entro dicembre 2023, chiusura dei progetti entro dicembre 2024 e rendicontazione entro gennaio 2025. La maggior parte delle Regioni ha rispettato i termini per la presentazione dei progetti, ma stando alla nostra desk research le evidenze disponibili sui risultati sono ancora limitate e frammentarie (solo 3 Regioni hanno anticipato i dati con dichiarazioni, comunicati o documenti). I progetti hanno obiettivi differenziati - riduzione dei tempi diagnostici, definizione di Pdta, telemedicina, campagne informative, formazione di Mmg/Pls - e raramente includono stanziamenti aggiuntivi oltre i fondi ministeriali (Veneto ha stanziato +50mila euro; Puglia e Piemonte valuteranno l'opportunità). Gli indicatori individuati dalle Regioni per monitorare il successo degli interventi sono eterogenei: si va dalla piattaforma di telemedicina e il numero di rinnovi di piano terapeutico attraverso televisita, al numero di centri che rispondono ad una survey di mappatura; dal numero di persone prese in carico con farmaci innovativi rispetto agli aventi diritto, all'impatto della riorganizzazione territoriale sui Ps, al numero di professionisti formati. Non esiste una piattaforma informatizzata unica o un report di sintesi che possa aiutare ad avere una linea di indirizzo unica, rischiando così di incrementare le disuguaglianze sul territorio e compromettere l’efficacia complessiva dell'intervento".
"La riforma territoriale del Dm 77/22 - conclude l'analisi di Salutequità - prevede che nelle Case della comunità i servizi di salute mentale, dipendenze patologiche e neuropsichiatria infantile non siano obbligatori, ma raccomandati, lasciando quindi la valutazione e la scelta alle singole Regioni. Secondo Agenas, a giugno 2025 solo 293 delle 660 Case della comunità (Cdc) attive hanno un servizio per la salute mentale, 117 per le dipendenze patologiche e 188 per la neuropsichiatria infantile e adolescenziale. Le Cdc con servizi per la salute mentale sono più diffuse in Emilia Romagna (81 su 140), Lombardia (77 su 142) e Veneto (63 su 131). Calabria e Pa di Trento, pur avendo solo 2 Cdc ciascuna, le hanno dotate di servizi per la salute mentale. In 4 regioni si concentrano più dei due terzi dei servizi di neuropsichiatria infantile e adolescenza: Lombardia (48), Emilia Romagna (36), Veneto (32) e Lazio (25). Passando ai servizi per le dipendenze patologiche, il numero di servizi attivi nelle Cdc si riduce ulteriormente e la concentrazione dei circa i due terzi dei servizi presenti (77 su 117) si concentra in 3 regioni: Lombardia 41; Emilia Romagna 20 e Veneto 16".
"Se da una parte la salute mentale e del cervello è sempre più una priorità per la popolazione, dall'altra risulta troppo residuale nelle politiche sanitarie pubbliche. Basti pensare che l'Italia destina solo il 3% del Fondo sanitario nazionale alle politiche per la salute mentale, con una spesa pro-capite pari a 69,8 euro, nettamente inferiore a Francia con 510 euro, Germania con 499 euro e Regno Unito con 344 euro". Così Tonino Aceti, presidente di Salutequità, commentando un'analisi dell'Osservatorio Salutequità dedicata alla salute mentale.
"Anche la bozza di 'Piano di azione nazionale sulla salute mentale 2025-2030' trasmesso alle Regioni non ha alcun tipo di stanziamento di risorse specificatamente dedicate alla sua attuazione, oltre a non contenere alcun tipo di cronoprogramma con tempistiche precise relative al raggiungimento degli obiettivi", rileva Aceti. "Anche per quanto riguarda la definizione degli standard nazionali di servizio c'è molto lavoro da fare - aggiunge - come pure sul rafforzamento del personale sanitario, senza dimenticare che all'interno del sistema di verifica e controllo dell'assistenza nei confronti delle Regioni, e cioè il Nuovo sistema di garanzia dei Lea (livelli essenziali di assistenza), ad oggi possiamo contare solo su un solo indicatore 'core' sulla salute mentale".
"E' evidente che questo tipo di fragilità merita ben più attenzione da parte delle istituzioni sanitarie. Il rischio, se non si cambia passo - avverte il presidente di Salutequità - è che nei fatti si continuerà a lasciare sole le famiglie con tutto quello che ciò comporta, a partire dalla loro perdita di fiducia nel Servizio sanitario nazionale".
Leggi tutto: Salutequità: "Cresce richiesta aiuto ma solo 3% Fsn a politiche salute mentale"
(Adnkronos) - Leader di governo e di opposizione sullo stesso volo verso la Calabria. La premier Giorgia Meloni e il vice Antonio Tajani in volo per la Calabria, verso Lamezia Terme per la campagna elettorale regionale, in vista del comizio di questa sera con il governatore uscente, Roberto Occhiuto, si sono infatti trovati in compagnia della segretaria del partito democratico, Elly Schlein e degli esponenti di Avs Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli. Anche loro diretti in Calabria per dare supporto al candidato Pasquale Tridico. Casualità ha voluto che Bonelli e Meloni fossero poi seduti uno accanto all'altra.
Leggi tutto: Volo 'bipartisan' verso la Calabria, Meloni e Schlein insieme ad alta quota
(Adnkronos) - "L'Ucraina prepara una provocazione in Polonia per coinvolgere la Nato nella guerra". Dalla Russia arriva l'ultima accusa a Kiev. A firmarla, i servizi di intelligence straniera (Svr) che prospettano un'operazione ucraina per favorire l'escalation in un clima già ad altissima tensione. I ripetuti sconfinamenti di aerei e droni russi - su Polonia, Finlandia e Baltico - hanno caratterizzato le ultime settimane. A questo, si sono aggiunti gli avvistamenti sospetti di droni in Danimarca e Norvegia.
Ora, Mosca lancia un allarme estremo. L'operazione, secondo quanto dichiarato dall'intelligence e riportato dalla Tass, coinvolgerebbe un gruppo di sabotaggio e ricognizione che si spaccerebbe per forze speciali russe e bielorusse. L'obiettivo di questa presunta provocazione sarebbe di inscenare un finto attacco a infrastrutture critiche polacche.
L'Svr ha specificato che lo scenario in questione sarebbe stato ideato dalla Direzione principale dell'intelligence del ministero della Difesa ucraino (GUR) in collaborazione con l'intelligence polacca. I gruppi di sabotaggio e ricognizione impiegati sarebbero composti da militanti della legione "Libertà per la Russia", riconosciuta come organizzazione terroristica e fuorilegge in Russia, e dal reggimento bielorusso Kalinovsky, considerato un'organizzazione terroristica in Bielorussia. L'agenzia russa non esclude che la provocazione possa includere attacchi simulati a infrastrutture critiche polacche, con l'intento di "alimentare la rabbia pubblica".
Kiev, secondo l'Svr, continuerebbe a perseguire l'obiettivo di coinvolgere i paesi europei della Nato in un conflitto armato con Mosca. Di fronte a quella che viene definita una "certa sconfitta", il "regime di Zelensky" sarebbe pronto a fare "tutto il possibile, anche a costo di scatenare una 'guerra su larga scala'", beneficiando del sostegno dei suoi alleati europei.
Leggi tutto: Russia accusa Ucraina: "Provocazione in Polonia per portare Nato in guerra"
(Adnkronos) - La ricerca clinica italiana nell'ambito della broncopatia cronica ostruttiva (Bpco), malattia respiratoria cronica, è protagonista a livello internazionale. Uno studio condotto interamente in Italia, 'Choros Orion', ha descritto l'efficacia della triplice terapia a combinazione fissa con budesonide/glicopirronio/formoterolo fumarato in pazienti della 'real life', cioè della pratica clinica quotidiana. Lo studio, che ha coinvolto 250 pazienti da 23 centri del nostro Paese, viene presentato oggi al Congresso della European Respiratory Society (Ers) in corso ad Amsterdam. Dopo 3 mesi di trattamento, la triplice terapia ha evidenziato in un contesto di real life da un lato un miglioramento dei sintomi tipici della Bpco come tosse con espettorato, dall'altro il miglioramento della qualità di vita con una riduzione sostanziale delle riacutizzazioni. Per ottenere questi dati della 'vita reale', sono stati utilizzati i ePro (Electronic patient reported outcomes), questionari che consentono di raccogliere direttamente la voce dei pazienti, permettendo di valutare i loro sintomi e la loro qualità di vita senza l'interpretazione degli operatori sanitari.
Choros Orion - spiega una nota - prevede un periodo di trattamento di 1 anno (52 settimane), con controlli a 12, 26 e 52 settimane dall'inizio del trattamento. "Al congresso Ers sono presentati i dati dell'analisi ad interim dei primi 3 mesi - afferma Micaela Romagnoli, direttore dell'Unità operativa complessa di Pneumologia dell'ospedale Ca' Foncello Aulss 2 Marca Trevigiana e prima firma dello studio - La triplice terapia in una singola combinazione a dose fissa rappresenta un passo avanti importante nel trattamento della Bpco e ha già dimostrato di essere efficace negli studi randomizzati e controllati, ma fino a oggi vi erano poche evidenze nei contesti tipici della pratica clinica quotidiana. L'analisi ad interim dello studio Choros Orion ci consente di valutare l'impatto a breve termine della triplice terapia, contribuendo così a colmare il gap di conoscenze dalla letteratura scientifica fino a oggi disponibile. Per ottenere una visione più ampia, lo studio proseguirà fino a 1 anno".
I pazienti hanno compilato due questionari, prima del trattamento e a 3 mesi: il Cat (Copd assessment test), focalizzato sui sintomi, e il Pgi-S (Patient global impression of severity), relativo alla percezione della gravità della malattia e, quindi, alla valutazione della qualità di vita. "Abbiamo descritto una riduzione media di 1,3 punti al questionario Cat e il 52% dei pazienti ha evidenziato un miglioramento dei sintomi clinicamente rilevante dopo 3 mesi - riferisce Romagnoli - In 12 settimane, inoltre, è diminuita dal 27,9% al 18,7% la percentuale di pazienti che hanno descritto la propria situazione clinica come grave o molto grave. Dall'altro lato, è aumentato dal 28,5% al 41,3% il tasso di coloro che hanno fatto riferimento a una gravità lieve o a nessuna gravità. Quindi la percezione soggettiva del paziente relativamente alla patologia è cambiata radicalmente dopo solo 12 settimane di trattamento". Un altro aspetto indagato è il tasso annualizzato delle riacutizzazioni, diminuito da 1,6 a 0,26. "Si tratta di un dato che si avvicina all'assenza di riacutizzazioni - continua Romagnoli - Questo si traduce in un ottimo controllo della malattia. Le riacutizzazioni hanno come conseguenza l'ulteriore declino della funzione polmonare, con un possibile incremento anche di eventi cardiovascolari, come aritmie e ischemie cardiache, che possono essere rilevati fino a 1 anno di distanza dalla riacutizzazione della malattia. La riduzione della frequenza di riacutizzazioni determina anche un calo dei ricoveri in ospedale e della mortalità. Da qui l'importanza di un trattamento adeguato e tempestivo. L'analisi a 52 settimane offrirà una fotografia più completa e dettagliata sull’andamento di questo dato".
"La Bpco colpisce 391 milioni di persone nel mondo e circa 3,3 milioni in Italia - ricorda Romagnoli - Si stima che circa il 50% dei pazienti con Bpco non riceva la diagnosi, pertanto non sa di essere malato. Il principale fattore di rischio è costituito dal fumo di sigaretta. Spesso i tabagisti sviluppano una sorta di 'assuefazione' a sintomi come tosse con espettorato e fiato corto sotto sforzo, che sono proprio i segnali che dovrebbero indurre a sospettare la diagnosi e una valutazione clinica tempestiva. La patologia è caratterizzata da una limitazione del flusso aereo nei polmoni e da sintomi respiratori persistenti. Rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica e, in base alle stime dell'Oms, è la terza causa di morte al mondo".
"La presentazione dei primi risultati dello studio Choros Orion rappresenta per noi un motivo di grande orgoglio e costituisce un esempio tangibile del valore della ricerca clinica in Italia - conclude Raffaela Fede, direttore medico AstraZeneca Italia - I risultati dello studio confermano i benefici della triplice terapia con budesonide/glicopirronio/formoterolo fumarato anche nella gestione della pratica clinica quotidiana evidenziando una riduzione del tasso annuo delle riacutizzazioni da 1,6 a 0,26. Questi dati rafforzano ulteriormente il profilo di efficacia del farmaco già dimostrato nello studio Ethos in cui ha mostrato una riduzione rispettivamente del 24% e del 13% del tasso di riacutizzazioni moderate/gravi rispetto alla duplice terapia con Laba/Lama e Ics/Laba e una diminuzione del 49% della mortalità rispetto alla duplice terapia Laba/Lama. Attualmente budesonide/glicopirronio/formoterolo fumarato è al centro di un programma di sviluppo clinico che mira ad estenderne l'impiego ad altre patologie respiratorie ostruttive come l'asma non controllato, per il quale durante il congresso sono stati presentati i primi risultati positivi degli Studi Kalos&Logos. La nostra presenza al Congresso Ers conferma il nostro impegno in ricerca in questo ambito, con l'obiettivo di trasformare il paradigma di cura della patologia ed eliminare la Bpco come una delle principali cause di morte".
Leggi tutto: Bpco, triplice terapia a dose fissa migliora qualità vita dopo 3 mesi
(Adnkronos) - “Grazie ad Archivia abbiamo digitalizzato il processo di onboarding a 360 gradi. Abbiamo eliminato tutta la carta e i problemi ad essa annessi. Anche in ottica di responsabilità sociale d'impresa abbiamo portato un netto beneficio". Sono le parole di Clara Magnano, hr manager di Rittal Rcs cooling solutions, partecipando all’evento organizzato da Archiva Group alla Camera di Commercio di Verona, ‘Change Up’.
Rittal, la multinazionale tedesca con 12 mila dipendenti in tutto il mondo, specializzata nella produzione di armadi per quadri elettrici, ha ottenuto dall’intervento di Archiva “benefici anche lato dipendente perché è sicuramente cambiata l'immagine di Rittal. Ci presentiamo ora come un'azienda di maggior prestigio. Inoltre il dipendente ha la possibilità di trovare tutti i documenti firmati con in un'unica piattaforma”, spiega Magnano.
“Un altro beneficio lato team Hr - aggiunge - è la maggiore possibilità di lavorare in smartworking, perché avendo tutti i processi digitalizzati e non dovendo più ricorrere alla carta stampata, si può lavorare tranquillamente da remoto”, conclude.
Leggi tutto: Imprese, Magnano (Rittal): "Con Archiva onboarding digitalizzato a 360 gradi’
(Adnkronos) - “Stiamo implementando la tecnologia di AI generativa all'interno di tutti i nostri servizi per poter offrire un supporto diverso e adeguato rispetto alle richieste del mercato, in tutti gli ambiti in cui operiamo”. Lo ha detto Samuele Fini, sales director - applied solutions di Archiva Group, all’evento ‘Change Up’, organizzato dall’azienda per la business community italiana, alla Camera di Commercio di Verona. Al centro dell'edizione 2025, che ha visto la partecipazione di oltre 300 decisori aziendali, il ruolo fondamentale delle persone in un contesto segnato dal veloce cambiamento degli spazi digitali. “Change up è per noi un punto fermo - afferma Fini - Siamo arrivati ormai alla quinta edizione e vogliamo condividere con i nostri clienti un momento di riflessione strutturato su due diversi orizzonti temporali: il primo a lungo termine, tre cinque anni rispetto a quelle che sono le tendenze tecnologiche e le organizzazione delle aziende. Il secondo incentrato sulle tematiche di oggi, dividendole tra tematiche normative e tematiche invece più di risvolto tecnologico”.
Anche Archiva Group è attraversata da un profondo cambiamento tecnologico, ma si pone nei suoi confronti in una posizione di controllo. L’azienda “che oggi conta più di 2500 clienti e più di 250 dipendenti - ricorda Fini - ha fatto la scelta strategica di continuare ad avere il governo di tutti i servizi che eroga. Anche in ambito di Ai generativa, implementiamo algoritmi di nostra proprietà, con le nostre persone in continuo skilling o reskilling - illustra - questo ci permette di avere il governo totale degli algoritmi che andiamo a implementare e dei dati su cui questi lavorano”.
“Archiva è un'azienda italiana che da sempre si occupa di tematiche legate alla gestione dei documenti e alla digitalizzazione dei processi - approfondisce Fini - siamo focalizzati principalmente all'erogazione dei servizi per quello che riguarda le tematiche amministrative di procurement, di hr e del mondo legal. Operiamo all'interno del settore pubblico e privato delle grandi e medie aziende - spiega - e quest’anno abbiamo formalizzato due acquisizioni: quella con Mitric, che ci permette di ampliare la nostra proposta all'interno di nuovi reparti aziendali e quella con Ddm, che allarga le tematiche di gestione documentale digitalizzazione dei processi all'interno di Sap”, conclude.
(Adnkronos) - "Da questo momento in poi, l'unica missione del Dipartimento della Guerra appena ripristinato è questa: combattere la guerra. Non perché vogliamo la guerra, ma perché vogliamo la pace". Lo ha dichiarato il capo del Pentagono, Pete Hegseth, rivolgendosi alla Marine Corps Base di Quantico, in Virginia, ai militari americani, tra cui alti ufficiali e generali, convocati da tutto il mondo.
"Le uniche persone che meritano la pace sono quelle disposte a fare la guerra per difenderla. Ecco perché il pacifismo è così ingenuo e pericoloso", ha proseguito Hegseth, secondo cui "o proteggi il tuo popolo e la tua sovranità o sarai sottomesso da qualcosa o qualcuno".
Hegseth ha anche detto che l'esercito statunitense sarà riformato per mettere fine a "decenni di decadenza". Il capo del Pentagono ha dichiarato la fine delle "sciocchezze ideologiche", citando come esempi le preoccupazioni per il cambiamento climatico, il bullismo, i leader "tossici" e le promozioni basate sulla razza o sul genere.
"L'esercito è stato costretto da politici sciocchi e sconsiderati a concentrarsi sulle cose sbagliate - ha scandito - Siamo diventati il 'dipartimento woke'. Ma ora non più".
E, ancora, basta con "generali e ammiragli grassi" o soldati delle unità di combattimento sovrappeso. Nel suo intervento Hegseth ha sottolineato la necessità per i militari statunitensi di attenersi a rigorosi standard di forma fisica. "È del tutto inaccettabile vedere nei corridoi del Pentagono generali e ammiragli grassi che sono a capo di Comandi in tutto il Paese, nel mondo, è una brutta figura - ha affermato - È brutto, e non rispecchia ciò che siamo".
Leggi tutto: Usa, capo del Pentagono ai generali: "Preparatevi alla guerra"
(Adnkronos) - "Da questo momento in poi, l'unica missione del Dipartimento della Guerra appena ripristinato è questa: combattere la guerra. Non perché vogliamo la guerra, ma perché vogliamo la pace". Lo ha dichiarato il capo del Pentagono, Pete Hegseth, rivolgendosi alla Marine Corps Base di Quantico, in Virginia, ai militari americani, tra cui alti ufficiali e generali, convocati da tutto il mondo.
"Le uniche persone che meritano la pace sono quelle disposte a fare la guerra per difenderla. Ecco perché il pacifismo è così ingenuo e pericoloso", ha proseguito Hegseth, secondo cui "o proteggi il tuo popolo e la tua sovranità o sarai sottomesso da qualcosa o qualcuno".
Hegseth ha anche detto che l'esercito statunitense sarà riformato per mettere fine a "decenni di decadenza". Il capo del Pentagono ha dichiarato la fine delle "sciocchezze ideologiche", citando come esempi le preoccupazioni per il cambiamento climatico, il bullismo, i leader "tossici" e le promozioni basate sulla razza o sul genere.
"L'esercito è stato costretto da politici sciocchi e sconsiderati a concentrarsi sulle cose sbagliate - ha scandito - Siamo diventati il 'dipartimento woke'. Ma ora non più".
E, ancora, basta con "generali e ammiragli grassi" o soldati delle unità di combattimento sovrappeso. Nel suo intervento Hegseth ha sottolineato la necessità per i militari statunitensi di attenersi a rigorosi standard di forma fisica. "È del tutto inaccettabile vedere nei corridoi del Pentagono generali e ammiragli grassi che sono a capo di Comandi in tutto il Paese, nel mondo, è una brutta figura - ha affermato - È brutto, e non rispecchia ciò che siamo".
(Adnkronos) - “Si sente tanto parlare di intelligenza artificiale e intelligenza artificiale generativa e ci sembrava importante rimettere al centro le persone. Le tecnologie che abbiamo a disposizione sono degli asset che facilitano e accelerano il percorso di trasformazione, ma le persone restano centrali e a loro sono delegati gli aspetti di valorizzazione e soprattutto, le decisioni”. Così Frida Mura, head of sales & partnership hr solution di Archiva Group, intervenendo, alla Camera di Commercio di Verona, all’evento ‘Change Up’, organizzato dall’azienda per la business community italiana. Un appuntamento annuale che per l’edizione 2025 ha visto la partecipazione di oltre 300 decisori aziendali a confronto sulla ‘People centricity’, il ruolo fondamentale delle persone in un contesto segnato da una profonda trasformazione e transizione degli spazi digitali.
Durante l’evento è emersa “la consapevolezza di una people strategy che sia sempre più focalizzata sullo sviluppo delle persone - racconta Mura - la people centricity è proprio questo: persone che guidano il cambiamento”, dice.
Per Archiva Group mettere sul tavolo temi come quelli discussi durante l’evento veronese “è importante perché affianchiamo le aziende nel percorso di transizione digitale”, sottolinea la head of sales & partnership hr solution, la business unit di Archiva Group “partner di più di 500 gruppi di aziende italiane e internazionali”, in cui l’azienda “sviluppa servizi che possano supportare i manager nel mettere le persone al centro, attraverso lo sviluppo delle competenze”, conclude.
Leggi tutto: Imprese, Mura (Archiva Group): "Persone al centro del progresso tecnologico"
(Adnkronos) - Una partnership strategica a favore dell'infanzia, in un "progetto di grande respiro umano e sociale che vede il paziente al centro in ogni fase del processo di cura e il continuo miglioramento della qualità assistenziale". Per realizzarlo la Fondazione Luigi Maria Monti (Idi) e la Fondazione Lottomatica hanno deciso di lavorare insieme per dare vita a un nuovo Centro di neuropsichiatria infantile presso il centro di riabilitazione 'Villa Santa Margherita' a Montefiascone (Viterbo).
Per p adre Giuseppe Pusceddu, presidente della Fondazione Luigi Maria Monti, "si tratta di un'iniziativa di grande valore socio sanitario", oltre che "morale ed etico. Un impegno che migliora gli strumenti a servizio dell'infanzia e in particolare in un'area, quella neuropsichiatrica, dove il bisogno di assistenza è davvero fondamentale anche a livello di conforto della persona".
La partnership permetterà la realizzazione di nuovi percorsi terapeutici: verranno anche ristrutturati gli spazi esistenti a Villa Santa Margherita e acquistate nuove attrezzature. Si tratta di un primo passo di una collaborazione che potrà portare in futuro altri elementi di crescita comune nell'assistenza ai pazienti. "Tutto questo - spiega Alessandro Zurzolo, consigliere delegato della Fondazione Luigi Maria Monti - per rendere il Centro di neuropsichiatria infantile un ambiente accogliente, rassicurante e stimolante, che possa rispondere alle esigenze specifiche dei bambini e degli adolescenti e migliorare il loro benessere complessivo, dal punto di vista sia clinico che sociale e familiare".
"Per noi è fondamentale che l'attività d'impresa si traduca in un contributo concreto al bene comune - dichiara il presidente di Fondazione Lottomatica, Riccardo Capecchi - per questo motivo la Fondazione, espressione dell'impegno sociale del gruppo, individua e sostiene progetti ad alto impatto sociale promossi da realtà autorevoli e radicate sul territorio, mettendo al centro le persone e le comunità in cui operiamo".
Fondazione Lottomatica ha infatti "risposto - si legge in una nota - alla richiesta della Fondazione Luigi Maria Monti che nel gennaio del 2025 ha avviato la raccolta di manifestazioni di interesse per l'erogazione di un contributo liberale per la realizzazione del progetto. Fondazione Lottomatica ha quindi predisposto un significativo sostegno economico in favore del centro di riabilitazione Villa Santa Margherita". Con questo contributo Fondazione Lottomatica ribadisce il suo "impegno, attraverso iniziative di studio, ricerca, formazione ed informazione, a contribuire ad una più ampia consapevolezza e comprensione delle problematiche sociali, economiche e dello sviluppo sostenibile, sia a livello locale che globale".
Pagina 10 di 1427