Il tema principale di questo romanzo è il processo di maturazione sentimentale politica e religiosa di Federico, un giovane studente universitario di giurisprudenza, che rispecchia pienamente le contraddizioni e le problematiche di un’epoca di transizione dal boom economico dei primi anni sessanta a un mondo nuovo che metteva in contestazione, col sessantotto, idee, valori e comportamenti del passato.
L’arco narrativo è compreso infatti dalla guerra del Vietnam nel 1963 con tutte le sue atrocità, all’ascesa prima e alla fine drammatica, poi, di Salvador Allende nel Cile a opera di Pinochet nel 1973: periodo storico ridondante di dibattiti, discussioni, assemblee politico culturali anche accesi che sono forieri di nuovi modi di pensare di agire e di fare a tutti i livelli nei paesi di cultura occidentale, a cui si sente estraneo, all’inizio, il nostro protagonista, che, pur provando disagio per questo rimescolio di valori, si dedica invece a tutt’altro mondo, quello del calcio. La sua principale, se non unica lettura, infatti, è quella del Corriere dello sport per seguire con maniacale passione le vicende della sua squadra del cuore. Tale disagio però, lo rende insoddisfatto della sua vita, spingendolo a cercare un filo conduttore che gli permetta di realizzarsi compiutamente nella ricerca del sé. Si rivela provvidenziale, così, la proposta della zia Marietta, impiegata del Provveditorato agli studi, di accettare la nomina di insegnante di lettere in una scuola media di uno sperduto paesino della Sardegna, dove i presidi erano costretti a chiamare in cattedra come supplenti annuali gli studenti universitari per carenza di docenti laureati, giacché in quegli anni era stata approvata la riforma della scuola dell’obbligo, limitata prima solo alle elementari.
Fare il professore gli consente, con le sue 67.000 lire al mese, di acquistare una certa autonomia economica e soprattutto di iniziare il percorso di emancipazione dalla sua famiglia di estrazione borghese nella quale gli era difficile comunicare o instaurare un autentico dialogo. Dietro la cattedra, invece, diventa un punto di riferimento di sguardi e sorrisi di mille ragazzini che lo apprezzano per la passione istintiva che mette nell’insegnare parte delle sue reminiscenze liceali. Come punture di spillo bucano la sua coscienza, cominciando a scalfire la corazza della sua indifferenza al sociale e lo porteranno a iniziare quel percorso di formazione e di crescita che costituirà il primo passo verso il mondo degli altri.
A fine novembre dello stesso anno 1963 avviene un provvidenziale incontro con Luisella, una matricola che si azzarda a entrare negli androni della facoltà di giurisprudenza nonostante fosse periodo di caccia ai nuovi iscritti che erano costretti a subire scherzi anche pesanti da parte degli studenti più anziani. Federico coglie al volo l’occasione per avvicinarla, forte dei suoi quattro bollini, ergendosi a nume tutelare del suo status matricularis, uscendo insieme a lei dall’università e sottraendola perciò al rischio di essere presa di mira dai suoi colleghi. A lui, in realtà, la ragazza piace e nasce improvvisa l’idea di farla diventare la sua ragazza, anche perché in passato non ne aveva avuta nessuna, legato com’era all’ideale del grande amore tipo dolce stil novo. Non era certo quella la donna bellissima e angelicata che li occhi no l’ ardiscon di guardare; però, come esperienza temporanea, lei poteva bastare.
Federico riesce nel suo intento di avere una ragazza, ma il rapporto tra i due non è sempre facile, anzi è particolarmente difficile, non solo perché lei spesso riesce a prendere il sopravvento soprattutto nelle discussioni politiche, in quanto capace di buone letture e di costante informazione, ma anche perché proveniente da un ambiente sociale vicino a quello operaio, molto diverso dal suo. Discussioni che si infittiscono, dati gli avvenimenti storici di quegli anni, sessantotto compreso, acuendo sempre più spesso la sua irritazione e la sua rabbia per non avere argomentazioni sufficienti a tenerle testa a causa della sua pertinace scarsità di letture e visioni adeguate ai tempi.
Arriva per tutti e due la laurea, la loro relazione continua, ma non si evolve verso qualcosa di più solido, rimanendo precaria e con tutte le sue contraddizioni impregiudicate, finché una sera, in mezzo ai mandorli fioriti, finiscono per lasciarsi. Il contraccolpo per Federico è una grande malinconia aggravata da un profondo senso di solitudine, anche perché, grazie a Luisella, ha finalmente iniziato a leggere libri su libri e giornali su giornali, dismettendo così, dopo tanto, il burattino di legno e diventando carne e sangue. Cadono, con questa metamorfosi, i tanti pregiudizi che l’avevano condizionato negativamente in campo politico sociale e perfino religioso. In seguito ai dialoghi serrati con don Marino, capisce perfino, con sua grande meraviglia, il vero significato della parola compagno, dal tardo latino cum panis (chi mangia il pane con un altro), evocante invece, per lui, immagini di carri armati e di Gulag.
Poi viene una notte di stelle e di calura e in un night inaspettatamente rivede, dopo tanto, la sua ex ragazza ballare con un altro: subbuglio della mente e del cuore. Riesce a fuggire senza farsi vedere da lei e sul ciglio di un promontorio spenzolato sul mare, in perfetta solitudine, capisce con cruda lucidità di averlo avuto vicino a se per tanti anni, senza rendersene conto, quel grande amore tanto agognato, ma in modo assolutamente sterile idealizzato.
Il romanzo si può dividere in due sequenze: nella prima Federico si presenta come una monade isolata dal resto del mondo e i suoi primi timidi tentativi di spezzare questo isolamento denotano per intero tutta la sua fragilità emotiva e concettuale; nella seconda sequenza arriva a buon fine quel processo di formazione di cui si è già parlato, pur attraverso un tunnel di fasi alterne e spesso non coerenti che ha pagato con angoscia e depressione.
Attorno al protagonista ruotano altri personaggi che sono secondari, ma funzionali alla tematica scelta dall’autore, in primis i ragazzini della scuola media di Pariano, Luisella, che assume un fondamentale ruolo maieutico, don Marino e i vari amici che appaiono però come sfocati e privi di vera consistenza.
La storia si svolge in una cornice che sotto traccia rivela una Sardegna onirica, ma non per questo meno vera, che cela sotto nomi di fantasia paesaggi di Cagliari, Carbonia, Ilbono e della mitica Arbatax dalle rocce rosse. La fisicità di questi spazi viene descritta in modo intenso e per certi aspetti lirico che, però non appare fine a se stesso, ma congeniale a stati d’animo e sentimenti del protagonista del romanzo.
Lo stile non è mai banale rivelando buona padronanza della lingua, varietà di registri e originali caratterizzazioni espressive.
In conclusione, gli avvenimenti e la tematica del romanzo, pur con le dovute e immancabili differenze temporali e storiche e quindi comportamentali, riflettono bene i travagli, le sofferenze, le emozioni dei giovani di ogni tempo nella ricerca del sé.
Un assaggio del libro:
"....La littorina entrò in stazione fermandosi bruscamente. Federico scese fischiettando: non vedeva l’ora di conoscere la risposta del preside. La prospettiva di stare dietro una cattedra gli suscitava grande fiducia nel futuro. Si sarebbe potuto comprare presto la Seicento, naturalmente di seconda mano, ottimo biglietto da visita con le ragazze. Sotto casa, comprò Il Gazzettino poi s’avventò per le scale del palazzo più alto di via dei Mille, una via angusta, buia, tutta di case antiche che si rovesciavano addosso esili balconi in ferro e panni stesi. La sua stanza si trovava proprio al centro di quel quartiere medioevale che guardava dall’alto Civitanuova. Solo il sole di mezzogiorno riusciva a penetrare in quel groviglio scuro di vicoli disegnando nappe gialline e solo grazie a esso cardelli e canarini si rinfrancavano e perfino i gerani rinvigorivano nei davanzali. Andò dritto in camera sua e disfece la valigia appoggiando le cose alla rinfusa sul letto d’ottone, gonfio per il doppio materasso e sul tavolino, come sempre coperto da una spessa tovaglia scura. Fece il numero della zia; nessuno rispose. Contrariato, spalancò la finestra lasciando planare la vista su un mare di tetti, sui terrazzini e le ringhiere, sugli abbaini accovacciati, sui gatti, e giù giù fino alla scia delle navi e al cielo striato sopra i monti lilla. Poi acchiappò il giornale. Un titolo a nove colonne urlava in prima pagina: Iniziato il blocco contro Cuba dopo un drammatico monito a Mosca. Sotto c’era una eloquente immagine del presidente Kennedy che parlava corrucciato alla Nazione....."
Note sull'autore:
Claudio Demurtas nasce nel 1942 a Mores in provincia di Sassari. I primi anni del dopoguerra li trascorre tra Ilbono presso i nonni paterni, Palermo dove vivono i nonni materni e Carbonia dove il padre si trasferisce per lavoro. Viene quindi a contatto con persone, lingua, ambienti diversi e talvolta incapaci di comunicare tra loro. Queste culture così lontane e portatrici di diversi valori sono fondamentali nella sua formazione e nella sua attività di scrittore. Infatti, la mancanza di un’identità legata a un territorio storicamente definito suscita in lui un’angoscia esistenziale che è la molla principale per la scrittura e nello stesso tempo gli permette di superare i limiti imposti dall’ambiente mettendo ali all’immaginario.
Trasferitosi a Cagliari, consegue la maturità classica e si iscrive alla facoltà di giurisprudenza più per tradizione di famiglia che per vera attitudine agli studi giuridici. Dopo la laurea, conseguita nel 1967, accetta l’incarico di assistente volontario del professore di Istituzioni di Diritto Romano che ha apprezzato la sua tesi, ma poi passa all’insegnamento nella scuola media, attirato com'è dalle problematiche giovanili che ha già avuto modo di conoscere durante gli studi universitari. Insegna quindi Diritto ed Economia Politica per più di 40 anni senza rimpianti e ripensamenti, avendo sempre come modello la scuola di Barbiana di don Milani. Inizia giovanissimo a scrivere poesie e testi per canzoni, e si avvicina al romanzo quasi per caso.
Quattro i romanzi che ha scritto: Chiaro di Venere, Via dei Misteri Gloriosi, pubblicato da Todariana di Milano e che ha vinto il premio letterario Città di Atella nel 1989 con un giuria presieduta da Domenico Rea (poi completamente rielaborato e diventato L’altra metà del cielo), La mariposa, pubblicato da Cocco di Cagliari, e Uno sconosciuto amore. Attualmente sta lavorando al quinto romanzo.
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