
(Adnkronos) - Volodymyr Zelensky fa appello agli alleati dopo l'incontro di venerdì con Donald Trump. "L'Ucraina non darà mai ai terroristi alcuna ricompensa per i loro crimini e contiamo sui nostri partner per mantenere questa posizione", scrive su X il presidente ucraino, che non ha ottenuto i missili Tomahawk e che nel post chiede "passi decisivi a Usa, Europa, G20 e G7" perché "Putin non può essere fermato con le parole".
"Le vite vanno protette", incalza. "L'Ucraina non ha mai cercato la guerra. Abbiamo acconsentito a un cessate il fuoco senza condizioni, cercato occasioni per la pace e offerto ripetutamente al mondo modi per fermare gli attacchi dal cielo, in terra e in mare", afferma Zelensky, che accusa la Russia di "continuare a ostacolare questo processo, manipolando, prolungando i negoziati e intensificando gli attacchi lungo la linea del fronte".
"La guerra continua solo perché Mosca non vuole porvi fine", insiste il presidente ucraino, aggiungendo che "solo questa settimana la Russia ha impiegato più di 3.270 droni d'attacco, 1.370 bombe guidate e circa 50 missili" negli attacchi contro l'Ucrraina. Kiev, dice il presidente ucraino, "rafforza costantemente la difesa e lavora con i partner per rafforzare la difesa aerea".
Le forze ucraine hanno reso noto di aver abbattuto 40 dei 62 droni fatti partire nella notte dal territorio russo. L'Aeronautica ucraina precisa via Telegram che 19 droni hanno colpito sette diverse zone del Paese. Non vengono forniti dettagli. Le autorità ucraine hanno segnalato danni in diversi palazzi a Shakhtarske, nella regione di Dnipropetrovsk. Il governatore della regione, Vladyslav Hayvanenko, ha denunciato su Telegram il ferimento di dieci persone.
A Mosca il ministero della Difesa ha riferito di 45 droni ucraini abbattuti, la maggior parte dei quali intercettati nelle regioni di Samara e Saratov. Non ci sono notizie di vittime o danni. Il governatore di Orenburg, Yevgeny Solntsev, ha denunciato attacchi di droni contro un impianto di lavorazione del gas e un incendio in un'officina nella regione, a oltre 900 chilometri dal territorio ucraino. Non ci sono feriti tra il personale, ha precisato il governatore, aggiungendo che continuano le operazioni dei vigili del fuoco.

(Adnkronos) - In merito al suicidio di Paolo Mendico, il 14enne di Santi Cosma e Damiano, in provincia di Latina, esaurita in queste ore la parte ispettiva partirà la fase delle contestazioni disciplinari al personale scolastico interessato. È quanto apprende l'Adnkronos, sul caso del ragazzo che si è tolto la vita lo scorso settembre, alla ripresa dell'anno scolastico, presumibilmente dopo diversi episodi di bullismo.
Leggi tutto: Latina, suicidio 14enne: al via contestazioni disciplinari a personale scolastico

(Adnkronos) - “L'idea è nata principalmente da un confronto con Giovanni Allevi: il pensiero di fare un documentario ci era già venuto in mente durante il nostro periodo di lavoro insieme, ma non avevamo mai trovato una chiave, qualcosa che valesse davvero la pena di essere raccontato. Con questo concerto MM22, con la malattia e il pensiero che Giovanni voleva portare al pubblico, abbiamo trovato la chiave per fare un racconto nuovo, diverso: non un racconto della vita dell'artista, ma il racconto di un momento particolare della vita di un artista. A dirlo all’Adnkronos Salute Simone Valentini, alla proiezione del docufilm ‘Allevi Back to Life’, di cui è regista, dedicato alla sensibilizzazione sulle patologie oncologiche e realizzato con il contributo di Gsk, alla Festa del Cinema di Roma.
“Durante le riprese ci sono stati vari momenti particolari, ma credo che quello più emozionante di tutti sia stato alla fine delle riprese delle prove del concerto che per la prima volta avevamo sentito e Giovanni si è emozionato molto perché ha visto un qualcosa di irrealizzabile, che avrebbe potuto non ascoltare mai - spiega il regista Valentini - concretizzarsi tra i professori d'orchestra durante la sala prove, tutto stato ripreso per la prima volta. È stato molto bello ed emozionante”.
“Credo che più che lanciare un messaggio, il film parli alle persone in modo molto diverso. Spero che arrivi a tutti il fatto che c'è della poesia, della bellezza nella vita di ognuno di noi, che ci sono delle cose che ci rendono unici e a cui vale la pena non restare ancorati, ma appoggiarsi per andare avanti nei momenti di difficoltà”, conclude.
Leggi tutto: Tumori, regista Valentini: "Chiave racconto non è vita dell’artista, ma un particolare"

(Adnkronos) - “Il progetto Back to Life racchiude il senso e la visione di Gsk in oncoematologia. È un inno alla fragilità, che diventa forza e che fa guardare al futuro con più speranza e più visione positiva rispetto a ciò che la scienza, la tecnologia e la collaborazione tra i diversi attori, impegnati nel trattamento e nel percorso nella gestione della malattia, potranno portare”. Lo spiega Marika Montanaro, direttrice business Gsk, alla proiezione del docufilm ‘Allevi Back to Life’, dedicato alla sensibilizzazione sulle patologie oncologiche, alla Festa del Cinema di Roma.
“Crediamo molto in questo progetto perché sia fonte di ispirazione per tutti e per una rinascita, come il maestro Allevi racconta, che non sia solo del singolo, ma sia una rinascita collettiva, che parta dalla collaborazione con le istituzioni, con le società scientifiche e con le associazioni pazienti, per accelerare l'ingresso all'innovazione, che questa malattia richiede sempre di più”, conclude.

(Adnkronos) - Il Como batte la Juventus per 2-0 nel match della settima giornata della Serie A oggi 19 ottobre. I lariani si impongono con i gol di Kempf e Paz. Con il successo, la formazione di Fabregas aggancia i bianconeri a 12 punti. La Juve di Tudor non esce dalla crisi di gioco e risultati: i torinesi in campionato incassano la prima sconfitta e sono senza vittorie da 4 gare. Tra Serie A e Champions League, la Juve non vince da oltre un mese: l'ultimo successo risale al 13 settembre.
Il Como sblocca il risultato alla prima occasione. Al 4', Kempf si inserisce all'altezza del secondo palo sul cross di Paz: la difesa della Juve dorme, il difensore tedesco può insaccare per l'1-0. La Juve di Tudor offre il solito copione proposto nell'ultimo mese. Difesa 'allegra', manovra involuta, si punta quasi tutto sul talento di Yildiz.
I torinesi provano a spingere e creano chance con Yildiz, Koopmeiners, Conceicao e Thuram: la mira però non è una qualità dei bianconeri e Butez non deve effettuare nemmeno una parata per difendere la propria porta. Dall'altra parte, le amnesie della retroguardia ospite regala occasioni in serie al Como. Morata spreca due ghiotte occasioni al 29' e al 31', Moreno spaventa Di Gregorio al 34', Vojvoda spreca il raddoppio prima dell'intervallo.
Il copione non cambia granché nella ripresa. La qualità del gioco della Juve è 'rivedibile', il Como si rende pericolosissimo appena accelera. Al 56' Di Gregorio respinge il tiro di Vojvoda, Caqueret potrebbe appoggiare il pallone del 2-0 ma spreca clamorosamente. Il sipario sul match cala al 79'. Paz, innescato da Perrone, salta senza nessun problema Cambiaso e buca Di Gregorio sul secondo palo: 2-0, game over.
Leggi tutto: Como-Juve 2-0, Kempf e Paz stendono i bianconeri

(Adnkronos) - “Noi di Gsk abbiamo un impegno con il paziente oncologico: portare medicine innovative che gli permettano di essere vicino alla sua famiglia e alla sua comunità, permettere che il paziente ritorni alla vita quotidiana e che dal dolore della malattia nasca qualcosa di bello, di luce e di speranza”. Sono le parole di Fabio Landazabal, amministratore delegato di Gsk, alla Festa del Cinema di Roma, in occasione della proiezione del docufilm ‘Allevi Back to Life’, dedicato alla sensibilizzazione sulle patologie oncologiche e realizzato con il contributo di Gsk.
“Il messaggio di speranza che porta il maestro Allevi è dedicato a tutti i pazienti malati oncologici. È un messaggio di coraggio, dove la malattia e la diagnosi comincia a partire da una luce di trasformazione”, conclude.

(Adnkronos) - “Le cose importanti non sono mai facili: ho sempre evitato le strade di pianura e le porte larghe, bisogna andare anche in salita, perchè è allora che si riesce a cogliere il senso di qualcosa di più profondo. Pertanto, realizzare questo film è stato difficile, ma liberatorio perché credo che restituisca le mie intenzioni filosofiche: riuscire a vedere la luce anche nel buio. Non è facile vederla, non è facile riuscire a cogliere un senso della sofferenza nella sofferenza della malattia più temuta e nella sofferenza del dolore fisico. Eppure, magari, è possibile riuscire a scorgere una scintilla che dà la forza e la speranza di andare avanti. Questo è stato l'obiettivo che mi sono posto e credo che ora sia lì, immortalato nella pellicola”. Così il pianista e musicista Giovanni Allevi alla proiezione del docufilm ‘Allevi Back to Life’, dedicato alla sensibilizzazione sulle patologie oncologiche, svoltasi nell’ambito della Festa del Cinema di Roma.
“La parola opportunità non mi è mai piaciuta, perché non vivo nell'idea di poter avere un'opportunità. Magari quando ero più giovane, ma ora la malattia mi ha catapultato in una dimensione dove c'è poesia legata al fare, perché la composizione musicale è un fare, è un'arte secolare. Io mi trovavo sul letto d'ospedale, con un computer sulle gambe, con la flebo attaccata, che pesavo 63 chili, dopo la chemioterapia che mi ha portato via i capelli. Non avevo neanche la certezza che la terapia avrebbe fatto effetto. Dunque, mi trovavo in una condizione in bilico tra la vita e la morte - spiega il maestro Allevi - un'angoscia, una paura per il futuro e il dolore fisico molto persistente nei confronti del quale neanche gli oppioidi più potenti riuscivano a regalare un sollievo”.
“In quella condizione ho cominciato a scrivere il concerto MM22, perché avevo fatto questa scoperta molto singolare per me: trasformando in note le sette lettere della parola mieloma, attraverso un procedimento che aveva già usato Johann Sebastian Bach nel 1750, di trasformazione delle lettere in note, abbiamo scoperto che da queste sette lettere della parola mieloma scaturiscono sette note, che formano una melodia bellissima - continua - Do, La Bemolle, Mi, Si, Re, Do, Do. Una melodia in Do con il La Bemolle, che tradizionalmente conferisce una certa malinconia, una melodia romantica”.
“Il mio mieloma, malattia terribile, trasformata in note diventa una melodia bellissima. Ecco l'intento folle di comporre un concerto per violoncello e orchestra, che inizia proprio con quelle sette note e che racconta in note tutte le emozioni che avrei vissuto - sottolinea Allevi - l'angoscia, il vuoto, il dolore, ma anche la speranza, la tenerezza, la nostalgia, la mia attenzione verso l'infinito e la gioia di una guarigione. Anche se ho scoperto che nella mia malattia cronica non si può parlare propriamente di guarigione”.
“Ho sognato che l'avrei diretto, se fossi sopravvissuto, e una volta uscito fuori dall'ospedale, dopo una lunga e sofferta degenza, ho chiesto al mio staff di portarmi l'orchestra e un solista perché volevo sentire questo concerto per violoncello - dice il maestro - Oltre all'orchestra e al solista mi hanno mostrato anche le telecamere, per immortalare il momento in cui questa musica veniva eseguita per la prima volta e io incontravo i professori d'orchestra dopo tre anni. Questa esperienza, catturata in maniera così immediata dalle telecamere, è l'ossatura del film documentario”.
Infine, Allevi, sottolinea il valore terapeutico della musica per chi attraversa un momento buio: “vorrei ribadire il valore della ricerca scientifica e farmacologica, senza la quale io non sarei qui. Grazie da parte mia e dei pazienti a tutte quelle persone che lontano dai riflettori, davanti a un microscopio, sognano i misteri della chimica e dell'interazione tra il farmaco e le cellule per ottenere la guarigione del corpo”.
“Il primo grande pensatore che ha affrontato questi problemi è stato Platone, che ha parlato di una differenza tra la malattia del corpo e la malattia dell'anima, ma anche della guarigione del corpo e dell'anima. Allora, la ricerca scientifica si prende a cuore la guarigione del corpo, ma c'è anche la guarigione dell'anima. E chi lo sa che magari l'anima possa predisporre il corpo alla guarigione. Questo è anche un altro degli intenti del film documentario: riuscire a liberare la nostra anima da tante sovrastrutture, pensieri inutili e inessenzialità, da poter ritrovare un'energia interiore, una gioia di vivere nonostante il tumore, un entusiasmo nonostante la paura. Sono convinto che questa guarigione dell'anima porterà con sé una guarigione del corpo, affiancandosi parallelamente alla preziosa ricerca scientifica”, conclude.

(Adnkronos) - Il 70% dei pazienti con carcinoma vescica muscolo infiltrante è libero dalla malattia a due anni grazie ad una combinazione di terapie, nello specifico un farmaco immunoterapico (pembrolizumab) più un anticorpo farmaco-coniugato (enfortumab vedotin) somministrati prima e dopo la chirurgia. Questa 'combo' non solo aumenta la sopravvivenza dei pazienti ma riduce anche del 60% il rischio di insorgenza di nuovi eventi. E' quanto emerge dallo studio Keynote-905/Ev-303 presentato al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) a Berlino e i cui risultati, per la loro rilevanza, sono stati selezionati per la conferenza stampa ufficiale del congresso.
In Italia quasi 6mila persone ogni anno vengono colpite da un tumore della vescica muscolo-invasivo: circa la metà non è idonea a ricevere la chemioterapia ed ha come unica opzione terapeutica l'intervento chirurgico (cistectomia radicale). Per questi pazienti c'è, ora, un 'tassello' che mancava: la nuova combinazione tra pembrolizumab di Msd più enfortumab vedotin, somministrata prima e dopo la chirurgia, al follow-up di 25,6 mesi riduce il rischio di insorgenza di nuovi eventi del 60% e il rischio di morte del 50% rispetto alla sola chirurgia, l'attuale standard di cura, nei pazienti con tumore della vescica muscolo-invasivo che non sono eleggibili alla chemioterapia. Più del 70% dei pazienti è dunque libero da malattia a 2 anni ed è, affermano i ricercatori, "potenzialmente guarito". "Per decenni, i pazienti affetti da tumore della vescica muscolo-invasivo non eleggibili al trattamento con cisplatino hanno avuto a disposizione opzioni terapeutiche limitate, spesso ricorrendo esclusivamente alla chirurgia", afferma Giuseppe Procopio, direttore del Programma Prostata e della struttura Dipartimentale di Oncologia Medica Genitourinaria, Fondazione Irccs Istituto Nazionale dei Tumori di Milano.
"Lo studio - prosegue Procopio - dimostra, per la prima volta, che una terapia perioperatoria riduce il rischio di recidiva ed aumenta la sopravvivenza dei pazienti con carcinoma della vescica muscolo infiltrante. La pratica clinica è destinata a cambiare con la terapia pembrolizumab più enfortumab vedotin per questi pazienti. Abbiamo oggi un risultato concreto". Nel 2024, in Italia, sono stati stimati circa 31.000 nuovi casi di tumore della vescica, che è una delle neoplasie più frequenti. Questo risultato "ci emoziona - afferma Patrizia Giannatempo, dirigente dell'Oncologia Medica Genitourinaria dell' Istituto Nazionale dei Tumori di Milano - si tratta di una evidenzia molto importante per i nostri pazienti: più del 70% è libero da malattia a 2 anni e potenzialmente guarito. È un traguardo senza precedenti in una popolazione composta in gran parte da pazienti non eleggibili alla chemioterapia, finora privi di opzioni di cura efficaci".

(Adnkronos) - “Il montaggio del film porta ad un sorriso finale in cui mi sono sentito molto a mio agio. Giacomo (il regista Giacomo Triglia, ndr) è stato bravo a cucirmi un vestito addosso in cui mi sento autentico. Per quanto sia un’utopia, l’autenticità è un modello a cui tendere per me, una stella polare”. In questa semplice considerazione c’è il senso di “Brunori Sas - Il Tempo delle Noci’, che il protagonista Dario Brunori spiega in una conversazione con l’Adnkronos nel giorno della presentazione della pellicola alla Festa del Cinema di Roma. Diretto da Giacomo Triglia, che con Brunori collabora dal 2009, il film esplora l’universo creativo e personale dell’artista calabrese, seguendo la nascita del suo ultimo album attraverso un periodo di vita che contiene tanti momenti d’importanti, crisi, dubbi, desiderio di cambiamento. Nel mezzo la sua terra, la Calabria, e il radicamento dell’artista alla famiglia.
"Tra i momenti più significativi degli ultimi anni c’è sicuramente la nascita di Fiammetta (la figlia dell’artista, ndr), quello è stato un evento clamoroso, ma il cambiamento è un divenire”, spiega Brunori. Un’autenticità ‘controcorrente’ a cui Brunori non è venuto meno neanche sul palco dell’Ariston di Sanremo, quando con ‘L’Albero delle Noci’ ha raccontato proprio del suo rapporto con la figlioletta che gli ha cambiato la vita. “Non so se la mia autenticità sia eccessiva, ma se provoca una reazione che non è solo accomodante mi farebbe piacere, vuol dire che sto facendo qualcosa di buono -osserva- Che poi questo essere autentici è anche un po’ empatici va bene ma mi spaventerebbe di più che ci fossero troppi sì, perché non vorrei essere troppo consolatorio o accomodante nel mio modo di essere”. E comunque, ironizza, “reagisco malissimo alle critiche, nessuno mi può criticare”.
L’ironia di Brunori, quella che contribuisce a farlo amare tanto dai fan. “Vi racconto un aneddoto- ci conferma il regista del film, Giacomo Triglia- Il produttore prima di girare mi ha detto ‘sai, vorrei che uscisse fuori anche un po’ della sua ironia’. Gli ho risposto ‘non preoccuparti, il problema sarà contenerla’”. Brunori non è l’unico artista che, negli ultimi anni, ha deciso di raccontarsi non solo musicalmente ma anche attraverso il mezzo cinematografico. Lui lo spiega così: “Lavoriamo così tanto su questi dischi che ci piace anche raccontare il processo creativo, per far capire che ci vuole un tempo per le cose -dice- Non a caso il film si chiama “Il Tempo delle Noci’, perché non è inteso solo come la ‘stagione delle noci’, ma indica il tempo che ci vuole. Questo per me è fondamentale, soprattutto oggi che l’aspetto musicale è una cosa fugace, veloce, improntata alla produttività”.
Un tema molto caro all’artista: “Le uscite dei dischi ormai sono velocissime, si è entrati in un’ottica molto produttiva, dove predomina il mercato -scandisce- quindi nasce l’esigenza di raccontarla in un’altra maniera, di far vedere che esiste una possibilità diversa, più artigianale, del processo creativo. D’altronde ormai anche la parola scritta ha i suoi limiti rispetto all’immagine, quindi lasciamo all’immagine di raccontare quello che una volta avremmo lasciato solo all’opera”. Sull’ipotesi di risalire sul palco dell’Ariston, Dario Brunori risponde senza esitazioni: “Certo, senz’altro. Prima avevo molte remore, adesso che ho rotto il ghiaccio ci risalirei sicuramente -dice l’artista- Non in questa edizione, dove non posso proprio tecnicamente, ma in futuro non mi dispiacerebbe”. (di Ilaria Floris)

(Adnkronos) - "Non so chi si sia messo a perdere del tempo così, ma trovo ignobile e pericoloso che qualcuno abbia creato un video con l'intelligenza artificiale completamente falso per attribuirmi dichiarazioni mai fatte sul grave attentato di cui è stato vittima Ranucci. A individuare i responsabili penseranno gli inquirenti, in seguito alla denuncia che sto depositando. Non hanno niente da fare meglio che spargere odio e menzogne". Lo scrive sui social il deputato e responsabile organizzazione di Fratelli d'Italia, Giovanni Donzelli, pubblicando il falso video realizzato con l'intelligenza artificiale e diffuso in queste ore, riguardante l'attentato subito dal giornalista Sigfrido Ranucci.
Leggi tutto: Ranucci, sui social video fake Donzelli. Il deputato: "Odio su di me"

(Adnkronos) - Non si ferma la ricerca sul tumore al seno triplo metastatico, la forma a prognosi maggiormente sfavorevole. Nuove evidenze confermano un miglioramento significativo della sopravvivenza libera da progressione della malattia grazie ad uno specifico Adc. Tra i nuovi studi sul tumore al seno triplo negativo metastico, presentati al congresso annuale della Società europea di oncologia medica (Esmo), fa parte lo studio di fase 3 Ascent-03, i cui risultati dimostrano un miglioramento clinicamente rilevante della sopravvivenza libera da progressione di malattia con l'anticorpo coniugato sacituzumab govitecan rispetto a chemioterapia come trattamento di prima linea dei pazienti con tumore della mammella triplo negativo metastatico (Tnbc) non candidati al trattamento con immunoterapia. Questi risultati presentati all'Esmo sono stati pubblicati contemporaneamente sul The New England Journal of Medicine. Lo studio ha evidenziato una riduzione del 38% del rischio di morte o di progressione di malattia e la sopravvivenza libera da progressione è risultata di 9,7 mesi rispetto a 6,9 mesi con chemioterapia standard. Si tratta di un risultato significativo dato che non si sono verificati progressi clinici per oltre 20 anni per questa popolazione di pazienti.
"Le donne con tumore della mammella triplo negativo metastatico non eleggibili all'immunoterapia presentano una prognosi sfavorevole, con opzioni terapeutiche limitate e una rapida progressione di malattia - spiega Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo -. Sacituzumab govitecan, il primo farmaco anticorpo coniugato diretto contro la proteina Trop-2, si è già dimostrato efficace nel migliorare la sopravvivenza sia nel tumore della mammella metastatico triplo negativo che in quello Hr+/Her2-, la forma più diffusa di carcinoma mammario. I risultati dello studio Ascent-03, che ha valutato sacituzumab govitecan rispetto alla chemioterapia tradizionale come trattamento di prima linea del tumore della mammella metastatico triplo negativo, ampliano le prospettive di utilizzo di questa terapia in un setting di pazienti che presenta bisogni clinici ancora insoddisfatti. La capacità di sacituzumab govitecan di ritardare la progressione di malattia rappresenta un importante progresso terapeutico per questa popolazione di pazienti, stabilendo un potenziale nuovo standard di cura".
"Nel 2024, in Italia, sono stati stimati quasi 53.700 nuovi casi di carcinoma della mammella - afferma Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom Associazione italiana oncologia medica -. La forma triplo negativa rappresenta circa il 15% di tutti i casi di tumore del seno. È una delle più gravi e aggressive e, da sempre, fra le più difficili da trattare. Negli ultimi anni, lo scenario terapeutico è però in costante evoluzione anche in questo tipo di neoplasia e l'innovazione sta portando risultati importanti, come evidenziato nello studio Ascent-03".
Sacituzumab govitecan di Gilead Sciences è un anticorpo farmaco coniugato diretto a Trop-2. Trop-2 è una proteina di superficie cellulare altamente espressa in diversi tipi di tumore, tra cui oltre il 90% dei tumori del seno e del polmone. Le cellule del Tnbc non presentano invece recettori - cui i farmaci antitumorali si legano per agire contro le cellule cancerose - degli estrogeni e del progesterone e hanno un'espressione di Her2 limitata. Da qui la definizione di 'tumori tripli negativi'.
Il tumore del seno triplo negativo (Tnbc) - secondo gli esperti - colpisce in modo sproporzionato i giovani, le donne in pre-menopausa e le donne nere e ispaniche. La neoplasia ha un’alta probabilità di recidiva e di metastasi rispetto agli altri tipi di tumore del seno. Il tempo medio alla recidiva metastatica per il Tnbc è di circa 2,6 anni rispetto a 5 anni per gli altri tipi di tumore del seno, e il relativo tasso di sopravvivenza a cinque anni è molto più basso. Nelle donne con Tnbc metastatico, il tasso di sopravvivenza a cinque anni è del 12%, rispetto al 28% per quelle con altri tipi di tumore del seno.
"Ascent-03 è il secondo studio di fase 3 con un regime basato su sacituzumab govitecan che mostra una sopravvivenza libera da progressione superiore a chemioterapia in prima linea del Tnbc metastatico, evidenziando il suo potenziale di migliorare i risultati dei pazienti con opzioni terapeutiche limitate - dichiara Dietmar Berger, MD, PhD, Chief Medical Officer, Gilead Sciences -. Con questi risultati potenzialmente in grado di cambiare la pratica clinica, sacituzumab govitecan è destinato a trasformare il panorama terapeutico in prima linea del Tnbc metastatico, offrendo una necessaria alternativa alla chemioterapia".
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(Adnkronos) - Parigi, 22 agosto 1911: un giorno che avrebbe cambiato per sempre la storia dell'arte e la fama di uno dei dipinti più celebri al mondo. Nel cuore del Louvre, la Gioconda, il celebre ritratto di Leonardo da Vinci, semplicemente scomparve. Il museo di Parigi, simbolo universale della bellezza e custode di tesori inestimabili, si trovò improvvisamente sotto i riflettori di un intrigo degno dei migliori thriller. L'opera, amata e ammirata da milioni di visitatori, era stata trafugata con una semplicità che sfidava l'immaginazione.
A rubare il dipinto fu Vincenzo Peruggia, un decoratore italiano che aveva lavorato proprio nel museo. Con un'astuzia sorprendente, si nascose negli angoli più nascosti del Louvre e, al momento giusto, si infilò un camice da addetto ai lavori. In pochi istanti, tolse la Gioconda dalla sua cornice e la nascose sotto il cappotto, uscendo indisturbato da una porta secondaria. Nessuno lo vide, nessuno sospettò.
Per due lunghi anni, la Monna Lisa rimase nascosta a Parigi, conservata come un tesoro segreto, fino a quando Peruggia, mosso da un folle e patriottico desiderio di "restituire" il capolavoro all'Italia, cercò di venderla a Firenze. Qui la storia fece il suo giro di boa: la Gioconda tornò sotto gli occhi di tutti il 4 gennaio 1914, in una cerimonia trionfale che consacrò il furto come uno degli eventi più clamorosi e affascinanti della storia dell'arte.
A scoprire il furto quella mattina del 22 agosto 1911 furono due artisti parigini, arrivati al Louvre per copiare la Gioconda: la parete che da anni custodiva l'enigmatico sorriso di Monna Lisa era spoglia. Quello che seguì fu un caso internazionale, uno scandalo culturale, un giallo degno dei romanzi più intricati. Ma a orchestrare tutto, incredibilmente, non fu un genio del crimine, né un facoltoso collezionista senza scrupoli. Il ladro si sarebbe scoperto più tardi era il decoratore italiano, un uomo semplice con un'idea fissa: riportare la Gioconda in Italia, la terra che, secondo lui, ne era la vera casa.
Vincenzo Peruggia era nato l'8 ottobre 1881 a Dumenza, un piccolo paese della provincia di Varese. Aveva imparato a dipingere pareti e a maneggiare vetri e cornici. Era emigrato a Parigi nel 1907, cercando fortuna come tanti altri connazionali. La sua salute era fragile: soffriva di saturnismo, dovuto all'inalazione di piombo presente nelle vernici. Isolato, lontano da casa, ma orgoglioso della sua identità italiana, Peruggia trovò impiego in una ditta che lo mandò anche al Louvre, dove lavorò montando vetri protettivi sulle opere esposte.
Fu lì che incontrò per la prima volta la Gioconda. Un ritratto piccolo, nemmeno il più appariscente della galleria, ma ipnotico. E, ai suoi occhi, profondamente italiano. Peruggia era convinto che fosse stata rubata da Napoleone - cosa storicamente falsa, visto che il quadro fu portato in Francia da Leonardo stesso all'inizio del Cinquecento - e decise che toccava a lui restituirlo al suo paese d'origine.
Il 20 agosto 1911, domenica, Peruggia entrò al museo e si nascose per la notte. Era tutto calcolato: il lunedì il Louvre era chiuso al pubblico. Alle prime luci del 21 agosto, indossò un camice bianco da operaio, come quelli usati dal personale del museo, e si diresse verso la Sala Carré, dove la Gioconda era esposta. Agì in pochi minuti. Staccò il dipinto dalla parete, entrò nella scaletta della Sala dei Sept Mètres, tolse con cura la cornice e il vetro, e lo avvolse nella sua giacca. Poi scese nel cortile e si diresse verso l’uscita Jean Goujon, forzando la porta con un piccolo coltellino. Nessuno lo fermò. Nessuno lo vide. Con passo tranquillo, salì su un autobus, sbagliò direzione, e finì per rientrare a casa in taxi, in Rue de l'Hôpital Saint-Louis, con la Gioconda sotto braccio.
Il furto fu scoperto la mattina seguente, 22 agosto 1911. Due artisti, Louis Béroud e Frédéric Languillerme, si recarono nella Sala Carré per copiare il quadro e trovarono solo un vuoto rettangolo bianco. Scattarono subito gli allarmi. Il capo della sicurezza fu avvisato, e in poche ore il Louvre si trasformò in un cantiere di indagini. La polizia trovò la cornice e il vetro protettivo abbandonati nella scaletta e scoprì che la porta secondaria era stata forzata. L'ipotesi che il ladro fosse un operaio fu immediata. Anche Peruggia fu interrogato, ma nulla sembrò sospetto. Aveva già nascosto la Gioconda sotto il pavimento del suo tavolo, in una cassa di legno costruita da lui stesso.
Intanto, l’opinione pubblica si scatenava. I giornali parlavano di un colpo orchestrato da un collezionista americano, o addirittura di una cospirazione internazionale. Vennero arrestati per errore persino Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso, entrambi poi scagionati. Nessuno immaginava che il quadro fosse a pochi isolati dal Louvre, sotto le assi malmesse di una stanza umida.
Peruggia visse due anni da uomo invisibile. Temendo che l'umidità rovinasse il quadro, lo affidò per un periodo a un connazionale nel suo stesso palazzo. Poi lo riprese con sé, lo portò in Italia nel 1913, e si stabilì a Dumenza. Lì progettò il suo colpo finale: vendere la Gioconda agli Uffizi, con la pretesa che restasse in Italia.
Il 29 novembre 1913, scrisse sotto il falso nome di "Léonard V." al collezionista fiorentino Alfredo Geri, offrendogli il dipinto. Geri, incredulo, contattò Giovanni Poggi, direttore degli Uffizi. Organizzarono un incontro per l'11 dicembre 1913 a Firenze, presso l'Hotel Tripoli-Italia. Peruggia si presentò puntuale, aprì la valigia, e rivelò il contenuto. Poggi riconobbe immediatamente 'originale. Gli dissero che dovevano verificare l'autenticità e il giorno dopo, il 12 dicembre, fu arrestato dai carabinieri.
Il processo si svolse a Firenze il 4 e 5 giugno 1914. La stampa internazionale era presente, ma l'opinione pubblica italiana simpatizzava con Peruggia, considerandolo un patriota. La difesa sostenne che l'uomo non era del tutto lucido, e un test psichiatrico confermò un possibile squilibrio. La corte, accogliendo le attenuanti, lo condannò a un anno e 15 giorni di reclusione per furto aggravato. Il 29 luglio 1914, in appello, la pena fu ridotta a sette mesi e otto giorni. Essendo già stato in carcere in attesa del processo, fu subito scarcerato.
Dopo una breve esposizione in Italia - prima agli Uffizi, poi a Palazzo Farnese a Roma, infine alla Galleria Borghese - la Gioconda fu restituita ufficialmente alla Francia. Il 4 gennaio 1914, arrivò a Parigi su un vagone speciale delle ferrovie italiane. Al Louvre, la attendevano il presidente della Repubblica e il governo al completo. Era tornata a casa. Da quel momento in poi, la Gioconda non fu più solo un dipinto. Era diventata leggenda vivente.
Vincenzo Peruggia, dopo il clamore, scomparve nuovamente nell'anonimato. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, fu fatto prigioniero dagli austriaci, si sposò nel 1921 e tornò a vivere in Francia, con il nome modificato nei documenti da "Vincenzo" a "Pietro". Morì il 8 ottobre 1925, nel giorno del suo 44esimo compleanno, a Saint-Maur-des-Fossés, stroncato da un infarto. Sua figlia Celestina, nata nel 1924, ricordava che da bambina, nel quartiere, la chiamavano affettuosamente: "la Giocondina". (di Paolo Martini)
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(Adnkronos) - Il cancro al seno triplo negativo si conferma una neoplasia molto aggressiva. Tuttavia, questo tipo di tumore fa meno paura rispetto al passato perché può essere colpito da immunoterapia, anticorpi monoclonali farmaco coniugati e i Parp inibitori. Obiettivo di ricercatori e clinici infatti è sempre lo stesso: migliorare la sopravvivenza delle pazienti. E grazie alla ricerca, nuovi risultati positivi arrivano per il trattamento di questa neoplasia tra le più difficili da trattare, che in Italia colpisce circa 8mila donne l'anno, pari al 15% dei 55mila casi di tumori mammari che si registrano annualmente nel nostro Paese. L'anticorpo farmaco-coniugato datopotamab deruxtecanq, nuova classe di farmaci che veicola la chemioterapia direttamente all'interno delle cellule cancerose, ha infatti dimostrato un miglioramento rilevante della sopravvivenza libera da progressione di malattia per queste pazienti rispetto alla chemioterapia standard. E’ quanto emerge dai dati dello studio di fase 3 Tropion-Breast02, su 644 pazienti, presentati al congresso annuale della European Society for Medical Oncology (Esmo) a Berlino. Si tratta di pazienti con tumore al seno triplo negativo (Tnbc) localmente recidivante, inoperabile o metastatico per i quali l'immunoterapia non era indicata, non precedentemente trattate (ovvero in prima linea). Il nuovo anticorpo coniugato ha dimostrato anche una riduzione del 43% del rischio di progressione di malattia o di morte rispetto alla chemioterapia standard.
"L'anticorpo coniugato ha dimostrato un prolungamento della sopravvivenza, con un miglioramento di 5 mesi in media rispetto alla chemioterapia, e ha quasi raddoppiato il tempo libero da progressione di malattia - spiega Giampaolo Bianchini, responsabile del Gruppo mammella dell'Ircss Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute San Raffaele di Milano -. Questi importantissimi risultati, ottenuti nelle pazienti con tumore al seno metastatico triplo negativo in prima linea non candidabili all'immunoterapia, sono ancora più rilevanti in quanto questo è l'unico studio che ad oggi ha incluso pazienti con recidiva precoce di malattia, condizione purtroppo frequente e caratterizzata da aggressività e resistenza ai farmaci convenzionali, e per la quale ad oggi non avevamo valide opzioni terapeutiche".
"Il tumore al seno triplo negativo, in cui rientrano il 15% delle diagnosi di carcinoma mammario, non presenta i recettori degli estrogeni, del progesterone e della proteina Her2 – afferma Giuseppe Curigliano, presidente eletto Esmo (Società europea di oncologia medica), professore di Oncologia Medica all’Università di Milano e direttore Divisione Sviluppo di Nuovi Farmaci per Terapie Innovative allo Ieo di Milano -. Questo significa che non risponde alla terapia ormonale e ai farmaci che hanno come bersaglio Her2. È la forma più aggressiva, in cui il rischio di ricaduta a distanza aumenta rapidamente a partire dalla diagnosi. Inoltre, colpisce spesso donne giovani, al di sotto dei 50 anni, che si trovano nel pieno della loro vita familiare e professionale, come madri, mogli e lavoratici, con significativi impatti psicologici e sociali. Da qui la necessità di opzioni terapeutiche innovative che possano offrire un miglioramento delle attuali opzioni e preservino la qualità della loro vita. I risultati di questo studio confermano che datopotamab deruxtecan è superiore alla chemioterapia standard ed offre nuove opzioni di cura ai pazienti con tumore mammario triplo negativo”.
“I pazienti con tumore al seno metastatico triplo negativo presentano una delle prognosi peggiori di tutti i sottotipi di tumore al seno, e per coloro che non sono candidabili all’immunoterapia, la chemioterapia è stata a lungo il trattamento standard - dichiara Ken Takeshita, MD, Global Head, R&D, Daiichi Sankyo - I risultati dello studio Tropion-Breast02 mostrano che datopotamab deruxtecan ha il potenziale per sostituire la chemioterapia tradizionale in questo setting e di migliorare significativamente la sopravvivenza dei pazienti".
"Per la prima volta i pazienti con tumore al seno metastatico triplo negativo possono beneficiare di un’alternativa alla chemioterapia nel setting di prima linea che permette di ritardare la progressione di malattia e di prolungare la vita - sostiene Susan Galbraith, MBBChir, PhD, Executive Vice President, Oncology Hematology R&D, AstraZeneca - Osservare un miglioramento così importante per i pazienti trattati con datopotamab deruxtecan in monoterapia in prima linea nel setting metastatico ci rende fiduciosi nel suo potenziale in combinazione con durvalumab, e nel setting iniziale, potenzialmente curativo in cui sono in corso altri studi".
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(Adnkronos) - L’impresa funebre è un comparto economico che negli ultimi anni ha cambiato pelle: cresce, si professionalizza e si ridisegna, spinto dall’invecchiamento della popolazione, dalla ricerca di soluzioni più sostenibili come la cremazione e da regole sempre più stringenti. Al 30 giugno 2025, secondo i dati diffusi, le imprese funebri attive nel Paese sono 7.050: un dato superiore del 4,9% al 2019, quando se ne contavano 6.720, come riferisce Unioncamere-InfoCamere, Movimprese in una nota.
Ma la fotografia restituisce un quadro con interessanti variazioni interne. Il Sud e le Isole si confermano l’area con la maggiore concentrazione di attività (3.266, pari al 46,3% del totale), seguite dal Nord Ovest (1.508), dal Centro (1.311) e dal Nord Est (965). Alcune regioni hanno visto crescere sensibilmente il numero di operatori: la Puglia con un +16% rispetto al 2019, la Calabria (+13,1%), la Sicilia (+11,2%) e la Campania (+7,9%). In altre zone, invece, la dinamica è stata opposta: le Marche hanno perso l’11,1% delle imprese e la Valle d’Aosta addirittura il 23,1%. In termini assoluti, a giugno scorso la presenza maggiore di imprese funebri si registra in Sicilia (827), seguita da Lombardia (773) e Campania (616).
Ancora più eloquente è il cambiamento nella forma giuridica delle imprese. In sei anni le società di capitale sono passate da 2.122 a 2.771 (+30,6%), segno di una progressiva strutturazione e professionalizzazione del comparto. A fare da contraltare c’è la diminuzione delle imprese individuali (da 2.557 a 2.386, -6,7%) e delle società di persone (da 1.723 a 1.590, -7,7%), un ridimensionamento che suggerisce le difficoltà delle realtà più piccole nell’affrontare costi, burocrazia e nuove richieste del mercato.
Anche la variazione degli addetti, tra il 2019 e il 2025, evidenzia un andamento positivo, con una crescita complessiva dell’11,5% a livello nazionale. Considerando le imprese con addetti dichiarati, gli incrementi più rilevanti si registrano in Sicilia (+33,8%), Sardegna (+26,0%), Lazio (+22,8%) e Trentino-Alto Adige (+21,3%), segnalando un’espansione marcata in alcune aree periferiche e insulari. Al contrario, poche regioni mostrano flessioni, in particolare Liguria (-10,9%), Valle d’Aosta (-5,0%) e Basilicata (-0,6%), indicando contesti locali di ridimensionamento. Nel complesso, l’aumento diffuso degli addetti suggerisce una fase di rafforzamento del settore, pur con significative differenze territoriali.
Il settore si presenta dunque come un mosaico in lento ma progressivo cambiamento: all’aumento del numero complessivo si affianca infatti una trasformazione ancora più apprezzabile nelle forme organizzative e nella geografia interna. Se la domanda è sempre legata a un bisogno certo e inevitabile, le modalità con cui le imprese vi rispondono raccontano un comparto che tende a consolidarsi abbandonando le dimensioni più artigianali per assumere fisionomie più strutturate, con maggiore capacità di investimento, più attenzione al marketing e alla diversificazione dei servizi. "Le tendenze che emergono dall’analisi - si osserva nella nota - confermano che il settore funebre fa parte a pieno titolo della vita economica del Paese. Un comparto che cambia insieme alla società e che merita attenzione non soltanto nel suo ruolo simbolico, ma anche per il peso reale che porta nel tessuto imprenditoriale italiano".
Leggi tutto: Imprese, cresce economia del commiato settemila aziende (+4,9% su 2019)

(Adnkronos) - Un furto spettacolare ha scosso il Museo del Louvre di Parigi questa mattina, domenica 19 ottobre. Tre uomini incappucciati sono riusciti a penetrare all'interno della celebre galleria d'Apollon, portando via nove gioielli storici di valore inestimabile appartenenti alla collezione di Napoleone e dell'imperatrice. Il diamante Régent, il più prezioso, è salvo. E' quanto scrive il sito del quotidiano 'Le Parisien'.
Secondo i primi elementi dell’indagine, i ladri, tutti a volto coperto, hanno approfittato dei lavori in corso nella zona di Quai de Seine per accedere al museo. Servendosi di un montacarichi, sono giunti direttamente alla sala bersaglio, all’interno della sontuosa galleria d'Apollon.
Due uomini hanno infranto i vetri ed è lì che ha avuto luogo il colpo: i banditi hanno sottratto nove pezzi unici esposti nelle vetrine 'Napoléon' e 'Souverains Français', tra cui un diadema, una broche e un collier appartenuti alla coppia imperiale. Il terzo complice è rimasto all’esterno, probabilmente come palo.
Nonostante il furto, una fonte interna al Louvre ha confermato che il Régent, il celebre diamante da oltre 140 carati, non è stato toccato.
Il museo più visitato al mondo ha annunciato la chiusura per "ragioni eccezionali", secondo quanto riferito da fonti concordanti citate dall'Afp. I fatti si sono svolti tra le 9.30 e le 9.40: i ladri si sono introdotti nel museo e hanno trafugato diversi oggetti d’arte prima di fuggire, secondo quanto appreso dall'Afp da una fonte vicina all’inchiesta.
Il valore del bottino è “inestimabile”, ha dichiarato il ministro dell’Interno, Laurent Nuñez, spiegando ai media francesi che i banditi - "tre o quattro" - hanno agito in soli “sette minuti”. Il colpo è stato messo a segno utilizzando una piattaforma elevatrice montata su un camion, che ha permesso ai ladri di accedere dall’esterno direttamente alla “sala Apollo”, dove si sono concentrati su due teche espositive, ha precisato il ministro.
È stata aperta un’inchiesta per furto in banda organizzata e associazione a delinquere finalizzata a commettere un crimine. L’indagine è stata affidata alla Brigata per la repressione del banditismo della polizia giudiziaria, con il supporto dell’Ufficio centrale per la lotta contro il traffico di beni culturali, ha fatto sapere la Procura di Parigi. Il danno esatto è attualmente in corso di valutazione. Secondo una fonte di polizia, i ladri erano muniti di piccole seghe elettriche. Dopo la fuga è stato ritrovato uno scooter, presumibilmente utilizzato nel colpo.
La ministra della Cultura, Rachida Dati, ha rassicurato che non ci sono feriti, ma il colpo ha generato momenti di grande panico all'interno del museo. "La polizia correva vicino alla piramide e tentava di entrare dalle porte laterali, ma erano chiuse", ha raccontato una testimone presente fuori dal museo. "Dentro, la gente correva e batteva contro le vetrate per uscire, ma era impossibile".
Poco dopo il furto, i ladri sono fuggiti a bordo di uno scooter TMax in direzione dell'autostrada A6. Le forze dell'ordine hanno subito avviato una vasta operazione di ricerca. Una delle piste battute dagli inquirenti riguarda la possibile fusione dei gioielli per ricavarne l'oro.
Negli ultimi mesi, diversi musei francesi sono stati colpiti da furti ed effrazioni, sollevando dubbi sull'efficacia dei sistemi di sicurezza. A metà settembre, alcuni esemplari di oro nativo sono stati rubati dal Muséum national d’Histoire naturelle di Parigi. Il museo ha parlato di una "perdita inestimabile" per la ricerca e il patrimonio culturale. Il valore del danno è stato stimato in circa 600.000 euro. Nello stesso mese, un furto ha colpito anche un museo di Limoges, specializzato in porcellane, con un danno stimato in 6,5 milioni di euro.
Leggi tutto: Parigi, colpo clamoroso al Louvre: rubati i gioielli di Napoleone, tutto in 7 minuti

(Adnkronos) - Un furto spettacolare ha scosso il Museo del Louvre di Parigi questa mattina, domenica 19 ottobre. Tre uomini incappucciati sono riusciti a penetrare all'interno della celebre galleria d'Apollon, portando via nove gioielli storici appartenenti alla collezione di Napoleone e dell'imperatrice. Il diamante Régent, il più prezioso, è salvo. E' quanto scrive il sito del quotidiano 'Le Parisien'.
Secondo i primi elementi dell’indagine, i ladri, tutti a volto coperto, hanno approfittato dei lavori in corso nella zona di Quai de Seine per accedere al museo. Servendosi di un montacarichi, sono giunti direttamente alla sala bersaglio, all’interno della sontuosa galleria d'Apollon.
Due uomini hanno infranto i vetri ed è lì che ha avuto luogo il colpo: i banditi hanno sottratto nove pezzi unici esposti nelle vetrine 'Napoléon' e 'Souverains Français', tra cui un diadema, una broche e un collier appartenuti alla coppia imperiale. Il terzo complice è rimasto all’esterno, probabilmente come palo.
Nonostante il furto, una fonte interna al Louvre ha confermato che il Régent, il celebre diamante da oltre 140 carati, non è stato toccato. Il valore esatto del bottino è ancora in fase di valutazione.
La ministra della Cultura, Rachida Dati, ha rassicurato che non ci sono feriti, ma il colpo ha generato momenti di grande panico all'interno del museo. "La polizia correva vicino alla piramide e tentava di entrare dalle porte laterali, ma erano chiuse", ha raccontato una testimone presente fuori dal museo. "Dentro, la gente correva e batteva contro le vetrate per uscire, ma era impossibile".
Poco dopo il furto, i ladri sono fuggiti a bordo di uno scooter TMax in direzione dell'autostrada A6. Le forze dell'ordine hanno subito avviato una vasta operazione di ricerca. Una delle piste battute dagli inquirenti riguarda la possibile fusione dei gioielli per ricavarne l'oro, come accaduto un mese fa con le pepite d'oro rubate al Museo di Storia Naturale di Parigi.
Leggi tutto: Parigi, colpo clamoroso al Louvre: rubati i gioielli di Napoleone

(Adnkronos) - Furto al Louvre di Parigi. In un audace colpo avvenuto questa mattina, banditi hanno sottratto diversi gioielli esposti al Museo, prima di fuggire a bordo di scooter. Il valore del bottino è ancora in fase di valutazione. Secondo indiscrezioni al momento non confermate, sarebbero spariti anche gioielli dell'imperatore francese Napoleone Bonaparte.
Secondo quanto appreso dall'Afp da fonti vicine all’inchiesta, il furto è avvenuto in una finestra di tempo estremamente breve, tra le 9.30 e le 9.40. I ladri, il cui numero esatto non è stato ancora comunicato, hanno pianificato il colpo con precisione quasi militare.
Sempre secondo fonti investigative, i banditi sono arrivati in scooter e hanno utilizzato un montacarichi per raggiungere la sala del museo dove si trovavano i preziosi. Erano equipaggiati con piccole troncatrici, strumento che avrebbe permesso loro di forzare rapidamente le teche. Le autorità parigine stanno ora analizzando le registrazioni delle telecamere di sorveglianza e raccogliendo testimonianze per cercare di identificare gli autori del furto. Il Louvre, uno dei musei più sorvegliati al mondo, non ha rilasciato dichiarazioni ufficiali al momento.
Leggi tutto: Parigi, colpo al Museo del Louvre: rubati gioielli in pieno giorno

(Adnkronos) - "Una rapina è avvenuta stamani all'apertura del Louvre. Non ci sono feriti da segnalare". E' quanto comunica via X il ministro della Cultura, Rachida Dati. "Sono sul posto con il personale del Museo e la Polizia - aggiunge - Sono in corso gli accertamenti".

(Adnkronos) - "La nostra forza, la forza dell'Occidente, nasce da un'eccellenza individuale senza pari. La voce singolare e potente della libertà. Ma essa si perfeziona solo quando l'intera orchestra suona insieme in un'armonia impeccabile e potente. Questa eredità è il motivo per cui non dobbiamo mai perdere di vista ciò che ci unisce". Così la premier Giorgia Meloni, nel videomessaggio inviato in occasione del 50esimo anniversario della Niaf, la National Italian American Foundation.
"So che ci sono forze che cercano di dividerci, di ridefinire la nostra storia e di distruggere le nostre tradizioni condivise. La chiamano cultura woke. Cercano di cancellare la nostra cultura. Si sbagliano", rimarca la presidente del Consiglio.
Leggi tutto: Meloni alla Niaf: "Cultura woke vuole cancellarci, si sbagliano"
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