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19.Nov

Minniti: "Il Mediterraneo è tornato al centro del mondo". Il seminario italo-spagnolo

(Adnkronos) - Nel suo intervento al Dialogo Mediterraneo Italo-Spagnolo, organizzato a Roma da Med-Or e Real Instituto Elcano, il presidente della fondazione Marco Minniti ha tracciato una mappa delle tre grandi partite che oggi si giocano nella regione: il percorso verso una pace duratura in Medio Oriente, la crescente instabilità africana e la competizione globale sulle risorse strategiche. Una riflessione che diventa un appello diretto all’Europa: “Non credete a chi dice che gli equilibri del mondo si decidono altrove. Il Mediterraneo è tornato al centro dello scenario globale. È un’occasione storica. Perderla sarebbe un errore drammatico”. 

Dopo l’introduzione di Alfredo Mantovano e prima del discorso dell’ex ministra degli Esteri spagnola Ana Palacio, Minniti parte da una notizia appena arrivata da New York: il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione sulla crisi medio-orientale. “Non la chiamo storica: la storia la fanno gli storici. Ma è una risoluzione molto importante”, sottolinea. Dopo anni di paralisi dovuta ai veti incrociati, l’Onu torna a contare: “Lo si deve all’iniziativa americana: senza, non saremmo arrivati a questo risultato. È solo un punto di partenza, ma un punto di partenza vero”. 

L'ex ministro dell'Interno invita però a non guardare solo a Gaza, perché i fronti che possono far saltare tutto sono almeno due: 

Il Libano e il disarmo di Hezbollah. La questione è esplosiva: “La fine dell’anno è la scadenza per decidere il disarmo di Hezbollah. Oggi la situazione non è sotto controllo”. Gli episodi di fuoco contro militari di Unifil - spiegati da Israele come errori dovuti al maltempo - per Minniti sollevano domande inquietanti: “E se ci fossero stati dei morti? Cosa avremmo davanti oggi?” 

E poi la Cisgiordania e gli incidenti a rischio escalation. La tensione è alta: “Ieri scontri durissimi della polizia israeliana per smantellare un insediamento illegale; altri per la raccolta delle olive. Tutto è drammaticamente intrecciato”. Il punto politico, però, riguarda la credibilità stessa dei processi di disarmo: “Se non si disarma Hezbollah, perché dovrebbe farlo Hamas? E allora per Israele sarebbe una minaccia diretta alla sua sicurezza”. 

Minniti lega la crisi mediorientale alle fragilità africane: “Certo che c’è un filo diretto. Non possiamo far finta che non esista”.Le previsioni sono chiare: “Nei prossimi vent’anni l’Africa continuerà a crescere demograficamente; noi in Europa siamo in recessione demografica. Questa partita va governata, non può essere lasciata ai trafficanti di esseri umani”. 

Richiama il discorso di Mantovano, con l’immigrazione legale che va incentivata, quella illegale combattuta, e aggiunge: “Se l’Europa ha retto è grazie agli accordi con i Paesi di partenza e transito. Lo hanno fatto per primi Italia e Spagna, poi è arrivata, in modo cruciale, la stessa Unione Europea”. 

La strategia, dice citando Lao Tzu, è dialogare e investire nei Paesi africani: “Una strategia senza tattica è la via più lunga per la vittoria. Una tattica senza strategia è il rumore di fondo di una sconfitta”. 

Per Minniti, “se oggi parliamo con relativa calma di migrazioni è perché la Tunisia sta rispettando gli impegni”. Ma la politica interna è instabile, e la penetrazione cinese aumenta: “Quest’estate la Cina è diventata il principale cooperatore economico tunisino. Aziende cinesi gestiscono finanziamenti europei. È una situazione turbolenta, con una leadership diciamo inquieta”. 

Il presidente di Med-Or descrive un’Africa attraversata da nuovi protagonisti: “Cina e Russia da anni, ma quest’anno la sorpresa è la Turchia”. L’ammirazione per la capacità geostrategica di Ankara non gli impedisce una nota di allarme: “Per Italia, Spagna ed Europa avere una Turchia molto forte in Somalia, Mali, Niger dovrebbe farci riflettere. La fame vien mangiando. Oggi sono partner; domani, se i rapporti di forza saranno favorevoli, potrebbero decidere diversamente”. 

Minniti ricorda il nuovo attivismo di Khalifa Haftar: “La Cirenaica valuta di fare proprio l’accordo del 2019 che assegna alla Turchia l’uso delle acque territoriali libiche. Haftar lo aveva definito una svendita nazionale. Il fatto che oggi la situazione sia cambiata in modo così significativo ci deve fare riflettere”. 

La situazione è instabile in Somalia, nel Sahel, i ministri degli Esteri di Etiopia ed Eritrea si attaccano, c’è il conflitto latente tra Algeria e Marocco sul Sahara Occidentale, una nuova legge sull’emergenza nazionale ad Algeri (che affida i poteri non al presidente ma al capo di Stato Maggiore). E non mancano gli allarmi di queste ore: “In Nigeria ieri hanno rapito 27 ragazze. Non Boko Haram, ma gang criminali. Ma ci riporta dritti al 2014. La Nigeria è il Paese più popoloso dell’Africa: pensiamo davvero di poterne fare a meno? Se la Nigeria collassa, può essere l’innesco di una destabilizzazione globale”, spiega Minniti. 

Che lega la dimensione geopolitica a quella economica: “La Cina ha potuto fermare Trump nella sua escalation commerciale grazie al monopolio sulle terre rare, legato sia alle risorse proprie che all’influenza in Africa. E ora sta spingendo in Sudamerica”. 

Ricorda l’episodio simbolico del G20 in Brasile: “La Cina si è presentata con il progetto di una nuova rotta che colleghi i due oceani. Gli Usa con otto elicotteri (usati) contro il narcotraffico. Xi è stato ricevuto in un modo, Biden è stato mandato a parlare con gli indigeni dell’Amazzonia. Anche noi europei rischiamo la stessa fine, per questo l’accordo con il Mercosur è fondamentale”. 

“L’accordo annunciato tra Qatar, Congo e i ribelli è cruciale per metalli e terre rare. Mi fa piacere che l’abbia fatto il Qatar: sono quelli che definisco gli amici necessari. Ma mi è venuta una gelosia: avrei voluto che lo facesse l’Unione Europea, che invece rimane distante”. 

Il discorso ha poi virato sulle iniziative nazionali, visto che il seminario è stato organizzato insieme all’ambasciata spagnola in Italia e a quella italiana in Spagna: il piano strategico spagnolo 2025-2028 per l’Africa, il Piano Mattei italiano. Poi l’auspicio: “Che questi due progetti convergano in un piano europeo. L’Europa deve assumersi la responsabilità”. 

Il quadro geopolitico lo impone: “Gli Stati Uniti hanno scelto un unilateralismo radicale, legittimato dal voto del 5 novembre di un anno fa. È vero che tra quanto detto e quanto fatto non c’è sempre coincidenza, ma sul piano formale la scelta c’è stata. E non dobbiamo vederla come una minaccia per l’Europa, ma una sfida esistenziale”. 

E allo stesso tempo: “C’è una parte del mondo che preferisce avere rapporti con un continente che ha storia, principi, democrazie. La partita si gioca in Africa e l’Europa ha uno spazio politico enorme”. 

Minniti riconosce le preoccupazioni dei partner europei per il fronte nord-est - Ucraina, Baltico, Russia - ma insiste: “C’è un filo rosso che lega tutto questo al Mediterraneo e all’Africa. La sicurezza europea si gioca anche lì”. Per questo immagina una partnership più forte tra Italia, Spagna e altri Paesi mediterranei, con un ruolo centrale dell’Ue. E chiude con un’immagine evocativa: “L’Africa rischia una destabilizzazione a catena. Basta un incendio, e il rogo diventa incontrollabile”. Dalla Somalia alla Libia, dal Sahel alla Nigeria, dalle tensioni del Maghreb ai colpi di Stato nell’Africa occidentale, il rischio è sistemico. “L’Africa è un pezzo fondamentale della stabilità dell’Unione Europea, del suo futuro. E la sfida è adesso”. 

Il seminario, con il coordinamento del direttore delle Relazioni istituzionali Andrea Manciulli, si è poi sviluppato attraverso quattro tavole rotonde dedicate alla sicurezza nel Mediterraneo, al rapporto tra Occidente e Global South, al futuro della relazione transatlantica e alle opportunità di cooperazione tra Europa e America Latina. Esperti italiani e spagnoli hanno analizzato la crescente centralità del Mediterraneo allargato, il ruolo delle potenze emergenti, le trasformazioni geopolitiche in atto e le sfide per la stabilità europea, affrontando temi quali sicurezza, migrazioni, nuovi equilibri globali e diplomazia economica. 

La giornata si è chiusa con gli interventi di Riccardo Guariglia, Segretario Generale della Farnesina; Giuseppe Buccino Grimaldi, Ambasciatore d’Italia in Spagna; Miguel Fernández-Palacios, Ambasciatore di Spagna in Italia; e Charles Powell, Direttore del Real Instituto Elcano. 

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