sartiglia-712848_960_720 Maschere sarde: tradizione e modernità

Nella società contemporanea, dove la tradizione fa i conti con la globalizzazione e flussi di gente, comportamenti. ideologie e immagini culturali si muovono da una parte all’altra del pianeta sfruttando lo spazio fisico e lo spazio digitale, il Carnevale, Halloween e le altre occasioni in cui il travestimento ha una funzione culturale e sociale sono diventati un intreccio di riti tradizionali e comportamenti assimilati da altre parti del mondo e diventati, ormai, una consuetudine.

Il travestimento è una pratica arcaica, che coinvolge l’umanità dall’alba dei tempi e che persiste, pur in forme diverse, ancora oggi, in molti ambiti differenti e mantenendo la sua forza simbolica: per esempio, nel mondo del poker il travestimento è parte dello spettacolo delle World Series, mentre Halloween, una festa d’importazione, si è sovrapposta ai riti locali dedicati ai defunti.

In Sardegna, il travestimento durante il Carnevale è parte di una tradizione arcaica, ancestrale, in cui echeggiano riti pagani e la cui funzione è spesso di natura apotropaica, volto a scacciare le influenze negative di spiriti maligni o a favorire la buona sorte. Spesso i riti del Carnevale hanno un che di inquietante: d’altro canto, uno dei modi di dire carnevale in sardo è carresegare, che può essere tradotto con “carne da smembrare” o “carne a seccare”, il che dice tanto a proposito della connotazione della festa in Sardegna.

Maschere tradizionali e rituali del carnevale, nell’Isola, hanno un evidente legame con il mondo agro-pastorale, a cui sono intimamente connessi e ne rappresentano una fase, simbolica ma non meno importante, delle fasi di semina e raccolta. I legami con il paganesimo si ritrova, a detta di parecchi studiosi, nel legame con i riti dionisiaci, a cui anche i festeggiamenti contemporanei alludono.

Sono diversi i paesi e le città della Sardegna caratterizzati da feste di Carnevale suggestivi e misteriosi, tanto affascinanti quanto lugubri (anche per via del legame, lampante, con la morte), di cui hanno scritto tanti autori, tra cui la compianta Rosaria Floris, a cui è stato dedicato il Carnevale di Cagliari del 2020.

Cominciamo dal celebre Carnevale di Mamoiada. Le maschere caratteristiche sono i Mamuthones e gli Issocadores: i primi, indossando pelli di pecora, maschere di legno nero e trasportando sa carrica, dei campanacci di 30 kg uniti a grappolo, si muovono per le strade con passi lenti e cadenzati, rappresentando l’istinto e la ferinità intrinseca all’uomo. Gli Issocadores hanno il compito di tenere a freno i Mamuthones: con una maschera bianca sul volto, camicia e pantaloni ugualmente bianchi e un corpetto rosso, in testa la berritta, non solo tengono a bada i mamuthones con delle funi, ma lungo la processione catturano con il lazo, sa soca, le ragazze giovani e belle nella folla: un gesto di buon auspicio. 

Altrettanto suggestivo è il Carnevale di Ottana, con le maschere tipiche, i Boes e Merdules. Il Boe indossa una maschera decorata a forma di volto di bue, pelli di pecora e, così come i Mamuthones, trascina dei campanacci. Sos Merdules, al volto una maschera nera antropomorfa (ma dalle fattezze bizzarre), tengono buoni con su matzuccu e una fune di cuoio i Boes, che adottano comportamenti indisciplinati, quasi animaleschi: in pratica, svolgono lo stesso compito degli Issocadores. Anche in questo caso, il rito rappresenta la dualità istinto-ragione tipica dell’uomo. A completare il quadro, Sa Filonzona, una figura femminile che ha un qualche legame col mito greco delle parche.

Caratteristico è anche il Carnevale di Oristano, con uno degli eventi più belli e attesi dell’intera isola: la Sartiglia, la classica corsa alla stella di uomini a cavallo. Maschera tipica del Carnevale oristanese è su Componidori, una maschera bianca dalle fattezze quasi femminili – o per meglio dire, androgine – che ha un qualcosa di magnetico e, se vogliamo, ambiguo. Su Componidori indossa anche dei calzari, una camicia bianca, un velo sul volto, di colore bianco anch’esso.

Chiudiamo questa breve analisi delle maschere del Carnevale in Sardegna con il lamento funebre di S’Attittidu di Bosa, momento più importante del carnevale cittadino. Le maschere, con gonna lunga e corsetto, indossano uno scialle nero sulle spalle e lungo le strade portano in braccio una bambola di stracci, lamentandosi (il lamento è chiamato, appunto, s’Attitudu) e chiedendo alle persone un po’ di latte per la bambola, simbolicamente trascurato dalla madre che partecipa alla festa del Carnevale.

Infine, Halloween: la tradizionale festa americana dei morti ha fatto proseliti anche qui in Sardegna, e non è raro incontrare, durante la notte del 31 ottobre, maschere di scheletri, fantasmi e altre creature fantastiche e feste a tema.  
Non tutti sanno però che in Sardegna esiste una festa autoctona, Is Animeddas, con molti aspetti in comune con la festa d’importazione: quella che potrebbe essere considerata il Samhain sardo è una tradizione che dà senso a due proverbi che, come insegnava in un libro il grande antropologo Giulio Angioni, non dovremmo mai dimenticare: “paese che vai, usanza che trovi” e “ogni mondo è paese”.

Dunque, tra tradizione e modernità, le maschere e i travestimenti sardi affondano le radici in un passato arcaico ma ancora attualissimo e presente, forza di un popolo unico al mondo.


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