In prigione gli rasano la testa a zero, rastafariano alla Corte Suprema: "Violata la libertà religiosa"

Arriva alla Corte Suprema il ricorso di un uomo di fede rastafari che accusa una prigione della Louisiana di aver violato la sua libertà religiosa, tagliando i dreadlock che faceva crescere da due decenni, come prescritto dal movimento religioso e culturale nato negli anni '30 del secolo scorso. La vicenda di Damon Landor risale al 2020, quando entra in una prigione della Louisiana per scontare una pena di cinque mesi per possesso di droga.
Agli agenti carcerari che lo registravano, l'uomo consegna una copia di una sentenza di una corte federale del 2017 che vieta alle prigioni della Lousiana di tagliare i capelli, come previsto dei regolamenti carcerari, ai detenuti di fede rastafari, che considera la lunghezza dei dreadlock un simbolo della devozione e forza spirituale. Gli agenti buttano la copia della sentenza nella spazzatura, ammanettano Landor ad una sedia e, tenendolo fermo in due, lo rasano a zero. "Privare di una così importante simbolica e fisica connessione con Dio contro la volontà di un individuo è una brutale e disumanizzante intrusione nella libertà di religione rastafari che richiede di essere compensata", si legge nel ricorso presentato alla Corte Suprema che, controllata da una maggioranza conservatrice e di orientamento cristiano, in questi anno ha appoggiato la libertà religiosa, in diversi importanti casi.
La Corte ha per esempio dato ragione ai genitori che chiedevano che i figli venissero sospesi per motivi religiosi da lezioni a contenuto Lgbt. Oppure a un allenatore di football che voleva pregare sul campo di una scuola pubblica e al web designer cristiano che ha rifiutato i suoi servizi per un matrimonio gay. Frank Ravitch, docente della Michigan State University, sottolinea la diversità di questo caso, dal momento che finora "nell'espandere l'esercizio della libertà religiosa, i giudici l'hanno fatto in modo predominante in favore dei cristiani conservatori".
"Una decisione in favore di Landor farebbe fare dei passi avanti nel considerare gli agenti responsabili per violazioni dei diritti religiosi e assicurare che questo non succeda più", ha detto l'avvocato di Landor, che porta avanti un ricorso contro gli agenti che hanno commesso i maltrattamenti, che sono stati del resto riconosciuti dal sistema carcerario della Louisiana, perché una sentenza della Corte Suprema del 2011 impedisce ai detenuti maltrattati di richiede i danni ai singoli stati. Finora i giudici di livello inferiore non hanno accolto il ricorso di Landor.
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