Il cuore di una madre è più grande di tutto e l’amore per un figlio
supera, di gran lunga, anche maltrattamenti e altre situazioni
gravi, da codice penale. Alessandra A., 50enne di Quartu, dai primi
di gennaio non può più vedere il figlio, un ventenne, perchè è
stato rinchiuso a Uta: domiciliari, ottenuti dopo aver guidato
l’auto della mamma senza patente, li ha persi dopo due evasioni. E
c’è di più: “A febbraio dovrò subire un processo per una sospetta
rapina, a giugno per maltrattamenti in famiglia compiuti nei miei
confronti”, spiega la donna. Che ha contattato la nostra
redazione non tanto per raccontare le difficili situazioni
della sua famiglia, quanto per lanciare un sos: “Ditemi come devo
fare per poter vedere mio figlio e per fargli avere i pacchi con
pentole, cibo e altri prodotti”. Stando al suo racconto, infatti,
“c’è un numero da comporre per poter prenotare i colloqui o per
chiedere informazioni, sapere che generi alimentari siano
consentiti, avere un riferimento per poter fare un vaglia”. Ma
riuscire ad ottenere una risposta sembra essere proprio un’impresa.
“Compongo il numero del centralino e lo trovo quasi sempre
occupato. Le rare volte che squilla libero si inserisce un disco e,
dopo lunghe attese, cade la linea. Se non si riesce a rispondere
basterebbe un sito per prenotare i colloqui, in cui venga
evidenziato ciò che è ammesso portare e vari riferimenti per
accrediti, la dimensione dei pacchi. È la prima volta, per fortuna
o purtroppo, che un mio familiare è in carcere. Non sto chiedendo
l’impossibile, ma solo avere le dovute informazioni. Voglio troppo
bene a mio figlio per lasciarlo solo e senza aiuti”.
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