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10.Nov

'Stranger Things', è ora del gran finale. Il cast: "L'eredità della serie è la magia dell'infanzia"

Il cast di

"L’eredità di ‘Stranger Things’? Crediamo che sia la magia dell’infanzia, sperando che non ci abbandoni mai. Ma anche la spinta nostalgica". Così all’Adnkronos Gaten Matarazzo, Finn Wolfhard, Noah Schnapp e Caleb McLaughlin, i protagonisti della serie ‘Stranger Things’ che tornano su Netflix con l’ultima - e attesissima - stagione divisa in tre parti: il 27 novembre con il Volume 1 (episodi 1-4), il 26 dicembre con il Volume 2 (episodi 5-7) e il Finale l'1 gennaio 2026, tutti alle 2 del mattino (ora italiana). La cittadina di Hawkins e il Sottosopra stanno per chiudere i battenti. Dopo quasi dieci anni, i fratelli Duffer - i creatori dello show - scrivono la parola fine su una delle serie più amate e influenti dell’ultimo decennio con protagonista un gruppo di ragazzini degli Anni 80 - Michael, Will, Lucas, Dustin, Max e Undici - uniti da un’amicizia indissolubile, alle prese con la crescita e le proprie paure (che nella serie prendono forma attraverso il Sottosopra, la dimensione alternativa esistente in parallelo al mondo umano a Hawkins, dove è ambientata la storia).

Anche per i giovani protagonisti è stato un percorso di formazione. "Crescere su un set è un modo molto particolare di diventare adulti", ricorda Wolfhard. "Abbiamo lavorato in un contesto professionale fin da piccoli, ma allo stesso tempo eravamo solo bambini che giocavano tra una scena e l’altra. Credo che questo equilibrio ci abbia formati. Anche oggi, quando affrontiamo nuovi progetti. È facile diventare cinici in questo mestiere, ma noi cerchiamo di conservare quella leggerezza, quello sguardo bambino che non vogliamo perdere". Ma "non siamo i soli a essere cresciuti con la serie", racconta Noah Schnapp. "Anche chi ci ha seguito in questi anni è cresciuto con noi". La loro crescita, dentro e fuori dallo schermo, rispecchia il cuore stesso di ‘Stranger Things’: la forza dei legami. "La serie racconta una storia di amicizia, di persone che si uniscono per superare l’oscurità. Ogni personaggio affronta i propri disagi ma insieme riescono a vincerli. Forse siamo troppo ottimisti, ma crediamo ancora nel potere della connessione umana", dicono i Duffer all’Adnkronos.

Ma dove c’è luce, c’è anche ombra. E se l’amicizia è il cuore pulsante della serie, il Sottosopra resta il suo riflesso più oscuro. "Dove si trova l’Upside Down oggi? Sui social media", dice Caleb McLaughlin. Gli fanno eco i Duffer: "Ma anche nel 'doomscrolling' (l'atto di dedicare troppo tempo alla lettura di notizie negative online, ndr). Oggi è più difficile sfuggire all’oscurità perché è sotto gli occhi di tutti, anche dietro le superfici più scintillanti". Mentre Finn Wolfhard si chiede: "Forse l’Upside Down sta nella paura di crescere?". Non ne è del tutto convinto il collega Gaten Matarazzo: "Io credo che questi ragazzi affrontino la crescita a testa alta e con entusiasmo. Forse sono costretti a farlo un po’ prima del previsto, ma non mi sembra che ci sia paura di perdere l’infanzia o il bisogno di aggrapparsi a essa". Secondo l’attore si tratta "del rischio di crescere troppo in fretta. Ma è una questione complessa, con tante possibili letture diverse. Alla fine, credo che dipenda da ciascuno di noi: ognuno ha il proprio ‘Upside Down’ (il proprio lato oscuro, ndr)”.

E mentre i ragazzi di Hawkins diventano adulti, si preparano a dire addio con la quinta stagione ("penso che si concluda nel miglior modo possibile e nel rispetto di tutti i personaggi", dice Wolfhard): "Non siamo pronti a dire addio", dicono gli attori. Tuttavia riconoscono l’importanza di chiudere al momento giusto: "Lo show deve finire quando il pubblico è ancora coinvolto", dice Matarazzo.

"Parlo a nome di tutti, ciò che ci mancherà di più è l’esperienza di stare tutti insieme sul set, i legami e la 'famiglia' che abbiamo costruito negli anni. Possiamo continuare a stare insieme, ma non nella stessa forma. Sarà come un ricordo d’infanzia", aggiunge Caleb McLaughlin. Anche se è difficile, "perché nessuno ha una connessione più grande con la serie di noi, penso sia necessario per preservare un buon ricordo di ciò che abbiamo creato. E ne sono entusiasta perché quando un capitolo si chiude, un altro si apre, e non si sa mai cosa porterà", spiega Gaten.

Tra la difficoltà di dire addio e "altre storie da raccontare nell’universo di 'Stranger Thing'", come assicurano di Duffer, resta l’eco di una generazione che, grazie a loro, ha imparato a non smettere di credere nella forza delle storie. "'Stranger Things' è senza tempo", dice McLaughlin. "È una serie che unisce le generazioni: mi piace immaginare il momento in cui i bambini che oggi guardano la nostra serie diventeranno genitori e diranno ai propri figli: 'Sai, io sono cresciuto con questa serie, ora tocca a te guardarla'", aggiunge Matarazzo. "Vogliamo vedere questo tipo di storie anche in futuro, raccontate da altre persone. Esistono già, ma spero che ‘Stranger Things’ ispiri ancora di più perché penso che il mondo potrebbe averne bisogno", concludono i Duffer. (di Lucrezia Leombruni)

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