Cagliari

Questa mattina la presentazione di un documento

Maggiore impegno nella lotta alle povertà e per il lavoro, con un obiettivo concreto di praticare vera inclusione e giustizia sociale. È quanto sollecita la Cisl sarda alle forze politiche e alle rappresentanze che arriveranno in Consiglio regionale in seguito alle prossime elezioni regionali.

“Il 2024 si caratterizza subito con scadenze molto importanti per la Sardegna e i sardi. Appuntamenti che valuteranno, nel concreto, la qualità, l’efficacia e l’efficienza della rappresentanza politica e istituzionale ed insieme la bontà dei programmi di chi sarà chiamato a governare l’Isola, e, immediatamente dopo, di chi ci rappresenterà in Europa”, si legge in una nota diffusa dalla segretarie regionale del sindacato. “Il dibattito per il rinnovo del Consiglio regionale con le elezioni di febbraio 2024, e successivamente le elezioni per il Parlamento europeo, non debbono però sospendere le iniziative e l’attività di spesa a favore del lavoro e della lotta alle povertà, e nel contempo i programmi per la prossima legislatura debbono vedere rafforzare la centralità delle politiche di inclusione sociale, del lavoro e socio-sanitarie”.

“Non si tratta di presentare programmi enciclopedici, ma di individuare le priorità di governo, le risorse a ciò necessarie, i tempi di attuazione, la capacità e tempestività di spesa, le riforme istituzionali e di settore indispensabili, la praticabilità degli obiettivi e le compatibilità economiche e sociali, prevedendo la partecipazione democratica delle rappresentanze economiche e sociali alle scelte più importanti per la vita dei sardi e dell’Isola”, si legge ancora. “In questa direzione, data la rilevanza e la dimensione dell’impresa che attende i nuovi gruppi dirigenti e le rappresentanze consiliari e di governo della Regione, la CISL sarda auspica un impegno all’altezza dei problemi dell’Isola e delle soluzioni utili a rilanciarla in Italia e in Europa”.

Queste le priorità riscontrate dalla Cisl sarda attraverso un documento, presentato questa mattina a Cagliari dals egretario generale, Gavino Carta, insieme ai componenti di segreteria Federica Tilocca e Davide Paderi.

La lotta alle povertà e per un lavoro dignitoso. Tra i diversi e fondamentali obiettivi, la lotta alle povertà e per un lavoro garantito e dignitoso rappresenta, anche nel 2024 una priorità ineludibile, documentata dal numero notevole delle persone e dei nuclei familiari che vivono in una condizione di povertà assoluta, relativa o di scarsa disponibilità di risorse finanziarie e materiali.

In Sardegna, sulla base di alcuni indicatori quali tasso di disoccupazione, ammortizzatori sociali straordinari ed in deroga, e di una valutazione empirica, il numero di famiglie senza reddito da lavoro supera il numero di 120mila su un totale di circa 700mila (726.348) famiglie. Da tenere in considerazione che l’incidenza della povertà relativa delle famiglie nell’Isola riguarda un numero di circa 124.205 unità (17,1%).

Il ricorso alle prestazioni sociali in Sardegna è un indicatore importante per valutare non solo l’entità della disoccupazione, ma pure il livello delle difficoltà delle famiglie e della povertà, e comunque della inadeguatezza del reddito individuale e familiare per una vita dignitosa.

Si prendano ad esempio le domande di NASPI (Nuova Prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) che nel 2021 erano 74.641 e nel 2022 89.741, un dato importante in attesa dei nuovi riguardanti il 2023. Inoltre, alla riduzione del tasso di disoccupazione, fa da contraltare l’aumento dei lavoratori inattivi con una percentuale del 47,1%, rispetto al 43,2 del dato nazionale.

Anche le pensioni, per la gran parte, hanno importi al di sotto dell’indice di povertà relativa. In una fase come l’attuale caratterizzata da un alto tasso di inflazione, dai costi altissimi delle bollette energetiche, dall’aumento costante dei beni di prima necessità, le diverse tipologia di pensioni non consentono alla gran parte delle famiglie di fare fronte a tutti gli impegni e in primo luogo alle esigenze di prima necessità, per fare un esempio, esclusa la gestione dei dipendenti pubblici, in Sardegna, le pensioni di vecchiaia sono 187.699 con un importo medio mensile di 1.136,62, quelle di invalidità 37.642 con un importo medio mensile di 660,63, le pensioni ai superstiti sono invece 91.232 per un importo medio mensile di 612,16, le pensioni – assegni sociali 31.208 con un importo medio mensile di 462,09, le pensioni per gli invalidi civili sono 126.362 con un importo medio mensile di 430,73. Il totale delle pensioni arriva dunque a 474.143 per un importo medio mensile di 762,73.

Va evidenziato che si è di fronte ad importi ben al di sotto di quelli del centro e del nord del Paese; la storia lavorativa dei sardi nel privato e nei servizi è infatti spesso costellata di crisi produttive, di ammortizzatori sociali, di disoccupazione, di precarietà.

Il bilancio previdenziale della Sardegna (rapporto 2024 – Osservatorio “itinerari previdenziali”) registra 3.85m.di di entrate (contributi) e 6.12m.di di uscite (prestazioni), con un saldo negativo di 2.27m.di ed il più alto tasso di incidenza della spesa previdenziale sul PIL (33.3%), tra le regioni italiane, a significare l’alto bisogno di prestazioni assistenziali e il basso contributo della componente lavoro.

Mentre in via generale la spesa pensionistica nel Paese (11.72% sul PIL, sempre secondo il rapporto 2024 di “I.P.”) è più che in linea con la media Eurostat (13.60%), che attribuisce erroneamente all’Italia su dati ISTAT una incidenza maggiore (17.60%), avvalorando l’urgenza di riformare il sistema in termini di flessibilità ed accesso alle prestazioni da parte dei lavoratori, superando i blocchi della legge Fornero, a favore di un sistema più equo e non penalizzante.

L’importanza delle politiche attive del lavoro, della formazione e dell’istruzione. A queste povertà materiali si aggiungono nell’Isola le povertà derivanti dalle insufficienti competenze e dal deficit formativo, e dunque l’urgenza di investire nell’istruzione, nella formazione e in tutta la filiera della conoscenza, per sostenere una nuova fase di sviluppo e per tentare di ridurre la disoccupazione, soprattutto quella giovanile.

La popolazione 15-29 anni, né occupata né inserita in un percorso formativo o di istruzione, è in Sardegna al 21,4% (NEET); in Italia la percentuale è del 19%. I giovani che lasciano la scuola, senza un adeguato titolo di studio, sono il 25,1%, in Italia il 18,1%. Il tasso di partecipazione al sistema di formazione e istruzione, nella fascia di età 15-29 anni è in Sardegna all’80,1%, in quella 20-29 anni al 18,9%. Ecco perché l’obiettivo di ridurre entro la fine del decennio il tasso di abbandono scolastico al 10% è stato riproposto nell’ambito della strategia europea 2020. Per completare lo scenario del disagio sociale e giovanile nell’Isola è indispensabile sottolineare il tasso di disoccupazione nella fascia di età fino ai 29 anni ormai oltre il 40% degli attivi. È in questo quadro d’impoverimento complessivo, di forte disoccupazione e precarietà, di deficit formativo, che è necessario collocare, l’urgenza di investire nel lavoro, nelle competenze, nella formazione e nell’istruzione, dunque in tutta la filiera della conoscenza. Investire nella scuola significa superare le insidie del nuovo dimensionamento scolastico e quindi non tagliare ma creare valore e contenuti per dare maggiore offerta e avanzamento sociale nei territori.

È questo il tempo dunque delle politiche attive del lavoro e della formazione, per sostenere una nuova fase di sviluppo e per ridurre in tempi rapidi la disoccupazione e la povertà, in primo luogo quella derivante dalla disoccupazione giovanile. La gran parte dei fondi europei deve essere destinata in via prioritaria a questi obiettivi. La Regione deve però garantire efficienza, efficacia e tempestività. La buona politica è in grado, se lo vuole, di garantire una burocrazia al servizio del lavoro dello sviluppo. La buona politica dunque è la prima condizione per invertire il senso di marcia e promuovere la crescita, il lavoro ed incentivare la “vita buona”.

La centralità della tutela della salute per un nuovo sistema socio-sanitario efficiente e a misura delle persone. La salute delle persone e il diritto alla prevenzione e cura è oggi un’altra delle criticità più importanti, e si intreccia, per la dimensione di questo fenomeno, con la questione sociale e la lotta alle povertà.

Infatti, disoccupazione, precarietà, bassi salari e pensioni insufficienti rendono ancora più difficile l’accesso di vaste categorie sociali al sistema sanitario di prevenzione e protezione. La sanità rappresenta il vero differenziale di impegno prioritario e strategico che deve caratterizzare l’attività di tutta la politica per rafforzare e migliorare complessivamente il sistema di tutela della salute dei cittadini, in tutti i territori.

La pandemia e i suoi effetti collaterali hanno inoltre acuito le difficoltà del sistema sanitario e le opportunità di fruizione del diritto alla prevenzione e cura. La pandemia ha infatti evidenziato le notevoli debolezze del nostro sistema sanitario e socio-sanitario, depotenziato da anni di razionalizzazione e di contenimento, sul versante del finanziamento e dei servizi, da continue riorganizzazioni, riduzioni del personale, piani di rientro, accorpamenti e tagli di presidi che ne hanno ridotto la capacità di risposta ai bisogni di salute. Così aumenta il fenomeno della migrazione sanitaria oltre Tirreno che costa circa 87mln di euro o ancor peggio il tasso di rinuncia alle cure (1/3 della popolazione sanitaria), a certificare l’urgenza di rafforzare e implementare le politiche sociali e socio-sanitarie.

In Sardegna queste scelte si sono peraltro concretizzate in un sistema tutt’altro che ottimale, incidendo ancora più pesantemente sia sul sistema ospedaliero che sulla medicina territoriale. Tutto ciò obbliga oggi, ancora di più e primariamente, la Regione Sardegna e lo Stato, a invertire la rotta, avviando scelte tempestive e utili a garantire i fondamentali principi di universalità, uguaglianza ed equità, in un sistema che si basi sulla salute e il benessere, attraverso la prevenzione e la cura e nell’ambito della rete dei servizi territoriali e ospedalieri.

Alcune ulteriori proposte. Considerata la straordinaria portata della disponibilità di risorse, occorre che nell’immediato aumenti la capacità di spesa della Regione a favore del lavoro, dell’inclusione sociale e della lotta alle povertà, e che la nuova legislatura regionale, dopo le elezioni di febbraio per il rinnovo del Consiglio regionale, recuperi i ritardi nell’utilizzo delle risorse dei fondi europei per gli anni 2021-2027, del PNRR, del FSC, JTF etc. e, in generale, di tutte le fonti di finanziamento. Che la Regione riconsideri e potenzi il sistema socio-sanitario, favorisca l’acquisizione e l’aggiornamento delle competenze, promuova un piano straordinario per il lavoro, che consenta alla moltitudine di giovani sardi di impegnarsi in attività anche innovative e sostenibili, di valorizzazione, risanamento e tutela dell’ambiente, dei Beni Culturali archeologici e identitari della Sardegna, in programmi di intervento sociale a favore delle famiglie, degli anziani e dei non autosufficienti.

Sul piano più strutturale è indispensabile avviare politiche di settore e territoriali in grado di rafforzare le imprese, riducendo o eliminando le diseconomie esterne al processo produttivo (energia, trasporti, assetti idrici, servizi alle imprese), riducendo il carico fiscale, favorendo una strategia regionale sul credito e sul rapporto con il sistema bancario.

Una nuova politica per l’impresa quindi, per produrre in termini innovativi, a prezzi e costi competitivi, avvalendosi delle opportune competenze, rese disponibili con adeguati programmi formativi. È in questo scenario che anche il sostegno all’auto-imprenditorialità può produrre effetti positivi per l’economia e lavoro.

Una nuova ed urgente politica di investimento e rilancio del settore Industriale in Sardegna, oggi al di sotto della soglia del 10% di valore del PIL regionale (media Italia 22% PIL), perdendo il 52,4% di valore dal 2007 ad oggi (2,6m.di euro), capace da un lato di affrontare e risolvere positivamente le numerose vertenze aperte, ma nel contempo investa in settori innovativi nella filiera dell’energia, dell’ambiente, dell’aerospazio, della metallurgia, della chimica, dell’agro-industria, del manifatturiero più in generale, del digitale e della intelligenza artificiale.

Per la preoccupante situazione sociale e del lavoro nell’Isola è indispensabile rafforzare il “Piano Povertà”, approvato per il triennio dalla Regione a maggio del 2022, ma insufficiente a far fronte a tale emergenza, con i suoi circa 61mln di euro, largamente da incrementare. Anche considerando poi le risorse provenienti dai Fondi comunitari, l’ammontare complessivo da utilizzare per la lotta alla povertà è ancora nettamente insufficiente, considerato che nell’Isola sono intorno alle 130mila le persone in condizioni di grave deprivazione materiale (come attestato dalla stessa RAS sulla base dei dati ISTAT).

È inoltre urgente coordinare le politiche sociali e la lotta alle povertà con le politiche del lavoro e con quelle formative e dell’istruzione, rafforzare l’osservatorio regionale sulle povertà, garantire una migliore integrazione tra le misure e programmi, una maggiore sinergia degli interventi regionali con quelli nazionali. La proposta è dunque quella di estendere un piano pluriennale contro le povertà e per la giustizia sociale che rappresenti un segmento fondamentale di una vera e propria riforma del welfare regionale.

Infine altra proposta prioritaria riguarda il sostegno, attraverso uno specifico Programma di intervento, alle zone interne, ai comuni minori in via di tendenziale estinzione, e a tutte le comunità che soffrono di svantaggi strutturali in fatto di opportunità lavorative, di servizi alle comunità e alle persone, fattori tutti alla base del calo demografico e dello spopolamento di queste aree.

Federica Tilocca
Federica Tilocca

Giovedì, 18 gennaio 2024

Fonte: Link Oristano


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