(Adnkronos) - Nell’arco temporale 2019-2024, si legge nel XXIV Rapporto annuale Inps, i dipendenti privati (esclusi domestici e operai agricoli) e pubblici sono aumentati di 1,7 milioni di unità, passando da 19,1 milioni a 20,8 milioni. Lo spazio dell’occupazione femminile è aumentato, seppur molto lievemente, passando come incidenza dal 44,9% al 45,2% dei dipendenti totali.
Rilevante la crescita dei giovani under 30, pari nell’intero periodo a oltre 600 mila unità (+107 mila tra il 2023 e il 2024). Ancor più significativa e importante risulta la crescita dei lavoratori non comunitari (+665 mila nel periodo, +175 mila nell’ultimo anno), che hanno mostrato un tasso medio annuo sul periodo 2019-2024 pari a quattro volte quello complessivo (6,9% rispetto all’1,7%).
Dei 20,8 milioni di dipendenti del 2024, 9,26 milioni hanno lavorato per tutto l’anno e a tempo pieno (full year full time, fyft) mentre, all’opposto, 3,65 milioni hanno lavorato solo per una frazione di anno e a tempo parziale (part year part time, pypt); infine, 2,38 milioni sono stati fypt e 5,48 milioni pyft. La classificazione è necessaria e utile in quanto le diverse intensità e continuità di lavoro influiscono significativamente sulle retribuzioni annuali effettive. Quest’ultime, poi, per essere correttamente valutate, devono essere poste in relazione con la dinamica dell’inflazione, superiore al 17% tra il 2019 e il 2024, secondo i dati medi annui dell’indice nazionale dei 18 prezzi al consumo (Nic).
Le cessazioni dei rapporti di lavoro, nel corso del 2024, sono state 7,71 milioni, sostanzialmente stabili rispetto all’anno precedente (-0,1%) e in modesta flessione rispetto al 2022 (-0,3%). Di queste, quasi 1,8 milioni sono state cessazioni da contratti a tempo indeterminato, con una variazione pari a -1,8% rispetto al 2023 e -5,7% rispetto al 2022. Nelle imprese fino a 15 dipendenti le variazioni sono state ancora più significative.
Nel 2024 i beneficiari di almeno una giornata di Naspi, la principale prestazione di disoccupazione, sono risultati pari a 2,8 milioni, in crescita del 3,6% rispetto al valore dell’anno precedente, mentre nel 2023, dove si registravano 2,7 milioni di lavoratori con il sussidio, tale crescita era stata leggermente più sostenuta (4,4%) rispetto al 2022. A fronte dell’incremento dei trattamenti erogati alla conclusione sia dei contratti a termine (+4,1%), sia di quelli a tempo indeterminato (+4,5%), continua la contrazione per i rapporti conclusi di lavoro domestico (-5,8%), coerentemente con il trend in diminuzione rilevato da anni per i lavoratori del settore.
Nei primi 12 anni di vita del figlio, il congedo parentale è utilizzato dal 63% delle madri e solo dall’8,3% dei padri, evidenziando un marcato squilibrio di genere. Anche la durata media differisce: 126 giorni per le madri, contro 36 giorni per i padri. Circa il 40% delle madri esaurisce i sei mesi disponibili prevalentemente nei primi anni di vita del figlio, mentre solo il 6% dei padri raggiunge il massimo previsto, con un uso più diluito nel tempo.
Per entrambi i genitori, l’intensità di utilizzo del congedo aumenta al crescere della stabilità contrattuale. Tuttavia, emergono differenze legate al reddito: tra le madri, le non fruitrici sono quelle con i salari più bassi, suggerendo ostacoli economici all’accesso, mentre tra i padri sono i fruitori più intensivi ad avere retribuzioni mediamente inferiori.
I cambiamenti introdotti dalle leggi di Bilancio 2022 e 2023 hanno modificato le condizioni economiche relative alla fruizione del congedo parentale, con l’obiettivo di incentivare un utilizzo più equo tra madri e padri e migliorare l’accesso alla misura. Le modifiche introdotte hanno previsto l’aumento dell’indennità dal 30% all’80% della retribuzione, inizialmente (2022) per un mese e successivamente (2023) esteso a due mesi.
L’analisi evidenzia un impatto positivo di queste modifiche sull’accesso al congedo (take-up), sia tra le madri che tra i padri. L’effetto è stato particolarmente visibile tra i padri, che partivano da livelli molto bassi di fruizione. Nonostante l’aumento dell’indennità, la durata media del congedo parentale fruito sia dalle madri che dai padri non sembra aver subito variazioni rilevanti, suggerendo che l’effetto delle modifiche normative è stato più orientato ad aumentare la partecipazione, piuttosto che a prolungare la durata dell’utilizzo.
Il 12 giugno 2024 sono state pubblicate le ‘Nuove linee guida al lavoro a distanza in Inps’ con lo scopo di migliorare il sistema di attuazione del lavoro agile, strumento organizzativo e di conciliazione tempo vita-lavoro ormai strutturale per l’Istituto, e di dettare una disciplina dettagliata per l’attuazione del lavoro da remoto. Attualmente, circa il 90% dei dipendenti ha sottoscritto accordi di lavoro a distanza nella forma dello smart working. Questa riconfigurazione dell’ambiente lavorativo comporta benefici su molteplici fronti. Per i dipendenti, garantisce maggiore autonomia nell’organizzazione temporale, facilitando la conciliazione tra responsabilità familiari e professionali.
Nella prospettiva aziendale, il lavoro a distanza costituisce una leva strategica per intercettare competenze da un bacino territoriale più esteso, contenere il fenomeno delle dimissioni volontarie e razionalizzare le spese operative. Anche la dimensione collettiva di questa trasformazione merita considerazione: il lavoro in modalità agile può favorire l’integrazione professionale di categorie svantaggiate e contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale.
Nonostante questi evidenti vantaggi, il lavoro a distanza presenta anche criticità significative che richiedono un’attenta considerazione. La diminuzione delle interazioni fisiche quotidiane può compromettere la rete di relazioni professionali e gradualmente indebolire il senso di identificazione con l’organizzazione. Parallelamente, la sovrapposizione tra spazio domestico e professionale può generare fenomeni di esaurimento psicofisico, con l’attività lavorativa che tende a colonizzare momenti destinati alla vita personale. Oltre a queste problematiche, emerge la questione dell’impatto del lavoro a distanza sulla produttività. Gli effetti a livello teorico possono andare in direzioni opposte. Da un lato, la riduzione dei tempi di pendolarismo e il miglioramento della qualità della vita possono impattare positivamente sulla performance dei lavoratori, dall’altro, emergono difficoltà di coordinamento, supervisione e di mantenimento della motivazione, che possono avere un impatto negativo.
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