(Adnkronos) - C’è un nome che mancava da tempo nella stagione dei grandi live italiani: Justin Timberlake. Milano lo accoglie come si fa con i ritorni importanti, quelli che segnano un’epoca. E Timberlake non delude. Il ragazzo d’oro d’America torna a suonare in Italia dopo 18 anni: era dal 2007 che non si esibiva nel nostro Paese (quel concerto fu al forum di Milano).
Sul palco degli I-Days all’ippodromo Snai San Siro, davanti a 30mila persone, Justin entra in scena per l’unica data italiana del suo tour europeo con la sicurezza di un veterano del pop e con quella sua attitudine innata da intrattenitore a tutto tondo: cantante, ballerino, produttore, frontman. Il pubblico è trasversale e affettuosamente nostalgico: ventenni e trentenni in cerca di un revival adolescenziale. Ma soprattutto ci sono loro, le ex ragazzine nate alla fine degli anni ’80, cresciute a pane e ’N Sync, ora adulte ma ancora capaci di emozionarsi come ai tempi dei poster di Justin attaccati in cameretta.
Timberlake arriva subito dopo la norvegese Dagny, su un palco con una lunga passerella centrale, accompagnato da 17 elementi, tra ballerini e band. “Quant’è che mancavo dall’Italia? Troppo, ma siamo qui stasera. Ai nuovi arrivati benvenuti alla festa e a chi è a far rock con me da 30 anni grazie per l’affetto - dice -. Questo è il mio Paese preferito al mondo, sognavo tutto questo. Grazie per aver realizzato il sogno di un ragazzino del Tennessee”.
Completo gessato verde, occhiali da sole e sneakers, si affida subito a un brano ormai classico del repertorio: ‘Mirrors’, che apre le danze richiamando all’istante l’anima più sentimentale della sua produzione. La setlist alterna brani da club a ballate confessionali, in un’altalena calibrata con precisione. ‘Cry Me a River’ arriva subito dopo, segno che Timberlake conosce il pubblico e non ha paura di giocare subito le carte forti. ‘LoveStoned’ e ‘Like I Love You’, (durante la quale imbraccia la chitarra e aggiunge un intermezzo dei N.E.R.D.), ci riportano alla sua stagione d’oro di metà anni Duemila, con arrangiamenti fedeli alle versioni originali ma potenziati dal respiro della band dal vivo.
Vocalmente, Justin appare in forma: l’estensione c’è, la timbrica è limpida, il falsetto fa ancora centro. E in scena è un ballerino provetto che dà tutto sé stesso: corpo, voce e ritmo. Intrattiene il pubblico con destrezza e fa persino intonare alla folla ‘tanti auguri a te’ per una fan, Serena, che compie gli anni sotto al palco. In scaletta non mancano tre estratti dall’ultimo album ‘Everything I Thought It Was’: ‘No Angels’, ‘Play’, e ‘Selfish’. Sono i momenti più recenti di un set per lo più ancorato al passato, e sebbene non abbiano lo stesso impatto delle hit storiche, confermano la coerenza del suo percorso sonoro.
Justin gioca sul sicuro e spara in sequenza ‘Rock Your Body’, l’hit globale ‘Can’t Stop The Feeling’, ‘What Goes Around…Comes Around’ in versione acustica e poi il trittico conclusivo con ‘Let the Groove Get In’, la hit pop planetaria ‘SexyBack’, ‘Until the End of Time’. E’ uno dei momenti più sentiti, tra coreografie, luci colorate e pubblico entusiasta. Tra le sorprese, dopo ‘Tko’, spunta una mini-suite dedicata alle sue collaborazioni: ‘Ayo Technology’ (resa con taglio più asciutto rispetto all’originale di 50 Cent ) ‘Chop Me Up’, ‘Give It to Me’ e persino ‘4 Minutes’ - omaggi a quella stagione in cui il nome di Timberlake era sinonimo di hit globali e di pop prodotto con l’impronta inconfondibile di Timbaland. Brani che funzionano ancora, soprattutto grazie a un’esecuzione live asciutta ma centrata.
Il verdetto? A 44 anni, Timberlake, che è sulla scena da quando ne aveva 11 e ha lasciato gli ‘N Sync nel 2002, è un professionista impeccabile, uno showman che domina il palco con esperienza e mestiere. La scelta di concentrarsi quasi esclusivamente sul repertorio storico crea un effetto nostalgia palpabile ma resta l’impressione di un artista ancora solido, capace di portare in scena uno show completo, elegante e coinvolgente. Quello di Milano non è solo un ritorno: è una celebrazione pop a tutto tondo, fatta con mestiere e presenza scenica totale. (di Federica Mochi)
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