
“All’indomani delle elezioni regionali Schlein fa finta di aver vinto (forse addirittura 'stravinto') e Meloni fa finta di non aver perso. Due finzioni, appunto. Poiché la risalita del Pd e dei suoi alleati resta ancora difficile e altrettanto difficile resta la tenuta a lungo andare del governo e della sua maggioranza. Dunque ha ragione chi osserva che la partita è aperta, contendibile come oggi si usa dire. E che di qui al voto mancano troppe incognite perché si possa disporre fin d’ora di qualche lume sulle equazioni della prossima legislatura.
Quello che fa riflettere, semmai, è proprio questa reciproca attitudine a cantare vittoria prima del tempo. Come se l’unica possibilità di svolgere un discorso politico di qualche peso consistesse nel promettere a se stessi e ai propri cari un sicuro successo. E e ai propri nemici una immancabile disfatta. Circostanza che in politica ricorre, qualche volta. Ma non sempre e quasi mai in modo tanto lineare. Laddove invece capita più di frequente che all’indomani si debbano cercare compromessi, mediazioni, equilibri. Cioè tutte quelle cose che in campagna elettorale suonano assai disdicevoli, almeno a detta dei contendenti. Ora è chiaro che la propaganda ha le sue ragioni. E che perfino la faziosità può non avere tutti i torti.
Nella vita politica si ingaggia una battaglia per vincerla, e nessuno stato maggiore ha mai piacere di considerare l’eventualità che capiti invece di perdere. I partiti e le coalizioni si formano appunto per governare. Dunque suona un po’ ipocrita immaginare che il loro combattimento si svolga secondo le antiche regole del barone de Coubertin. E però, una volta che tutto sia imperniato sulla prossima sfida, quella più imminente, e che l’indomani ci sia tutta la gloria per i vincitori e tutta la disperazione per gli sconfitti, ne discende poi che questo racconto finisce col deformare la nostra trama politica e istituzionale. Che trova un senso nei risultati del voto popolare, ovviamente. Ma dovrebbe cercare un senso ancora più profondo nelle prospettive che si aprono di lì in poi.
Il fatto è che la politica dei nostri giorni sembra invece considerare del tutto vana la fatica di costruire un progetto senza che esso contenga in sé anche una implicita certezza di andare in porto. Così però si raccoglie senza aver prima seminato. E si consuma quel che ancora non si è prodotto. La nobile funzione dell’opposizione e il gusto della dialettica finiscono a quel punto per svilirsi. Dato che conta solo mostrare di avere il vento in poppa, poiché si pensa che solo a questa condizione gli elettori potranno affluire copiosi sotto le proprie bandiere. E’ la sindrome del carro del vincitore. Che promette la rovina a chi perde ma poi non concede respiro a chi vince.
La realtà è che una classe dirigente che promette solo vittorie immediate e pressoché inesorabili e non contempla mai l’idea che quelle vittorie si costruiscono piuttosto con metodo e pazienza, un passo alla volta, riconoscendo le asperità del percorso, girando alla larga dal trionfalismo e dalla politica degli annunci ed evitando con cura la denigrazione degli avversari prima o poi va incontro a tutte le difficoltà prodotte dal proprio respiro troppo corto. E’ chiaro che la propaganda deve galvanizzare e che nessun candidato, nessuna coalizione che si presentasse con aria mesta, mettendo nel conto di non farcela, si ritroverebbe a mal partito un attimo dopo.
Non si tratta allora di evocare quelle buone maniere che non vanno più troppo di moda. Semmai, si tratterebbe di tener in maggior considerazione il tempo lungo, meno concitato. Quello che è richiesto per progettare, convincere, costruire. Anche, e direi soprattutto, le condizioni per affermare le proprie idee e munirle di un consenso più solido, meno erratico e ballerino di quello che solitamente di questi tempi si va cercando. Se no, va a finire che ogni competizione diventa quasi solo una scommessa sul risultato, trasformando infine ogni sconfitta in una catastrofe e ogni vittoria in un balletto intorno allo scalpo del nemico abbattuto. Che poi, come s’è visto a Napoli nei giorni scorsi, certi balletti così poco decorosi tanta fortuna non la arrecano". (di Marco Follini)

Cecilia Rodriguez e Ignazio Moser saranno ospiti oggi a Verissimo, per parlare della loro vita da neo genitori, un mese dopo la nascita di Clara Isabel, la primogenita della coppia. A dare la notizia era stato il neo papà con un post su Instagram. "Tu piccolina non lo sai ancora, ma la tua mamma è la donna più forte del mondo… vi amo!", queste le parole rivolte alla moglie e alla neonata.
La nascita di Clara Isabel
"Tutto quello che ho desiderato per anni. Vedere voi due insieme mi riempie il cuore come mai niente me l'aveva riempito prima. Vi amo per sempre", aveva scritto mamma Cecilia su Instagram dopo la nascita della sua bimba.
Cecilia Rodriguez ha parlato spesso sui social della sua gravidanza e del corpo post parto. Cecilia poche settimane dopo il parto aveva mostrato ai follower il ‘pancione’ ormai quasi svanito: "Stiamo tornando in forma, piano piano, l’importante è non avere fretta”, aveva detto la modella, lanciando poi un messaggio per le neomamme: "Bisogna imparare ad ascoltare il proprio corpo e rispettarlo, perché ha i suoi tempi. Non è il momento di mettersi a dieta, i medici mi hanno consigliato di mangiare bene e abbastanza, perché con l’allattamento serve tanta energia".
La storia d'amore e la gravidanza
Cecilia e Ignazio si sono conosciuti nel 2017 durante la seconda edizione del Grande Fratello Vip. Si sono sposati nel 2024 e a maggio del 2025 hanno annunciato sui loro profili social di essere in attesa della figlia.
Ospite a Verissimo, la sorella di Belen aveva raccontato il difficile percorso per diventare mamma, i cinque anni di tentativi e la decisione di ricorrere alla fecondazione assistita: "Un dottore mi ha fatto capire che stavo perdendo tempo e che non era detto che poi ci sarei riuscita, nel momento in cui avrei provato con la fecondazione. Mi sono decisa a provarci perché era un desiderio molto grande. Per fortuna è andata bene dalla prima volta", ha detto.

Torna in campo l'Inter. I nerazzurri sfidano oggi, domenica 30 novembre, il Pisa in trasferta - in diretta tv e streaming - nella 13esima giornata di Serie A. La squadra di Chivu è reduce dalla sconfitta all'ultimo minuto in Champions League, dove l'Atletico Madrid si è imposto 2-1 al Wanda Metropolitano, mentre nell'ultimo turno di campionato è stata battuta dal Milan per 1-0 nel derby della Madonnina. Il Pisa invece arriva dal pareggio per 2-2 contro il Sassuolo.
Pisa-Inter, orario e probabili formazioni
La sfida tra Pisa e Inter è in programma oggi, domenica 30 novembre, alle ore 15. Ecco le probabili formazioni:
Pisa (3-5-2): Semper; Canestrelli, Caracciolo, Calabresi; Touré, Piccinini, Aebischer, Leris, Angori; Nzola, Tramoni. All. Gilardino.
Inter (3-5-2): Sommer; Akanji, Acerbi, Bastoni; Luis Henrique, Barella, Calhanoglu, Sucic, Dimarco; Thuram, Lautaro Martinez. All. Chivu
Pisa-Inter, dove vederla in tv
Pisa-Inter sarà trasmessa in diretta televisiva e in esclusiva sui canali Dazn, visibili tramite smart tv. La partita sarà disponibile anche in streaming sulla piattaforma web di Dazn.

Diego Dalla Palma sarà ospite oggi, domenica 30 novembre, a Verissimo per rispondere alle domande di Silvia Toffanin dopo aver annunciato la decisione di programmare la sua morte prima di compiere 80 anni.
Diego Dalla Palma, chi è
Diego Dalla Palma è un’icona del mondo dello stile, della bellezza e dell’immagine italiana nel mondo. È stato costumista e scenografo: ha lavorato in alcuni dei teatri italiani più importanti e per dieci anni ha lavorato in Rai. In seguito, ha fondato una sua linea cosmetica, distribuita in tutto il mondo, e che porta il suo nome.
L'annuncio: "Ho programmato la mia morte"
Il 75enne Diego Dalla Palma in un'intervista al Corriere della Sera ha confessato di aver deciso volontariamente la data della sua morte: "Se devo essere sincero ho già organizzato tutto. Con un avvocato e un notaio", perché "non voglio assolutamente affrontare il numero 80. Non voglio! Ho conosciuto la malinconia e il dolore, mai la tristezza. Oggi sono leggero, quasi felice. Beato. E senza alcuna paura. Ho deciso".
I motivi? "Comincio a sentire che alzarmi dalla sedia, al cinema o a teatro, diventa una piccola umiliazione: traballo. Devo cambiare le mutande due volte al giorno - ha detto il celebre stylist e truccatore delle dive -. La mente non è più quella di prima".
Sulle modalità, Dalla Palma ha detto di aver già stabilito tutto: "Mi aiuterà un medico: mi ha preparato un composto. Sarò da solo, in un luogo del cuore, all’estero. L’ultimo mese è tutto deciso. Prima trascorrerò un momento meraviglioso: mangerò bene, un buon vino. Non mi ubriaco mai, ma so che dopo, per andarsene, ci vuole niente. Ho architettato una situazione non teatrale, non plateale: riservata, tranquilla. Me ne andrò gioiosamente. Quello che mi è stato preparato è velocissimo: due, tre minuti".

Verissimo torna oggi, domenica 30 novembre, con il secondo appuntamento del weekend alle 16.00 su Canale 5. Ecco gli ospiti di oggi di Silvia Toffanin.
La puntata di oggi inizia con i Pooh che in studio celebreranno i 60 anni di carriera. Spazio quindi a Diego Dalla Palma, che risponderà alle domande di Silvia Toffanin dopo aver annunciato la decisione di programmare la sua morte prima di compiere 80 anni.
Verissimo darà voce quindi al drammatico racconto di Mihaela, mamma di Patrizia Cormos, una dei tre ragazzi tragicamente morti il 31 maggio del 2024, inghiottiti dalla furia del fiume Natisone. E ancora, a un mese dalla nascita della loro piccola Clara Isabel, in studio Cecilia Rodriguez con Ignazio Moser.
Infine, la testimonianza toccante di Giusy Orlando e Massimiliano Ferrerio, i genitori di Davide. Il ragazzo è in coma dal 2022 dopo un pestaggio, avvenuto a Crotone, per uno scambio di persona.

A cinquant’anni dal celebre sceneggiato Rai che lo rese un’icona, torna l’eroe nato dalla penna di Emilio Salgari: Sandokan. Una storia senza tempo che conduce lo spettatore in terre esotiche e tempi lontani: nel Borneo della prima metà dell’Ottocento, tra popoli in lotta per la libertà e potenze coloniali spinte da un’avidità cieca e feroce. Da domani, lunedì 1 dicembre, su Rai 1 - e prossimamente su Disney+ - debutta il nuovo adattamento di 'Sandokan' con la regia di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo: la serie evento internazionale, prodotta da Lux Vide (società del gruppo Fremantle) in collaborazione con Rai Fiction, nata da un'idea di Luca Bernabei e sviluppata per la televisione da Alessandro Sermoneta, Scott Rosenbaum e Davide Lantieri.
A prendere il testimone dallo storico interprete Kabir Bedi è l'amata star turca Can Yaman: "Io sex symbol come lui? Me lo dicono. Purtroppo non l'ho conosciuto, spero che gli piaccia", ha detto l'attore durante la Festa del Cinema di Roma, dove è stata presentata la serie in anteprima.
Yaman, nell'intervista all'Adnkronos, racconta di essere "cresciuto con la cultura italiana e so che Sandokan è una figura importante per gli italiani. Per questo, ho sentito una certa responsabilità. Spero che questa serie mi avvicini ancora di più al pubblico italiano". Un ruolo monumentale, che Yaman definisce "una rarità nella vita di un attore". Un percorso "intenso dal punto di vista fisico e sentimentale" che lo ha reso "non solo un interprete ma anche una persona migliore". La speranza di Yaman è che bambini e uomini possano "trarre ispirazione da lui". L’attore è sicuro di una cosa: "Chi lo vedrà vorrà essere come lui, lo vorresti come amico". E, soprattutto, porta con sé un messaggio di inclusività: "Con questa serie abbiamo cercato di abbracciare tutti quanti per età e cultura" perché "come sottolineiamo in 'Sandokan': siamo tutti diversi, ma uniti". Questa è "una caratteristica che dovrebbe avere ogni leader", osserva la star turca.
Ma il leggendario pirata non è solo in questo viaggio. C’è anche il suo fedele compagno Yanez, interpretato da Alessandro Preziosi: "Quella che raccontiamo è una storia che si ripete ancora oggi in Palestina e prima ancora in Brasile, Amazzonia, Kosovo e in Vietnam". E poi "c’è il tema dell’ambiente e del mare, che non è di nessuno. Appartiene a tutti, anche se spesso non è chiaro", ma anche "l’importanza di restare uniti". Non manca l’amore. A fare breccia nel cuore di Sandokan è Marianna, la celebre ‘perla di Labuan’, interpretata da Alanah Bloor: "Lei è una donna moderna che lotta in contesto dominato dagli uomini", senza dimenticare "il suo amore per il pianeta" e "considerando i tempi di oggi, è un messaggio importante".
Ma non c’è avventura senza un cattivo. Qui ha il volto di Lord James Brook, interpretato da Ed Westwick (star della serie degli anni 2000 ‘Gossip Girl’, nel ruolo di Chuck Bass). L’attore riflette su come le persone vissute secoli fa non fossero poi così diverse da quelle di oggi: "Cambiano abiti e contesto, ma emozioni e valori restano gli stessi". La storia che “raccontiamo esplora desideri, libertà, ambizione - anche quando diventa tossica - e l’amore, o ciò che crediamo sia amore. Sono temi universali, legati alle domande che tutti ci poniamo ogni giorno su cosa vogliamo e come raggiungere i nostri sogni. La differenza è che nella loro storia questi temi prendono vita tra pirati, armi, cannoni e navi", conclude Westwick.
"Borneo, 1841. In un mondo dominato dal potere coloniale degli inglesi - si legge sulla sinossi - Sandokan è un pirata che vive alla giornata. Solca il mar della Cina a fianco del suo fedele amico Yanez e della loro ciurma di pirati, un gruppo di avventurieri che vengono dai quattro angoli del mondo. Un giorno, durante un arrembaggio a un cargo del Sultano del Brunei, Sandokan libera un misterioso prigioniero Dayak, un popolo indigeno a lungo oppresso. L’uomo crede di riconoscere in Sandokan il guerriero di un’antica profezia che affrancherà il suo popolo dal giogo degli stranieri. Sandokan non dà peso alla cosa: lui è solo un pirata che ama la libertà; è così che ha vissuto la sua vita fino a oggi. Ma tutto sta per cambiare perché durante un’ardita incursione nel Consolato Britannico di Labuan, Sandokan incontra Marianna Guillonk. Marianna è la giovane figlia del Console inglese. È nota come la Perla di Labuan per la sua bellezza ma anche per il carattere indomito che la spinge a rifiutare i ricchi pretendenti che ambiscono alla sua mano".
L’incontro con Sandokan "risveglia in lei quello spirito di avventura che le rigide gabbie della società vittoriana hanno sempre represso. Quello tra Sandokan e Marianna è l’incontro di due mondi che non potrebbero essere più diversi. Una storia apparentemente impossibile. Ma non c’è niente di impossibile quando due cuori desiderano la stessa cosa: la libertà. Tra i due però si inserisce Lord James Brooke, l’ombroso e affascinante “cacciatore di pirati”. Brooke non è il solito ricco mercante, né un militare di carriera, ma un audace avventuriero che, a capo della sua fregata - la Royalist - semina il panico tra i pirati di tutto il sud est asiatico. Uomo ambizioso e brillante, Brooke cattura la ciurma di Sandokan e si mette sulle tracce del loro capitano. Brooke è disposto a tutto per fermare Sandokan, ottenere il potere e conquistare il cuore di Marianna. La quale non è indifferente al suo fascino. Inizia così un’avventura che si snoda tra i mari del Borneo, la vivace città di Singapore e la lussureggiante giungla tropicale dell’isola. Proprio qui, nel cuore della foresta, Sandokan incontrerà il suo destino. Alla resa dei conti ognuno dovrà operare una scelta: Marianna, divisa tra Brooke e Sandokan, dovrà affrontare i lati più oscuri del suo mondo e decidere cosa vuole veramente; Brooke dovrà misurare la sua sconfinata ambizione con i suoi lati più vulnerabili; Sandokan, da semplice pirata che viveva alla giornata, sarà chiamato a trasformarsi nella Tigre della Malesia".

Due persone sono morte in un incidente sulla strada statale 106 Radd Jonica, nel territorio comunale di Cassano allo Jonio, in provincia di Cosenza.
Il tratto, all'altezza del km 25, è stato temporaneamente chiuso al traffico, secondo quanto fa sapere Anas.
Nell'incidente, le cui cause sono in corso di accertamento, sono rimaste coinvolte due auto. Sul posto sono presenti le forze dell’ordine, il 118 e le squadre Anas per la gestione dell’evento e per il ripristino della viabilità nel più breve tempo possibile.

Che tempo che fa di Fabio Fazio torna oggi, domenica 30 novembre, dalle ore 19:30 in diretta sul Nove con un nuovo appuntamento con Luciana Littizzetto e Filippa Lagerbäck.
Tra gli ospiti della puntata: Alberto Angela, uno dei divulgatori scientifici più amati dal pubblico italiano, autore del nuovo libro 'Cesare. La conquista dell’eternità', e Loredana Bertè in occasione del 50esimo anniversario di 'Sei Bellissima', brano che nel 1975 l’ha portata al successo nazionale dando il via a una straordinaria carriera celebrata nella biografia fotografica '50 volte Bellissima'.
Nel salotto di Fazio sono attesi anche: Umberto Orsini, da martedì 2 dicembre al Piccolo Teatro Paolo Grassi di Milano con lo spettacolo-memoir 'Prima del Temporale'; Alfonso Signorini, nelle librerie con il primo romanzo 'Amami quanto io t’amo'; l’editorialista del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli; gli editorialisti de la Repubblica Annalisa Cuzzocrea e Massimo Giannini; la giornalista Cecilia Sala; Marco Varvello, corrispondente Rai dal Regno Unito; Roberto Burioni, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele; Paolo Antonio Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori - fondazione Giovanni Pascale di Napoli; e Michele Serra.
A chiudere la puntata, l’immancabile appuntamento con 'Che tempo che fa – il Tavolo con: Mara Venier; Orietta Berti, in radio con il nuovo singolo 'Chi Ama Chiama'; Gabry Ponte, primo dj nella storia a esibirsi a San Siro e uno dei quattro al mondo a riempire luoghi così grandi, protagonista il prossimo 27 giugno dell’evento 'San Siro Dance 2026' nello stadio di Milano; Alfonso Signorini; Nino Frassica; Mara Maionchi; Rocío Muñoz Morales, fresca d’uscita con il suo primo libro 'La vita adesso'; Gigi Marzullo; la Signora Coriandoli; Raul Cremona; Ubaldo Pantani; e Giucas Casella. 'Che tempo che fa' di Fabio Fazio è prodotto da l’OFFicina, società del Gruppo Banijay per Warner Bros. Discovery.

Nuovo appuntamento oggi, domenica 30 novembre, alle 14.00 su Rai1 con 'Domenica In'. Alla conduzione, come sempre, Mara Venier, affiancata da Tommaso Cerno, Teo Mammucari ed Enzo Miccio. Una puntata tra cinema, televisione e musica, ricca di ospiti e sorprese: in studio ci sarà Can Yaman, protagonista della serie evento su Rai 1 'Sandokan', in onda da lunedì 1° dicembre per quattro puntate con la regia di Jan Maria Michelini e Nicola Abbatangelo.
Barbara D’Urso sarà al centro di un’intervista esclusiva con Mara Venier in cui si racconterà tra carriera e vita privata, e insieme a Pasquale La Rocca parlerà della sua esperienza a 'Ballando con le Stelle'. Pio e Amedeo presenteranno il loro primo film da registi, 'Oi vita mia', appena uscito nelle sale, accompagnati da Lino Banfi, interprete di un ruolo poetico nella pellicola. Gli attori Giacomo Giorgio e Alessio Vassallo saranno presenti per raccontare rispettivamente il film-tv 'Carosello in Love', in onda su Rai 1 domenica sera, e la serie 'L’altro Ispettore', in tre puntate da martedì 3 dicembre.
Sanremo 2026, invece, sarà al centro dello spazio dedicato all’attualità: a pochi minuti dall’annuncio di Carlo Conti dei Big in gara nel TG1 delle 13.30, Mara Venier e Tommaso Cerno commenteranno a caldo il cast della 76ª edizione del Festival insieme a Bruno Vespa, Gigliola Cinquetti, Nicoletta Mantovani e al giornalista Luca Dondoni.
Non mancherà il divertimento insieme a Teo Mammucari che sarà protagonista del gioco 'Il Musichiere' e del gioco telefonico 'La cassaforte di Domenica In', mentre il ‘wedding designer’ Enzo Miccio ci farà rivivere gli anni del mitico 'Carosello'.
Torna in pista la Formula 1. Oggi, domenica 30 novembre, va in scena il Gran Premio del Qatar - in diretta tv e streaming - penultimo appuntamento del Mondiale. Si riparte dalla gara Sprint di ieri vinta dalla McLaren di Oscar Piastri, che ha accorciato sul compagno di scuderia Lando Norris, terzo dietro la Mercedes di George Russell. Cercano riscatto le due Ferrari, con Charles Leclerc che ha chiuso 13esimo la gara corta, mentre Lewis Hamilton ha tagliato il traguardo al 17esimo posto.
Il Gran Premio del Qatar di Formula 1 è in programma oggi, domenica 30 novembre, alle ore 17. La gara sarà trasmessa in diretta televisiva e in esclusiva sui canali SkySport, mentre in chiaro si potrà seguire in differita, alle 21, su TV8. In streaming il Gp sarà disponibile sull'app SkyGo, su NOW e, all'orario previsto, sulla piattoforma web di TV8.

Torna in campo l'Atalanta. La Dea sfida oggi, domenica 30 novembre, la Fiorentina - in diretta tv e streaming - alla New Balance Arena di Bergamo nella tredicesima giornata di Serie A. La squadra di Palladino, che ha sostituito Ivan Juric sulla panchina bergamasca esordendo con una sconfitta al Maradona con il Napoli, si è riscattato in Champions League, dove ha battuto l'Eintracht Francoforte a domicilio per 3-0.
Quella di Vanoli, subentrato a Pioli, ha invece pareggiato in casa con la Juve prima di perdere in Conference League, sempre al Franchi, per 1-0 con l'Aek Atene.
Atalanta-Fiorentina, orario e probabili formazioni
La sfida tra Atalanta e Fiorentina è in programma oggi, domenica 30 novembre, alle ore 18. Ecco le probabili formazioni:
Atalanta (3-4-2-1): Carnesecchi; Djimsiti, Hien, Ahanor; Bellanova, Ederson, De Roon, Zappacosta; De Ketelaere, Lookman; Scamacca. All. Palladino
Fiorentina (4-3-1-2): De Gea; Pongracic, Marì, Ranieri; Dodo, Mandragora, Fagioli, Sohm, Parisi; Kean, Gudmundsson. All. Vanoli
Atalanta-Fiorentina, dove vederla in tv
Atalanta-Fiorentina sarà trasmessa in diretta televisiva da Dazn, visibile tramite smart tv, ma sarà disponibile anche sui canali SkySport. Il match si potrà seguire inoltre in streaming sulla piattaforma Dazn, sull'app SkyGo e su NOW.

Sparatoria a Stockton, in California, durante una festa di compleanno: 4 i morti e 10 i feriti. Le indagini sono in corso. Circa 14 persone sono state colpite da proiettili, ha dichiarato l'ufficio dello sceriffo in un comunicato diffuso sui canali social.
La sparatoria è avvenuta durante il compleanno di un minore, come riferito dal vicesindaco di Stockton Jason Lee, tramite un post su Facebook. Le forze dell'ordine hanno ricevuto segnalazioni di colpi d'arma da fuoco poco prima delle 18 di sabato (ora locale), in prossimità del blocco 1900 di Lucile Avenue a Stockton, situata a circa 50 miglia a est di San Francisco. Gli spari sono stati uditi all'interno di una sala ricevimenti adiacente a un parcheggio condiviso con diverse attività commerciali.
Le prime indicazioni suggeriscono che potrebbe trattarsi di un incidente mirato e gli investigatori stanno esplorando tutte le possibilità, ha osservato l'ufficio dello sceriffo. Invitiamo chiunque abbia informazioni, filmati video o chiunque abbia assistito a qualsiasi parte di questo incidente a contattare immediatamente l'ufficio dello sceriffo della contea di San Joaquin.
I

C'è un uomo che ha fatto della propria fragilità un'arte e delle proprie nevrosi un linguaggio universale. È Woody Allen il regista che ha trasformato la timidezza dello shlemiel ebreo newyorchese (ovvero di una persona maldestra, sfortunata, incapace di cavarsela, ma in modo tenero e ironico) in una filosofia di vita, in una lente deformante e lucidissima attraverso cui osservare il mondo. Da più di sessant'anni Allen racconta con ironia e malinconia le miserie e i paradossi dell’esistenza umana, alternando risate e sconforto, jazz e filosofia, amori impossibili e senso di colpa. E oggi mentre taglia il traguardo dei 90 anni (nacque il 30 novembre 1935 e fu registrato all'anagrafe il giorno successivo, 1 dicembre,e così si spiega la discrepanza di date che si registra nelle sue biografie), resta uno degli ultimi veri autori del cinema contemporaneo: un uomo che ha saputo coniugare Ingmar Bergman e Groucho Marx, Fedor Dostoevskij, Sigmund Freud e George Gershwin, con la leggerezza del funambolo che sa di camminare sul filo del dubbio.
Allen Stewart Konigsberg - il suo vero nome - è nato a Brooklyn, nel cuore di una New York che non ha mai smesso di amare e filmare. Quella città è la sua musa, la sua ossessione, il suo eterno palcoscenico. "Manhattan" (1979) non è solo un film, ma una dichiarazione d'amore in bianco e nero, un'ode a una città che vibra di malinconia e speranza, di jazz e di luci al neon. È il teatro di un microcosmo umano fatto di scrittori insicuri, donne indecifrabili e relazioni sentimentali complicate, come complicata è la vita per chi si interroga troppo su di essa.
Ma prima di arrivare a "Io e Annie", il film che nel 1978 gli regalò quattro Oscar (tra cui miglior regia e miglior sceneggiatura), Woody Allen aveva percorso la lunga strada del comico di cabaret e del battutista televisivo. Scriveva gag per altri, come un ghost writer dell'umorismo, fino a trovare la propria voce in una serie di pellicole che mescolavano satira e assurdo.
Dalla satira più spumeggiante alla riflessione sull'amore e sull'assurdo della vita, la carriera di Woody Allen è stato fin dagli inizi un viaggio irresistibile nel cinema e nella comicità. Si passa da "Prendi i soldi e scappa" (1969), esordio che già mostra la sua ironia tagliente, a "Il dittatore dello stato libero di Bananas" (1971), fino ai colpi di genio di "Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso ma non avete mai osato chiedere" (1972) e "Il dormiglione" (1973), e poi alle commedie romantiche e satiriche come "Amore e guerra" (1975). Ogni film è un tassello di un mosaico unico, dove la malinconia convive con la risata e dove lo sguardo sull'umanità resta sempre acuto e indimenticabile. Erano film che facevano ridere e pensare, in cui la cultura alta veniva sporcata con la comicità più fisica, e la filosofia finiva in mezzo alle gag.
La svolta con 'Io e Annie'
Poi arrivò "Io e Annie", e tutto cambiò. Con quella commedia sentimentale intellettuale - che raccontava il fallimento di un amore e l’impossibilità di smettere di analizzarlo - Allen trovò la sua forma definitiva. Al centro c'era Diane Keaton, musa e compagna di vita, e un uomo che parlava troppo, amava troppo, pensava troppo. Da quel momento il comico diventò autore, e il regista nevrotico di New York divenne la voce di un'intera generazione di spettatori.
Negli anni successivi, Allen cominciò a scavare più a fondo nei propri fantasmi: con "Interiors" (1978) e "Settembre" (1987) guardò a Bergman e Anton echov, con "Stardust Memories" (1980) e "Zelig" (1983) rifletté sul mestiere dell'artista e sull'identità, con "La rosa purpurea del Cairo" (1985) mise in scena la sua devozione per il cinema, immaginando una spettatrice che fugge dalla realtà entrando nello schermo. Ogni film sembrava una variazione sul tema della solitudine e del desiderio, del rimpianto e della fuga. Eppure, nel suo pessimismo ostinato, Allen restava sempre un ottimista morale: "Bisogna credere in qualcosa. Io credo che tutto ciò che serve sia un buon pasto", faceva dire a un suo personaggio.
Con "Hannah e le sue sorelle", nel 1986, toccò uno dei vertici più alti: un affresco corale di passioni e malinconie familiari, dove la fragilità diventa compassione e la paura della morte si placa grazie alla musica di Louis Armstrong e alla comicità dei fratelli Marx. "Mi sono salvato guardando una loro scena", dice il suo alter ego. È il manifesto della sua fede più profonda: la risata come redenzione.
Negli anni Novanta e Duemila, mentre Hollywood si allontanava da lui e l'Europa continuava ad adorarlo, Allen non smise di cercare nuove strade. Girò film più cupi come "Crimini e misfatti", "Ombre e nebbia", "Mariti e mogli", ma anche commedie raffinate come "Pallottole su Broadway", "La dea dell'amore" e "Tutti dicono I love you". Con "Accordi e disaccordi" e "Criminali da strapazzo" tornò ai toni leggeri delle origini, prima di reinventarsi regista europeo con "Match Point", "Sogni e delitti", "Vicky Cristina Barcelona", "Midnight in Paris" e "To Rome with Love". Ognuno di questi film è una variazione del suo stesso tema: la casualità della vita, il desiderio che travolge, la morale che vacilla, l'arte come rifugio.
Autore e maschera tra arte e privato
Il genio di Allen è stato anche quello di trasformare se stesso in un personaggio. La sua figura - esile, nervosa, eternamente indecisa - è diventata un archetipo, una maschera riconoscibile quanto quella di Charlie Chaplin. In scena o fuori scena, Woody è sempre Woody: un uomo che parla di psicanalisi come altri parlano del meteo, che si interroga su Dio e sull'amore con la stessa ironia con cui si lamenta del traffico o del mal di schiena.
Negli ultimi decenni la sua vita è stata segnata da controversie e accuse che hanno diviso pubblico e critica. Il lungo conflitto con Mia Farrow, le accuse di molestie da parte della figlia Dylan - sempre da lui negate e mai provate in sede giudiziaria - hanno oscurato per molti la percezione dell'artista, soprattutto in un'epoca sensibile come quella del movimento #MeToo. Allen ha continuato a difendersi, sostenendo di essere stato vittima di una campagna mediatica e ribadendo che le indagini dell'epoca lo avevano scagionato. La verità, come spesso accade nel suo cinema, resta un territorio ambiguo, dove la colpa e l'innocenza convivono nello stesso sguardo.
Eppure, al di là delle ombre, la sua filmografia - più di cinquanta titoli in quasi sessant'anni - è un monumento alla libertà creativa. Un corpus che attraversa i generi e le epoche, rimanendo sempre fedele a un’unica ossessione: raccontare la fragilità dell'uomo moderno. Anche nei film più recenti, da "Café Society" a "Un giorno di pioggia a New York", da "Rifkin's Festival" fino al più recente "Coup de chance", girato in francese, Allen non ha smesso di interrogarsi sul destino e sull'amore, sul caso e sulla morale. È come se ogni film fosse un nuovo tentativo di dare un senso al caos, un piccolo esperimento morale travestito da commedia.
Nel 2020 ha pubblicato la sua autobiografia, "A proposito di niente" (La nave di Teseo), un titolo che sembra la perfetta sintesi della sua filosofia esistenziale: ironica, disincantata, ma piena d'amore per la vita. E anche se lui stesso ama ripetere che "non credo nell'aldilà, ma porterò con me un cambio di biancheria, non si sa mai", la sua opera ha già conquistato un posto nell'eternità del cinema. A novant'anni Woody Allen resta un paradosso vivente: un pessimista che fa ridere, un intellettuale che crede nel potere della risata, un artigiano del cinema che rifugge i grandi apparati industriali, un uomo che filma ancora come se dovesse convincere se stesso che la vita - con tutte le sue nevrosi, le sue ingiustizie e i suoi amori complicati - vale comunque la pena di essere vissuta. Forse è questa la sua più grande lezione: che si può guardare al mondo con disincanto senza smettere di cercare la meraviglia. E se domani qualcuno gli chiederà come si sente a novant'anni, è facile immaginare la risposta, detta con un sorriso ironico e uno sguardo sfuggente: "Abbastanza bene, considerando che l'alternativa era peggiore". (di Paolo Martini)

Venti di pace nella guerra tra Ucraina e Russia. Una delegazione di Kiev, guidata da Rustem Umerov e incaricata di portare avanti negoziati, arriverà nelle prossime ore a Miami, in Florida, dove incontrerà l'inviato speciale di Donald Trump Steve Witkoff e il genero del presidente americano Jared Kushner. Lo scrive Axios citando fonti ucraine, secondo le quali della delegazione fanno parte anche il vice ministro degli Esteri di Kiev Sergiy Kyslytsya, il capo di stato maggiore ucraino Andrii Hnatov e funzionari dell'intelligence ucraina. Fonti Usa rivelano che all'incontro è atteso anche il segretario di Stato americano Marco Rubio.
Il messaggio di Zelensky
"Prosegue il dialogo basato sui punti di Ginevra. La diplomazia rimane attiva. La delegazione ucraina è già negli Stati Uniti", ha scritto il Presidente ucraino Volodymir Zelensky in un post. "Gli americani stanno dimostrando un approccio costruttivo e nei prossimi giorni sarà fattibile definire i passi per determinare come portare la guerra a una fine dignitosa", ha aggiunto.
"La delegazione ucraina ha le direttive necessarie e mi aspetto che i ragazzi lavorino seguendo le chiare priorità dell'Ucraine", ha sottolineato Zelensky, dopo che nelle ultime ore il segretario del Consiglio di sicurezza Rustem Umerov ha preso il posto del suo braccio destro Yermak alla guida del team di negoziatori.
Lunedì vertice Macron-Zelensky
Il Presidente francese Emmanuel Macron riceverà Volodymir Zelensky lunedì a Parigi, rende noto l'Eliseo. Macron e Zelensky "discuteranno della situazione e delle condizioni per una pace giusta e duratura nella continuità delle discussioni di Ginevra e del piano americano e di una stretta concertazione con i nostri partner europei.
Ugualmente faranno il punto sul lavoro avviato sulle garanzie di sicurezza nel quadro della coalizione dei volontari", ha spiegato l'Eliseo. I due presidenti si erano visti a Parigi il 17 novembre scorso.
Il piano di Orban
"L’Ucraina dovrà diventare uno Stato cuscinetto tra Russia e Nato". Il primo ministro ungherese Viktor Orban ha sintetizzato così la sua visione per il futuro di Kiev[1] in un’intervista al quotidiano tedesco Die Welt. Secondo il premier, il dopoguerra dovrà portare a "concessioni territoriali inevitabili" a favore di Mosca. Orbán immagina un accordo internazionale in cui "i territori negoziati resteranno sotto controllo russo", mentre "tutte le terre a ovest di quella linea - fino al confine orientale della Nato - costituiranno uno Stato ucraino ridotto". Il leader ungherese propone inoltre di "limitare dimensioni e capacità delle forze armate ucraine" presenti nella zona cuscinetto.
Le dichiarazioni giungono all’indomani della sua controversa visita a Mosca, durante la quale ha incontrato Vladimir Putin sostenendo la necessità di un’intesa rapida per chiudere il conflitto, anche al fine di garantire "approvvigionamenti energetici stabili e favorevoli" per l’Ungheria. "È tempo di abbandonare le illusioni e affrontare la realtà delineata nel piano di pace statunitense in 28 punti", ha affermato Orban, avvertendo che ulteriori ritardi "favoriranno la Russia, non l’Ucraina", e comporteranno nuove perdite "di territori e vite umane".
Secondo Orban, lo stesso piano americano prevederebbe anche una graduale reintegrazione della Russia nell’economia mondiale: "Le sanzioni saranno revocate nel tempo, i beni congelati serviranno a creare fondi di investimento Usa-Russia e le relazioni commerciali riprenderanno". Il premier ha infine smentito che i fondi russi contribuiscano al sostegno finanziario di Kiev: "La favola secondo cui gli europei stanno finanziando la guerra con il denaro russo è finita".

Le polemiche di Milan-Lazio non si concludono al triplice fischio. Il big match di oggi, sabato 29 novembre, si è concluso 1-0 per i rossoneri, che hanno vinto grazie al gol di Leao, con i biancocelesti che hanno protestato per una decisione di Collu che ha mandato su tutte le furie Maurizio Sarri. Dopo un tocco con il gomito di Pavlovic in area milanista, l'arbitro è stato richiamato al monitor dal Var ma ha deciso di non concedere il calcio di rigore punendo un fallo precedente sul difensore serbo.
Una decisione che ha mandato su tutte le furie Maurizio Sarri, tanto che il tecnico della Lazio ha deciso di non parlare in conferenza stampa dopo la partita. Non si è sottratto ai microfoni del post partita invece Massimiliano Allegri, espulso da Collu nel parapiglia finale[1]: "Negli ultimi minuti c'è stata un po' di confusione e non era facile nemmeno per l'arbitro prendere quella decisione", ha detto l'allenatore rossonero ai microfoni di SkySport.
Poi sulla sua espulsione: "Cosa ho detto all'arbitro? Collu c'era anche alla prima giornata contro la Cremonese. Quindi gli ho detto 'tutte le volte che ci sei tu esce fuori qualche casino'. Nella confusione penso fosse normale prendesse quella decisione, ma non l'ho offeso assolutamente".

"Questa settimana sono state scritte cose non vere". Così Barbara D'Urso è intervenuta a Ballando con le stelle per smentire alcune indiscrezioni circolate negli ultimi giorni. La conduttrice televisiva ha respinto una volta per tutte il presunto coinvolgimento nel 'lastra gate' di Francesca Fialdini sia le voci secondo cui vorrebbe imitare Raffaella Carrà, parole che ha tirato in ballo Guillermo Mariotto. "Cose non vere, nemmeno quella sulla Carrà. Io potrei essere il mignolo del piede destro di Raffaella Carrà", ha detto la conduttrice televisiva chiudendo così il discorso.
Nella decima puntata D'Urso ha portato in scena un paso doble, accanto al maestro di ballo Pasquale La Rocca, costruito attorno a un tema molto forte: la rabbia, in particolare quella che lei stessa dice di provare "contro il mondo". Nella clip che ha presentato l'esibizione, la conduttrice ha ripercorso uno dei dolori più profondi della sua vita: la perdita della madre, scomparsa a soli 42 anni quando lei era ancora una bambina.
"Il dolore più grande che ho provato è legato alla mia mamma", ha confidato commossa. "Sono ancora arrabbiata col mondo. Nessuno riusciva a capire che malattia avesse: è rimasta tre anni in un letto d’ospedale, con le flebo attaccate".
D’Urso ha ricordato tutti i momenti più duri di quella sofferenza: "Aveva febbri altissime, noi figli le stavamo accanto con le bottiglie di ghiaccio per mettergliele sulla fronte e darle un po' di sollievo. Io volevo salvarla da quella tortura".
La conduttrice ha ricordato poi l’ultimo giorno di vita della madre: "Io e i miei fratelli l’abbiamo salutata senza nemmeno poterci avvicinare al letto. Poi non l’abbiamo più vista".
Un ferita ancora aperta. "Mi metto nei suoi panni: una mamma di 42 anni che saluta i suoi tre bambini sapendo che non li rivedrà più. Io sono ancora arrabbiatissima, porto dentro tutto il rancore", ha concluso D'Urso.

David Parenzo contro Francesca Albanese dopo le dichiarazioni della relatrice speciale dell'Onu sull'assalto alla redazione del quotidiano La Stampa, a Torino, nella giornata del 28 novembre. Sabato Albanese si è espressa più volte sull'argomento. Hanno alimentato polemiche, in particolare, le parole con cui Albanese ha condannato l'aggressione facendo riferimento però anche ad un 'monito' per i giornalisti.
"Siamo oltre il delirio: le città che le hanno concesso onorificenze dovrebbero revocarle immediatamente, come fecero con quelle dedicate a Mussolini", il tweet con cui Parenzo prende posizione. Un utente sostiene che le parole di Albanese siano state estrapolate da un discorso più ampio: "La signora in oggetto meriterebbe un processo per istigazione all’odio. Baci", taglia corto Parenzo.
"Secondo me mi criticano perché io in questo momento faccio paura, perché rappresento un cambiamento e un risveglio delle coscienze. Non lo faccio volontariamente", dice Albanese, in chiusura di giornata, ad Accordi e disaccordi, sul Nove.
"Chiaramente - ribadisce - condanno la violenza nei confronti della redazione della Stampa, la mia colpa è quella di aver condannato anche la stampa italiana, occidentale per il pessimo lavoro, il lavoro indegno che ha fatto in larga misura sulla questione palestinese. La violenza non è mai una risposta né un'azione legittima neanche in una situazione violenta com'è l'Italia in questo momento".
"Neanche in un sistema violenza bisogna utilizzare la violenza perché succede, che a parte il danno morale, materiale, che si fa a dei giornalisti e che è indegno, si distrugge anche la causa e le ragioni di tutti quelli che in questi giorni stanno scendendo in piazza. Prova ne è il fatto che, oggi, l'unica notizia di cui si parla, e per cui si parla di me è l'attacco violento e indegno contro La Stampa", conclude.

Un cerchio monumentale di fosse profonde e perfettamente allineate attorno al complesso di Stonehenge potrebbe davvero essere un'opera dell'uomo del Neolitico, tra il 6.000 a.C. – 4.500 a.C. e il 2.000 a.C. A sostenerlo è un nuovo studio guidato dall'archeologo britannico Vince Gaffney, che rimette al centro del dibattito quello che potrebbe rivelarsi il più grande manufatto preistorico noto nel Regno Unito.
La vicenda nasce nel 2020, quando una squadra di 18 ricercatori annunciò la scoperta di due archi di fosse circolari distribuite per oltre 3 chilometri quadrati intorno ai Durrington Walls, il vasto recinto cerimoniale legato a Stonehenge. Le cavità - larghe circa 10 metri e profonde 5 - furono subito contestate da parte della comunità scientifica, secondo cui potevano essere semplici doline naturali formatesi nel terreno gessoso della zona.
La replica arriva ora sulle pagine della rivista "Internet Archaeology": un nuovo gruppo di studiosi, guidato ancora da Gaffney, presenta dati che confermerebbero l'origine intenzionale delle fosse. "Potrebbero rappresentare un confine sacro legato alle attività rituali di Durrington Walls", ha spiegato l’Università di Bradford, coinvolta nel progetto.
Nonostante nessuna delle fosse sia stata scavata completamente -un'operazione costosa e complessa - i ricercatori hanno utilizzato nel 2021 una serie di tecniche avanzate: prospezioni magnetiche e con georadar, analisi geochimiche, datazioni tramite luminescenza e perfino studi del Dna dei sedimenti prelevati dai carotaggi.
I risultati, riferisce il team, sono "coerenti con l'interpretazione originaria": le dieci strutture analizzate mostrano forme, dimensioni e disposizione sorprendentemente uniformi, incompatibili con fenomeni naturali casuali. La regolarità del tracciato fa pensare a una conoscenza numerica più sviluppata del previsto da parte delle comunità neolitiche.
La datazione tramite luminescenza colloca lo scavo delle fosse intorno al 2480 a.C., in pieno Neolitico e in contemporanea con l'uso di Durrington Walls. Un dato che indebolisce definitivamente l'ipotesi delle doline: per formarsi naturalmente, spiegano gli autori, sarebbe stato necessario uno spesso strato di sedimenti oggi assente e la cui rimozione su vasta scala non trova alcuna evidenza nel paesaggio.
Il nuovo studio invita quindi a proseguire le indagini: negli ultimi anni sono emerse strutture simili anche in altre aree della Gran Bretagna, come Milltimber (Aberdeenshire) e Linmere (Bedfordshire), suggerendo che la costruzione di grandi cerchi di fosse fosse tutt'altro che rara per le comunità che eressero Stonehenge.
"L'esistenza di estesi complessi di fosse non dovrebbe sorprenderci, ma essere prevista durante il lavoro sul campo", concludono i ricercatori. Un messaggio che si rivolge alla comunità scientifica: quei vuoti nel terreno, spesso liquidati come anomalie naturali, potrebbero invece raccontare uno dei capitoli più affascinanti della preistoria britannica. (di Paolo Martini)

Non si tratta di una prima, ma Mika Brunold è destinato in ogni caso a entrare nella storia del tennis. Il giocatore svizzero, numero 307 del mondo, è uno dei primi professionisti a fare coming out, dichiarando apertamente la propria omosessualità. Per farlo Brunold ha scelto di condividere un messaggio sul proprio profilo Instagram.
"Oggi voglio condividere qualcosa di personale come tennista professionista, ho speso innumerevoli ore lavorando sul mio gioco, sul mio corpo e la mia mentalità", ha iniziato Brunold, "al di là di questo, una delle cose più importanti che ho imparato è che il successo sul campo non riguarda soltanto le capacità fisiche, ma dipende anche dallo scoprire la propria personalità ed essere sinceri con se stessi".
"Ho pensato molto a come parlarne. Anche se non è stato facile, nascondermi e pretendere di essere qualcuno che non sono non è mai stata un’opzione. Questa è la ragione per cui sento che sia giunto il momento di aprirmi e condividere con voi che sono gay”, ha concluso Brunold, ricevendo il sostegno di tifosi e appassionati nei commenti.
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