Sono gli unici abilitati alla
manutenzione delle apparecchiature e, durante gli interventi a
cuore aperto o ai polmoni, a gestire la circolazione con un
macchinario in grado di ossigenare gli organi. Eppure, al Brotzu ci
sono appena sei tecnici perfusionisti. A lanciare l’allarme,
chiedendo un intervento rapido da parte della Regione, è la Uil:
“Un cuore per volta, per problemi al cuore o ai polmoni bisogna
mettersi in fila e sperare nella disponibilità di un’Ecmo. Potrebbe
essere il titolo di un film, in realtà è l’angosciante situazione
che si può vivere quotidianamente al San Michele per il risicato
numero di tecnici di fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione
cardiovascolare, i tecnici perfusionisti”, scrive il segretario
aziendale Uil Fabio Sanna insieme ai colleghi Antonina Usala e
Stefano Trogu. Ci sono criticità “affrontate da questi lavoratori
dal 2019, in un ospedale da sempre il fiore all’occhiello della
sanità pubblica isolana. Il tecnico perfusionista è l’unico
professionista sanitario laureato e abilitato alla conduzione e
alla manutenzione delle apparecchiature relative alle tecniche di
circolazione extracorporea ed emodinamiche (macchina
cuore-polmone)”. Attualmente, “solo sei sono in servizio e dal 2019
non riescono più a far fronte a tutte le urgenze-emergenze che, con
crescente frequenza, si presentano, nell’arco delle 24 ore, anche
al di fuori della Cardiochirurgia. Va evidenziato che tutto ciò sia
stato già prontamente segnalato e palesemente documentato dai
perfusionisti ai responsabili aziendali con varie note. In questo
scenario non sarebbe nemmeno da escludere che se un perfusionista
dovesse accusare un malore durante un intervento cardiochirurgico,
lo stesso non potrebbe essere adeguatamente sostituito. Tra l’altro
se questo professionista, durante la notte, risultasse impegnato
oppure fuori sede o, ancora peggio, extra regione per un prelievo
d’organo, non ci sarebbero altri tecnici perfusionisti disponibili
per altre emergenze salvo ricorrere, con frequenza sempre maggiore,
ai famigerati disincentivanti ordini di servizio”.
“È noto che quest’utilizzo del
personale sanitario in una azienda come il Brotzu sia palesemente
deleterio oltre che indiscutibilmente conflittuale. Tra l’altro
questo contesto potrebbe, sempre di più, sconfinare addirittura in
un vero e proprio conflitto professionale, a limite dell’esercizio
abusivo della professione, dai contorni di profili persino penali.
È altrettanto chiaro che così non si può garantire una qualificata
quanto serena assistenza degna di un ospedale ad alta
specializzazione. Tutto questo scenario scuote la pubblica
coscienza. La Uil non può assistere inerme a questo triste epilogo
della sanità pubblica isolana. Che è universalmente di tutti i
cittadini sardi. Questo non vada mai sottovalutato e tanto meno
dimenticato dalla classe politica sarda. La sanità non può più
essere motivo di scontro politico elettorale ma, data la sua
universalità, necessita di un impegno corale per il bene di tutti i
cittadini della Sardegna. Al fine di escludere anche eventuale
concorso per sopraggiunta improvvisa morte di pazienti per non
essersi preventivamente attivati al fine di fare tutto il possibile
per evitare o quanto meno ridurne la probabilità che questi nefasti
epiloghi possano accadere. Fatta e valutata tutta la succitata
premessa, con dettagliata disanima anche del contesto professionale
e operativo che quotidianamente vede impegnati i tecnici
perfusionisti”, proseguono i sindacalisti, “chiediamo con la
massima urgenza del caso la disponibilità dei vari responsabili,
dentro e fuori l’azienda, ad affrontare costruttivamente l’intera
vicenda anche al fine di valutare seriamente una proposta
operativa, a valenza regionale, che la scrivente proporrà al tavolo
di confronto. Tutto ciò prima che ci scappi pure il morto. Infatti,
senza alcuna rigidità mentale, urge affrontare questa seria
problematica che affligge i Perfusionisti ma soprattutto anche al
fine di scongiurare eventuali epiloghi avversi dai possibili
risvolti penali”.
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