L’alluvione di San Sperate (Cagliari), le pietre sonore di Pinuccio Sciola e i “flussi” di oggi

di Benigno Moi

sciolafontanasinnainewtork Sa di de s'unda manna - 22 ottobre 1892: Alluvione di San Sperate (Cagliari)

Pinuccio Sciola, l’artista di San Sperate diventato famoso in tutto il mondo per i murales prima e per le pietre sonore poi, fra gli anni 80/90 del secolo scorso realizzò varie pietre/fonte, creando tagli nella pietra a formare percorsi in cui far scorrere l’acqua. Le opere erano destinate spesso a spazi pubblici, in cui la musica (prima che lo stesso Sciola scoprisse e ci mostrasse il suono congenito della pietra) veniva prodotta dallo scorrere dell’acqua sulla pietra lavorata.

L’acqua ha assunto in quasi tutte le culture una doppia e antitetica simbologia, legata alla fertilità e divinizzata come fonte di vita ma contemporaneamente temuta come portatrice di morte e distruzione.

In Sardegna il culto delle acque, con i pozzi sacri, ha creato alcune delle più affascinanti costruzioni della civiltà nuragica.

Sicuramente Sciola aveva in mente questi miti dell’acqua fonte di vita quando incideva le sue pietre per farvi scorrere, indirizzandolo, il rivolo d’acqua in percorsi voluti e predeterminati. Ma – crediamo – che nell’indicare la possibilità e la necessità di governarne il flusso esprimesse anche il ricordo, più o meno conscio, della tragedia procurata al suo paese natale, un secolo prima, dall’acqua non governata.

 

«L’alba non arriva mai perché il cielo è buio anche la mattina. La zona intorno a Elmas è devastata. A San Sperate si contano 69 morti e ancora oggi qualcuno ricorda quell’alluvione come “s’unda manna”. Duecento morti in tutto il territorio colpito».1 

L’alluvione colpì molto l’opinione pubblica del tempo, tanto che vi dedicò un articolo pure il New York Times.

E il poeta di Tonara Peppino Mereu, nella sua poesia più famosa (A Nanni Sulis, conosciuta come Naneddu meu) dedica le strofe 7 e 8 a queste tragedie:

«Undas chi falant / Ìn Campidanu / Trazan tesoros / a s’oceanu.

Cixerr’in Uda, / Sumasu, Assemene / Domos e binzas / torrant a tremene».

Eppure gli eventi alluvionali, soprattutto nel Sud Sardegna, non erano una rarità. Tre anni prima, nell’ottobre del 1889, un nubifragio interessò il cagliaritano, colpendo i villaggi di Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Pirri e Monserrato, procurando decine di morti e migliaia di senzatetto.2

Ma l’inondazione del 1892 superò, per vittime – e danni a case e vie di comunicazione – quelle conosciute sino ad allora. San Sperate rimase completamente irraggiungibile e senza soccorsi per l’intera giornata del 22 ottobre.

«S’Unda fu provocata dagli eventi meteorologici eccezionali che imperversarono su San Sperate e dintorni in quei terribili giorni del lontano 1892… acqua, fango, tronchi e altri materiali buttati dall’uomo sui letti dei fiumi… Tutto veniva trascinato a valle verso il Rio Mannu, dove poco prima di Ussana si creava una sorta di diga, un tappo.

Il dramma per San Sperate iniziò quando sotto la pressione dell’acqua la diga che si era formata cedette.

Milioni di metri cubi di acqua e fango confluirono nel Rio Flumineddu e Fluminimannu, i quali uniti, si scaricavano sopra San Sperate ed Assemini sotto forma di un’onda inarrestabile.

L’altezza dell’acqua nelle vie di San Sperate raggiunse i seguenti ed impressionanti valori: Via Santa Lucia: mt 1.20, Via Parrocchia: mt 2.10, Bau Ninni Cannas e Vico San Giovanni: mt 2.35, Via Monastir e via Croce Santa: mt 2.51, S’Arbarei: mt 1.96.

Ci furono 69 morti e 283 case crollate o danneggiate».3

L’acqua, in particolare quella che arriva sotto forma di pioggia, viene spesso utilizzata come paradigma della doppiezza di alcuni fenomeni, che possono assumere valori opposti. La pioggia – attesa, auspicata, implorata per rigenerare la terra e salvare coltivazioni e allevamenti – può tramutarsi in tragedia, distruzione e morte.

sansperatemuralecento Sa di de s'unda manna - 22 ottobre 1892: Alluvione di San Sperate (Cagliari)

San Sperate, famoso come Paese-Museo grazie a Sciola, è un centro agricolo fertile anche grazie alle acque che scorrono nelle sue campagne. Conosciuto per i suoi agrumi e, soprattutto, per le sue pesche.

Il parroco del paese ai tempi dell’alluvione, don Enrico Dathene, nelle sue prediche colse l’aspetto paradossale dell’alluvione: «Fu castigo o beneficio? Fu l’uno e l’altro». E il poeta di Siliqua Sebastiano Piras, che raccontò con versi in ottave campidanesi l’evento, disse «un altro beneficio io vedo in questa inondazione, tutti i terreni allagati dalle acque limacciose sono ora fertilissimi campi».4

Lo stesso nome in sardo di San Sperate porta quest’antinomia: Santu Sparau. Sparau, in sardo campidanese, significa sia “sparato” – spesso inteso proprio come “ucciso” – sia “gemmato”, attribuito all’innesto andato a buon fine, alla pianta che germoglia e riprende vita.

Spesso l’uomo è responsabile, almeno in parte, delle cause che determinano i fenomeni delle “bombe d’acqua” e delle inondazioni: cambiamenti climatici e inquinamento degli oceani. Quasi sempre è responsabile delle conseguenze catastrofiche di tali fenomeni: deforestazione, depauperamento delle montagne e mancata manutenzione dei corsi d’acqua; antropizzazione delle zone notoriamente alluvionali; sbarramento degli alvei naturali dei torrenti.

Nel 2012, parlando dell’alluvione di Capoterra (Cagliari) del 2008, ancora con vittime, scrive il blog «Su Barralicu»:

«Si parla di allarmi mancati, di autorizzazioni a infrastrutture cedevoli sotto la furia dell’acqua, di mancata chiusura delle strade. Si citano “colpe gravi che avrebbero creato, nel corso degli anni, un insieme di concause che hanno reso automatica l’alluvione”, come recita un articolo della Nuova Sardegna del 25 maggio 2010.

sansperatevittime Sa di de s'unda manna - 22 ottobre 1892: Alluvione di San Sperate (Cagliari)

Si parla di tutto, meno che del fatto che la stragrande maggioranza di quegli edifici, in quella zona, non ci sarebbe dovuta mai essere. La foga del “dagli all’untore” probabilmente non ha permesso di ricordarsi che esiste un Testo unico sulle opere idrauliche, facente parte del Regio decreto del 25 luglio 1904 e tutt’oggi vigente, che all’articolo 93 recita: “Nessuno può fare opere nell’alveo dei fiumi, torrenti, rivi, scolatoi pubblici e canali di proprietà demaniale, cioè nello spazio compreso fra le sponde fisse dei medesimi, senza il permesso dell’autorità amministrativa. Formano parte degli alvei i rami o canali, o diversivi dei fiumi, torrenti, rivi e scolatoi pubblici, ancorché in alcuni tempi dell’anno rimangono asciutti”».5

Il paradigma dell’acqua (della sua doppia anima, benevola o malevola, fonte di vita o causa di morte, a seconda della nostre capacità nel governarla – la capacità di raccogliere e convogliare le acque, anche nei posti meno favorevoli, ha sempre caratterizzato le civiltà più evolute) viene utilizzato da qualcuno per comprendere e spiegare quale approccio avere, oggi, di fronte al fenomeno delle migrazioni.

Anche questo è un fenomeno in gran parte causato dall’uomo (occidentale) in oltre duecento anni di colonizzazioni, sfruttamento, impoverimento di vastissime aree del pianeta. Anche questo può trasformarsi in ricchezza e “linfa vitale” 6 come vari economisti e vari esempi, sia storici che attuali, dimostrano; o in conflittualità, degrado e disagi, se governati con politiche miopi e criminali.

Sta a noi dimostrare che un “terreno” predisposto; un lungo e faticoso lavoro per la costruzione di reti e strutture adeguate; un approccio intelligente e lungimirante insomma – sia al fenomeno delle piogge, sia al fenomeno dei flussi migratori – porta soprattutto ricchezza.

E San Sperate – dove da pochi mesi è stato aperto un Centro di accoglienza per richiedenti asilo, e dove il 23 settembre si è tenuto uno dei concerti del “Peace Drums”, evento musicale diffuso su varie sponde del Mediterraneo partito da Lampedusa – ha le potenzialità per governare sia le acque, sia i flussi migratori che interessano il suo territorio.

Linkografia:

http://urbancenter.eu/2013/11/21/cronistoria-delle-peggiori-alluvioni-in-sardegna/

https://www.sansperate.net/old-web/storia/alluvione.html

http://www.lacanas.it/2012/03/12/un-vero-uragano-di-paura-l%E2%80%99alluvione-del-1892-a-san-sperate-e-assemini/

https://subarralliccu.wordpress.com/2012/08/29/lalluvione-siamo-noi-appunti-per-una-storia-che-si-ripetera-1/

http://query.nytimes.com/gst/abstract.html?res=9406E7DF1338E233A25757C2A9669D94639ED7CF&legacy=true

L’isola che non si vede – Risultati da Google Libri

https://books.google.it/books?isbn=8898001428

https://books.google.it/books?id=_O9_CgAAQBAJ&pg=PT15&lpg=PT15&dq=san+sperate+alluvione+1892&source=bl&ots=LHlxEyaZVl&sig=YIuHhx_vqzspb794uo0nP5pK_9I&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiKs83vgfXWAhVOalAKHWkwAy44ChDoAQhEMAY#v=onepage&q=san%20sperate%20alluvione%201892&f=false

Colonna sonora consigliata (scontata ma sempre bellissima) «Dolcenera» di De André (https://www.youtube.com/watch?v=MZZoZ8eLWY4 ) o per chi è fortunato – come me – e capisce il campidanese una delle tante canzoni in ottave campidanesi dedicate agli eventi di quella e di altre alluvioni.

 

1 Giorgio Todde, Alluvioni e antropizzazioni, 12.02.2009 http://archivio.eddyburg.it/article/articleview/12394/0/166/

2 http://www.contusu.it/cronistoria-degli-eventi-alluvionali-della-sardegna-del-sud/

3 Comune di San Sperate: invito alla commemorazione per i 120 anni de”S’unda manna”, 17/10/2012

4 http://www.dexipuzzus.it/storie-su-antichi-nubifragi/

5 https://subarralliccu.wordpress.com/2012/09/06/lalluvione-siamo-noi-appunti-per-una-storia-che-si-ripetera-2/

6 Erri De Luca “l’importanza di chiamare questi imponenti spostamenti di uomini “flussi” e non “ondate”, perché le ondate minacciano, i flussi portano beneficio, donano linfa vitale” (http://www.romboweb.com/erri-de-luca-parla-agli-studenti-della-dannunzio/).

MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.

Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.


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