(Adnkronos) - La Laver Cup deve essere un punto di partenza. Stefano Cobolli lo racconta all’Adnkronos da San Francisco: "Di sicuro è un'emozione, ci si ritrova in squadra con campioni e capitani che hanno fatto la storia del tennis. Danno in ogni momento indicazioni e nozioni difficili da avere in altre occasioni". Stefano è il papà-coach di Flavio Cobolli, oggi numero 25 del ranking Atp e in questi giorni impegnato nel torneo che mette di fronte, in una sfida Europa-resto del mondo, alcuni tra i migliori tennisti del circuito. "È una settimana di divertimento e una grande esperienza. Partecipare fa capire il livello raggiunto, ora dovrà essere una consapevolezza per il futuro". 

Stefano inizia dall’evento americano per ripercorrere una stagione fin qui cruciale nella crescita di Flavio: "È stata un’annata particolare, diversa rispetto al 2024. L’anno scorso aveva avuto grande regolarità di risultati, senza un picco. Da numero 100 era arrivato in top 30 con un lavoro incredibile per numero di partite, tornei e vittorie. Sono sincero, a gennaio credevo fosse complicato confermare la classifica". I primi mesi del 2025 hanno detto questo, ma poi c’è stata la reazione: "L’anno è cominciato malissimo e sono venuti fuori problemi che in parte mi aspettavo, con otto primi turni persi. Sono però orgoglioso di lui, nel momento più complicato ha avuto uno scatto da grande giocatore. Ho capito quanto sia forte, anche a livello mentale. La reazione lo ha portato a conquistare il primo titolo Atp ad Amburgo e poi, nel giro di tre mesi, a ottenere risultati notevoli, vincendo partite che l’anno scorso sarebbero finite in maniera diversa".  

La svolta, curiosità, è arrivata anche grazie alla musica: "A un certo punto ho impostato ogni allenamento scegliendo una playlist. Senza dire nulla. In quel periodo negativo faceva fatica ad ascoltarmi, era un po’ nervoso. Avere un padre che rompe poteva appesantire. Io lì dovevo solo aiutarlo a ritrovare tranquillità, parlavo con gli occhi". Per riportare la serenità sono bastati uno smartphone e una cassa: "Nelle playlist c’erano tante canzoni, da quelle sulla Roma e motivazionali al rock anni Settanta". Con un filo conduttore: "Dopo la prima partita vinta – racconta con un sorriso - alla fine di ogni allenamento ne ho piazzata una forse non proprio mainstream, ‘Cicirinella teneva teneva’. Si sente molto dalle nostre parti a Roma, anche nelle feste di paese. Mi faceva sorridere, a lui magari un po’ meno, ma portava bene ed è diventata un portafortuna. Segnava la fine delle nostre giornate". 

Stefano, 48 anni, ripercorre i momenti più emblematici della carriera di Flavio: "La soddisfazione più bella da papà? Quando la speaker, a Londra, ha detto che era nei quarti di finale di Wimbledon. È stato davvero emozionante. E poi la prima vittoria in Coppa Davis l’anno scorso. Era in ginocchio, con la maglia della Nazionale, mi sono commosso". Da allenatore, l’orgoglio più grande è la vittoria, a maggio, dell’Atp 500 di Amburgo. Mi ha fatto capire che valore può raggiungere dal punto di vista tecnico, lì si sono messi insieme tutti i pezzi".  

Nella chiacchierata emergono anche le peculiarità del ruolo di papà-coach: "La difficoltà maggiore è che tante volte fa fatica ad accettare i consigli. Faccio un esempio. Se entro in campo con un altro allievo, apro bocca e quello mi ascolta sempre. Flavio mi sente solo in determinati momenti, è il contro di essere padre e allenatore allo stesso tempo. Il pro è che lo conosco in tutto, so quando è meglio non parlare, riesco a distinguere i momenti". Non a caso, da qualche anno c’è nello staff un collaboratore che in alcune situazioni fa da filtro. "A volte è utile che a passare le indicazioni ci sia un’altra persona. È più efficace". 

 

Qualche tempo fa, Stefano aveva spiegato come la fortuna di Flavio sia stata crescere all’ombra di Sinner e Musetti: "Da una parte toglie qualcosa, magari dieci anni fa un risultato come la posizione 17 del ranking Atp, raggiunta a luglio, sarebbe stata molto più considerata. Dall’altro lato, avere due lepri come loro che tirano, spingendoti a dare il meglio, è uno stimolo per migliorare e non accontentarsi". Non manca un commento sul loro rapporto: "Lui e Lorenzo hanno entrambi 23 anni. Sono cresciuti insieme e facevano gli stessi tornei anche da bambini. C'è amicizia pure tra noi genitori, ci conosciamo da tempo. Per Sinner ha un gran rispetto. Lo ammira così tanto che quasi fa fatica a entrarci in confidenza, Jannik è un extraterrestre dal punto di vista tennistico. Ogni tanto si sono allenati insieme e sono stati a contatto in Coppa Davis, il loro rapporto è ottimo".  

Lo sguardo va ora alle prossime sfide: "Come si alza l’asticella? Nei prossimi mesi perderà pochi punti e quindi si potrà migliorare la classifica concentrandosi sugli appuntamenti più importanti, arrivando riposati agli Slam e ai Masters 1000. Con qualche viaggio in meno e meno stress. Con questo ranking sarà testa di serie nei grandi tornei, bisognerà allenarsi di più e ridurre il numero di partite, con l’obiettivo di essere al massimo quando conta. Questo aspetto potrà incidere sulla classifica per entrare in top ten".  

Più volte, nel percorso di crescita dei tennisti, si parla della figura del supercoach: “Ne abbiamo discusso, avere una persona con esperienza in grandi tornei può dare una marcia in più, ma allo stesso tempo non è semplice capire quando inserirla. Flavio oggi è ancora in fase di grande crescita, è vicino alla top 20. A volte, mettere una persona di livello superiore quando non c'è ancora la classifica adatta può dare pressioni eccessive". Le novità, in ogni caso, ci saranno: "A breve entrerà nello staff attuale, in aggiunta, un allenatore che potrà accompagnarmi in futuro e affiancarci. È una cosa prevista per l’anno prossimo". Per continuare a migliorare e a puntare in alto. Un passo per volta. (di Michele Antonelli) 

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