
(Adnkronos) - Bodybuilding femminile sotto osservazione. In questo sport il rischio mortale non è solo un affare da uomini, ma vale anche per le atlete. Un nuovo studio dell'università di Padova lancia l'allarme sull'uso di sostanze dopanti, pratiche estreme e aspettative estetiche: mettono in pericolo il cuore e l'equilibrio psicofisico.
Dopo uno studio sui rischi legati al bodybuilding maschile, lo stesso team di ricerca UniPd guidato da Marco Vecchiato ha analizzato per la prima volta in maniera sistematica la mortalità tra atlete competitive praticanti bodybuilding, evidenziando "rischi cardiovascolari significativi anche in questo sottogruppo spesso trascurato dalla ricerca medica". Lo studio 'Mortality in female bodybuilding athletes', pubblicato sull''European Heart Journal', la rivista ufficiale della Società europea di cardiologia, è stato condotto su oltre 9.000 atlete che hanno gareggiato in eventi Ifbb (International Federation of Bodybuilding and Fitness) tra il 2005 e il 2020. In totale sono stati identificati 32 decessi confermati, di cui oltre il 30% riconducibili a morte cardiaca improvvisa.
"Dopo il nostro studio sui bodybuilder maschi, che ha avuto grande eco scientifica, ci è sembrato doveroso indagare anche l'universo femminile - spiega Vecchiato, primo autore e medico dello sport del Dipartimento di Medicina dell'università di Padova - I risultati ottenuti indicano che, seppur con numeri inferiori, anche le atlete donne presentano un tasso di morte cardiaca improvvisa sorprendentemente elevato per soggetti giovani e apparentemente sani, in particolare tra le professioniste. Il dato forse più inquietante - sottolinea il docente - è che l'incidenza di morte improvvisa tra le professioniste presenta ancora numeri molto alti rispetto a quella riportata per altre discipline sportive, seppur minore se paragonata a quella già riportata nei bodybuilder maschi. Questo sottolinea come l'estremizzazione degli stimoli allenanti, l'abuso di sostanze dopanti e le tecniche di preparazione al palco possano comportare gravi rischi, indipendentemente dal sesso".
Accanto alle cause cardiovascolari, il nuovo studio ha evidenziato anche un'elevata incidenza di morti 'traumatiche', tra cui suicidi e omicidi, suggerendo un possibile impatto psicosociale rilevante per le atlete di questo sport. "In una disciplina dove il corpo femminile è al centro della valutazione e della visibilità - osserva Vecchiato - è fondamentale tenere conto anche della salute mentale, della pressione sociale e delle dinamiche di performance e immagine".
Come nel precedente lavoro sui bodybuilder maschi, la raccolta dati si è basata su una ricerca sistematica multilingue delle notizie di decessi, verificati attraverso più fonti ufficiali e non ufficiali, inclusi referti autoptici, rapporti tossicologici, media e social network.
Il messaggio degli autori dello studio è chiaro: "Il bodybuilding non è di per sé un nemico della salute, ma è fondamentale riconoscere che la combinazione di pratiche estreme, aspettative estetiche e uso di sostanze può trasformarlo in una disciplina ad alto rischio". Secondo i ricercatori, "è urgente promuovere una maggiore consapevolezza dei rischi, programmi di prevenzione cardiologica e psicologica anche per le atlete, e un netto rifiuto dell'uso di sostanze dopanti".
"Abbiamo bisogno di un cambiamento culturale che valorizzi la salute prima della performance - conclude Vecchiato - Questo vale per tutti gli atleti, uomini e donne, ma richiede particolare attenzione nel bodybuilding femminile, dove i rischi possono essere più nascosti, ma non meno gravi".
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(Adnkronos) - "Abbiamo livelli di autosufficienza che in Europa ci invidiano. In Paesi a noi vicini, come la Spagna, con livelli di domanda pressoché simili, l'autosufficienza è del 40%, contro il nostro 60-70%, a seconda del parametro di riferimento. Ci sono però delle sfide importanti che il sistema deve affrontare: l'80% del plasma inviato all'industria si raccoglie in metà delle regioni italiane, sostanzialmente nel Centro-Nord. C'è quindi un impegno forte di tutto il sistema per incrementare la donazione di plasma in aferesi e per raggiungere il target minimo fissato dai programmi nazionali per l'autosufficienza: 18 kg per 1.000 abitanti. Attualmente, infatti, l'indice di conferimento varia dai 6-10 kg per 1.000 abitanti nelle regioni del Sud fino ai 24-25 kg in quelle del Nord. Questo è uno dei problemi più evidenti". Lo ha detto Fabio Candura, responsabile Area plasma Centro nazionale sangue, nel suo intervento al digital talk di Adnkronos dedicato al tema della disponibilità di plasma, materia prima preziosa da cui si ricavano farmaci essenziali per pazienti con malattie rare e immunodeficienze.
"Nel 2024, a livello nazionale - riferisce - abbiamo superato la soglia dei 900mila chili, 907mila per essere precisi, di raccolta di plasma portato al frazionamento e un indice di conferimento all'industria di 15,4 kg per 1.000 abitanti, che rappresenta uno dei valori più alti a livello internazionale: siamo infatti al secondo posto dopo l'Olanda tra i sistemi che condividono il concetto e la pratica della donazione volontaria, non remunerata, periodica, responsabile e anonima". Illustra Candura: "Sono 3 i pilastri su cui il sistema scommette. Il primo è l'incremento della raccolta, nelle modalità che le Regioni, in accordo con le associazioni di donatori, ritengono più idonee all'interno dei loro sistemi regionali. Il secondo pilastro è un'azione capillare sui prescrittori, per garantire l'utilizzo appropriato del farmaco. Il terzo riguarda la meritoria valorizzazione e l'investimento nell'innovazione tecnologica del mondo industriale: i processi innovativi che aumentano le rese di prodotto devono essere incentivati e supportati anche dal sistema pubblico". Attualmente "sono stati finanziati specifici progetti finalizzati all'incremento della raccolta di plasma - sottolinea l'esperto - Per supplire alla carenza di personale abbiamo implementato, con buoni risultati, un progetto di task shifting, cioè il trasferimento di alcune attività di raccolta dal medico all’infermiere. Non ultimo, un progetto guidato dalla Regione Toscana mette in dialogo due mondi: quello trasfusionale e quello farmaceutico".
Sull'autosufficienza del Paese, Candura conferma l'impegno del Cns a incrementare la raccolta "perché è nostro dovere farlo, ma - conclude - dobbiamo anche riconoscere alle aziende un ruolo fondamentale nel garantire l'approvvigionamento di plasmaderivati e di immunoglobuline".

(Adnkronos) - "Bisogna fare un cambio di passo. La promozione, l'informazione e il lavoro sulla cultura della donazione hanno dato risultati importanti. Il fatto che da anni abbiamo raggiunto l'autosufficienza di sangue è la prova che le strutture e le associazioni che promuovono la cultura della donazione hanno lavorato bene. I circa 1.800.000 donatori svolgono regolarmente il loro compito. Bisogna però fare di più, soprattutto per quanto riguarda la raccolta di plasma. La domanda di immunoglobuline e dei fattori della coagulazione continuerà ad aumentare, e sarà sempre più rilevante". Sono le parole di Tiziano Gamba, consigliere nazionale Avis e componente del comitato medico dell'associazione, al digital talk di Adnkronos dedicato al tema della disponibilità di plasma da cui si ricavano farmaci essenziali per persone con malattie rare e immunodeficienze.
"La priorità più importante è aumentare la dotazione dei separatori - afferma Gamba - Noi, come associazioni, siamo impegnati. Nel 2024 le procedure di aferesi effettuate nelle Udr (le Unità di raccolta gestite dall'associazione, non dal pubblico) hanno rappresentato il 32% del totale, in crescita rispetto all'anno precedente, mentre nel pubblico la raccolta è stagnante. Alcune Regioni potrebbero fare molto di più in termini di raccolta del plasma". Nel dettaglio, illustra il consigliere Avis, "in Italia circa il 66% dei donatori sono maschi e il 34% femmine, una distribuzione simile su tutto il territorio. Il 43% dei donatori dona sangue e il 73% del totale anche plasma. L'andamento per classi di età è penalizzante, rispecchiando la demografia generale del Paese. Nell'ultimo anno si è registrato un incremento tra i giovani dai 18 ai 25 anni, ma poi le presenze calano tra i 26 e i 55 anni, per riprendere dopo i 55. Le motivazioni possono essere sociali, lavorative o di altro tipo. E' quindi fondamentale - sottolinea - intervenire sui giovani e mantenerli nel sistema. Per questo bisogna investire di più nelle associazioni che già operano con successo".
Nel frattempo "stiamo lavorando per convincere i donatori di sangue a contribuire anche alla raccolta di plasma, dove siamo ancora carenti. I risultati ci sono già: nel 2024 la raccolta di plasma nelle Udr è aumentata del 3-5%, e nei primi mesi del 2025 c'è stato un ulteriore incremento dell'1,5% rispetto all'anno precedente. Questo dimostra che gli interventi funzionano", conclude Gamba.
Leggi tutto: Gamba (Avis): "Raggiunta autosufficienza per il sangue, non per il plasma"

(Adnkronos) - "Quello che successo a me credo che sia un atto dimostrativo, non so ancora bene finalizzato a cosa, e questo è l'aspetto che mi preoccupa di più". Così il giornalista Sigfrido Ranucci intervenendo in collegamento al Parlamento europeo al seminario 'Il silenziamento delle voci dei giornalisti intorno al mondo'.
Il giornalista sottolinea come l'attentato contro la sua vita sia giunto dopo solo tre o quattro anni di attività inerente e rappresenta un "salto di livello" rispetto alle azioni di dossieraggio, di diffamazione, di intimidazioni cui è soggetto da anni.
Ranucci spiga quindi che l'Italia "più di altri è un Paese malato e abituato convivere con la sua patologia come se fosse normalità". Il giornalista racconta di aver dovuto affrontare diciannove provvedimenti giudiziari a causa di un politico oggetto delle sue inchieste, solo per vedere quest'ultimo, rinviato a giudizio per le modalità con cui aveva provato a impedire l'attività giornalistica, cambiare partito ed essere eletto in Ue. L'episodio "è testimonianza di quanto sia fragile la nostra democrazia", riassume Ranucci. "Le querele temerarie hanno preso il posto delle pallottole", spiega.
Ranucci oggi sarà presente anche al presidio del Movimento 5 stelle a favore della libertà di stampa organizzato dopo l'attentato. Sarà proprio lui a chiudere gli interventi dal palco di piazza Santi Apostoli aperti da Giuseppe Conte.
Alla manifestazione partecipano Milena Gabanelli, giornalista del Corriere della sera da cui, peraltro Ranucci ha ereditato Report, Marco Travaglio, direttore del Fatto quotidiano, Rula Jebreal, giornalista e scrittrice, Francesco Cancellato, direttore di Fanpage, Riccardo Iacona, giornalista e conduttore di Presa diretta, Attilio Bolzoni, giornalista, Lirio Abbate, giornalista e scrittore, Federico Cafiero de Raho, deputato del Movimento 5 stelle e già procuratore nazionale Antimafia, Roberto Scarpinato, senatore pentastellato ed ex procuratore generale di Palermo, Barbara Floridia, senatrice dei Cinque stelle e presidente della commissione di Vigilanza Rai, Francesca Fornario, della Rete No bavaglio, Michele Calleri, presidente di Transparency International Italia, Roberto Bertoni, di Articolo 21 e Andrea Scanzi, giornalista e scrittore.

(Adnkronos) - Il celebre cantautore statunitense Kenny Loggins ha duramente criticato il presidente Donald Trump per l’uso non autorizzato della sua iconica canzone 'Danger Zone', in un video generato con l’intelligenza artificiale che Trump ha utilizzato per rispondere alle manifestazioni di piazza contro di lui.
Il video, pubblicato da Trump su Truth, mostra il presidente che canta il brano reso celebre dal film 'Top Gun'. Il presidente appare con una corona in testa ai comandi di un jet da guerra chiamato 'King Trump' mentre sorvola una folla di manifestanti, sganciando una pioggia di escrementi al ritmo di 'Danger Zone'. Il bersaglio sono i manifestanti del movimento 'No Kings', scesi in piazza in diverse città americane per protestare contro l’amministrazione Trump e invocare la difesa dei valori democratici.
In un lungo post su Instagram e in una dichiarazione a Variety, Loggins ha criticato l'associazione della sua musica a contenuti "creati con il solo scopo di dividerci". "Non riesco a immaginare perché qualcuno voglia che la propria musica venga usata in qualcosa di così distruttivo - ha scritto il musicista - Siamo tutti americani, non esiste un 'noi contro loro': la musica dovrebbe unirci, non separarci".
Loggins ha definito il video “una violazione oltraggiosa” dei suoi diritti artistici, sottolineando che né lui né i detentori dei diritti hanno autorizzato l’uso della canzone. “Nessuno mi ha chiesto il permesso, che avrei negato. Chiedo che la mia musica venga rimossa immediatamente”, ha detto. Aggiungendo: “Troppa gente cerca di dividerci. Dobbiamo trovare nuovi modi per unirci”.
L’artista ha anche sollevato preoccupazioni legali, evidenziando come l’uso non autorizzato di contenuti protetti da copyright tramite AI rappresenti una nuova frontiera di violazioni. Ha invitato altri musicisti e creativi a unirsi nella difesa dei propri diritti contro l’uso improprio delle loro opere. Il video ha rapidamente fatto il giro dei social, generando reazioni contrastanti. Alcuni sostenitori di Trump lo hanno celebrato come una trovata satirica, mentre molti altri — tra cui artisti, attivisti e osservatori politici — lo hanno definito offensivo, degradante e pericoloso per il clima democratico.
Questo episodio ha riacceso anche il dibattito sull’uso dell’intelligenza artificiale per creare contenuti politici, soprattutto quando coinvolgono immagini manipolate e musica protetta da copyright. Loggins ha lanciato appello alla regolamentazione: “Abbiamo bisogno di leggi chiare che proteggano la creatività umana nell’era digitale”.
Il caso non è il primo esempio di artisti risentiti per l'utilizzo non autorizzato delle loro opere da parte del tycoon, che secondo i critici adotta la tattica del "chiedere perdono, non permesso". Negli ultimi mesi anche The White Stripes, Celine Dion e gli Abba avevano chiesto alla Casa Bianca di rimuovere brani utilizzati in video ufficiali. Secondo quanto riferito da Axios. la risposta dell'entourage presidenziale all'appello di Loggins, sarebbe arrivata con un meme tratto dalla scena di Top Gun in cui Tom Cruise afferma "I feel the need for speed", mentre in sottofondo risuona il pezzo del cantautore.
Leggi tutto: Kenny Loggins contro Donald Trump: "La mia 'Danger Zone' usata senza permesso"
Abbanoa, livelli drasticamente calati nei due invasi... 
(Adnkronos) - “La domanda di immunoglobuline è ancora in aumento, e questo non avviene solo perché la vita dei nostri pazienti si è allungata, ma anche perché stiamo migliorando le nostre capacità diagnostiche. Oggi riusciamo a identificare l’immunodeficienza in molti più pazienti rispetto al passato”. Così Isabella Quinti, immunologa e professore ordinario di Medicina Interna, Sapienza Università di Roma, intervenendo al digital talk ‘Disponibilità di plasma in Italia. Un tema di salute pubblica che attende risposte’, ricorda che, “secondo lo studio condotto nel nostro centro - abbastanza rappresentativo anche per l’Italia – il 24% dei pazienti con immunodeficienza riceve immunoglobuline. Se ampliamo la popolazione dei beneficiari – e stiamo diventando sempre più bravi nella diagnosi – la disponibilità di plasmaderivati potrebbe non essere adeguata. Questa è la ragione per cui la domanda continua a crescere, mentre l’offerta rimane limitata”.
La questione della disponibilità della preziosa materia prima da cui ottenere plasmaderivati è stata al centro del dibattito promosso da Adnkronos, a cui hanno a partecipato clinici, rappresentanti dei pazienti, delle istituzioni sanitarie e del mondo farmaceutico. L’Italia - è stato ricordato nel corso dell’incontro - è in grado di far fonte al 70% del fabbisogno di plasma, grazie alla donazione volontaria, per il 30% dipende al mercato internazionale, in particolare dagli Stati Uniti. Per dipendere meno dal mercato internazionale, secondo l’immunologa “dobbiamo cambiare la platea dei donatori. Ci servono donatori più giovani. In Italia, la fascia degli studenti e dei giovani deve capire cosa significa diventare un donatore periodico e costante, e qual è il vero valore della donazione”.
A tale proposito l’esperta lancia una provocazione: “Chiediamo che tutti gli studenti iscritti alle facoltà di medicina in Italia, che aspirano a diventare medici, diventino donatori. Se già dalle facoltà mediche parte un’iniziativa di questo genere - osserva - avremo finalmente donatori più giovani che continueranno a donare per tutta la vita e, soprattutto, comprenderanno – e faranno comprendere ai loro amici – quanto sia importante il valore solidale della donazione”.
Dal plasma, “ricaviamo le immunoglobuline, cioè degli anticorpi che proteggono da qualunque tipo di infezione - illustra Quinti - I pazienti che non hanno anticorpi — perché il loro sistema immunitario non sa produrli, sia per condizioni congenite che per condizioni acquisite — sono esposti alle infezioni. Si ammalano di infezioni continue, con conseguenze importanti: danni permanenti, bassissima qualità di vita, alto costo per il paziente, per il peso della sua malattia, e anche per i sistemi sanitari nazionali. Per questo vengono considerati pazienti fragili”.
“In laboratorio si può produrre un solo tipo di anticorpo, ma noi abbiamo bisogno di migliaia e migliaia di anticorpi, perché i germi contro i quali possiamo venire a contatto sono un numero infinito - chiarisce l’esperta - Abbiamo quindi bisogno del patrimonio anticorpale di tantissimi donatori. Le infusioni periodiche di immunoglobuline prodotte dal plasma sono l’unico sistema che abbiamo per riportare a livelli sufficienti gli anticorpi in pazienti fragili, che non sono in grado di combattere le infezioni. È un problema di sanità pubblica - conclude - perché i pazienti fragili sono una priorità all’interno di qualunque sistema sanitario”.
Leggi tutto: Plasmaderivati, immunologa Quinti: "Richiesta in aumento ma offerta limitata"

(Adnkronos) - "I plasmaderivati, per noi pazienti con immunodeficienza primitiva, non sono semplicemente dei medicinali: sono un filo sottile che ci tiene legati a una quotidianità, a una vita, a una qualità di vita che, altrimenti, sarebbe segnata da continue emergenze, infezioni gravi e da un senso costante di vulnerabilità. Il primo bisogno, forse il più urgente, per i pazienti, è la certezza della continuità nell'accesso a questi farmaci. Ogni interruzione nella fornitura, per noi, significa fare un salto nel buio, tornare alla paura di complicazioni che possono essere, purtroppo, anche letali. Non possiamo permetterci incertezze o ritardi, perché il nostro sistema immunitario non ci concede, a volte, una seconde possibilità. C'è poi un bisogno più profondo, quello del riconoscimento sociale e istituzionale. Le nostre sono malattie invisibili, rare e poco comprese". Lo ha detto Alessandro Segato, presidente Aip - Associazione immunodeficienze primitive, partecipando al digital talk promosso da Adnkronos e dedicato alla disponibilità di plasma in Italia, materia prima preziosa per la sintesi di farmaci essenziali in persone con malattie rare gravi e immunodeficienze.
Il comparto dei plasmaderivati "è complesso e fragile - spiega Segato - perché si basa su un mercato estrattivo: dipendere" per il 30% "dal plasma raccolto in Paesi esterni all'Europa. Questo ci espone, come comunità di pazienti, a rischi enormi. Lo abbiamo già visto durante le crisi sanitarie", come il Covid, "ma anche in occasione di interruzioni produttive. L'Italia, come l'Europa, copre circa il 60-70% del proprio fabbisogno di plasma con donazioni interne, ma dipende per il resto dalle importazioni, soprattutto dagli Stati Uniti. Questo crea una forte vulnerabilità nella filiera e mette a rischio le cure e la loro continuità. Per questo è importante investire con convinzione e lungimiranza nella raccolta etica e autonoma di plasma".
La Commissione europea, nell’inserire recentemente i plasmaderivati nella 'Union list of critical medicines', riconoscendoli come farmaci essenziali, ha "finalmente messo la loro produzione e la loro disponibilità tra le priorità dell'Europa per evitare nuove carenze, promuovere la collaborazione tra i Paesi e, soprattutto, per investire di più nella raccolta di plasma e nella produzione europea. E' un passo avanti che dà speranza - conclude Segato - ma che ci ricorda anche quanto sia importante proteggere e sostenere tutto il sistema che rende possibili queste cure salvavita, a partire dalla donazione: questi farmaci non si possono creare in laboratorio perché derivano dal plasma umano, da un gesto di generosità".
Leggi tutto: Plasmaderivati, Segato (Aip): "Ogni interruzione di fornitura un salto nel buio"

(Adnkronos) - "Chiediamo di avere sicurezza, certezza e continuità nella terapia. Durante il Covid abbiamo capito che tutto ciò non è affatto scontato, non è affatto certo, e che la disponibilità di plasma dipende molto dai donatori italiani e, soprattutto, dal mercato internazionale, in particolare da quello americano. Per questo chiediamo una programmazione stabile sulla disponibilità di immunoglobuline, per gestire eventuali carenze o situazioni critiche. Al contempo, chiediamo una maggiore valorizzazione della donazione volontaria, gratuita e ripetuta da parte dei donatori italiani, con una forte azione di stimolo affinché questa pratica continui e cresca". Così Massimo Marra, presidente Cidp Italia - Associazione pazienti con neuropatie disimmuni, partecipando oggi al digital talk dedicato al tema della disponibilità di plasma in Italia, realizzato da Adnkronos.
"I pazienti che rappresentiamo - spiega Mara - sono persone affette da polineuropatia cronica infiammatoria demielinizzante e neuropatie disimmuni", che derivano cioè da un'alterazione del sistema immunitario, "e dipendono interamente dai plasmaderivati per mantenere la propria autonomia e, spesso, la propria qualità della vita". Centrale, per l'associazione, è raggiungere "l'autosufficienza nel fabbisogno di plasma, ma anche l'appropriatezza: ci sono pazienti in situazioni cliniche uguali che in alcune parti d'Italia hanno accesso alle immunoglobuline, mentre in altre no. Questo non è accettabile - afferma - Le regioni con una grande raccolta di plasma, quelle che superano i 23-24 kg per 1.000 abitanti, sono sostanzialmente autosufficienti nel consumo delle terapie". Ma esiste una grande differenza in questo dato tra il Centro-Nord e il Sud, dove il valore è più ridotto.
Infine, per Marra, serve "programmazione: sapere che il farmaco c'è e ci sarà. E' preoccupante - conclude - che a ottobre inoltrato non sia ancora stato approvato il Piano nazionale per l'autosufficienza del 2025".
Leggi tutto: Plasmaderivati, Marra (Cidp): "Programmazione stabile per evitare carenze"
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(Adnkronos) - Il dibattito sull'abolizione dell'ora legale è più che mai attuale, specialmente alla luce delle crescenti preoccupazioni per il benessere e la salute pubblica, come evidenziato dalle posizioni di alcuni leader europei. "Sebbene l'introduzione dell'ora legale sia stata storicamente motivata da politiche di risparmio energetico, una visione attenta alla salute suggerisce che i costi biologici per la popolazione potrebbero essere superiori ai benefici economici. Il cambio forzato dell'ora, pur spostando le lancette di soli 60 minuti, genera nell'organismo un fenomeno assimilabile a un 'mini jet lag'. L'essere umano", infatti, "è regolato dai ritmi circadiani, cicli biologici governati da un orologio biologico che sincronizza le funzioni corporee con i cicli naturali di luce e buio". Così all'Adnkronos Salute l'immunologo clinico Mauro Minelli e docente di Nutrizione umana alla Lum, intervenendo dopo le parole del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez che in un video pubblicato sui suoi canali social ha sentenziato "cambiare l'ora due volte all'anno non ha più senso", spingendo per una revisione.
L'alterazione del ritmo circadiano imposta dal cambio (tra sabato 25 e domenica 26 ottobre le lancette degli orologi andranno spostate dalle 3 alle 2 per il passaggio dall'ora legale a quella solare) "crea uno stato di allostasi, ovvero uno sforzo adattivo per l'organismo - spiega l'immunologo - Questa mancanza di sincronia tra l'orologio interno e l'ambiente esterno porta a: disagi psicofisici transitori: per alcuni giorni, una parte significativa della popolazione sperimenta stordimento, confusione, riduzione della capacità di concentrazione e un generale senso di malessere; alterazione della melatonina, l'ormone che regola il sonno, che peggiora la qualità del riposo". Ma non solo, secondo Minelli ci sono dei sintomi a catena: "I disturbi possono estendersi al sonno, con difficoltà ad addormentarsi, insonnia o sonno frazionato, e all'umore: ansia e alterazioni con tono dell'umore per lo più deflesso".
"Contrariamente a quanto si possa pensare - sottolinea Minelli - il nostro organismo sembra subire con maggiore difficoltà il passaggio primaverile (da solare a legale) piuttosto che il ritorno autunnale all'ora solare". L'ora solare (quella invernale) risulta più affine al nostro orologio biologico. "Un maggior numero di ore di buio nelle ore serali favorisce la naturale sintesi di melatonina, essenziale per un riposo di qualità. Dormire meglio, a sua volta, garantisce una maggiore concentrazione e migliori prestazioni fisiche e mentali nella vita quotidiana. L'esposizione alla luce - rimarca lo specialista - è il fattore primario che incide sui ritmi circadiani, e un'alterazione forzata di questo meccanismo può eccedere i limiti omeostatici, rischiando di condurre a conseguenze a lungo termine, come variazioni ormonali o turbe dell'umore. Se da una parte il risparmio energetico può essere considerato un elemento primario nelle politiche di ecosostenibilità, la crescente consapevolezza sui rischi associati alla rottura dell'omeostasi (l'equilibrio biologico) spinge a riconsiderare l'utilità dell'ora legale".
In conclusione, per Minelli "mantenere l'ora solare tutto l'anno significherebbe adottare un ritmo più in armonia con la biologia umana, minimizzando lo stress imposto dal doppio cambio annuale e garantendo una migliore qualità della vita, del sonno e delle performance cognitive per la maggior parte della popolazione".
"Forse - suggerisce l'immunologo - è il tempo di ascoltare le esigenze del nostro corpo e ripensare se non all'effettiva utilità dell'ora legale alla primarietà delle scelte tra salute pubblica e beneficio energetico sempre più discutibile, considerando, ma è solo un esempio, che la diffusa adozione diffusa di tecnologie a basso consumo come le lampadine a Led ha sensibilmente ridotto l'impatto energetico dell'illuminazione sul consumo totale".

(Adnkronos) - "E’ fondamentale far comprendere quanto sia importante non solo conoscere le regole in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche il fatto di sentire l'imperativo di vivere una vita sicura”. Per raggiungere l’obiettivo si devono “creare dei percorsi di informazione e formazione che partano dal mondo della scuola, rendendo i giovani protagonisti” e arrivino fino al mondo del lavoro, "perché si deve capire quanto è fondamentale non sottovalutare i rischi e i pericoli e investire sul lavoro regolare sicuro”. Lo afferma Marina Elvira Calderone, ministro del lavoro e delle politiche sociali, in occasione dell’evento organizzato da Inail e dedicato alle nuove strategie per la sicurezza nei luoghi di lavoro, svoltosi nel contesto della Settimana europea per la salute e la sicurezza sul lavoro organizzata dall’Eu-Osha.
Il lavoro regolare e il lavoro sicuro sono infatti per il ministro “due facce della stessa medaglia. Il nostro impegno sul fronte dei controlli, ad esempio, è anche quello di fare in modo che” le cattive condizioni lavorative “sia dal punto di vista contrattuale che retributivo, non amplifichino i rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori", puntualizza.
"Siamo impegnati sul territorio con le nostre unità ispettive, formate da ispettori, carabinieri e ispettori dell'Inps e dell’Inail, i cui numeri sono in aumento grazie alle recenti assunzioni, per fare in modo che, attraverso un'azione sinergica, il valore della sicurezza diventi patrimonio comune”, conclude.
Leggi tutto: Calderone: "Sicurezza su lavoro sia imperativo oltre che conoscenza regole"
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