Riconoscimento speciale per l'innovazione a Cala dei sardi... 
Ericsson ha inaugurato la sua nuova sede a Roma, nel quartiere Eur, con l’obiettivo di consolidare la propria presenza in Italia e accompagnare la trasformazione digitale del Paese.
La nuova struttura, collocata in Viale Beethoven, si inserisce nel processo di riorganizzazione e razionalizzazione delle sedi italiane del gruppo svedese, attivo nel Paese da oltre un secolo.
Alla cerimonia hanno partecipato l’Assessore all’Urbanistica di Roma Capitale Maurizio Veloccia, l’Ambasciatrice di Svezia in Italia Karin Höglund e il Presidente e Amministratore Delegato di Ericsson Italia, Andrea Missori.
“Questo trasferimento segna l’inizio di un nuovo capitolo per Ericsson in Italia, in cui rafforzeremo il nostro impegno verso operatori, imprese e istituzioni per costruire le reti 5G evolute di cui abbiamo bisogno per la digitalizzazione del Paese”, ha dichiarato Missori.
L’ambasciatrice Höglund ha sottolineato che “la nuova Casa Ericsson rappresenta la capacità di adattarsi e innovare continuamente, caratteristiche che da sempre contraddistinguono questa azienda”.
Spazi flessibili e certificazione Leed Gold
La sede si sviluppa su otto piani per una superficie complessiva di oltre 10.000 metri quadrati e ospita più di 900 professionisti. Gli ambienti sono stati ristrutturati in chiave moderna e sostenibile e hanno ottenuto la certificazione Leed Gold, che attesta elevati standard di efficienza energetica e attenzione al benessere dei dipendenti.
L’edificio dispone di circa 700 postazioni di lavoro, sale riunioni e aree collaborative progettate secondo il modello di lavoro agile già adottato da Ericsson dal 2018. È inoltre presente un Experience Center di oltre 400 metri quadrati, destinato a clienti, partner e istituzioni per conoscere le applicazioni più recenti del 5G, insieme a un Data Center di nuova generazione.
Un radicamento storico in Italia
Quella dell’Eur è la terza sede romana nella storia di Ericsson, dopo il primo insediamento in via Appia e il trasferimento negli anni Sessanta nel campus di via Anagnina. Il gruppo, presente in Italia dal 1918, opera anche con sedi a Milano e Napoli e con tre centri di ricerca e sviluppo a Genova, Pisa e Pagani (Salerno).
Con il nuovo hub capitolino, Ericsson intende proseguire la collaborazione con operatori, imprese e istituzioni, contribuendo all’evoluzione dell’ecosistema digitale italiano e allo sviluppo delle reti di nuova generazione.

“Il centenario di Palazzo Wedekind è un atto di restituzione al pubblico. È un palazzo che racconta la storia del Paese e la visione di un istituto. Il progetto nasce da questo focus e si concentra sul dialogo tra storia e arte contemporanea che qui non è un ornamento, ma un linguaggio civile”. Così l'avvocata Annalisa Bianco, curatrice del progetto che celebra l’acquisizione dello storico Palazzo da parte di Inps, partecipando a Roma, all’incontro ‘Palazzo Wedekind: 100 anni di futuro. Un’eredità che guarda avanti’. Il progetto, realizzato con la collaborazione di Valerio Dehò, ha proposto un percorso che intreccia arte, storia e innovazione, con le opere di luce del Maestro Raimondo Galeano proiettate sul colonnato. “Vogliamo dialogare anche con le nuove generazioni - afferma Bianco - Con l'installazione di Galeano vogliamo dire che quando la bellezza incontra l'istituzione genera futuro. E in questo momento - conclude - ne abbiamo veramente tanto bisogno”.

“Palazzo Wedekind è un pezzo della storia di Roma e questa è una celebrazione degli ultimi cento anni, una storia che si è intrecciata con la dimensione del potere, della vita quotidiana e con quella dei servizi. Per un'università radicata su Roma come la Luiss essere presenti a questa serata è un atto doveroso”. Lo ha detto Giovanni Orsina, direttore del dipartimento Scienze Politiche Luiss di Roma, in occasione dell’incontro intitolato ‘Palazzo Wedekind: 100 anni di futuro. Un’eredità che guarda avanti’, che celebra l’anniversario dell’acquisizione di Palazzo Wedekind da parte di Inps, svoltosi a Roma.
“Il nostro mondo sente negli ultimi anni anche la richiesta di protezione e di una gestione dell'economia globale. Gli studenti, negli ultimi anni, stanno cercando di capire meglio come funziona il mondo del pubblico, del welfare, della protezione, perché sta tornando ad essere un elemento centrale della nostra esistenza”, ha aggiunto Orsina.

Un aereo da trasporto militare turco C-130, con a bordo 20 membri dell’equipaggio, si è schiantato al confine tra Georgia e Azerbaigian sulla via del ritorno in patria. Lo ha reso noto il ministero della Difesa di Ankara in una nota diffusa su X, aggiungendo che le autorità turche hanno avviato un'operazione di ricerca e soccorso.
Il ministero dell'Interno georgiano aveva già confermato l'incidente, precisando che l’aereo si è schiantato a circa cinque chilometri dal confine di Stato con l’Azerbaigian. È stata aperta un’indagine per chiarire le cause dell’accaduto. Al momento non sono state diffuse informazioni su eventuali vittime.

Un vulnus procedurale che assoggetta l'operato del giudice a una scelta politica. E' quanto indicano i giudici della Corte d'Appello di Roma nell'ordinanza di remissione alla Consulta sul caso Almasri.
Nell'atto, come anticipato nei giorni scorsi dall'Adnkronos[1], i giudici chiedono in particolare alla Corte Costituzionale di esprimersi sulla costituzionalità della normativa che prevede che il procuratore generale debba attendere il parere del ministro della Giustizia prima di dare seguito alla richiesta della Corte Penale internazionale.
"La situazione di stallo procedimentale venutasi a creare non solo determina le violazioni dello Statuto di Roma ma potrebbe anche costituire - scrivono i giudici nell’ordinanza - una violazione del principio di soggezione del giudice alla sola legge in quanto l'attribuzione della discrezionalità politica al ministro della Giustizia nella procedura in esame assoggetta il giudice a una scelta discrezionale di natura politica, inibendone l'attività giurisdizionale di adempimento degli obblighi internazionali previsti dallo Statuto di Roma, secondo quanto richiesto dalla Cpi".
La questione di legittimità costituzionale sollevata lo scorso 30 ottobre dalla Corte d’Appello di Roma sul caso Almasri riguarda il fatto che “in mancanza di un atto del ministro della Giustizia che dia seguito alla richiesta della Corte penale internazionale di arresto e consegna” trasmettendo gli atti al Procuratore generale, “non consentono a quest'ultimo di adempiere all'obbligo di cooperazione con la Cpi chiedendo nei confronti della persona ricercata i provvedimenti indicati nella richiesta di cooperazione della Cpi. Tale vulnus all'obbligo di cooperazione con la Cpi - si legge nelle 10 pagine dell’ordinanza della Quarta sezione penale della Corte d’Appello di Roma, presidente Flavio Monteleone, consiglieri Francesco Neri e Aldo Morgigni - di conseguenza non consente a questa Corte di appello di deliberare sulle medesime richieste, che non possono essere presentate dal Procuratore generale non essendo state tramesse dal ministro della Giustizia, sebbene nel caso in esame la richiesta di cooperazione della Cpi sia stata oggetto di trasmissione diretta all'Autorità giudiziaria per il tramite dell'Interpol”.
"La questione di legittimità costituzionale, quindi, è rilevante per la Corte di appello di Roma, dovendo essere adottata una decisione per definire il procedimento riguardante una richiesta di cooperazione della Cpi non formalmente trasmessa dal ministro della Giustizia ma pervenuta”. Per i giudici “la questione risulta anche non manifestamente infondata, in quanto le menzionate disposizioni di legge ordinaria condizionano la trasmissione delle richieste di cooperazione della Cpi ad una scelta discrezionale e insindacabile in sede processuale del ministro della Giustizia, anche quando sussiste un obbligo convenzionale internazionale di cooperazione con la Cpi”.
Nel caso in esame, la legge per l'adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della Corte penale internazionale non prevede alcun rimedio ‘processuale’ per la mancata trasmissione da parte del ministro della Giustizia delle richieste di cooperazione della Cpi, con la conseguenza che l'Autorità giudiziaria non può adempiere agli obblighi dello Stato parte dello Statuto, che incombono anche su di essa quale espressione di un potere dello Stato parte, pur quando le richieste di cooperazione della Cpi le pervengono perché direttamente inoltrate dalla Cpi”. L’assenza “di rimedi procedimentali, quali quello della possibilità di procedere anche nei casi di trasmissione diretta dandone notizia al Ministro della giustizia, è particolarmente rilevante in considerazione dell'eccezionale gravità dei reati per i quali procede la Cpi, trattandosi di crimini di guerra e contro l'umanità che, come nel caso in esame, sono di regola relativi a migliaia di vittime”.
I giudici sottolineano infine che “per quanto consta dagli altri procedimenti di cooperazione pendenti e definiti presso questa Corte di appello di Roma su richiesta dell'Ufficio del Procuratore presso la Cpi e della stessa Cpi, il Ministro della giustizia ha sempre trasmesso tempestivamente le richieste di assistenza giudiziaria previste dallo Statuto, con la conseguenza che la situazione creatasi nel presente procedimento si pone come un unicum che ne impedisce la definizione, in mancanza della possibilità giuridica di adottare qualsiasi deliberazione in relazione ad un eventuale titolo detentivo riguardante il prevenuto che, ove rientrasse in Italia, non sarebbe assoggettato o assoggettabile ad alcun provvedimento de libertate per giustizia internazionale”.

Il 5G Standalone è arrivato anche in Italia, ma la strada verso la piena trasformazione digitale del Paese è ancora lunga. A sottolinearlo è Andrea Missori, presidente e amministratore delegato di Ericsson Italia e vicepresidente di Asstel, che in pochi giorni ha lanciato due messaggi chiari: prima a Milano, durante l’evento “Changing the Game”, poi a Roma, in occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’azienda all’Eur.
“Dobbiamo cambiare le regole del gioco – spiega all'Adnkronos –. L’Italia è indietro rispetto al resto d’Europa, e l’Europa è indietro rispetto a Stati Uniti e Asia, dove il 5G standalone è già la spina dorsale dello sviluppo tecnologico”.
“Fare sistema” per la nuova connettività
Il tema è quello della capacità di investimento delle Telco e della necessità di creare un ecosistema sostenibile. “L’Italia è un paese che può essere leader – sottolinea Missori – ma per farlo dobbiamo lavorare insieme: governo, regolatori, operatori, partner tecnologici e over the top. La connettività differenziata porterà valore solo se ci sarà un sistema coeso”.
A livello globale, solo 80 operatori su 633 hanno già lanciato servizi 5G standalone, e oltre il 90% del traffico è concentrato tra Stati Uniti, India e Cina. “In Europa – ricorda Missori – appena il 2% degli utenti ha oggi una connettività 5G Standalone. Dobbiamo colmare il divario e accelerare”.
Costi, regole e nuove priorità
Gli operatori italiani, ricorda Missori, “hanno pagato le frequenze più care al mondo” – oltre 6,5 miliardi di euro nel 2018 – e ciò ha frenato la possibilità di investire nelle nuove reti. “Non possiamo tassare ulteriormente l’industria. Dobbiamo invece creare un contesto regolatorio che la sostenga”, spiega l’ad di Ericsson, in linea con quanto ribadito a Milano dagli amministratori delegati di Tim, Iliad, Vodafone-Fastweb e WindTre.
Per Missori, il rinnovo delle frequenze del 2029 deve essere legato a un impegno di costruzione delle reti, non a un nuovo onere economico. E le regole sulla net neutrality vanno aggiornate: “La vecchia neutralità della rete non si applica al paradigma del 5G Standalone. Serve una versione più agile, che consenta connettività differenziata e servizi specializzati”.
L’impatto industriale e sociale
Il 5G standalone, spiega Missori, “non è solo un salto tecnologico, ma un motore di trasformazione industriale”. Dalla telemedicina alla mobilità autonoma, dalla manifattura intelligente al gaming immersivo, i casi di successo non mancano: “Negli ospedali di Singapore si fanno chirurgie da remoto, a San Francisco i taxi si muovono senza autista, in Grecia (ripeto: in Grecia) la connettività FWA premium sta rivoluzionando il turismo e i servizi digitali. Anche l’Italia deve fare il salto”.
Un tema cruciale riguarda la sanità digitale: “La migrazione interregionale in Italia sta mettendo in crisi il sistema sanitario. Quante di quelle persone che si spostano da Reggio Calabria a Milano potremmo gestire da remoto grazie al 5G Standalone? Serve una strategia di comparto, in cui ospedali, ministeri, operatori e investitori lavorino insieme”.
Il ruolo dell’Europa e la sfida industriale
Sul fronte europeo, Missori cita i rapporti Letta e Draghi consegnati al Consiglio e alla Commissione von der Leyen, che indicano le telecomunicazioni tra i pilastri strategici della nuova competitività. “Mi piacerebbe – osserva – che le aziende europee ricevessero lo stesso tipo di supporto che americani, cinesi o indiani hanno nei rispettivi Paesi. In Europa abbiamo i campioni tecnologici, ma serve un contesto favorevole”.
Ericsson, che in Italia impiega migliaia di professionisti e guida numerosi progetti di ricerca e sviluppo, “è pronta a fare la sua parte – conclude Missori – ma occorre visione, ambizione e il coraggio di cambiare le regole. Gli italiani hanno sempre saputo innovare: è il momento di farlo di nuovo, insieme”.

Il ritratto della virtù a tavola. Gli italiani - e i lombardi - descrivono le proprie abitudini alimentari con un certo ottimismo: l'87% dei connazionali si dice attento alla salute, percentuale che sale al 90% in Lombardia. Più della metà della popolazione del Belpaese (54%) ritiene di mangiare "in modo equilibrato", dato che sale al 57% tra i lombardi. Un terzo (33% Italia, 34% Lombardia) afferma di mangiare "tanto ma non troppo", e solo una piccola quota ammette di mangiare "troppo" (7% Italia, 4% Lombardia) o "poco" (6% Italia, 5% Lombardia). L'87% si considera abbastanza o molto attento a ciò che mangia (e in Lombardia è pure più alta la fascia di chi si dichiara "molto attento", che raggiunge il 42% contro il 37% nazionale). Questa la foto scattata da un sondaggio realizzato da Osservatorio Metropolitano di Milano con Renato Mannheimer e presentato oggi in Regione Lombardia.
Per non parlare del menu: gli intervistati, mostrando anche un consolidato 'vocabolario' della salute a tavola, dichiarano interesse per prodotti senza conservanti (70% dato identico per Italia e Lombardia), a km 0 (69% Italia, 67% Lombardia) e bio (52% a livello nazionale, 50% in Lombardia). Molti dichiarano di preferire cibi freschi, tracciabili e italiani, leggono le etichette e spendono più che in passato per alimenti di qualità. Si nota infine una tendenza a mangiare meno proteine animali (27%), a far ricorso a ricette italiane (40%) e a preparare i pasti in casa (59%). La ricerca, spiega Carla De Albertis, responsabile Sociale e Cultura di Osservatorio Metropolitano, "offre l'immagine della 'percezione' che le persone hanno della loro alimentazione. Messa a confronto con "i dati reali, quelli clinici", permette "di individuare le discrepanze" e dunque "gli aspetti critici sui quali intervenire con un'attività di educazione alimentare". Il sondaggio, condotto su un campione rappresentativo per sesso, fasce d'età e di reddito di 3.000 soggetti, dei quali 509 residenti in Lombardia, mette a confronto il dato nazionale con quello lombardo, rivelando una sostanziale uniformità dei due campioni.
Ma cosa emerge al banco di prova della realtà clinica? Per esempio che "nel 2023 in Italia si sono registrate 395.000 nuove diagnosi di tumore, di cui 50.500 al colon", osserva Costanza Alvisi, direttore della Struttura complessa di Endoscopia digestiva dell'Asst di Pavia. E proprio "un'alimentazione scorretta è tra le principali cause di diabete, obesità, malattie cardiovascolari e tumori, in particolare del colon-retto, la seconda causa di morte oncologica in Italia. Circa il 40% di tutti i tumori sono prevenibili a partire dalla correzione di stili di vita sbagliati (dieta povera e ipercalorica, sovrappeso, alcol, fumo e sedentarietà). Anche la malattia da reflusso gastroesofageo, legata a cattive abitudini alimentari, colpisce il 25% degli adulti. Ricordo poi il ruolo centrale del microbiota intestinale, il cui equilibrio è fortemente influenzato dall'alimentazione e può incidere sul rischio di obesità e infiammazioni croniche".
Da obesità bimbi a malattie legate a stili vita scorretti, cosa dicono i dati sul campo
E poi c'è il dato sull'obesità in aumento tra i bambini ad allungare un'ombra sul 'ritratto felice' di una popolazione attenta a tavola. "La Lombardia, insieme al Trentino, è tra le regioni più virtuose - premette Evelina Flachi, biologa, specialista in scienza dell'alimentazione e presidente Fondazione Fei (Food Education Italy) - ma nella nostra regione ancora 4 adulti su 10 risultano in sovrappeso o obesi, con una maggiore prevalenza tra gli uomini (52%) rispetto alle donne (34%). Tra i bambini si osserva un aumento dell'obesità, a fronte di una diminuzione del sovrappeso e di un netto miglioramento dell'attività fisica rispetto alla media nazionale. Inoltre, circa 700.000 lombardi convivono con il diabete, una delle patologie più strettamente correlate all'eccesso ponderale. Molte delle patologie legate alla scorretta alimentazione possono derivare anche dall'errata interpretazione della dieta mediterranea, che non vuole dire sacrificio, ma conoscenza dei nutrienti di cui il corpo ha bisogno, mangiando con varietà, equilibrio e moderazione, possibilmente nella convivialità".
La Regione Lombardia, interviene Elena Lucchini, assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità, "vuole favorire chi si impegna in un percorso virtuoso che, oltre alla consapevolezza di una sana alimentazione, sappia far comprendere il valore dell'origine del cibo e il suo significato legato alla condivisione e all'accudimento del prossimo". Anche le farmacie possono essere alleate per la prevenzione: "Ogni giorno - ricorda Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia - accolgono oltre 800.000 cittadini e offrono servizi che vanno ben oltre la dispensazione dei farmaci, dalla telemedicina agli screening di prevenzione. Promuovere una sana alimentazione e stili di vita corretti è parte integrante della nostra missione, perché prevenzione e benessere nascono dall'equilibrio tra nutrizione, attività fisica e attenzione costante alla salute dei cittadini".
C'è infine l'aspetto sociale: molti studi, conclude Rosaria Iardino, presidente di Fondazione The Bridge, "indicano come le problematiche legate alla scorretta alimentazione siano più presenti nelle fasce più fragili ed economicamente deboli. Oltre al fatto culturale dell'educazione alimentare, è necessario anche un intervento di concreto sostegno da parte delle istituzioni".

Sono pochi gli italiani che sanno farsi orientare nelle scelte degli alimenti dalle informazioni presenti sulle confezioni. Solo il 17%, per esempio, riconosce le fonti di zuccheri nelle etichette. Un aiuto per 'mangiare informati' arriva dal nuovo Glossario della Federazione delle società italiane di nutrizione (Fesin) 'Alimentazione e nutrizione in parole', che sarà presentato domani all'Istituto superiore di sanità. "Essere consapevoli di ciò che mangiamo è il primo passo per alimentarsi in maniera sana", spiega Laura Rossi, direttrice del reparto Alimentazione, nutrizione e salute dell'Iss, che sottolinea l'utilità del glossario: "Uno strumento pensato per i professionisti, ma che possiamo considerare al servizio di tutti i cittadini".
Il glossario, continua Rossi, "torna dopo 15 anni in una versione aggiornata che include 200 termini, circa il doppio della precedente edizione, ed è il frutto del lavoro condiviso da oltre 40 esperti provenienti dal mondo della clinica, dell'accademia e della ricerca. Si tratta di uno strumento ancora più prezioso se si pensa che le conoscenze nutrizionali della popolazione italiana sono mediamente basse, a partire dalla quantità del consumo dei diversi nutrienti, fino alla capacità di leggere e interpretare correttamente un'etichetta nutrizionale. I numeri parlano chiaro: solo il 22% della popolazione sa che bisogna consumare almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura e appena il 16% è consapevole del fatto che i carboidrati devono costituire la base dell'alimentazione quotidiana. Neanche la metà del campione intervistato, secondo uno studio recente condotto su quasi 3.000 adulti, sa che il pesce andrebbe consumato 3 o 4 volte a settimana. Ancora di meno, poi, sono quelli che sanno farsi guidare dalle etichette".
Per Russo "questi risultati evidenziano una fragilità informativa diffusa, che si riflette in abitudini alimentari spesso errate. Alla luce di questo scenario, il Glossario Fesin rappresenta anche uno strumento di alfabetizzazione scientifica capace di tradurre in parole comprensibili i concetti della nutrizione moderna. I termini come 'integrale', 'funzionale', 'probiotico' o 'light' vengono spiegati con rigore scientifico, ma in modo accessibile, aiutando i cittadini a decodificare il linguaggio del marketing alimentare e a leggere in modo consapevole le etichette nutrizionali".
'Iniziativa in linea con la nostra vocazione all'alfabetizzazione scientifica'
"Abbiamo voluto promuovere quest'iniziativa all'Iss - aggiunge Rossi - perché l'abbiamo sentita in linea con la nostra vocazione all'alfabetizzazione scientifica che consideriamo uno dei passi più importanti per la sostenibilità e la tutela della salute pubblica che sono parte integrante della nostra missione".
Non è un caso, infatti, che i ricercatori siano "componente essenziale della redazione di Issalute, il nostro portale al servizio di tutta la collettività, perché siamo convinti che l'alleanza con i cittadini, per promuovere le buone pratiche di salute basate sull'evidenza, sia necessaria. E che la crescita della conoscenza va sempre di pari passo con la crescita dell'equità in salute", conclude.

Una rottura necessaria, un imperativo categorico. La seconda edizione del Brand Journalism Festival, promosso da Social Reporters, ha imposto un dibattito radicale sul panorama mediatico e imprenditoriale, evidenziando l'urgenza ineludibile di un nuovo patto tra informazione e impresa. L'evento, intitolato "Oltre la polarizzazione: un nuovo patto tra informazione e impresa", si è configurato come un momento di profonda analisi, chiamando a ridefinire il ruolo del racconto aziendale. L'obiettivo non è più solo comunicare, ma costruire un dialogo basato su autenticità, competenza e senso di verità, superando la logica del "giornalismo contro" e del mero "comunicato patinato".
Il Festival ha evidenziato ancora una volta che il dialogo tra chi produce contenuti e chi produce valore non è una scelta, ma una necessità culturale e professionale per la tenuta del tessuto sociale. La seconda edizione ha registrato oltre 200 presenze in sala e più di 500 adesioni complessive, a conferma dell’interesse crescente verso un approccio autentico e responsabile alla comunicazione. In un contesto di overload digitale, dove sono soprattutto i giovani a cercare significato - come evidenziato anche dai risultati dell’Osservatorio GenerationShip 2025 di Unipol - il Brand Journalism si afferma come un atto culturale di responsabilità, indispensabile per restituire verità al racconto e consapevolezza al pubblico.
Nel corso della giornata è stata presentata anche la ricerca di Ipsos "Politica e comunicazione al tempo del Fact-Checking" - realizzata proprio in collaborazione con il Brand Journalism Festival - che ha fornito un quadro limpido delle sfide attuali. L'indagine ha messo in luce una fiducia nell'informazione fragile e frammentata: il 64% degli italiani ha dichiarato una diminuzione della propria fiducia nelle fonti negli ultimi cinque anni. Il dato più critico è la percezione di manipolazione: il 54% degli intervistati ritiene che le notizie veicolate dai media siano spesso intenzionalmente distorte per sviare il pubblico. Questo clima di sospetto è acuito dalla tendenza a chiudersi in "eco-chambers" politiche, con il 55% degli italiani che parla principalmente con persone dalle opinioni politiche affini. Di conseguenza, gli orientamenti politici sono vissuti innanzitutto come elemento identitario, di natura “clanica”, con il voto basato sulla generica vicinanza o sulla logica oppositiva, piuttosto che su valutazioni razionali.
In questo scenario un ruolo cruciale lo gioca il Brand Journalism: su ambiti tematici come innovazione tecnologica o campagne di sensibilizzazione su temi sociali e ambientali, le aziende iniziano ad essere percepite come fonti potenzialmente affidabili. “Il Brand Journalism, quando è autentico, non è marketing mascherato, ma un atto culturale di responsabilità”, ha dichiarato Ilario Vallifuoco, curatore e fondatore del Festival. “Significa che un’impresa sceglie di interpretare il proprio tempo, di raccontare non solo se stessa ma il contesto in cui opera, con linguaggi e strumenti giornalistici. In un’epoca in cui l’intelligenza artificiale produce contenuti e le piattaforme amplificano tutto, il valore sta nel senso, non nella quantità”.
Con lo sguardo già proiettato al futuro, il Brand Journalism Festival svela le prime anticipazioni sull’edizione 2026: un laboratorio permanente in cui il racconto d’impresa si trasformerà in autentica sperimentazione culturale. Il dialogo dunque si trasforma in strumenti di lavoro concreti per generare fiducia, senso e impatto in ogni storia raccontata. L’appuntamento è già segnato: un anno per prepararsi a scrivere, insieme, le nuove frontiere del giornalismo d’impresa.
Il Brand Journalism Festival è l’evento di riferimento in Italia per giornalisti, editori, aziende e appassionati di storytelling corporate e comunicazione innovativa. Promosso da Social Reporters, il Festival unisce giornalismo e comunicazione d’impresa per creare narrazioni autentiche, trasparenti e responsabili, offrendo talk, workshop e case study per esplorare le nuove frontiere del racconto d’impresa e promuovere un approccio etico e generativo alla comunicazione.

Si è aperto oggi a Roma il confronto tra Assosistema Confindustria e le organizzazioni sindacali per il rinnovo del Contratto collettivo nazionale di lavoro delle lavanderie industriali, delle centrali di sterilizzazione e dei servizi medici affini, relativo al triennio 2026–2028. Un appuntamento importante per l’intera filiera, che arriva in un momento particolarmente delicato per il settore, ancora alle prese con le conseguenze economiche e strutturali delle crisi degli ultimi anni.
Il rinnovo contrattuale riguarda 30.000 addetti, compresi i lavoratori stagionali del comparto, e interessa un settore che sviluppa un fatturato complessivo di circa 1,9 miliardi di euro. Un comparto strategico per la sanità pubblica e privata, per l’hotellerie e per i servizi industriali, che garantisce ogni giorno continuità operativa e standard di sicurezza essenziali nei contesti più sensibili del Paese.
“L’avvio di questa trattativa – dichiara Matteo Nevi, direttore generale di Assosistema Confindustria – si colloca in un contesto complesso, segnato da criticità che vanno ben oltre la volontà e la capacità di intervento delle imprese. Parliamo di dumping contrattuale, delle rigidità introdotte dal nuovo Codice degli Appalti, del mancato adeguamento dei corrispettivi nei contratti pubblici e del peso del costo dell’energia, che in Italia rimane fra i più alti d’Europa. Sono fattori che minano la tenuta economica delle aziende e rischiano di rendere insostenibile qualsiasi incremento del costo del lavoro non accompagnato da una revisione strutturale del sistema".
Le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali – pari a 225 euro sul trattamento economico complessivo, cui si aggiungono aumenti dei contributi per i fondi di assistenza sanitaria e previdenziale e ulteriori giornate di permesso retribuito – determinerebbero un impatto economico insostenibile per un settore che opera in un mercato fortemente competitivo, in larga parte regolato da gare pubbliche con prezzi fissi e non revisionabili. “Siamo consapevoli dell’importanza del dialogo e del ruolo della contrattazione collettiva – prosegue Nevi – ma non possiamo ignorare che oltre l’80% degli appalti pubblici del settore è stato già bandito senza clausole di revisione prezzi. Questo significa che ogni aumento del costo del lavoro ricadrà interamente sulle imprese, senza possibilità di compensazione. È una situazione che richiede un’assunzione di responsabilità da parte di tutti, comprese le centrali di committenza e il legislatore".
A chiudere i lavori della prima giornata di confronto è stato Adriano Rubbi, capo delegazione di Assosistema Confindustria, che ha sottolineato la necessità di affrontare la trattativa con realismo e spirito costruttivo: “Quello che abbiamo chiesto oggi ai sindacati e ai loro delegati è un atto di responsabilità verso la situazione che stanno vivendo le nostre imprese. Ma soprattutto abbiamo chiesto di avviare il negoziato sulle nostre proposte di innovazione del contratto. Abbiamo bisogno di un contratto più snello, che riesca a intercettare le esigenze mutevoli del settore; un contratto più flessibile nella gestione del personale, che permetta un percorso di ingresso per i nuovi assunti e che consenta di recuperare produttività. Solo così possiamo costruire un sistema equilibrato, sostenibile e capace di guardare al futuro”.
Rubbi ha inoltre aggiunto: “Ci saremmo aspettati, in una piattaforma di rinnovo, che anche il sindacato ponesse al centro non solo il tema degli aumenti salariali, ma anche quello dell’aumento della produttività e della competitività del settore. È questa la vera sfida che abbiamo davanti: coniugare crescita e sostenibilità economica per mantenere il contratto un riferimento stabile e applicabile a tutta la filiera”. Assosistema Confindustria ribadisce la necessità di un rinnovo contrattuale sostenibile, moderno e inclusivo, capace di preservare la tenuta del contratto e di garantire equilibrio tra competitività, qualità del servizio e tutela dei lavoratori. “Il nostro obiettivo – conclude Nevi – è difendere un contratto che resti il punto di riferimento del settore, evitando che la crescita del costo del lavoro determini una deriva verso altri contratti collettivi o modelli organizzativi distorsivi. Solo un approccio realistico e condiviso potrà assicurare continuità e stabilità a un comparto industriale strategico per la sanità e per i servizi del Paese”.

"Per Canon l’intelligenza artificiale non è un fine, ma uno strumento al servizio della creatività e della responsabilità. È un alleato che aiuta i professionisti dell’immagine, dal narratore visivo allo stampatore, a migliorare le proprie performance e a esprimere al meglio la propria sensibilità narrativa". Ad affermarlo è Giada Brugnaro, corporate & marketing communications professional di Canon Italia, intervenuta al Brand Journalism Festival 2025 a Roma, sottolineando come la tecnologia, se guidata da valori etici e sostenibili, possa diventare un motore di innovazione e di impatto sociale positivo.
Brugnaro ha spiegato che per Canon l’intelligenza artificiale è integrata all’interno delle soluzioni di imaging e printing per ottimizzarne l’efficienza, ma anche per ampliare le possibilità espressive di chi le utilizza: "L’intelligenza artificiale, dal machine learning all’AI predittiva, ci permette di rendere i nostri prodotti sempre più performanti, ma il nostro obiettivo resta quello di supportare l’essere umano nella sua capacità di raccontare e di creare. È proprio l’imperfezione, quella umana, a rendere unico ogni progetto".
La portavoce di Canon ha poi ricordato l’impegno dell’azienda sul fronte della sostenibilità e della responsabilità sociale, valori integrati in ogni iniziativa del gruppo: "Lo facciamo anche attraverso progetti concreti come World Unseen, dove la tecnologia prende vita per realizzare progetti unici a supporto del nostro ambiente oppure a supporto della società. Ne è un esempio il progetto Coral Spawning International per studiare la riproduzione sessuata dei coralli e favorire la rigenerazione delle barriere coralline, laddove abbiamo avuto dei drammatici effetti di sbiancamento negli ultimi decenni. Con l’associazione Nature Seychelles abbiamo realizzato un impianto per reinsediare i coralli nelle aree colpite dallo sbiancamento". In questo modo, ha concluso Brugnaro, "la tecnologia di imaging diventa un mezzo di analisi e ricerca scientifica, ma anche uno strumento di narrazione capace di raccontare e sensibilizzare il pubblico".

“La comunicazione d’impresa deve poggiare su due pilastri fondamentali: credibilità e coerenza. È da qui che nasce Disractive, un programma che abbiamo lanciato per dare voce e risposte concrete ai temi della fragilità, dei disturbi alimentari e della disabilità”. Così Vittorio Fiore, corporate communication and sustainability director Lactalis Italia, durante la seconda edizione del Brand Journalism Festival che si è svolta a Roma, ponendo l’accento sul ruolo sociale della comunicazione aziendale e sull’importanza di creare alleanze tra imprese per affrontare insieme le grandi sfide del nostro tempo.
Fiore ha spiegato che il progetto Disractive nasce da anni di ascolto dei territori e delle persone che gravitano intorno all’azienda: “Abbiamo rilevato un bisogno reale di attenzione verso la fragilità in tutte le sue forme. Disractive significa essere attivi su tutto ciò che è “dis”: disturbi, disabilità, disagio. È un programma che vuole costruire consapevolezza e dare strumenti concreti attraverso il coinvolgimento di operatori specializzati e realtà sociali competenti”.
L’obiettivo, ha sottolineato Fiore, è quello di mettere in rete competenze e sensibilità diverse, creando una comunità di imprese impegnate nella costruzione di un tessuto sociale più inclusivo. “Le aziende, unendosi, possono fare la differenza – ha aggiunto –. Noi di Lactalis abbiamo scelto di non limitarci a parlare di sostenibilità, ma di renderla un’azione concreta, con delle risposte che passano attraverso operatori del settore, perché noi non siamo capaci di intervenire su temi così delicati, ma mettiamo a disposizione il nostro impegno e l'impegno delle nostre persone. Il Brand Journalism Festival rappresenta per noi il contesto ideale per ribadire questo nostro impegno e per invitare altre realtà a unirsi al progetto. Solo così potremo affrontare insieme un problema complesso come quello della fragilità e dei disturbi alimentari”.

"Iliadship è il nostro progetto per sostenere l’istruzione universitaria specialistica e accompagnare i giovani in un percorso di crescita personale e professionale". Lo ha dichiarato Michele Rillo, chief of staff and external affairs director iliad, intervenendo al Brand Journalism Festival 2025 che si è tenuto al Talent Garden di Roma. L'evento ha riunito giornalisti, comunicatori, manager e accademici per riflettere sul ruolo del racconto d’impresa nella costruzione di una comunicazione più responsabile.
"Ogni anno – ha spiegato Rillo – selezioniamo dieci ragazze e ragazzi che stanno per iniziare un corso di laurea specialistica in un’università italiana. A ciascuno viene assegnata una borsa di studio da 15.000 euro e un programma di esperienze extra-universitarie, con attività di mentorship, visite in azienda e formazione non accademica. Siamo alla terza edizione, con già 30 giovani a bordo del progetto, e il nostro obiettivo è continuare a sostenerlo a lungo, creando una community capace di autoalimentarsi e di portare avanti i valori di iliad".

“Un gruppo come il nostro deve imparare a comunicare anche alle nuove generazioni, utilizzando i loro linguaggi e strumenti”. Queste le parole di Fernando Vacarini, responsabile media relations, corporate reputation and digital Pr Gruppo Unipol, intervenuto alla seconda edizione del Brand Journalism Festival a Roma, evento ideato da Ilario Vallifuoco e promosso da Social Reporters, con Unipol come main partner.
Vacarini ha spiegato come la scelta di sostenere per il secondo anno consecutivo il Festival nasca dalla volontà di rafforzare un approccio comunicativo più inclusivo e contemporaneo: “Accanto ai metodi tradizionali, come i comunicati stampa e le media relations, utilizziamo strumenti digitali e il nostro progetto di brand journalism Changes, che racconta le tendenze del mercato. Per raggiungere le nuove generazioni occorre saper parlare loro con gli strumenti che preferiscono e, per fare questo, ci avvaliamo delle persone che hanno un'età anagrafica molto giovanile, quelle che appartengono alla cosiddetta generazione Z.”
Nel suo intervento, il manager ha anche sottolineato la necessità per i legacy media di “uscire dalla logica della polarizzazione” per recuperare il dialogo con i giovani: “Il contenuto di qualità è decisivo. I giovani si informano attraverso più fonti, ma spesso cercano conferme proprio nei media di qualità. Per questo occorre ricostruire un percorso virtuoso tra nuovi linguaggi e giornalismo tradizionale”.

"La nostra azienda oggi è integrata nei servizi, nella produzione e nella distribuzione lungo l'intera supply chain farmaceutica. Guardiamo al futuro partendo da radici profondamente solide, che affondano nell'esperienza maturata in sessant'anni". Lo ha detto Pierluigi Petrone, Ceo di Petrone Group, in occasione del 60esimo anniversario del gruppo: "Un traguardo importante, ma anche un bagaglio di cultura, di expertise e di know-how che abbiamo appreso e custodito grazie a chi è venuto prima di noi".
"Il nostro compito - continua Petrone - è trasferire, rafforzare e innovare questo patrimonio" simbolo di eccellenza italiana che continua a investire in innovazione, sostenibilità e crescita internazionale. "Stiamo incentivando la terza generazione che si sta affacciando alla ribalta e vogliamo continuare nel processo di internazionalizzazione che ci ha trasformati. Siamo passati da un'azienda regionale a una realtà nazionale - sottolinea il Ceo - e negli ultimi 15 anni abbiamo sviluppato una presenza internazionale che ci ha permesso di valorizzare quanto costruito da chi ci ha preceduti, ottimizzando e portando sul mercato competenze sviluppate nel tempo". Sul risultato "conta non solo il legame con la nostra città e la nostra regione, ma con tutto il Mezzogiorno - evidenzia il Petrone - Siamo una famiglia di farmacisti orgogliosa delle proprie origini e abbiamo scelto di continuare a investire in un territorio che, nonostante le difficoltà, sta rispondendo nella giusta direzione".
Napoli, osserva, "sta vivendo un momento molto bello, è una città che attrae talenti e trattiene risorse formate in un sistema universitario di grande valore. La Federico II ha appena celebrato gli 800 anni: è un patrimonio che vogliamo contribuire a valorizzare". Guardando al futuro, "la sfida è permettere alle eccellenze del territorio di restare e di sentirsi parte di un progetto che guarda ogni giorno non come punto di arrivo, ma come ripartenza. Oggi tanti giovani si affacciano con motivazione e orgoglio. A loro - conclude Petrone - vogliamo offrire opportunità concrete e una visione capace di guardare lontano".

Raffaele Palladino è da oggi, martedì 11 novembre, il nuovo allenatore dell'Atalanta. Il club bergamasco ha comunicato la notizia con una nota ufficiale: "Atalanta BC - si legge - è lieta di comunicare che il ruolo di responsabile tecnico della Prima Squadra è stato affidato a Raffaele Palladino, 41enne allenatore che ha al suo attivo - dopo gli inizi nelle squadre Under 15 e Primavera del Monza - 126 panchine fra i professionisti, di cui 73 con il Monza e 53 con la Fiorentina, alla guida della quale è arrivato al sesto posto con 65 punti nello scorso campionato di Serie A, raggiungendo anche la semifinale della UEFA Conference League 2024/2025". Per Palladino, un contratto fino al 30 giugno 2027.
Il comunicato dell'Atalanta annuncia anche i collaboratori del tecnico: "Lo seguiranno in nerazzurro Stefano Citterio (allenatore in seconda), Federico Peluso (collaboratore tecnico), Fabio Corabi (preparatore atletico), Nicola Riva (collaboratore preparatore atletico), Andrea Ramponi (match analyst) e Mattia Casella (match analyst)". E ancora: "Raffaele Palladino si avvarrà anche dei seguenti collaboratori già presenti sin da inizio stagione: Cristian Raimondi (collaboratore tecnico), Marco Savorani (preparatore dei portieri), Sabino Oliva (collaboratore preparatore dei portieri), Marcello Iaia (specialist analyst of performance), Stefano Brambilla (match analyst) e Andrea Vigni (collaboratore preparatore atletico). La famiglia Percassi, quella Pagliuca e tutto il Club rivolgono un caloroso benvenuto nella famiglia nerazzurra a mister Raffaele Palladino e ai suoi collaboratori".

Doveva essere un innocente spuntino a casa dei nonni, si è trasformato in un incubo. Un bambino di quattro anni è finito all'ospedale di Arezzo dopo aver mangiato alcuni biscotti 'speciali' al sapore di ... cannabis. Tutto è accaduto nella giornata di ieri: il piccolo, improvvisamente colto da un malore e da perdita di conoscenza, è stato trasportato d’urgenza al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Donato dal personale del 118. Le analisi hanno subito rivelato una presenza elevata di sostanze cannabinoidi nel sangue e nelle urine.
A quel punto è scattata l’indagine della Squadra Mobile di Arezzo. Gli agenti, ascoltando la madre del bambino, hanno scoperto che i dolci erano stati preparati qualche giorno prima dallo zio del piccolo. Una scoperta che ha aperto le porte a un’inchiesta lampo.
La perquisizione a casa dell’uomo, un trentenne incensurato ma già segnalato per consumo di droga, ha portato a una sorpresa degna di una serie tv: dietro l’abitazione, in un capanno, gli investigatori hanno trovato una serra artigianale ma perfettamente attrezzata, con lampade, ventilatori e fertilizzanti, destinata alla coltivazione di numerose piante di cannabis. Non solo. All’interno della casa sono stati sequestrati circa 600 grammi di marijuana già essiccata, oltre a una ventina di biscotti alla cannabis, conservati in freezer e identici a quelli ingeriti dal bambino.
Tutto il materiale è stato posto sotto sequestro per le analisi di laboratorio, mentre l’uomo è stato accompagnato in Questura. Su disposizione del Pubblico Ministero di turno, è stato arrestato per detenzione, coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti (art. 73 del D.P.R. 309/1990) e denunciato a piede libero per lesioni colpose.
Nel giudizio per direttissima celebrato oggi, l’arresto è stato convalidato; il processo proseguirà in un’udienza successiva, dopo la richiesta di un termine a difesa. Il bambino, fortunatamente, non sarebbe in pericolo di vita.

"La comunicazione nel pet care è molto complessa e affollata: la nostra sfida è essere sempre più semplici, diretti e trasparenti nel raccontare come i nostri prodotti possono davvero migliorare la vita degli animali". Ha detto Sara Faravelli, direttore comunicazione corporate Purina sud Europa, intervenuta al Brand Journalism Festival 2025 al Talent Garden di Roma.
"Credibilità e vicinanza sono elementi chiave – ha aggiunto Faravelli – per questo coinvolgiamo sempre più le nostre persone come veri e propri Purina ambassador, capaci di portare la loro voce ed esperienza nei progetti aziendali e nel racconto del legame tra persone e animali".
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