
(Adnkronos) - Achille Costacurta, figlio dell’ex calciatore Billy Costacurta e dell’attrice Martina Colombari, è l’ospite di questa settimana di Luca Casadei nel nuovo episodio del podcast “One More Time”. Nel racconto del 21enne, un’adolescenza complicata tra detenzione, TSO, droghe, rabbia e la diagnosi di ADHD, ma anche il tentativo di suicidio, un rapporto difficile con i genitori che da sempre lottano per aiutarlo e la sua voglia di riscatto oggi lontano dal caos di Milano.
Achille Costacurta ripercorre con Luca Casadei - nella puntata disponibile da oggi, venerdì 31 ottobre, in formato audio su OnePodcast e su tutte le piattaforme streaming e da martedì 4 novembre in versione video su Spotify e YouTube - quelli che sono stati i momenti più bui del suo passato soffermandosi su come è riuscito ad allontanarsi da quel vortice e a riprendere in mano la sua vita.
Sulla diagnosi dell’ADHD, il 21enne spiega: «In terza media non mi ammettono all’esame per il comportamento. Al liceo dopo 3 mesi mi sbattono fuori. Non mi avevano ancora diagnosticato l’ADHD, lo scopro a maggio dell’anno scorso perché andando in questa clinica in Svizzera, dopo aver esagerato con le sostanze, loro avevano già capito tutto senza farmi fare i test: 'tu ti volevi autocurare con la droga'. Il fatto che ho la fissa con il numero 5 e col numero 9, ho 500 progetti in testa che voglio fare. Il mio cervello non produce abbastanza dopamina. Io adesso prendo il Ritalin, nel primo mese che l’ho preso leggevo un libro in due, tre ore, scrivevo 40/50 pagine al computer in tre ore, robe che non riuscivo a fare prima. Da quando i miei genitori hanno fatto anche loro un corso genitoriale per l’ADHD, il nostro rapporto è cambiato da così a così. Prima in casa quando litigavamo, io andavo fuori, spaccavo porte. Da lì non è mai più successo perché loro ora sanno come dirmi un “no”».
Per quanto riguarda la droga e i TSO, Achille spiega: «Ho iniziato a fumare a 13 anni. Al compleanno dei miei 18 anni ho provato la mescalina. Una volta ho avuto una colluttazione con la polizia. Ero sotto effetto e ho fatto il matto su un taxi. Il poliziotto arriva, mi tira un pugno in faccia, io ero allucinato quindi l’ho spaccato di legnate. Lì dopo poco mi fanno il primo TSO, me ne hanno fatti 7. Il problema era che, quando me l’hanno fatto a Padova, perfetti, gentilissimi, a Milano mi hanno legato al letto per tre giorni perché gli ho dato un colpo sulla spalla. Urlavo che mi serviva il pappagallo, io ero legato, mani e piedi, tutto, e mi dovevo fare la pipì addosso. Quando sono andato in clinica in Svizzera mi hanno detto: “se fossi stato fuori altri 10 giorni saresti morto” perché hai il cuore a riposo a 150 battiti (..). La Svizzera da così a così, ti dicono: “Tu sei qua e puoi scegliere, se ti vuoi drogare c’è la strada, puoi andare e puoi fare quello che vuoi, vai. Se tu invece hai bisogno di una mano, vieni qua e noi ti aiutiamo”. Mi hanno fatto cambiar vita, grazie a loro io non mi drogo più. Il loro approccio ti fa capire veramente le cose importanti. Li ringrazierò per tutta la vita».
E sul suo tentativo di suicidio, il 21enne racconta: «Ho iniziato a spacciare fumo. Arrivata la quarantena, tutti chiusi in casa, fumo non ce n’è. A me riusciva ad arrivare comunque tramite dei canali, avevo creato una rete e mi hanno arrestato a 15 anni e mezzo. Quindi faccio il mio primo compleanno dei 16 anni lì, centro penale comunità terapeutica. Non ce la facevo più, aspetto la notte quando c’è un solo operatore ed entro in ufficio, lo distraggo e prendo le chiavi dell’infermeria. Lo chiudo dentro l’ufficio, lui con le sue chiavi riesce a uscire. Io però nel frattempo ero già in infermeria e prendo tutto il metadone che c’era, sette boccettine, mi chiudo in bagno e le bevo tutte, volevo suicidarmi. Arrivano i pompieri e sfondano la porta, poi l’ambulanza. Nessun medico ha saputo dirmi come io sia ancora vivo perché l’equivalente di sette boccettine di metadone sono sui 35, 42 grammi di eroina. La gente muore con un grammo»
Poi le parole sulla sofferenza dei suoi genitori: «Mia mamma ha pianto tanto. Mio papà l’unica volta che gli ho visto scendere una lacrima è stato quando mi hanno proprio portato via. Quando mi avevano fatto il depot, io tutti i giorni chiedevo di andare a fare l’eutanasia perché non avevo più emozioni e volevo morire. E lì l’ho visto piangere».
E ancora: «Il giorno che esco dalla clinica mi viene a prendere mio papà. C’era un doppio arcobaleno. Io li scoppio a piangere dalla gioia, dalla felicità, abbraccio fortissimo mio papà e gli dico: 'hai visto che ce l’abbiamo fatta, ho smesso, e ce la farò e continuerò. Ce lo sta dicendo pure il cielo. C’è il doppio arcobaleno ti rendi conto?”. È stato uno dei momenti più fighi. Anzi, dopo chiamerò mio padre per ricordarglielo».
Sulla sua vita oggi e sui suoi sogni futuri Achille è chiaro: «Sono fiero di me, del fatto che sono riuscito ad avere una certa consapevolezza. Tutti i miei traumi sono riuscito a buttarli giù. Non ho filtri, non mi vergogno di quello che mi è successo perché alla fine sono una persona normale. Ho imparato a non dimenticare quei traumi ma a farne tesoro. Avendo provato gli eccessi, ora ci sono poche cose che mi fanno veramente felice. Perché le sostanze stupefacenti ti fanno provare queste emozioni che non ritrovi. L’unica cosa che mi fa avere le farfalle nello stomaco come l’amore sono i ragazzi con la sindrome di down. Perché non l’hanno scelto loro. Non è una persona che si è drogata e adesso è in mezzo alla strada. È una persona che non ha scelto di nascere così. Io li devo aiutare. È una delle poche cose che mi fa essere troppo felice, Il mio obiettivo è creare centri con i miei ideali, con i cavalli per fare ippoterapia, viaggi che voglio far fare, day hospital che voglio creare, devono essere davanti al mare, ogni ragazzo deve avere il suo labrador che lo porta a fare il bagno, farli venire anche dall’Africa perché nella religione vudù se sei albino, se sei autistico, se sei down ti ammazzano».

(Adnkronos) - Dai controlli per le persone fragili assistite dalla Caritas diocesana di Roma ai pacchetti di prevenzione gratuita con ecografia, passando per il numero verde dedicato per ricevere informazioni e prenotare le visite. Sono alcune delle iniziative promosse dalla Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico di Roma con la campagna 'Novembre azzurro: la prevenzione è la tua mossa vincente'. Nel mese internazionale dedicato alla salute maschile la Fondazione ha messo a punto un ampio programma di screening, attività di informazione e iniziative solidali rivolte al benessere maschile. L'obiettivo è invitare a tenere un approccio più consapevole alla propria salute e diffondere la cultura della prevenzione, ancora troppo spesso trascurata dagli uomini.
Nello specifico la Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico metterà a disposizione 50 esami del Psa ed eventuale visita urologica, qualora necessaria, per gli assistiti dalla Caritas diocesana di Roma presso l'Hotel Divino Amore Casa del Pellegrino. Un modo per favorire l'accesso alla prevenzione da parte di alcune persone più vulnerabili e in condizioni di difficoltà economica segnalate dall'As Roma - di cui il policlinico è Official Medical Partner - parte della community coinvolta in via continuativa nei programmi di sostenibilità sociale del club giallorosso. Presso la sede centrale del policlinico a Trigoria sarà invece disponibile fino a esaurimento posti il pacchetto di prevenzione del tumore del rene con 50 ecografie renali gratuite, mentre al Campus Medical Center Porta Pinciana, in centro a Roma, si potrà aderire al programma di prevenzione del tumore della prostata che prevede 500 esami gratis del Psa e, anche in questa circostanza, visita urologica gratuita in caso di valori alterati.
Oltre a questi screening a costo zero, il Campus Bio-Medico
offre anche prestazioni ulteriormente scontate in 'Tariffa amica',
l'iniziativa di privato sociale che consente di accedere a visite e
prestazioni specialistiche a costi calmierati, in diverse
specialità tra cui cardiologia, tricologia, medicina dello sport,
ortopedia e odontoiatria, insieme a esami diagnostici come
l'ecografia addominale. Per tutto novembre, inoltre, sarà attivo il
numero verde 800.93.13.43, a cui potersi rivolgere per ricevere le
informazioni e prenotare le visite. Uno strumento molto semplice
pensato per rendere più accessibili le iniziative dedicate alla
salute maschile. Disponibili anche l'indirizzo e-mail
"Negli ultimi anni abbiamo visto come la prevenzione maschile venga troppo spesso trascurata - afferma l'amministratore delegato e direttore generale della Fondazione Policlinico universitario Campus Bio-Medico, Paolo Sormani - Con la campagna Novembre azzurro vogliamo rendere più facile questo passo, incoraggiando gli uomini a sottoporsi a controlli periodici grazie all'offerta di percorsi dedicati seguiti dai nostri professionisti e disponibili nei nostri diversi centri sul territorio. Il nostro impegno è fare in modo che ogni persona trovi nel Policlinico un luogo accogliente nel quale si possa sentire accompagnata con competenza in un gesto semplice ma decisivo per la propria salute".
"Nel nostro policlinico - ha aggiunto il direttore dell'Unità operativa complessa di Urologia, Rocco Papalia - la prevenzione è parte integrante della cura. Lavoriamo ogni giorno per garantire diagnosi precoci e terapie personalizzate, con l'utilizzo di tecnologie d'avanguardia e approcci mini-invasivi in grado di ridurre il dolore e migliorare la qualità di vita del paziente. Ma tutto parte da un gesto semplice: una visita urologica".
Accanto all'attività sanitaria, l'11 novembre torna l'incontro formativo sul tumore della prostata nell'ambito degli Education Box, il progetto del Policlinico Campus Bio-Medico che mette a disposizione spazi di confronto aperti a pazienti, familiari e caregiver. Con questo appuntamento medici e specialisti del policlinico approfondiranno temi legati alla prevenzione, alla diagnosi precoce e agli stili di vita salutari, fornendo informazioni pratiche su come favorire il benessere maschile anche attraverso comportamenti consapevoli e stili di vita corretti. Per l'intero mese tutte le varie strutture della Fondazione saranno anche allestite con il colore azzurro, simbolo della campagna, per invitare gli uomini a fare la propria 'mossa vincente' e a non rimandare.
Leggi tutto: 'Novembre azzurro', al Campus Bio-Medico Roma esami e visite per 'lui'

(Adnkronos) - "Un over 65 su cinque ha avuto almeno una caduta nell’ultimo anno, che nel 18% dei casi ha portato a una frattura e nel 16% a un ricovero ospedaliero". Lo affermano i dati della sorveglianza Passi d’Argento dell'Istituto superiore di sanità (Iss), relativi al biennio 2023-2024, secondo cui però "una quota rilevante di anziani, uno su tre, non utilizza presidi anticaduta come il tappetino in bagno, nonostante sia proprio la casa il luogo dove gli incidenti si verificano di più". Le cadute fra gli ultra 65enni sono avvenute per lo più all’interno della casa (54%) e meno frequentemente in strada (20%), in giardino (21%) o altrove (5%). Nel biennio 2023-2024 "il 20% degli intervistati ultra 65enni ha dichiarato di essere caduto nei 12 mesi precedenti l’intervista, di cui il 14% una sola volta e il 6% due o più volte. Nel 18% dei casi le cadute hanno causato una frattura e nel 16% dei casi è stato necessario il ricovero ospedaliero di almeno un giorno".
“Passi d'Argento – spiegano le responsabili della sorveglianza - rileva le cadute avvenute nei 12 mesi precedenti l'intervista, permettendo di monitorare anche eventuali eventi ripetuti che, oltre ad aumentare il rischio di fratture multiple, possono creare un circolo vizioso che indebolisce ulteriormente il fisico e la mobilità dell’individuo, riducendo gradualmente l’autonomia delle persone anziane”.
Le cadute fra gli ultra 65enni sono più frequenti con l’avanzare dell’età (le riferiscono il 15% dei 65-74enni e il 31% degli ultra 85enni), fra le donne (24% contro 15% negli uomini) e fra le persone con molte difficoltà economiche (29% contro 18% di chi non ne ha). Il 34% degli intervistati riferisce di avere paura di cadere, ma questa quota quasi raddoppia fra chi ha già vissuto questo evento. La paura di cadere cresce con l’età (è riferita dal 53% degli ultra 85enni), è maggiore fra le donne (43%), fra chi ha molte difficoltà economiche (50%) o bassa istruzione (45%) e fra chi vive solo (42%). La caduta è anche associata al malessere psicologico: la prevalenza di persone con sintomi depressivi fra le persone che hanno subito una caduta negli ultimi 12 mesi è del 17% (contro 7% del campione totale)".
La casa "non è percepita dagli anziani come un luogo a rischio di cadute: solo il 29% la reputa un luogo in cui la probabilità di avere un infortunio è alta o molto alta. Questa consapevolezza cresce con l’età (41% fra gli ultra 85enni), è maggiore fra le donne (34% contro 22% fra gli uomini) e fra le persone con molte difficoltà economiche (46%) o una bassa istruzione (34%)", si legge nel report.
Il 62% degli ultra 65enni riferisce di adottare il tappetino come presidio anticaduta nell’uso della vasca da bagno o della doccia, mentre è minore il ricorso ai maniglioni (22%) o ai seggiolini (17%). Tuttavia, complessivamente, solo il 67% degli intervistati ricorre all’uso di almeno uno di questi presidi anticaduta in bagno, mentre il restante 33% non li utilizza. L’uso di questi presidi è più frequente al crescere dell’età (tra gli ultra 85enni raggiunge l’81%), tra le donne (71%), fra le persone con maggiori difficoltà economiche (75%) e fra chi ha un basso livello di istruzione (76%).
"Ancora troppo bassa sembra l’attenzione degli operatori sanitari al problema delle cadute fra gli anziani: solo l’11% dichiara di aver ricevuto, nei 12 mesi precedenti l’intervista, il consiglio dal medico o da un operatore sanitario su come evitare le cadute - rimarca il report - L’analisi temporale delle cadute negli ultimi 12 mesi fra gli ultra 65enni, che nel biennio 2020-2021 aveva registrato una riduzione significativa seppur di piccola entità, torna ai livelli pre-pandemici negli anni successivi e nel 2024, la prevalenza delle cadute nei 12 mesi precedenti l’intervista è analoga a quella osservata nel 2016".
Leggi tutto: Anziani, 1 over 65 su 5 ha avuto una caduta nell'ultimo anno, nel 18% dei casi frattura

(Adnkronos) - "Solo metà dei centri oncologici italiani dispone di percorsi nutrizionali strutturati e accessibili in modo uniforme, con forti differenze territoriali: sono soprattutto i centri del Nord a esserne dotati. E nella metà dei casi la valutazione nutrizionale alla diagnosi non viene effettuata regolarmente e spesso è riservata solo ai pazienti con calo ponderale evidente, con neoplasie che compromettono l’alimentazione o in regime di ricovero. In quattro centri su dieci, inoltre, non vengono raccolte neppure le abitudini alimentari dei pazienti". Sono questi i principali risultati della survey 'Percorsi di screening nutrizionali in oncologia', che ha coinvolto un campione di 100 strutture oncologiche ospedaliere italiane e che sarà presentata al congresso nazionale dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, che si svolgerà a Roma dal 7 al 9 novembre prossimo. Inoltre, il 52% delle risposte proviene dai centri del Nord, il 29% dal Centro e il 19% dal Sud Italia: e anche questo è un segnale delle differenze territoriali che emergono dalla survey e che dipende dalla diversa concentrazione delle strutture oncologiche nel Paese. Promossa dal Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri (Cipomo), su proposta del Comitato Scientifico, l’indagine ha fotografato la presenza di percorsi nutrizionali, le modalità di valutazione dello stato nutrizionale e l’integrazione delle raccomandazioni nutrizionali nei servizi oncologici.
“Questi dati confermano che la nutrizione resta una delle aree più trascurate in oncologia, pur avendo un impatto diretto sugli esiti clinici – commenta Paolo Tralongo, presidente Cipomo e direttore dell’Oncologia Medica dell’Ospedale di Siracusa –. Come Collegio riteniamo prioritario uniformare l’accesso a percorsi nutrizionali dedicati, perché non può esserci una qualità di cura diversa a seconda del territorio. È un tema di equità e di diritto per tutti i pazienti oncologici”. “La malnutrizione, per difetto o per eccesso, rappresenta una delle sfide più rilevanti nella gestione del paziente oncologico – aggiunge Federica Grosso, responsabile scientifica della survey e oncologa presso l’Azienda ospedaliera universitaria di Alessandria –. Uno stato nutrizionale non adeguato, infatti, incide negativamente sulla qualità di vita, sulla tolleranza ai trattamenti, sulla prognosi e sui costi sanitari. Per questo abbiamo voluto realizzare questo lavoro: fotografare e misurare il problema significa renderlo evidente, sensibilizzare la comunità oncologica e promuovere interventi concreti per il futuro”.
Solo nella metà dei centri le indicazioni sulla corretta alimentazione vengono fornite in maniera sistematica, prevalentemente ai pazienti in terapia attiva o affetti da patologie che interferiscono con l’alimentazione. L’impiego di strumenti validati di screening (come Nrs-2002, Mna-Sf, Must, Mst), raccomandati dalle linee guida Espen e richiamati anche da Aiom, non è ancora diffuso in modo omogeneo. Inoltre, nella metà dei casi sono oncologi o infermieri a occuparsi dell’inquadramento nutrizionale, mentre la presenza di nutrizionisti e dietisti non è ancora garantita ovunque. La survey evidenzia inoltre che "la quasi totalità dei rispondenti ritiene utile disporre di materiale informativo esaustivo da fornire ai pazienti e avviare una presa in carico ambulatoriale dietologica con monitoraggio dello stato nutrizionale e prescrizioni personalizzate almeno per i pazienti a rischio".
“La valutazione nutrizionale precoce alla diagnosi non è ancora sistematicamente integrata nei percorsi oncologici italiani – spiega Grosso –. Tuttavia, un segnale positivo arriva dal consenso quasi unanime degli oncologi: il 99% dei partecipanti ritiene fondamentali progetti educazionali che integrino corretta alimentazione e attività fisica, un binomio complementare e interconnesso, due pilastri inscindibili della prevenzione e della cura, considerati una protezione contro sarcopenia, cachessia, depressione e deficit immunitario. È necessario rendere omogenee le pratiche e avviare una presa in carico dietologica strutturata, con monitoraggio e prescrizioni personalizzate almeno per i pazienti a rischio”.
“La realizzazione di ambulatori e percorsi nutrizionali dedicati – conclude Luisa Fioretto, past president Cipomo e direttore Dipartimento Oncologico Azienda USL Toscana Centro – rappresenta uno degli aspetti nodali affrontati partendo con le survey nell’ambito del Laboratorio Cipomo avviato nel precedente mandato. Un Laboratorio che a seguire della pubblicazione del Manifesto sul profilo delle nuove competenze dei primari di Oncologia, ha avviato un articolato processo di riconfigurazione dei nodi e percorsi organizzativi dei reparti di oncologia ospedaliera. Tutto ciò al fine di costruire nel Paese una offerta sanitaria oncologica al passo con una domanda sempre più complessa”.
“Questa survey indica con chiarezza la direzione da seguire – precisa Tralongo –: l’integrazione della valutazione e del supporto nutrizionale non può più essere considerata accessoria, ma parte integrante e sistematica del percorso oncologico. Per questo Cipomo, oltre a rafforzare la formazione degli oncologi e promuovere la creazione di ambulatori nutrizionali dedicati, intende farsi promotore di un impegno condiviso con Istituzioni, società scientifiche e associazioni di pazienti, per sviluppare modelli organizzativi omogenei, ambulatori nutrizionali dedicati e programmi formativi che tengano conto delle risorse disponibili”. “L’obiettivo è duplice – conclude Grosso –: garantire equità di accesso a tutti i pazienti sul territorio nazionale e rafforzare una cultura della prevenzione e della cura che riconosca nella nutrizione e nello stile di vita due alleati indispensabili contro la malattia oncologica”.
Leggi tutto: L'indagine, 'solo 50% centri oncologici ha percorsi nutrizionali accessibili'

(Adnkronos) - I tumori ginecologici impattano fortemente non solo sulla vita delle pazienti, ma anche su quella degli operatori sanitari. Difficoltà psicoemotiva e burnout colpiscono 4 professionisti su 10 che si devono occupare di queste neoplasie. Sono malattie che richiedono un impegno significativo e continuo sul piano sia clinico che psicologico. Per prevenire e contrastare tra i professionisti sintomi di esaurimento emotivo o di depersonalizzazione, Fondazione Aiom (Associazione italiana di oncologia medica) ha lanciato il primo progetto nazionale di educazione. Nelle scorse settimane sono state organizzate 5 lezioni online di formazione e sensibilizzazione rivolte ai clinici. Gli incontri hanno avuto l'obiettivo di riconoscere le diverse forme di disagio psicologico, fornire conoscenze della sindrome del burnout e proporre strategie per fronteggiare le problematiche. L'iniziativa 'Tumori ginecologici e burnout negli operatori sanitari' è stata realizzata grazie al contributo non condizionante di AbbVie e viene presentata oggi in una conferenza stampa online.
"Tra le varie sfide che l'oncologia moderna deve affrontare, vi è anche la tutela della salute psico-fisica di tutti coloro che assistono i pazienti - sottolinea Saverio Cinieri, presidente di Fondazione Aiom - Le neoplasie ginecologiche rappresentano un esempio emblematico di quanto sia difficile per un clinico trattare certe gravi malattie. Spesso le diagnosi sono tardive e quindi anche le possibilità di successo delle terapie si riducono notevolmente. Ciò è particolarmente valido nel carcinoma ovarico che colpisce in oltre il 90% dei casi donne over 40. Vi è poi un'alta mortalità che si riscontra ancora tra le pazienti e che porta costantemente gli operatori ad interfacciarsi con fonti di stress emotivo. Con le nostre lezioni online abbiamo voluto dare a tutti i professionisti uno strumento concreto d'aiuto".
"Tra le maggiori difficoltà riscontrate, vi è la costante necessità di dover comunicare notizie infauste a pazienti e caregiver - prosegue Gabriella Pravettoni, direttrice Divisione di Psiconcologia dell'Istituto europeo di oncologia (Ieo) di Milano e professoressa di Psicologia delle decisioni all'università Statale del capoluogo lombardo - L'esposizione continua alla sofferenza può determinare un esaurimento emotivo che è una delle componenti chiave del burnout. Lo stress determina inoltre conseguenze negative a molti medici. Tra le più frequenti vi sono l'abuso di alcol o la tendenza ad altri comportamenti non salutari, l'aumento di sintomi ansiosi e depressivi e più in generale una peggiore qualità di vita. Se non viene affrontato correttamente, e da professionisti preparati in modo adeguato, il burnout può influire negativamente anche sulle scelte terapeutiche dei clinici".
"Nel complesso le neoplasie ginecologiche fanno registrare nel nostro Paese ogni anno oltre 11mila nuovi casi - aggiunge Domenica Lorusso, professore ordinario di Ostetricia e Ginecologia alla Humanitas University e direttore del Programma di Ginecologia oncologica Humanitas San Pio X di Milano - Nel tumore ovarico i tassi di sopravvivenza sono al momento inferiori rispetto a quelli registrati in altri carcinomi femminili. Esistono alcuni fattori di rischio conclamati come la nulliparità, l'infertilità, l'obesità o altre neoplasie come quella mammaria. E' stato anche dimostrato un maggiore rischio di malattia in donne Hiv positive o colpite da lupus eritematoso sistemico. Negli ultimi anni sono state messe a punto terapie con meccanismi d'azione molto innovativi. Si tratta di una patologia che presenta dei profili molecolari diversi e non è sempre perciò facile trovare percorsi di cura appropriati. E' anche una forma di cancro che tende a ripresentarsi dopo essere già stata trattata con successo. La ricerca medico-scientifica deve trovare nuovi strumenti diagnostici-terapeutici per un tumore molto infido".
"Il burnout è un grave e sottovalutato fenomeno che interessa un numero crescente di professionisti sanitari - rimarca Cinieri - Tra i più esposti ai suoi gravi pericoli vi sono i giovani oncologi medici. Sono colleghi che vivono situazioni di grande disagio anche a causa della loro minore esperienza. A complicare la situazione vi sono poi le molte problematiche che affliggono l'intera sanità italiana, come i grandi carichi di lavoro o l'eccessiva burocrazia. Tutto ciò può compromettere il dialogo e la fiducia tra medici e pazienti che invece devono essere alla base di una buona assistenza socio-sanitaria. Per sconfiggere il cancro è importante anche contrastare tra gli oncologi lo scarso entusiasmo per l'attività lavorativa, lo scetticismo o la sfiducia verso le proprie competenze. E' questo l'obiettivo che ci siamo posti con il nostro progetto e proseguiremo con attività simili anche in altre neoplasie".
Leggi tutto: Neoplasie ginecologiche, il burnout colpisce 4 operatori sanitari su 10
Infortunio sul lavoro a Villacidro, nel sud Sardegna... 
(Adnkronos) - "Prevale la voglia di riportare questo club ad alti livelli". Si presenta così il nuovo allenatore della Juve Luciano Spalletti, alla vigilia del debutto in campionato contro la Cremonese. "Ho grande rispetto del lavoro di Tudor, che saluto caramente perché è una persona splendida. Sono sicuro di trovare una squadra allenata bene grazie all professionalità di Igor. Ovviamente dobbiamo lavorare in maniera importante per raggiungere le nostre ambizioni". Ambizioni chiare: "Spero di poter rientrare nel giro scudetto, se ne parlava ieri in spogliatoio. Dobbiamo puntare al massimo. Mancano 29 partite, sono tante e ne ho viste di tutti i colori in 30 anni di professione. Ora che sono quasi in fondo, perché sono una persona anziana, non vedo perché dovrei accontentarmi".
Spalletti fa anche alcune considerazioni sul livello della squadra: "Il valore della rosa a disposizione? Sta nel motivo per cui ho accettato di venire. Se non avessi creduto nelle potenzialità, perché avrei dovuto accettare un contratto di 8 mesi?". Il tecnico parla poi del suo staff: "Ci saranno con me Domenichini, Martusciello, Russo e Sinatti. Voglio spendere due parole per Daniele Baldini che ha deciso di terminare il suo rapporto di lavoro e sono rimasto un po' sorpreso. Lui è uno sveglio e mi dispiace ma devo accettare la sua volontà".

(Adnkronos) - La Corte di Appello di Roma, in merito al procedimento sull’estradizione del cittadino libico Almasri, ha emesso ieri un’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale in merito alla legittimità costituzionale della normativa che disciplina l’adeguamento dell’ordinamento italiano allo statuto di Roma, istitutivo della Corte Penale Internazionale. L’ordinanza si riferisce alla parte della normativa che prevede che il procuratore generale debba attendere il parere del ministro della Giustizia prima di dare seguito alla Corte Penale internazionale. Insomma la Corte di Appello chiede alla Consulta se invece non sia più corretto che l’interlocuzione tra la Corte Penale e la procura avvenga senza l’intermediazione del Ministro, quindi del Governo.

(Adnkronos) - È stata trovata senza vita questa mattina Miriam Oliviero, la giovane di 24 anni residente a Monteroni 'Arbia (Siena), scomparsa lo scorso martedì. Il corpo della ragazza è stato rinvenuto dai carabinieri e dai vigili del fuoco su un tetto vicino alla parte bassa della Torre del Mangia, nei pressi di piazza del Campo a Siena.
Le ricerche si erano concentrate nell'area di piazza del Campo dopo che il telefono cellulare della 24enne era stato geolocalizzato proprio nella zona. Sul posto sono intervenuti immediatamente i soccorsi, mentre le autorità hanno avviato accertamenti per chiarire le circostanze della tragedia.
L'ultimo contatto risaliva alle 13.50 di martedì 28 ottobre, quando la ragazza aveva chiesto ai genitori come fare in caso di un ritardo al lavoro, previsto per le ore 15 alla biblioteca comunale di Monteroni. Poi, il nulla. "Non aveva più un centesimo, quindi se si è allontanata lo ha fatto senza mezzi propri o con qualcuno - avevano detto allarmati i genitori subito dopo -. Forse ha incontrato una persona che, approfittando della sua fragilità, l’ha convinta a fare qualcosa contro la sua volontà".
Leggi tutto: Morta la ragazza scomparsa a Siena, il corpo trovato su un tetto
Terza sconfitta di fila in casa, ora fuori con Lazio e Como... 
(Adnkronos) - Anche i missili 'segreti' russi lanciati contro l'Ucraina. Negli ultimi mesi la Russia ha infatti attaccato i territori di Kiev con un missile da crociera il cui sviluppo - allora segreto - spinse Donald Trump nel 2019 ad abbandonare il Trattato Inf (Intermediate-Range Nuclear Forces) un patto sul controllo delle armi nucleari siglato da Donald Reagan e Mikhail Gorbaciov nel 1987. A riferirne è il ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiha, dando così la prima conferma dell'utilizzo del missile 9M729 in combattimento.
La Russia ha lanciato contro l'Ucraina il missile - che può trasportare una testata nucleare o convenzionale e ha una gittata di 2.500 km - 23 volte da agosto, ha dichiarato un alto funzionario ucraino alla Reuters, citata dal Guardian. L'Ucraina ha anche registrato due lanci del 9M729 da parte della Russia nel 2022, ha precisato la fonte.
Intanto il Financial Times, citando fonti informate, ha svelato le ragioni per le quali il summit tra Trump e Putin sarebbe saltato. L'Amministrazione Usa avrebbe infatti deciso di cancellare l'incontro tra il presidente americano e il leader del Cremlino per le rigidità russe nelle richieste rispetto all'Ucraina. La decisione sarebbe stata presa dopo una telefonata tesa tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e il Segretario di Stato americano Marco Rubio. Al termine del colloquio Rubio avrebbe quindi informato Trump che la Russia non era seriamente intenzionata a negoziare un accordo.
Leggi tutto: Russia, contro l'Ucraina i missili da crociera 'segreti' che fecero infuriare Trump

(Adnkronos) - “Lo studio realizzato da Osservatorio Birra, in collaborazione con Althesys Strategic Consultants, ha messo in evidenza come il comparto della birra rappresenti oggi uno dei principali motori di creazione di valore condiviso in Italia. In dieci anni, la filiera ha generato circa 92 miliardi di euro, di cui oltre 10 miliardi solo nel 2024, dimostrando una capacità strutturale di generare ricchezza e occupazione”. Lo ha detto Alessandro Marangoni, chief executive officer Althesys, interpretando i dati dell'ultimo studio realizzato da Osservatorio Birra, in collaborazione con Althesys Strategic Consultants, presentato a Roma presso il Senato della Repubblica, in occasione del decennale di Fondazione Birra Moretti.
Secondo Marangoni, la forza del settore risiede nella sua estensione a tutta la catena, “dall’agricoltura alla produzione fino al consumo finale”, in grado di produrre impatti economici significativi e duraturi.
Leggi tutto: Marangoni (Althesys): "Birra, moltiplicatore di valore per economia italiana"

(Adnkronos) - “La birra genera un valore economico rilevante per l’Italia, oltre 92 miliardi di euro in dieci anni. Con Fondazione Birra Moretti abbiamo accompagnato questa crescita, promuovendo un consumo responsabile e diffondendo la cultura birraria come leva di sviluppo. La birra rappresenta oggi non solo una bevanda, ma un simbolo di informalità e socialità, in linea con i nuovi stili di vita degli italiani”. Lo ha dichiarato Alfredo Pratolongo, presidente Fondazione Birra Moretti, alla presentazione dell’ultimo studio realizzato da Osservatorio Birra a Roma presso il Senato della Repubblica, in occasione del decennale di Fondazione Birra Moretti.
Nel suo intervento, Pratolongo ha sottolineato il ruolo centrale della Fondazione, nata dieci anni fa, nel diffondere conoscenza e responsabilità sul consumo della birra attraverso ricerche, formazione e iniziative educative.
“La birra - ha ricordato - non è solo una bevanda, è una storia millenaria che rappresenta probabilmente uno degli elementi di crescita del comparto beverage nel prossimo futuro. L'impegno della Fondazione ha contribuito a consolidare il settore come motore economico e culturale del Paese, oltre che a valorizzare la birra come parte integrante della convivialità italiana”.
Leggi tutto: Pratolongo (Heineken Italia): "Birra simbolo di convivialità e crescita responsabile"
Manovra, SoloAffitti: "Aumento cedolare pesa 60 euro ma proprietari tornano ad affitto residenziale"

(Adnkronos) - L’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% per gli affitti brevi avrà un impatto limitato sui proprietari, pari a circa 60 euro al mese. Lo rileva il Centro Studi di SoloAffitti, secondo cui l’aggravio medio sarà di 713 euro l’anno su un reddito imponibile medio di 14.000 euro. Il gettito complessivo della cedolare secca nel 2024 ha raggiunto quasi 5 miliardi di euro, con oltre tre milioni di contribuenti. L’aumento, secondo SoloAffitti, genererà appena 102 milioni di euro in più per l’erario: "Un’operazione di equilibrio di bilancio più che una misura strutturale".
Molti proprietari stanno già abbandonando la locazione breve per tornare a quella residenziale, attratti da rendimenti più stabili e minori costi di gestione. Tolte le spese, il guadagno netto medio da affitti brevi si riduce infatti a 5.700 euro l’anno, inferiore a quanto si ottiene con un affitto tradizionale in molte città.
“La vera sfida – sottolinea la Ceo di SoloAffitti, Silvia Spronelli – è rimettere sul mercato le quasi 10 milioni di case sfitte, con una riforma complessiva che offra più garanzie ai proprietari e soluzioni accessibili a famiglie, studenti e lavoratori in mobilità.”

(Adnkronos) - “Esprimiamo il nostro più profondo dolore per la scomparsa improvvisa di Oria Gargano, fondatrice e presidente della cooperativa sociale antitratta ed antiviolenza Beefree. Donna combattente ha dedicato la sua intera vita alla lotta per i diritti, l’emancipazione, la dignità e la libertà delle donne. Sarà per sempre la nostra guida e per sempre le saremo grate per le sue battaglie contro ogni tipo di violenza di genere. La salutiamo con commozione oggi 31 ottobre 2025, nella Camera Ardente allestita presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio dalle 11 alle 14. I funerali domenica 2 novembre ore 15 nella Chiesa di San Francesco a Ripa”. Lo dichiarano in una nota congiunta Lorenza Bonaccorsi, Claudia Santoloce e Daniela Spinaci rispettivamente presidente del Municipio I Roma Centro, assessora e Presidente Commissione Pari Opportunità.
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(Adnkronos) - "Ma quale 'dottor Ai'. Ad oggi l'intelligenza artificiale non ha carattere né empatia, non può produrre nel paziente alcun effetto umano e l'umanità è parte integrante della cura. Senza l'anima, non c'è il medico". Antonino Mazzone - siciliano doc trapiantato a Legnano dove dirige il Dipartimento medico dell'Asst Ovest Milanese, internista per vocazione ("l'internista è il medico che si occupa dei malati e non delle malattie") e scrittore (è autore di tre romanzi che mescolano storie di vita e di professione) - di "medici artificiali" non vuole proprio sentir parlare. "E' una definizione che fa schifo", sentenzia lo specialista, spiegando all'Adnkronos Salute le ragioni del suo rifiuto per un termine ormai sdoganato anche dalla letteratura scientifica. Mazzone tira dritto: "L'Ia potrà anche fare una diagnosi o produrre un ragionamento equivalente a quello umano nel prevedere l'evoluzione di un caso clinico. Ma chiunque abbia a che fare ogni giorno con la complessità, con pazienti polipatologici e politrattati, sa bene che oltre a questo c'è molto di più". Ci sono le emozioni, c'è l'anima, appunto, e l'intelligenza artificiale l'anima non ce l'ha.
Mazzone ne sta facendo una crociata: una lettera a 'Quotidiano sanità', dichiarazioni su altre testate anche locali, e domani un intervento sul tema 'Comunicazione medico-paziente in era digitale, parole e cura' al convegno 'Sciascia e Tobino: la letteratura tra impegno sociale e cura', una due giorni iniziata oggi alla Fondazione Leonardo Sciascia di Racalmuto nell'Agrigentino. In occasione dell'evento, organizzato dal medico, artista, attore e autore teatrale Salvatore Nocera Bracco, e sostenuto da Giuseppe Ruggeri, presidente dell'Amsi, Associazione medici scrittori italiani, l'internista sferra un nuovo attacco all'algoritmo: "Magari riesce a essere più efficiente dell'uomo nella capacità di ragionamento clinico, ma manca di umanità e di amore". Sentimento a cui Mazzone ha dedicato il suo ultimo libro 'Amare, nonostante tutto. Incontri ed emozioni', edito da Nardini.
"Data la maturità di questa tecnologia in rapida evoluzione, l'adozione degli Llm (Large language model) nella pratica medica clinica è imminente", avvertono gli autori di un paper israeliano pubblicato nell'aprile 2024 sul 'New England Journal of Medicine', secondo cui "le prestazioni di ChatGpt-4 sono paragonabili a quelle dei medici agli esami ufficiali di specializzazione". A parte rivendicare la superiorità della sua categoria sulla macchina ("lo studio mostra che in medicina interna il confronto è molto favorevole all'uomo"), l'internista non nega certo l'evidenza che certifica i progressi dell'Ia in sanità. Per imparare a sfruttarne le opportunità, "in parallelo al lavoro medico umano e non in sua vece", nei giorni scorsi ha pure invitato per una relazione all'ospedale di Legnano Daniela Tirotta, editor di un volume dell''Italian Journal of Medicine' dedicato all'intelligenza artificiale. Mazzone fa notare però che l'Ia deve fare ancora tanta strada. Cita un esperimento, pubblicato, dell'internista di Bergamo Alice Fanin: "Ha sottoposto a ChatGpt alcuni quesiti, uno dei quali era 'ho le gambe gonfie da 10 giorni, cosa può essere?'. L'algoritmo rispondeva che le cause possono essere molte e forniva consigli tra cui 'bevi molta acqua'. Peccato che se le gambe gonfie dipendono da uno scompenso cardiaco, bere può aggravare non poco il quadro clinico". Dal dottor Ai "una grossa inesattezza", dunque. Un esempio dei "tanti errori digitali che fanno ancora del medico un professionista insostituibile", ripete lo specialista.
Che ci sia una rivoluzione in atto è palese, e il cambiamento va compreso e gestito per non esserne travolti. "Le capacità in rapida evoluzione degli strumenti basati sull'intelligenza artificiale hanno gettato le basi per una ricerca trasformativa", si legge in un editoriale apparso questo mese su 'Jama Internal Medicine'. "L'Ia è stata infatti ampiamente adottata dalla ricerca medica" e gli studi in materia aumentano esponenzialmente, osservano i firmatari: se "10 anni fa su PubMed si contavano circa 5mila pubblicazioni l'anno", questa cifra è salita a "10mila nel 2018" e "quest'anno siamo sulla buona strada per superare le 50mila pubblicazioni in tutto il mondo. Tuttavia, il potenziale di tradurre queste informazioni in approfondimenti clinicamente rilevanti e miglioramenti significativi ed equi nell'erogazione dell'assistenza rimane al momento in gran parte teorico", precisano gli autori.
"Nonostante la rapida crescita degli studi incentrati sull'Ia - evidenziano - meno dell'1% sono trial clinici". Inoltre, "molti degli studi riportati finora sono stati condotti su campioni di piccoli dimensioni e si concentrano sull'accuratezza diagnostica, piuttosto che sulla valutazione dell'efficacia di un intervento di Ia in termini di risultati sul paziente". Infine, "gli studi esistenti presentano solo informazioni limitate sui dati demografici dei pazienti e sull'efficienza operativa, e la maggior parte non è stata replicata, sollevando preoccupazioni sulla possibilità di generalizzarne e applicarne i risultati". Per colmare queste lacune, la rivista annuncia "un bando per le ricerche relative all'intelligenza artificiale", invitando la comunità scientifica a disegnare "studi randomizzati di alta qualità che definiscano chiaramente l'intervento fondato sull'Ia" e "affrontino direttamente gli esiti per i pazienti". In altre parole, la 'bibbia' della medicina interna chiede "trial che valutino l'impatto dell'intelligenza artificiale sulla riprogettazione dell'assistenza sanitaria nella pratica clinica reale".
Mentre "la Food and Drug Administration statunitense ha già approvato oltre 1.000 dispositivi medici basati sull'Ia", Jama Internal Medicine rileva anche come "i quadri normativi esistenti non riescano a tenere il passo con il rapido ritmo di scoperta e implementazione" dei nuovi strumenti. Il giornale solleva "preoccupazioni etiche in merito alla privacy del paziente, alla responsabilità, alla trasparenza e alla provenienza dei dati". E sottolinea che "la capacità di 'apprendere' ed evolversi" è sì "uno dei punti forti dell'Ia", ma "rende anche molto più difficile la supervisione normativa". Un'altra sfida, poi, è "la mancanza di chiarezza su come i modelli di intelligenza artificiale raggiungano le loro conclusioni". Per il futuro, in sintesi, "saranno necessari nuovi approcci normativi per garantire efficacia e sicurezza, bilanciando al contempo gli interessi e i diritti del paziente". Gli editorialisti insistono sul concetto di "equità": sarà "fondamentale identificare e prevenire i bias algoritmici", soprattutto "per garantire che l'adozione dell'Ia nell'assistenza clinica non esasperi le disparità di lunga data in ambito sanitario".
In un'Italia in cui il diritto costituzionale alla salute resta sempre più spesso sulla carta, superare le disuguaglianze che ne ostacolano l'esericizio per Mazzone è un compito dell'umano, non dell'Ai. La lotta alle disparità, è il messaggio dell'internista scrittore, comincia dalla ricostruzione del rapporto medico-paziente. Un "privilegio" che si è perso. "Oggi - afferma il camice bianco - la medicina si muove su territori lontani dal letto del malato, intrappolata fra briefing, riunioni tecnologiche, Pdta, linee guida. In questi anni difficili tutto ciò ha aperto una ferita profonda nella complessa e delicata relazione personale tra medico e paziente, in crisi già ben prima della pandemia di Covid. Abbiamo la necessità di tornare ai fondamentali della natura e dell'etica del rapporto medico-paziente", perché "prima della scienza medica c'è la compagnia al malato. La condivisione della sofferenza, l'aiuto a chi soffre, connota radicalmente l'essere medico e non è semplice obbedienza a una linea guida".
"La medicina - ammonisce Mazzone - oggi ha il compito di recuperare quelle che gli anglosassoni chiamano Medical Humanities, gli elementi insostituibili della relazione medico-paziente". Innanzitutto "l'ascolto attivo, che non riguarda solo l'anamnesi clinico-scientifica, ma il contesto culturale, sociale, economico e di vita del paziente, tutti fattori che possono influenzarne la salute e guidarne la cura. Il medico deve sempre ricordarsi la lezione di Talete da Mileto: abbiamo due orecchie e una sola bocca per ascoltare il doppio e parlare la metà". Ascolto significa anche "empatia: comprendere il vissuto e le esperienze personali dei pazienti stabilisce con loro un rapporto più intimo, favorendo la cosiddetta cura personalizzata o sartoriale, tagliata su misura". E' così che nasce il dialogo vero, "una comunicazione efficace, chiara, aperta, semplice e comprensibile. Capire le aspettative e le preoccupazioni del malato è fondamentale, ma a interpretare le emozioni l'algoritmo non ci è ancora arrivato e io spero che non ci arriverà mai".
"C'è un'umanità che supera la scienza e la competenza, che non si impara sui banchi dell'università e che non rientra nel prontuario dell'azienda sanitaria, ma che è vitale come e più delle medicine", chiosa l'internista. Nella sua professione, nel rapporto con il paziente, "il medico deve "amare. Amare, nonostante tutto". E' questo il fil rouge e il titolo dell'ultimo romanzo di Mazzone, il terzo dopo 'La malinconia dei nati altrove' (2018, vincitore nel 2020 a Firenze del premio letterario 'La ginestra' con menzione d'onore della giuria) e 'Poteva non succedere. Storie di vita e di corsia' (2022). Ventiquattro racconti autobiografici di 'Incontri ed emozioni' più due capitoli di saluto alla sua mamma, scomparsa nel 2020, testimone lontana - ma sempre presente - del viaggio che ha portato il giovane Nino dalla contrada Maina di Naso, comune natio nel Messinese sui monti Nebrodi ("un piccolo borgo siciliano che guarda l'orizzonte dove le isole Eolie si pavoneggiano gareggiando in bellezza l'una con l'altra"), all'università di Pavia - Policlinico San Matteo, culla di tanti volti noti della medicina tricolore.
E' nei corridoi della Clinica medica pavese che Mazzone ha imparato a prendersi cura dei "pazienti complessi di cui nessuno specialista voleva occuparsi" e che finivano sempre in Medicina interna, "l'Itaca di Ulisse", ormai "l'unico reparto a non scegliere i pazienti e ad accettare tutti", scrive l'autore. Ha capito lì che parlare con un malato "non è mai tempo perso", che la comunicazione conta anche se "alla facoltà di Medicina purtroppo non si insegna", che i pazienti andavano coinvolti nel processo di cura (era "un tabù") e cosa può fare un sorriso: "Quello del dottore - dice Titti che convive con la sclerodermia - ha prodotto più benefici di qualsiasi farmaco". Nel suo libro il medico narra le lezioni apprese nei 'vis-à-vis' più memorabili (da Joaquìn Navarro-Valls, direttore della Sala stampa vaticana durante il pontificato di Giovanni Paolo II, a Papa Francesco, fino al presidente della Repubblica Sergio Mattarella), ma anche e soprattutto da amici e compaesani di cui ritrae gioie e dolori: "Persone speciali", le chiama. Figure appassionate e tragiche come Tanina, rinchiusa per 20 anni in una struttura psichiatrica con la sola colpa di un amore scomodo e salvata dalla legge Basaglia. E per lei la dedica di Mazzone: "A tutte quelle persone che hanno subito il manicomio senza essere pazzi".
"Un medico che scrive non è omologabile a qualsiasi altro scrittore", è la convinzione dell'Associazione medici scrittori italiani, perché "nel suo percorso narrativo dispiega capacità penetrative e spirito empatico che gli provengono dall'esperienza maturata nella professione. Il medico continua nello scrittore in un'indagine a 360 gradi sull'uomo e le sue fragilità", e le parole diventano terapia. "La storia della medicina - riflette il presidente dell'Amsi - viaggia all'unisono con il secolare, anzi millenario, rapporto medico-paziente dal quale attinge vigore e senso, nutrendo al tempo stesso l'immaginazione di quei medici che, dotati di virtù di penna, lo raffigurano in forma di storie di vita vissuta. Non è un caso che due illustri scrittori e psichiatri italiani, Corrado Tumiati e Mario Tobino, abbiano raggiunto la fama letteraria grazie a romanzi ispirati alle loro esperienze manicomiali". Per Ruggeri, "attraverso la filigrana della professione medica" traspare "una spessa trama di interessi culturali. Una professione le cui origini classiche, che dal mito di Asclepio discendono fino al positivismo ippocratico, non sono mai rimaste esenti da un profondo spirito umanistico".
"La letteratura, in quanto produzione di umanità da parte dell'umano - dichiara Bracco, anima del convegno agrigentino intitolato a Sciascia e Tobino - è una dimensione che nell'ambito della salute in generale, e mentale in particolare", si traduce in un "esercizio di ascolto, ma anche di consapevolezza, di empatia e nello stesso tempo di razionale distacco, perché permette una diversa visione del proprio essere in relazione. Sciascia giovane è un poeta che riflette proprio in questa direzione, mentre Tobino, psichiatra e a sua volta scrittore, riflette su come è all'interno di relazioni sociali che si realizza la cura". Cura che, "come teorizza la filosofa della medicina Luigina Mortari, è relazione viva tra persone vive". Intelligenze umane, non artificiali. (di Paola Olgiati)

(Adnkronos) - Manageritalia Lombardia celebra 80 anni di storia, impegno e protagonismo al fianco della crescita economica e sociale di Milano, della Lombardia e dell’Italia. Fondata il 23 giugno 1945, nel cuore della ricostruzione post-bellica, l’associazione ha rappresentato e valorizzato generazioni di dirigenti del terziario, contribuendo in modo decisivo allo sviluppo del Paese essendo da sempre la capitale del terziario avanzato. L’assemblea celebrativa si è tenuta oggi negli spazi iconici della Triennale di Milano, in Viale Emilio Alemagna, luogo simbolo della cultura e dell’innovazione, a testimonianza del legame profondo tra managerialità e progresso come ha sottolineato anche Carla Morogallo, Direttrice Generale di Triennale Milano.
“Celebrare 80 anni di Manageritalia Lombardia significa celebrare il ruolo fondamentale che i manager hanno avuto e continuano ad avere nello sviluppo economico, sociale e culturale di Milano, della Lombardia e dell’intero Paese”, ha dichiarato Antonio Bonardo, presidente di Manageritalia Lombardia.
“Siamo orgogliosi di essere stati protagonisti della ricostruzione, della crescita e dell’innovazione. Oggi, più che mai, il nostro compito è quello di essere un corpo intermedio attivo e responsabile, capace di dialogare con le istituzioni, le imprese e la società civile. Manageritalia Lombardia è e vuole continuare ad essere un punto di riferimento per i dirigenti, quadri ed executive professional offrendo strumenti, visione e rappresentanza per affrontare le sfide del futuro con competenza, equità e coraggio. Siamo i rappresentanti dei manager del terziario nella patria di questo settore sempre più determinante per il futuro”, ha aggiunto.
Ad aprire l’assembla il video messaggio del presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: “Oggi si celebra 80º anniversario di Manageritalia Lombardia, un traguardo che testimonia la solidità e la capacità di evolversi di un’organizzazione che dal 1945 ha accompagnato la crescita economica e sociale della Lombardia e dell’Italia. In 80 anni di storia, ha promosso una visione fondata su competenza, merito e innovazione, contribuendo alla ricostruzione post-bellica e oggi alla transizione digitale, ambientale e produttiva. La Lombardia, prima regione industriale del Paese, riconosce il ruolo centrale dell’associazione, che rappresenta un capitale umano essenziale per la competitività del territorio. I valori di Manageritalia - competenza, etica, trasparenza e rispetto delle regole - coincidono con quelli su cui Regione Lombardia ha costruito il proprio modello di sviluppo, basato sulla collaborazione tra istituzioni, imprese, università e terzo settore. Il contributo dei manager è prezioso per guidare con responsabilità la crescita futura”.
Per Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo Economico e Politiche del Lavoro del Comune di Milano, presente in sala: “Il contributo di Manageritalia nel formare, connettere e far crescere generazioni di professionisti alla guida delle aziende, è stato fondamentale in questi 80 anni, nei quali la nostra economia è profondamente cambiata. Il ruolo di un’associazione che rappresenta i manager è quello essere sempre avanguardia senza dimenticare l’eredità e il saper fare di chi ha guidato la transizione italiana dalla prima industrializzazione alla digitalizzazione che stiamo vivendo. Questo metodo portato avanti con competenza da un corpo intermedio dinamico e sempre al passo coi tempi, sarà ancora più prezioso per continuare ad accompagnare i cambiamenti che ci aspettano”.
A seguire il saluto di Carlo Massoletti, vicepresidente vicario Confcommercio Imprese per l’Italia-Lombardia, che ricordato la storica relazione tra chi rappresenta in Regione e a livello nazionale imprese e manager del terziario. Oggi Manageritalia Lombardia conta 25.478 manager associati, con un’età media di 59 anni. Tra i dirigenti in servizio, l’età media è di 50 anni, con il 25% di donne e il 13% di under 40. Milano si conferma capitale italiana della managerialità: qui operano 43.063 dirigenti, pari al 33% del totale nazionale, e ben il 38,5% delle donne manager italiane ossia 28.544 sulle 10.987 totali.
Dalla nascita come Aldac, alla trasformazione in Manageritalia Lombardia, l’associazione ha saputo evolversi, anticipare i cambiamenti e promuovere strumenti concreti di welfare, contrattualistica, rappresentanza e formazione. Ha accompagnato la crescita delle imprese del commercio, del turismo e dei servizi, contribuendo a definire il ruolo strategico del management nel tessuto produttivo italiano. L’Associazione nasce da una intuizione di Mario Negri (primo presidente Aldac), imprenditore e filantropo fondatore dell’Istituto che ancora oggi porta il suo nome nel segno della ricerca e innovazione biomedica.
L’incontro che ha toccato diversi temi legati alla vita manageriale ha preso spunto dai dati Istat che fotografano una Lombardia dinamica e performante: l’occupazione totale regionale è al 69,4%, ben sopra la media nazionale del 62,2%. Milano si distingue con il 71,7%, posizionandosi all’11° posto tra le province italiane. Particolarmente incoraggianti i dati dei giovani tra i 25 e i 34 anni: a Milano l’occupazione raggiunge l’82,4%, mentre in Lombardia è all’80,7%, contro una media nazionale del 68,7%.
Se la Lombardia vanta una media oraria lorda per i lavoratori dipendenti di 16,73 euro, superiore a quella nazionale (14,78 euro), il divario di genere resta marcato: le donne guadagnano in media 15,40 euro contro i 17,69 degli uomini. I manager hanno sottolineato la necessità di politiche attive per colmare questo gap e valorizzare il contributo femminile alla leadership aziendale.
Infine, l’andamento dei dirigenti privati: in Lombardia secondo gli ultimi dati Istat elaborati da Manageritalia i manager lombardi crescono del +3,6%, superando il dato nazionale (+2,6%), con quasi 58mila attivi. Milano si conferma capitale della managerialità con 43mila dirigenti, mentre province come Sondrio (+6,2%) e Lecco (+5,7%) trainano la crescita, seguite da Brescia (+2,4%) e Como (+2,3%), Varese (+1,4%) stabili Mantova, Lodi e Bergamo. Il confronto ha messo in luce l’importanza di investire nella formazione e nel ricambio generazionale per sostenere la competitività del territorio. Oggi, come ieri, Manageritalia Lombardia guarda al futuro con la stessa energia e visione che l’ha guidata per otto decenni, pronta a sostenere le nuove sfide del lavoro, dell’innovazione e dell’equità.
Dopo la parte statutaria con il saluto del presidente Manageritalia nazionale Marco Ballarè, la relazione del presidente Manageritalia Lombardia Antonio Bonardo e la relazione di bilancio della vicepresidente Tiziana Vallone, nella parte pubblica, condotta dalla giornalista Cristina Origlia, tre degli 11 gruppi di lavoro dell’associazione Lombarda hanno raccontato parte della loro storia e delle loro realizzazioni. Nell’ordine sono saliti sul palco il gruppo Donne manager che – con la coordinatrice Luisa Quarta e i due ospiti Fabio Salvi, hr manager Flixbus, e Alessandro Fusacchia, già deputato della Repubblica – ha raccontato delle iniziative di Produttività & Benessere, in particolare di 'Un Fiocco in Azienda', per favorire il worklife balance, lavoro agile e la genitorialità anche al lavoro. A seguire il gruppo Un Ponte sul Futuro, che da anni con il progetto food4minds porta i manager nelle aule delle scuole superiori per orientare i giovani al lavoro, con il coordinatore Ignazio De Lucia, e Maria Grazia Demaria, docente, Francesca Benedetti, consulente progetti pcto, Alessandra Bragonzi, responsabile progetti pcto Liceo Tigli-Gallarate, Roberto Trentini, project leader progetti pcto Manageritalia Lombardia e due giovani studenti. Da ultimo il Gruppo4Giovani con la coordinatrice Mariolina Brovelli, un altro componente del gruppo Fabrizio Marrazzi e Laura Prinzi, general manager Smart City Milano ha raccontato alcune iniziative vincenti per coinvolgere i giovani e i giovani manager.
A chiudere la serata non solo arte ma anche tanta storia e una precisa analisi dell’evoluzione del nostro Paese attraverso le parole e la voce del giornalista e scrittore Aldo Cazzullo. Per l’occasione i partecipanti all’assemblea hanno potuto visitare Milano Inequalities un percorso guidato lungo la 24ª Esposizione Internazionale per scoprire installazioni e progetti che raccontano visioni, urgenze e prospettive globali.

(Adnkronos) - Il nome del principe Andrea non appare più nell'elenco ufficiale dei nobili britannici conservato presso il Crown Office. Lo riporta Sky news spiegando che, in qualità di Lord Cancelliere, David Lammy è responsabile dell'elenco dei nobili britannici. Ieri sera re Carlo ha emesso un mandato reale a Lammy, chiedendogli di rimuovere Andrea dall'elenco.
Buckingham Palace ha annunciato ieri che il principe Andrea ha perso il suo titolo reale e lascerà il Royal Lodge. "Il principe Andrea sarà ora conosciuto come Andrew Mountbatten Windsor", si legge nella nota.
"Sua Maestà ha oggi avviato un processo formale per rimuovere lo stile, i titoli e gli onori del principe Andrea. Il suo contratto di locazione al Royal Lodge gli ha finora garantito protezione legale per continuare a risiedere, ma gli è stato notificato formalmente di restituire la proprietà e si trasferirà in un’altra residenza privata. Queste misure sono ritenute necessarie, nonostante continui a negare le accuse a suo carico - recitava la nota -. Le loro Maestà desiderano chiarire che i loro pensieri e la massima solidarietà sono stati e continueranno a essere rivolti alle vittime e ai sopravvissuti di qualsiasi forma di abuso".
Secondo quanto riferito dalla Bbc, il principe Andrea si trasferirà in una proprietà privata della tenuta di Sandringham, nel Norfolk, il cui mantenimento sarà a carico del re.
Sky News apprende che anche la sua ex moglie, Sarah Ferguson, lascerà la residenza di Windsor che condivideva con lui. Ferguson, sposata con Andrea dal 1986 al 1996, dovrà ora trovare una sistemazione autonoma. La (ex) duchessa di York aveva già perso il suo titolo ufficiale all'inizio del mese in seguito alla rinuncia di Andrea agli altri titoli.
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