Il porcettogate si abbatte come uno tsunami nei palazzi di cristallo della politica. Il banchetto di Sardara è diventato il simbolo della distanza tra il mondo reale e la classe dirigente. Nell’era della pandemia, del sacrificio globale, della vita in rosso di un’isola già desertificata da un anno di lockdown la politica si presenta con il vestito peggiore. Con l’impunità crapulona e ingorda del banchetto, con la fuga dalle finestre davanti alla responsabilità che si materializza con le divise della guardia di finanza. Quasi a dare ragione alla frase più qualunquista che ha echeggiato in ogni social bettola del web: sono tutti uguali, pensano solo a mangiarsi tutto.
Perché se in effetti non c’è un profilo penale, i commensali
rischiano al massimo di pagare 400 euro di multa, c’è un
vulnus etico, la totale mancanza del rispetto delle regole.
Il senso dell’impunità e della prepotenza della politica, al di
sopra delle leggi. I cittadini chiusi in casa o in fila al gelo per
ore davanti agli hub per ottenere i vaccini. Con le loro vite
imbavagliate tra gel e mascherine. Dirigenti, funzionari, politici,
e camerieri di Palazzo si ritrovano per un banchetto clandestino.
Una abbuffata che si conclude con un ulteriore atto di fuga dalla
responsabilità. I commensali che per non essere identificati
scappano dalle finestre e si nascondono dietro i cespugli.
Nei giorni in cui la Sardegna finisce sotto chiave, bar,
ristoranti, negozi, palestre, abbassano ancora una volta le
saracinesche per l’esplosione del contagio, decine di persone che
si assembrano titillate dallo sgocciolio termale. Vivono nella loro
nuvola sociale che li tiene al di sopra delle leggi e delle regole.
Qualcuno arriva con l’auto di servizio, qualcuno sostiene di essere
passato là per caso o di avere al massimo preso un pezzo di pane
prima di andare via. Qualcuno si nasconde tra i cespugli. In una
scena che ha il sapore surreale della commedia non fosse che i
protagonisti hanno ruoli chiave nella gestione della macchina
amministrativa, sanitaria ed economica dell’isola.
Davanti alla fiera dell’ambiguità e della assenza di responsabilità
giganteggia l’onestà intellettuale di Cristiano Erriu. Fa un gesto
rivoluzionario nella politica sarda e italiana. Si prende le sue
responsabilità e ammette le sue colpe. L’unico che confessa di
avere partecipato al pranzo. L’unico che chiede scusa, l’unico che
affronta il peso morale e politico del suo gesto. Erriu mostra di
essere fatto di una sostanza etica differente. E tanti dovrebbero
seguire il suo gesto di coraggio. Fare outing e dire perché sono
andati al banchetto nel cuore di una pandemia. Sarebbe poi
interessante capire chi lo abbia organizzato e quale fosse la
finalità ultima di questa concentrazione di politici, dirigenti,
funzionari regionali, ospedalieri, militari. Un atto di
trasparenza, di civiltà, di rispetto nei confronti dei cittadini a
cui si chiedono grandi sacrifici dopo un anno di sofferenza
ininterrotta. Ma tutto questo non accadrà. Perché la classe
dirigente nell’isola vive lontana dalla realtà. Altrimenti si
occuperebbe meno di spuntini e più di vaccini.
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