È il papà degli anni 80-90, gestisce
uno dei pochi pub rimasti a Cagliari: cosa accadrà nel post covid?
“In questi 14 mesi tutto è cambiato, anche il modo di operare e nel
fatto che la gente, in questi mesi, si è abituata ad uscire prima e
ad andare a dormire presto. I locali sono aumentati in realtà
a Cagliari, le discoteche invece sono un po’ crollate nel corso
degli anni perché il target non veniva più individuato e
moltissimi hanno chiuso: siamo rimasti in pochi, sono veramente
pochi i locali dove si può mangiare e anche socializzare”. Quanto
fa male pensare che per un altro mese si resterà chiusi? ” Fa male
pensare che sono 14 mesi che avviene un apri e chiudi continuo. Ho
subito temperato alle normative del distanziamento e del
contingentamento della clientela, ho continuato in estate
investendo dei soldi che non avevamo e sono intervenuto per gli
spazi esterni. Ho aperto per pranzo ed è come aprire un nuovo
locale che ha bisogno di mesi e mesi per cominciare a vedere
qualche risultato. Dopo hanno chiuso nuovamente. Anche per la
notte ci siamo reinventati, abbiamo inventato dei contenitori per
la birra da asporto, siamo stati gli unici in Italia, ma le
chiusure a singhiozzo sono risultate peggiori della chiusura
stessa. Abbiamo fatto la nostra parte per salvaguardare la salute
di tutti: è vero che non tutti hanno seguito le regole, però ci
sono i controlli e le sanzioni. Timori per il futuro?
Di fare per investire si, perché chi è che farebbe mai un’impresa
se si ha il timore che da lì a due mesi possono far chiudere? Io
credo che nessuno farebbe una impresa: auspico fortemente che non
si rimanga così sino al 3 maggio, sarebbe un danno esagerato e
forse definitivo per tutta la categoria. Io pensavo di rimane
chiuso a Pasqua, però ormai siamo già chiusi da 8 giorni, dovremmo
rimanere chiusi per altri 34 e sarebbe un colpo mortale questa
volta. Ancora chiusi non ce la facciamo proprio e chi riesce vuol
dire che la sua fonte principale di reddito non è il bar,
ristorante o la pizzeria”.Infine un ricordo per Antonello, l’amico e
collega scomparso ieri: “Lo conoscevo molto bene, sono rimasto
dispiaciuto, sconvolto quando l’ho saputo e mi dispiace anche
del modo in cui se n’è andato. Pare sia a causa di una bronchite,
così mi hanno detto, che poteva essere curata
meglio. Non si muore di
solo covid, anzi: si sta morendo di tanto altro perché viene data
quasi la priorità al covid. Sembra che da 20 giorni avesse bisogno di cure e
non veniva curato adeguatamente. Io credo che chiunque di noi
conosca tante persone che non riescono a curarsi, che hanno serie
difficoltà, alcune patologie pregresse perché di fatto c’è molta
difficoltà. Io personalmente ne conosco tante che per la propria
malattia, patologia dovevano prendere l’aereo più volte per curarsi
fuori ed è ora impossibilitato a partire. Insomma, un dramma
nel dramma che speriamo si risolva presto. Tutti noi abbiamo fatto
la nostra parte, continueremo a farla e mi auguro fortemente che ci
facciano aprire almeno a metà mese, perché altri 30 giorni di
chiusura sommati agli altri tanti mesi di chiusura o con
l’orario lasceranno molte vittime sul campo, in tutti i
sensi”.Risentite qui
l’intervista del direttore Jacopo Norfo e di Paolo
Rapeanu https://www.facebook.com/castedduonline/videos/1350774328641689/e
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